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La musica polifonica diede un grosso cambiamento alla grafia musicale nella quale
possiamo riscontrare i seguenti casi:
A) Quando il canto notato in neumi a due voci parallele . ( E sufficiente una sola
riga perch la seconda voce, seguendo la prassi del tempo, scritta a distanza
di 5 e 4).
B) Quando le due voci si muovono obliquamente o per moto contrario ma non sono
notate con le lettere ( si allineano con esattezza in serie parallele i caratteri
alfabetici Guido dArezzo).
C) Se le due voci seguono andamenti diversi, ma sono notate con neumi
diastematici, si usa tracciare una linea di demarcazione tra i neumi delle parti
simultanee.
Luso di non solo una, ma di due o tre lenee gi presente in Italia nel 986,
molto presto, queste linee, furono dotate a sinistra di una lettera chiave che
corrispondeva pi o meno al tenor ( il suono pi frequente della cantilena).
Nel 1025 Guido dArezzo parla gi delle linee come un procedimento corrente
senza il quale non possibile contare con precisione e segnala le linee colorate:
Gialla= UT, rossa= FA ecc. Se ne usavano anche di colore verde ma
frequentemente venivano tracciate a secco sulla pergamena.
Una questione rimaneva insoluta: tra due linee, ad esempio del FA e del DO, il
SOL LA e SI avevano una collocazione approssimativa. Guido voleva scrivere
una nota sola per ogni spazio, nacque cos il principio della lettera chiave su
ogni linea e su ogni spazio.
Egli fa due esempi illuminanti: il primo con un rigo di 5 linee con cinque chiavi:
C-D-E-F-G e ispirandosi ad Hucbald colloca le parole latine sulle linee
aggiungendo anche le lettere-note sopra ogni sillaba. Nel secondo su un rigo di
4 linee e due chiavi ( F e C) inserisce le lettere note di una melodia ( senza
testo) sulle linee e sugli spazi.
Il rigo della notazione quadrata composto da quattro linee e tre spazi interlineari e prende il nome
di tetragramma. Sia le linee che gli spazi si contano dal basso verso l'alto.
Generalmente l'ambitus delle melodie gregoriano assai poco sviluppato e perci quattro linee sono
sufficienti. Se la melodia supera l'ambito delimitato dal tetragramma, si pu aggiungere una linea
supplementare al di sopra oppure al di sotto del tetragramma, oppure si sposta o si cambia la chiave.
Le chiavi
Chiave di DO
Chiave di FA
Le chiavi di lettura delle note sono due: quella di DO e quella di FA, raffigurate con una
stilizzazione grafica delle lettere C ed F, secondo l'antico uso di indicare le note. La posizione delle
chiavi sul tetragramma non fissa. La chiave di DO si pu trovare raramente sulla seconda linea,
indifferentemente sulla terza o sulla quarta, mai sulla prima. La chiave di FA la si trova sulla terza
linea, una volta sulla quarta, nell'offertorio Veritas mea, mai sulla prima e sulla seconda.
Le alterazioni
Nel canto gregoriano viene utilizzata una sola alterazione, il bemolle e solo davanti al SI.
L'effetto del bemolle persiste: fino a che non intervenga un bequadro, un qualsiasi tipo di
stanghetta, un'altra parola.
La guida
La guida o custos un segno che annuncia la posizione della nota seguente. Viene utilizzata in due
casi: alla fine del rigo, come annuncio in anticipo della prima nota del rigo seguente, oppure nel
corso del rigo quando viene cambiata la chiave.
In entrambi i casi non deve essere cantata.
Le stanghette
Quarto di stanghetta
Mezza stanghetta
Stanghetta intera
Doppia stanghetta
Le stanghette sono utilizzate per punteggiare le frasi melodico-verbali, indicando la gerarchia in cui
le frasi stesse si trovano. Non hanno quindi valore ritmico o mensurale.
L'asterisco e la crocetta
L'asterisco ( * ) lo si incontra dopo l'intonazione dei pezzi e sta ad indicare il momento della
melodia in cui il coro si unisce al solista che intona.
Nella salmodia seve per delimitare due emistichi di un versetto indicando la cadenza mediana. Lo si
trova infine anche nell'ultimo eleison del Kyrie quando l'ultima invocazione formata da due incisi.
Il doppio asterisco ( ** ) lo si incontra solo nell'ultima invocazione del Kyrie ed indica il momento
in cui i due semicori si uniscono.
La crocetta ( ) sta ad indicare la cesura minima o flexa all'interno del primo emistichio di un
versetto salmodico.
La notazione mensurale proporzionale
Alla fine del XII secolo e allinizio del XIII le regole dellantica ritmica, proprie dei grammatici,
non erano pi adatte alla versificazione latina sia liturgica che profana. Giovanni di Garlandia
espone nel suo trattato De musica Mensurabili il rapporto tra breve e lunga, dove la lunga vale
due brevi. Le varie cellule che si possono formare con questi elementi si distribuiscono in 6 modi.
riportato:
Modo
I (trocaico)
II (giambico)
III (dattilico)
IV (anapestico)
V (spondaico)
VI (tribrachico)
Neumi corrispondenti
Segni moderni
Tali schemi venivano applicati alle varie melodie delle voci nelle composizioni
polifoniche. In particolare il quinto modo era diffusissimo nella voce del tenor,
mentre i primi due erano i pi usati nelle voci superiori del duplum e triplum.
Queste cellule possono essere riunite in ordini:
1 ordine comprende una cellula seguita dalla sua nota dappoggio e da una
pausa che completa il suo corso ritmico ( minima -semiminima/minima pausa)
2 ordine comprende due cellule ( minima semiminima/ minima semiminima/
minima pausa).
Avendo a disposizione solo il segno quadrato e il quadrato con la gambetta il
quadrato divenne la brevis e il quadrato con la gambetta la longa. La losanga
prese il valore sella semibrevis e si invent la duplex longa trasformando in
rettangolo il quadrato della longa con la gamba a destra.
Il posto che una nota occupa in un gruppo di note separate o riunite in ligatura
pu determinare e modificare la durata della nota. Poich non esistono segni
mensurali analoghi al nostro 4/4 i valori relativi delle figurazioni musicali si
ricavano solo dai particolari grafici e da una serie di convenzioni che si defin
misurata o mensurale, o proporzionale.
I problemi della pratica mensurale dei modi ritmici vennero ben presto a galla
mostrando tutti i limiti di un sistema estremamente vincolante; pertanto gi
attorno al 1260 il teorico Francone da Colonia ide una teoria mensurale
basata sulla scomposizione dei valori della Longa e Brevis come di seguito
riportato :
Valore
Simbolo
.
6.3 - La notazione durante l'Ars Nova
Durante il periodo dell'Ars Nova, anche la trattatistica musicale sub un
notevole sviluppo e port alla creazione di due modelli di notazione mensurale
come evoluzione della teoria di Francone: una in Francia e l'altra in Italia.
La notazione francese, probabilmente introdotta da Jacobus di Liegi,
prevedeva l'introduzione del valore della Semibrevis Minimae (o
semplicemente Minima) a fianco dei valori di Francone, secondo un modello
con la scomposizione della Longa (chiamato Modus) che poteva essere
perfectus (divisione ternaria) o imperfectus (binaria); un ulteriore modello
(chiamato Tempus) che divideva la Brevis in tre o in due (perfectum o
imperfectum); ed un ultimo livello chiamato Prolatio, che scomponeva la
Semibrevis in tre o due Minime (rispettivamente prolazione maggiore e
minore).
Tale modello fu affiancato dalla teoria italiana, cui il padovano Marchetto
diede un notevole contributo con i suoi trattati: spiccano il "pomerium", in arte
"musice" e "lucidarium". Il modello italiano prevedeva uno schema pi
complesso ed assieme pi versatile di quello francese:
Brevis
Binaria
Ternaria
2 Semibrevis
3 Semibreves
Divisio prima
Senaria
imperfecta
Quaternaria
Divisio secunda
Divisio tertia
Octonaria
Duodenaria
Senaria perfecta
8 semiminimae
12 semiminimae
Sopravvennero numerose combinazioni per indicare con un solo segno il modo e la prolatione: il
cerchio con allinterno uno o 3 punti indicava il modo perfetto con la prolazione maggiore; con
punti o nessun punto il modo perfetto con la prolazione minore; il semicerchio= modo imperfetto.
Il tempo lo si indicava con una cifra collocata prima o dopo del cerchio ( un 3 e un 2).
Di tutti questi tentativi ci pervennero solo il semicerchio e il C che indica il tempo 4/4 e il suo
derivato tempo tagliato e luso delle cifre per indicare i tempi semplici e composti.
La
1)
2)
3)
enc
corso del XIII sec., col diffondersi dell'influenza delle teorie aristoteliche sui moti del cielo,
si cess di fare riferimento al principio dell''armonia delle sfere'. Restava cos soltanto il
terzo genere di musica, il cui oggetto era la costruzione matematica del sistema acustico.
Allo studio di questo aspetto della musica, basato allo stesso tempo sui concetti
fondamentali dell'aritmetica elaborati dall'Antichit greco-latina e sulla filosofia dei numeri,
era dedicato tutto il trattato di Boezio.
La teoria della consonanza e, in definitiva, la costituzione del sistema acustico si basavano
sulle propriet inerenti alle progressioni dei numeri. Le pi semplici erano quelle dei
'multipli' (ossia "quando il numero maggiore contiene il minore o totalmente o due volte o
tre o quattro volte e via dicendo, e nulla manca, nulla avanza", ibidem, II, 4), dei
'superparticolari' (cio "quando il numero maggiore contiene il numero minore totalmente
pi una qualche sua parte e questa la sua met, come tre a due o la terza, come
quattro a tre", ibidem) e dei 'superparzienti' (che si ha "quando il numero maggiore
contiene totalmente in s il minore, pi alcune sue piccole parti; se ne contiene due di pi,
si chiama 'proporzione superbisparziente', come sono 5 a 3, se poi ne contiene 3 di pi, si
chiamer 'supertriparziente', come 7 a 4, e negli altri casi pu esserci la medesima
somiglianza", ibidem). A un livello pi complesso, esse erano la media aritmetica, la media
geometrica e quella armonica (oggi, per questi casi, si preferirebbe dire 'successione' e
non 'media'). La media aritmetica si stabilisce tra tre termini, a, b e c, in modo che
ba=cb; la media geometrica richiede invece una proporzione tra questi stessi termini
(b:a=c:b); infine, per ottenere la media armonica, le differenze tra i termini devono essere
proporzionali al rapporto tra il pi grande e il pi piccolo termine della proporzionalit
(cb:ba=c:a).
La serie paradigmatica dei numeri tridimensionali 6, 8, 9, 12 risponde esattamente alle
condizioni poste da questi tre tipi di media; infatti, i rapporti 6/8, 9/12 e 6/9, 8/12
soddisfano le condizioni della media geometrica, 6, 9 e 12 quelle della proporzione
aritmetica, mentre 6, 8 e 12 sono in proporzione armonica. L'importanza di questa serie
che discende dal numero 6 primus perfectus (ossia un numero uguale alla somma dei
suoi divisori) nella teoria della musica dovuta alle sue propriet acustiche; la media
aritmetica divide infatti l'ottava (6:12) in intervalli di quarta (12:9) e di quinta (9:6),
mentre la media armonica inverte questi rapporti (12:8:6, quinta e quarta). Essa pone cos
in evidenza gli intervalli strutturali del sistema acustico pitagorico: di ottava (12:6), di
quinta (12:8 o 9:6), di quarta (12:9 o 8:6) e infine il tono (9:8).
La teoria della musica medievale confermava, sull'esempio di Boezio, la preminenza
dell'ottava, che ottenne sul monocordo (mediante la bipartizione della corda) il primo
multiplo (2:1) o, inversamente, il primo rapporto superparticolare (1:2). A partire da questo
doppio rapporto esemplare, la progressione dei multipli da una parte e quella dei
superparticolari dall'altra generavano due serie di intervalli, rispettivamente crescenti e
decrescenti. Queste progressioni erano alla base di una gerarchia di consonanze
(symphoniae) che opponevano, termine a termine, la dodicesima (quinta raddoppiata
all'ottava, 3:1) alla quinta (3:2) e la doppia ottava (4:1) alla quarta (4:3) (ibidem, I, 20):
Tabella 1
Il postulato pitagorico secondo cui le consonanze potevano essere costituite soltanto da un
rapporto multiplo o superparticolare condusse ugualmente i teorici medievali a rifiutare,
sull'esempio di Boezio, all'undicesima (ottava + quarta) lo status di consonanza. Questo
intervallo, perfettamente consonante all'ascolto, corrispondeva in effetti al rapporto 8:3,
vale a dire 2(4/3), che non apparteneva a nessuna delle due classi in cui si dividevano i
rapporti consonanti, ma rientrava nella classe dei multipli superparzienti. Il riconoscimento
di questo postulato stabil in questo modo permanentemente nella teoria della musica
medievale il primato della ragione sull'esperienza sensibile.
Oltre a questi princip aritmologici, la scienza medievale della musica riprese da Boezio
diverse osservazioni sulle relazioni tra i numeri e i suoni. Cos, l'esperienza dimostrava che
aumentando la tensione di una corda, aumentava il numero e la frequenza delle pulsazioni
e si otteneva un suono pi acuto (ibidem, I, 3). Sulla base di tale osservazione si form il
paradigma della proporzionalit dell'acutezza e della gravit del suono al numero e alla
velocit delle pulsazioni che colpiscono l'aria; suo corollario fu inoltre l'idea di associare
una quantit pi grande a un suono pi acuto e la diminuzione di questa quantit a un
suono pi grave.
In contrapposizione a questo modello, derivato da una rappresentazione fisico-acustica del
fenomeno sonoro, la graduazione del monocordo ne introdusse un altro, di tipo
geometrico; tendendo una corda, che poteva essere rappresentata da un segmento di
retta, si poteva osservare che il suono pi grave prodotto dalle vibrazioni emesse dalla
totalit della corda. Il tono superiore del suono fondamentale ottenuto riducendo la
porzione di corda vibrante di un nono della sua lunghezza, l'intervallo di quarta
riducendola di un quarto, quello di quinta riducendola di un terzo e, infine, l'intervallo di
ottava riducendola della met. Questa rappresentazione spaziale conforme a
un'impostazione di tipo geometrico e presente, con qualche correzione, nella struttura
delle canne dell'organo fu alla base della nozione che a una quantit maggiore
corrisponda un suono pi grave e che, inversamente, un suono pi acuto sia funzione di
una diminuzione quantitativa. La scienza medievale della musica riprese dunque dal De
institutione musica una rappresentazione spaziale dei suoni cos come una scala acustica
rigidamente strutturata.
La dimostrazione del sistema acustico sul monocordo (ibidem, IV) non imponeva soltanto
una nuova rappresentazione quantitativa del suono, ma anche una spazializzazione delle
altezze del suono associando alla progressione grave-acuto l'orientamento sinistra-destra
della scrittura e usando fondamentalmente la successione delle lettere dell'alfabeto per
designare i suoni del monocordo, dai gravi agli acuti. Tra i diversi modi di indicizzazione dei
suoni utilizzati da Boezio, la tradizione medievale conserv in particolare la notazione
alfabetica continua, dalla lettera A alle lettere O, P (ibidem, IV, 14 e 17), nell'analisi della
struttura interna degli intervalli di quarta, di quinta e di ottava. La scala dei suoni di Boezio
si estendeva lungo una doppia ottava, articolata in cinque tetracordi discendenti, ciascuno
dei quali costituito da due toni e da un semitono (fig. 2).
Questa concezione di disgiunzione e di congiunzione dei tetracordi conferiva al sistema
acustico della Tarda Antichit un'instabilit strutturale (mobilit di grado b/h) a lungo
oggetto delle discussioni dei teorici medievali. L'analisi degli "aspetti" degli intervalli
fondamentali (di quarta, di quinta e di ottava) tentava di mettere in evidenza la serie delle
similitudini interne al sistema eptatonico. La nozione di 'aspetto' (species) designava la
struttura interna degli intervalli, differenziati secondo il principio della rotazione circolare
dei toni e dei semitoni costitutivi; l'intervallo di quarta, composto da due toni (T T) e da un
semitono (S), possiede cos tre aspetti: T T S (in ordine discendente, che corrisponde alla
forma 'tipica' del tetracordo strutturale), T S T e S T T; per lo stesso principio, l'intervallo di
quinta ne possiede quattro (T T T S, T T S T, ecc.) e l'ottava sette (T T S T T S T, T S T T S T
T, ecc.).
La proiezione di questi sette aspetti dell'ottava sulla doppia ottava del grande sistema
perfetto fu all'origine dei 'toni di trasposizione' o 'toni d'altezza', definiti "tropi" (tropus) da
Boezio, e interpretati dalla tradizione medievale in una prospettiva modale. Questi tropi
derivavano da una configurazione astratta che prevedeva la trasposizione in successione,
verso l'alto della scala, dell'insieme dei gradi del grande sistema perfetto, secondo l'ordine
dei toni e dei semitoni che separavano i sette aspetti dell'ottava o, in altre parole, secondo
l'ordine dei toni e dei semitoni che componevano il primo aspetto dell'ottava (T T S T T S
T). Questo principio di trasposizione fu riassunto da Boezio in una tavola (fig. 3) che ebbe
una notevole influenza sull'elaborazione della teoria medievale della modalit.
2. La ricezione medievale: trasformazioni e mutazioni concettuali
Il sistema acustico
Il ricco corpus di glosse che ha accompagnato la trasmissione del De institutione musica di
Boezio testimonia l'attenzione rivolta dai chierici dell'Alto Medioevo alle nozioni teoriche in
esso contenute. Il carattere prevalentemente esegetico di queste glosse rivela un pensiero
orientato pi verso la spiegazione e la comprensione del testo che verso la ricerca
speculativa. L'originalit del pensiero scientifico medievale in campo musicale appare non
tanto nella riformulazione e nel commento delle teorie boeziane quanto nell'elaborazione
di un discorso inteso a imporre un metodo razionale alla prassi del canto liturgico. Cos,
negli scritti dei teorici medievali i concetti boeziani alla base dell'elaborazione e dell'analisi
del sistema acustico s'integravano a un interesse che, nel corso di tutto il Medioevo, si
distinse per il suo carattere teorico-pratico. Ci si proponeva, sulla scia delle riforme
liturgiche e dei tentativi di unificazione intrapresi nell'et carolingia, di dotare di una base
razionale la struttura modale dei canti intonati durante la celebrazione della messa e,
soprattutto, dell'officio quotidiano. Nel quadro di una pratica vocale dominata, da una
parte, dal canto monodico dell'officiante e dalle 'polifonizzazioni' omofoniche e, dall'altra,
dal rispetto per l'intelligibilit del testo, questo sforzo di razionalizzazione fu
prevalentemente diretto all'ordinamento delle altezze del suono.
La tradizione ereditata dalla Tarda Antichit conobbe cos, sotto l'influenza di una volont
normativa tesa alla razionalizzazione di certe pratiche musicali, alcune sostanziali
modifiche che condussero a profonde divergenze su alcune questioni, in particolare sulla
struttura della scala dei suoni. Il tetracordo, concetto portante nella costruzione del grande
sistema perfetto, e le symphoniae rimasero uno strumento fondamentale nella concezione
della scala sonora riorganizzata a partire dalle finales (D E F G) del canto gregoriano. Cos,
Ubaldo di Saint-Amand (850 ca.-930 ca.), attento lettore di Boezio, proponeva una
ricostruzione originale del grande sistema perfetto a partire dal tetracordo costituito da
queste finales, ma secondo il principio di congiunzione e di disgiunzione dei tetracordi
enunciato da Boezio. Questa costruzione imponeva una lettura 'ascendente' del grande
sistema perfetto, dai gravi agli acuti, ma a partire da un tetracordo perfettamente
simmetrico, composto da due toni separati da un semitono (fig. 2).
Il trattato teorico Musica enchiriadis, redatto verso la fine del IX sec., elaborava, a partire
da questo stesso tetracordo, costituito dalle finales del canto liturgico, una scala acustica
specifica. Il tetracordo di riferimento in questo caso, come per Ubaldo, seguitava a essere
quello delle finales, tuttavia questo sistema privilegiava la quinta, che diveniva l'intervallo
strutturale; cos, contrariamente al grande sistema perfetto, che presentava due ottave
quasi simmetriche e quindi favoriva i rapporti di ottava, la scala della Musica enchiriadis
associava a ogni grado del sistema un grado, se non due, in rapporto di quinta. Questa
costruzione, basata sul principio della giustapposizione di tetracordi disgiunti, favoriva in
tal modo le trasposizioni alla quinta, le quali rispondevano evidentemente ad alcune
esigenze inerenti alla specificit del canto liturgico monodico, ma anche alla prassi del
canto polifonico per moto parallelo alla quinta.
Il sistema acustico pitagorico e la struttura eptatonica divisa in toni e semitoni che lo
caratterizzava fu adattato anche agli strumenti musicali. Tuttavia, per alcune ragioni
Molto prima della riscoperta del De institutione musica, avvenuta nel primo quarto del IX
sec., i lettori del quadrivio conoscevano gi, attraverso Marziano Capella (prima met del V
sec., De nuptiis Philologiae et Mercurii, IX, 935) nonch Cassiodoro (Institutiones, II, 5), la
teoria dei quindici toni di trasposizione esposta da Aristide Quintiliano, scrittore greco di
musica, vissuto secondo alcuni nel II sec. d.C., secondo altri nel III o anche nel IV secolo. Si
pens cos di rappresentare questi toni utilizzando la tavola di Boezio, e questa
rappresentazione ci pervenuta attraverso numerosi esemplari dell'opera enciclopedica di
Marziano Capella. Nel diagramma, i toni erano rappresentati sotto la forma di scale
eptatoniche (fig. 6). Questa tavola dei toni di trasposizione ha anche ispirato la
formulazione della teoria dei toni ecclesiastici di Ubaldo di Saint-Amand, che postulava
l'equivalenza tra questi ultimi e i tropi di Boezio. Ubaldo stabiliva cos per ciascun tono una
scala di otto suoni (con l'eccezione del tetrardus, la cui estensione poteva essere ampliata
di un tono supplementare ai gradi inferiori):
Tabella 2
Cos, a differenza dei toni di trasposizione di Boezio, che possedevano una struttura
intervallare identica e che si distinguevano solamente per il grado di altezza, le scale
modali si caratterizzavano sia per la differente distribuzione degli intervalli sia per le
differenze di registro.
L'assimilazione delle scale modali ai toni di trasposizione fu definitivamente realizzata nel
corso del IX sec., per opera dell'autore anonimo di un trattato divulgato con il titolo di Alia
musica. L'autore identificava oramai esplicitamente i toni di trasposizione di Boezio (tropus
o anche modus) con gli aspetti dell'ottava, e l'identificazione aveva origine nella
confusione tra i concetti boeziani di constitutio e di species (cio l'ordine invariabile dei
toni e dei semitoni che costituivano la scala tipica del grande sistema perfetto rispetto alla
disposizione variabile, attraverso la rotazione circolare dei toni e dei semitoni, su cui si
basavano le differenti possibili strutture delle consonanze di quarta, di quinta o di ottava).
Questa confusione concettuale ha comportato due conseguenze decisive per la storia
medievale della teoria della modalit: essa all'origine della toponimia greca dei toni
ecclesiastici (dorico/ipodorico, frigio/ipofrigio, lidio/ipolidio, misolidio/ipomisolidio o
ipermisolidio); inoltre, ha introdotto stabilmente una scala acustica strutturata da quarte,
quinte e ottave attorno alle quattro finales del canto ecclesiastico.
A margine di questa tradizione, i tentativi di adattare effettivamente i toni di trasposizione
al sistema delle scale modali rimasero eccezionali. Un dispositivo di questo genere fu
ideato da un certo Otker, monaco del convento di Saint-Emmeram a Ratisbona, nella
seconda met dell'XI secolo. Questo dispositivo, conosciuto col nome di quadripartita
figura o theorema troporum, fu descritto e discusso da Guglielmo di Hirsau e da Aribone,
due teorici attivi nella Germania meridionale durante la seconda met dell'XI secolo.
Il diagramma ideato da Otker, destinato a essere applicato alla tavola del monocordo, si
presentava (fig. 7) sotto la forma di quattro strisce, di cui quella superiore coincideva con
le divisioni del monocordo; la scala rappresentata su questa striscia corrispondeva ai gradi
del grande sistema perfetto di genere diatonico aumentato di un tono ai gradi inferiori. La
striscia immediatamente inferiore recava la stessa scala trasposta un tono pi in alto.
Quella successiva presentava una nuova trasposizione di un mezzo tono. Infine, l'ultima
striscia, operava una trasposizione al tono superiore. Le quattro strisce osservavano cos
un rapporto di trasposizione identico a quello del tetracordo delle finales (diviso in tono,
semitono e tono). Tuttavia questo dispositivo era ambiguo; da un punto di vista
propriamente ottico, il diagramma poneva in evidenza i tetracordi in cui era strutturato il
sistema acustico (gravi, finali, superiori ed eccellenti), e i gradi costitutivi di questi
contrario, per la sua struttura inalterabile, formata da due coppie di toni disposte
simmetricamente ai lati di un semitono (T T S T T). L'ideazione dell'esacordo discendeva
certamente dall'esigenza di mettere in evidenza un certo numero di simmetrie all'interno
della scala dei suoni. Questo concetto fu descritto in modo esemplare da Guido d'Arezzo
(Micrologus, VII), che lo impiegava per mettere in evidenza le affinit strutturali di certi
gradi della scala (i gradi delle finales dei toni); l'esacordo mostrava le loro trasposizioni
virtuali nel seguente modo:
Tabella 3
(si noter che nella concezione modale di Guido d'Arezzo il grado G non tollerava la
contiguit con D senza prestarsi a un'anfibologia). A prescindere dalle contiguit tra i gradi
A e D, B ed E, C ed F, l'esacordo manifestava una serie di analogie strutturali nella
distribuzione dei toni e dei semitoni all'interno dell'ottava.
La teoria dell'esacordo era inoltre strettamente associata alla teoria degli intervalli
formulata da Guido d'Arezzo, secondo il quale i sei intervalli (tono, semitono, terza
maggiore e minore, quarta e quinta) consentivano, in effetti, di costruire attorno a ogni
nota della scala sonora uno spazio esacordale, attraverso la combinazione di un intervallo
discendente e di un intervallo ascendente (semitono o tono + quinta; terza maggiore o
terza minore + quarta). Questo dispositivo teorico era rigidamente subordinato alle
tecniche didattiche del canto liturgico e probabilmente fu concepito come un metodo
mnemotecnico destinato a guidare il giovane cantore nell'apprendimento e nel
riconoscimento degli intervalli e della loro giustezza. Probabilmente un brano
relativamente oscuro di una lettera di Guido d'Arezzo al monaco Michele (Epistola, redatta
successivamente al 1028; cfr. Gerbert 1784), in cui l'autore riassumeva il suo metodo di
insegnamento del canto, alludeva proprio a una tecnica simile. L'originalit di questo
metodo derivava, molto probabilmente, dall'utilizzazione esemplare, a fini mnemotecnici,
della melodia dell'inno a san Giovanni Ut queant laxis appositamente composto dallo
stesso Guido d'Arezzo (fig. 9).
La memorizzazione del testo dell'inno con la sua melodia consentiva in tal modo di
ottenere una struttura intervallare caratteristica, grazie ai melismi che iniziavano con le
sillabe Ut, re, mi, fa, sol, la (3M=terza maggiore; 3m=terza minore):
Tabella 4
Questa tecnica, simile, in definitiva, a un'arte della memoria, era verosimilmente gi molto
nota al tempo di Guido d'Arezzo. La vasta e rapida diffusione dei suoi scritti, a partire dalla
seconda met dell'XI sec. e nel corso di tutto il XII, introdusse stabilmente questa melodia
nei metodi pedagogici dei cantori medievali. Sembra poi che un legame pi sistematico tra
la scala dei suoni e l'esacordo sia stato stabilito solamente nel corso del XII sec., quando
gli fu attribuita una posizione di primo piano nelle rappresentazioni tabulari in cui erano
distribuite su due o tre righe le sillabe ut, re, opponendole alle lettere del monocordo (v.,
per es., Malibu, The J. Paul Getty Museum, Ludwig XII 5 [Phillips 12145], f. 35v):
Tabella 5
Tuttavia, la teorizzazione definitiva dell'esacordo di solmisazione fu enunciata soltanto nel
corso del XIII sec., probabilmente associata all'insegnamento svolto a Parigi da Giovanni di
Garlandia. I testi che documentano le sue lezioni furono tra i primi a descrivere
sistematicamente la tecnica della solmisazione. L'esacordo era ormai invariabilmente
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enc
2001
di Christian Meyer
La musica
Sommario: 1. Tarda Antichit. 2. La ricezione medievale: trasformazioni e mutazioni
concettuali. Bibliografia.
1. Tarda Antichit
Secondo una divisione del sapere ereditata dalla Tarda Antichit, la musica era una delle
quattro scienze fondamentali (il cosiddetto quadrivium) della conoscenza matematica del
mondo delle essenze. La definizione sicuramente pi rigorosa di queste scienze stata
formulata da Boezio (480 ca.-524/525) nel Proemio al De institutione arithmetica e
ampiamente divulgata attraverso la sintesi lapidaria inserita nelle Institutiones di
Cassiodoro (490 ca.-580 ca.), come epigrafe al De mathematica (II, 21): "l'aritmetica la
disciplina della quantit numerabile in s; la musica la disciplina che tratta dei numeri
relativi alle componenti del suono; la geometria la disciplina delle grandezze statiche e
delle forme; l'astronomia la disciplina delle orbite degli astri celesti".
Boezio, nel trattato De institutione musica, distingueva tre differenti generi di musica: la
musica mundana, che concerneva le relazioni esistenti tra i corpi celesti nel Cosmo, il ciclo
delle stagioni e gli elementi; la musica humana, legata alla raffinata armonia tra anima e
corpo propria del genere umano, e, infine, la musica [...] instrumentis, "che si dice inerente
agli strumenti" (De institutione musica, I, 2), pi specificamente connessa alle strutture
sonore prodotte dagli strumenti musicali. Da questo vasto campo di conoscenze, il mondo
medievale, seguendo Boezio, escludeva la musica humana, costitutiva del microcosmo
umano; alla musica mundana non era dedicato un interesse molto maggiore. A tale
riguardo, il pensiero medievale si limit a confermare, attraverso Boezio, i differenti
sistemi di equivalenza, stabiliti da Platone e da Cicerone, tra i gradi della scala acustica e i
pianeti (ibidem, I, 27).
Non siamo a conoscenza di nessun serio tentativo medievale di elaborare una
rappresentazione globale e matematizzata delle relazioni tra la scala dei suoni e il
movimento delle sfere celesti. Durante l'Alto Medioevo ci si accontentava di trascrivere le
suddette equivalenze in diagrammi che rappresentavano la scala dei suoni e soltanto nel
corso del XIII sec., col diffondersi dell'influenza delle teorie aristoteliche sui moti del cielo,
si cess di fare riferimento al principio dell''armonia delle sfere'. Restava cos soltanto il
terzo genere di musica, il cui oggetto era la costruzione matematica del sistema acustico.
Allo studio di questo aspetto della musica, basato allo stesso tempo sui concetti
fondamentali dell'aritmetica elaborati dall'Antichit greco-latina e sulla filosofia dei numeri,
era dedicato tutto il trattato di Boezio.
La teoria della consonanza e, in definitiva, la costituzione del sistema acustico si basavano
sulle propriet inerenti alle progressioni dei numeri. Le pi semplici erano quelle dei
'multipli' (ossia "quando il numero maggiore contiene il minore o totalmente o due volte o
tre o quattro volte e via dicendo, e nulla manca, nulla avanza", ibidem, II, 4), dei
'superparticolari' (cio "quando il numero maggiore contiene il numero minore totalmente
pi una qualche sua parte e questa la sua met, come tre a due o la terza, come
quattro a tre", ibidem) e dei 'superparzienti' (che si ha "quando il numero maggiore
contiene totalmente in s il minore, pi alcune sue piccole parti; se ne contiene due di pi,
si chiama 'proporzione superbisparziente', come sono 5 a 3, se poi ne contiene 3 di pi, si
chiamer 'supertriparziente', come 7 a 4, e negli altri casi pu esserci la medesima
negli scritti dei teorici medievali i concetti boeziani alla base dell'elaborazione e dell'analisi
del sistema acustico s'integravano a un interesse che, nel corso di tutto il Medioevo, si
distinse per il suo carattere teorico-pratico. Ci si proponeva, sulla scia delle riforme
liturgiche e dei tentativi di unificazione intrapresi nell'et carolingia, di dotare di una base
razionale la struttura modale dei canti intonati durante la celebrazione della messa e,
soprattutto, dell'officio quotidiano. Nel quadro di una pratica vocale dominata, da una
parte, dal canto monodico dell'officiante e dalle 'polifonizzazioni' omofoniche e, dall'altra,
dal rispetto per l'intelligibilit del testo, questo sforzo di razionalizzazione fu
prevalentemente diretto all'ordinamento delle altezze del suono.
La tradizione ereditata dalla Tarda Antichit conobbe cos, sotto l'influenza di una volont
normativa tesa alla razionalizzazione di certe pratiche musicali, alcune sostanziali
modifiche che condussero a profonde divergenze su alcune questioni, in particolare sulla
struttura della scala dei suoni. Il tetracordo, concetto portante nella costruzione del grande
sistema perfetto, e le symphoniae rimasero uno strumento fondamentale nella concezione
della scala sonora riorganizzata a partire dalle finales (D E F G) del canto gregoriano. Cos,
Ubaldo di Saint-Amand (850 ca.-930 ca.), attento lettore di Boezio, proponeva una
ricostruzione originale del grande sistema perfetto a partire dal tetracordo costituito da
queste finales, ma secondo il principio di congiunzione e di disgiunzione dei tetracordi
enunciato da Boezio. Questa costruzione imponeva una lettura 'ascendente' del grande
sistema perfetto, dai gravi agli acuti, ma a partire da un tetracordo perfettamente
simmetrico, composto da due toni separati da un semitono (fig. 2).
Il trattato teorico Musica enchiriadis, redatto verso la fine del IX sec., elaborava, a partire
da questo stesso tetracordo, costituito dalle finales del canto liturgico, una scala acustica
specifica. Il tetracordo di riferimento in questo caso, come per Ubaldo, seguitava a essere
quello delle finales, tuttavia questo sistema privilegiava la quinta, che diveniva l'intervallo
strutturale; cos, contrariamente al grande sistema perfetto, che presentava due ottave
quasi simmetriche e quindi favoriva i rapporti di ottava, la scala della Musica enchiriadis
associava a ogni grado del sistema un grado, se non due, in rapporto di quinta. Questa
costruzione, basata sul principio della giustapposizione di tetracordi disgiunti, favoriva in
tal modo le trasposizioni alla quinta, le quali rispondevano evidentemente ad alcune
esigenze inerenti alla specificit del canto liturgico monodico, ma anche alla prassi del
canto polifonico per moto parallelo alla quinta.
Il sistema acustico pitagorico e la struttura eptatonica divisa in toni e semitoni che lo
caratterizzava fu adattato anche agli strumenti musicali. Tuttavia, per alcune ragioni
probabilmente inerenti ai processi di fabbricazione delle canne d'organo, questa scala si
caratterizzava per la presenza, ai gradi inferiori, di due toni successivi, che formavano la
base di un tetracordo ascendente del tipo T T S. Questa scala documentata da diverse
fonti risalenti al periodo che va dal IX al XII sec.: da Ubaldo di Saint-Amand, dalla Scolica
enchiriadis (Tertia pars), commento alla Musica enchiriadis e, infine, da molte misure di
canne di organo e di campane, cos come dall'insieme delle misure cosiddette
dell'organistrum. Questa scala propriamente strumentale coincideva inoltre con quella
composta dalle proporzioni dell'"anima del mondo", descritta nel Timeo di Platone; la sua
considerevole fortuna nella storia della teoria musicale, ma anche della pratica, rende
opportuno dedicarle un esame pi approfondito.
Bench i riferimenti espliciti al Timeo fossero rari, questo testo era senza alcun dubbio ben
noto ai teorici altomedievali grazie alla traduzione e al commento di Calcidio, anche se
l'apogeo della 'fortuna di Calcidio' coincise con la rinascita intellettuale del XII secolo. Cos,
l'anonimo autore della Musica enchiriadis, Gerberto di Reims, Abbone di Fleury (945 ca.1004), o i glossatori del De institutione musica, dimostravano una conoscenza
approfondita delle teorie platoniche. I teorici della musica prendevano in considerazione
soprattutto il primo dei tre diagrammi contenuti nel commento di Calcidio, in cui era
esposta la struttura fondamentale dell'"anima del mondo" (Timaeus a Calcidio translatus,
XXXII-XXXIII). Questo diagramma a forma di lambda, il cui vertice coincideva con l'unit,
presentava sulla gamba sinistra la serie delle prime tre potenze di 2 (2, 4, 8) e sulla destra
quella delle prime tre potenze di 3 (3, 9, 27) (fig. 4). I primi sei numeri di questo
diagramma indicano le proporzioni delle 'sinfonie' che costituivano il sistema acustico
pitagorico: l'ottava (1:2), l'ottava pi la quinta (1:3), la quinta (2:3), la quarta (3:4), il tono
(8:9). Sviluppando, da un lato e dall'altro, le due serie di potenze (rispettivamente 16, 32,
64, e 81, 243, 729) e seguitando a porle in relazione si ottenevano tutti i possibili
intervalli tra i differenti gradi della scala eptatonica: la settima minore (9:16), la sesta
maggiore (16:27), la terza minore (27:32), ecc. Questa notevole progressione definita, nel
XIV sec., dei "numeri armonici" ha avuto una profonda influenza sulla formulazione dei
princip della polifonia occidentale; essa, in particolare, ha consentito di stabilire una
classificazione razionale delle consonanze, divise in concordanze e discordanze perfette e
imperfette, e di rafforzare in tal modo, in una prospettiva decisamente pitagorica, il
primato della ragione sull'esperienza sensibile (fig. 5).
La subordinazione della sensibilit era sancita, in modo paradigmatico, dalla norma
formulata da Giovanni di Garlandia: "le consonanze che derivano pi direttamente
dall'uguaglianza sono anche quelle che concordano di pi sul piano sonoro. Quelle che se
ne discostano di pi sono anche meno concordanti e di conseguenza pi dissonanti
all'ascolto" (De mensurabili musica, ed. Reimer, p. 73).
I toni di trasposizione greci e le scale modali medievali
Una delle pi importanti innovazioni della scienza medievale della musica stata quella di
aver ideato per un uso pratico e in una prospettiva normativa una scala acustica;
mediante essa e i sistemi in cui era strutturata (gli aspetti di quarta, di quinta e di ottava)
s'intendeva precisare le relazioni reciproche tra i gradi di altezza del suono all'interno di
una data melodia. La teoria delle scale modali, che nel corso di tutto il Medioevo defin il
quadro euristico della determinazione dei modi, derivava da una fusione tra la teoria degli
aspetti delle sinfonie (in particolare di quelli dell'ottava) e la teoria dei toni di
trasposizione, che in Boezio erano completamente separate. Il diagramma di tali toni ha
svolto un notevole ruolo euristico fin dai primi tempi della ricezione del De institutione
musica, durante la prima met del IX secolo.
Molto prima della riscoperta del De institutione musica, avvenuta nel primo quarto del IX
sec., i lettori del quadrivio conoscevano gi, attraverso Marziano Capella (prima met del V
sec., De nuptiis Philologiae et Mercurii, IX, 935) nonch Cassiodoro (Institutiones, II, 5), la
teoria dei quindici toni di trasposizione esposta da Aristide Quintiliano, scrittore greco di
musica, vissuto secondo alcuni nel II sec. d.C., secondo altri nel III o anche nel IV secolo. Si
pens cos di rappresentare questi toni utilizzando la tavola di Boezio, e questa
rappresentazione ci pervenuta attraverso numerosi esemplari dell'opera enciclopedica di
Marziano Capella. Nel diagramma, i toni erano rappresentati sotto la forma di scale
eptatoniche (fig. 6). Questa tavola dei toni di trasposizione ha anche ispirato la
formulazione della teoria dei toni ecclesiastici di Ubaldo di Saint-Amand, che postulava
l'equivalenza tra questi ultimi e i tropi di Boezio. Ubaldo stabiliva cos per ciascun tono una
scala di otto suoni (con l'eccezione del tetrardus, la cui estensione poteva essere ampliata
di un tono supplementare ai gradi inferiori):
Tabella 2
Cos, a differenza dei toni di trasposizione di Boezio, che possedevano una struttura
intervallare identica e che si distinguevano solamente per il grado di altezza, le scale
modali si caratterizzavano sia per la differente distribuzione degli intervalli sia per le
differenze di registro.
L'assimilazione delle scale modali ai toni di trasposizione fu definitivamente realizzata nel
corso del IX sec., per opera dell'autore anonimo di un trattato divulgato con il titolo di Alia
musica. L'autore identificava oramai esplicitamente i toni di trasposizione di Boezio (tropus
o anche modus) con gli aspetti dell'ottava, e l'identificazione aveva origine nella
confusione tra i concetti boeziani di constitutio e di species (cio l'ordine invariabile dei
toni e dei semitoni che costituivano la scala tipica del grande sistema perfetto rispetto alla
disposizione variabile, attraverso la rotazione circolare dei toni e dei semitoni, su cui si
basavano le differenti possibili strutture delle consonanze di quarta, di quinta o di ottava).
Questa confusione concettuale ha comportato due conseguenze decisive per la storia
medievale della teoria della modalit: essa all'origine della toponimia greca dei toni
ecclesiastici (dorico/ipodorico, frigio/ipofrigio, lidio/ipolidio, misolidio/ipomisolidio o
ipermisolidio); inoltre, ha introdotto stabilmente una scala acustica strutturata da quarte,
quinte e ottave attorno alle quattro finales del canto ecclesiastico.
A margine di questa tradizione, i tentativi di adattare effettivamente i toni di trasposizione
al sistema delle scale modali rimasero eccezionali. Un dispositivo di questo genere fu
ideato da un certo Otker, monaco del convento di Saint-Emmeram a Ratisbona, nella
seconda met dell'XI secolo. Questo dispositivo, conosciuto col nome di quadripartita
figura o theorema troporum, fu descritto e discusso da Guglielmo di Hirsau e da Aribone,
due teorici attivi nella Germania meridionale durante la seconda met dell'XI secolo.
Il diagramma ideato da Otker, destinato a essere applicato alla tavola del monocordo, si
presentava (fig. 7) sotto la forma di quattro strisce, di cui quella superiore coincideva con
le divisioni del monocordo; la scala rappresentata su questa striscia corrispondeva ai gradi
del grande sistema perfetto di genere diatonico aumentato di un tono ai gradi inferiori. La
striscia immediatamente inferiore recava la stessa scala trasposta un tono pi in alto.
Quella successiva presentava una nuova trasposizione di un mezzo tono. Infine, l'ultima
striscia, operava una trasposizione al tono superiore. Le quattro strisce osservavano cos
un rapporto di trasposizione identico a quello del tetracordo delle finales (diviso in tono,
semitono e tono). Tuttavia questo dispositivo era ambiguo; da un punto di vista
propriamente ottico, il diagramma poneva in evidenza i tetracordi in cui era strutturato il
sistema acustico (gravi, finali, superiori ed eccellenti), e i gradi costitutivi di questi
tetracordi si trovavano in effetti distribuiti su quattro linee che attraversavano
verticalmente il diagramma. Allo stesso modo, una lettura orizzontale poneva in evidenza i
gradi caratteristici di ciascun tropo (A, D, a, d per il protus; B, E, #, e per il deuterus, ecc.).
D'altra parte, applicando questo diagramma alla tavola del monocordo dato che, a
quanto sembra, esso era stato ideato proprio per questo scopo , si otteneva una
rappresentazione acustica; cos il protus, cio il tropo pi grave (che corrispondeva al
primo e al secondo tono), era associato alla trasposizione pi alta della scala e di
conseguenza al registro pi acuto del monocordo. Inversamente, il tropo pi alto, cio il
tetrardus (il settimo e l'ottavo tono), si trovava paradossalmente trasposto alla quarta
inferiore, verso il registro grave dello strumento.
Aspetti degli intervalli ed esacordi di solmisazione
I teorici della Tarda Antichit (Boezio, Macrobio, Cassiodoro) non attribuivano una realt
acustica alle symphoniae. Ciononostante, l'influenza di una teoria della musica indirizzata
a organizzare la pratica vocale dot i concetti fondamentali dell'acustica matematica di un
carattere pi concreto. Nel quadro della teoria dei modi, essi delimitavano e qualificavano
la sezione della scala dei suoni al cui interno doveva evolversi la melodia. Allo stesso
modo, nell'analisi dell'organum originario per moto parallelo delle voci, essi erano
esplicitamente identificati come le consonanze fondamentali della polifonia.
La nozione di aspetto, inerente al concetto di symphonia, rimase tuttavia modello per
l'elaborazione della nozione di intervallo melodico. Cos, pur identificando le symphoniae
con le consonanze (consonantiae) dell'organum parallelo, Ubaldo concepiva gli intervalli
melodici del canto (modi) come la combinazione degli intervalli semplici (minora intervalla)
dati dal tono (T) e dal semitono (S). Ubaldo distingueva cos nove intervalli (dalla seconda
minore alla sesta maggiore): S, T, S+T, T+T, S+T+T, T+T+T, S+T+T+T, T+T+T+T,
S+T+T+T+T, che si riteneva esaurissero l'estensione naturale della voce umana. Questa
costruzione architettonica a partire dall'XI sec. fu definitivamente sostituita dalla
nomenclatura ideata da Guido d'Arezzo (992-1050), che ammetteva soltanto sei intervalli
(modi): il tono e il semitono, la terza maggiore e minore, la quarta e la quinta, che
rappresentavano le uniche congiunzioni possibili tra i suoni, per moto ascendente o
discendente (Micrologus, IV). Il limitato numero di intervalli consentito da Guido d'Arezzo
poteva trovare una spiegazione nel modello canonico delle sei symphoniae (4 5 8 11 12
15).
In Boezio, l'esame degli aspetti delle sinfonie era finalizzato soprattutto alla comprensione
delle differenti possibili distribuzioni dei toni e dei semitoni all'interno della quarta, della
quinta e dell'ottava. Ora, rapportati alla scala diatonica di un'ottava (per es., T T S T T T S),
o alla scala diatonica dei suoni nella sua totalit, gli aspetti della quarta e della quinta
ponevano soprattutto in evidenza l'impossibilit di sviluppare un sistema perfettamente
simmetrico. Questa impossibilit derivava innanzi tutto dalla presenza, all'interno della
scala eptatonica, di tre toni successivi, e come tali dunque irriducibili alle categorie
strutturali della quarta e della quinta che rimanevano i concetti fondamentali
dell'architettura modale. Cos, le trasformazioni della teoria medievale della tonalit
derivarono, in gran parte, dal tentativo di assimilare le nozioni di aspetto e di tonalit.
Anche se, indipendentemente da queste difficolt, gli aspetti della quarta, della quinta e
dell'ottava rimasero uno strumento indispensabile nell'analisi del sistema acustico, i teorici
altomedievali elaborarono, nel corso dei primi decenni dell'XI sec., un concetto teoricopratico originale che rest in uso sino alla soglia dei tempi moderni, ossia l'esacordo
definito di 'solmisazione'. In opposizione all'ordine variabile dei toni e dei semitoni
all'interno delle symphoniae in base al loro aspetto, l'esacordo si caratterizzava, al
contrario, per la sua struttura inalterabile, formata da due coppie di toni disposte
simmetricamente ai lati di un semitono (T T S T T). L'ideazione dell'esacordo discendeva
certamente dall'esigenza di mettere in evidenza un certo numero di simmetrie all'interno
della scala dei suoni. Questo concetto fu descritto in modo esemplare da Guido d'Arezzo
(Micrologus, VII), che lo impiegava per mettere in evidenza le affinit strutturali di certi
gradi della scala (i gradi delle finales dei toni); l'esacordo mostrava le loro trasposizioni
virtuali nel seguente modo:
Tabella 3
(si noter che nella concezione modale di Guido d'Arezzo il grado G non tollerava la
contiguit con D senza prestarsi a un'anfibologia). A prescindere dalle contiguit tra i gradi
A e D, B ed E, C ed F, l'esacordo manifestava una serie di analogie strutturali nella
distribuzione dei toni e dei semitoni all'interno dell'ottava.
La teoria dell'esacordo era inoltre strettamente associata alla teoria degli intervalli
formulata da Guido d'Arezzo, secondo il quale i sei intervalli (tono, semitono, terza