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Cenni sullimmigrazione

Un vecchio proverbio popolare recitava: Chi causa del


suo mal, pianga se stesso.
Gli italiani sono abituati ad osservare i fenomeni,
soprattutto quelli con risvolti preoccupanti, sempre con
occhio indignato come se le responsabilit fossero di altri e
loro le povere vittime innocenti.
Se per guardiamo la realt, con un minimo di obiettivit,
potremmo meglio capire in che modo troppi di noi hanno
contributo, con i propri comportamenti, ad accrescere
alcuni di quei problemi i cui risvolti negativi siamo oggi
obbligati a sopportare.
Soffermiamoci allora ad analizzare alcuni aspetti
dellimmigrazione e come questi si siano manifestati e
dilatati negli ultimi decenni.
Tralasciamo qui ogni facile accenno ai settori
dellagricoltura e delledilizia, che sono stati sicuramente gli
antesignani dellimportazione illegale di mano dopera a
basso prezzo, in cui si sono formati ingenti patrimoni senza
un adeguato gettito fiscale per lo Stato e con un irrisorio
afflusso di contributi nelle casse dellINPS.
Ricordiamoci invece quando alla fine degli anni settanta, le
signore-bene di Milano e Roma, ma non solo, hanno
cominciato ad importare colf filippine rigorosamente a
nero, pagandole meno della met delle vecchie colf venete
o ciociare.
Altri si sono poi sbizzarriti con il maggiordomo dello Sri
Lanka, gentile e molto servizievole, per il quale non ci si
dovevano accollare quei fastidiosi contributi di una
qualunque governante italica.

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Lungi dal porsi troppi problemi, alcuni di noi hanno
cominciato cos ad aprire la strada ad un canale di
immigrazione che oggi definiremmo clandestina.
Nel decennio successivo, la politica italiana ha cominciato
ad interessarsi del problema africano, creando organismi
pseudo-umanitari statali allo scopo di aiutare le popolazioni
pi disagiate del continente nero, direttamente sul loro
territorio.
Quasi tutti i paesi europei si scatenarono in quella che, sulla
carta, doveva essere unimponente operazione di soccorso
mirato ai pi sfortunati abitanti dellAfrica.
Sventurati loro, ma molto fortunati tutti quegli imprenditori
europei che con la Cooperazione allo Sviluppo hanno
incrementato i loro profitti, vendendo alle diverse
organizzazioni nazionali prodotti di ogni genere a prezzi
tuttaltro che caritatevoli.
Ogni referenza veniva infatti fornita, direttamente dal
produttore allo Stato, a quotazioni gonfiate rispetto al
cosiddetto prezzo di fabbrica.
La procedura era cos poco adamantina che venne ad un
certo punto istituita una Commissione Parlamentare
dInchiesta sulla attuazione della politica di cooperazione
con i Paesi in via di Sviluppo, composta da 20 deputati e 19
senatori che, dal settembre 1994, lavor per ventuno mesi
arrivando al solito prevedibile nulla di fatto.
Successivamente abbiamo cominciato a vedere, sulle
spiagge e nei mercatini delle nostre citt, un cospicuo
fiorire di venditori per lo pi di colore che, sotto gli occhi di
polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizie locali,
proponevano merce contraffatta.

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Qui, la parte pi acefala dei nostri conterranei si
scatenata allacquisto, furbo, di magliette Lacoste, borse di
Louis Vuitton ed orologi Rolex, tutti rigorosamente falsi,
alimentando lafflusso di manodopera, soprattutto
africana, al misero soldo della malavita nostrana.
Ancora oggi vediamo signore di ogni et vantarsi con le
amiche per quel vestitino o quel foulard comprato a pochi
euro (pensa: la met di quanto lho visto a Milano!) da
quellambulante cos carino, che passa ogni giorno sulla
spiaggia davanti al loro lettino.
Figurarsi se si pongono domande sulla provenienza della
merce e degli aspetti fiscali derivanti, con buona pace e
godimento di tutta la malavita che c alle spalle.
Allinizio degli anni 80, regnante Karol Wojtyla, abbiamo
cominciato a vedere agli incroci delle nostre citt
volonterosi polacchi che, giunti nel nostro Paese come
pellegrini, si offrivano di lavare i vetri delle nostre auto,
visto che i benzinai italiani non elargivano pi tale servizio:
litalico popolo li ha inondati, soddisfatto e riconoscente, di
tonnellate di monete.
Pi tardi poi i polacchi saranno sostituiti dagli albanesi
prima e dagli zingari (pardon, dai rom) poi in una escalation
di aggressivit a volte anche violenta.
I primi albanesi sono arrivati in 27.000 nel marzo del 91,
accolti con entusiasmo in special modo per la loro
carnagione chiara e per i loro capelli biondi.
Solo pi tardi ed a nostre spese, ci siamo resi conto che
dallAlbania era arrivato il fior fiore della malvivenza e che
quelle ragazze, che rischiavano di bucare i gommoni con i
loro tacchi a spillo, non venivano per cercare impieghi o
lavori onesti, ma facevano troppo spesso gi parte di quel
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racket della prostituzione saldamente in mano, per tutti gli
anni successivi, a quei profughi albanesi che tanto ci
avevano intenerito.
In un secondo tempo, terminato lo sfruttamento delle
proprie connazionali e confidando evidentemente sulla
massiva frequentazione che gli italioti hanno con le
prostitute, il racket del marciapiede si dedicato
allimportazione intensiva, da ogni parte del mondo, di
qualunque tipo di corpi disponibili a soddisfare le esigenze,
cospicue quanto variegate, del nostro popolo.
Dobbiamo per obiettivamente ammettere che, anche in
questo caso, il vero problema consiste nel fatto che sono
stati gli italiani i quali, dimostrando ampio gradimento per
unofferta che andava dalle prostitute senegalesi ai trans
brasiliani, hanno contribuito ad incrementarne a dismisura
il mercato di schiavi.
Il tutto ha potuto fiorire anche e soprattutto grazie alle
leggi, o alla mancanza di esse, che nel nostro Paese hanno
voluto ignorare il fenomeno per troppi anni, contribuendo
a far s che un popolo gi scarsamente responsabile non si
rendesse conto che, in tal modo, si sarebbe poi alimentato
il contiguo mercato della droga, con tutti i seri problemi di
sicurezza e di salute pubblica da esso originati.
Peraltro, tralasciando ipocriti moralismi ma solo riferendosi
allelementare legge della domanda e dellofferta, non ci
resta che prendere atto che un ampio comparto della
popolazione richiede assiduamente prostituzione e droga,
per cui non c nulla di anomalo se organizzazioni ad hoc si
adoperano a fornire tutto il necessario.
Lo Stato sar pur assente e farraginoso nella gestione delle
regole ma i nostri concittadini, o almeno gran parte di essi,
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contribuiscono con i loro quotidiani comportamenti alla
deriva irreversibile della Nazione.
Sono gli stessi italiani che si servono dei parrucchieri cinesi,
che non sanno neppure cosa sia uno scontrino fiscale, e
degli apparenti centri estetici, sempre gestiti da cinesi, i cui
affittuari spesso risultano essere italiani a tal fine
compiacenti e che i rapporti di queste attivit con la
camorra napoletana e la ndrangheta calabrese sono, da
tempo, molto stretti.
E bene ricordare che, tra tutti i Paesi, la Cina quello a cui
dal nostro Paese viene inviato il maggior volume di denaro,
per lo pi proveniente da traffico di esseri umani,
produzione e traffico di droga, contraffazione,
prostituzione, gioco dazzardo, fino ai reati finanziari pi
complessi.
Contro la mafia cinese, ormai saldamente insediata in tutto
il territorio italiano, polizia e magistratura riescono a fare
ben poco in quanto la maggior parte del materiale
probatorio captato nel corso delle intercettazioni rimane
negli archivi e nessuno lo traduce perch non abbiamo
interpreti di lingua fujianese, che lidioma usato dai
componenti pi giovani delle bande cinesi.
C quindi unoggettiva difficolt a celebrare i processi in
quanto i rari traduttori sono malpagati (5 allora) e sono
soprattutto impauriti perch, quasi sempre, oggetto di
intimidazioni da parte dei boss connazionali.
Non colpa dei cinesi se gli italiani, di ogni ceto,
comperando la loro paccottiglia e le loro merci contraffatte,
andando dai loro parrucchieri e frequentando i loro centri
estetici e le loro bische, hanno dato fattivo contributo al
fiorire della loro organizzatissima rete criminale.
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Last, but not least, lo squallido scenario di quella che i
media hanno definito Mafia Capitale.
Non ci sono parole per commentare in modo adeguato una
vicenda che coinvolge trasversalmente il quadro politico
della nostra Repubblica delle Banane.
Si crea lemergenza, si attende che assuma proporzioni
massicce e poi, con le giuste connivenze a livello di potere,
ci si arricchisce impossessandosi della gestione del
problema lucrandoci senza ritegno alcuno.
Trattasi di consorterie ben strutturate da tempo che si
dedicano, di volta in volta, al business pi redditizio quali gli
appalti pubblici, i rifiuti o, come in questo caso, la gestione
su larga scala degli immigrati.
E una faccenda certamente sordida e stomacante, ma non
meno ributtante di quelle centinaia di proprietari di
immobili che, soprattutto nelle grandi citt, hanno affittato
a caro prezzo appartamenti, cantine, abbaini e tutto quanto
avesse un tetto agli immigrati clandestini infrangendo tutte
le norme della Pubblica Sicurezza.
Allo stato attuale, non si vedono allorizzionte soluzioni
praticabili per una situazione che si incancrenita prima di
tutto allinterno del nostro tessuto sociale.
Ma dobbiamo ringraziare anche il buonismo ipocrita
quanto inconcludente di una significativa parte della classe
politica che, fornendo gli immigrati di diritti uguali, se non
maggiori, rispetto ai cittadini italiani, mira solo ad ottenere
consenso e nuova linfa per il mantenimento del potere.
A scapito di chi?
Poco importa se a danno dellItalia tutta!
Andrea Menichini - giugno 2015

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