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REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: LARGO CORSIA DEI SERVI 3 - 20122 - MILANO

ANNO IX NUMERO 10 DIRETTORE GIULIANO FERRARA DOMENICA 11 GENNAIO 2004 - 1


quotidiano
TEL 02/771295.1 - SPED. ABB. POST. - 45%- ART. 2 COMMA 20/b LEGGE 662/96 - FIL. MILANO
Evgenij Evtusenko, settantanni col cuore di bambino, laura di gran poeta
e il naso di furbetto. Maria Pezzi, dal suo balcone di Foro Buonaparte ha
osservato la moda di quasi mezzo secolo. Lha scritta, disegnata, virgolettata
e anche castigata. Federico Minoli, manager desmodromico che ha ridato
potenza alla Ducati, lHarley Davidson di Borgo Panigale. Nazim Hikmet,
a Mosca negli anni 50 credeva di trovare ancora Majakovskij (sera perso
qualcosa in una galera turca). Le fotografie: dopo lUrss, di Alberto Giuliani
A
settantanni suonati Evgenij
Aleksandrovic Evtusenko riesce
ancora a reinventarsi nel ruolo di
superstar della poesia, vate delle coscien-
ze. Non nella sua Russia ma nellAmerica
che pi profonda e pi di provincia di
cos non si pu, in Oklahoma, dove da
un decennio insegna e declama larte
dellattimo fuggente alluniversit di Tul-
sa. Sono russo, ma a Tulsa ho trovato
la mia seconda patria. Qui non mi sento
come un ospite, un visitatore. Mi sento
a casa, dice. Fin troppo a casa. C chi
ormai trova aria dAmerica nella Mosca
di Vladimir Putin. Lui, leterno ribelle,
il provocatore nato che sfidava Nikita
Kruscv e Leonid Breznev, nellAmerica
di George W. Bush riesce a sentire in
qualche modo aria di Unione Sovietica.
LUnione Sovietica voleva sistemare
alcuni altri paesi senza comprenderne
a fondo la storia, le tradizioni, le loro
situazioni politiche. Allo stesso modo
alcuni americani ora pensano, credo in
tutta sincerit, che tutti al mondo sareb-
bero felici se solo potessero vivere come
gli americani. Si tratta di ingenuit, e,
credetemi, i leader sovietici non erano
meno ingenui. LAmerica andata in
Iraq senza una conoscenza approfondita
della situazione. Saddam Hussein non
mi piaceva per nulla. Ma ora chiaro
che c stato un errore di calcolo. La pri-
ma reazione stata partire e toglierlo di
mezzo. Che per me puro stile sovietico.
Troppa sicurezza di se stessi fa parte dei
complessi di un grande impero. Ma si sa
come finiscono tutti gli imperi, ha detto
fuori dai denti allinviato del New York
Times, andato a Tulsa, nellombelico del
Midwest, a verificare come il pi famoso
dei poeti sovietici dellera post staliniana
se la stesse cavando a riciclarsi come
bardo dellOklahoma.
Gli piace definirsi un provocatore,
anche quando fa lezione ai suoi studenti.
La sua celebrit era esplosa nel 1961, a
livello planetario, col poema Babi Yar,
denuncia delloblio di un massacro nazi-
sta di ebrei in Ucraina, che venne imme-
diatamente letta come denuncia del-
loblio delle vittime dello stalinismo. Era
meno forte del Gulag di Aleksandr
Solzenicyn, ma riusc a interpretare i
tormenti di coscienza di unintera ge-
nerazione. Lancora meno che trentenne
poeta, nato nel 1933 in Siberia in una
famiglia di deportati, divenne istantanea-
mente un mito: nella Russia della destali-
nizzazione di Kruscv cos come nel-
lAmerica dei Kennedy, dove la sua
Precoce autobiografia usc niente me-
no che con unintroduzione dellex capo
della Cia, Allen Dulles, ormai in pensio-
ne. Seguirono molti altri tormenti di
coscienza e decenni di dissidenza mili-
tante contro il regime degli eredi di
Stalin. Nel 1962 Time gli aveva gi de-
dicato la copertina. Ma persino lAmeri-
ca pi liberal aveva imparato presto a
non prenderlo troppo sul serio. Negli
anni Settanta Garry Trudeau, lautore
delle strisce di Doonesbury, lo rappre-
sentava nelle sue tourne americane con
foglie secche che gli turbinavano attorno
anche al chiuso. Ma c anche chi non gli
ha mai perdonato di non essere mai fini-
to in galera o in esilio, di aver praticato
una sorta di dissidenza di Sua Maest.
Lintellettuale che aveva cos dramma-
ticamente denunciato oblii e silenzi come
il colmo della vilt, stato accusato di
essere stato spesso zitto quando avrebbe
dovuto parlare. Ora si sa che aveva dife-
so, grazie alla sua popolarit, molti per-
seguitati. Anche pi tenacemente e in
numero maggiore di quanto apparisse
pubblicamente a suo tempo. Ma altri no,
per ignavia, calcolo, voglia di quieto vi-
vere, impossibilit pratica o ingenuit
sulla riformabilit del regime che fosse.
Non era affatto solo il cavaliere senza
macchia della libert che ha finito per
vendersi e diventare un cinico agente
delloppressore. Il suo liberalismo origi-
nario era di natura limitata, e non era
neppure lui a pretenderlo, ma i suoi fan
occidentali, ha scritto di lui Robert
Conquest. Non riesco a prendere trop-
po sul serio Evtusenko come poeta, fi-
guriamoci come politico, il modo co-
me laveva messa il politologo Dmitri
Simes, emigrato della prima ora e gi
consigliere di Ronald Reagan, quando il
poeta aveva intrapreso nel 1988 una bre-
ve carriera da deputato nella prima Du-
ma democraticamente eletta sotto Gor-
baciov, affollata di intellettuali, attori e
anchormen televisivi quanto lo di bi-
zinessmeny e miliardari quella eletta lo
scorso dicembre.
Pi feroce ancora il giudizio del colle-
ga poeta e dissidente, il premio Nobel
Josif Brodskij, che si dimise per protesta
dallAccademia delle Arti americana
quando vi fu accolto il suo rivale: Uno
che lancia pietre, ma solo nelle direzioni
ufficialmente sancite e approvate, lo
boll con disprezzo. Certa gente non
riesce a capacitarsi di come uno che ha
tanto protestato sia riuscito a sopravvive-
re. Mi applaudirebbero solo se mi vedes-
sero affogare in una pozza del mio stesso
sangue. Sono capaci di amare solo i ca-
daveri, la sanguigna risposta di
Evtusenko ai suoi critici. Molto pi di-
retta, spontanea e convincente di quan-
do, pur proclamando di non intendere
nemmeno lontanamente paragonarsi a
lui, aveva chiamato a suo difesa Aleksan-
dr Puskin, accusato di essere troppo li-
bero pensatore dal governo, e accusato
di non sfidare e provocare abbastanza il
potere dai liberali estremisti. Nemmeno
la prima delle due linee parallele di dife-
sa risolve tutto. Tanto meno le contro-
versie sulla qualit della sua poesia. Ma
tanto vale confessarlo: a lume di naso e
di diffidenza istintiva nei confronti dei
troppo giusti, troppo convinti e troppo
fanatici, la sua prosaica avversione al
martirio contribuisce a rendercelo pi
simpatico dellarcigno Solzenicyn. Vo-
gliamo proprio fargli una colpa per esse-
re sempre riuscito, pi o meno bene, a
cavarsela?
Se la cava piuttosto bene, a quanto
sembra, ora in Oklahoma. Anche meglio
di quanto se la cavasse in Russia. Luni-
versit lo considera uno dei propri tesori,
anche se Robert Donaldson, il rettore
che lo aveva chiamato nel 1992 ormai
andato in pensione. Gli studenti lo ado-
rano. Pendono dalle sue labbra ai suoi
corsi (lanno scorso ne ha tenuti due,
uno di poesia e uno di film). Sono incan-
tati dalla teatralit con cui recita versi
percorrendo in lungo e in largo laula e
inframmettendo ricordi, aneddoti, chiose
e humour tra uno e laltro. come ave-
re una pop star in classe, dicono. Bello,
alto, slanciato, con penetranti occhi az-
zurri che ti scavano nellanima ha an-
che il physique du rle del grande uomo
di spettacolo. Avrebbero potuto forse
attribuire a lui il ruolo del professore
che, nel film Lattimo fuggente, inizia i
propri studenti a uscire dal grigiore del
college e della vita e ad amare la poesia.
Altri pensano invece che dovrebbe inter-
pretare un film su se stesso. Ha sempre
avuto della poesia il senso di qualcosa
che non ci si limita a fare, ma si recita.
Curioso come quasi tutti i giornalisti
che, nel corso degli anni, hanno scritto
su di lui, siano stati colpiti dal suo abbi-
Evgenij Evtusenko,
quasi unicona pop del
disgelo kruscviano
Siegmund Ginzberg
continua in quarta pagina
Divido lumanit in due
gruppi: quelli che hanno uno
sprazzo di vita negli occhi, e
quelli che non lhanno. E a chi
gli chiede il segreto della perenne
giovinezza: La curiosit
per la vita, la sacrosanta
curiosit dei bambini
I
luoghi sono due. Uno un par-
co di Mosca intitolato a Pavlik
Morozov, con al centro una
statua di Pavlik Morozov che regge
una bandiera sventolante. Laltro
il villaggio di Gerasimovka, a un
giorno di macchina da Ekaterin-
burg. A Gerasimovka nacque e
mor Pavlik Morozov. Per sapere
chi fosse Pavlik Morozov biso-
gna aver fatto le scuole in Russia,
quando la Russia era ancora Urss
ed Ekaterinburg si chiamava an-
cora Sverdlosk. Se si sono fatte le
scuole in Urss impossibile non
sapere chi fosse Pavlik Morozov.
impossibile non ricordare una
canzone che incominciava cos:
Na Urale lesa/ Vekovaya krasa
ecc., cio Sugli Urali ci sono fo-
reste, belle di secoli e verdi tutto
lanno, sopra le cime volano le
aquile e sopra le aquile volano gli
aeroplani ecc. La canzone si inti-
tola Pesnya o Pionere-Geroe, la
Canzone delleroico pioniere. Vo-
lente o nolente, intonato o stonato
ogni scolaro la cantava in coro con
tutti gli scolari dellUrss, da Kali-
ningrad alla penisola di Sakhalin.
Leroico pioniere era appunto
Pavlik Morozov, che sventolava la
bandiera di marmo sul piedistallo
del parco che portava il suo nome.
Tutti i bambini dellUrss dovevano
crescere eroici come lui. Pavlik era
un eroe perch aveva denunciato il
padre. Il padre era molto amato e
stimato a Gerasimovka. I suoi con-
cittadini lo avevano eletto pi volte
a capo del soviet. Non sapevano di
aver riposto la loro fiducia su un
mascalzone. Quale fosse il crimine
non del tutto chiaro. Chi dice
che nascondesse prodotti agricoli
destinati allammasso, chi sostiene
che fornisse documenti falsi per
ritornare ai loro paesi a ingordi
kulaki deportati dalle autorit a
Gerasimovka che, pur essendo
molto a Occidente, era pur sempre
gi in Siberia. Qualunque fosse il
suo crimine, quel nemico del po-
polo lavrebbe fatta franca, se non
ci fosse stato il figlio dodicenne
(Pavlik Morozov, appunto) a de-
nunciarlo. Nel 1931 denunciare il
padre per amore del Partito e dello
Stato sovietico era unazione eroica
che non poteva che tornare gradita
al compagno Stalin. Purtroppo
il piccolo Pavlik non pot entra-
re nella compagnia di giro degli
Eroi dellUnione Sovietica. Una
turba di parenti (tra cui il nonno
e la nonna, uno zio e un cugino) lo
uccisero a pugnalate. Finalmente
limmaginetta di Pavlik Morozov,
eroe e martire, arriv nei libri di
lettura e il suo nome comparve
su targhe e carte intestate di in-
numerevoli scuole sparse per tutta
lUnione. Dur a lungo, fino alla
caduta dellimpero. Poi qualcuno,
al quale ritornava in mente la can-
zoncina (Na Urale lesa/ Vekovaya
krasa ecc.) si mise in testa di
scoprire come era andata davvero
la cosa. Scopr che a Gerasimovka
nessuno aveva un buon ricordo del
piccolo Pavlik. Alcuni sostenevano
che era stata la madre a spingerlo a
denunciare il padre che laveva la-
sciata per unaltra donna. Qualcu-
no avanz lipotesi che a uccidere
Pavlik non erano stati i parenti, ma
la polizia segreta. Tanto per creare
un martire. Revisionismi.
leroico pioniere e il revisionismo
Aveva cominciato, negli
anni 60 Patricia Blake,
descrivendolo sullEncounter
meravigliosamente bello e
accattivante, vestito in una
camicia sportiva americana dai
disegni selvaggiamente bizzarri,
sotto una giacca di seta grigia
Quando per descrivere le collezioni si
usavano definizioni come gonne sbieche
o a coda di gazza, si parlava di silhouet-
te lampadario, di tuniche rendigote e di
minigonne trenta centimetri trenta, di
linea a compasso e bikini col cappuccio,
di nastri Pompadour e soutache doro,
di organdis, new look e tacchi Hula
Hop. Maria segu il consiglio di Gruau e
inizi a fare bozzetti per il giornale della
Snia Viscosa e per alcuni della Domus,
tra cui Fili Moda. Quando poi scoppi
la guerra fece per breve anche la stilista,
vendeva disegni ai modellisti in crisi di
idee per via del regime autarchico che
non permetteva pi di attingere alla
creativit parigina.
Se i suoi amici oggi si chiamano
Krizia, Missoni, Gaetano Afeltra, Gior-
gio Bocca, Beppe Modenese, Laura
Biagiotti, tanti, tanti altri li conserva
nella memoria. Come Camilla Cederna.
Quando penso a Camilla, chiss perch
metto affettuosamente a fuoco, nella
nostra prima vacanza del Dopoguerra,
in Corsica, la sua vestizione notturna
con mascherina di raso nero e tappi alle
orecchie perch il primo sole e il gallo
del pollaio accanto non la svegliassero.
La disegnatrice Brunetta Mateldi che ha
immortalato cos in un ritratto: La mia
vera conoscenza di lei avvenne il primo
anno di guerra a Bagutta. Da poco ero
stata ammessa alla famosa tavola degli
iniziati: portavo ancora il cappello e
quella sera avevo un tricorno di velluto
cognac con veletta a pois di ciniglia. Se-
duta davanti a me, Brunetta mi chiese di
togliermi la veletta e in dieci minuti mi
fece un ritratto delizioso senza ombra di
caricatura; ma insorsero tutti: Brunetta,
dov andato il tuo spirito? Ti fa sogge-
zione la Pezzi?. E lei, con finto candore:
Ha una faccia tanto buona. Ma so-
prattutto Dino Buzzati. Era stato lui a
introdurla nel sancta sanctorum di via
Solferino. E dire che dopo il loro primo
incontro Buzzati aveva commentato con
un amico: simpatica ma veste in mo-
do orrendo. Lei era trasecolata: indos-
sava una rendigota rossa di Schiaparelli
e portava una canottiera grigia, cos
si chiamava il cappello con lala dura. Si
era sentita elegantissima. Malgrado lin-
cidente divennero amici. Di lei Buzzati
diceva che era lunica persona che tolle-
rava vedere quando era di cattivo umo-
re. Cos come serba il ricordo dei salotti
culturali di Milano dove si ritrovavano
critici teatrali, giornalisti, scrittori come
Raul Radice, Arrigo Benedetti, Emilio
Radius, Nino Nutrizio, Luigi Barzini,
Giorgio Scerbanenco. Anche per noi
giornalisti di moda era pi importante
aver letto lultimo libro di Camus, che
aver visto tutte le sfilate.
soni. Non rimpiange il passato. Osserva
solo: Oggi non si bada pi ai sarti, agli
artigiani, le uniche parole che si rincor-
rono sono Borsa, globalizzazione. Parole
sconosciute a un mondo un tempo
leggendario, dove regnava la finzione
salottiera, dove le vendeuse negli atelier
commentavano fintamente estasiate la
prova delle signore borghesi con un oh
vous est magnifique. La moda non potr
pi tornare ai riti degli atelier.
La prima spinta al cambiamento lo
diedero proprio le sfilate fiorentine.
Gli americani venivano trattati come
ambasciatori, accolti nei luoghi pi belli
dellarte italiana. A Parigi ci si chiudeva
negli atelier, si sfilava quasi in segreto.
Poi arrivata Milano. Dei giovani che
lhanno fatta diventare la capitale del
prt--porter ha apprezzato Albini, Ar-
mani, i Missoni, Krizia anche se credo
sia stato Versace uno degli ultimi creati-
vi, con quel suo gusto per la ricchezza.
Ma le immagini pi vive riguardano
un altro tempo. Fotografie della memo-
ria nelle quali rivede Balenciaga seduto
in un bistrot accanto al suo atelier, solo,
triste, elegante consumare una colazione
e scambiare qualche tenero sguardo con
il suo cane; le feste di Fath nel suo ca-
stello di Corbeville, dove si incontravano
Ginger Rogers e Clark Gable; la Milano
dei cabaret, un periodo breve ma che ha
inciso sulla vita sociale e sulla moda.
Affacciandosi dalla casa di Foro
Buonaparte dove ha sempre vissuto,
nel libro di Vergani il 27 gennaio del
1998 annota: sera, sono sempre sullo
stesso balcone della mia camera da letto:
dopo ventanni di febbrile lavoro, diceva
il sindaco Pillitteri, sinaugura il nuovo
Piccolo Teatro. La scena mutata: il
verde riposante della mia infanzia stato
inghiottito da un monumento di matto-
ni. Ma, tra la folla degli invitati, scorgo
la bella faccia di Valentina Cortese,
ancora incorniciata dal suo voluminoso
turbante: niente cambiato e io sono
ancora qui a guardare.
ANNO IX NUMERO 10 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO DOMENICA 11 GENNAIO 2004
H
o avuto la fortuna di essere
giovane negli anni Venti.
Unepoca memorabile, ve-
ramente rivoluzionaria dove la libert di
spirito correva parallela alla libert della
moda e inseguiva un ideale di bellezza
non pi languido e voluttuoso ma aggres-
sivamente permissivista, con noi ragazze
sexy e provocanti senza finalmente quasi
nulla sotto il vestito. Cos racconta Ma-
ria Pezzi, oggi signora di 94 anni. Guido
Vergani la definisce cos: Solenne, lo
nei numeri anagrafici, non nel modo di
viverla, non nellattenzione a non farsi
tentare dal ruolo di matriarca della moda
che pure le competerebbe per sapienza,
per anni di appartenenza e perch la
moda stata ed lintelligente passione
e il mestiere della sua vita (Maria Pezzi
Una vita dentro la moda).
Figlia irrequieta di una famiglia della
borghesia milanese il padre era un
industriale socio di Borletti Maria non
aveva alcuna intenzione di aspettare il
matrimonio per poi passare la vita ad
annoiarsi. E visto che il teatro le piaceva
(ci siamo sempre andate, mia sorella
Lena e io in loggione, i genitori in pla-
tea) e Milano allora vantava un numero
di palcoscenici di tutto rispetto, lidea
dellattrice era a portata di mano. A dire
il vero, erano soprattutto i costumi ad af-
fascinarla. Uno indossato da Lea Vergani
se lo fece addirittura rifare uguale dalla
sarta. Quella degli abiti era peraltro una
fascinazione di sempre. Qui davanti
al parco, cio davanti alla nostra casa
in Foro Buonaparte, cera il viale delle
balie, un vero salotto, e io da piccola mi
incantavo ogni tanto ad ammirare i loro
vestiti. Gi, perch nella Milano bene
di allora, anche labito delle balie aveva
la sua importanza per risalire, contando
il numero della balze di velluto, allo sta-
tus dei signori di casa.
Passato dopo un po il sogno dellat-
trice era arrivato quello della pittura.
Voleva andare a Brera, ma per quanto il
padre fosse di vedute ampie (ogni esta-
te mandava me e mia sorella a fare un
viaggio in Europa) quella volta le disse
no. Le fece la controproposta di prende-
re lezioni private da Andreoli, un pittore
anziano che lui conosceva. A dire il vero,
Andreoli si rivel per certi versi pi pe-
ricoloso dellambiente bohmien di Bre-
ra, ma le lezioni servirono comunque. A
darle, infine, la spinta decisiva fu Ren
Gruau. A Parigi, dove Gruau viveva, era
arrivata nel 1938. Lui laveva osservata,
guardato alcuni suoi lavori e le aveva
detto: Lei ha stile, ha gusto, perch
non disegna figurini?. Erano gli anni
in cui Coco Chanel, Elsa Schiaparelli,
Cristobal Balenciaga, Jeanne Lanvin
dettavano la moda. Quando si parlava
di maison e di case, quando i creatori
erano ancora sarti, non stilisti, quando
a sfilare erano le mannequin, le indos-
satrici, non le modelle e le collezioni
venivano presentate nei lussuosi atelier.
Maria Pezzi, decana
della moda, quando la
moda non era fashion
Andrea Affaticati
Sar anche per questo che i suoi ar-
ticoli non sono solo puntigliose descri-
zioni delle collezioni, ma anche ritratti
vivaci della societ che cambiava. Co-
me quello apparso nellestate del 1953
sullEuropeo. La guerra tra la Francia
e lInghilterra (lAmerica ancora neu-
trale) stata dichiarata a Parigi marted
sera 28 luglio, alluscita della collezione
di Christian Dior, rappresentata da les
molletes nus. Mai, dal 1947, quando
Christian Dior lanci il suo new look che
rivoluzion il mondo femminile si sono
avuti tanti contrasti, e proteste cos vio-
lente, come allapparire di questa Tour
Eiffel, cos si chiama una delle linee di
Dior, che comincia a 40 centimetri dal
suolo. Gli articoli di moda hanno avuto,
nei quotidiani inglesi, lonore dello spa-
zio riservato di solito alle informazioni
politiche: tutti i giornali hanno iniziato
inchieste su questo problema che ango-
scia le donne. Le inglesi si sono schie-
rate contro le gonne corte, trincerandosi
dietro a Norman Hartnell, il sarto della
regina, il quale ha dichiarato che una
donna per bene, non porter mai gon-
ne cos corte. [] Gli italiani disappro-
vano, ma si divertono pensando che per
salvare lestetica bisogner insegnare alle
donne a salire sui tram, a scendere dalle
automobili e soprattutto a sedersi senza
far arrossire gli uomini.
Quando usc questo articolo, Maria
Pezzi scriveva gi per diversi giornali,
oltre allEuropeo. Erano i primi anni
Cinquanta e vigeva ancora il divieto
di citare i marchi italiani, la Bianchi di
Fausto Coppi era la biancoceleste,
la Cinquecento diventava unutilitaria
torinese. Cos io avevo trasformato
Emilio Pucci ne il marchese di Firenze
mentre Schubert era diventato un sarto
romano dal nome di un celebre musici-
sta di Vienna. A cambiare le cose fu
Gaetano Afeltra. Allora direttore om-
bra del Corriere dInformazione, che si
impunt. Se si potevano scrivere i nomi
dei sarti francesi perch non anche quel-
li italiani? Afeltra da Maria non voleva
per solo articoli. Conoscendo il suo
tratto, pretendeva anche la dettatura del
disegno. Lui mi passava un illustratore
e io dovevo spiegargli tutto via telefono:
le linee le pieghe, le sfumature. Un po
come facevano le sartine un tempo quan-
do arrivavano a Parigi. Mentre quelle di
fama potevano comperare i modelli di
Lelong, Vionnet, Grs, Balenciaga, rifarli
e venderli poi in esclusiva in Italia, quelle
meno abbienti avevano trovato un modo
geniale per aggirare lostacolo soldi. Si
consorziavano, ognuna con un compito
ben preciso. Una stava attenta solo ai
colli, unaltra alle spalle, unaltra alle
attaccature o ai drappeggi. Al ritorno
in albergo ricomponevano le collezioni
come un puzzle. Con la nostra arte di
arrangiarci ci eravamo guadagnati il tito-
lo di pi grandi copieurs del mondo.
Ha raccontato la nascita di Dior, Gi-
venchy, Balmain, Fath (Fine luglio del
1945. Nel piccolo, elegante atelier in rue
Pierre I de Serbie [] allimprovviso
irrompe nella sala un giovane biondo,
abbronzato, vestito di bianco e, con un
acrobatico salto fra il ballerino e latleta,
cade ai piedi di Claudette Colbert. []
Cos ho visto Jacques Fath e Genevive
alla loro prima collezione) e il trionfo
di Yves Saint-Laurent nel 1958: Di-
ciamo la verit: ancora per Dior che
siamo venuti a Parigi. Volevamo vedere
alla prova il giovane che ne ha raccolto
leredit. Parigi ci ha dato la risposta: la
casa Dior salva e Yves Saint-Laurent
degno del suo maestro. Il pomeriggio
del 30 gennaio, quando mancavano an-
cora due ore al termine della collezione
Dior, si videro gli strilloni correre per gli
Champs-lyses annunciando a squar-
ciagola, come se si trattasse delle notizie
pi importanti per la vita della Francia:
Il trionfo della casa Dior.
Se Christian Dior aveva sentenziato:
Sono stufo di quelle sfacciate protube-
ranze che sempre di pi aggrediscono da
sotto le magliette delle donne, insomma
la fine delle maggiorate, YSL aveva supe-
rato il maestro dando alle sue donne un
tocco leggermente lesbienne. Poi era ar-
rivato Pierre Cardin con il suo diktat: Il
corpo fuori moda, ora il corpo prende-
r la forma del vestito e non viceversa.
Maria descriveva, virgolettava, commen-
tava: Questi giovani sarti ammirano le
donne, ma non si direbbe che le amino.
Le vogliono estremamente eleganti, ma
non sensuali. E chiudeva: Se la moda
deve essere unevasione al mondo con-
formista, se deve essere ribellione alle
cose comuni e logiche [] queste nuove
donne dalle buffe silhouette che sfiorano
il ridicolo, questi sacchetti morbidi e leg-
geri, asessuali ma eccentrici [] rispon-
dono pienamente allo scopo.
LItalia intanto aveva lanciato loffen-
siva. Nel 1951 Giovan Battista Giorgini
inventava le sfilate di Firenze. Tre anni
dopo seguiva Roma. Tra i primi a sfilare
nella Sala Bianca di Palazzo Pitti furono
Emilio Pucci, Simonetta Visconti (ma-
niaca di braccialetti, tanto che la sentivi
arrivare per via di tutto quel tintinnare),
Jole Veneziani chiamata da tutti zampa
di velluto. Sono stata io a inventare
questa definizione, confessa Maria.
Ormai la si vede solo di rado alle
sfilate. Qualche anno fa le stato con-
ferito lAmbrogino doro Milano per
la moda. Gli ultimi disegni, negli anni
Novanta, li ha fatti per i suoi amici Mis-
Davanti alla nostra casa in
Foro Buonaparte cera il viale
delle balie, un vero salotto, e
io da piccola mi incantavo ad
ammirare i loro vestiti. Gi,
perch nella Milano bene di
allora, anche labito delle balie
aveva la sua importanza
Era stato Dino Buzzati
a introdurla nel sancta
sanctorum di via Solferino.
E dire che dopo il loro primo
incontro lui aveva commentato
con un amico: simpatica
ma veste in modo orrendo.
Lei era trasecolata
Le immagini pi vive
riguardano un altro tempo.
Fotografie della memoria
nelle quali rivede Balenciaga
seduto in un bistrot, solo,
triste, elegante consumare una
colazione e scambiare qualche
tenero sguardo con il suo cane;
le feste di Fath nel suo castello
di Corbeville, con Ginger
Rogers e Clark Gable
Afeltra non voleva solo articoli.
Conoscendo il suo tratto,
pretendeva anche la dettatura
del disegno. Mi passava
un illustratore e io dovevo
spiegargli tutto via telefono: le
linee, le pieghe, le sfumature.
Come le sartine di un tempo
ANNO IX NUMERO 10 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO DOMENICA 11 GENNAIO 2004
D
ottor Minoli, come fa la Du-
cati?. Vrooom, vroomm
a voce piena. E la Har-
ley?. Po-te-to-po-te-to, imitando il
gorgoglio della moto americana. E le
giapponesi?. Uiuu, uiuu. Tutte cos,
in tono che ricorda il lamento di un
gatto. Per Federico Minoli, presidente
e amministratore delegato della Ducati
Motor Holding, lunico e vero suono
tra i tanti e diversi rumori il primo, il
suo. Nel nostro prodotto c unanima.
Quello giapponese nasce in una fabbri-
ca, il nostro concepito sui tornanti
della Futa. Gli sta un po pi simpatico
il borbottio della Harley Davidson. Un
po perch un verso inventato da suo
figlio piccolo, un po per affinit elettive
con il popolo gli harleysti. Ci accomuna
il legame con la terra. Loro vengono da
una tradizione di bad boys. Noi arri-
viamo dai pistaioli, dagli smanettoni.
Comunque una trib.
Jeans, scarpe da corsa, una collezione
di caschi sparsi per lufficio come feticci,
Federico Minoli appare effettivamente
un tribal manager, uno di quei tipi
che in America chiamano maverick,
persone che sfiorano la follia e che crea-
no qualcosa di effettivamente folle, ma
baciato dal genio. Il marketing morto,
sostituito dalla community. E lazienda
diventa una trib. Limportante la con-
divisione dei valori. un filo conduttore
e se non ce lhai devi trovarlo, perch la
chiave per avere successo e divertirsi.
Come in una trib, in Ducati sono
modificati i valori formali. Il parcheg-
gio, per esempio: non c distinzione tra
dirigenti e operai, bens tra chi arriva in
sella a una Ducati (nel qual caso ha il po-
sto vicino allingresso) e chi no. Daltra
parte, la moto puoi acquistarla in leasing
a condizioni favorevolissime. Oppure
contare sulla fortuna: quasi ogni settima-
na ne sorteggiata una per partecipare
a un raduno dei club. C chi la prende
in consegna il venerd, arriva fino in
Scozia o in Norvegia e il luned mattina,
puntuale, in fabbrica. Al contrario di
una trib, per, lazienda non si basa su
ruoli rigidi. Quando si libera un posto
scegliamo chi promuovere allinterno
dellazienda stessa. Chiunque pu con-
correre. facciamo capire alle persone che
lavorano sulla linea che hanno loppor-
tunit di fare cose pi divertenti.
Questa ricerca sincronica di successo,
valori e divertimento, ha segnato tutta la
vita di Minoli. Vengo da una famiglia
tranquilla della media borghesia di pro-
vincia. Una vita felice. Il Sessantotto, a
Gallarate, arriva sfumato, ma intanto io
avevo cominciato a viaggiare. E avevo
scoperto sesso e lavoro: una rivoluzione
interna. Allepoca, per formazione, un
cattolico di sinistra. Studia Scienze politi-
che e fa politica con Lotta continua. Poi
prende il sopravvento quella sorta di
educazione che timpedisce di fare stupi-
daggini, dopo luniversit fa domanda
per tutti i master possibili e vagabonda
per un anno negli Stati Uniti. La svolta
nel 1974, quando viene assunto dalla
Procter & Gamble. Ricordo il colloquio
in quella che sino al giorno prima consi-
deravo un nemico pubblico. Scopro che
non battono ciglio alla mia dichiarazione
politica. Dicevano se non hai fatto poli-
tica in questi anni, allora non hai capito
nulla. Riesce a stupirli, invece, quando
lascia lazienda il giorno stesso della sua
promozione. Avevo voglia di cambiare,
il cambiamento un bene in s.
Da allora il suo un percorso in
cui alterna esperienze professionali e
avventure sabbatiche, in una serie di
riti di passaggio compiuti nel momento
stesso in cui ottiene un successo. Un
recupero, una rinascita, ma anche un
non fare un cazzo. Riparte per gli Stati
Uniti on the road, torna in Italia, negli
anni Ottanta si trasferisce a New York.
Quindi un altro anno sabbatico, prima
in Centro America, a piedi sino alla citt
perduta di Tikal, poi in Congo, sulla scia
di Cuore di tenebra. Simbarca sul po-
stale che da Kinshasa risale il fiume sino
a Kisangani. Dun tratto, comera comin-
ciata, lavventura si conclude. Il venerd
ero nella foresta, il luned alla McKinsey
di Milano. Ci resta sei mesi, poi si mette
a fare il consulente. Lavoravo sulle cose
pi strane, a met tra la gestione e la
consulenza del cambiamento.
Riattraversa lAtlantico per fare
lamministratore delegato di Benetton
Usa (grande insegnamento quello
di Benetton, il suo segreto che ha
sempre fatto cose che il comune buon-
senso consiglia di non fare. cos che
m venuta lidea del management by
spariglio). Come dire: larte di cam-
biare le carte in tavola. Ancora un po di
avanti e indietro, poi nel 1998 acquisisce
il controllo della Ducati. E pensare che
cominciato tutto per caso, perch un
broker della Deutsche Bank voleva la
916. Pur di avere subito quella moto,
considerata dai cultori la pi bella mai
realizzata, opera di Massimo Tamburini,
altro genio motoristico dEmilia, quel
broker innesc una serie di trattative
che si rivelarono uno scontro di culture.
Qui cera un gruppo di ingegneri asse-
diati in una sorta di Fort Apache. Attor-
no a loro non cera unazienda.
Minoli arriva e applica quella che chia-
ma creativit gassosa. Pensa allacqua
che bolle, alle particelle che si aggrega-
no e disaggregano generando energia.
Ecco, lascio fluttuare tutto attorno a
un sogno e una passione, aggregando
persone interessanti, intelligenti e moti-
vate. Magari un po strane. Questa gente
devi lasciarla libera. In termini formali,
ricorda parecchio la teoria del caos ma-
nagement. Ma per Minoli il caos una
pratica pi che una teoria, e il sistema
sembra funzionare: la Ducati tornata a
essere unazienda leader nel settore delle
moto sportive ( il secondo marchio pi
venduto in Giappone dopo la Honda),
le sue azioni (a New York e alla Borsa
italiana) sono in rialzo.
La parte tecnica segue processi pi
tradizionali. Ma anche in qui stato
applicato lo stesso principio molecolare.
I nostri ingegneri lavorano secondo
processi simultanei anzich sequenziali.
Quando la Honda ha un problema, i
tecnici chiedono istruzioni, si buttano
sul fax. I nostri si buttano sulla moto.
Se Minoli il capotrib, lingegner
Claudio Domenicali, amministratore
delegato della Ducati Corse, lo scia-
mano che ha elaborato le formule per il
Motomondiale. Non volevamo fare una
moto GP, volevamo fare una Ducati GP.
La sfida ingegneristica era di reinventare
le soluzioni tecniche proprie dellazienda
per realizzare una moto competitiva. Il
valore di un motore Desmo che vince
infinitamente superiore a vincere. Le
soluzioni tecniche sono il cuore della
storia Ducati. Che si riassume nel ter-
mine Desmo, ossia desmodromico.
Etimologicamente: desmos, legame, e
dromos, luogo della corsa. Definisce
un sistema di distribuzione basato su un
meccanismo di controllo delle valvole
sia in apertura sia in chiusura. Ideato
una trentina danni fa da Fabio Taglioni,
per la gente Ducati il mitico Dottor T,
rappresent una vera e propria rivoluzio-
ne. Domenicali tenta di spiegarmelo nel
modo pi semplice, ma alla fine rinun-
cia: Diciamo che il Rolex della mec-
canica. Un sistema molto pi complicato
e costoso degli altri, ma anche pi effi-
ciente. Dubbio del profano: Se tanto
migliore, perch non stato adottato da
altri, almeno per le corse?. Risposta del
maestro: Oltre la teoria, c una fila di
trucchi e trucchetti che abbiamo elabo-
rato nel tempo, sogghigna Domenicali.
Chiss, forse anche per questo fascino
Federico Minoli, capo
trib Ducati, una libera
leggenda emiliana
Massimo Morello
Q
uando un turco di diciannove
anni dai capelli rossi e dagli oc-
chi blu come fiordalisi arriv nel
1921 nella Russia dei soviet, si trov in
un luogo pieno di idealismo anche se gi
insanguinato dalla guerra civile. Chagall
dipingeva ancora le scenografie per gli
spettacoli di propaganda; i quadri degli
artisti davanguardia come Malevich, Ro-
dchenko, Larionov e Goncharova erano
ancora esposti nelle gallerie; Majakovskij
tuonava ancora nelle arene e produceva
manifesti rivoluzionari con immagini di
borghesi grassocci colpiti dalle baionette
della rivoluzione. Ejzenstein nella Co-
razzata Potmkin faceva scendere dalle
scalinate di Odessa una carrozzina che
sarebbe passata di film in film; Isadora
Duncan danzava per i soldati dellAr-
mata rossa, cercando di non sentire la
pula di girasole che le feriva i piedi nudi.
Meyerhold, il grande regista della rivolu-
zione, metteva in scena i suoi allestimen-
ti esplosivi, senza immaginare che di l a
poco sarebbe stato martoriato nelle celle
imbrattate di sangue della Lubianka poi-
ch nel paese non cera posto che per un
unico grande regista della rivoluzione:
Stalin. Ma questo Termidoro sovietico
era ancora di l da venire.
Da giovane Nazim si trov nel centro
del convulso rinascimento artistico post
rivoluzionario che aveva fretta di fiorire
perch per istinto sentiva che la fioritura
sarebbe stata tragicamente breve. Era
una rivoluzione affamata che tentava di
essere generosa col talento profuso sugli
schermi, sui palcoscenici, sulle pareti
delle gallerie e nelle pagine dei giornali.
Quando torn in Russia attraverso la
Romania dopo ventitr anni di assen-
za, lesperienza di Nazim era quella di
un idealista che arrivava in un luogo
dominato dal cinismo. Quello che lo
aveva liberato dalle sbarre era stata una
campagna politica in suo favore con-
dotta perlopi dalla sinistra francese,
ma anche da alcuni scrittori sovietici.
Anchio, che allora ero un poeta di
diciannove anni, pubblicai sonore e re-
toriche poesie dedicate a Nazim. Allora
ero estasiato: quel poeta leggendario era
venuto a vivere con noi a Mosca! Mentre
era ancora in galera aveva scritto unac-
corata ode a Stalin che aveva sconfitto
Hitler; ma non aveva ancora scoperto (o
forse aveva paura di scoprire) che cera
unaltra personalit che viveva allinterno
di Stalin: il boia, non solo dei cosiddetti
nemici della rivoluzione, ma della ri-
voluzione stessa. Il paese di cui Nazim
Hikmet aveva sognato non esisteva, era
Nazim Hikmet, turco
comunista e poeta, un
vero pericolo per Stalin
Evgenij Evtus enko
arrivato in una terra diversa. Era il 1951.
La paranoia finale di Stalin era iniziata e
sarebbe finita con larresto dei suoi stessi
dottori. Leuforia portata dal ritorno di
Nazim si sovrappose a quella paranoia.
Quando gli era stato chiesto in Romania
chi avrebbe voluto vedere di nuovo, ave-
va esclamato con gioia: Kolya Ekk. Il
regista Nikolai Ekk era un amico della
sua giovent. Nel 1931 aveva girato il
famoso Biglietto per la vita, sui bam-
bini senza casa che le autorit sovietiche
erano impegnate a rimodellare, per
usare lespressione del tempo. Nel 1932,
al primo Festival internazionale di Ve-
nezia, Ekk era stato nominato miglior
regista dal pubblico. Ma i tempi stavano
cambiando. Il potere sovietico si impic-
ciava non solo delle ideologie ma anche
dello stile artistico, trattando anche gli
esperimenti formali come deviazioni dal
realismo socialista appena escogitato.
Il gioioso sperimentalismo degli anni 20
e 30 era stato sostituito da una versione
provinciale e comunista di Hollywood.
Di Ekk non cera pi bisogno. Divenne
un disoccupato. Cominci a bere.
Nel 1951 fu tirato fuori dal suo tugu-
rio olezzante come un cane vecchio, per
incontrare Nazim; lo lavarono, lo rinfre-
scarono il pi possibile, gli appuntarono
sul bavero una copia della sua medaglia
(che aveva perso o impegnato per bere),
gli ficcarono in mano un mazzo di rose,
lo spinsero in una grande macchina nera
e lo condussero a incontrare il famoso
turco pacifista.
Nazim salut il vecchio compagno e gli
chiese, assolutamente contro le aspettati-
ve dellentourage del Kgb e dellUnione
degli Scrittori: Cosa stai facendo per
noi al cinema, oggi, Kolya?. Segu un
silenzio venato di panico. Uno dei boss
cominci a fare gesti disperati a Ekk da
dietro le spalle di Nazim strabuzzando
gli occhi e agitando le mani come per di-
re: Per lamor del cielo, digli qualcosa,
qualsiasi cosa. Ekk cap che quella
era la sua unica opportunit: Per qual-
che ragione negli ultimi tempi sono stato
attratto dal circo. Voglio mettere su uno
spettacolo fondato sullacqua, rispose
trionfante, resuscitando una vecchia idea
che da tempo era insabbiata in qualche
ufficio; afferr il burocrate culturale pi
vicino per il bavero e sussurr: Adesso
non puoi far altro che firmare un lungo
contratto. Ma nonostante lappoggio
di Nazim finirono per liberarsi di lui,
giacch Ekk present un progetto in stile
fantascienza che avrebbe richiesto la de-
molizione delledificio del mercato cen-
trale sul Tsvetnoy Boulevard, per erigere
al suo posto colline artificiali con cascate
della dimensione del Niagara.
Subito dopo il suo arrivo Hikmet
doveva essere ricevuto da Stalin. Prima
dellincontro Nazim, vecchio uomo di
teatro affamato delle esperienze dei pal-
coscenici di Mosca che aveva un tempo
esoterico che una moto Ducati divenu-
ta la protagonista delle scene iniziali di
Matrix reloaded. E forse quel mec-
canismo deve rimanere cos, vagamente
misterioso, per continuare a rappresen-
tare il Grande Spirito di quello che qui
chiamano il mondo Desmo.
Santuario di questo mondo il Museo
Ducati. Concepito come un centro ceri-
moniale, circondato da quei totem che
sono le moto storiche, meta di pellegri-
naggio di decine di migliaia di fedeli del-
la trib Ducati, gente che si sposa ai ra-
duni con tanto di torta desmodromica,
scrive veri messaggi damore dedicati alla
Superbike 999, scorre religiosamente il
Muro della gloria, lelenco dei nomi di
chiunque abbia vinto una qualsiasi gara
in sella a una Ducati. il contrario del-
la Formula Uno. Anche i campioni non
possono fare le prime donne, devono
rappresentare i valori della trib. Le
cose vanno fatte per il tifoso, solo per il
tifoso, dice Minoli, che ha in testa lidea
di trasformare la Ducati in un marchio
globale di entertainment.
E cos i primi attori di questo spettaco-
lo girano in fabbrica. Riconosci loperaia
che ha fatto da modella per una splendi-
da campagna pubblicitaria. Dopo quel-
la foto diventata proprio pi bella. C
la coda. Inevitabilmente sei coinvolto
dalle storie del Livio, impiegato divenuto
storico, curatore del museo, che tra una
citazione di Guareschi e la ricerca di un
pezzo da collezione organizza il giro del-
la Futa sui luoghi della guerra con moto
dipinte nei colori tedeschi e americani.
Incontri i vecchi operai rientrati in fab-
brica per restaurare le moto depoca e
lanziano capufficio andato in pensione
che adesso ricerca e restaura disegni al
tecnigrafo come arcani codici miniati.
Ascolti le divagazioni del Fini, il poeta
dellazienda che ha sfidato il Costipato
(mi sono astenuto dallindagare sul so-
prannome) in certame poetico sul tema:
Moto GP, Desmo sedici. E tinnamori
della Lidia, presidentessa del Club Du-
cati Borgo Panigale, che lavora in catena
di montaggio e organizza raduni con
ballo e grigliata. Se compri una Honda
compri un pezzo di metallo. Una Ducati
un pezzo di storia, dice Minoli, e sa-
luta loperaia che ha vinto una corsa la
domenica precedente. Lui le ha fatto da
ragazzo ombrello alla partenza.
adorato, cerc con ansia opere degli ere-
di di Meyerhold, il regista che aveva am-
mirato. Ma comerano questi eredi? In
quei giorni il palcoscenico era dominato
da Surov e Sofronov, entrambi vincitori
del premio Stalin, autori di decine di la-
vori correnti. In seguito venne fuori che
Surov non scriveva lui le sue opere: per il
compito assumeva quelli che lui chiama-
va negri, cio gli stessi scrittori ebrei
che egli aveva fatto espellere dallUnione
Scrittori. Sofronov, autore di alcune
canzoni abbastanza buone del tempo
di guerra, invece scriveva i suoi lavori,
ma solo nel poco tempo che gli restava
dallimpegno di smascherare gli artisti
cosmopoliti. Ragione per cui non aveva
molto tempo per limare i suoi capolavori.
Il teatro era dominato dalla teoria del
non conflitto, che implicava che non
ci potesse essere conflitto fra il bene e il
male nella vita felice del popolo sovieti-
co. Questo teatro sterilizzato era quello
che Nazim poteva vedere nel 1951. Una
sera, alla fine di uno spettacolo, fu dato
per Nazim un banchetto della cosiddetta
intelligencija creativa. Fu offerto da
Yury Zavadsky, un regista di talento, ma
assolutamente cinico, con i modi di un
ex aristocratico che si era trasformato in
matre dhotel. Lanfitrione fece un lungo
discorso di benvenuto che consisteva in
frasi affettate come la sua persona, men-
tre Kolya Ekk, ripulito e vestito quanto
le autorit sovietiche avevano potuto, ma
sempre con un ineliminabile sentore di
cane, sedeva a tavola e, preoccupato di
essere portato via da un momento allal-
tro, continuava a ingollare bicchieri di
brandy armeno di grande qualit.
Nazim ascolt pazientemente i com-
plimenti che gli piovevano addosso; ma
quando arriv il suo momento di fare un
discorso la sua faccia si indur e i suoi
occhi assunsero una luce metallica. Fra-
telli, disse, in russo gutturale quando
ero in isolamento in galera, pensavo
che sarei sopravvissuto sognando i tea-
tri di Mosca. Ho sognato Meyerhold e
Majakovskij. Era la rivoluzione di strada
che si era trasformata nella rivoluzione
sul palcoscenico. E adesso, cosho visto
nei teatri di Mosca? Ho visto una pic-
cola arte borghese senza gusto che cerca
di chiamarsi realismo, realismo socialista
per di pi. Oltretutto, ho visto un ser-
vilismo fuori misura sul palcoscenico e
anche fuori dal palcoscenico. Come pu
il servilismo essere rivoluzionario? Fra
pochi giorni dovr incontrare il came-
rata Stalin, che ammiro profondamente,
ma gli parler francamente, come un co-
munista a un altro comunista, e gli dir
che dovrebbe fare in modo che questi
innumerevoli ritratti e statue vengano
rimossi: tutto cos volgare. Cal un
silenzio mortale. Il solo suono era quello
di Kolya Ekk che gustava il suo brandy.
Alcuni degli ospiti cercarono di uscire in
La trib Ducati, gente che si
sposa ai raduni con tanto di
torta desmodromica, scrive
messaggi damore alla Superbike
999, scorre religiosamente il
Muro della gloria, lelenco dei
nomi di chiunque abbia vinto
una gara in sella a una Ducati
continua in quarta pagina
ANNO IX NUMERO 10 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO DOMENICA 11 GENNAIO 2004
gliamento. Aveva cominciato, negli anni
Sessanta, Patricia Blake, descrivendolo
sullEncounter come meravigliosamen-
te bello e accattivante Vestito in una
camicia sportiva americana dai disegni
selvaggiamente bizzarri, sotto una giacca
di seta grigia. Poi lattenzione si era spo-
stata sui jeans troppo larghi, gli abiti
quasi studiosamente trasandati, le giac-
che di pessimo taglio. Il recente articolo
di Stephen Kinzer sul New York Times
si attiene alla tradizione, esordendo con
la descrizione della vistosa giacca di
lana a disegni intricati del Guatemala,
sulle sue larghe spalle di leone ingrigito
delle lettere russe. Anche il costume fa
parte del teatro. A un singolare paragone
teatrale ricorre poi la sua recente prefa-
zione a una biografia di Nazim Hikmet
ricca di aneddoti a grande effetto,
come la rivelazione che Beria stava per
farlo ammazzare e che alle riunioni de-
gli scrittori sovietici col collega appena
liberato dopo 17 anni nelle galere turche
si sussurravano battute tipo: Non parle-
rebbe cos se fosse passato da una delle
nostre. Nella storia, come a teatro,
un attore pu talvolta interpretare bril-
lantemente il proprio ruolo anche in una
pessima commedia. Nazim Hikmet inter-
pret splendidamente la sua parte nello
spettacolo del comunismo, cos mal di-
retto dalla storia e destinato a un brutto
finale, scrive. Quasi volesse farci capire
perch ha scelto di cambiare palcosceni-
co principale. Anche se non rinuncia alle
tourne. Almeno una volta allanno torna
a Mosca. stato in giuria al Festival di
Venezia. da poco tornato dal Kazaki-
stan. atteso in Polonia e in Ucraina. Ha
timbri di 92 paesi sul passaporto.
A settantanni ha mantenuto, salvo
qualche ruga e i capelli grigi, i lineamenti
da eterno bambino, laspetto da ribelle
da giovent bruciata, il fascino di Peter
Pan. Non saprei come dire, ma una
persona un po pi viva di chiunque
altro mi sia capitato di incontrare, dice
di lui una studentessa. Lui stesso non
manca di compiacersene. Sa di essere
ormai un classico, ma non mostra la
minima propensione a entrare a far parte
della Dead Poets Society, del club dei
poeti defunti. Divido lumanit in due
gruppi: quelli che hanno uno sprazzo
di vita negli occhi, e quelli che non ce
lhanno, ha avuto occasione di dire. A
chi gli chiede il segreto della perenne
giovinezza, risponde: La curiosit per la
vita. La sacrosanta curiosit dei bambini.
Si invecchia solo quando si perde quel-
la. Senza curiosit per la vita si diventa
indifferenti. E lindifferenza non che
una forma di aggressione, un modo di
distruggere, dice. Non ci sono anni
che tengano: dal teatro del Cremlino a
Kendall Hall (laula cui intitolata la sua
cattedra a Tulsa), si intitolava la perfor-
mance poetica che i suoi studenti gli ave-
vano allestito la scorsa estate in occasione
del suo settantesimo anniversario (che lui
preferiva definire in modo pi civettuolo
il mio 07mo compleanno). Dai versi di
una sua poesia del 1993: Non abbiate
paura: non ci sono anni/ Ci rinchiudia-
mo nella nostra vecchiaia/ come in una
Evgenij Evtusenko
IL FOGLIO quotidiano
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ISSN 1128 - 6164
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Evgenij Evtuenko

nato a Zima (Irkutsk) in Siberia nel


1933. Nel 1952 divenne il pi giovane
membro dellUnione degli scrittori
sovietici. Caposcuola della generazione
poetica post staliniana, nel 1957 fu
accusato di individualismo. Nel 1963
fece autocritica. Sempre in bilico tra or-
todossia e dissidenza, difese Sinjavskij
e Solenicyn e protest per linvasione
della Cecoslovacchia. Eletto deputato
nel 1989, ha sostenuto il diritto allin-
dipendenza delle Repubbliche baltiche.
Dal 1993 insegna Letteratura russa
alluniversit di Tulsa, Oklahoma.
Siegmund Ginzberg nato a Istanbul,
ha scritto corrispondenze da Pechino,
Teheran e New York. Vive a Roma.
Maria Pezzi

Nata nel 1908, la decana del gior-


nalismo di moda italiano. Ha esordito
quando Chanel e Schiaparelli dettavano
legge. I suoi articoli pubblicati sul Cor-
riere dInformazione, lEuropeo, il Cor-
riere della Domenica, non solo hanno
raccontato con parole e disegni la nasci-
ta dei grandi dellhaute couture Dior,
Yves Saint-Laurent, Pierre Cardin ma
anche il lento trasformarsi della socie-
t. Una societ che contava tra i grandi
protagonisti della cultura italiana i suoi
amici pi cari: Dino Buzzati, Camilla
Cederna, Brunetta.
Andrea Affaticati nata in Austria
e vive a Milano. Free-lance, scrive di
cultura e societ per varie testate.
Federico Minoli

Nato a Gallarate nel 1949, presidente


e amministratore delegato della Ducati
Motor Holding. Dopo luniversit e un
po di vita giramondo, ha iniziato la
carriera nel 1974 nel marketing della
Procter & Gamble. Ha lavorato per
Benetton Usa, McKinsey e Bain Cuneo
and Associates. Negli ultimi dieci anni
ha operato in Europa e Stati Uniti per
Private Equity Funds finalizzati al rin-
novamento dimpresa. Con tale incarico
entra in Ducati nel 1996 e nel 1999 ne
realizza la quotazione in Borsa. sposa-
to con unamericana e ha due figli.
Massimo Morello vive a Milano.
Giornalista free-lance, autore di re-
portage e libri di viaggio.
Nazim Hikmet

Nacque a Salonicco, nellImpero otto-


mano, nel 1902. Crebbe a Istanbul.
Nel 1922 si trasfer a Mosca, stregato
dalla rivoluzione. Rientrato in Turchia
nel 1924, fu presto arrestato. Nel 1926
torn in Russia, incontr Majakovskij,
lavor con Meyerhold. Continu a scri-
vere articoli, poesie, testi teatrali. Torn
in Turchia nel 1928, continu lattivit
artistica e politica. Nel 1938 fu condan-
nato come oppositore. Durante i 12 anni
di detenzione nacquero molte delle sue
migliori liriche. Liberato nel 1950, lo
stesso anno condivise con Neruda il Pre-
mio internazionale per la pace dellUrss.
Divenne cittadino polacco, visse a Varsa-
via e Sofia. Mor a Mosca nel 1963.
Alberto Giuliani

Nasce nel 1975, dal 1993 lavora come


fotografo per lagenzia Grazia Neri. Da
allora ha girato il mondo e pubblicato
servizi su differenti soggetti, dalla ste-
rilizzazione forzata in Per alla vita
quotidiana sulle spiagge italiane, alla
recente guerra in Afghanistan. Nel
1998 inizia un lungo lavoro sulla dia-
spora dei tibetani. Nel 1999 fotografa i
bambini di strada in Argentina e Cile.
Nel 2000 vince il premio Canon con il
progetto Next to nothing, incentrato
su varie tematiche sociali. Nel 2003,
con il musicista Cesare Picco e lattore
Gioele Dix, ha portato in scena a Mila-
no Viaggio a Samarcanda, spettacolo
nomade di musica e immagini.
EGUE DALLA PRIMA PAGINA gabbia arrugginita/ Ma in ogni vecchio/
troverete il ragazzino/ che dentro gli
gioca a nascondino. Per molti i pri-
mi pannolini dei loro bambini sono le
bandiere bianche che simboleggiano la
loro resa. Non finite cos. Continuate a
combattere per i vostri principi. E per i
vostri figli, lesortazione a effetto con
cui ha concluso lultimo semestre di
insegnamento.
Vecchiaia, morte, infanzia, nascita,
rinascita sono tra i temi pi ricorrenti
di questi suoi ultimi anni. Non mori-
re prima di essere morto si intitolava
significativamente anche lamaro ro-
manzo dei primi anni Novanta, ispirato
alle vicende seguite alla dissoluzione
dellUrss. poi vero che non esistiamo
pi?/ O non siamo ancora nati?/ Stiamo
nascendo ora/ Ma doloroso nascere di
nuovo, i versi accorati di qualche anno
fa di Perdita, sulla Russia che ha
perso la Russia in Russia, e torna a
chiedersi se proprio non ha altra scelta
se non quella tra il fantasma dello zar
Ivan il Terribile e il fantasma dello
zar Caos. Da un po di tempo appare
un po pi ottimista. La Russia non
sa ancora che strada scegliere. Siamo
nel pieno della seconda trasformazione
della nostra societ in meno di un seco-
lo. Non abbiamo ancora deciso quale
identit vogliamo darci. Con Eltsin
aveva rotto per la guerra in Cecenia.
Su Putin evita di pronunciarsi. Di rina-
scite e reinvenzioni, anche di se stesso,
lenfant terrible della poesia russa si
rivelato un maestro. Purch non venga
fuori che eravamo affascinati dal ritratto
di Dorian Gray.
cato. Mi hanno appena dato un anticipo
troppo grosso per me. Senti, non conosci
nessuno che abbia bisogno di denaro?
(oggi non pensabile una telefonata
del genere da parte di nessuno). Nazim
amava e aiutava i giovani artisti che non
avevano riconoscimento ufficiale; fu
uno dei primi a comprare opere di Oleg
Tselkov quando era ancora poco noto e a
commissionargli le scene per la sua opera
La spada di Damocle al teatro satirico.
Di recente Oleg mi ha detto come, verso
il 1955, una volta si sedettero a Tushino
sulla riva del canale fra Mosca e il Volga
e Nazim gli indic ironicamente con gli
occhi due figure che stavano nellombra
a rispettosa distanza. Chi sono quegli
uomini?, chiese Tselkov; non capendo.
Nazim si strinse nelle spalle: Mi se-
guono, fratello. Come, ti seguono?
Un vincitore del Premio per la Pace?
Perch?, chiese stupito Tselkov. Uno
mi segue in modo che nessuno mi dia
fastidio. Laltro mi segue in modo che io
non dia fastidio a nessuno cos che
funziona, fratello!.
Lo stesso anno, Nazim mi invit con
lartista Yuri Vasiliev per un paio di giorni
a Peredelkino, questa era la sua ospitalit:
stacc i telefoni e dedic tutto il tempo ai
due ospiti. Ci sedevamo tutto il giorno su
cuscini turchi e la conversazione vagava
pigra, come il vapore che si sollevava
dal t turco. Intanto Yuri Vasiliev, con
la stessa rilassatezza, decorava linterno
della porta, mentre la storia, imprevedi-
bile nella sua crudele fretta, si precipitava
contro laltra parte della porta.
Ma fu la storia ad aprire quella porta
che era troppo debole per resistere alla
punta di piedi dalla sala in modo di non
essere fra i testimoni di questo discorso
assolutamente sconveniente. Piano, in
modo che solo quelli vicino a lui potesse-
ro sentirlo, Kolya mormor: Nazim non
avrebbe parlato in questo modo se fosse
stato in una delle nostre prigioni invece
che in una prigione turca. Nel tenta-
tivo di risollevare latmosfera, Zavatsky
sollev un bicchiere di champagne nelle
sue dita tremanti e malcurate: Caro
Nazim! Sono sicuro che anche al com-
pagno Stalin non piacciono alcuni dei
suoi ritratti. Ma non ci sono abbastanza
Rembrandt o Repin per fissare in modo
appropriato la sua immagine. Non si pu
immaginare che il compagno Stalin possa
proibire alla gente di amare il compagno
Stalin! Brindiamo al compagno Stalin!
Al numero uno dei comunisti.
Come, stai dicendo che non sono
solo i comunisti in prigione ad avere un
numero?, chiese Nazim. Evidentemen-
te, Kolya Ekk o un altro dei suoi vecchi
amici lo avevano illuminato sulla fine che
avevano fatto alcuni dei suoi maestri.
Losservazione fu fatta senza enfasi. Ma
quelli che dovevano sentire la sentirono.
Il giorno dopo Nazim fu informato che
lincontro previsto era stato rimandato a
data da destinarsi, poich il compagno
Stalin era molto, molto impegnato.
Una mattina ricevo una telefonata: una
voce gutturale e familiare mi parla in un
accento unico e ammaliante. Come stai,
fratello? Hai bisogno di soldi? No? Pec-
Nazim Hikmet
EGUE DALLA TERZA PAGINA sua pressione. La storia irruppe sotto
forma di un vecchio ubriaco con occhi
mobili e blu come quelli di Hikmet.
Senza badare a noi due luomo guard
Nazim, si tolse il cappotto di finta pel-
liccia e si butt in ginocchio Per amor
di Cristo, Nazim, perdonami, liberami
dal mio peccato, c qualcosa che devo
dirti. Nazim lo aiut ad alzarsi: Alzati
fratello, non hai niente da dirmi. No,
ho davvero qualcosa da dirti. Me lo sono
tenuto per me per tanti anni e adesso
non ce la faccio pi. Incespicando
nelle parole gli raccont la storia che lo
tormentava.
Nel 1951 Nazim aveva una macchina
ufficiale con un autista al suo servizio.
Quellautista era il vecchio. Erano diven-
tati amici e Nazim laveva invitato una
volta a casa. Nel 1952 lautista era stato
convocato alla Lubianka. Si era stupito
di trovarsi di fronte allo stesso Beria.
Sai chi porti in giro?, gli chiese
Beria. Un vincitore del Premio del-
la Pace un comunista turco un
grande poeta un amico dellUnione
Sovietica, gli aveva risposto lautista
sconcertato. Non un amico dellUnio-
ne Sovietica, ma un nemico, mormor
Beria, un nemico incallito che si
messo la maschera del rivoluzionario.
Vuole uccidere il compagno Stalin. Ma
noi non possiamo arrestarlo, troppo
famoso; inoltre turco. Dovresti aiutarci
a toglierlo di mezzo, non dovrebbe esse-
re difficile per un autista professionista
inscenare un falso incidente.
Evgenij Evtuenko, prefazione a Saime
Gksu e Edward Timms, The life and
zork of Nazim Hikmet, Hurst & Co.

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