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Francesco Varanini

ROMANZO COME BASE DATI DESTRUTTURATA, O BAULE.


DICK, NABOKOV, CORTÁZAR1

1
Questo scritto è stato pubblicato sulla rivista Persone & Conoscenze, 29, aprile 2007. Sul web è reperibile
all’indirizzo www.bloom.it.
I romanzi sono piacevoli avvicinamenti alla conoscenza. Ma sono interessanti per noi anche in
quanto sistemi che connettono, reti. Ragionando attorno ai romanzi, per esempio, costruiamo
esperienza utile per implementare, in azienda, sistemi di Knowledge Management.
Non riflettiamo abbastanza, forse, su come siamo condizionati, nei nostri processi di
organizzazione della conoscenza, dalla forma-libro: una organizzazione sequenziale, un sistema
chiuso.
Il bello è che la stessa letteratura che giunge a noi chiusa nella forma-libro, ci mostra un altro
mondo, un'altra possibilità.2

Alti castelli e fuochi pallidi


Ci sono romanzi che si offrono a noi come cucina aperta, stanza dei giochi, scatola di montaggio.
Questi romanzi sono venuti a noi nella forma tradizionale: il libro, un insieme di pagine rilegate in
una sequenza univoca. Ma traggono vantaggio dall’essere letti, o ri–letti, attraverso una ‘macchina
per leggere’, un computer. E possiamo anche pensare che se l’autore, nello scrivere avesse avuto a
disposizione una ‘macchina per scrivere’ meno banale della tradizionale macchina per scrivere, e
cioè avesse avuto a disposizione un computer, avrebbe sviluppato in modo più ricco ed articolato la
forma di ‘testo aperto’ – forma che è comunque potentemente presente.
Come lavora l’autore scrivendo la sua opera, se coglie l’essenza di questo momento? Il romanzo è
una rappresentazione del mondo. Ma non di un mondo inteso come sistema totalitario, incombente.
E’ un coacervo di difficoltà e di contraddizioni, ma non è un incubo che sovrasta il soggetto. Il
soggetto, in quanto autore e in quanto protagonista dell’opera può, sia pure a prezzo di sforzi e
rischi, determinare il corso degli eventi. Può, infine, giocare con i mondi, intendendoli come mondi
possibili.3 Mondi consapevolmente costruiti, decostruiti e ricostruiti dall’autore, mondi dominati da
un personaggio-uomo capace di dominare la scena. 4
Ma qualche autore va oltre. Mette in mostra, dentro il romanzo stesso, la macchina per costruire
mondi. E coinvolge nel gioco il lettore. E’ un gioco, appunto, ma un gioco che non vuole
nascondere né sminuire la propria portata etica e politica. I mondi, viene detto possono essere creati,
in virtù di scelte e di progetti e di un acconcio uso della tecnologia. Spostando lievemente l’ottica,
potremmo anche dire: i mondi sono osservati nel momento del loro farsi, nella loro genesi. Uscita
dalla crisi; caos primigenio.
Pensiamo a Philip Dick, che mentre scrive The Man in the High Castle5 non sa nulla del libro che
sta scrivendo, non vuole saperlo, e si lascia guidare, in totale abbandono, manipolando
quarantanove steli di millefoglie, o lanciano tre monete. L’I Ching, se può dare senso al mondo, a
maggior motivo potrà dare senso a un romanzo. 6 L’oracolo si appropria della mente dell’autore, il
2
E' questo il tema del mio insegnamento -Tecnologie dell'informazione e produzione di letteratura- presso il Corso
Laurea Interfacoltà in Informatica Umanistica, Università di Pisa, secondo semestre.
3
Non è casuale, da questo punto di vista, l’importanza assunta in questo periodo dal romanzo di Science Ficiton.
Autori emersi in questi anni, da subito considerati ‘alti’, come Pynchon e Vonnegut, potrebbero essere in realtà
classificati come autori di Science Ficiton. Ad autori relegati ai margini in quanto autori di fantascienza, come Philip
Dick, è stato in seguito riconosciuto valore assoluto, ed anzi il ruolo di grande testimone dell’epoca. In particolare,
la fantascienza pone con forza al centro il tema della ‘costruzione dei mondi’. Ricordiamo un caso esemplare: in
quegli anni, un noto autore di Science Fiction, Poul Anderson, di formazione ingegnere, pubblica su una rivista un
articolo dedicato proprio alla ‘costruzione dei mondi’. Algoritmi, modelli logici tesi a far sì che il mondo costruito
dal romanziere mantenga una sua coerenza interna. Sul numero successivo della rivista verrà pubblicato un
telegramma di questo tenore: ‘Mi congratulo per l’elegante modello. Però io non ho fatto così.’ Firmato: ‘Dio’.
4
Giacomo Debenedetti, “Commemorazione provvisoria del personaggio-uomo”, in Paragone, dicembre 1965; poi in
Il personaggio-uomo, Milano, Il Saggiatore, 1970..
5
The Man in the High Castle è pubblicato nel 1962 e vince l'anno successivo il premio Hugo per il miglior romanzo
di Science Fiction. Trad. it L’uomo nell'alto castello, Fanucci.
6
L’I Ching, o Libro dei Mutamenti fu in primo luogo una raccolta di segni destinata a servire come oracolo.
Manipolando quarantanove steli di millefoglie, o lanciano tre monete, si traggono gli auspici sul momento.
L'esagramma elaborato in un dato momento rappresenta il momento: è un indicatore della situazione essenziale
prevalente.Un incitamento non alla passività, ma all'attenzione: se si percepisce il divenire della situazione, a questo
divenire si può partecipare. Così l'uomo partecipa alla formazione del destino. Un destino che non è solo suo.
senso dell’opera emerge durante il suo farsi, meravigliando lo stesso autore e restando a lui in larga
misura oscura, bisognosa di esegesi. (Dick passerà anni a scrivere commenti delle opere che aveva
scritto come in transe, come vittima di una possessione).
Pensiamo a Nabokov, quando scrive Pale Fire.7 Due testi che si sostengono e si rimandano l’un
l’altro: una ermetica opera poetica, in apparenza insensata, una opera che possiamo immaginare
chiusa al suo stesso autore; e uno sterminato e divagante commento. E l’opera cresce nel rimbalzo
tra questi due testi, la chiusura della lirica spinge all’interpretazione, e allo stesso tempo giustifica
qualsiasi interpretazione
Pensiamo a Pérec, che nella Vie, mode d’emploie8, monta (o lascia crescere) il romanzo attorno a
due metafore. La casa, un condominio esplicitato in ogni dettaglio architettonico, il luogo narrativo
che stimola a pensare personaggi - gli abitatori di queste stanze. E il puzzle, il quadro narrativo che
può essere immaginato come totalità, e poi costruito via via a partire da frammenti. E il romanzo si
fa lentamente, nel corso degli anni, in virtù di un lavoro minuzioso di visitazione di ogni stanza del
condominio, ma avrebbe anche potuto restare senza perdite incompleto: il suo valore sta nel
progetto, nel modello costruttivo. Il puzzle, scoperto, intravisto il disegno sotteso, può essere
lasciato a metà, o consapevolmente distrutto (come accade nel romanzo).
The Man in the High Castle, Pale Fire, Vie, mode d’emploie: possiamo dunque fissare qualche
punto fermo.
L’autore mette in scena la cucina, o meglio la stanza dei giochi. La strategia che presiede alla
costruzione dell’opera è esplicitata. I personaggi, gli snodi narrativi, gli sfondi, insomma la scatola
degli attrezzi usata per costruire il romanzo è resa disponibile al lettore.
L’autore mostra come si svolge il suo lavoro (si mostra a noi in azione). Infatti, in ognuno dei
romanzi vediamo in azione, tra i personaggi, uno o più scrittori. Il costruttore delle storie è interno
al testo, è uno dei ruoli messi in scena. Ci viene mostrato l’autore al lavoro. Abbiamo in mano un
romanzo, ma anche, se vogliamo, un manuale, non a caso ‘istruzioni per l’uso’: come usare gli
attrezzi della scatola, come costruire storie.
L’autore ci stimola a tentare il suo stesso gioco. Il romanzo gira su se stesso, non ha un inizio e una
fine. Il romanzo, per esistere, richiede il nostro contributo. Il romanzo non è dato. E’ solo
prospettato. E’ una rete di possibili, infiniti percorsi. Sarà, per ogni lettore ed in ogni diversa
occasione, solo uno degli enne romanzi possibili.
Non sembri peregrino un parallelo: questi romanzi sono ‘ipertesti’ 9, e prefigurano e preparano
l’avvento del computer game. Leggendo The Man in the High Castle, Pale Fire, Vie, mode
d’emploi, come interagendo con un computer game, contribuiamo a definire il contesto, a forgiare
il carattere dei personaggi. E poi muoviamo i personaggi. Concatenando gli eventi. Costruendo
percorsi. Misurandoci con livelli diversi, sempre più alti di difficoltà.
Ora, seguiamo un passo più in là la metafora del computer game. I migliori computer game sono
‘sistemi esperti’, scatole che se adeguatamene usate generano nuovi attrezzi, portando la
costruzione del mondo ben oltre quel mondo che l’autore aveva saputo o voluto immaginare.
Il computer game è veramente buono se permette di costruire mondi che sfuggono totalmente al
controllo del progettista.

7
Vladimir Nabokov, Pale fire, New York, 1962; trad. it. Fuoco pallido, Adelphi.
8
Georges Perec, La Vie mode d'emploi, 1978; trad. it. La vita, istruzioni per l’uso, Rizzoli, 1984
9
“Computers in the '60s were giant machines, accessible to amateurs mainly in university computer centers, where
students could divert themselves from their science homework with primitive question-and-answer games. But the
trend toward smaller and faster digital tools was already apparent to insiders, some of whom wondered how
computers could handle basic, personal information tasks, such as editing a term paper. In 1969, Nelson was
hanging around Brown University, where an early word-processing tool was under development. The Brown project
focused on a system that would output paper, but Nelson believed that paper was hopelessly retrograde and that the
native territory of hypertext was on the screen, not the page. Later that year, Nelson got permission from the
publishers of Vladimir Nabokov's Pale Fire to use the elaborately annotated parody in a hypertext demonstration.
The idea, like most of Nelson's contributions, was rejected by the sponsors of the Brown experiment. Nelson was
bitter over the obstruction of his work. ‘Thus progress must wait,’ he later wrote, ‘for the halt and lame to catch
up.’” (Gary Wolf , The Curse of Xanadu, Wired, 3.06. Jun 1995).
E finalmente Cortázar e la sua Rayeula
Possiamo dunque immaginare come viene a noi Rayuela,10 il romanzo dello scrittore argentino Julio
Cortázar. Il romanzo che, meglio di ogni altro, mi sembra rispondere al modello emergente di
romanzo–ipertesto, iper-romanzo: il romanzo che guadagna ad essere scritto (o riscritto) con un
computer, il romanzo che guadagna ad essere letto (o riletto) con un computer.
Cortázar, definita una prima traccia di personaggi (Oliveira, Traveler, la Maga, Talita, i membri del
Club de la Serpiente) e di trama (il lado de acá. il lado de allá, l'otro lado), scrive liberamente senza
costrizioni sequenziali. Procedendo per associazioni libere, ‘per accumulazione’, per appunti sparsi.
Con la consapevolezza che per vie più o meno evidenti il frutto della scrittura ha un senso nella
costruzione del romanzo.

Cortázar si trova di fronte, in ordine causale, ciò che è potenzialmente, ciò che sarà Rayuela. A
partire da questo materiale sin armar deve dare forma al romanzo. Ora l’autore ha a disposizione,
immaginiamo, una massa di appunti. L’ordine apparente, il fatto che gli appunti siano scritti in
sequenza in un quaderno, un brogliaccio, deve essere vissuto come insignificante, o anzi fuorviante.
Il contenuto c’è, ma è una galassia senza forma, senza confini, senza inizio e senza fine. Ora, in
qualche modo, deve essere distribuito, organizzato, strutturato.

Cortázar copia a macchina gli appunti. Il testo,a questo punto, si manifesta come un insieme di
‘capitoli’ -storie, scene o riflessioni- dotati di una loro coerenza interna, ognuno occupante un certo
numero di pagine.

Cortázar sa che la disposizione degli elementi è relativa, opinabile, non necessaria. Ma sta
scrivendo un libro, e cioè lavorando alla produzione di un oggetto costituito da pagine disposte in
sequenza. Si pone allora il problema di accorpare i capitoli in nuclei omogenei.

Cortázar, avendo di fronte, e in mente, queste piccole pile di fogli che sono la manifestazione fisica
dei ‘capitoli’, procede per tentativi, per prove, guidato dal caso e dall’intuito e dai pensieri del
momento. Come mescolando e rimescolando un mazzo di carte. Senza trovare una soluzione
soddisfacente, perché i criteri attorno ai quali organizzare l’ordinamento sono molti, contradditori
tra di loro, e nessuno è risolutivo. In ogni caso, la forma, la sequenza di pagine rilegate, che avrà il
libro al termine del suo ciclo di produzione è solo una delle enne possibili. (Ci ricorda Ortega:
“Ogni inizio di capitolo è pieno di numeri, cancellature, note”).

Cortázar, allora, elimina il vincolo. Smette di pensare alla forma libro. Perciò ora, avendo di fronte
le pile sparse di fogli che sono i capitoli, può ordinarli lasciandosi più liberamente guidare dal caso,
e dall’intuito e dai pensieri del momento.

Il migliore degli autori possibili, in questa accezione, è l’autore che rinuncia ad essere tale. Che non
si preoccupa di prefigurare e di chiudere, di vincolare a percorsi di lettura. E se la gioca invece
nell’aprire piste, nel creare possibilità, nell’accettare che nessun testo potrà mai essere concluso.
La stanza dei giochi sarà veramente attraente se vi si potranno giocare giochi che il genitore
considera indebiti o pericolosi.
Diciamo dunque grazie a Cortázar per aver lasciato aperta, consapevolmente o no non importa,
anche questa pista di lettura.

Il nuovo romanzo: costruito come una base dati destrutturata, o più modestamente un baule,
contenente materiali giudicati dall'autore omogenei, tutti funzionali a produrre un ‘effetto estetico’,

10
Julio Cortázar, Rayuela, Sudamericana, Buenos Aires, 1963. Traduzioni: Il gioco del mondo, Einaudi, Torino;
Marelle, Gallimard, Paris, 1966; Hopscotch, Pantheon Books, New York, 1966; Rayeula. Himmel und Hölle, Suhrkamp,
1981; O Jógo da Amarelinha, Rio de Janeiro, Civilização Brasileira, 1970.
un fascio di emozioni. Il romanzo come galassia senza forma.

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