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Settimo Catalano
Edizioni:precedenti
1999 dicembre Kailash Ed.
2000 novembre Tecnodid Ed. (Col titolo Strategie per il successo formativo)
2013 ottobre
Chiara Luce Edizioni
Via Poggiberna, 9 56040 Pomaia (Pisa) - Italia
chiaraluceedizioni@gmail.com / www.chiaraluce.it
tel. e fax 050-685690
Autore
Settimo Catalano
Settimo Catalano
Chiara Luce Edizioni
Introduzione
Settimo Catalano
Le porte dell'attenzione
Settimo Catalano
la logica sottostante non la stessa: infatti nel primo caso, per intervenire
psicologicamente, necessario un malessere sufficientemente grave da destare
il bisogno di intervenire, nellaltro caso invece si interviene per il desiderio di
migliorare la qualit delle relazioni e il clima di lavoro.
Purtroppo esistono, ancora oggi, notevoli difficolt nel far capire alle pubbliche amministrazioni i vantaggi di progetti basati sul benessere relazionale,
mentre pi facile approvare un progetto che parta da una situazione di disagio. Se c la guerra e non ci sono viveri, qualsiasi alimento va bene perch si
tratta di soddisfare un bisogno impellente, ma se si in pace si pu scegliere
unalimentazione corretta in funzione di ci che fa bene a ciascuno.
Nelle scienze sociali applicate si rischia di ragionare come se si fosse perennemente in guerra, con scarse possibilit di intervento, mentre di fatto si ha
una vasta gamma di possibilit: chi, pur avendo il frigo pieno di vari alimenti,
mangia soltanto patate?
Eppure, spesso le amministrazioni ragionano in questa maniera: potrebbero
scegliere strategie di intervento ricche e diversificate, che vanno alla radice dei
problemi sociali, ma si limitano a tamponare le situazioni a rischio, quando
proprio non possono farne a meno.
Dedica alla Signora Vimercati
Nei miei primi dieci anni di attivit ho potuto lavorare nelle scuole grazie al
contributo economico e morale della Fondazione Vittorio Vimercati, nata per
volont testamentaria del Fondatore. Di fatto, fu la signora Maddalena Vimercati
che, alla morte del marito, fece nascere, con laiuto dei nipoti, la Fondazione.
Quando conobbi la Signora Vimercati, lei aveva, credo, 86 anni e, malgrado
la sua et, era molto vitale e molto interessata alle sorti della Fondazione.
Diventammo amici e, nonostante la differenza di et, ci capivamo e avevamo
aspirazioni e mete comuni.
A questa amicizia senza tempo e senza et dedico il mio libro. Grazie a
questa Fondazione ho potuto cominciare a lavorare con insegnanti e bambini, proponendo progetti sullo star bene con gli altri a scuola gi dal 1979,
quando, di psicologia del benessere, nessuno parlava ancora.
Finalit e divisione del testo
Il testo si divide in quattro parti.
Nella prima parte, Lattenzione, linsegnante, lallievo, si parla dellattenzione
e dellimportanza di questa funzione mentale, non solo per lapprendimento,
ma anche per la relazione con gli altri. Viene quindi mostrato come linse-
Le porte dell'attenzione
Prima parte
Lattenzione
Linsegnante
Lallievo
Prologo
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Settimo Catalano
Apprezzato e criticato
Dalla platea del teatro trasferiamoci in unaula dove in corso da qualche giorno
un seminario teorico-pratico per insegnanti sul tema della gestione del gruppoclasse. Durante un momento di dibattito, qualcuno interviene e manifesta soddisfazione per come si stanno svolgendo i lavori: i concetti esposti e le esperienze
proposte sono molto stimolanti. Subito dopo, un altro partecipante si alza e,
rivolgendosi al conduttore con una certa animosit, dice di essere deluso perch si aspettava ben altro da lui. Lattenzione si catalizza sul conduttore. Come
reagir? Si mostrer lusingato dal primo intervento e risentito per il secondo?
Il conduttore, trasformando la provocazione in unoccasione di chiarimento
teorico, risponde: Gli ultimi due interventi mostrano come alla stessa esperienza si possa reagire differentemente, e che le persone non sono affatto tutte
uguali. La diversit pu essere accettata o rifiutata.
Se la rifiutiamo cercheremo di definire ci che accade in termini assoluti,
in maniera oggettiva: per esempio, cominceremo a polemizzare sul fatto che
questo seminario sia stimolante e utile, oppure se sia una perdita di tempo,
nel tentativo di arrivare a una verit oggettiva, valida per tutti. Se invece la
diversit viene accettata, si aprir la possibilit della comunicazione e ognuno
potr interrogare laltro per capirne il punto di vista. Questa modalit che
pone il soggettivo in primo piano favorisce la relazione; viceversa il modo
di pensare oggettivo la blocca.
Il fatto oggettivo e unico, ma i vissuti che ognuno ha dello stesso fatto
sono soggettivi e quindi tanti quante sono le persone. dunque realistico
aspettarsi differenze pi o meno grandi fra le varie reazioni.
Visto che ognuno percepisce e struttura ci che accade in maniera personale, aspettarsi che tutti rimangano soddisfatti dalle nostre parole e opere,
vuol dire andare incontro a delusioni certe.
Stando cos le cose, chiunque si esponga agli altri, se non in bala di sentimenti
di onnipotenza, accetter come naturali sia le critiche sia gli apprezzamenti.
L'Attenzione
sserviamo, non visti, una classe durante una lezione. Non possiamo fare
a meno di notare che linsegnante si interrompe spesso e che queste interruzioni hanno tutte un contenuto simile fra loro: riprendere ora questo, ora
quellallievo, per ottenere la loro attenzione. Tuttavia sembra che in questa
comunicazione qualcosa non funzioni, dato che linsegnante costretto a
interrompersi frequentemente.
La difficolt sta nel fatto che linsegnante sembra dia per scontato che
lallievo conosca le operazioni mentali necessarie per entrare nello stato di
attenzione voluto. Ma gli allievi, in realt, non riescono a capire cosa si vorrebbe esattamente da loro.
Per dare indicazioni pi precise di un semplice richiamo allattenzione,
necessario avere unidea generale sulla funzione che ha nellorganismo
quellinsieme di attivit psichiche che chiamiamo mente, e sul rapporto che
la mente, nel suo complesso, ha con quel sottosistema di attivit mentali che
chiamiamo attenzione.
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anche il nome sar in grado di richiamare alla mente loggetto assente, per
cui baster la parola mamma per evocarene la presenza. Quando il bambino
comincer a parlare, uno dei primi nomi che imparer sar mamma, ma, a
seconda del tono di voce, la stessa parola potr assumere significati diversi.
Con il tempo il bambino imparer ad articolare i nomi in linguaggio e il
linguaggio, via via, si far sempre pi elaborato, fino a consentire una comunicazione ricca di significati, permettendo cos lo sviluppo delle facolt pi
elevate, come il pensiero creativo.
Proviamo ora a osservare da unaltra prospettiva lattivit mentale e a mettere a fuoco i vari livelli di integrazione compiuti dalla mente.
Abbiamo detto che in ogni momento circola nellorganismo un numero
incredibile di impulsi nervosi, a cui corrispondono altrettante informazioni.
Questo intenso traffico viene strutturato in prima istanza dalle vie sensoriali
e dalla loro integrazione cerebrale degli stimoli. Di fatto i sensi (vista, udito
ecc.) organizzano in percezioni (visive, uditive ecc.) le informazioni in entrata,
ciascuna sul relativo canale sensoriale. A questo livello di integrazione tutto, o
quasi, tende a essere automatizzato. La mente, che rispetto ai sensi pu essere
considerata come un senso di livello superiore, un meta-senso, raccoglie le
diverse percezioni sensoriali e le organizza ulteriormente in una visione multisensoriale del mondo. Lattivit organizzatrice della mente procede oltre.
Nel successivo livello di organizzazione entrano in gioco, in maniera determinante, altri fattori mentali che hanno come controparte fisiologica sollecitazioni di origine interna al sistema nervoso, di cui i pi rilevanti sono i ricordi, i
bisogni, i desideri e le credenze. A questo livello di integrazione mentale si ha una
percezione globale unitaria del mondo momento per momento. Ma la mente non si
limita a organizzare e integrare i fattori fin qui esposti. Infatti dalla percezione
globale si originano affetti corrispondenti e interazioni con la realt esterna: i
primi li chiamiamo vissuti, e comprendono stati danimo, sentimenti, emozioni
e passioni; le seconde prendono il nome di comportamenti.
Se, per esempio, vediamo un bambino che sta prendendo a pugni la sorellina pi debole di lui, oltre ad avere una percezione globale del fatto (dove
giocano anche le nostre credenze, i ricordi...) veniamo colti da una determinata emozione e interveniamo con un determinato comportamento.
I comportamenti sono una sequenza di movimenti del corpo che la mente
dirige e organizza mantenendoli in rapporto costante con le percezioni sensoriali, per aggiustarne continuamente il tiro. Inoltre appaiono come finalizzati
a uno scopo.
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Livelli di attenzione
Si pu dire che lattenzione permette alla mente di organizzare solo ci che
risulta rilevante in quel momento per la persona, sia che la spinta venga dalle
necessit legate alla sopravvivenza, sia che venga da scopi prefissati. Queste
operazioni di selezione possono avvenire o in maniera automatica o in maniera volontaria.
Quando lattenzione si sposta in maniera automatica sullonda delle abitudini acquisite, possiamo parlare di un primo livello di attenzione. Quando invece
lattenzione mossa volontariamente, a dispetto delle abitudini, possiamo
parlare di un secondo livello di attenzione.
Lo stesso atto attentivo che seleziona e rende attive le percezioni derivanti
da un canale sensoriale, e contemporaneamente mantiene sullo sfondo le altre
percezioni presenti, pu essere fatto automaticamente, per abitudine, ma pu
anche essere il risultato di una precisa intenzione.
Per esempio, dopo una corsa il respiro pu diventare affannoso e lattenzione tende autonomamente a spostarsi su questo: si tratta quindi del primo
livello di attenzione. Se invece si decide di osservare il proprio respiro quando
si in condizioni di calma, abbiamo unattenzione del secondo livello.
Proviamo a cogliere la differenza fra attenzione automatica e volontaria
nella situazione che segue. Una persona sta sognando di essere su un ascensore, la sua attenzione si posa sui pulsanti e preme quello corrispondente
al piano a cui vuole andare. Tuttavia lascensore, invece di fermarsi al piano
voluto, continua a salire e pi sale, pi aumenta di velocit. Il sogno diventa
un incubo: lattenzione del sognatore completamente rivolta al terrore per
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Quando invece, pur essendo svegli e con gli occhi aperti, ritiriamo la nostra
attenzione dai canali sensoriali, per immergerci per esempio in un pensiero
che ci preoccupa, pi che di attenzione laterale bisognerebbe parlare di attenzione assente sul piano della realt esterna.
Lattenzione laterale e quella assente confondono chi ci osserva poich
questi non pi in grado di stabilire con sicurezza qual loggetto della
nostra attenzione.
Vediamo ora che importanza pu avere questo discorso in una situazione
pratica.
Quando un insegnante si rivolge a un allievo e gli parla, qualsiasi sia il
contenuto di tale comunicazione, gli soddisfa il desiderio comune a tutti
gli allievi di essere preso in considerazione, e quindi, in un certo senso, gli
fa un favore. Cos, quando un insegnante richiama frequentemente un allievo
che ha atteggiamenti destrutturanti per il lavoro in classe, finisce per fargli un
regalo, con il risultato che non solo lallievo continuer lazione di disturbo,
ma anche i compagni potrebbero essere invogliati a imitarlo.
Per limitare questo inconveniente linsegnante potrebbe utilizzare lattenzione laterale. In pratica dovrebbe evitare di dargli importanza evitando
di guardarlo direttamente e limitando al massimo linterazione verbale con
lui. Nello stesso tempo, grazie a unattenzione laterale, dovrebbe comunque
osservare e tenere in considerazione il suo comportamento, riflettendo su
come lallievo si mette in relazione con gli altri, su quali vantaggi ottiene con
i suoi comportamenti destrutturanti, sui bisogni o sui desideri che questi
comportamenti nascondono. Spesso con questi comportamenti che disturbano
e danno fastidio agli altri, lallievo comunica il suo vissuto di solitudine, il
suo sentirsi isolato ed estraneo, nonch lincapacit di stare bene con gli altri.
Fuori dalla classe utile ritornare con il pensiero a questo allievo e parlare di
lui con i colleghi che lo conoscono, per comprendere meglio come reagisce
con le altre persone. Lobiettivo primario dovrebbe essere riuscire a entrare in
rapporto con lui. A tal fine pu essere utile mettersi vicino allallievo durante
lintervallo o in altri momenti opportuni, e lasciare che sia lui ad avvicinarsi.
Spesso i suoi comportamenti cambiano completamente quando si passa dalla
classe a un rapporto a due con linsegnante e, in questa sede, diventa possibile
allacciare un rapporto costruttivo.
Lattenzione laterale un buon esempio di attenzione volontaria e, proprio
perch invisibile dallesterno, pu rendersi utile in determinate occasioni.
L'Attenzione Dell'Insegnamento
Linsegnante attento
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Affrontare la complessit
Qualche insegnante potrebbe sentirsi a disagio allidea di mettere in pratica
questo discorso, perch insegnare occupandosi degli aspetti relazionali, mantenendo cio unattenzione particolare a come il proprio comportamento e
quello degli alunni si influenzano reciprocamente, pu apparire un compito
troppo complesso.
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impediva di intervenire. Decisi alla fine di non fare assolutamente nulla nei suoi
confronti, e lei fu libera di partecipare o meno. Rimase in disparte guardando
distrattamente i compagni per tutto il tempo, assorta nei suoi pensieri. La settimana seguente venni a sapere che quella mattina aveva assistito allarresto di suo
fratello e ne era rimasta talmente impressionata da non riuscire evidentemente
a spostare lattenzione dal ricordo di quella drammatica vicenda.
Quando venni a conoscenza di questa circostanza fui felice di non avere
agito dimpulso, spontaneamente, e di non avere fatto alcuna pressione su
di lei, sgridandola affinch giocasse con gli altri.
Quello che mi aveva impedito di fare interventi inopportuni era stata unoperazione mentale di riflessione sui sentimenti e le convinzioni presenti in me stesso. Avevo preso contatto con la sensazione di fastidio che provavo nei confronti
del rifiuto della bambina a lavorare con gli altri, sensazione che mi spingeva a
intervenire. Ma al tempo stesso avevo sentito la sua ferma determinazione a non
partecipare, come se avesse un forte bisogno di rimanere sola con se stessa.
Inoltre, esaminando le mie credenze, mi ero accorto di oscillare fra due posizioni. Da una parte ritenevo necessario che ogni allievo eseguisse le consegne
che davo al gruppo; ma dallaltra mi dicevo che, in ultima analisi, lallievo una
persona libera e in quanto tale pu anche decidere di non aderire alla richiesta
delladulto. La prima premessa mi spingeva a intervenire facendo pressione e
anche sgridando, la seconda mi dava la possibilit di non intervenire.
Una mancanza di attenzione da parte mia a questi aspetti della realt in
gioco avrebbe potuto avere conseguenze molto spiacevoli. La bambina, se si
fosse sentita costretta a fare quello che in quel momento per ovvie ragioni
non poteva fare, mi avrebbe percepito come cattivo, come una persona da
evitare, e questo sentimento avrebbe condizionato negativamente il mio rapporto con lei non solo in quellincontro, ma anche in quelli successivi.
Questo episodio pu essere considerato un esempio di attenzione da parte
dellinsegnante.
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i suoi allievi, non pu lasciare fuori i suoi sentimenti e fare entrare in classe
solo un particolare programma didattico. Che piaccia o no, anche i sentimenti
entrano in classe con tutto il resto della persona; e, vista limportanza che
hanno nelle relazioni umane, tenerne conto una condizione basilare per
sapersi gestire la relazione con lallievo e con il gruppo-classe.
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Nel mondo della scuola, una situazione delicata potrebbe essere linterrogare e il valutare le capacit di una persona davanti ad altri.
Si dovrebbe considerare che proprio tenendo docchio costantemente la
propria maniera di interagire con gli allievi che si possono evitare interventi
inopportuni. Gli allievi sono in una posizione di debolezza nei confronti del
loro insegnante e per loro conta molto quello che ladulto fa o dice. Linsegnante, per i propri alunni, una persona veramente importante.
Qualche allievo pu avere maturato con il tempo una corazza elefantina di
fronte a interventi svalutanti o punitivi da parte degli adulti che lo circondano;
tuttavia sempre disposto a togliersi questa corazza. Ma quando se la toglie
e si apre allaltro, basta poco per ferirlo.
Anche esperienze apparentemente insignificanti, come sentire il proprio
nome pronunciato nella maniera sbagliata o con un tono di voce dispregiativo,
sono sufficienti per farlo stare male; questo tipo di malessere ha linconveniente di non essere visibile.
Tenere presente come si interagisce con gli allievi vuol dire anche valutare le
possibili conseguenze dei propri interventi: questa posizione offre sicuramente
qualcosa in pi agli alunni.
Non una questione di poco conto. Il messaggio che arriva allallievo non
dipende dalle buone intenzioni del tipo in fondo gli voglio bene, ma dal
come linsegnante agisce nei suoi confronti. Un allievo sta male se si sente
bersagliato e preso di mira dai continui richiami dellinsegnante, mentre sta
bene solo quando si sente valorizzato, sostenuto e protetto.
Se linsegnante cieco nei confronti dei propri interventi non si render
conto di quanto malessere o benessere provochino sullallievo. evidente che
se linsegnante mette attenzione a se stesso e a come fa le cose pu utilizzare
i suoi interventi per promuovere anche un benessere relazionale.
Per essere fonte di benessere, pu mettere a fuoco quello di cui lallievo ha
realmente bisogno per sentirsi bene, e poi cercare di curare la propria interazione con lui per fargli arrivare i messaggi opportuni.
Per esempio, per imparare liberamente e con gioia lallievo deve sentire se
stesso come quello che in grado di fare le cose. Lallievo non pu aiutare
linsegnante a mettere a fuoco questa sua necessit, perch non sarebbe in
grado di esprimerla a parole. Linsegnante per pu cogliere questo bisogno
e aiutarlo a percepirsi cos. Come punto di partenza dovrebbe rendersi conto
che, pur non volendolo, potrebbe inviare agli allievi proprio con i suoi modi
di fare messaggi del tipo tu non sei capace e quindi, per evitare questo
inconveniente, dovrebbe prestare attenzione a come comunica.
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Spontaneit e attenzione
Luso intenzionale dellattenzione pu suscitare la critica di chi d molta importanza alla spontaneit.
La spontaneit un concetto ambiguo che pu portare facilmente al paradosso. La parola spontaneit etimologicamente si riferisce a ci che avviene
da s, senza lintervento della volont.
Ne consegue, per prima cosa, che la spontaneit non si pu volere, n si
pu pretendere, altrimenti ci mettiamo, o mettiamo qualcuno, di fronte a una
difficolt insuperabile.
In secondo luogo la spontaneit legata alle abitudini acquisite, che non
detto siano sempre buone abitudini, nel senso che non detto siano buone
in quella determinata situazione.
accaduto sovente che chi si era buttato in acqua per salvare qualcuno che
stava affogando abbia rischiato di annegare anchegli, proprio per le reazioni
spontanee della persona in pericolo che, presa dal panico, tende ad agitarsi
in maniera convulsa.
Quindi non sempre la reazione spontanea la migliore. Credere che la
spontaneit sia una cosa buona in assoluto un errore.
Per esemplificare meglio questi concetti, entriamo nella classe in cui si
trova un insegnante che, se prima era solo infastidito dal comportamento di
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un certo allievo, ora, dopo averlo ripreso pi volte senza successo, proprio
arrabbiato. cosa buona che sfoghi la sua rabbia sullallievo? Se lo facesse
sarebbe spontaneo, ma questo modo di comportarsi sarebbe opportuno?
Nella spontaneit lattenzione centra poco ed comunque del primo livello:
Se uno continua a disturbare mi arrabbio con lui.
C per unaccezione di spontaneit diametralmente opposta, dove per
spontaneit si intende quel modo di agire particolarmente vigile in cui pensiero, parola e azione non entrano in contrasto ma si sostengono a vicenda.
Se linsegnante spontaneo in questo senso, potrebbe cogliere, nel continuare a disturbare di un allievo, non gi una mancanza di rispetto, ma
lespressione di un intenso malessere.
Questa nuova percezione della situazione far nascere, in un insegnante
sensibile, la preoccupazione per il disagio dellaltro. Con questo sentimento
positivo linsegnante si sentir pi vicino allallievo e sar maggiormente in
grado di aiutarlo a superare il suo problema.
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di interagire altrettanto bene con gli allievi nella classe. Cos in classe sar
disponibile a modulare quello che fa in funzione della situazione reale. Si
accorger subito dalle reazioni degli allievi quando si stanno annoiando e,
di conseguenza, li stimoler a interagire per renderli pi partecipi. Questo
proprio perch nel gruppo degli adulti ha potuto verificare di persona come
linteragire tenga sveglia lattenzione, mentre la passivit procuri noia, affaticamento e insofferenza.
L'Attenzione Dell'Allievo
Ascolto interattivo
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vago, perch non gli chiaro cosa dovrebbe fare esattamente; quindi finir per
prendere quello stai attento come un semplice rimprovero.
Daltra parte linsegnante, che non ha mai approfondito il problema dellattenzione, non in grado di dare delle indicazioni pi precise. Invece,
linsegnante che sta lavorando anche concretamente sullattenzione, interverr
su come lallievo sta ascoltando e quindi lo indirizzer opportunamente a un
ascolto interattivo.
Per fare questo, si dovrebbero utilizzare anche esperienze ed esercizi
pratici, affinch i concetti relativi allattenzione possano essere assimilati
e fatti propri.
Questi corsi per insegnanti sono concepiti come Corsi di Educazione allAttenzione
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Il Metagioco
Linsegnante che ha lobiettivo di migliorare il livello di attenzione dei
propri allievi pu favorire, come primo passo, una presa di coscienza su
questa funzione mentale, tramite giochi ed esercizi, come indicato nel
capitoletto precedente. Il passo successivo potrebbe essere quello di alzare
il livello di ascolto del gruppo-classe, stimolando il gruppo a partecipare
pi attivamente. Per fare questo, uno strumento particolarmente utile
il metagioco.
Il metagioco non va confuso con il gioco. Nel metagioco si forniscono le
modalit con cui giocare, non delle regole fisse.
Nel gioco lapprendimento marginale, mentre nel metagioco il fine
proprio lapprendimento di nuovi concetti e comportamenti. Gioco e
metagioco appartengono a livelli logici diversi. Per esempio, lindicazione:
Giocate a nascondino molto differente da quella: Fate il gioco di riuscire a far partecipare tutti nessuno escluso mentre giocate. Nel primo
caso lapprendimento si limita, per quelli che non lo conoscono ancora, a
imparare il gioco nascondino, mentre nel secondo caso gli allievi sono
continuamente stimolati a imparare a superare le difficolt di relazione e
di comunicazione, per arrivare allobiettivo di decidere un gioco e poi di
farvi partecipare realmente ogni singolo elemento del gruppo. In questo
secondo caso lapprendimento rilevante e riguarda le abilit sociali e di
relazione. Volendo, il metagioco pu essere sviluppato su altre aree dellapprendimento.
In ogni metagioco la mente dellalunno non polarizzata esclusivamente
sul compito, ma contemporaneamente anche su come lo si sta facendo. Questo doppio livello uno degli aspetti pi stimolanti di questo strumento. Se
lallievo, con laiuto dellinsegnante, si rende conto di come sta lavorando, pu
anche cambiare quando il caso il proprio modo di ascoltare e di interagire
o il proprio atteggiamento nei confronti di quellapprendimento proposto.
Accedere a questo livello di cambiamento consente di superare difficolt di
base che altrimenti si manterrebbero a lungo e di aumentare le probabilit di
avere successo nel lavoro scolastico.
Quello che segue un esempio di metagioco per stimolare un ascolto interattivo e per allenarsi a mettere attenzione sul come si ascolta.
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La Gara di Ascolto
La Gara di ascolto un metagioco che pu essere giocato in molte varianti che
hanno in comune lobiettivo di favorire una presa di coscienza sulle modalit
dellascolto.
Linsegnante, come prima cosa, cercher di individuare delle variabili di
ascolto: per esempio, lorientamento della vista e delludito, il riconoscimento delle parole (in particolare quelle di uso scientifico o non comune), la
comprensione delle frasi o di un discorso ecc., e tradurr queste variabili in
operazioni sensoriali, motorie o mentali. Per esempio, potrebbe individuare
le seguenti operazioni:
focalizzare lo sguardo su chi sta parlando
ripetere letteralmente le ultime parole ascoltate
individuare una parola non comune ascoltata
spiegare il significato di una certa parola ascoltata
ripetere con proprie parole il senso del discorso ascoltato
associare unesperienza o un ricordo al discorso ascoltato.
Divider poi la classe in due squadre e dar un punto di ascolto alla
squadra dellalunno che, interpellato di volta in volta dallinsegnante, sar in
grado di compiere loperazione richiesta. Mentre linsegnante spiega, dovr
fermarsi parecchie volte per porre delle domande agli allievi in merito ai
comportamenti in gioco e assegnare i punteggi. In questo modo perder s
del tempo, ma otterr, in compenso, una grande attenzione.
Linsegnante dovr cominciare il metagioco con una sola operazione e aggiungere gradualmente le altre. Per esempio, dopo aver diviso la classe in due
squadre e spiegato che si far una gara, potrebbe scrivere alla lavagna:
FOCALIZZARE LO SGUARDO SU CHI STA PARLANDO
e dire: Chi riesce a fare quello che c scritto sulla lavagna, fa guadagnare
punti alla propria squadra. Incominciamo subito. Quindi inizia una spiegazione su un certo argomento scelto precedentemente, muovendosi per laula;
dopo qualche minuto si ferma e dice: ...bene, in questo momento il mio
sguardo posto su Anna, siccome anche lei mi sta guardando, do un punto
alla sua squadra. Dopo qualche interruzione per dare altri punteggi alle due
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SECONDA parte
La relazione
Insegnante-Allievo
Aspetti Generali
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zione del volersi bene. Ma questo volersi bene a corrente alternata pu provocare un grande sconforto. Cos, per evitare il pericolo che laffetto finisca
bruscamente, ci si difende interrompendo di proposito tutte le situazioni
affettivamente coinvolgenti. Questo meccanismo inconscio tende a difendere
la persona da vissuti affettivi spiacevoli: rifiutando per primi si evita di sentirsi
rifiutati. Tuttavia una soluzione poco soddisfacente, in quanto lesperienza
penosa della separazione affettiva rimane.
Per fortuna io non presi questo tirare calci come un semplice messaggio
di rottura, ma come una maniera distorta per esprimere un intenso bisogno
di continuit affettiva. Per la bambina, la mia reazione fu la prova che il
legame di affetto con me era saldo e non soggetto a brusche interruzioni, e
cos abbandon il suo meccanismo di difesa: in fondo era proprio quello che
cercava. Infatti negli incontri successivi la bambina non present pi alcun
comportamento violento, e con me divenne anzi molto affettuosa.
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2) Chi sente il bisogno di farmi male, lo fa perch innanzitutto lui che sta
male.
In effetti pi logico pensare che se la bambina in questione si fosse realmente trovata in una situazione di benessere psicologico, non si sarebbe messa
nelle condizioni di perdere questo benessere con comportamenti violenti.
Con questa nuova premessa la mia percezione globale del fatto essere
preso a calci cambi significato da: La bambina si diverte a vedermi in difficolt a La bambina mi sta portando dentro al suo malessere perch ha bisogno
di essere compresa e di essere aiutata a venirne fuori. Linterazione con le mie
credenze mi port a percepire le provocazioni della bambina non pi come
una minaccia, ma come una richiesta daiuto. Questo spiega perch la mia
reazione con la bambina non fu connotata da sentimenti negativi.
In generale, nel momento in cui si sostituisce la credenza (1) con la (2),
chi provoca non verr pi percepito come un soggetto forte e sicuro di se
stesso che ci rifiuta, ma come una persona debole e bisognosa di aiuto; di
conseguenza al fastidio o alla rabbia si sostituir la tendenza a dare appoggio
e comprensione.
Le considerazioni fatte portano alla conclusione che per evitare emozioni
distruttive bisogna agire sulle credenze e non direttamente sulle emozioni.
Infatti le emozioni sorgono spontaneamente dalla percezione globale di
una determinata situazione e il loro sorgere non sotto il controllo diretto
della volont.
Le credenze, invece, bench assunte spesso inconsapevolmente, possono
essere rese consapevoli, analizzate e cambiate.
Quando le credenze cambiano, si verificano notevoli trasformazioni nella
percezione dinsieme e, indirettamente, si hanno modificazioni notevoli anche
per quanto riguarda i sentimenti e le emozioni.
Agendo proprio sulle emozioni, si pu ottenere un certo contenimento o
un certo controllo per quanto riguarda il modo di esprimerle. Forse si pu
addirittura, tramite un notevole sforzo mentale, trasformarsi in sfingi e impedirsi una qualsiasi espressione verbale o non-verbale, ma gli effetti di quella
determinata emozione rimarranno dentro di noi e non si potr eliminarli o
cambiarli con la volont, com invece possibile agendo sulle credenze.
Per queste ragioni non si dovrebbe definire buono chi reprime la rabbia,
poich questi solo un represso e, presto o tardi, in una maniera o nellaltra,
la tirer fuori. Si dovrebbe chiamare buono chi adotta credenze adeguate a evitare
emozioni distruttive e a favorire sentimenti di comprensione.
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Benessere e piacere
Il termine buono in corsivo perch viene usato qui con unaccezione particolare. Non si riferisce a una qualit statica, ma allabilit di far star bene se
stessi e gli altri.
Essere buono in questo senso dovrebbe essere per gli insegnanti non un
lusso, ma un obiettivo da raggiungere e mantenere, poich non concepibile
che gli allievi imparino in un clima di malessere. Tuttavia la ricerca dello star
bene non deve essere confusa con la ricerca del piacere. Benessere1 e piacere
sono concetti differenti.
In questo ambito con benessere intendiamo un modo di essere che si prolunga nel tempo e che non legato a oggetti particolari, mentre con il termine
piacere ci riferiamo a una sensazione limitata nel tempo, legata quasi sempre
a "oggetti di piacere".
Il benessere, a differenza del piacere, non in contraddizione con la fatica
o con le sensazioni spiacevoli. Pensiamo, per esempio, a una persona che,
pur non avendo mal di denti in quel momento, si sottopone a una cura preventiva per eliminare delle piccole carie. Anche se il dentista pu usare tutta
la sua abilit per non farle sentire male, la seduta non sar certo piacevole,
ma alla fine la persona eviter dolorose conseguenze. In questo caso, per
ottenere un benessere, stato necessario sottoporsi a delle sensazioni spiacevoli. Per quanto riguarda la fatica, si pensi come la soddisfazione di avere
imparato qualcosa di nuovo segua allimpegno esercitato per impadronirsi di
quellapprendimento, o come si possa stare veramente bene dopo una lunga
e faticosa passeggiata in montagna. Il piacere, invece, si oppone quasi sempre
alle sensazioni dolorose e alla fatica.
Laspetto forse pi rilevante del benessere che esso ingloba gli altri che ci
circondano, nel senso che non possiamo essere in uno stato di benessere se
stiamo male con chi ci vicino. Il benessere , in primo luogo, una qualit
della relazione con gli altri e ha perci una connotazione altruistica, mentre la
ricerca del piacere porta a evitare di affrontare ci che faticoso nelle relazioni
umane e ha perci una connotazione egocentrica.
Si crea in effetti una grande confusione quando si fa luguaglianza edonistica: benessere = piacere. Cos facendo si comincia a fuggire dalla fatica
in quanto non piacevole e, dato che il benessere sempre il frutto di una
conquista, contemporaneamente ci si mette nelle condizioni di non poterlo
ottenere. Sapere che limpegno nellaffrontare le difficolt porta al benessere,
Le porte dell'attenzione
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mentre il disimpegno e il non-fare creano malessere sar di grande aiuto per tutti,
in particolare per insegnanti e allievi.
Se vero che benessere e piacere non sono concetti sovrapponibili, anche
vero per che non sono antitetici.
Sono state messe in risalto alcune differenze, proprio perch spesso li si
confonde. Tuttavia evidente che i due concetti possono benissimo non
escludersi a vicenda. Infatti lo stato di benessere d spesso piacere, cos
come la condivisione e la reciprocit di vissuti di piacere crea spesso anche
benessere.
di basilare importanza notare che fra le azioni che possono portare al benessere, alcune sono di tipo puramente mentale, come luso mirato dellattenzione
grazie al quale le credenze egocentriche e egoistiche possono essere rivisitate e
cambiate. Esempio lampante lepisodio della bambina che tirava i calci.
Spesso, gli insegnanti che mi osservano lavorare mi dicono frasi del tipo:
Come fai a essere cos paziente, io al tuo posto mi sarei arrabbiato moltissimo.... Bene, il segreto sta nel fatto che in quella situazione ho una lettura
della realt diversa, che genera comprensione al posto di sentimenti distruttivi
come il fastidio, il risentimento o la rabbia. Debbo per altro dire che ci
frutto di un uso intenzionale dellattenzione e che, viceversa, quando perdo
questo stato di presenza vigile, mi lascio fuorviare dalle vecchie abitudini e
mi arrabbio, mio malgrado, come tutti.
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La Relazione Affettiva
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Quello che succede di norma che linsegnante finisce per concentrarsi sulla
distrazione dellallievo anzich sul sentimento di timore che lha provocata e che
costituisce invece il vero problema. Infatti il timore influisce sulla relazione nel
senso che spinge lallievo a mantenersi a distanza dallinsegnante e a scappare
quando sente che linsegnante si rivolge direttamente a lui. Naturalmente non
pu allontanarsi con il corpo, che per altro rimane in uno stato di agitazione; cos
fugge con i sensi ascolta e guarda altrove o, se questo non possibile, ascolta e
guarda con locchio della mente le proprie fantasticherie. Se il timore inizia a crescere fino a trasformarsi in unemozione di paura, si pu assistere a una fuga non
pi mentale, ma fisica: lallievo comincia a scappare per laula e, nelle situazioni
pi gravi, quando lemozione diventa insopportabile, succede che infila la porta
e scappa per i corridoi. Normalmente, linsegnante non riesce a farsi una ragione
di questi comportamenti, ma, anche quando ne individua lorigine emotiva, quasi
sempre non pu risalire alle cause e capire come mai un allievo provi timore e
paura e un altro no. In effetti alcuni allievi manifestano questo sentimento prima
ancora che linsegnante abbia fatto qualcosa con loro. Tuttavia linsegnante non
pu permettersi di lasciarli in queste condizioni, perch il rapporto risulterebbe
molto faticoso e ben poco produttivo, creando cos problemi a tutta la classe; per
il proprio benessere, per quello dellallievo in questione e per quello della classe,
deve dunque intervenire. Ma lobiettivo devessere la trasformazione del sentimento di timore, che il vero ostacolo, in un sentimento di fiducia e di protezione.
Se linsegnante risponde alla situazione sgridando lallievo perch distratto, il
timore aumenter e, con esso, latteggiamento di fuga.
In generale, quando si presenta un problema di relazione con un allievo, linsegnante che desidera affrontare questo ostacolo e superarlo dovr porsi come
primo obiettivo quello di creare un contesto affettivo che sciolga il timore, per
evitare nellallievo questo atteggiamento di fuga. Per far questo necessario cambiare i propri schemi mentali e leggere la realt in base a premesse diverse.
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Credere che i sentimenti dellinsegnante non entrino nel gioco della comunicazione un errore, mentre corretto credere che:
i sentimenti dellinsegnante non solo entrano nella dinamica relazionale,
ma sono anche laspetto rilevante della relazione stessa.
Credere che i comportamenti dellallievo siano completamente oscuri e che
non sia possibile farsi unidea del "come mai" reagisca con quella determinata
modalit carenza di immaginazione e non ci permette di formulare ipotesi
n di intervenire coscientemente per verificarle. Ci consente di gestire la
situazione credere che:
sempre possibile formulare unipotesi coerente sul modo di fare dellallievo.
Credere che si sia soli ad affrontare questo problema non realistico, perch
esistono quasi sempre altre persone importanti per lallievo con le quali
possibile affrontare insieme il problema: genitori, altri parenti o adulti di
riferimento, altri insegnanti, operatori sociosanitari e anche quei compagni
da cui lallievo attratto. Questa credenza si basa anche sulla sfiducia nella
nostra capacit di comunicare con queste persone e di coinvolgerle in un
intervento educativo. meglio avere fiducia in noi stessi e credere che:
lavorare insieme agli altri pi produttivo e noi ne siamo capaci.
Credere che questo muro rappresenti un dispetto nei confronti dellinsegnante
e sia frutto di cattiveria, non rende onore alla persona dellallievo, lo mette
in cattiva luce ed indice di insicurezza da parte dellinsegnante che, con
questa credenza, mostra di preoccuparsi solo del proprio disagio. indice
di considerazione verso la persona dellallievo credere che:
questo muro rappresenti semplicemente una maniera di fuggire dal
rapporto con linsegnante.
Credere che lallievo desideri fuggire dal rapporto con linsegnante come
credere che allallievo piaccia restare solo con se stesso, pur avendo la
possibilit di avere un appoggio da un adulto per lui importante. Ma
questo non vero; infatti pu succedere che se proviamo a non curarci
di lui, lallievo sia scontento e richiami la nostra attenzione. molto pi
realistico credere che:
lallievo desidera entrare in rapporto con linsegnante, ma, per il momento, non in grado di farlo.
Credere che lallievo non sar mai capace di entrare in rapporto con linsegnante trasforma linsegnante in un giudice che condanna lallievo a rimanere
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per sempre senza il suo appoggio di adulto. Per evitare questa drastica presa
di posizione necessario credere che:
sempre possibile per un allievo imparare a entrare in un rapporto costruttivo con linsegnante.
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Bene. Quando linsegnante non riesce a vedere quel singolo allievo come
speciale e unico, il messaggio che invier sar: Per me sei un allievo come
tanti. Vale a dire un ruolo, una categoria in generale. Questo messaggio non
solo fonte di malessere, ma manca anche di logica, in quanto confonde
lelemento dellinsieme con tutto linsieme.
Linsegnante, lallievo, il genitore o lo psicologo in generale sono astrazioni, utili
solo per pensare in termini generali. Nella realt, invece, esistono quellinsegnante, quellallievo, quel genitore, quello psicologo, individui unici e irripetibili.
Ogni allievo si specchia nel proprio insegnante e quando, nellimmagine
che linsegnante gli rimanda, si vedr non come oggetto privo di identit, ma
come una persona, sar felice, e divider la sua gioia con chi glielha data.
Le porte dell'attenzione
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In questi casi, per fare arrivare il messaggio necessario che linsegnante insista
e rimanga coerente in questa comunicazione: con il tempo lallievo si abituer
allidea e alla fine laccetter con gioia. Linsegnante sar messo alla prova:
lallievo dovr decidere se limmagine rimandata da questo nuovo specchio
sia pi affidabile di quella dei suoi specchi abituali.
Una persona grassa pu vivere pi o meno bene il proprio peso e avere una
visione pi o meno reale delle proprie dimensioni; tuttavia non cambierebbe
lo specchio di casa per mettere al suo posto uno specchio deformante, anche
se questo le rimandasse unimmagine pi snella del suo corpo. Chiunque
vorrebbe avere informazioni precise su se stesso. Di fronte a due specchi
che riflettono due immagini diverse, si cerca di capire quale sia il pi fedele,
non quale rimandi limmagine pi bella.
Cos lallievo, tendendo ad avere fiducia nelladulto, tiene in considerazione
limmagine che ladulto gli rimanda, anche se non corrisponde a quella che egli
ha di se stesso in quel momento. Tuttavia non laccetta incondizionatamente,
ma mette alla prova ladulto per verificare se sia affidabile, soprattutto quando
limmagine rimandata dallinsegnante migliore della sua. questione di tempo e
coerenza; linsegnante ha tutto il tempo che vuole per far giungere questo messaggio, perch pu vedere lalunno quasi ogni giorno e per diverse ore. Se in questo
tempo linsegnante manterr unattenzione profonda alla specificit dellindividuo
e sar centrato sulla persona e non sul disagio che lalunno pu procurargli con il
suo metterlo alla prova, questa modalit di rapportarsi lo render affascinante
per lalunno, poich tale da soddisfare il bisogno profondo di essere accettato
incondizionatamente e valorizzato come persona. Lalunno godr di un benessere
reale perch gli verr confermata limportanza della sua presenza in quanto unica
e non sostituibile, e ci render vivo il rapporto con il suo insegnante.
Quando un insegnante, nellentrare in rapporto con un alunno, prova gioia e meraviglia per la sua semplice presenza, si pu essere certi che veramente in contatto con
lui e con il fatto straordinario e unico della sua particolare esistenza.
Se linsegnante in grado di lavorare ispirandosi a tali principi nel rapportarsi con gli alunni, presto o tardi otterr il loro affetto e la loro disponibilit; la relazione insegnante-allievo diventer affascinante e quando ci sar
distrazione non sar per il bisogno di fuggire, ma per altri motivi, e sar facile
rientrare subito in contatto.
Lallievo che si sente valorizzato come persona dal proprio insegnante, vive
bene la scuola e ci va volentieri, perch sente intorno a s il clima affettivo
giusto che stimola lascolto interpersonale e la fiducia reciproca.
La Relazione Di Apprendimento
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let bassa. Si pu esser certi che pi lallievo giovane, pi il successo nellapprendimento dipender da un buon rapporto con linsegnante.
Questo discorso riguarda in particolare i genitori che non lo si dimentichi
sono gli unici insegnanti che il bambino ha nei suoi primi anni di vita.
Un buon rapporto comunque basilare e chi insegna dovrebbe tenere presente che lallievo, prima di essere attratto da questo o quelloggetto di apprendimento, ha bisogno di sentirsi attratto dalla persona che glielo insegna.
Se lallievo si sente ripreso continuamente e comprende che la sua presenza
un problema per linsegnante, si sentir rifiutato e tender a rifiutare a sua
volta non solo linsegnante, ma anche quello che linsegnante gli propone.
Quando invece linsegnante in grado di cogliere il valore della persona e
di comprendere al di l dei comportamenti e dei risultati, lallievo prima o poi
riconoscer questi buoni sentimenti, che gli arrivano attraverso i gesti, il tono
di voce e le parole. Se lallievo si sentir benvoluto e rispettato, verr attratto
non solo dalla carica umana del suo insegnante, ma anche da quello che linsegnante fa. Cos, quando linsegnante proporr un percorso di apprendimento,
lallievo sar pronto a metterci il proprio impegno e la propria attenzione.
Tuttavia pu accadere che un insegnante riesca a instaurare e a mantenere
con un certo allievo una relazione connotata da buoni sentimenti reciproci,
ma che, malgrado ci, lallievo presenti lo stesso una notevole distrazione o
un vero e proprio rifiuto verso una determinata area dellapprendimento. In
questo caso lallievo continuer a mostrare un atteggiamento di fuga, non
verso linsegnante dal quale, peraltro, si sente benvoluto, ma dal compito in
se stesso. come se ci fosse un ostacolo invisibile che non riesce a superare.
Per amore dellinsegnante o del genitore si impegna, ma i suoi sforzi non producono risultati apprezzabili. In alcune situazioni fa finta di capire, o dice di
aver compreso, ma in realt evidente il contrario. Altre volte, pi si sforza
e pi ottiene insuccessi. In certe circostanze dopo qualche tentativo oppone
un netto rifiuto.
Eppure riesce a portare a termine altre attivit analoghe o addirittura pi
complesse.
Questa la tipica situazione in cui lalunno verbalizza la sua difficolt
dicendo frasi del tipo non sono capace e facendo capire, col modo di esprimersi, come sia certo di non essere in grado di fare il compito richiesto.
Il senso di questa comunicazione potrebbe essere: Ti voglio bene, non ci
sono problemi fra di noi, ma, credimi, questo compito proprio non lo so fare,
inutile che ci provi, tanto non ci riuscir mai!.
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Settimo Catalano
Lallievo che ha questa disposizione mentale cercher nellinsegnante la conferma della sua incapacit, presentandogli continui insuccessi. Se linsegnante non se
ne accorge, finir per aderire automaticamente alla convinzione dellallievo facendola propria. Cos la credenza si irrigidir sempre di pi, finch sar impossibile
rimuoverla e la relazione insegnante-allievo sar connotata dalla reciproca convinzione che lallievo non sia in grado di imparare quel determinato argomento.
Quando questo si verifica, la relazione di apprendimento si blocca. Infatti
una relazione di apprendimento ha come principio implicito la possibilit
dellapprendere; se questa possibilit negata, la relazione non pu pi chiamarsi di apprendimento.
Un insegnante non pu insegnare a un allievo un certo argomento quando
convinto che questi non ha la capacit di apprenderlo.
Quindi, per evitare che linsegnamento divenga una mera finzione, necessario che linsegnante mantenga, al di l degli insuccessi, la credenza che
lallievo sia in grado di imparare. Senza questa condizione un insegnante non
pi insegnante per quellallievo.
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Nel primo caso, linsegnante percepir lallievo come colui che non vuole
fare quella cosa; non ci sar quindi alcuna riflessione critica sulla propria
metodologia di insegnamento, perch lallievo che ha qualcosa che non va,
e allinsegnante non rimane che attendere che lallievo cambi.
Nel secondo caso linsegnante percepir lallievo che non riesce come colui
che per il momento, in quelle determinate condizioni e con quel certo metodo
di insegnamento, non pu fare quella cosa, per cui sar portato a riconsiderare
i tempi, i ritmi, il livello di attenzione e tante altre variabili in gioco. Invece di
assumere una posizione passiva, dipendente da un improbabile cambiamento
dellallievo, rimarr attivo e manterr il controllo della situazione che si presenter cos molto dinamica.
Linsegnante, avendo a disposizione le conoscenze, gli strumenti e la pratica
di diversi metodi di insegnamento, adatter tutto il suo bagaglio di professionista alle situazioni problematiche che si presenteranno e, cos facendo,
imparer qualcosa di nuovo. Linsegnante si prender la responsabilit di offrire diverse opportunit allallievo fino a individuare quella buona. Di fatto, si
metter a imparare con lallievo: mentre lallievo impara, linsegnante impara
a insegnare a quellallievo.
Se lallievo non riuscir a imparare, linsegnante accetter lidea di avere
commesso qualche piccolo errore. Il fatto che linsegnante possa commettere
degli errori connaturato alla realt di essere umano. Un bravo insegnante non
colui che non commette errori, poich tale insegnante non esiste, ma colui che
si accorge di farli e ne tiene conto.
Se veramente lallievo si impegnato, e malgrado ci non riuscito in
quel compito, allora il metodo che linsegnante ha proposto non adatto e si
tratter di trovarne un altro, poich linsegnante che ha mancato il bersaglio.
Forse ha usato parole non adeguate alla comprensione dellallievo; forse non
ha verificato quello che lallievo sa gi fare e quello che non sa ancora fare,
dando per scontato certe acquisizioni di partenza; forse stato poco interattivo
con lui; forse non riuscito a semplificare il percorso di apprendimento, e cos
via. Resta comunque il fatto che c qualcosa che ha impedito di raggiungere
lo scopo, e se linsegnante se ne accorge, pu fare qualcosa per rimediare.
Un insegnante che ama la sua professione, con una certa pratica, pu
migliorare la sua capacit di catturare lattenzione, di semplificare le cose,
e di trovare lesempio giusto o lo strumento opportuno.Grazie a questo suo
impegno, potrebbe mettere sempre pi spesso lallievo che si trova in difficolt
nelle condizioni di superarle. Quando alla fine lallievo si impadronisce di un
certo apprendimento, facile che abbia voglia di fare il passo successivo per
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Feedback Ed Errore
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Uno dei compiti di chi insegna sar quello di fornire allallievo, tramite la
riflessione sul tipo di errori presentati frequentemente, una certa consapevolezza
su come ciascuno sbaglia, e quindi un certo controllo sullerrore.
Questa metodologia non spreca gli errori che si commettono, ma li utilizza
come informazioni utili circa le modalit con cui si sbaglia ed basilare per
stimolare nellallievo la capacit di autocorreggersi.
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vediamo che questo succede quando lerrore viene considerato spazzatura, viene scartato, buttato via, quando si cerca di dimenticarlo. Cos facendo non si
scopre come si sbagliato, e in condizioni analoghe lerrore verr ripetuto.
Si pu comprendere come un allievo non venga affatto aiutato se ladulto lo
critica o lo svaluta quando sbaglia, in quanto questo modo di fare rappresenta
per lallievo una punizione gratuita. Bisogna tenere presente che qualsiasi considerazione svalutante la persona, anche se solo un vissuto dellinsegnante
non esplicitato attraverso parole di rimprovero, pu facilmente passare allallievo attraverso gli aspetti non verbali della comunicazione.
Si dice che linsegnante valuti lalunno, ma questo termine spesso usato
impropriamente; infatti, valutare vuol dire dare un valore, valorizzare la persona. In tutti i casi in cui gli allievi sperimentano un senso di svalorizzazione
sarebbe quindi pi corretto dire che linsegnante svaluta lallievo perch, in
questo caso, il messaggio che passa proprio questo.
Se si vogliono adottare le credenze-premesse che stanno alla base della
relazione di apprendimento con lallievo necessario riconsiderare la funzione
dellerrore e farlo entrare nel metodo di insegnamento come elemento essenziale del circuito della conoscenza. Lobiettivo non sar quello di avere allievi
perfetti, ma allievi in grado di dare la caccia ai propri errori e di renderli utili
per sviluppare la capacit di autocorreggersi.
Lo scambio di feedback
Per mettere lallievo nelle condizioni di superare con successo le difficolt insite
nellapprendimento, lo strumento principale linformazione di ritorno che lallievo
riceve dallinsegnante su come sta svolgendo il compito, cio il feedback.
Quando lallievo si trova in difficolt, non ha bisogno della soluzione
pronta, ma di informazioni supplementari che gli consentano di raggiungere
lobiettivo. Se linsegnante vuole andare incontro a questa esigenza, accetter
di fornire queste informazioni, ma solo dopo essersi fatto unidea della difficolt che crea problemi allallievo.
Un allievo che ha uno sviluppo cognitivo adeguato e non ha particolari
difficolt di tipo emotivo, ha solo bisogno di essere guidato a utilizzare bene
le proprie risorse, affinch possa raggiungere il successo con i propri mezzi.
Un insegnante che sta portando una classe di ragazzini in piazza del Duomo
lo pu fare senza informarli del percorso, oppure pu dar loro una carta della
citt e dire di utilizzare questo strumento per arrivare alla meta prefissata.
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grave, sia pure con opportuni accorgimenti, porti, come vedremo, a ottenere
ugualmente dei risultati considerevoli nellapprendimento, dimostra che
sempre possibile trovare un percorso adatto, purch si abbia la determinazione
e il coraggio di cercarlo.
Nel 1982, Paolo, un bambino affetto da autismo infantile, era in cura da me
gi da tre anni. In tutto questo periodo aveva mostrato un rifiuto generalizzato
nei confronti dellapprendimento. In particolare non ne voleva sapere di imparare a leggere, n tanto meno di imparare a scrivere. Frequentava la seconda
elementare. In due anni aveva fatto in altri settori notevoli progressi: per esempio, prima ripeteva casualmente le parole, ora le usava abitualmente per farsi
capire; inizialmente non era in grado di mettersi in rapporto con altre persone,
neanche non-verbalmente o con il gioco, mentre adesso riusciva a farlo anche
con i compagni di scuola, ecc. Sembrava per che non ci fosse alcuna probabilit
che riuscisse a imparare a leggere e a scrivere, visto il suo netto rifiuto.
Lavoravo con il bambino sia a casa, per valorizzare al massimo le notevoli
possibilit della relazione madre-figlio (era orfano di padre), sia a scuola, per
aiutarlo a stabilire rapporti reciprocamente soddisfacenti con i compagni di
classe e per aiutare le insegnanti a instaurare con lui una valida relazione di
apprendimento. Data la notevole resistenza a leggere e a scrivere decisi di
dedicare qualche incontro a questa problematica, nel tentativo di sciogliere
il suo rifiuto.
Paolo in quel periodo giocava spesso con un bambolotto; il gioco che faceva
era quello di sgridarlo minacciando di picchiarlo perch non era in grado di
fare questa o quella cosa e spesso, alla fine, lo picchiava veramente. Questa
drammatizzazione con lanimazione del bambolotto che sbaglia, permetteva
a P. di scaricare sul bambolotto tutta la sua tensione derivante dalla paura di
sbagliare. Per questa ragione il gioco lo divertiva molto.
Pensai di utilizzare questo gioco come porta di accesso e cominciai a giocare
con il bambolotto a linsegnante che sgrida lallievo che non capisce. Quando
animavo il bambolotto imitavo la voce di un bimbo mentre, quando entravo
nel ruolo dellinsegnante, facevo la mia voce normale. Il gioco consisteva
nellinsegnare a riconoscere le lettere dellalfabeto a un allievo che non capiva
niente. In accordo con la dinamica del rapporto che Paolo aveva con il bambolotto, mi mostravo aggressivo con lallievo-bambolotto che sbagliava sempre,
sgridandolo a voce alta con le stesse espressioni colorite usate da Paolo; poi
lo correggevo facendo la parte dellarrabbiato. Per esempio dicevo, rivolto al
bambolotto: Quante volte ti devo dire che una A, non una O!
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Paolo si divertiva moltissimo, soprattutto quando facevo finta di arrabbiarmi. Ma poich ogni volta che facevo la voce grossa con il bambolotto
contemporaneamente gli fornivo la soluzione giusta, le due cose si fusero
insieme: sgridarlo significava anche dargli la soluzione.
Paolo ci prese gusto e, incitato da me, cominci anche lui a sgridare il
bambolotto. Cos, dopo un po, il gioco divenne questo: io facevo le domande
al bambolotto, poi davo con la voce del bambolotto la risposta sbagliata e a
questo punto interveniva Paolo che faceva larrabbiato, urlandogli con foga
la soluzione giusta. Ma, per sgridare il bambolotto in questa maniera, doveva leggere la lettera o la parola per poterlo correggere. Con questo sistema,
cio utilizzando questa drammatizzazione con il bambolotto, impar prima a
leggere, poi a scrivere. Ora (1997) ha 23 anni e scrive benissimo, in maniera
del tutto normale.
Questo esempio mostra limportanza di saper partire da ci che attira
lallievo.
J Un esempio di semplificazione
Mi servir dello stesso bambino per illustrare la metodica della semplificazione.
Avevo deciso di insegnare a Paolo le addizioni, visto che sembravano per lui un
ostacolo insormontabile e le insegnanti si trovavano in grande difficolt.
La sola cosa che era in grado di fare era di ripetere, un po a casaccio, il
nome dei numeri. Ora si trattava di arrivare alloperazione delladdizione
individuando una catena di acquisizioni che presentasse il minimo grado di
difficolt. Per ritornare alla metafora della scala, laltezza dei gradini doveva
essere ridotta il pi possibile. Laddizione pi semplice quella in cui si aggiunge ununit, ma questo era ancora troppo difficile. Laddizione 5+1, per
esempio, contiene diverse operazioni mentali: si deve riportare alla memoria
la sequenza dei numeri, capire che bisogna cominciare a contare partendo
dal numero 5 e poi dire quello che, nellordine, viene dopo. necessario,
quindi, avere memorizzato i numeri almeno fino al 6 in maniera precisa
e ordinata e avere la cognizione dellordine che li lega: cio che i numeri
hanno una relazione fra loro, per cui uno viene prima e laltro viene dopo. Se
vediamo un treno passare, percepiamo che i vagoni rimarranno nello stesso
ordine lungo tutto il percorso: sono cio in relazione ordinata fra loro. In
base a queste considerazioni, individuai i primi due pianerottoli della scala
dellapprendimento delladdizione in:
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Fino a questo momento non avevo ancora parlato di numeri perch volevo
che mettesse bene a fuoco solo la relazione di successione ordinata che lega
quello che sta prima a ci che viene dopo.
Nello stesso periodo in cui facevo con lui il gioco del trenino, chiesi alle
insegnanti di fargli fare esperienze analoghe con tutti gli insiemi di oggetti
vincolati da un ordine che si trovavano a scuola. Per esempio, se sfogliava
una rivista, linsegnante avrebbe dovuto guidarlo a passare dalla pagina precedente a quella successiva senza salti. Oppure si poteva giocare a toccare
tutti gli attaccapanni incominciando dal primo fino allultimo. Dopo una serie di esperienze di questo tipo, divenne unabitudine seguire lordine senza
interruzioni.
A questo punto iniziammo ad associare a queste operazioni psicomotorie
i numeri dalluno al dieci, che aveva precedentemente memorizzato grazie al
gioco dellaltalena. Oltre a toccare in successione gli elementi di una serie ordinata come le pagine di una rivista, stimolato dalladulto, li contava anche.
Dopo questo lavoro, la sequenza dei numeri divenne ben ordinata nella
sua mente, come lo sono appunto i vagoni di un treno.Infatti era in grado di
verbalizzarli nellordine giusto senza sbagliarsi. Il secondo pianerottolo era
raggiunto. Stabilita questa base fu solo questione di tempo arrivare alloperazione delladdizione. Oggi in grado di usare bene le quattro operazioni
anche per risolvere semplici problemi.
Con questo esempio ho voluto mostrare a quale livello pu spingersi larte
della semplificazione e di come sia necessaria in certe circostanze. Se fossi
partito subito da 1+1=2, Paolo si sarebbe bloccato come di fronte a qualcosa
di incomprensibile, e lapprendimento della matematica sarebbe risultato seriamente compromesso, se non addirittura impossibile. Inoltre, con questo esempio, ho posto laccento sullimportanza di dare feedback precisi e mirati.
Affrontando con Paolo le sue grandi difficolt di apprendimento, io e le sue
insegnanti abbiamo imparato molto su come si possano affrontare in generale
le difficolt che gli allievi incontrano quando apprendono.
Con alcune di queste insegnanti sono ancora in rapporto, ed indubbio
che i successi di Paolo li abbiamo vissuti, e li viviamo tuttora, come successi
anche nostri.
TERZA parte
Il gruppo-classe
Il Pensiero Relazionale
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In realt, le differenze allargano la visione del mondo. Pensiamo per esempio alla stereofonia, grazie alla quale si riesce a collocare nello spazio lorigine
di un certo suono. Ebbene, la stereofonia il frutto dellinterazione fra le due
percezioni sonore dellorecchio sinistro e di quello destro; proprio il fatto
che esistono delle differenze fra queste due percezioni ci permette di capire
la distanza e lorigine di un suono.
Da un punto di vista teorico facile capire che le differenze fra le persone
possono rappresentare una risorsa per il gruppo, ma quando si interagisce
realmente difficile vivere come risorsa la diversit dellaltro. Quasi sempre,
infatti, si rimane limitati allinterno degli orizzonti consentiti dal proprio
punto di vista, prigionieri di se stessi.
Questo sentimento di attaccamento alla propria visione soggettiva porta a
una modalit viziata di percepire il mondo, una vera e propria malattia della
percezione che consiste nel ritenere la propria percezione come oggettiva: per
cui la propria percezione vera mentre le altre, pi si discostano dalla propria,
pi sono false. Leffetto preoccupante di questa malattia, per quello che
riguarda le relazioni con gli altri, che, pi gli altri manifestano percezioni
della realt diverse dalle proprie, pi li si vive come cattivi. Questi sentimenti
verso chi non la pensa come noi portano poi a considerare i componenti del
gruppo non come delle risorse, ma divisi in buoni e cattivi, vicini e lontani,
simpatici e antipatici.
Per mettere attenzione al gruppo come unit, basilare quindi correggere
questo vizio di percezione e assumere una modalit soggettiva nel modo di
percepire e di pensare.
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mete interne al gruppo stesso quali potrebbero essere, per esempio, lascolto,
la comprensione e il sostegno reciproco. Per arrivare alla reale condivisione di
un progetto per il gruppo e mettere cos a fuoco il tipo di gruppo desiderato
da ciascuno, ogni membro dovrebbe rinunciare alla pretesa di porre al centro
la propria visione del mondo, accettando la realt dei propri limiti, e riconoscendo come immaturi i propri sentimenti di onnipotenza infantili, che questi
limiti non ce li fanno vedere.
Si tratta di un radicale cambiamento nel modo di pensare, paragonabile a quello che stato per lastronomia la rivoluzione copernicana,
a causa della quale il genere umano ha dovuto abbandonare la narcisistica credenza che la terra fosse al centro delluniverso e che tutto le
girasse intorno.
Per spiegarci i fatti psicosociali si deve abbandonare lidea che il proprio
Io e il proprio modo di vedere siano al centro, fissi e oggettivi, per cominciare a pensare in termini di relazione e di soggettivit. Molti autori, negli
ultimi trentanni, hanno contribuito a diffondere in Italia questo nuovo
modo di pensare che, comera logico prevedere, ha sempre incontrato e
incontra tuttora notevoli resistenze, non tanto per la comprensione teorica,
quanto per la realizzazione pratica. Infatti, pensare in modo relazionale
pi complesso che pensare in modo egocentrico perch si tratta di tenere
contemporaneamente presente nella propria mente, quando si comunica,
non solo la propria posizione, ma anche quella degli altri. Questo modo di
pensare, applicato ai problemi che nascono fra le persone, porta a risultati
sorprendenti. Facciamo alcuni esempi pratici riferiti al gruppo di insegnanti
di cui facciamo parte.
Se ci lamentiamo che alcuni componenti del gruppo non hanno la
stessa fiducia che riconosciamo a noi stessi, stiamo pensando in maniera
egocentrica. Se invece ci domandiamo quanta fiducia circoli nel gruppo
e che cosa potrebbe facilitare la circolazione di questo sentimento in
ciascuno dei membri, stiamo affrontando il problema da un punto di
vista relazionale; questo perch teniamo contemporaneamente presente,
oltre alla nostra posizione, quella di ciascun altro e quella del gruppo
nel suo insieme.
Se siamo convinti che il gruppo bloccato a causa dellaggressivit di
uno dei componenti e che, di conseguenza, non ci rimane che attendere
che questa persona cambi atteggiamento, stiamo ancora pensando nel
solito modo egocentrico. Chiedersi invece se sia lecita una certa aggres-
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sivit nel gruppo e in quali forme possa essere considerata una risorsa
per il gruppo, un modo di analizzare il problema da un punto di vista
relazionale.
Come mostrano questi due esempi, il pensiero relazionale molto pi
accessibile di quanto possa sembrare: si tratta di leggere la situazione da un
punto di vista pi ampio e ragionare partendo da quello che serve al gruppo
nel suo insieme, e quindi anche al singolo che ne fa parte.
Lentit gruppo
Nella seconda parte di questo libro abbiamo analizzato in maniera approfondita la relazione fra chi insegna e chi impara e abbiamo visto come linsegnante
pu modulare la relazione con lallievo mediante opportuni cambiamenti su
se stesso, e ottenere cos lattenzione voluta.
Parallelamente, linsegnante pu ottenere attenzione da tutta la classe,
cambiando il proprio modo di relazionarsi al gruppo degli allievi.
Ma per farlo deve necessariamente essere in grado di percepire lentit
gruppo, di vedere il gruppo come un sistema relazionale unico e mettere la
sua attenzione a questo livello di realt.
Quando linsegnante non consapevole del gruppo avr s un certo tipo
di controllo dovuto al suo ruolo, ma non sar in grado di capire le reazioni
della classe ai suoi interventi.
Dire che la mano a dare una sberla o che a compiere questo gesto la
persona a cui la mano appartiene, comporta un passaggio a una lettura della
realt di livello superiore. Cos quando si pensa alla classe come a un gruppo
psicologico si passa a una lettura della realt di livello pi complesso di quella
basata sulla personalit degli individui.
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Le porte dell'attenzione
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Nell'immagine di sinistra tutti i bicchieri sono sul vassoio appoggiato sul tavolo; nell'immagine
di destra due bicchieri sono fuori dal vassoio e poggiano sul tavolo.
ognuno sono stimoli che influiscono sugli altri e che sollecitano gli altri a
rispondere.
Tuttavia ciascun gruppo-classe pu comportarsi anche molto differentemente dagli altri, perch risponde a differenti modalit relazionali.
Per comprendere questo concetto facciano alcuni esempi.
Prendiamo un gruppo di elementi composto da un tavolo, un vassoio e dei
bicchieri. Immaginiamo ora due diverse situazioni.
Nella prima tutti i bicchieri sono sul vassoio appoggiato sul tavolo, nella
seconda due bicchieri sono fuori dal vassoio e poggiano sul tavolo.
Gli elementi del gruppo presi in considerazione rimangono, in tutti e due
i casi, in relazione fra loro, ma il modo in cui sono in relazione cambia. Cambiando il modo, cambia anche loperazione che devo fare se voglio ottenere
un certo risultato. Se, per esempio, voglio ottenere di spostare tutti i bicchieri
insieme con una sola manovra, dovr agire in maniera molto differente in
ognuna delle due situazioni. Nella prima baster agire sul vassoio, perch tutti
i bicchieri vi sono poggiati sopra: se sposto il vassoio, i bicchieri si sposteranno con esso. Ma se compio la stessa operazione nella seconda situazione, due
bicchieri rimarranno fermi sul tavolo; per spostarli tutti con una sola manovra
dovr spostare il tavolo.
Per visualizzare il concetto che in un gruppo necessario tenere in considerazione il modo in cui sono in relazione i diversi elementi quando si vuole
ottenere un certo risultato, possiamo fare unanalogia fra la situazione dove
tutti i bicchieri poggiano sul vassoio, e una classe dove insegnante e alunni
poggiano su un buon sentimento di appartenenza al loro gruppo, e, di conse-
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Fin qui, nella nostra metafora, abbiamo spostato il tavolo, abbiamo cio
ristrutturato la situazione in modo tale da non dare a nessuno la possibilit
di sentirsi in posizione out. I due allievi che prima si rifiutavano di giocare
sono stati inseriti nellattivit: nella fase di gioco guidato partecipavano come
osservatori, mentre nella fase del gioco libero partecipavano come gli altri,
utilizzando il momento come volevano.
Questo metodo di ristrutturare la situazione, in modo che nessuno si possa
escludere, porta a delle modificazioni nel gruppo solo se si riesce ad applicarlo
tutte le volte che qualcuno si esclude.
Ma se questo si ripete spesso, loperazione diventa molto onerosa per
linsegnante. Gli interventi tesi a ristrutturare la situazione potrebbero cos
avere solo unutilit momentanea. In tal caso si render necessario intervenire
sul gruppo in maniera pi radicale, per aiutare a fare crescere nel gruppo il
sentimento di appartenenza e creare le condizioni adatte affinch tutti possano sentirsi dentro e non fuori. (Vedi percorso pratico in coda a questa terza
parte del libro.).
In ogni caso, per ottenere lattenzione di tutti o per capire perch non si
riesce a ottenerla, si dovr essere in grado di guardare al gruppo come tale,
e comprendere le modalit relazionali presenti. Se si vuole che gli allievi attenti a quello che si sta facendo in classe aiutino anche gli altri compagni ad
assumere un analogo comportamento attentivo, si dovr curare che il gruppo
funzioni unito senza ruoli out.
Cos, se qualche allievo non presta attenzione allinsegnante, bisogna considerare la possibilit che questo suo comportamento sia la conseguenza del
suo tipo di relazione con il gruppo.
Infatti, se un allievo ha una relazione di inclusione, ovvero si sente parte del
gruppo, ogni volta che percepir il comportamento prestare attenzione allinsegnante come condizione per rimanere nel gruppo, si impegner a farlo suo.
Al contrario, un allievo che ha una posizione di esclusione, ovvero si considera
il diverso, far di tutto per non assumere questo comportamento.
Quindi linsegnante, per realizzare il suo desiderio di avere attenzione,
dovr considerare il gruppo-classe come un tutto interagente e dovr intervenire opportunamente a questo livello di gruppo. Quello che si desidera
lattenzione del gruppo, e questa non corrisponde a una mera somma di
singoli comportamenti di ascolto.
Se una persona vuole sentire un programma radiofonico deve riconoscere
che loggetto che pu soddisfare il suo desiderio una radio e non un aspirapolvere. Non si tratta di collegare alla corrente e accendere un elettrodo-
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mestico qualsiasi che produce rumore, ma scegliere una radio. Solo cos pu
soddisfare il suo desiderio: riconoscendo loggetto in grado di soddisfarlo e
conoscendone le modalit di funzionamento. Analogamente, linsegnante
che vuole lattenzione della classe deve riconoscere che loggetto in grado di
soddisfare il suo desiderio il gruppo, e intervenire a questo livello e non sul
singolo. Concludendo, ottenere una genuina attenzione da parte di tutta la
classe diventa possibile, se ci si preoccupa di realizzare un gruppo unito, senza posizioni out, dove cio sono assenti modalit relazionali che provochino
esclusione, rifiuto o manipolazione.
Attualmente, per, non si pu certo dire che nelle classi delle scuole
italiane il comportamento dellinsegnante e quello dei compagni siano tali
da non indurre nessuno a mettersi in una posizione out rispetto al gruppo.
Purtroppo, tranne rare eccezioni, la regola che, a seconda del momento e
del tipo di lavoro, c sempre qualcuno che rimane fuori. Per linsegnante disattento alla realt-gruppo, il recupero di chi in posizione out uno
scoglio insuperabile. Infatti gli interventi di questo insegnante disattento
al gruppo sono di tipo personale, tendono cio a sottolineare come in quel
momento la persona ripresa non si comporti come gli altri. Cos facendo,
si favorisce inconsapevolmente la percezione che, a seconda dellattivit
svolta o del momento specifico, c sempre qualcuno fuori dal gruppo che
si comporta in contrasto con gli altri. Pi il gruppo immaturo, pi questa
posizione out tender a essere assunta rigidamente dalle medesime persone.
Che si tratti di un fenomeno di gruppo dimostrato dal fatto che, se gli
allievi in posizione out sono assenti, o per qualche ragione non entrano nel
ruolo consueto, sar possibile vedere altri farsi avanti per occupare la posizione lasciata vuota. Questo perch il gruppo ormai abituato a funzionare
con qualcuno in posizione out. Quasi tutti i gruppi classe delle nostre scuole
possiedono questa caratteristica, che la conseguenza della scarsa attenzione
degli insegnanti ai processi di gruppo.
Per quanto riguarda, invece, la prima condizione, cio che il gruppo
consideri normale prestare attenzione allinsegnante, pi frequente che
questa si realizzi, anche se i singoli allievi possono aderirvi con pi o meno
convinzione. un fatto eccezionale che linsegnante perda completamente
il controllo sul gruppo al punto che gli allievi assumino come norma il non
prestare attenzione allinsegnante e quindi isolino chi si mostra interessato alle
attivit proposte dalladulto. Se questo accade pu succedere che linsegnante
si arrabbi con tutto il gruppo-classe perch lo sente ostile, e se la classe in-
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presenza di pi individui in una stanza, ma dato esclusivamente dal sentimento di appartenenza a quel gruppo che circola fra i membri. proprio
la circolazione di questo sentimento che qualifica quellinsieme di persone
come gruppo.
Pi ciascuno avverte questo sentimento, pi il gruppo esiste come tale,
mentre pi questo sentimento debole, pi lentit gruppo debole, incostante o assente.
Data la complessit della situazione, la conduzione della classe sar notevolmente semplificata se in prima istanza linsegnante si preoccuper di
mantenere il gruppo il pi possibile unito, favorendo la circolazione del sentimento di appartenenza e intervenendo opportunamente quando si creano
tensioni e conflitti,
In questo libro, per crescita di gruppo si intende quel processo di maturazione che, attraverso una serie di dinamiche, porta i componenti di un gruppo
di persone verso un pieno senso di appartenenza.
Questo processo, che riguarda le relazioni fra le persone, avviene parallelamente allattivit esplicita del gruppo. Come la terra ruota su se stessa
e contemporaneamente intorno al sole, cos in un gruppo esistono contemporaneamente due movimenti: uno che tende al senso di appartenenza, che
riguarda le relazioni e che chiamiamo crescita di gruppo; laltro che tende alla
realizzazione di uno scopo comune, che riguarda i contenuti e che chiamiamo
attivit di gruppo.
Come un guidatore, deve conoscere anche il funzionamento della macchina
per poterla guidare e giungere cos a destinazione, analogamente, linsegnante
dovrebbe non solo avere uno scopo da raggiungere con il gruppo, ma anche
conoscere le sue dinamiche. Inoltre, come per il guidatore dauto, necessaria
una certa prontezza di riflessi, nel senso di saper intervenire tempestivamente sulla base di quello che succede nel qui e ora.
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la loro adesione, ma che possono giustamente anche rifiutarla. Il rifiuto dovrebbe essere considerato legittimo, e letto come lespressione di un malessere,
o comunque di un problema, che andrebbe individuato e trattato nella giusta
maniera. Non funzionale che linsegnante risponda al rifiuto dellallievo con
un analogo rifiuto. Se linsegnante fa la voce grossa, se sgrida, se castiga, se
si impone, otterr al massimo un aggiustamento di breve durata. Infatti, con
questo tipo di intervento, latteggiamento di rifiuto dellallievo aumenter.
Lobiettivo dellinsegnante dovrebbe essere quello di aiutare lallievo a riscoprire in quella norma qualcosa di desiderabile; se linsegnante ci riuscisse,
per lallievo sarebbe facile decidere di aderirvi nuovamente. In tale maniera,
ovvero portando lattenzione pi sul valore intrinseco di una norma che sui
comportamenti devianti, si favorisce negli allievi ladesione volontaria alle
norme del gruppo e questo rende pi vivo il senso di appartenenza.
Quando un allievo rifiuta ostinatamente di seguire una regola, linsegnante
potrebbe anche riesaminare, con questo allievo e con la classe, la funzione che
quella regola ha per il gruppo, ed eventualmente trasformarla in unaltra pi
adatta a tutti. Oppure, linsegnante potrebbe verificare, tramite un colloquio a
due, quanto lallievo senta di appartenere al gruppo o quanto invece si senta
psicologicamente fuori dal gruppo.
Non c dubbio che chi manifesta comportamenti contro il gruppo e le
norme condivise, comunica agli altri che si sente escluso e/o rifiutato.
K Il protagonista assoluto
Qualche anno fa, in una classe di terza elementare, conobbi Marco, un bambino affetto da sindrome di Down, che si comportava in modo molto simpatico
finch era al centro dellattenzione, ma che mi impediva sistematicamente di
lavorare con il resto della classe, quando questo ruolo gli veniva tolto. In pratica si rifiutava di fare qualsiasi cosa con gli altri e di rispettare regole comuni.
Per due incontri fui costretto a coinvolgerlo continuamente in quello che si
faceva, come protagonista quasi assoluto. Sembrava che, per lui, gli altri non
esistessero se non come spettatori delle sue performance. In realt non era
in grado di giocare con gli altri, perch per lui non esistevano regole; anzi,
era chiaro che trovasse gratificante proprio il fatto di non rispettare le regole
che gli altri seguivano.
Mi posi come obiettivo quello di portarlo a cambiare questa sua posizione.
Cos, decisi che nel terzo incontro avrei iniziato il lavoro rivolgendomi a tutta
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la classe e che non appena lui avesse avuto il solito atteggiamento accentratore, avrei lasciato lo spazio fisico dellintera aula a sua disposizione per fare
quello che voleva; con gli altri allievi mi sarei trasferito in un altro spazio.
Esposi il mio progetto allinsegnante e le chiesi di collaborare rimanendo
con Marco quando noi fossimo usciti, per osservare quello che il bambino
faceva e per cogliere il momento opportuno per farlo riflettere sul suo rapporto
coi compagni. In particolare appurare se i compagni fossero per lui importanti,
e se era disposto a fare qualcosa per stare in loro compagnia.
Nellincontro successivo le cose andarono come previsto e, non appena lui
cominci le sue performance, gli dissi: Vedo che fai tutto quello che vuoi
come se i tuoi compagni, la tua maestra e io non ci fossimo, quindi per non
disturbarti ce ne andiamo a lavorare da unaltra parte e lasciamo laula a tua
disposizione. Lui fece finta di non sentirmi, e continu imperterrito con i
suoi comportamenti bizzarri.
Allora mi diressi alla porta e i compagni, vedendo che facevo seriamente,
mi seguirono. Ci trasferimmo nellaula di psicomotricit e cominciammo a
lavorare con lanimazione teatrale. Avevamo gi iniziato da una ventina di
minuti e tutti erano coinvolti, quando si sent bussare, e Marco si affacci
alla porta con linsegnante.
Con un tono deciso, mostrando una certa sorpresa, gli chiesi:
Come mai sei qui?
Non gli lasciai il tempo di rispondere e aggiunsi:
Avevi a tua disposizione lo spazio della classe per fare quello che volevi e
la maestra tutta per te, come mai hai voluto ugualmente raggiungerci?
Lui era fermo sulla porta e mostrava un atteggiamento perplesso come
se stesse effettivamente cercando una risposta. Per aiutarlo a pensare continuai:
Dimmi la verit, preferisci giocare da solo o con i tuoi compagni?
Mmm... con i miei compagni.
Se vuoi giocare veramente con i tuoi compagni, necessario fare una
piccola fatica, cio quella di rispettare le regole comuni. Vediamo se mi sono
fatto capire: prova a ripetere quello ti ho appena detto.
Mmmmm.
Ho detto che per giocare con gli altri necessario... ris...
...rispettare le regole.
Bene, sei disposto a rispettare anche tu le regole come gli altri?
Mmm... S.
Sei proprio sicuro?
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S.
Va bene, allora la regola in questo momento che Sandra, Alberto e Laura
stanno rappresentando una scenetta e che gli altri devono osservarli senza
parlare. Siediti con gli altri e guarda anche tu.
Lui si sedette e aspett pazientemente il proprio turno per diventare protagonista in unaltra scena. Da quel giorno mantenne il suo coinvolgimento
con gli altri e non cre pi seri problemi.
In questo intervento fu indispensabile la collaborazione dellinsegnante, che
lo fece riflettere su quanto fossero importanti per lui i compagni. La maestra
mi raccont che Marco, quando era rimasto solo con lei, dopo pochi minuti
aveva interrotto le sue performance e si era preoccupato di sapere dove fossero
andati i suoi compagni. Linsegnante gli aveva detto che erano andati a lavorare
da unaltra parte per lasciarlo libero di fare quello che voleva, ma Marco aveva
cominciato a chiedere insistentemente di raggiungerli. Allora linsegnante laveva
fatto riflettere sul fatto che rimanendo in classe avrebbe potuto agire liberamente, mentre raggiungendo i compagni avrebbe dovuto ascoltare anche gli altri e
rispettare le regole comuni. Visto che Marco pareva disposto a fare questa fatica,
la maestra lo aveva accompagnato nellaula di psicomotricit dove io lavevo
messo nelle condizioni di verbalizzare, al suo livello, il fatto che scegliere di
stare con gli altri comportava anche limpegno di rispettare le regole del gruppo.
Questo dialogo si svolse davanti a tutti i compagni, affinch tutti capissero che
per giocare veramente insieme necessario il rispetto delle regole del gioco. Fu
un momento di presa di coscienza non solo per Marco, ma per tutto il gruppoclasse. Per voler bene al loro compagno, era necessario farlo sentire realmente
nel gruppo sollecitandolo a rispettare le regole comuni. Quindi, permettergli
di fare tutto quello che voleva non era una cosa buona, ma era anzi proprio un
modo per escluderlo. Inoltre risult chiaro a tutti che Marco desiderava stare coi
compagni e non si divertiva affatto da solo. Quindi, in forza di questa attrazione,
si poteva pretendere la sua adesione alle regole del gruppo.
In effetti la situazione nella classe cambi, e Marco non impose pi le sue
performance, mostrandosi pi disponibile ad ascoltare gli altri.
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Tipo lintervento sulla crescita del gruppo-classe, illustrato nel capitolo Percorso Pratico
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elettivo, e la bambina non poteva che fare la muta. Tutto ci era assurdo e,
visto che lanno seguente la bambina avrebbe dovuto frequentare le scuole
medie, era urgente intervenire per far s che, con il cambio di scuola, potesse
modificare il suo ruolo.
Chiesi un incontro con i genitori, che furono ben contenti della possibilit
che offrii loro1. Anche il direttore della scuola si mostr daccordo, nonostante
qualche perplessit, visto che mancavano solo tre mesi alla fine delle lezioni.
Chiesi allinsegnante di aiutarmi somministrando alla classe, con opportune
istruzioni, un sociogramma2, per individuare la persona pi aperta e comunicativa della classe. Con questo strumento si identific una certa bambina.
Poi linsegnante, il giorno in cui mi fossi trovato a lavorare con Paolo nellaula
di psicomotricit, avrebbe detto ai suoi alunni che uno psicologo aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a giocare con un bambino che se ne stava
sempre in disparte, lontano dagli altri. A questo punto avrebbe scelto prima
la bambina pi desiderata della classe, precedentemente individuata con il
sociogramma, e poi Viola; quindi avrebbe detto loro di scendere nellaula di
psicomotricit.
Il giorno dellincontro and tutto per il meglio e quando linsegnante chiese
chi voleva scendere, le due bambine in questione erano fra quelle che avevano alzato la mano. Cos, mentre avevo gi iniziato a lavorare con il bambino
autistico, sentii bussare alla porta. Avevo composto con cerchi e mattonelle
di legno un percorso circolare sul quale Paolo camminava cercando di non
perdere lequilibrio, aiutato, quando lo richiedeva, da me. Lasciai un momento
Paolo e mi avvicinai alla porta, la aprii, e dissi subito alle bambine:
Bene, vi stavamo aspettando. Stiamo giocando a camminare su un percorso. Per favore, dovreste cercare di lavorare senza dire una parola, perch
Paolo si distrae subito e si innervosisce quando sente parlare. Quindi, presi
un tamburo e uno xilofono e dissi alle due bambine:
Tu suona il tamburo non appena Paolo mette il piede in un cerchio, e tu
suona lo xilofono quando cammina sulle mattonelle; se esce dal percorso,
non suonate.
Il costo del mio intervento sarebbe stato a carico della Fondazione Vimercati, Ente morale
per il quale lavoravo in quel periodo.
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Il sociogramma uno strumento sociometrico che richiede a ciascun allievo di esprimere,
in forma scritta e riservata, delle preferenze verso i compagni di classe secondo determinati
criteri.
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Infine, con una certa trepidazione, scambiai gli strumenti alle due bambine: Viola
si sarebbe accorta che suonando il flauto avrebbe, anche se indirettamente, fatto
qualcosa che esulava dal suo ruolo di muta? Si sarebbe rifiutata di suonarlo?
Io mi comportavo in maniera decisa e facevo intendere con il mio comportamento, verbale e non verbale, che era scontato che lei lavrebbe fatto. Inoltre,
per distrarla dalla situazione emissione di un suono, le dissi di mettere
tutta lattenzione nelliniziare a suonare proprio nello stesso momento in cui
Paolo cominciava a dondolarsi, e di smettere di suonare proprio nello stesso
momento in cui Paolo interrompeva il movimento, altrimenti non avrebbe
capito la connessione fra i propri movimenti e i suoni. Insistetti molto su
questo e poi aggiunsi:
Vi raccomando di non parlare assolutamente!
Non appena Paolo cominci a dondolarsi, Viola suon il flauto e cos continu a fare ogni volta che questi riprendeva a dondolarsi. Il gioco era bello,
Paolo era molto simpatico nei suoi movimenti, e le bambine si divertivano.
Dopo un po dissi a Viola:
Stai suonando il flauto proprio bene!
Il gioco continu, e dopo qualche minuto aggiunsi, sempre rivolto a Viola:
Canta proprio bene questo uccellino!
Ora Viola sembrava a suo agio nel produrre il suono delluccellino; quindi,
dopo qualche altro minuto osai dirle:
Questo uccellino ha una voce proprio bella, parla proprio bene.
Anche dopo questa affermazione Viola continu a suonare. Sembrava anzi
che queste mie frasi sulla bella voce e su come parla bene luccellino, le
facessero piacere.
Alla fine venne il momento di salutarci. A questo punto si verific un fatto
particolare: Paolo fece capire chiaramente che gradiva solo la presenza di
Viola, perch spinse fuori dalla porta laltra bambina. Ne approfittai per dire a
Viola che il bambino preferiva giocare solo con lei, e le chiesi se era disposta
a tornare ad aiutarmi. Quindi senza aspettare una risposta dissi:
Vedo che mi dici che vuoi tornare. Ti aspetto allora fra una settimana!
Il primo incontro era andato oltre ogni pi lusinghiera aspettativa; infatti
Viola non aveva mai dovuto confermare il suo ruolo di muta perch non
gliene avevo dato loccasione. Inoltre le avevo detto indirettamente pi volte
che aveva una bella voce e che parlava bene, e in questo modo le rinviavo
unimmagine di lei che parlava. Infine con la frase: Vedo che mi dici che vuoi
tornare, mi ero comportato come se lei mi avesse realmente risposto.
Per unintera ora si era trovata nellimpossibilit di affermare il suo ruolo
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di muta. Per farlo, vista la situazione che avevo creato, avrebbe dovuto parlare.
Lunico pericolo era che la compagna pronunciasse qualche frase del tipo:
Lei non parla!: per questo ero stato particolarmente attento, ogni volta
che accennava a parlare, a ricordarle che era necessario stare assolutamente
zitti. Lincontro seguente non avrebbe presentato problemi a questo riguardo,
visto che Viola avrebbe giocato da sola con Paolo. Alla bambina pi scelta
della classe questa piccola frustrazione il sentirsi rifiutata da Paolo non
avrebbe dovuto causare problemi, essendo la pi desiderata dai compagni.
Anche per questa eventualit avevo chiesto precedentemente allinsegnante
di fare un sociogramma: avevo bisogno di qualcuno maturo da un punto di
vista relazionale, in grado di seguire le mie indicazioni e di reggere pi degli
altri a eventuali frustrazioni.
In breve, per i tre mesi successivi, il mio intervento consistette nel creare
situazioni tali per cui limmagine che rimandavo a Viola era sempre quella
di una bambina che parlava. Per fare questo, dovetti mantenere una costante
attenzione al mio modo di interagire con lei, per non darle alcuna occasione
di mostrarmi il suo ruolo di muta.
Le situazioni che creavo erano tali per cui Viola per comunicarmi che era
la muta, avrebbe dovuto usare le parole.
Dopo il secondo incontro mi presentai a casa sua, dove questa condizione
di mutismo non era presente, e con estrema disinvoltura la salutai. Ero gi
pronto a comportarmi come se mi avesse risposto realmente e a procedere con
la conversazione, quando lei mi rispose con un ciao. Era uscita dal ruolo!1
Davanti ai suoi genitori la elogiai per laiuto che mi stava dando, poi dissi che,
vista lintesa che si era creata, sarebbe stato importante lavorare con Paolo
anche alla scuola materna. I genitori, istruiti da me precedentemente, non
fecero alcun accenno ai problemi del mutismo, e accettarono di buon grado
gli apprezzamenti sulla loro figlia e la nuova proposta.
Alla scuola materna lavoravo settimanalmente con Paolo e con tre o quattro compagni del suo gruppo-classe nellaula dei giochi. Il lavoro consisteva
nellallenare i bambini a mettersi in relazione fra loro superando le difficolt
Il suo ruolo di muta a scuola comportava il fatto di non parlare con nessuna persona che
avesse a che fare con la scuola, quindi neanche con me. Daltra parte lavevo colta di sorpresa
e messa in confusione circa il ruolo da assumere, perch mi ero presentato allimprovviso
a casa sua, dove era abituata a rispondere normalmente. Dopo quel ciao, almeno con me
non avrebbe pi potuto ristabilire il ruolo.
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Per esempio, quando un allievo si isola dai compagni e se ne sta in silenzio, questo suo isolarsi viene visto dallinsegnante che si rapporta al singolo
come un aspetto della sua personalit. Diversamente, linsegnante che ha
presente il gruppo legge questo isolarsi come paura del gruppo vissuto in
senso aggressivo e minacciante. Oppure, se un allievo tende a fare la lotta con
i compagni, pu essere visto dallinsegnante che si rapporta al singolo, come
una persona violenta. Ma da chi ha presente oltre al singolo anche il gruppo,
viene visto come una persona che, sentendosi rifiutata, reagisce mostrando il
suo malessere agli altri. evidente che questi due insegnanti, a prescindere
dalle loro personalit e da altri fattori, daranno vita a gruppi completamente
differenti, perch uno sa leggere la realt di gruppo e laltro no.
Se in un consiglio di classe due insegnanti parlano della stessa classe o
della stessa persona come se si trattasse di classi o persone ben diverse fra
loro perch il loro modo di relazionarsi agli allievi, dovuto al saper leggere
o meno la realt di gruppo, molto diverso.
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attenzione a quello che ogni singola persona dice o fa, oppure dal punto di
vista dei rapporti esistenti fra le persone. In questo caso si prester attenzione
a come ogni persona influisca sullaltra, e anche a come ognuno risponda ai
sentimenti che prova verso il gruppo nel suo insieme. Guardare a quello che
succede fra le persone vuol dire osservare la relazione, mettere attenzione al
campo relazionale.
Come nel caso della bicicletta, un periodo di conoscenza del gruppo tramite
esperienza diretta sar necessario per accedere a questo livello di realt.
Percepire il gruppo-classe come un unico sistema di relazioni comunque
difficile sia per linsegnante, sia per gli allievi. Tuttavia indispensabile che si
arrivi a questo tipo di percezione se si vuole che circoli nel gruppo un buon
senso di appartenenza.
Lallievo arriva a questo tipo di percezione quando vede il proprio gruppoclasse agire unitamente, e si rende conto che quello che viene fatto dal gruppo ha
una qualit diversa, nel senso che non potrebbe essere fatto dal singolo. raro
che questo tipo di percezione possa avvenire nel corso delle normali attivit
scolastiche, comprese le occasioni di gioco libero o organizzato. Prendiamo,
per esempio, una classe che sta giocando a palla-prigioniera: anche se tutti i
partecipanti sono coinvolti nel gioco, non si arriver a percepire la classe come
un tutto unico perch il gruppo di fatto diviso in due squadre. Ma anche
se il gioco fosse senza divisione in squadre, non si arriverebbe ugualmente a
questa percezione. Non sarebbe facile avere una visione dinsieme neanche
quando tutti gli allievi fossero veramente concentrati sullinsegnante.
Proviamo allora a mettere a fuoco quali potrebbero essere le condizioni in
grado di indurre il singolo allievo a percepire la classe unita, ovvero come
un gruppo.
Per prima cosa, ovviamente, la classe dovrebbe essere impegnata in una
attivit dove partecipano tutti, senza eccezioni. Poi sarebbe necessario che
tutti fossero motivati verso lazione comune. Infine, condizione difficile da
raggiungere, bisognerebbe che ognuno potesse influire su quello che si sta
facendo, senza che ci siano ruoli che consentono a qualcuno di influire sul
gruppo e ad altri no. Tutti dovrebbero percepire la possibilit di partecipare
attivamente con il loro contributo personale.
Le tre condizioni appena esposte favoriscono la percezione del gruppo. Quando si riesce a realizzarle nel gruppo-classe, il singolo riconoscer che quello che
si sta facendo sarebbe del tutto impossibile senza lapporto corale degli altri. E
per rapporto corale non si intende qui la mera somma di azioni parziali, ma
qualcosa di qualit differente. Per esempio, il fatto di cantare insieme ai com-
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pagni una canzone potrebbe essere percepito dal singolo come una semplice
moltiplicazione di una sola voce, nel senso che si potrebbe pensare di raggiungere un risultato analogo cantando anche da soli, con laiuto di un amplificatore.
Diversamente, quando si canta un canone a pi voci, il singolo percepirebbe
con sicurezza che per lui sarebbe impossibile ottenere lo stesso effetto da solo.
Tuttavia, anche in questo caso, se il canone fosse a quattro voci, il singolo
potrebbe pensare che sarebbero sufficienti quattro persone. Nel caso in cui il
canone fosse composto invece da tante linee melodiche quante sono le persone
che compongono il gruppo, allora il singolo non solo arriverebbe a percepire
che questo effetto sarebbe impossibile per lui da solo, ma che anche il gruppo
non riuscirebbe a raggiungere lo stesso risultato senza di lui. Il gruppo sarebbe
tanto importante per il singolo partecipante, quanto il singolo partecipante per
il gruppo. In questo caso avremmo la percezione del gruppo come insieme corale dove ciascuno essenziale per linsieme. In realt difficilmente in un coro
le linee melodiche sono superiori a otto. Lidea di un coro fatto di tante linee
melodiche quante sono le voci quindi del tutto ipotetica per gruppi formati
da pi di otto persone. Quando si pensa a un gruppo formato da un numero
maggiore di otto, al modello del coro pu sostituirsi quello di unorchestra, dove
tutti i musicisti suonano strumenti diversi.
Lastronave
La maggior parte degli interventi che ho fatto nelle classi elementari e medie
aveva come finalit quella di far crescere negli allievi il sentimento di essere
parte attiva del loro gruppo-classe, e di essere riconosciuti come individui
importanti per il gruppo.
Consideravo lintervento riuscito quando si realizzava un avvenimento che
coinvolgeva tutti, nessuno escluso, e a cui ognuno partecipava mettendo in
gioco se stesso.
Questi avvenimenti collettivi lasciavano una traccia nella coscienza delle
persone, e risvegliavano lidea che possibile stare veramente bene con gli
altri. Solo dopo una decina di incontri si creavano nella classe le condizioni
ideali. Ci voleva infatti un certo tempo per far circolare nel gruppo le modalit relazionali favorevoli allo scopo. Per esempio, gli allievi, vedendo che
il conduttore non criticava, ma che anzi, valorizzava tutto quello che emergeva da loro, imparavano a non prendersi in giro. Chi si metteva in gioco
era appoggiato e sostenuto qualsiasi cosa facesse, cos anche gli allievi pi
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dal resto del gruppo e cos via per tutte le altre proposte, voleva dire sentirsi
valorizzati dal gruppo e sentire il potere di influenzarlo. Poich ognuno diede la
sua idea a pi riprese, tutti realizzarono il gruppo come luogo dove era possibile
esprimere se stessi pienamente, e questo fu per loro fonte di gioia.
Dopo esperienze di questo tipo il gruppo diventa una realt positiva in
grado di dare risalto al s di ognuno. Queste esperienze di unit collettiva,
quando avvengono, lasciano il desiderio di ritrovare, in altre situazioni,
la stessa unione con gli altri sperimentata durante il momento creativo.
Sono momenti forti che tolgono al singolo il timore del gruppo e lo
sensibilizzano positivamente verso questa dimensione, analogamente a
quello che succede a un bambino che, attraverso unesperienza affettuosa
e rassicurante con un cucciolo, non solo perde la paura dei cani, ma
impara anche ad amarli.
Parlare-ascoltare
Alcuni metodi derivati dallanimazione teatrale come mostra lepisodio
dellastronave possono essere molto utili per aiutare le persone a uscire da
ruoli rigidi e per far emergere il sentimento di gruppo. Ce ne sono per altri,
basati sul gioco, pi vicini alla formazione normale dellinsegnante e quindi
di pi facile attuazione, come lintervento mirato alla crescita del gruppo di
cui si parler dettagliatamente nel capitolo seguente.
Un altro metodo che ha il vantaggio, essendo semplice, di poter essere
utilizzato facilmente da qualsiasi insegnante, il parlare-ascoltare.
Consiste in unora di discussione settimanale in cerchio, con lutilizzo frequente della prova di ascolto1. Linsegnante propone un tema da discutere
e crea le condizioni per cui chi parla venga ascoltato e compreso dagli altri.
Come tema si pu scegliere un argomento interessante per gli allievi, un fatto
problematico che successo in classe e che ha destato la conflittualit fra singoli o fra sottogruppi, il clima affettivo presente nel gruppo, il gruppo-classe
desiderato, o altri argomenti richiesti dagli stessi allievi. La cosa veramente
importante non sar n il tema n la discussione in se stessa, ma il modo di
comunicare. Lobiettivo dellinsegnante sar quello di curare la comunicazio-
1. Tecniche simili sono descritte da Thomas Gordon in Insegnanti efficaci, Giunti Lisciani
Editori, 1991 Firenze.
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discussione. Il ruolo deve essere quello di animatore-di-gruppo, ovvero linsegnante dovrebbe coordinare la comunicazione senza dare giudizi, perch
se lallievo si sente giudicato si terr il suo ruolo, che gli serve proprio per
difendersi dal giudizio degli altri. Quando linsegnante giudicante, la discussione prende laspetto di una farsa dove ognuno far la caricatura di se
stesso. Invece, quando chi conduce d solo le indicazioni su come comunicare, senza confondere il suo ruolo di conduttore con quello di partecipante,
e senza dare giudizi di valore o esprimere le proprie idee sul contenuto degli
interventi, le persone gradualmente usciranno dal loro ruolo e cominceranno
a mostrare se stesse, come fanno le testuggini quando tirano fuori il capo
dalla loro corazza.
Il metodo del parlare-ascoltare ha il vantaggio di essere di semplice applicazione, e qualsiasi insegnante pu immaginarsi la possibilit di realizzarlo
effettivamente nella propria classe.
ar crescere un gruppo vuol dire mettere in moto un processo che porti gradualmente un piccolo numero di individui a funzionare in maniera unitaria attraverso
lattivazione di modalit relazionali efficaci, fra singoli, sottogruppi e gruppo nel
suo insieme. E per modalit relazionali efficaci si intendono quelle che consentono
un effettivo scambio e arricchimento reciproco.
Quello che segue un metodo adatto ai gruppi-classe delle elementari e delle
prime medie, e pu essere applicato con successo da quegli insegnanti sensibilizzati
alle dinamiche di gruppo attraverso esperienza diretta. Non invece opportuno
che venga utilizzato da chi ha solo una conoscenza teorica sui gruppi.
Tuttavia sar di utile lettura per tutti al fine di comprenderne meglio gli aspetti
teorici e vedere come possono essere applicati praticamente nel lavoro dellinsegnante.
Metodo di intervento
Si tratta di una serie di incontri (minimo 12) a scadenza settimanale, della
durata di unora e mezza ciascuno, in unaula priva di banchi dove si possano
fare giochi di movimento. In questi incontri linsegnante fornir al gruppo
dei contenitori entro i quali le relazioni fra gli allievi potranno svilupparsi
Le porte dell'attenzione
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verso una maggiore conoscenza reciproca. Per far questo assumer il ruolo
di animatore di gruppo. In questo ruolo linsegnante avr uno stile di comunicazione particolare: non esprimer mai giudizi o critiche n verso il gruppo
n verso i singoli partecipanti e dovr interagire e contenere le diverse situazioni
solo tramite luso di feedback, ovvero di informazioni di ritorno che diano agli
allievi unimmagine o una misura di quello che gli stessi allievi stanno facendo. I
feedback devono stimolare gli allievi a pensare in proprio.
Al termine di ogni incontro, linsegnante potr tornare al suo ruolo normale. Qualora linsegnante non fosse in grado, per un qualsiasi motivo, di
assumere il ruolo di animatore di gruppo, lintervento dovr essere rimandato.
Questo cambiamento di ruolo infatti una condizione indispensabile per la
riuscita dellintervento.
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Anche qui non bisogna superare i cinque minuti, e pu essere opportuno riproporre ai ragazzi lesercizio dopo unulteriore fase di gioco libero.
Per passare alla fase D bisogna che gli allievi siano riusciti a sistemarsi
in cerchio e a raggiungere il silenzio in tempi brevi (massimo 30).
D. GIOCARE A COPPIE - durata 10 minuti.
Linsegnante dir di dividersi in coppie e di giocare a due a due (se i ragazzi
sono dispari un gruppo sar formato da tre persone). Si pu fare qualsiasi
tipo di gioco, ma non si possono utilizzare oggetti (palle, fazzoletti...).
In questa fase le coppie che si formano per ultime sono formate quasi
sempre dagli allievi che tendono a essere esclusi dal gruppo, e fra questi
potrebbero esserci gli allievi che pi spesso entrano in un ruolo out, a
meno che non si siano gi scelti fra loro.
E. DISCUSSIONE IN CERCHIO - durata massima 5 minuti.
Linsegnante ferma il gioco, forma il cerchio e conduce la discussione.
Domande stimolo:
Quali coppie sono riuscite a giocare insieme?
Tu con chi eri in coppia?
Che giochi avete fatto?
Ti piaciuto giocare con il tuo compagno?
...
Le domande devono riguardare lesperienza appena fatta. Scopo dellinsegnante che non deve essere dichiarato agli allievi quello di fare
intervenire verbalmente il maggior numero di persone. Inizialmente anche
solo con un s, ma la risposta deve essere verbale. Linsegnante non deve
accontentarsi di cenni con il capo o di altri segni non verbali, ma piuttosto
sollecitare gli allievi a esprimersi verbalmente, per esempio dicendo:
Questo cenno con il capo che hai fatto un "S" o un "No"?
Inoltre deve creare spazio ai pi timidi evitando che gli altri parlino
loro sopra, per esempio dicendo:
La comunicazione in gruppo funziona se uno parla e gli altri ascoltano. Chi ascolta non parla, ma cerca di capire cosa vuol dire il compagno.
Ora sta parlando Maria.
Parlare tutti insieme facile, mentre pi difficile parlare quando il
gruppo ti ascolta in silenzio. Chiedo a Maria di continuare il suo intervento solo quando c silenzio.
Linsegnante dovr avere la pazienza di aspettare e invitare Maria a
parlare solo quando c ascolto. Se Maria viene interrotta linsegnante, al
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In 16 anni di lavoro con i gruppi-classe ho trovato raramente situazioni cos gravi. Mi ricordo, per esempio, una classe di 26 alunni, con problemi di comportamento particolarmente ingestibili, dove la met degli alunni aveva almeno un genitore in carcere. Con questo gruppo fu
necessario un intervento specialistico, dove al conduttore era richiesta unabilit professionale
specifica, non alla portata della preparazione normale degli insegnanti di scuola media.
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lutativi. Nella maggioranza dei casi, procedendo nel modo descritto, alla
fine la nostra Maria riuscir a terminare il suo intervento.
La procedura migliore per passare allintervento successivo sar quella
di chiederle:
Maria vuoi dire altre cose?
Se Maria dice: No, si d spazio allintervento successivo.
Durante la discussione, quando un elemento di una coppia interviene,
bene che linsegnante solleciti a intervenire anche laltro, con opportune domande, affinch si abbia una percezione pi chiara della coppia
come composta da due persone differenti.
Labbiamo gi detto, ma utile ripeterlo: linsegnante-animatore non
deve criticare n direttamente n indirettamente. Per esempio, la frase:
Adesso che finalmente Maria si decisa a parlare, fate confusione!,
non un feedback, cio non contiene solo informazioni, ma anche giudizi. In particolare, si veicola un giudizio negativo verso Maria del tipo:
Quella che non riesce a parlare, o che comunque dovrebbe parlare di
pi, ed anche un giudizio negativo verso il gruppo: gruppo cattivo
che impedisce a una compagna pi debole di parlare.
Bisogna ricordare che linsegnante e ladulto in genere a causa di una
serie di motivi che non il caso di esaminare qui, quando si rivolge agli
allievi emette, per abitudine, messaggi verbali e non verbali di tipo giudicante, senza rendersene conto. Linsegnante-animatore-di-gruppo, per
superare questa abitudine, deve mantenere unattenzione costante al come
si rapporta con gli allievi, alle parole usate, al tono di voce e ai gesti.
Come ultima cosa, bisogna considerare che gli alunni sono abituati
a vedere il proprio insegnante in un certo ruolo, quindi tenderanno a
comportarsi in maniera tale da mettere linsegnante nelle condizioni di
ritornare ai suoi comportamenti abituali. Linsegnante, per stabilire il
nuovo ruolo, dovr essere consapevole di questa pressione da parte del
gruppo degli alunni su di lui, e dovr essere determinato e convincente
nel nuovo ruolo di animatore.
Oscillare dal ruolo dellinsegnante a quello dellanimatore, creer solo
confusione.
Tenere fissi il giorno della settimana e lorario di ciascun incontro,
utilizzare unaula diversa da quella dove si fa lezione e lutilizzo del
gioco, sono elementi che facilitano per linsegnante lassunzione del
nuovo ruolo. Quando non si riesce ad avere unaltra aula, bisogner
ristrutturare lo spazio, mettendo tutti i banchi con sotto le relative sedie
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Settimo Catalano
ben ordinati lungo le pareti, non solo per potersi muovere, ma anche
come segno di cambiamento rispetto al lavoro normale di classe.
F. CAMBIARE COPPIA - durata 10 minuti.
Linsegnante chiude la discussione dicendo agli allievi di riprendere a giocare
a coppie con questa variante: quelli che hanno detto di essere riusciti a giocare
insieme devono scegliere un altro compagno; quelli che hanno dichiarato di non
essere riusciti a giocare con il compagno, invece, non possono cambiare coppia.
Linsegnante dice a questi ultimi che potranno cambiare partner solo quando
riusciranno a giocare insieme. Durante questa fase, linsegnante osserva in
modo particolare cosa fanno queste coppie e se vede che non riescono a
trovare qualcosa da fare li aiuta, per esempio suggerendo loro un gioco di
movimento semplice, come giocare a prendersi. importante che linsegnante suggerisca un gioco di movimento perch questo il tipo di gioco pi
coinvolgente dal punto di vista relazionale. molto utile che linsegnante
conosca un certo numero di giochi a due di questo tipo, in modo da stimolare le coppie in difficolt.
Si pu procedere con una sequenza del tipo FFF E FFF E...: in pratica ogni tre scambi di coppia si fanno mettere gli allievi in cerchio e
si discute.
Per quanto riguarda le successive fasi di discussione (E), oltre alle
domande-stimolo gi accennate in precedenza, si pu chiedere:
Chi ha proposto questo gioco?
Gli allievi tendono a rispondere Abbiamo deciso insieme; linsegnante dovrebbe insistere, dicendo:
A chi venuto in mente per primo il gioco che avete fatto?
Approfondendo il discorso si potr scoprire che in alcune coppie c
uno che propone sempre, mentre laltro ha un atteggiamento passivo di
dipendenza. Quando le cose stanno cos, linsegnante pu sottolineare
il fatto dicendo:
Mi sembra di capire che tutti i giochi fatti dalla vostra coppia sono
stati proposti da Carlo, cos?
Questa sottolineatura dellinsegnante non deve contenere commenti
valutativi, ed di per s sufficiente a stimolare la riflessione nel gruppo,
a sensibilizzare i partecipanti a una maggiore reciprocit e a lasciare
spazio anche a chi meno propositivo.
Nellarco dei primi quattro incontri si dovrebbero esaurire tutti i possibili accoppiamenti. In questa prima parte del lavoro gli allievi si abi-
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La scena deve avere una conclusione e non deve durare pi di tre minuti.
Si d agli allievi un tempo di pochi minuti per inventare la scena.
Per le prove: si divide lo spazio in tante parti quanti sono i gruppi e poi
si invitano i gruppi a provare la scena, ognuno nel proprio spazio. Linsegnante spiega che al suo STOP solo il gruppo che lui indicher continuer
a provare, gli altri gruppi passeranno dallazione allascolto e osserveranno
lunico gruppo che lavora. Durante le prove linsegnante permetter, almeno
due volte a ciascun gruppo, di provare la scena mentre gli altri ascoltano.
Questi momenti di ascolto devono durare qualche secondo e devono servire
a riscaldare il gruppo e a fare perdere il timore del pubblico.
Per la rappresentazione: si danno agli allievi alcune regole da rispettare, che hanno la funzione di aiutare lespressione teatrale e anche quella
di contenere lemozione.
1) Non mostrare le spalle al pubblico
2) Non toccare laltro durante la rappresentazione
3) Aggredire laltro solo verbalmente
4) Non parlare contemporaneamente
5) Prima di rispondere ascoltare la battuta del partner.
Il compito del pubblico quello di ascoltare in silenzio il gruppo che
sta lavorando, distogliendo lattenzione dal fatto che anche loro dovranno rappresentare la propria scenetta.
Prima dellinizio di ogni scenetta si chiede un momento di silenzio.
Questo lavoro sulle scenette molto stimolante e, se si seguono le
indicazioni date, pu dare dei risultati sorprendenti per quello che riguarda la soddisfazione e il benessere relazionale dei partecipanti. Altre
informazioni sulla costruzione di scenette sono date dal sottocapitolo
Le scenette: un metodo per partecipare creativamente.
7 - 8 incontro
H. GIOCARE IN DUE GRUPPI - durata 20 minuti.
Si divide lo spazio in due settori, poi si chiede alla classe di dividersi
in due gruppi. Si assegna a ciascun gruppo un settore, quindi si chiede
a ciascun sottogruppo di giocare insieme ai componenti della propria
squadra, senza occuparsi dellaltra e senza uscire dallo spazio assegnato.
Non si possono usare oggetti.
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Settimo Catalano
Note
In questa seconda parte, dedicata ai sottogruppi, bisogna rendere veloce il momento
in cui ci si divide.
Si pu utilizzare la conta o altri metodi simili, oppure eleggere dei capigruppo che
scelgano i compagni facendo attenzione a prendere come capigruppo gli allievi che
normalmente vengono scelti per ultimi. In questa maniera si evita a questi allievi una
frustrazione e una convalida del loro ruolo.
Linsegnante pu anche indicare come deve essere composto il gruppo rispetto al
sesso degli allievi, per esempio dicendo:
Formate gruppi di tre elementi dove ci sia almeno un maschio e una femmina.
Quando gli allievi sono liberi di scegliere, tendono a preferire sempre gli stessi
compagni e quelli dello stesso sesso. Per questa ragione solo la prima volta li si pu
lasciar liberi di scegliere, successivamente bene che linsegnante dia indicazioni
affinch a ogni rimescolamento dei componenti i sottogruppi risultino composti da
combinazioni di allievi sempre diverse rispetto alle precedenti.
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Le porte dell'attenzione
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11 incontro
Come il 10, salvo che i due gruppi devono essere di composizione diversa rispetto alla volta precedente; inoltre ogni gioco fatto
completamente in silenzio, senza pronunciare neanche una parola, vale
il triplo.
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NOTE
Le fasi di discussione di tutti gli incontri sono fondamentali per fissare in parole quello
che si sperimentato e per riflettere su come ci si mette in rapporto con laltro. In
questi momenti si ha loccasione di portare lattenzione al campo relazionale e rendere
cosciente questo tipo di realt allallievo. Senza il momento di discussione, leffetto
di queste sessioni di lavoro sulle relazioni tenderebbe a perdersi velocemente con il
passare del tempo. La discussione invece, opportunamente condotta dallinsegnante,
fissa in concetti quello che si sperimentato attraverso il linguaggio del gioco e sta
alla base dellapprendimento di competenze sociali. Per la stessa ragione, dopo ogni
incontro utile far riflettere gli allievi anche per iscritto, con opportune domande
adeguate alla loro comprensione. Nelle classi elementari anche utile fare disegnare
lincontro. Questo tipo di intervento fornisce alla classe loccasione di crescere come
gruppo e appartiene a quel tipo di interventi che usano, come strumento di apprendimento principale, il gruppo stesso; inoltre, per la sua semplicit, pu essere utilizzato
da un insegnante sensibilizzato alla dinamica di gruppo.
Con questo intervento si agisce sulla struttura del gruppo-classe ed possibile
cambiare le modalit relazionali che lo caratterizzano. In particolare, si pu affrontare
il problema dellesclusione e superare quella modalit per cui c sempre qualcuno in
posizione out, risolvendo uno dei problemi pi frequenti e rilevanti che si possono
trovare nei gruppi-classe.
Lo sviluppo di un senso di appartenenza al gruppo aiuter non solo gli allievi pi
esclusi, ma anche tutti gli altri a sentirsi pi liberi e a stare bene.
Se si vuole modificare la struttura di un gruppo, e farlo crescere, bisogna agire
direttamente sul gruppo attraverso interventi analoghi a quello presentato sopra. Se il
processo di crescita viene innescato e non subisce interruzioni, a un certo momento
comincer a circolare fra i membri un senso di appartenenza stabile, e in queste condizioni sar pi facile sia insegnare, sia imparare.
Il fatto che in queste sessioni di lavoro si utilizzi la dimensione del gioco, potrebbe
portare insegnanti e genitori, che non conoscono le finalit e il metodo usato, a pensare
che questo intervento sia superfluo o addirittura una perdita di tempo. Sar quindi
necessario informare adeguatamente i colleghi e i genitori, se non si vuole andare
incontro a sterili critiche. bene anche sottoporre il progetto al collegio docenti,
presentandolo come sperimentazione.
Questo intervento va incontro alle indicazioni dei nuovi programmi per la scuola ele-
Le porte dell'attenzione
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mentare, in particolare dove si dice testualmente: dovere della scuola elementare evitare,
per quanto possibile, che le diversit si trasformino in difficolt di apprendimento e in
problemi di comportamento, poich ci quasi sempre prelude a fenomeni di insuccesso e
di mortalit scolastica e conseguentemente a disuguaglianze sul piano sociale e civile1.
Anche per questo motivo queste sessioni di lavoro, finalizzate alla crescita del
gruppo-classe, sono pienamente legittimate, pure se si presentano molto diverse dalla
solita attivit scolastica.
Infine, con questo tipo di lavoro, gli allievi possono impadronirsi di competenze
relazionali e apprendimenti sociali che saranno loro utili non solo a scuola, ma anche
nella vita extra-scolastica e futura.
La classe di Susetta
Nellanno scolastico 95-96 un gruppo di insegnanti, appartenenti allassociazione CISDIG sezione Campania (Centro Italiano Studi Dinamiche Interpersonali e di Gruppo) ha realizzato in varie scuole elementari lintervento sulla
crescita del gruppo, descritto dettagliatamente nel capitolo precedente. Quello
che segue uno scritto inviatomi da un insegnante di quinta elementare che
racconta lultimo incontro con la sua classe.
lincontro conclusivo, lultimo marted (14 maggio) che scendiamo gi in palestra per lintervento di sperimentazione col gruppo-classe VB.
I bambini sono arrivati presto a scuola e li vedo sorridenti entrare in aula. Anchio ho fatto presto, preoccupato di preparare bene il setting in palestra. E ora tutto
sembra a posto: la cassetta nella video-camera, la lavagna con il gesso, il cartello
con Non disturbare fuori dalla porta e i bidelli avvisati di vigilare.
Mi sento agitato, teso.
Rientro in aula.
Siamo pronti?
Siiiii!
No, maestro, manca Susetta!
Oddio, come si fa ora?
Nessuno ha notizie della bambina, neanche la bidella. strana la sua assenza.
Ma lidea di iniziare senza Susetta non sfiora nessuno; c invece una vera mobilitazione per recuperare la compagna.
1
Tratto da: F. Deva, I nuovi programmi per la scuola elementare, Cetem Milano, p. 94.
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Riferendoci allesperienza che voi avete fatto, chi pi chi meno, avrete tutti
provato dei sentimenti verso il vostro gruppo. Questi sentimenti potrebbero essere
stati del tipo: Com bello stare in questo gruppo, oppure: Chi me lo fa fare a
rimanere in questo gruppo, vorrei proprio essere da unaltra parte. Se considerassimo questi due sentimenti come i due poli opposti di ununica variabile, avremmo a un estremo il sentimento di appartenenza, il piacere di stare nel gruppo, e
allaltro estremo il sentimento di essere al di fuori, o del mettersi al di fuori, un
sentimento del tipo io in questo gruppo non ci voglio stare. In certe persone
questo sentimento pu essere generalizzato, e provato verso lidea del gruppo in
generale. Quindi in un estremo potremmo mettere il sentimento di appartenenza e
nellaltro un sentimento di rifiuto nei confronti non solo di un gruppo particolare,
ma della stessa idea di gruppo. Pi ci avviciniamo a questo estremo, pi il gruppo verr vissuto come qualcosa che toglie libert, che non permette alle persone
di esprimersi veramente. Fra i due estremi possono essere collocati su una linea
immaginaria una vasta gamma di altri sentimenti, a seconda del grado con cui il
sentimento esaminato avvicina o allontana dal gruppo.
La prima fase di formazione di un nuovo gruppo caratterizzata dalla mancanza nei membri di un sentimento stabile di appartenenza e dal fatto che quando
questo sentimento c, viene avvertito solo da alcuni. Voi avrete senzaltro sperimentato che verso il gruppo non si prova sempre lo stesso sentimento, perch i
sentimenti dipendono dalla situazione: cambiando la situazione, cambiano anche i
sentimenti. Fra tutti i sentimenti che si possono avvertire nei confronti del gruppo,
alcuni fanno sicuramente bene.
Ogni allievo entra ogni giorno in un certo gruppo di persone chiamato gruppo-classe. Si tratta di un gruppo di persone che lallievo non si scelto, ma che
comunque deve frequentare, essendo obbligatorio andare a scuola.
Lallievo che prova un sentimento di appartenenza al gruppo-classe sar contento di incontrare i compagni e gli insegnanti, sentir che con loro possono succedere
delle cose buone per lui e di conseguenza vivr bene il fatto di andare a scuola.
Questo vuol dire benessere: andare a scuola con lidea che si pu stare bene con
gli altri. Quindi, sentimento di appartenenza = benessere.
Lallievo che prova sentimenti di esclusione (sia se lui a tenere le distanze dal
gruppo, sia se il gruppo a non prenderlo in considerazione), oppure sentimenti
di rifiuto (perch il gruppo aggressivo nei suoi confronti o viceversa), oppure
altri sentimenti come indifferenza o estraneit, andr a scuola con lidea che
probabilmente anche quel giorno non riuscir a stare bene con i propri compagni
e insegnanti. Quindi, sentimenti di non appartenenza = scarso benessere o addirittura malessere vero e proprio.
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Voi, durante il T-group, avete partecipato alla vita di un gruppo e avete visto
che ogni persona reagisce in maniera diversa, ogni persona importante, e non si
pu dire che il gruppo c perch ci sono quei due o tre che parlano, ma c perch
ci sono anche tutti gli altri.
Linsegnante normalmente finisce per focalizzare buona parte della sua attenzione sugli allievi che danno problemi, ma non esistono solo loro.
In realt il gruppo psicologico non si pu percepire con i sensi, tuttavia esiste psicologicamente proprio in quanto si possono provare verso il gruppo dei
sentimenti. Si pu dire che quando si diventa consapevoli di provare sentimenti
verso il gruppo nel suo insieme, il gruppo viene percepito dalla persona come
una realt.
Quando verso questa realt non ci si sente esclusi, ma anzi ci si sente di appartenere, si pu dire che si prova il sentimento dello star bene insieme, del
sentirsi gruppo.
indubbio che quando si sta in un gruppo, non importa se lo si sia scelto o
meno, il sentimento del gruppo fonte di benessere relazionale...
QUARTA parte
Il pensiero relazionale
applicato ad alcuni
problemi della scuola
Integrare
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il codice linguistico e gestuale condiviso dal resto dei compagni. Questa carenza nel
comunicare come gli altri ha sempre messo questi allievi nelle condizioni di rimanere
pi facilmente dei compagni in una condizione di non-integrazione nei confronti del
gruppo.
Per aiutare questo tipo di allievo (ma anche qualsiasi altro ne avesse bisogno) a
integrarsi con gli altri, servono allinsegnante almeno due cose:
1) una sensibilit particolare alla dimensione psicologica del gruppo, anche per comprendere quanto un allievo sia psicologicamente dentro o fuori dal gruppo;
2) dei metodi in grado di creare modalit di gruppo efficaci per lintegrazione.
Le porte dell'attenzione
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sar la sua integrazione e viceversa. Abbiamo anche visto come sia importante una
risposta di inclusione e accettazione da parte del gruppo: pi alto il grado di questa
risposta positiva, pi elevato sar il grado di integrazione. Trattandosi di variabili
psicologiche, ovvero di un modo di vivere il gruppo o di accettare laltro nel gruppo,
la presenza fisica del gruppo non determinante, nel senso che un membro pu
sentirsi di appartenere a un gruppo anche quando lontano dal gruppo stesso; come
possibile continuare a provare sentimenti di esclusione e rifiuto, anche in presenza
del gruppo. Per fare un esempio, un allievo portatore di handicap pu uscire dallaula
con il suo insegnante di sostegno, sentendosi comunque appartenere al gruppo-classe. Viceversa, pu rimanere fisicamente a contatto con i compagni e gli altri insegnanti sentendosi tuttavia estraneo o escluso nei confronti del gruppo. Naturalmente
queste considerazioni possono valere per ogni altro allievo.
Nella realt della scuola italiana lallievo che sente vicino a s il gruppo-classe nella
sua totalit decisamente raro. Di norma, invece, ha dei vissuti di appartenenza pi o
meno forti solo nei confronti di un sottogruppo-classe. Questo vuol dire che una parte
dei compagni viene considerata esterna al proprio sottogruppo e, a seconda delle circostanze, vissuta come estranea o come contro. Pi forte il vissuto di appartenenza a
un sottogruppo e pi questo vissuto pu rappresentare un ostacolo per lintegrazione
del gruppo-classe nel suo complesso. Infatti, in una classe frammentata in sottogruppi, succede normalmente che lappartenenza al proprio sottogruppo si trasformi in
aggressivit e rivalit con gli altri sottogruppi. Lappartenenza poi quasi sempre limitata a sottogruppi dove i componenti sono dello stesso sesso.
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Quindi la condizione essenziale per lintegrazione che linsegnante riesca a non escludere psicologicamente nessuno.
Per favorire poi lemergere e la circolazione del sentimento di appartenenza fra gli
allievi, linsegnante potrebbe usare la sua influenza per innestare opportune modalit
relazionali.
Tenendo presente la tipologia del gruppo-classe e, in particolare, che la finalit del
gruppo lapprendimento, per creare il sentimento del gruppo risultano particolarmente efficaci tre modalit.
La prima potrebbe essere chiamata: Sostenere chi sbaglia. Con questa modalit il
gruppo comprende chi sbaglia e lo aiuta concretamente a superare i sentimenti negativi legati allinsuccesso.
Per sviluppare questa modalit relazionale, linsegnante potrebbe innanzitutto impedire ai componenti del gruppo di sfogare le loro tensioni su chi commette un errore.
Canzonare, suggerire, rimproverare, criticare, far la predica ecc. sono tutti modi per sfogare sullaltro il proprio disagio, e linsegnante dovrebbe ostacolare lemergere di questi
comportamenti, o quantomeno non sostenerli n direttamente n indirettamente.
fondamentale prestare attenzione al proprio modo di comportarsi e a quello degli allievi
per riconoscere subito questo tipo di interventi come un danno per chi sbaglia, e anche
per il gruppo. Riprendere o schernire davanti ai compagni chi fa un errore, indica un
gruppo che sminuisce limmagine dei suoi membri, e questo tipo di modalit provoca nei
singoli (in tutti e non solo in chi viene ripreso) una perdita di fiducia in se stessi e un
incremento di sentimenti di incapacit e inadeguatezza. Questi sentimenti sono molto
spiacevoli, e normalmente chi li prova cerca di liberarsene, per esempio proiettando
sugli altri la parte di s vissuta come inadeguata e incapace. Cos, chi stato schernito
non risparmier lo stesso servizio agli altri; ogni allievo poi, a misura di quanto riuscir
a salvarsi o meno dalle critiche, verr visto come capace o incapace, desiderabile o
indesiderabile, buono o cattivo, e questi sentimenti divisori saranno un serio ostacolo
allemergere di un senso di appartenenza al gruppo nel suo insieme.
Per facilitare la modalit relazionale del Sostenere chi sbaglia, linsegnante
potrebbe porsi come modello, mostrando come sia possibile trattare lerrore senza
svalorizzare chi lo commette. Bisognerebbe essere in grado di correggere e nello
stesso tempo di sostenere limmagine che lallievo ha di se stesso.
Quando un allievo sbaglia davanti a tutti, possono essere utili le seguenti indicazioni:
impedire che i compagni intervengano dicendo la soluzione corretta o dando suggerimenti, evidenziando come questo tipo di intervento non sia un aiuto, ma una
dimostrazione implicita di sfiducia nella capacit dellaltro di cavarsela da solo.
Questo comportamento nasce dalla tendenza immatura di togliere spazio allaltro
per mettersi in bella mostra.
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Spiegare alla classe che legittimo sbagliare, e che lerrore pu diventare utile se si
comprende come lo si fatto. Lerrore mostra solo dei limiti. Tutti hanno dei limiti e
conoscerli permette di superarli.
Dimostrare praticamente al gruppo che chi ha commesso un errore pu affrontare e
superare subito la sua difficolt, aiutando lallievo che sbaglia a ottenere il successo
con tecniche adeguate (suddivisione dellobiettivo in una sequenza progressiva di
obiettivi intermedi, semplificazione del campo con isolamento e rilevanza della
variabile in gioco, riduzione del problema in termini pi concreti ecc.).
Quando in un gruppo-classe si stabilisce latteggiamento del Sostenere chi sbaglia,
i membri si liberano gradualmente sia della paura di commettere errori, sia della
paura degli altri. Questo sul piano relazionale fa crescere il gruppo, perch le persone,
quando non si sentono criticate, possono sperimentare liberamente modi di essere
alternativi ai soliti. Inoltre meno avvertita la necessit di chiudersi in un ruolo per
difendersi da possibili attacchi. La mancanza di una modalit critico-svalutante e un
atteggiamento sensibile verso chi si trova in difficolt, fanno aumentare il desiderio di
mettersi in gioco e favoriscono limmediatezza e la creativit.
La seconda modalit relazionale che favorisce sentimenti di appartenenza al gruppo potrebbe essere chiamata: Ascoltare laltro. Con questa modalit il gruppo aperto
alla comunicazione ed centrato sullascolto e la comprensione. Il gruppo riconosce
un valore negli interventi di ciascuno, intesi come unoccasione per entrare in contatto con la soggettivit e la diversit dellaltro. Inoltre il gruppo tende a fornire dei feedback affinch chi si esprime possa riconoscersi ed eventualmente tarare e completare
la sua comunicazione. Dal punto di vista pragmatico la modalit dellAscoltare laltro
comporta alcune abilit sociali, come le seguenti:
1) il non sovrapporsi allaltro che parla, ovvero la capacit di lasciare parlare una
persona per volta senza laiuto dellalzare la mano;
2) il farsi ascoltare, che comporta un tono di voce adeguato alla possibilit di ascolto dellaltro, e il guardare le persone con cui si parla senza appoggiare lo sguardo altrove, per esempio sullinsegnante;
3) lascoltare, ovvero la capacit di ripetere lintervento dellaltro;
4) il comprendere, ovvero la tendenza a dare dei feedback verbali allaltro su quanto si
compreso, ripetendo con proprie parole il senso dellintervento dellaltro;
5) il partecipare, che comporta il coinvolgimento nel gruppo e anche la sensibilit
del gruppo a dare la precedenza alle persone che non hanno ancora avuto modo di
esprimersi;
6) il rispettare tutti, sia per quanto riguarda i modi di esprimersi che le idee espresse:
questo vuol dire accettare e tenere in considerazione interventi contrari e divergenti.
Per lapprendimento di queste abilit si pu utilizzare un metagioco come la Gara
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di ascolto, ponendo come variabili su cui dare il punteggio le sei abilit espresse in
comportamenti definiti precisamente, e presentandole successivamente secondo il
metodo del metagioco (si veda il sottocapitolo La gara di ascolto).
La terza modalit relazionale che favorisce lappartenenza al proprio gruppo-classe
potrebbe essere chiamata: Partecipare creativamente.
Con questa modalit il gruppo si apre alle situazioni nuove e le affronta creativamente utilizzando la tensione connaturata allincertezza e allimprevedibilit; inoltre
si libera dalla modalit difensiva e crea lo spazio mentale per esplorare, inventare,
improvvisare ed esprimersi creativamente. Il gruppo accetta anche il cambiamento della propria stessa struttura interna, in particolare il cambiamento di ruoli e lascia liberi
i partecipanti da qualsiasi tipo di critica, in modo che ognuno possa mettere in gioco
se stesso senza pressioni da parte degli altri.
Nei momenti in cui il Partecipare creativamente diventa la modalit predominante
del gruppo-classe, si genera fra gli allievi, e tra gli allievi e linsegnante, una grande
complicit, che fa crescere lintegrazione e d a tutti una dimostrazione delle potenzialit del gruppo.
La modalit del Sostenere chi sbaglia e quella dellAscoltare laltro con le relative
abilit sociali, rappresentano la base su cui pu svilupparsi la modalit del Partecipare
creativamente.
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scena, dovrebbe considerare, come prima cosa, la delicatezza che comporta la situazione dellesprimersi davanti a degli spettatori. Chi chiamato a interpretare un personaggio, anche se lui stesso a proporsi, prover sempre un certo disagio a mostrare
se stesso davanti a tutti. Questa tensione, fino a un certo livello (che varier in maniera notevole da un individuo allaltro e da momento a momento) sar gestibile da parte
dellallievo che non presenter problemi a parlare o ad agire. Ma se la tensione dovesse
aumentare oltre un certo limite, la comunicazione verbale potrebbe diventare difficile
e lallievo potrebbe finire per esprimersi quasi esclusivamente con i movimenti e col
tono della voce. Se poi la tensione dovesse aumentare ancora, potrebbe succedere che
lallievo si blocchi completamente. Poich ogni allievo ha soglie diverse di sopportazione della tensione, essenziale che il conduttore sia innanzi tutto un osservatore
sensibile, in grado di sostenere in tempo chi tende a bloccarsi, e di interagire con la
consapevolezza della difficolt emotiva che lallievo sta provando.
Il bisogno fondamentale di chi si espone di fronte a un pubblico che lesperienza
abbia successo e risulti positiva in ogni caso.
essenziale che linsegnante soddisfi questo bisogno. Per questo importante inserire nel metodo utilizzato per costruire le scenette, le seguenti indicazioni:
non criticare mai con le parole o con le espressioni del viso quello che lallievo-attore fa o dice. Bisognerebbe anche evitare qualsiasi frase che contenga una svalutazione implicita;
non correggere. Tutto quello che lallievo fa o dice quando interpreta la sua parte
va bene, nel senso che non esiste una maniera giusta o sbagliata di esprimersi.
Lespressione un fatto soggettivo; correggere invece vuol dire rifarsi a un modello
oggettivo. Quindi solo il soggetto stesso pu autocorreggersi per trovare un modo
di esprimersi in cui si riconosce di pi;
aiutare. Linsegnante, al posto di correggere, pu dare dei feedback e/o spostare lattenzione dellallievo su esercizi che facilitano lespressione, come per esempio:
Esercizi non-verbali (se lallievo nella scenetta deve fare la parte di uno che si arrabbia, gli si pu far fare prima la lotta con un compagno, ecc.).
Raccontare la scena (si chiede allallievo che cosa succede, dove si svolge, chi sono i
personaggi);
Rendere sensoriale ci che si immagina (si pu chiedere di descrivere i particolari
del personaggio e del luogo dove si svolge la scena, mediante i canali visivo, uditivo e
olfattivo).
Laiuto migliore che si pu dare ai protagonisti consiste per nel dare una motivazione psicologica ai personaggi.
Siccome mettersi in mostra di fronte agli altri provoca una certa ansia, se si sceglie
una trama dove i personaggi sono in tensione fra loro, inserendo quei possibili eventi
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sarebbe fuori luogo, arbitrario e controproducente perch lautore si sentirebbe svalutato e sminuito. Lallievo che viene criticato dopo essere stato invitato a esprimersi, si
sente tradito e perde la stima e la fiducia nellinsegnante. Lintervento adeguato a questo ambito espressivo invece unaccettazione incondizionata di base, che accolga
lespressione cos com. In unattivit espressiva lobiettivo dare la possibilit alla
persona di comunicare se stesso e il proprio mondo soggettivo e i concetti chiave
sono: mondo dellautore, impossibilit dellerrore, accettazione incondizionata.
Nel 1984 chiesi a tutti i bambini del doposcuola, di cui ero coordinatore-animatore, di scrivere delle poesie. Jonathan, un bambino di sei anni, scrisse una poesia
alla mamma, deceduta improvvisamente qualche mese addietro, e poi, durante la
rappresentazione di Carnevale, occasione in cui ogni gruppo presentava il proprio
lavoro, la lesse davanti a 150 compagni. I bambini ascoltarono la sua vocina in un
commosso silenzio fino alla fine della lettura, senza interromperlo.
Sarei mai potuto intervenire per modificare il testo in un italiano pi corretto, o
per correggere qualche errore di ortografia?
In questo caso risulta evidente quanto un intervento del genere sarebbe stato
inopportuno. Ogni volta che una persona si esprime, mette in gioco se stessa; ma
normalmente non cos evidente come nel caso di Jonathan.
Vista la delicatezza psicologica che comporta lesprimersi, nelle attivit che possono assumere sia laspetto espressivo sia laspetto strumentale importante che linsegnante crei situazioni chiare definendo prima con gli allievi qual lobiettivo dellattivit e, soprattutto, mantenendo un metodo coerente con questo obiettivo. Sarebbe
poco produttivo, per esempio, non dare feedback sugli errori, quando si vuole
migliorare la competenza in una certa abilit; mentre correggere, quando lobiettivo
lespressione, oltre agli effetti negativi gi menzionati, crea ambiguit e confusione.
Riuscire a dare alle materie insegnate anche un aspetto espressivo, di per s un
metodo che aumenta la conoscenza di se stessi e la conoscenza dellaltro, favorendo
la crescita del gruppo.
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necessarie nuove esperienze, capaci di disconfermare le aspettative negative. Queste nuove esperienze, per, possono accadere solo nei gruppi dove gli insegnanti
sono disponibili al cambiamento, come per esempio nei gruppi di formazione o nei
T-group, dove a condurre il gruppo c un trainer esperto.
da escludere che le esperienze in grado di modificare le convinzioni dellinsegnante riguardo al gruppo possano verificarsi spontaneamente nei gruppi dove
linsegnante stesso che conduce, per esempio nel gruppo-classe. Quando chi
gestisce la classe non ha mai sperimentato su di s il processo che porta a viversi
parte di un gruppo psicologicamente unito, parlare dellintegrazione degli allievi
emarginati diventa solo retorica.
Se allinsegnante manca lesperienza del gruppo, una classe non riuscir a funzionare come gruppo. Questo vuol dire che anche gli allievi non riusciranno a vedersi
insieme in ununit, ma percepiranno una parte dei propri compagni separata e
distante o anche contro. Nel gruppo-classe si sentir lesigenza di difendersi psicologicamente dalle critiche e dai giudizi degli altri, e ci si chiuder in ruoli difensivi.
Gli allievi arriveranno in classe gi condizionati da aspettative pi o meno fisse
su quello che succeder e su come si comporteranno i compagni. Questo frener
i possibili cambiamenti e render ripetitiva la dinamica relazionale. Linsegnante
vedr confermarsi le sue aspettative negative sul gruppo, e questo irrigidir le sue
convinzioni. Anche se allinizio della vita di un gruppo-classe ci sar stata una certa fluidit, nel giro di poco tempo il sistema potrebbe opporsi a qualsiasi tendenza
allinnovazione. Mantenere le relazioni come stanno sar la modalit relazionale vincente; infatti, quando manca il sentimento del gruppo, ogni cambiamento tende a
essere visto come fonte di ulteriore divisione e viene attivamente evitato.
Quando linsegnante ha invece esperienza del sentimento del gruppo, grazie alla
sua influenza, ha leffettiva possibilit di suscitare negli allievi sentimenti di unit,
e, volendo, pu promuovere il cambiamento.
Nel gruppo dei colleghi, invece, un sola persona in grado di funzionare a livello
di gruppo non quasi mai sufficiente, perch linfluenza del singolo insegnante, per
quanto forte, deve fare i conti con linfluenza di tutti gli altri; se invece la maggior parte a funzionare a livello di gruppo, sono molto alte le probabilit che tutto il
consiglio di classe (o il Team) arrivi a funzionare come insieme unico e non diviso,
ovvero come gruppo.
Handicap
a persona affetta da handicap ha normalmente bisogno di cure e attenzioni particolari, e per questo pu essere vista dagli insegnanti come un
peso o un problema. soprattutto la difficolt di comunicazione, dovuta
allalto grado di diversit rispetto al resto dei compagni, che crea difficolt
agli insegnanti.
Tuttavia linsegnante centrato sul gruppo vedr in questa diversit una
risorsa. Infatti linsegnante che ricerca attivamente lunit di gruppo
quando si verificano dei problemi di comunicazione con qualcuno, sente
lurgenza di trovare un modo per superarli. Questa esigenza lo spinge a
cercare la via per entrare in contatto anche con chi comunica in modo
differente e farlo sentire nel gruppo. Esistono dei metodi che aiutano a
realizzare questo obiettivo.
Per esempio, si pu far giocare a turno lalunno in difficolt in coppia
con ciascun altro compagno. Questo lavoro pu venire condotto dallinsegnante di sostegno o di classe, in unaula adatta a giochi di movimento.
Le sessioni di gioco dovrebbero essere di 20 minuti. Per motivare i compagni a darsi da fare per superare le difficolt di comunicazione, si pu
proporre alla classe un metagioco del tipo Gara di giochi. Ogni gioco fatto
dalla coppia veramente insieme vale un punto. La classe pu essere divisa
in due squadre. I punteggi totalizzati da ogni allievo vengono sommati a
quelli dei compagni di squadra. Alla fine si sommano i punteggi delle due
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In questa prima fase non sar importante quello che linsegnante fa, ma come
lo fa, e quali sentimenti producono sullallievo le sue azioni. Questo obiettivo
prevede un apprendimento anche da parte dellinsegnante. Mettersi in gioco
e imparare indispensabile con gli alunni con handicap perch sono proprio loro
che indicano allinsegnante la strada giusta per entrare in rapporto.
Per esempio, di fronte a un comportamento che appare inadeguato, prima
di fare qualcosa per eliminarlo, utile chiedersi a che cosa serve, osservandolo
con maggiore attenzione. Quello che lallievo portatore di handicap fa, pu
essere utile e vitale per la sua economia psichica.
Prendiamo il caso di una ragazzina di nome Monica, diagnosticata come
psicotica, che frequentava nel 1986 la terza media. Monica parlava spesso
con unamica immaginaria, anche davanti alla propria insegnante. Con questo
comportamento manifestava il bisogno di avere unamica con la quale potersi
confidare, unamica capace di ascoltarla e comprenderla.
Parlare a qualcuno che non esiste un comportamento inadeguato alla realt, ma il bisogno sottostante di avere unamica pienamente accettabile. Nei
primi tempi del loro rapporto linsegnante di sostegno andava in crisi quando
sentiva Rosanna, lamica immaginaria, dire a Monica di compiere atti distruttivi, come il buttarsi gi dal balcone; anche se poi Monica, alle incitazioni di
Rosanna rispondeva: Ma come, se sei unamica perch mi dici di buttarmi
gi dal balcone?. Linsegnante rimaneva ugualmente turbata e cercava di
convincerla che Rosanna non esisteva. Tuttavia Monica aveva palesemente
bisogno di Rosanna per difendersi dai propri impulsi suicidi. La voglia di
buttarsi gi dal balcone era meglio proiettarla fuori da s, su qualcun altro.
Togliendo lamica immaginaria, lincitamento a buttarsi gi dal balcone poteva
non essere pi vissuto come proveniente dallesterno, ma come proveniente da
se stessa. Con Rosanna poteva difendersi, e dirle: No, Rosanna, mi dispiace,
ma unamica come te dovrebbe controllarsi un po, dovrebbe pensare a quello
che dice, altrimenti non unamica. Senza Rosanna invece rimaneva da sola
con la propria voglia di buttarsi gi dal balcone. Per Monica era molto pi
difficile affrontare ed elaborare questo impulso direttamente, che affrontarlo
tramite lamica immaginaria.
Era bene richiamarla alla realt, ma bisognava prima soddisfarle quella
esigenza legittima di avere unamica, esigenza che le sue fantasie soddisfavano, anche se parzialmente e in maniera inadeguata. Di fatto Monica smise di
ricorrere allamica immaginaria quando linsegnante di sostegno smise di aver
paura delle sue performance, e liniziale antipatia reciproca si trasform in
amicizia e complicit.
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prestazioni eccezionali in campo relazionale, passato alle medie cre delle difficolt
notevoli ai professori che, pur preparati nella loro materia, non erano per in grado
di gestirsi persone creative che avevano sviluppato una forte stima di s e nello
stesso tempo un valido sentimento di gruppo. Ladulto non aveva davanti ragazzini
disposti a fare immediatamente quello che si diceva loro solo perch la richiesta
veniva da un professore. Alle elementari erano abituati a chiedere, a elaborare, a
progettare e costruire insieme con ladulto. Ubbidire alle consegne dei professori
era per loro semplicemente poco stimolante e la loro reazione era il modo per
denunciare questo fatto. Inoltre i professori, trovandosi di fronte persone in grado
di sostenersi a vicenda, non riuscendo a interagire a livello di gruppo, finivano
per trovarsi sempre in difficolt e per vedere vanificati anche gli interventi di tipo
autoritario.
Pensando alla scuola nel suo complesso, si potrebbe dire che accadrebbe una
vera rivoluzione se tutti i gruppi istituzionali funzionassero a livello di gruppo
psicologico. La si potrebbe chiamare la rivoluzione dello stare bene con gli altri
mentre si lavora, perch il gruppo psicologico un modello che, tenendo presente
la complessit della realt, permette allinsegnante di intervenire in maniera efficace e di raggiungere gli obiettivi verso cui tende, salvaguardando nel contempo
il valore e la libert di ogni persona.
moralismo e comunicazione
Nella prospettiva relazionale, il buon funzionamento di un gruppo non dipende dalla personalit dei singoli membri. I fattori determinanti non sono le
personalit, ma quello che succede tra le persone, cio le caratteristiche del
sistema relazionale, e in particolare il modo di comunicare. Questa semplice
affermazione porta a notevoli conseguenze. Vediamo alcuni esempi.
Due insegnanti mostrano durante una riunione del consiglio di classe di
non capirsi. Ognuno si fa lidea che laltro a non essere in grado di capire.
Il gruppo poi si pu dividere schierandosi o per luno o per laltro. A questo
punto la situazione ristagna determinando spesso landamento degli incontri
successivi. Se si chiedesse a questi insegnanti il perch di questo blocco ci
sentiremmo rispondere che il gruppo non funziona per colpa di qualcuno dei
partecipanti.
Questa modo di leggere la realt legato a una logica colpevolizzante
dove la responsabilit dellinsuccesso si origina nella cattiva volont delle
persone.
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la stessa cosa per tutti, ma arriver a ognuno di quelli che ascoltano in modo
pi o meno diverso. Essere consapevoli di questo aspetto della comunicazione
ci permette di non meravigliarci se poi ognuno aggiunge qualcosa di suo.
chiaro che non un problema di sincerit. La sincerit, la lealt, lonest
non centrano con la comunicazione in s per s: una persona onestissima
pu avere delle grosse difficolt quando comunica. In qualche situazione
questi concetti vengono utilizzati per classificare le persone, per giudicarle,
per sminuirle: quello sleale, quellaltro disonesto ecc. Tuttavia, spesso
non si fa la fatica di verificare che forse si tratta semplicemente di difetti di
comunicazione che, volendo, potrebbero essere corretti, o comunque accettati
come tali.
Gestire laggressivit
Quando un allievo mostra frequentemente un comportamento aggressivo o
violento, normalmente linsegnante si convince che non pu che trattarsi di
un aspetto della personalit difficile da cambiare. Questa convinzione rende
il cambiamento del tutto improbabile.
Da un punto di vista relazionale gli stessi comportamenti aggressivi possono essere letti diversamente. Ciascun allievo entra ed esce ogni giorno da
gruppi diversi: il gruppo famiglia, il gruppo-classe, il gruppo degli amici, il
gruppo delloratorio, il gruppo dellattivit sportiva ecc. Chi mostra comportamenti aggressivi e violenti, evidentemente, non ha ancora imparato a gestirsi
laggressivit in modo opportuno. Forse perch nei gruppi che ha frequentato
non ha trovato un modello valido da imitare, forse perch nessuno lo ha
educato a trattare la sua aggressivit e a trasformarla in forme accettabili. Un
altro motivo che laggressivit, nei gruppi che frequenta, venga considerata
qualcosa di completamente negativo, da eliminare, al posto di essere vista
come unenergia che deve solo essere indirizzata nel verso giusto.
In famiglia, per esempio, lallievo considerato aggressivo potrebbe assistere a scoppi di ira e magari subire anche qualche aggressione fisica (punizione
corporale), ricavando dagli adulti un modello di gestione dellaggressivit del
tipo goccia che ha fatto traboccare il vaso: repressa fino a un punto limite e
poi sfogata senza capacit di contenere limpulso.
Nel gruppo-classe o nel gruppo delloratorio, invece, laggressivit potrebbe
essere negata, perch considerata cattiva, e il modello che ne deriverebbe
potrebbe essere quello di reprimere limpulso.
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Nel gruppo degli amici, in cortile o per strada, potrebbe esserci lattitudine
a usare laggressivit contro gli altri, con fini distruttivi e non come risorsa;
il modello che ne deriverebbe sarebbe quello di esprimere limpulso senza
preoccuparsi delle conseguenze.
Questi modelli sono tutti inefficienti.
Laggressivit la forza che spinge le persone ad aggregarsi e a ricercare un
contatto quando nascono delle tensioni, connaturata allessere umano e, per
fortuna, non pu essere eliminata. Tutti sanno che con la benzina si possono
fare bombe rudimentali perch esplosiva; tuttavia la si usa lo stesso, perch,
utilizzata nel modo conveniente, non solo utile, ma, per il mondo odierno,
anche indispensabile. Non usarla, perch pu esplodere, sarebbe unassurdit.
Altrettanto assurdo sarebbe non permettere allaggressivit di esprimersi.
Lallievo aggressivo non ha avuto validi modelli di riferimento e sicuramente, nei gruppi che frequenta, laggressivit viene gestita male, senza
apporto educativo. vero che ormai ha contratto delle cattive abitudini e
probabilmente si comporterebbe cos anche in un nuovo gruppo, per anche
vero che questo il risultato di certi vissuti e di certe modalit di gruppo.
Lantidoto dellinsegnante potrebbe essere quello di favorire nel gruppo-classe
lemergere di modelli accettabili di gestione dellaggressivit, lavorando sulla
crescita relazionale del gruppo.
Crescita relazionale e non negazione dellaggressivit. Bisogna partire dal
concetto che laggressivit legittima e che si tratta solo di educarla in forme socialmente accettabili. Si tratta di fornire agli allievi i modi con cui la
si pu esprimere senza ledere gli altri, facendola diventare una risorsa; per
esempio attraverso una comunicazione verbale che consenta lespressione dei
sentimenti, o attraverso i giochi di forza e di movimento che comportano un
contatto fisico, oppure attraverso giochi competitivi o che comportano una
meta da raggiungere.
Una convinzione priva di fondamento che la competizione non vada bene,
e che sia comunque negativa in ogni caso. La competizione negativa se gestita male, ma se gestita bene pu insegnare molto alle persone e rappresentare
una valida risorsa, soprattutto la competizione di gruppo. La competizione
fra gruppi, infatti, allena a sopportare la frustrazione: perdere con gli altri
pi facile che perdere da soli, si tende a non abbattersi e a riprovare di nuovo.
Grazie al gruppo si pu imparare a perdere senza scoraggiarsi troppo, mantenendo la voglia di tentare ancora. molto formativo imparare ad accettare
la frustrazione e riuscire a considerare il fatto di perdere uneventualit come
unaltra. Perdere bene vuol dire anche valorizzare lesperienza, ricercando i
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motivi che hanno portato alla sconfitta, per migliorarsi. Se un allievo impara
ad accettare positivamente la frustrazione, pu andare tranquillo nella vita.
Chi invece solo in grado di vincere, sar sempre in difficolt.
Valutare
Nella scuola con il termine valutare si possono indicare diverse operazioni fra le
quali quelle che fa linsegnante quando misura i progressi di un allievo. Valutare
un verbo che richiama alla mente sostantivi come valuta e valore. Valutare
un allievo indica quanto lallievo valga per linsegnante in relazione a una certa
attivit o materia scolastica. il valore che si misura, e visto che lo si misura vuol
dire che c. Lallievo che viene valutato dovrebbe quindi sentire che linsegnante
gli riconosce un certo valore, sia come persona, sia per quello che sta facendo. Chi
si sente valutato dovrebbe sentirsi quindi anche valorizzato. Credo che si possa
parlare di valutazione quando leffetto che si produce sullallievo, durante e dopo
la valutazione dellinsegnante, sia proprio quello di sentirsi valorizzato.
Per esempio, chi stato valutato due dovrebbe sentire che fino al momento
attuale ha fatto due, ma che in futuro sar in grado di fare tre. Dovrebbe sentire
questa possibilit, dovrebbe sentire in quella valutazione due una spinta a riconfrontarsi con quella situazione per arrivare al tre. Se invece dopo la valutazione la
persona sente che due il massimo che pu fare, e che probabilmente la prossima
volta far peggio, quel due diventa una specie di sentenza. In questo caso sarebbe
pi corretto parlare di svalutazione, perch in effetti questo il risultato: la persona
si sente svalutata. In realt, quella che per linsegnante stata una valutazione, per
lallievo pu essere stata una critica inibente.
Dobbiamo vedere cosa succede in pratica: se dopo una valutazione lallievo
ha pi voglia di impegnarsi, se sente un valore dentro di s che pu sviluppare,
ci troviamo di fronte a una valutazione.
Se dopo una valutazione lallievo si sente con se stesso peggio di prima, se
sente di avere problemi in pi, magari perch ha paura delle reazioni dei suoi
genitori, sarebbe pi corretto parlare di svalutazione.
Se un ragazzino mette un euro in un videogioco per lui nuovo e la partita
finisce dopo dieci secondi, non si sente certo svalutato: il tempo di gioco solo
un feedback, solo una misura: molto probabile che alla prossima partita far
meglio. Il videogioco non gli d un giudizio morale: sei un lazzarone o non
ti sei impegnato abbastanza, ma gli dice semplicemente che riuscito a stare
in gara per pochi secondi.
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Nel momento in cui il ragazzo prende un altro euro e ci riprova, vuol dire che
ha vissuto quella situazione come valutazione.
Esiste tuttavia il ragazzo che non ci riprova pi, anche se raro: in questo
caso pi probabile che abbia vissuto il feedback come svalutante, ma solo
per quanto riguarda la sua abilit con quel videogioco. Entrambi sono certi di
trovarsi di fronte a una macchina, che come tale non li giudica. Cos, anche chi
non giocher pi con quel videogioco, non si sentir comunque svalutato come
persona.
La misura di quello che un allievo in grado di fare, cio la valutazione,
dovrebbe essere almeno neutra: un feedback non giudicante.
Tuttavia, siccome linsegnante una persona, potrebbe ridare allallievo
anche molto di pi di un semplice feedback neutro. Linsegnante pu dare
allallievo fiducia e rispetto, e pu valorizzare le sue capacit, sostenendolo
quando sbaglia e stimolandolo a migliorarsi. La macchina non potr mai
dare questo tipo di contributo. In realt, non si pu sostituire la persona che
insegna con un computer, perch solo la persona in grado di valorizzare, di
dare fiducia e di mettere lallievo nelle condizioni di sviluppare gradualmente
il suo potenziale.
Destrutturare
Spesso gli insegnanti che partecipano a un T-group si domandano a cosa
possano servire quelle unit di lavoro chiamate destrutturate.
Nella destrutturata, come dice il termine, la struttura minima: viene data
solo la durata dellincontro e uno spazio dal quale non si pu uscire. La destrutturata serve per creare nel sistema relazionale chiamato gruppo, la possibilit
del cambiamento.
Per cambiare il sistema relazionale necessario che il gruppo punti lattenzione su se stesso osservandosi in azione e che i partecipanti entrino realmente
in contatto e si giochino con gli altri. Giocarsi vuol dire esprimere se stessi
soprattutto i propri sentimenti e ascoltare gli altri in maniera attiva, cio
scambiandosi feedback su quanto si comprende. La destrutturata apre ai partecipanti questa possibilit, e la situazione che si crea fa sentire la presenza del
gruppo e la sua influenza sui singoli.
Quando i partecipanti cominciano unesperienza di T-group si sentono
spiazzati perch non possono contare sulle solite modalit relazionali. Alcuni
insegnanti dicono addirittura che perdono il senso della realt. sufficiente
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che il conduttore non riempia e non strutturi il tempo, per creare una situazione quasi irreale. In effetti, per quanto ognuno viva questa esperienza
in maniera differente, questo tempo destrutturato ha sullinsegnante quasi
sempre un effetto notevole. Linsegnante, infatti, abituato proprio al contrario, e cio a strutturare il tempo e a programmarsi prima. Se poi non riesce
a fare il programma nei tempi stabiliti, cerca di strutturare meglio in modo
da ottimizzare il tempo, o almeno questo che gli piacerebbe fare. Ovviamente, quando si trova in momenti destrutturati come quelli proposti in un
T-group, come un pesce fuor dacqua.
Il T-group un sistema validissimo per sperimentare e quindi capire veramente che cos un gruppo psicologico, e anche per cambiare; ma adatto solo per gli
adulti. I ragazzi hanno bisogno invece di situazioni pi strutturate, altrimenti
entrano in uno stato dansia che non riescono a gestirsi.
Daltra parte, se il tempo fosse sempre strutturato, sarebbe impossibile trovare
lo spazio per cambiare i rapporti allinterno di un gruppo; questo vale anche
per i gruppi-classe. Quindi se linsegnante vuole che il gruppo cresca, dovrebbe
imparare a creare momenti destrutturati adatti agli allievi. A scuola esistono
dei momenti destrutturati come lintervallo, il mangiare insieme o il cambio
di insegnante, ma gli allievi, senza un aiuto da parte delladulto, finiscono per
strutturarli loro, creandosi delle abitudini.
Linsegnante perci, se vuole ottenere cambiamenti a livello relazionale, dovrebbe
creare dei momenti destrutturati dove ci sia una riflessione su come si sta insieme,
ovvero momenti poco strutturati dove il gruppo sia al centro dellosservazione. Se a un
gruppo-classe si danno occasioni del genere, il gruppo potrebbe cambiare anche
velocemente. La mia esperienza nelle classi elementari e medie che i gruppi-classe possono cambiare anche nel giro di dieci-dodici incontri di unora ciascuno. In
questi gruppi per bambini e ragazzi si lavora soprattutto con linguaggi non verbali,
come il gioco di movimento e il gioco di contatto corporeo, lanimazione teatrale e
musicale ecc. Se si usa anche solo uno di questi linguaggi per comunicare facile
ottenere dei cambiamenti, poich gli allievi hanno una forte motivazione a stare
bene fra loro, e se qualcuno d loro loccasione di migliorare questo aspetto, non
se lo fanno scappare. Quando intravedono veramente la possibilit di un cambiamento, si mettono in gioco meglio di quanto facciano gli adulti.
Gli insegnanti che partecipano a un T-group vedono chiaramente, perch lo
sperimentano di persona, che il gruppo si modifica proprio quando i partecipanti
riescono ad accettare i momenti destrutturati e ad aprirsi agli altri. In un T-group
il conduttore non si preoccupa se il singolo partecipante cambia; se cambiato o
non cambiato un aspetto che non lo riguarda. un problema della persona
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Ringraziamenti
Vorrei ringraziare il mio amico Bruno Vezzani, attualmente docente allUniversit
degli Studi di Padova - che stato mio professore - per tutto quello che mi ha
dato in termini di formazione e di motivazione verso la professione di psicologo,
e per avermi incoraggiato e spinto a scrivere sulle mie esperienze lavorative nella
scuola.
Vorrei inoltre ringraziare tutte le persone, amici e insegnanti che mi hanno
aiutato nella stesura del testo, con le loro indicazioni e le loro critiche costruttive.
Vorrei anche ringraziare tutte le persone con le quali ho lavorato nel mondo della
scuola perch, senza queste esperienze lavorative fatte con loro, questo libro non
sarebbe mai esistito.
Un ringraziamento particolare, alle amministrazioni comunali, agli assessori alla
P.I., ai direttori e presidi, agli insegnanti, agli allievi, al personale non docente e ai
genitori con cui ho lavorato nelle seguenti scuole:
Materne
Scuola materna Morosini di Milano nellanno scolastico 1978-79
Scuole materne del II Circolo Didattico di Bassano del Grappa nellanno scolastico
1994-95
Scuola Materna di Cuveglio (VA), negli anni scolastici che vanno dal 1995 al 97
Elementari
S.E. del Comune di Gorla Minore, negli anni che vanno dal 1979 al 1985
S.E. del Comune di Gorla Maggiore (VA), negli anni che vanno dal 1979 al
1984
S.E. del Comune di Corsico dellanno scolastico 1978-79
S. E. Comune di Linate nellanno scolastico 1978-79
S.E. Villa Tovaglieri di Busto nellanno scolastico 1978-79
S.E. Giovanni Pascoli, di Busto Arsizio negli anni che vanno dal 1980 al 1985
S.E. Marco Polo, di Busto Arsizio negli anni che vanno dal 1980 al 1985
S.E. Rossini Nuove , di Busto Arsizio negli anni che vanno dal 1980 al 1985
S.E. Morosini , negli anni che vanno dal 1980 al 1985
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S.E. Arcadia, di Milano negli anni che vanno dal 1989 al 1984
S.E. De Amicis di Vedano Olona, nellanno scolastico 1994-95
S.E. di Valstagna (VI), nellanno scolastico 1995-96
S.E. di Cuveglio (VA), nellanno scolastico 1995-96
S.E. di Cosio Stazione, negli anni scolastici che vanno dal 1996 al 1999
S.E. di Cosio Valtellino, negli anni scolastici che vanno dal 1996 al 1999
S.E. di Tradate nellanno scolastico 1996-97
S.E. del II C.D. di Bassano del Grappa nellanno scolastico 1996-97
S.E. della Direzione Didattica Statale di Cesco Baseggio Marghera (VE)
Medie
S. M. S. Casati di Milano nellanno scolastico 1985-87
S. M. S. San Francesco DAssisi di Milano negli anni che vanno dal 1981 al
1984 e nel 85/86
S. M. S. Enrico Fermi di Busto Arsizio, negli anni che vanno dal 1985 al 1989
S.M. S. Manzoni (Cinisello Balsamo MI), nellanno scolastico 1985-86
S.M. S. De Amicis di Busto Arsizio: 1986 87
S.M. S. De Gaspari di San Donato Milanese negli anni che vanno dal 1988 al
1992 e nel 1996-97
S.M. S. Manara di Milano negli anni che vanno dal 1988 al 1992
S.M. S. di San Giuliano Milanese, nellanno scolastico 1990-91
S.M. S. Aldo Moro di Saronno, nellanno scolastico 1993-94
S.M. S. Arcadia di Milano, nellanno scolastico 1994 al 1995
S.M.S di Traona, nellanno scolastico 1996 al 1997
S.M.S di Cosio Valtellino, negli anni scolastici che vanno dal 1996 al 1998
S.M. di Saronno Pertusella, nellanno scolastico 1998 al 1999
Superiori
Liceo Fermi di Nuoro nellanno scolastico 1994-95 e 1998-99
Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali F. Besta (SO),
nellanno scolastico 1996-97
LIstituto Professionale di Stato per lIndustria e lArtigianato Fossati di Sondrio, nellanno 1998-99
LIstituto V.F. Pareto di Milano nellanno scolastico in corso
Ringrazio inoltre
Gli operatori dellIstituto ANFAS di via Galileo Ferraris a Milano, dellanno scolastico 1973-74
Gli operatori dellIstituto AIAS di Mantova, dellanno scolastico 1974-75
Il Consiglio Direttivo della Fondazione Vittorio Vimercati di Milano, degli anni
dal 1978 al 1988
Le porte dell'attenzione
181
Bibliografia
Breve Bibliografia a uso degli insegnanti per approfondire gli argomenti trattati
Indice
Introduzione
Prima parte Lattenzione, linsegnante, lallievo
pagina
PROLOGO
Interrogato di fronte a tutti
Apprezzato e criticato
11
12
1. Lattenzione
Il problema dellattenzione nella scuola
La funzione della mente e dellattenzione
Livelli di attenzione
I campi dellattenzione volontaria
Le dimensioni dellattenzione
Lattenzione centrale e lattenzione laterale
13
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20
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23
2. Lattenzione dellinsegnante
Linsegnante attento
Affrontare la complessit
Raccogliere dati significativi
Spostare lattenzione a comando
La bambina che non voleva far niente
Spostare lattenzione al campo dei sentimenti
Perplessit di una insegnante
Per dare agli allievi qualcosa in pi
Attenzione alle credenze
Spontaneit e attenzione
Attenzione al come ci si relaziona con i colleghi
La sintesi del discorso
25
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184
Settimo Catalano
3. LATTENZIONE DELlALLIEVO
Ascolto interattivo
Giocare a spostare lattenzione
Il metagioco
La gara di ascolto
39
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52
53
2. la relazione affettiva
Lallievo in fuga dallinsegnante
56
Un esempio di riformulazione delle credenze a proposito dei muri
57
che ci separano dallaltro
Ogni allievo unico
60
Sentirsi valorizzato come persona
62
3. LA RELAZIONE DI APPRENDIMENTO
Lallievo in grado di imparare
Lapprendimento come occasione per la relazione
Apprendere con lallievo
64
66
67
4. feedback Ed ERRORE
Limportanza di saper graduare lapprendimento
Dare a tutti la possibilit di apprendere
Puntare allautonomia dellallievo
Lerrore una semplice informazione di ritorno
Rendere utili i propri errori
Lo scambio di feedback
Utilizzare ci da cui attratto lallievo
Come un bambino autistico impar a leggere e a scrivere
Un esempio di semplificazione
70
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73
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75
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77
79
Le porte dell'attenzione
Terza parte
185
IL GRUPPO-CLASSE
1. iLPENSIERO relazionale
1. Per cambiare in meglio
Assumere una modalit di pensare soggettiva
85
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126
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153
156
159
160
186
Settimo Catalano
2. HANDICAP
La persona portatrice di handicap come risorsa
Linsegnante di sostegno e il suo allievo
Sviluppare attorno allallievo con handicap una rete di rapporti
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Le porte dell'attenzione
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2. la relazione affettiva
Lallievo in fuga dallinsegnante
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Un esempio di riformulazione delle credenze a proposito dei muri
che ci separano dallaltro
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Ogni allievo unico
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Sentirsi valorizzato come persona
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3. LA RELAZIONE DI APPRENDIMENTO
Lallievo in grado di imparare
Lapprendimento come occasione per la relazione
Apprendere con lallievo
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Settimo Catalano
4. feedback Ed ERRORE
Limportanza di saper graduare lapprendimento
Dare a tutti la possibilit di apprendere
Puntare allautonomia dellallievo
Lerrore una semplice informazione di ritorno
Rendere utili i propri errori
Lo scambio di feedback
Utilizzare ci da cui attratto lallievo
Come un bambino autistico impar a leggere e a scrivere
Un esempio di semplificazione
Terza parte
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IL GRUPPO-CLASSE
1. IL PENSIERO RELAZIONALE
Per cambiare in meglio
Assumere una modalit di pensare soggettiva
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