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Cos la cultura di destra?

Come i miti conservatori e reazionari sono entrati a far


parte del nostro patrimonio culturale. Anche di sinistra
di Marco Filoni | 19 aprile 2011
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Pi informazioni su: Carl Schmitt, Cultura, Destra, Furio Jesi, Julius Evola.
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Cos, oggi, la cultura di destra? La domanda non


poi peregrina. Quando Furio Jesi, nel 1979, compilava il suo Cultura di destra (appena
ripubblicato dalleditore Nottetempo, in unedizione ottimamente curata da Andrea Cavalletti),
poteva rispondere indicando un panthon di scrittori, filosofi e intellettuali di riferimento che
avevano declinato questa cultura.
Oggi invece avremmo qualche problema in pi. Allora erano vivi e vegeti alcuni valori, gridati ad
alta voce e scritti con liniziale maiuscola: Tradizione, Cultura, Giustizia, Rivoluzione, Libert.
Come disse lo stesso Jesi in uno dei testi acclusi alla nuova edizione, una cultura, insomma, fatta
di autorit, di sicurezza mitologica circa le norme del sapere, dellinsegnare, del comandare e
dellobbedire. Esser di destra significava poter contare sul passato, sulla sua autorit che poi
autorit del Padre. Oggi invece pare essersi compiuto lomicidio rituale di quel padre: al Passato si
sostituito il Futuro. La cultura di destra non pi tradizionale, conservatrice, ma futurista (e
perci futuribile?); allalveo di numi tutelari non sono stati trovati degni sostituti.
Trentanni fa la cultura di destra era un passato che tornava a esser presente attraverso processi di
elaborazione di mitologie e rituali antichi, spesso indecifrabili o enigmatici, sempre legati a miti
fondativi pi o meno teologici o escatologici come il Progresso, la Ragione e la Storia. questo il
modello che Jesi chiama la macchina mitologica capace di alimentare unideologia di destra.
Un modello che ha una sua ricaduta concreta sul reale, rafforzato nella retorica della segretezza
della sua fondazione. Non un caso che, per spiegare questa macchina ideologica, Jesi citi un
passo di Oswald Spengler tratto dal Tramonto dellOccidente: Lunica cosa che permette la
saldezza dellavvenire quel retaggio dei nostri padri che abbiamo nel sangue: idee senza parole.
Alla sensibilit contemporanea forse dir poco. Eppure vi qui espresso un ambizioso e suggestivo
sistema di categorie filosofiche della storia che giustificava le sconfitte del passato, le delusioni del
presente e le folli speranze prussofile e poi naziste dellavvenire. Non si trattava di folli e rozzi
concetti: il Tramonto stava negli scaffali delle librerie di ogni casa per bene.

Qualcuno se ne accorse subito, come Thomas Mann, che in una lettera del 1922 a unamica chiosa:
Sento che il grande pericolo, il grande fascino di una umanit stanca di relativismo e bramosa di
assoluto loscurantismo sotto qualunque forma (successi della Chiesa romana), e io resto fedele ai
grandi maestri della Germania, Goethe, e Nietzsche, che seppero essere antiliberali senza fare la
minima concessione ad alcun oscurantismo e senza menomare affatto la ragione e la dignit umane.
Come vede non ho voltato le spalle a Nietzsche, anche se, certamente, rinuncio ben volentieri alla
sua astuta scimmia, il signor Spengler.
Pericolo e fascino, assoluto e oscurantismo: concetti che sono in circolo da oltre un secolo. Sono le
idee senza parole che hanno alimentato lideologia di destra: formulazioni oscure, valori
indiscutibili, pensieri profondi che non hanno bisogno di esser capiti perch sono gi nel nostro
sangue. Una sorta di pappa omogeneizzata che si pu modellare e mantenere in forma nel modo
pi utile, scrive Jesi.
Questa pappa, questa cultura di destra stereotipata, viaggia per nel Novecento in buona compagnia.
A sinistra. Gi, proprio a sinistra che, nella fase storica del post-Sessantotto, si verifica un
esercizio di sdoganamento. Loperaio, la figura di Jnger, ripresa e idolatrata in chiave operaista.
Il socialismo di Sorel, il suo combattere a vita (come suona il titolo di un bel libro di Domenico
Scalzo dedicato proprio a Sorel, da QuattroVenti), finalmente la chiamata allazione. Di pi:
lazione per lazione di certo extraparlamentarismo di sinistra trova una sua formulazione teorica
nel concetto del politico di Carl Schmitt. Il filosofo Massimo Cacciari in prima linea nello
sdoganamento. E con lui altri intellettuali di sinistra, che leggono Cline, Drieu La Rochelle ed Ezra
Pound (allora intervistato in tv da Pasolini), e poi ancora Heidegger, Julius Evola e altri autori
reazionari. In sostanza si assiste a un bizzarro superamento: come se questi intellettuali avessero
avvertito lesigenza culturale di stare pi a sinistra del Partito Comunista rivalutando alcuni concetti
(libert, comunit, ecc.) della Rivoluzione conservatrice. Alla storia (con la minuscola) di Hegel e
Marx, preferiscono il Nulla dei pensatori nichilisti.
Come dice Franz Haas, mentre le Brigate Rosse, ormai isolate, incutevano ancora terrore nel
Paese, Heidegger, insieme a Jnger e Schmitt, aveva gi conquistato i cuori dei comunisti pentiti.
Superstiti di una rivolta assopita, gli allievi di Lukcs discettavano sulla deiezione del soggetto.
Questo gergo forbito da Naturmensch suonava forse allorecchio dei non tedeschi meno
compromesso.
Allinterno del Msi in molti sindignarono, perch non volevano che venisse espropriata una parte
del loro patrimonio culturale. Altri accolsero con interesse, e inizi un dialogo per superare la
dicotomia destra-sinistra (fra i dialoganti, Marco Tarchi, Alessandro Campi e Umberto Croppi,
contrastati dal loro partito).
Di tutto questo Jesi era cosciente. Al punto da scrivere: la maggior parte del patrimonio culturale,
anche di chi oggi non vuole affatto essere di destra, residuo culturale della destra. Forse
esagerava. Forse era soltanto la temperie dellepoca. Ma a leggere gli scritti che allora circolavano,
con successo ed entusiasmo, accolti a sinistra come rivoluzionari (basti rileggere Del Noce, Zolla,
Severino) ci si accorger che parlavano per non dire nulla. E allora come non dar ragione a Jesi
quando, alla domanda iniziale di cosa fosse una cultura di destra, rispondeva laconico: una cultura
caratterizzata (in buona o cattiva fede) dal vuoto.
Saturno, Il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2011

Destra, sinistra, gli interrogativi di Vattimo e la voglia di terza via


10/10/2011 10:23:00 AM vattimo veneziani pirillo vitale destra sinistra massimo fini forza nuova
cardini 4 commenti

Leggo sulla pagina Facebook dei "Lettori di Diorama e Trasgressioni" una segnalazione
interessante.
Sarebbe stato bello discuterne anche con un intellettuale di destra: Marcello Veneziani, o
Marco Tarchi, di cui leggo con attenzione Diorama Letterario. O Massimo Fini, che si
spaccia per uno di destra e, se questa la destra, ce ne fossero... O Franco Cardini. Anche
se, settariamente, sono convinto che una cultura di destra non sia esistita per anni, in
Italia. Colpa degli editori come Einaudi? E chi sono i pensatori di destra? Il rivoluzionario
Nietzsche, che io ho studiato per anni? Ed esiste una rivoluzionariet di destra?. Cos
Gianni Vattimo ieri a Torino, all'incontro La cultura di destra. Secondo Furio Jesi, a
settant'anni dalla nascita, in occasione di Portici di carta (a cura del Salone del Libro) e
della riedizione del celebre saggio di Jesi del '79 Cultura di destra (Nottetempo). Incontro
di cui Vattimo stato relatore insieme a Giovanni De Luna.
La prima replica di Giorgio Vitali, valida e concreta personalit della sinistra nazionale:
IL VERO RISCHIO, IN QUESTI CASI, LA STORICIZZAZIONE. VATTIMO, CHE UN
ACCADEMICO, E NON UN UOMO POLITICO, GIUSTAMENTE fa alcune considerazioni,
esprime certe idee. Tuttavia si dovrebbe cominciare col distinguere. Intanto le categorie di
destra e di sinistra NON sono valide per l'analisi del periodo che va dal 1945 ad oggi. Qui
c' un equivoco di fondo che continua a persistere, ed l'autodefinizione che a partire dal
M.S.I. molti esponenti di una certa politica nazionale si sono dati. POI si dovrebbe elencare
tutti gli elementi, costituenti i filoni culturali sviluppatisi nell'ambito di quella che si
autodefiniva "destra" e riscontrati di una certa validit dal punto di vista documentale, e
stabilire dove collocarli. Per questa operazione il pi adatto sicuramente Veneziani,
perch in un modo o nell'altro li ha TUTTI SFIORATI.
Il tema non nuovo. Ciclicamente militanti di area mi contestano la qualificazione di
destra che spesso uso a scopi sintetici e didascalici. Particolarmente attenta al tema una
componente forzanovista che rifiuta questa collocazione in nome della "terza via". E' di
qualche settimana fa un contributo abbastanza articolato di Davide Pirillo, segretario
calabrese, sul forum regionale di Forza nuova. Dopo una digressione storica sul Msi Pirillo
entra nel vivo della questione:
"In tutto il mondo destra sinonimo di reazione, conservatorismo, difesa del sistema
capitalistico, liberismo e liberalismo, con una certa accondiscendenza ai disvalori
massonici ed al sionismo. Se valutiamo questa osservazione, dobbiamo fare i conti anche
con la definizione estrema destra usata da sempre per etichettare il nostro mondo politico,
questa definizione per noi mortale, confonde le idee e la percezione popolare su di
noi. Estrema destra, vale a dire, un peggiorativo di tutto quello che ho appena elencato. Per
questo noi dobbiamo con fermezza rigettare tale etichetta, prendendo coscienza che un
ghetto in cui vogliono farci scivolare per renderci sterili e poco incisivi, come hanno fatto
con i camerati della base (ignari ed in buona fede) dal '45 fino alla cosiddetta svolta di
Fiuggi, dove finalmente il bozzolo della pianta carnivora s' schiuso per evolversi in AN e
PDL poi, recidendo per sempre i lacci dell'inganno perpetrato ai nostri danni, tutti i mali
non vengono per nuocere. Se noi valutiamo la giusta forma che sta assumendo il nostro

cosmo politico oggi, che si avvia (anche se a fatica), verso la formazione di una piattaforma
programmatica che tiene contro di tre elementi: Socialismo, Nazionalismo (nella sua
eccezione costruttiva) e Cristianesimo, assumiamo forma sempre pi rivoluzionaria, dove
sempre meno centriamo con la destra.Non arricciate il naso se accosto Nazionalismo e
Socialismo al Cristianesimo, che intendo nella sua forma di devozione popolare, intima alla
povera gente, quindi non clericale. Esiste oggi, una nazione dove ci avvenuto
trasformandosi in rivoluzione, creando un esempio di contemporaneit delle nostre idee,
mi riferisco alla rivoluzione bolivariana del Venezuela con Hugo Chvez, che ha lanciato di
recente le basi di un socialismo: antimarxista, nazionale e cristiano; a voi chiedo cosa era il
fascismo storico (cosa?), se non un socialismo nazionale, antimarxista e
cristiano. Dobbiamo tornare a parlare al cuore della povera gente, dei cittadini onesti, degli
sfruttati, degli ultimi, e tutto questo non si fa con gli stereotipi dell'estrema destra
all'evoliana maniera. Dobbiamo ritornare alla cultura del fare, del sociale e del soccorso
popolare, e tutto questo non si fa dal ghetto e dalle fogne. Il primo passo per farlo
prendere coscienza che non siamo di destra (estrema destra, ecc.), noi siamo oltre perch
in noi i germi di una rivoluzione, in noi il bollore febbricitante di chi ha rotto con gli
schemi".
Agli stessi valori cristiani si del resto ispirato un'iniziativa dei forzanovisti napoletani che
hanno organizzato un gazebo a piazza Augusteo per protestare contro la blasfema
campagna pubblicitaria di Sky sport che mischia il sacro e il profano. Ma questa, devo dire,
mi sembra una cosa molto di destra.

La cultura di destra? Clandestina, ma viva

Si cerca il killer del pensiero conservatore. In realt non c


stato omicidio. La "vittima" solo meno visibile
perch ha ripudiato lideologia tornando alle radici
Marcello Veneziani - Ven, 22/04/2011 - 09:06
commenta

Chi ha ucciso la cultura di destra? Le piste al


vaglio degli inquirenti sono quattro: la sinistra, Berlusconi, Fini,
il suicidio. O per dir meglio, le ipotesi finora avanzate sono le
seguenti: a) legemonia culturale della sinistra con la sua cappa
ideologico-mafiosa le avrebbe negato gli spazi di libert e visibilit

fino a soffocarla; b) legemonia sottoculturale del berlusconismo in


tv e in politica lavrebbe per met corrotta e per met emarginata; c)
linsipienza della destra politica avrebbe demolito ogni ragione
culturale e ideale della destra, fino allepilogo indecente finiano;
d) la cultura di destra evaporata per la sua stessa inconsistenza.
La riapertura del caso, dopo anni di silenzio, dovuta alla ripubblicazione di un saggio di Furio
Jesi, Cultura di destra
(gi Garzanti, ora Nottetempo), uscito negli anni Settanta. gi
un brutto indizio che si regredisca ai feroci e cupi anni Settanta con
un trattato di criminologia culturale. Jesi, che mor precocemente nel
1980, convoca in un tribunale ideologico grandi autori, da Eliade a
Kernyi, da Evola a Spengler, fino a Pirandello e DAnnunzio, arrivando
perfino a Carducci e a De Amicis, socialista patriottico qui
accusato di razzismo. Per Jesi la cultura di destra connotata dal
razzismo e dallantidemocrazia, dalle idee senza parole, dalla
mitologia irrazionalistica e dal culto della morte. Jesi liquida la
cultura di destra come una pappa omogeneizzata (se c una cosa che
ripugna alla cultura di destra la pappa omogeneizzata) che esige
valori non discutibili con la maiuscola: Tradizione e Cultura,
Giustizia e Libert, Rivoluzione. curioso notare che eccetto la
Tradizione, quei valori sono dichiarati indiscutibili e maiuscoli a
sinistra; Giustizia e Libert pure il nome di un movimento antifascista di ieri e di oggi.
Nella prefazione alla nuova edizione, che ignora i numerosi saggi sul
tema usciti nel frattempo negli ultimi 32 anni, Andrea Cavalletti
sostiene che la cultura di destra caratterizzata, in buona o in
cattiva fede, dal vuoto . Ora, a parte lassurdo di dedicare
centinaia di pagine al vuoto, ne avessero dalle sue parti di vuoti
come quei giganti del pensiero e della letteratura prima citati... E
conclude alludendo, come ovvio, a Berlusconi: la cultura di
destra ama la relazione tra la moltitudine e il vate e perci si
ritrova nel presente: un simile benefattore il tipo politico dei
nostri giorni, il linguaggio delle idee senza parole la dominante di
quanto oggi si stampa e si dice (ma che dice? Oggi dominano le
parole senza idee e la stampa non certo in mano alla cultura di
destra) e la cultura di destra egemone perch ci che la
caratterizza la produzione del vuoto dal vuoto (ma crede che Evola e

Spengler siano i precursori di Lele Mora e Fede?). Con un livello


cos misero, capite il disagio nel discutere sulla cultura di destra. E
capite perch neghino ancora, al pi grande filosofo italiano del
900, Giovanni Gentile, una via a Firenze dove fu ucciso dopo aver predicato la concordia in piena
guerra civile.
Ma torno alla domanda iniziale su chi ha ucciso la cultura di
destra. Sono plausibili tutte le piste indicate ma a patto di chiarirle
meglio.
Certo, la cultura dominante di sinistra, dopo un periodo
di dialogo e apertura, si reincattivita e condanna la cultura di
destra alla morte civile. Sono lontani i tempi in cui un editore
come Laterza pubblicava, facendo 15 ristampe, un saggio sulla
cultura della destra di un autore di destra. In seguito, inasprito
il clima, lo stesso editore ha declinato linvito a integrare quel testo
con i dialoghi dellautore con Dahrendorf e con Bobbio. Oggi
dialogano solo se ti dichiari antiberlusconiano. Ma la cultura di
sinistra era egemone e faziosa gi ai tempi in cui fioriva la cultura
di destra; dunque lipotesi fondata ma non basta.
Certo, la
sottocultura televisiva, il frivolo e il banale dominanti hanno reso
straniera la cultura di destra, la fanno sentire
a disagio, fuori posto. Ma quella sottocultura imperversava dai tempi
della Carr e dei quiz, di Giovannona coscialunga e affini; e allora
non cera ancora il berlusconismo. Insomma pure questa ipotesi
fondata ma non basta.
Anche linsipienza della destra politica storia vecchia, Fini lha portata al suo gradino ultimo
e pi infame, ma sarebbe troppo ritenere che le sue piroette abbiano
cancellato la cultura di destra. Quella cultura non viveva allombra
di un partito; per la stessa ragione non pu essere uccisa dalla
politica.
Allevaporazione, infine, non credo; piuttosto vera la
rarefazione dei talenti, anche per il clima di cui sopra, tra nemici
di fuori, ignoranti di dentro e il nulla che tutto pervade. Nel
generale degrado della cultura, anche quella di destra sparisce.
Della cultura di sinistra sopravvive la cappa di potere, lassetto
mafioso e intollerante, non certo lelaborazione di idee. Non mancano
pulsioni autodistruttive, nella cultura di destra, derivate da
pessimismo endogeno e sconforto esogeno. Ma la cultura di destra ha
dismesso i panni della cultura militante, panni vecchi e fuori tempo, ed
tornata al Padre. Si fatta invisibile e celeste, meno legata alla
storia e alla lotta, pi essenziale ed esistenziale, liberata dalle
categorie ideologiche. Quegli autori citati, nonostante alcuni
brutti risvolti, restano grandi ed meglio che non siano sporcati nella
contesa politica e siano lasciati alla loro grandiosa solitudine.
Al termine delle indagini sommarie, si pu dire: la cultura di
destra non stata uccisa e vive sotto falso nome; o forse falso era

il nome di destra che le fu affibbiato. Per met non la vediamo


perch abbiamo perso gli occhi della mente, accecati dal livore presente
e dalla nullocrazia. Per met non si fa vedere lei, perch si
spostata su piani diversi, impolitici. passata alla clandestinit e
non ha permesso di soggiorno.

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