REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: LARGO CORSIA DEI SERVI 3 - 20122 - MILANO
ANNO IX NUMERO 10 DIRETTORE GIULIANO FERRARA DOMENICA 11 GENNAIO 2004 - 1
quotidiano TEL 02/771295.1 - SPED. ABB. POST. - 45%- ART. 2 COMMA 20/b LEGGE 662/96 - FIL. MILANO Evgenij Evtusenko, settantanni col cuore di bambino, laura di gran poeta e il naso di furbetto. Maria Pezzi, dal suo balcone di Foro Buonaparte ha osservato la moda di quasi mezzo secolo. Lha scritta, disegnata, virgolettata e anche castigata. Federico Minoli, manager desmodromico che ha ridato potenza alla Ducati, lHarley Davidson di Borgo Panigale. Nazim Hikmet, a Mosca negli anni 50 credeva di trovare ancora Majakovskij (sera perso qualcosa in una galera turca). Le fotografie: dopo lUrss, di Alberto Giuliani A settantanni suonati Evgenij Aleksandrovic Evtusenko riesce ancora a reinventarsi nel ruolo di superstar della poesia, vate delle coscien- ze. Non nella sua Russia ma nellAmerica che pi profonda e pi di provincia di cos non si pu, in Oklahoma, dove da un decennio insegna e declama larte dellattimo fuggente alluniversit di Tul- sa. Sono russo, ma a Tulsa ho trovato la mia seconda patria. Qui non mi sento come un ospite, un visitatore. Mi sento a casa, dice. Fin troppo a casa. C chi ormai trova aria dAmerica nella Mosca di Vladimir Putin. Lui, leterno ribelle, il provocatore nato che sfidava Nikita Kruscv e Leonid Breznev, nellAmerica di George W. Bush riesce a sentire in qualche modo aria di Unione Sovietica. LUnione Sovietica voleva sistemare alcuni altri paesi senza comprenderne a fondo la storia, le tradizioni, le loro situazioni politiche. Allo stesso modo alcuni americani ora pensano, credo in tutta sincerit, che tutti al mondo sareb- bero felici se solo potessero vivere come gli americani. Si tratta di ingenuit, e, credetemi, i leader sovietici non erano meno ingenui. LAmerica andata in Iraq senza una conoscenza approfondita della situazione. Saddam Hussein non mi piaceva per nulla. Ma ora chiaro che c stato un errore di calcolo. La pri- ma reazione stata partire e toglierlo di mezzo. Che per me puro stile sovietico. Troppa sicurezza di se stessi fa parte dei complessi di un grande impero. Ma si sa come finiscono tutti gli imperi, ha detto fuori dai denti allinviato del New York Times, andato a Tulsa, nellombelico del Midwest, a verificare come il pi famoso dei poeti sovietici dellera post staliniana se la stesse cavando a riciclarsi come bardo dellOklahoma. Gli piace definirsi un provocatore, anche quando fa lezione ai suoi studenti. La sua celebrit era esplosa nel 1961, a livello planetario, col poema Babi Yar, denuncia delloblio di un massacro nazi- sta di ebrei in Ucraina, che venne imme- diatamente letta come denuncia del- loblio delle vittime dello stalinismo. Era meno forte del Gulag di Aleksandr Solzenicyn, ma riusc a interpretare i tormenti di coscienza di unintera ge- nerazione. Lancora meno che trentenne poeta, nato nel 1933 in Siberia in una famiglia di deportati, divenne istantanea- mente un mito: nella Russia della destali- nizzazione di Kruscv cos come nel- lAmerica dei Kennedy, dove la sua Precoce autobiografia usc niente me- no che con unintroduzione dellex capo della Cia, Allen Dulles, ormai in pensio- ne. Seguirono molti altri tormenti di coscienza e decenni di dissidenza mili- tante contro il regime degli eredi di Stalin. Nel 1962 Time gli aveva gi de- dicato la copertina. Ma persino lAmeri- ca pi liberal aveva imparato presto a non prenderlo troppo sul serio. Negli anni Settanta Garry Trudeau, lautore delle strisce di Doonesbury, lo rappre- sentava nelle sue tourne americane con foglie secche che gli turbinavano attorno anche al chiuso. Ma c anche chi non gli ha mai perdonato di non essere mai fini- to in galera o in esilio, di aver praticato una sorta di dissidenza di Sua Maest. Lintellettuale che aveva cos dramma- ticamente denunciato oblii e silenzi come il colmo della vilt, stato accusato di essere stato spesso zitto quando avrebbe dovuto parlare. Ora si sa che aveva dife- so, grazie alla sua popolarit, molti per- seguitati. Anche pi tenacemente e in numero maggiore di quanto apparisse pubblicamente a suo tempo. Ma altri no, per ignavia, calcolo, voglia di quieto vi- vere, impossibilit pratica o ingenuit sulla riformabilit del regime che fosse. Non era affatto solo il cavaliere senza macchia della libert che ha finito per vendersi e diventare un cinico agente delloppressore. Il suo liberalismo origi- nario era di natura limitata, e non era neppure lui a pretenderlo, ma i suoi fan occidentali, ha scritto di lui Robert Conquest. Non riesco a prendere trop- po sul serio Evtusenko come poeta, fi- guriamoci come politico, il modo co- me laveva messa il politologo Dmitri Simes, emigrato della prima ora e gi consigliere di Ronald Reagan, quando il poeta aveva intrapreso nel 1988 una bre- ve carriera da deputato nella prima Du- ma democraticamente eletta sotto Gor- baciov, affollata di intellettuali, attori e anchormen televisivi quanto lo di bi- zinessmeny e miliardari quella eletta lo scorso dicembre. Pi feroce ancora il giudizio del colle- ga poeta e dissidente, il premio Nobel Josif Brodskij, che si dimise per protesta dallAccademia delle Arti americana quando vi fu accolto il suo rivale: Uno che lancia pietre, ma solo nelle direzioni ufficialmente sancite e approvate, lo boll con disprezzo. Certa gente non riesce a capacitarsi di come uno che ha tanto protestato sia riuscito a sopravvive- re. Mi applaudirebbero solo se mi vedes- sero affogare in una pozza del mio stesso sangue. Sono capaci di amare solo i ca- daveri, la sanguigna risposta di Evtusenko ai suoi critici. Molto pi di- retta, spontanea e convincente di quan- do, pur proclamando di non intendere nemmeno lontanamente paragonarsi a lui, aveva chiamato a suo difesa Aleksan- dr Puskin, accusato di essere troppo li- bero pensatore dal governo, e accusato di non sfidare e provocare abbastanza il potere dai liberali estremisti. Nemmeno la prima delle due linee parallele di dife- sa risolve tutto. Tanto meno le contro- versie sulla qualit della sua poesia. Ma tanto vale confessarlo: a lume di naso e di diffidenza istintiva nei confronti dei troppo giusti, troppo convinti e troppo fanatici, la sua prosaica avversione al martirio contribuisce a rendercelo pi simpatico dellarcigno Solzenicyn. Vo- gliamo proprio fargli una colpa per esse- re sempre riuscito, pi o meno bene, a cavarsela? Se la cava piuttosto bene, a quanto sembra, ora in Oklahoma. Anche meglio di quanto se la cavasse in Russia. Luni- versit lo considera uno dei propri tesori, anche se Robert Donaldson, il rettore che lo aveva chiamato nel 1992 ormai andato in pensione. Gli studenti lo ado- rano. Pendono dalle sue labbra ai suoi corsi (lanno scorso ne ha tenuti due, uno di poesia e uno di film). Sono incan- tati dalla teatralit con cui recita versi percorrendo in lungo e in largo laula e inframmettendo ricordi, aneddoti, chiose e humour tra uno e laltro. come ave- re una pop star in classe, dicono. Bello, alto, slanciato, con penetranti occhi az- zurri che ti scavano nellanima ha an- che il physique du rle del grande uomo di spettacolo. Avrebbero potuto forse attribuire a lui il ruolo del professore che, nel film Lattimo fuggente, inizia i propri studenti a uscire dal grigiore del college e della vita e ad amare la poesia. Altri pensano invece che dovrebbe inter- pretare un film su se stesso. Ha sempre avuto della poesia il senso di qualcosa che non ci si limita a fare, ma si recita. Curioso come quasi tutti i giornalisti che, nel corso degli anni, hanno scritto su di lui, siano stati colpiti dal suo abbi- Evgenij Evtusenko, quasi unicona pop del disgelo kruscviano Siegmund Ginzberg continua in quarta pagina Divido lumanit in due gruppi: quelli che hanno uno sprazzo di vita negli occhi, e quelli che non lhanno. E a chi gli chiede il segreto della perenne giovinezza: La curiosit per la vita, la sacrosanta curiosit dei bambini I luoghi sono due. Uno un par- co di Mosca intitolato a Pavlik Morozov, con al centro una statua di Pavlik Morozov che regge una bandiera sventolante. Laltro il villaggio di Gerasimovka, a un giorno di macchina da Ekaterin- burg. A Gerasimovka nacque e mor Pavlik Morozov. Per sapere chi fosse Pavlik Morozov biso- gna aver fatto le scuole in Russia, quando la Russia era ancora Urss ed Ekaterinburg si chiamava an- cora Sverdlosk. Se si sono fatte le scuole in Urss impossibile non sapere chi fosse Pavlik Morozov. impossibile non ricordare una canzone che incominciava cos: Na Urale lesa/ Vekovaya krasa ecc., cio Sugli Urali ci sono fo- reste, belle di secoli e verdi tutto lanno, sopra le cime volano le aquile e sopra le aquile volano gli aeroplani ecc. La canzone si inti- tola Pesnya o Pionere-Geroe, la Canzone delleroico pioniere. Vo- lente o nolente, intonato o stonato ogni scolaro la cantava in coro con tutti gli scolari dellUrss, da Kali- ningrad alla penisola di Sakhalin. Leroico pioniere era appunto Pavlik Morozov, che sventolava la bandiera di marmo sul piedistallo del parco che portava il suo nome. Tutti i bambini dellUrss dovevano crescere eroici come lui. Pavlik era un eroe perch aveva denunciato il padre. Il padre era molto amato e stimato a Gerasimovka. I suoi con- cittadini lo avevano eletto pi volte a capo del soviet. Non sapevano di aver riposto la loro fiducia su un mascalzone. Quale fosse il crimine non del tutto chiaro. Chi dice che nascondesse prodotti agricoli destinati allammasso, chi sostiene che fornisse documenti falsi per ritornare ai loro paesi a ingordi kulaki deportati dalle autorit a Gerasimovka che, pur essendo molto a Occidente, era pur sempre gi in Siberia. Qualunque fosse il suo crimine, quel nemico del po- polo lavrebbe fatta franca, se non ci fosse stato il figlio dodicenne (Pavlik Morozov, appunto) a de- nunciarlo. Nel 1931 denunciare il padre per amore del Partito e dello Stato sovietico era unazione eroica che non poteva che tornare gradita al compagno Stalin. Purtroppo il piccolo Pavlik non pot entra- re nella compagnia di giro degli Eroi dellUnione Sovietica. Una turba di parenti (tra cui il nonno e la nonna, uno zio e un cugino) lo uccisero a pugnalate. Finalmente limmaginetta di Pavlik Morozov, eroe e martire, arriv nei libri di lettura e il suo nome comparve su targhe e carte intestate di in- numerevoli scuole sparse per tutta lUnione. Dur a lungo, fino alla caduta dellimpero. Poi qualcuno, al quale ritornava in mente la can- zoncina (Na Urale lesa/ Vekovaya krasa ecc.) si mise in testa di scoprire come era andata davvero la cosa. Scopr che a Gerasimovka nessuno aveva un buon ricordo del piccolo Pavlik. Alcuni sostenevano che era stata la madre a spingerlo a denunciare il padre che laveva la- sciata per unaltra donna. Qualcu- no avanz lipotesi che a uccidere Pavlik non erano stati i parenti, ma la polizia segreta. Tanto per creare un martire. Revisionismi. leroico pioniere e il revisionismo Aveva cominciato, negli anni 60 Patricia Blake, descrivendolo sullEncounter meravigliosamente bello e accattivante, vestito in una camicia sportiva americana dai disegni selvaggiamente bizzarri, sotto una giacca di seta grigia Quando per descrivere le collezioni si usavano definizioni come gonne sbieche o a coda di gazza, si parlava di silhouet- te lampadario, di tuniche rendigote e di minigonne trenta centimetri trenta, di linea a compasso e bikini col cappuccio, di nastri Pompadour e soutache doro, di organdis, new look e tacchi Hula Hop. Maria segu il consiglio di Gruau e inizi a fare bozzetti per il giornale della Snia Viscosa e per alcuni della Domus, tra cui Fili Moda. Quando poi scoppi la guerra fece per breve anche la stilista, vendeva disegni ai modellisti in crisi di idee per via del regime autarchico che non permetteva pi di attingere alla creativit parigina. Se i suoi amici oggi si chiamano Krizia, Missoni, Gaetano Afeltra, Gior- gio Bocca, Beppe Modenese, Laura Biagiotti, tanti, tanti altri li conserva nella memoria. Come Camilla Cederna. Quando penso a Camilla, chiss perch metto affettuosamente a fuoco, nella nostra prima vacanza del Dopoguerra, in Corsica, la sua vestizione notturna con mascherina di raso nero e tappi alle orecchie perch il primo sole e il gallo del pollaio accanto non la svegliassero. La disegnatrice Brunetta Mateldi che ha immortalato cos in un ritratto: La mia vera conoscenza di lei avvenne il primo anno di guerra a Bagutta. Da poco ero stata ammessa alla famosa tavola degli iniziati: portavo ancora il cappello e quella sera avevo un tricorno di velluto cognac con veletta a pois di ciniglia. Se- duta davanti a me, Brunetta mi chiese di togliermi la veletta e in dieci minuti mi fece un ritratto delizioso senza ombra di caricatura; ma insorsero tutti: Brunetta, dov andato il tuo spirito? Ti fa sogge- zione la Pezzi?. E lei, con finto candore: Ha una faccia tanto buona. Ma so- prattutto Dino Buzzati. Era stato lui a introdurla nel sancta sanctorum di via Solferino. E dire che dopo il loro primo incontro Buzzati aveva commentato con un amico: simpatica ma veste in mo- do orrendo. Lei era trasecolata: indos- sava una rendigota rossa di Schiaparelli e portava una canottiera grigia, cos si chiamava il cappello con lala dura. Si era sentita elegantissima. Malgrado lin- cidente divennero amici. Di lei Buzzati diceva che era lunica persona che tolle- rava vedere quando era di cattivo umo- re. Cos come serba il ricordo dei salotti culturali di Milano dove si ritrovavano critici teatrali, giornalisti, scrittori come Raul Radice, Arrigo Benedetti, Emilio Radius, Nino Nutrizio, Luigi Barzini, Giorgio Scerbanenco. Anche per noi giornalisti di moda era pi importante aver letto lultimo libro di Camus, che aver visto tutte le sfilate. soni. Non rimpiange il passato. Osserva solo: Oggi non si bada pi ai sarti, agli artigiani, le uniche parole che si rincor- rono sono Borsa, globalizzazione. Parole sconosciute a un mondo un tempo leggendario, dove regnava la finzione salottiera, dove le vendeuse negli atelier commentavano fintamente estasiate la prova delle signore borghesi con un oh vous est magnifique. La moda non potr pi tornare ai riti degli atelier. La prima spinta al cambiamento lo diedero proprio le sfilate fiorentine. Gli americani venivano trattati come ambasciatori, accolti nei luoghi pi belli dellarte italiana. A Parigi ci si chiudeva negli atelier, si sfilava quasi in segreto. Poi arrivata Milano. Dei giovani che lhanno fatta diventare la capitale del prt--porter ha apprezzato Albini, Ar- mani, i Missoni, Krizia anche se credo sia stato Versace uno degli ultimi creati- vi, con quel suo gusto per la ricchezza. Ma le immagini pi vive riguardano un altro tempo. Fotografie della memo- ria nelle quali rivede Balenciaga seduto in un bistrot accanto al suo atelier, solo, triste, elegante consumare una colazione e scambiare qualche tenero sguardo con il suo cane; le feste di Fath nel suo ca- stello di Corbeville, dove si incontravano Ginger Rogers e Clark Gable; la Milano dei cabaret, un periodo breve ma che ha inciso sulla vita sociale e sulla moda. Affacciandosi dalla casa di Foro Buonaparte dove ha sempre vissuto, nel libro di Vergani il 27 gennaio del 1998 annota: sera, sono sempre sullo stesso balcone della mia camera da letto: dopo ventanni di febbrile lavoro, diceva il sindaco Pillitteri, sinaugura il nuovo Piccolo Teatro. La scena mutata: il verde riposante della mia infanzia stato inghiottito da un monumento di matto- ni. Ma, tra la folla degli invitati, scorgo la bella faccia di Valentina Cortese, ancora incorniciata dal suo voluminoso turbante: niente cambiato e io sono ancora qui a guardare. ANNO IX NUMERO 10 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO DOMENICA 11 GENNAIO 2004 H o avuto la fortuna di essere giovane negli anni Venti. Unepoca memorabile, ve- ramente rivoluzionaria dove la libert di spirito correva parallela alla libert della moda e inseguiva un ideale di bellezza non pi languido e voluttuoso ma aggres- sivamente permissivista, con noi ragazze sexy e provocanti senza finalmente quasi nulla sotto il vestito. Cos racconta Ma- ria Pezzi, oggi signora di 94 anni. Guido Vergani la definisce cos: Solenne, lo nei numeri anagrafici, non nel modo di viverla, non nellattenzione a non farsi tentare dal ruolo di matriarca della moda che pure le competerebbe per sapienza, per anni di appartenenza e perch la moda stata ed lintelligente passione e il mestiere della sua vita (Maria Pezzi Una vita dentro la moda). Figlia irrequieta di una famiglia della borghesia milanese il padre era un industriale socio di Borletti Maria non aveva alcuna intenzione di aspettare il matrimonio per poi passare la vita ad annoiarsi. E visto che il teatro le piaceva (ci siamo sempre andate, mia sorella Lena e io in loggione, i genitori in pla- tea) e Milano allora vantava un numero di palcoscenici di tutto rispetto, lidea dellattrice era a portata di mano. A dire il vero, erano soprattutto i costumi ad af- fascinarla. Uno indossato da Lea Vergani se lo fece addirittura rifare uguale dalla sarta. Quella degli abiti era peraltro una fascinazione di sempre. Qui davanti al parco, cio davanti alla nostra casa in Foro Buonaparte, cera il viale delle balie, un vero salotto, e io da piccola mi incantavo ogni tanto ad ammirare i loro vestiti. Gi, perch nella Milano bene di allora, anche labito delle balie aveva la sua importanza per risalire, contando il numero della balze di velluto, allo sta- tus dei signori di casa. Passato dopo un po il sogno dellat- trice era arrivato quello della pittura. Voleva andare a Brera, ma per quanto il padre fosse di vedute ampie (ogni esta- te mandava me e mia sorella a fare un viaggio in Europa) quella volta le disse no. Le fece la controproposta di prende- re lezioni private da Andreoli, un pittore anziano che lui conosceva. A dire il vero, Andreoli si rivel per certi versi pi pe- ricoloso dellambiente bohmien di Bre- ra, ma le lezioni servirono comunque. A darle, infine, la spinta decisiva fu Ren Gruau. A Parigi, dove Gruau viveva, era arrivata nel 1938. Lui laveva osservata, guardato alcuni suoi lavori e le aveva detto: Lei ha stile, ha gusto, perch non disegna figurini?. Erano gli anni in cui Coco Chanel, Elsa Schiaparelli, Cristobal Balenciaga, Jeanne Lanvin dettavano la moda. Quando si parlava di maison e di case, quando i creatori erano ancora sarti, non stilisti, quando a sfilare erano le mannequin, le indos- satrici, non le modelle e le collezioni venivano presentate nei lussuosi atelier. Maria Pezzi, decana della moda, quando la moda non era fashion Andrea Affaticati Sar anche per questo che i suoi ar- ticoli non sono solo puntigliose descri- zioni delle collezioni, ma anche ritratti vivaci della societ che cambiava. Co- me quello apparso nellestate del 1953 sullEuropeo. La guerra tra la Francia e lInghilterra (lAmerica ancora neu- trale) stata dichiarata a Parigi marted sera 28 luglio, alluscita della collezione di Christian Dior, rappresentata da les molletes nus. Mai, dal 1947, quando Christian Dior lanci il suo new look che rivoluzion il mondo femminile si sono avuti tanti contrasti, e proteste cos vio- lente, come allapparire di questa Tour Eiffel, cos si chiama una delle linee di Dior, che comincia a 40 centimetri dal suolo. Gli articoli di moda hanno avuto, nei quotidiani inglesi, lonore dello spa- zio riservato di solito alle informazioni politiche: tutti i giornali hanno iniziato inchieste su questo problema che ango- scia le donne. Le inglesi si sono schie- rate contro le gonne corte, trincerandosi dietro a Norman Hartnell, il sarto della regina, il quale ha dichiarato che una donna per bene, non porter mai gon- ne cos corte. [] Gli italiani disappro- vano, ma si divertono pensando che per salvare lestetica bisogner insegnare alle donne a salire sui tram, a scendere dalle automobili e soprattutto a sedersi senza far arrossire gli uomini. Quando usc questo articolo, Maria Pezzi scriveva gi per diversi giornali, oltre allEuropeo. Erano i primi anni Cinquanta e vigeva ancora il divieto di citare i marchi italiani, la Bianchi di Fausto Coppi era la biancoceleste, la Cinquecento diventava unutilitaria torinese. Cos io avevo trasformato Emilio Pucci ne il marchese di Firenze mentre Schubert era diventato un sarto romano dal nome di un celebre musici- sta di Vienna. A cambiare le cose fu Gaetano Afeltra. Allora direttore om- bra del Corriere dInformazione, che si impunt. Se si potevano scrivere i nomi dei sarti francesi perch non anche quel- li italiani? Afeltra da Maria non voleva per solo articoli. Conoscendo il suo tratto, pretendeva anche la dettatura del disegno. Lui mi passava un illustratore e io dovevo spiegargli tutto via telefono: le linee le pieghe, le sfumature. Un po come facevano le sartine un tempo quan- do arrivavano a Parigi. Mentre quelle di fama potevano comperare i modelli di Lelong, Vionnet, Grs, Balenciaga, rifarli e venderli poi in esclusiva in Italia, quelle meno abbienti avevano trovato un modo geniale per aggirare lostacolo soldi. Si consorziavano, ognuna con un compito ben preciso. Una stava attenta solo ai colli, unaltra alle spalle, unaltra alle attaccature o ai drappeggi. Al ritorno in albergo ricomponevano le collezioni come un puzzle. Con la nostra arte di arrangiarci ci eravamo guadagnati il tito- lo di pi grandi copieurs del mondo. Ha raccontato la nascita di Dior, Gi- venchy, Balmain, Fath (Fine luglio del 1945. Nel piccolo, elegante atelier in rue Pierre I de Serbie [] allimprovviso irrompe nella sala un giovane biondo, abbronzato, vestito di bianco e, con un acrobatico salto fra il ballerino e latleta, cade ai piedi di Claudette Colbert. [] Cos ho visto Jacques Fath e Genevive alla loro prima collezione) e il trionfo di Yves Saint-Laurent nel 1958: Di- ciamo la verit: ancora per Dior che siamo venuti a Parigi. Volevamo vedere alla prova il giovane che ne ha raccolto leredit. Parigi ci ha dato la risposta: la casa Dior salva e Yves Saint-Laurent degno del suo maestro. Il pomeriggio del 30 gennaio, quando mancavano an- cora due ore al termine della collezione Dior, si videro gli strilloni correre per gli Champs-lyses annunciando a squar- ciagola, come se si trattasse delle notizie pi importanti per la vita della Francia: Il trionfo della casa Dior. Se Christian Dior aveva sentenziato: Sono stufo di quelle sfacciate protube- ranze che sempre di pi aggrediscono da sotto le magliette delle donne, insomma la fine delle maggiorate, YSL aveva supe- rato il maestro dando alle sue donne un tocco leggermente lesbienne. Poi era ar- rivato Pierre Cardin con il suo diktat: Il corpo fuori moda, ora il corpo prende- r la forma del vestito e non viceversa. Maria descriveva, virgolettava, commen- tava: Questi giovani sarti ammirano le donne, ma non si direbbe che le amino. Le vogliono estremamente eleganti, ma non sensuali. E chiudeva: Se la moda deve essere unevasione al mondo con- formista, se deve essere ribellione alle cose comuni e logiche [] queste nuove donne dalle buffe silhouette che sfiorano il ridicolo, questi sacchetti morbidi e leg- geri, asessuali ma eccentrici [] rispon- dono pienamente allo scopo. LItalia intanto aveva lanciato loffen- siva. Nel 1951 Giovan Battista Giorgini inventava le sfilate di Firenze. Tre anni dopo seguiva Roma. Tra i primi a sfilare nella Sala Bianca di Palazzo Pitti furono Emilio Pucci, Simonetta Visconti (ma- niaca di braccialetti, tanto che la sentivi arrivare per via di tutto quel tintinnare), Jole Veneziani chiamata da tutti zampa di velluto. Sono stata io a inventare questa definizione, confessa Maria. Ormai la si vede solo di rado alle sfilate. Qualche anno fa le stato con- ferito lAmbrogino doro Milano per la moda. Gli ultimi disegni, negli anni Novanta, li ha fatti per i suoi amici Mis- Davanti alla nostra casa in Foro Buonaparte cera il viale delle balie, un vero salotto, e io da piccola mi incantavo ad ammirare i loro vestiti. Gi, perch nella Milano bene di allora, anche labito delle balie aveva la sua importanza Era stato Dino Buzzati a introdurla nel sancta sanctorum di via Solferino. E dire che dopo il loro primo incontro lui aveva commentato con un amico: simpatica ma veste in modo orrendo. Lei era trasecolata Le immagini pi vive riguardano un altro tempo. Fotografie della memoria nelle quali rivede Balenciaga seduto in un bistrot, solo, triste, elegante consumare una colazione e scambiare qualche tenero sguardo con il suo cane; le feste di Fath nel suo castello di Corbeville, con Ginger Rogers e Clark Gable Afeltra non voleva solo articoli. Conoscendo il suo tratto, pretendeva anche la dettatura del disegno. Mi passava un illustratore e io dovevo spiegargli tutto via telefono: le linee, le pieghe, le sfumature. Come le sartine di un tempo ANNO IX NUMERO 10 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO DOMENICA 11 GENNAIO 2004 D ottor Minoli, come fa la Du- cati?. Vrooom, vroomm a voce piena. E la Har- ley?. Po-te-to-po-te-to, imitando il gorgoglio della moto americana. E le giapponesi?. Uiuu, uiuu. Tutte cos, in tono che ricorda il lamento di un gatto. Per Federico Minoli, presidente e amministratore delegato della Ducati Motor Holding, lunico e vero suono tra i tanti e diversi rumori il primo, il suo. Nel nostro prodotto c unanima. Quello giapponese nasce in una fabbri- ca, il nostro concepito sui tornanti della Futa. Gli sta un po pi simpatico il borbottio della Harley Davidson. Un po perch un verso inventato da suo figlio piccolo, un po per affinit elettive con il popolo gli harleysti. Ci accomuna il legame con la terra. Loro vengono da una tradizione di bad boys. Noi arri- viamo dai pistaioli, dagli smanettoni. Comunque una trib. Jeans, scarpe da corsa, una collezione di caschi sparsi per lufficio come feticci, Federico Minoli appare effettivamente un tribal manager, uno di quei tipi che in America chiamano maverick, persone che sfiorano la follia e che crea- no qualcosa di effettivamente folle, ma baciato dal genio. Il marketing morto, sostituito dalla community. E lazienda diventa una trib. Limportante la con- divisione dei valori. un filo conduttore e se non ce lhai devi trovarlo, perch la chiave per avere successo e divertirsi. Come in una trib, in Ducati sono modificati i valori formali. Il parcheg- gio, per esempio: non c distinzione tra dirigenti e operai, bens tra chi arriva in sella a una Ducati (nel qual caso ha il po- sto vicino allingresso) e chi no. Daltra parte, la moto puoi acquistarla in leasing a condizioni favorevolissime. Oppure contare sulla fortuna: quasi ogni settima- na ne sorteggiata una per partecipare a un raduno dei club. C chi la prende in consegna il venerd, arriva fino in Scozia o in Norvegia e il luned mattina, puntuale, in fabbrica. Al contrario di una trib, per, lazienda non si basa su ruoli rigidi. Quando si libera un posto scegliamo chi promuovere allinterno dellazienda stessa. Chiunque pu con- correre. facciamo capire alle persone che lavorano sulla linea che hanno loppor- tunit di fare cose pi divertenti. Questa ricerca sincronica di successo, valori e divertimento, ha segnato tutta la vita di Minoli. Vengo da una famiglia tranquilla della media borghesia di pro- vincia. Una vita felice. Il Sessantotto, a Gallarate, arriva sfumato, ma intanto io avevo cominciato a viaggiare. E avevo scoperto sesso e lavoro: una rivoluzione interna. Allepoca, per formazione, un cattolico di sinistra. Studia Scienze politi- che e fa politica con Lotta continua. Poi prende il sopravvento quella sorta di educazione che timpedisce di fare stupi- daggini, dopo luniversit fa domanda per tutti i master possibili e vagabonda per un anno negli Stati Uniti. La svolta nel 1974, quando viene assunto dalla Procter & Gamble. Ricordo il colloquio in quella che sino al giorno prima consi- deravo un nemico pubblico. Scopro che non battono ciglio alla mia dichiarazione politica. Dicevano se non hai fatto poli- tica in questi anni, allora non hai capito nulla. Riesce a stupirli, invece, quando lascia lazienda il giorno stesso della sua promozione. Avevo voglia di cambiare, il cambiamento un bene in s. Da allora il suo un percorso in cui alterna esperienze professionali e avventure sabbatiche, in una serie di riti di passaggio compiuti nel momento stesso in cui ottiene un successo. Un recupero, una rinascita, ma anche un non fare un cazzo. Riparte per gli Stati Uniti on the road, torna in Italia, negli anni Ottanta si trasferisce a New York. Quindi un altro anno sabbatico, prima in Centro America, a piedi sino alla citt perduta di Tikal, poi in Congo, sulla scia di Cuore di tenebra. Simbarca sul po- stale che da Kinshasa risale il fiume sino a Kisangani. Dun tratto, comera comin- ciata, lavventura si conclude. Il venerd ero nella foresta, il luned alla McKinsey di Milano. Ci resta sei mesi, poi si mette a fare il consulente. Lavoravo sulle cose pi strane, a met tra la gestione e la consulenza del cambiamento. Riattraversa lAtlantico per fare lamministratore delegato di Benetton Usa (grande insegnamento quello di Benetton, il suo segreto che ha sempre fatto cose che il comune buon- senso consiglia di non fare. cos che m venuta lidea del management by spariglio). Come dire: larte di cam- biare le carte in tavola. Ancora un po di avanti e indietro, poi nel 1998 acquisisce il controllo della Ducati. E pensare che cominciato tutto per caso, perch un broker della Deutsche Bank voleva la 916. Pur di avere subito quella moto, considerata dai cultori la pi bella mai realizzata, opera di Massimo Tamburini, altro genio motoristico dEmilia, quel broker innesc una serie di trattative che si rivelarono uno scontro di culture. Qui cera un gruppo di ingegneri asse- diati in una sorta di Fort Apache. Attor- no a loro non cera unazienda. Minoli arriva e applica quella che chia- ma creativit gassosa. Pensa allacqua che bolle, alle particelle che si aggrega- no e disaggregano generando energia. Ecco, lascio fluttuare tutto attorno a un sogno e una passione, aggregando persone interessanti, intelligenti e moti- vate. Magari un po strane. Questa gente devi lasciarla libera. In termini formali, ricorda parecchio la teoria del caos ma- nagement. Ma per Minoli il caos una pratica pi che una teoria, e il sistema sembra funzionare: la Ducati tornata a essere unazienda leader nel settore delle moto sportive ( il secondo marchio pi venduto in Giappone dopo la Honda), le sue azioni (a New York e alla Borsa italiana) sono in rialzo. La parte tecnica segue processi pi tradizionali. Ma anche in qui stato applicato lo stesso principio molecolare. I nostri ingegneri lavorano secondo processi simultanei anzich sequenziali. Quando la Honda ha un problema, i tecnici chiedono istruzioni, si buttano sul fax. I nostri si buttano sulla moto. Se Minoli il capotrib, lingegner Claudio Domenicali, amministratore delegato della Ducati Corse, lo scia- mano che ha elaborato le formule per il Motomondiale. Non volevamo fare una moto GP, volevamo fare una Ducati GP. La sfida ingegneristica era di reinventare le soluzioni tecniche proprie dellazienda per realizzare una moto competitiva. Il valore di un motore Desmo che vince infinitamente superiore a vincere. Le soluzioni tecniche sono il cuore della storia Ducati. Che si riassume nel ter- mine Desmo, ossia desmodromico. Etimologicamente: desmos, legame, e dromos, luogo della corsa. Definisce un sistema di distribuzione basato su un meccanismo di controllo delle valvole sia in apertura sia in chiusura. Ideato una trentina danni fa da Fabio Taglioni, per la gente Ducati il mitico Dottor T, rappresent una vera e propria rivoluzio- ne. Domenicali tenta di spiegarmelo nel modo pi semplice, ma alla fine rinun- cia: Diciamo che il Rolex della mec- canica. Un sistema molto pi complicato e costoso degli altri, ma anche pi effi- ciente. Dubbio del profano: Se tanto migliore, perch non stato adottato da altri, almeno per le corse?. Risposta del maestro: Oltre la teoria, c una fila di trucchi e trucchetti che abbiamo elabo- rato nel tempo, sogghigna Domenicali. Chiss, forse anche per questo fascino Federico Minoli, capo trib Ducati, una libera leggenda emiliana Massimo Morello Q uando un turco di diciannove anni dai capelli rossi e dagli oc- chi blu come fiordalisi arriv nel 1921 nella Russia dei soviet, si trov in un luogo pieno di idealismo anche se gi insanguinato dalla guerra civile. Chagall dipingeva ancora le scenografie per gli spettacoli di propaganda; i quadri degli artisti davanguardia come Malevich, Ro- dchenko, Larionov e Goncharova erano ancora esposti nelle gallerie; Majakovskij tuonava ancora nelle arene e produceva manifesti rivoluzionari con immagini di borghesi grassocci colpiti dalle baionette della rivoluzione. Ejzenstein nella Co- razzata Potmkin faceva scendere dalle scalinate di Odessa una carrozzina che sarebbe passata di film in film; Isadora Duncan danzava per i soldati dellAr- mata rossa, cercando di non sentire la pula di girasole che le feriva i piedi nudi. Meyerhold, il grande regista della rivolu- zione, metteva in scena i suoi allestimen- ti esplosivi, senza immaginare che di l a poco sarebbe stato martoriato nelle celle imbrattate di sangue della Lubianka poi- ch nel paese non cera posto che per un unico grande regista della rivoluzione: Stalin. Ma questo Termidoro sovietico era ancora di l da venire. Da giovane Nazim si trov nel centro del convulso rinascimento artistico post rivoluzionario che aveva fretta di fiorire perch per istinto sentiva che la fioritura sarebbe stata tragicamente breve. Era una rivoluzione affamata che tentava di essere generosa col talento profuso sugli schermi, sui palcoscenici, sulle pareti delle gallerie e nelle pagine dei giornali. Quando torn in Russia attraverso la Romania dopo ventitr anni di assen- za, lesperienza di Nazim era quella di un idealista che arrivava in un luogo dominato dal cinismo. Quello che lo aveva liberato dalle sbarre era stata una campagna politica in suo favore con- dotta perlopi dalla sinistra francese, ma anche da alcuni scrittori sovietici. Anchio, che allora ero un poeta di diciannove anni, pubblicai sonore e re- toriche poesie dedicate a Nazim. Allora ero estasiato: quel poeta leggendario era venuto a vivere con noi a Mosca! Mentre era ancora in galera aveva scritto unac- corata ode a Stalin che aveva sconfitto Hitler; ma non aveva ancora scoperto (o forse aveva paura di scoprire) che cera unaltra personalit che viveva allinterno di Stalin: il boia, non solo dei cosiddetti nemici della rivoluzione, ma della ri- voluzione stessa. Il paese di cui Nazim Hikmet aveva sognato non esisteva, era Nazim Hikmet, turco comunista e poeta, un vero pericolo per Stalin Evgenij Evtus enko arrivato in una terra diversa. Era il 1951. La paranoia finale di Stalin era iniziata e sarebbe finita con larresto dei suoi stessi dottori. Leuforia portata dal ritorno di Nazim si sovrappose a quella paranoia. Quando gli era stato chiesto in Romania chi avrebbe voluto vedere di nuovo, ave- va esclamato con gioia: Kolya Ekk. Il regista Nikolai Ekk era un amico della sua giovent. Nel 1931 aveva girato il famoso Biglietto per la vita, sui bam- bini senza casa che le autorit sovietiche erano impegnate a rimodellare, per usare lespressione del tempo. Nel 1932, al primo Festival internazionale di Ve- nezia, Ekk era stato nominato miglior regista dal pubblico. Ma i tempi stavano cambiando. Il potere sovietico si impic- ciava non solo delle ideologie ma anche dello stile artistico, trattando anche gli esperimenti formali come deviazioni dal realismo socialista appena escogitato. Il gioioso sperimentalismo degli anni 20 e 30 era stato sostituito da una versione provinciale e comunista di Hollywood. Di Ekk non cera pi bisogno. Divenne un disoccupato. Cominci a bere. Nel 1951 fu tirato fuori dal suo tugu- rio olezzante come un cane vecchio, per incontrare Nazim; lo lavarono, lo rinfre- scarono il pi possibile, gli appuntarono sul bavero una copia della sua medaglia (che aveva perso o impegnato per bere), gli ficcarono in mano un mazzo di rose, lo spinsero in una grande macchina nera e lo condussero a incontrare il famoso turco pacifista. Nazim salut il vecchio compagno e gli chiese, assolutamente contro le aspettati- ve dellentourage del Kgb e dellUnione degli Scrittori: Cosa stai facendo per noi al cinema, oggi, Kolya?. Segu un silenzio venato di panico. Uno dei boss cominci a fare gesti disperati a Ekk da dietro le spalle di Nazim strabuzzando gli occhi e agitando le mani come per di- re: Per lamor del cielo, digli qualcosa, qualsiasi cosa. Ekk cap che quella era la sua unica opportunit: Per qual- che ragione negli ultimi tempi sono stato attratto dal circo. Voglio mettere su uno spettacolo fondato sullacqua, rispose trionfante, resuscitando una vecchia idea che da tempo era insabbiata in qualche ufficio; afferr il burocrate culturale pi vicino per il bavero e sussurr: Adesso non puoi far altro che firmare un lungo contratto. Ma nonostante lappoggio di Nazim finirono per liberarsi di lui, giacch Ekk present un progetto in stile fantascienza che avrebbe richiesto la de- molizione delledificio del mercato cen- trale sul Tsvetnoy Boulevard, per erigere al suo posto colline artificiali con cascate della dimensione del Niagara. Subito dopo il suo arrivo Hikmet doveva essere ricevuto da Stalin. Prima dellincontro Nazim, vecchio uomo di teatro affamato delle esperienze dei pal- coscenici di Mosca che aveva un tempo esoterico che una moto Ducati divenu- ta la protagonista delle scene iniziali di Matrix reloaded. E forse quel mec- canismo deve rimanere cos, vagamente misterioso, per continuare a rappresen- tare il Grande Spirito di quello che qui chiamano il mondo Desmo. Santuario di questo mondo il Museo Ducati. Concepito come un centro ceri- moniale, circondato da quei totem che sono le moto storiche, meta di pellegri- naggio di decine di migliaia di fedeli del- la trib Ducati, gente che si sposa ai ra- duni con tanto di torta desmodromica, scrive veri messaggi damore dedicati alla Superbike 999, scorre religiosamente il Muro della gloria, lelenco dei nomi di chiunque abbia vinto una qualsiasi gara in sella a una Ducati. il contrario del- la Formula Uno. Anche i campioni non possono fare le prime donne, devono rappresentare i valori della trib. Le cose vanno fatte per il tifoso, solo per il tifoso, dice Minoli, che ha in testa lidea di trasformare la Ducati in un marchio globale di entertainment. E cos i primi attori di questo spettaco- lo girano in fabbrica. Riconosci loperaia che ha fatto da modella per una splendi- da campagna pubblicitaria. Dopo quel- la foto diventata proprio pi bella. C la coda. Inevitabilmente sei coinvolto dalle storie del Livio, impiegato divenuto storico, curatore del museo, che tra una citazione di Guareschi e la ricerca di un pezzo da collezione organizza il giro del- la Futa sui luoghi della guerra con moto dipinte nei colori tedeschi e americani. Incontri i vecchi operai rientrati in fab- brica per restaurare le moto depoca e lanziano capufficio andato in pensione che adesso ricerca e restaura disegni al tecnigrafo come arcani codici miniati. Ascolti le divagazioni del Fini, il poeta dellazienda che ha sfidato il Costipato (mi sono astenuto dallindagare sul so- prannome) in certame poetico sul tema: Moto GP, Desmo sedici. E tinnamori della Lidia, presidentessa del Club Du- cati Borgo Panigale, che lavora in catena di montaggio e organizza raduni con ballo e grigliata. Se compri una Honda compri un pezzo di metallo. Una Ducati un pezzo di storia, dice Minoli, e sa- luta loperaia che ha vinto una corsa la domenica precedente. Lui le ha fatto da ragazzo ombrello alla partenza. adorato, cerc con ansia opere degli ere- di di Meyerhold, il regista che aveva am- mirato. Ma comerano questi eredi? In quei giorni il palcoscenico era dominato da Surov e Sofronov, entrambi vincitori del premio Stalin, autori di decine di la- vori correnti. In seguito venne fuori che Surov non scriveva lui le sue opere: per il compito assumeva quelli che lui chiama- va negri, cio gli stessi scrittori ebrei che egli aveva fatto espellere dallUnione Scrittori. Sofronov, autore di alcune canzoni abbastanza buone del tempo di guerra, invece scriveva i suoi lavori, ma solo nel poco tempo che gli restava dallimpegno di smascherare gli artisti cosmopoliti. Ragione per cui non aveva molto tempo per limare i suoi capolavori. Il teatro era dominato dalla teoria del non conflitto, che implicava che non ci potesse essere conflitto fra il bene e il male nella vita felice del popolo sovieti- co. Questo teatro sterilizzato era quello che Nazim poteva vedere nel 1951. Una sera, alla fine di uno spettacolo, fu dato per Nazim un banchetto della cosiddetta intelligencija creativa. Fu offerto da Yury Zavadsky, un regista di talento, ma assolutamente cinico, con i modi di un ex aristocratico che si era trasformato in matre dhotel. Lanfitrione fece un lungo discorso di benvenuto che consisteva in frasi affettate come la sua persona, men- tre Kolya Ekk, ripulito e vestito quanto le autorit sovietiche avevano potuto, ma sempre con un ineliminabile sentore di cane, sedeva a tavola e, preoccupato di essere portato via da un momento allal- tro, continuava a ingollare bicchieri di brandy armeno di grande qualit. Nazim ascolt pazientemente i com- plimenti che gli piovevano addosso; ma quando arriv il suo momento di fare un discorso la sua faccia si indur e i suoi occhi assunsero una luce metallica. Fra- telli, disse, in russo gutturale quando ero in isolamento in galera, pensavo che sarei sopravvissuto sognando i tea- tri di Mosca. Ho sognato Meyerhold e Majakovskij. Era la rivoluzione di strada che si era trasformata nella rivoluzione sul palcoscenico. E adesso, cosho visto nei teatri di Mosca? Ho visto una pic- cola arte borghese senza gusto che cerca di chiamarsi realismo, realismo socialista per di pi. Oltretutto, ho visto un ser- vilismo fuori misura sul palcoscenico e anche fuori dal palcoscenico. Come pu il servilismo essere rivoluzionario? Fra pochi giorni dovr incontrare il came- rata Stalin, che ammiro profondamente, ma gli parler francamente, come un co- munista a un altro comunista, e gli dir che dovrebbe fare in modo che questi innumerevoli ritratti e statue vengano rimossi: tutto cos volgare. Cal un silenzio mortale. Il solo suono era quello di Kolya Ekk che gustava il suo brandy. Alcuni degli ospiti cercarono di uscire in La trib Ducati, gente che si sposa ai raduni con tanto di torta desmodromica, scrive messaggi damore alla Superbike 999, scorre religiosamente il Muro della gloria, lelenco dei nomi di chiunque abbia vinto una gara in sella a una Ducati continua in quarta pagina ANNO IX NUMERO 10 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO DOMENICA 11 GENNAIO 2004 gliamento. Aveva cominciato, negli anni Sessanta, Patricia Blake, descrivendolo sullEncounter come meravigliosamen- te bello e accattivante Vestito in una camicia sportiva americana dai disegni selvaggiamente bizzarri, sotto una giacca di seta grigia. Poi lattenzione si era spo- stata sui jeans troppo larghi, gli abiti quasi studiosamente trasandati, le giac- che di pessimo taglio. Il recente articolo di Stephen Kinzer sul New York Times si attiene alla tradizione, esordendo con la descrizione della vistosa giacca di lana a disegni intricati del Guatemala, sulle sue larghe spalle di leone ingrigito delle lettere russe. Anche il costume fa parte del teatro. A un singolare paragone teatrale ricorre poi la sua recente prefa- zione a una biografia di Nazim Hikmet ricca di aneddoti a grande effetto, come la rivelazione che Beria stava per farlo ammazzare e che alle riunioni de- gli scrittori sovietici col collega appena liberato dopo 17 anni nelle galere turche si sussurravano battute tipo: Non parle- rebbe cos se fosse passato da una delle nostre. Nella storia, come a teatro, un attore pu talvolta interpretare bril- lantemente il proprio ruolo anche in una pessima commedia. Nazim Hikmet inter- pret splendidamente la sua parte nello spettacolo del comunismo, cos mal di- retto dalla storia e destinato a un brutto finale, scrive. Quasi volesse farci capire perch ha scelto di cambiare palcosceni- co principale. Anche se non rinuncia alle tourne. Almeno una volta allanno torna a Mosca. stato in giuria al Festival di Venezia. da poco tornato dal Kazaki- stan. atteso in Polonia e in Ucraina. Ha timbri di 92 paesi sul passaporto. A settantanni ha mantenuto, salvo qualche ruga e i capelli grigi, i lineamenti da eterno bambino, laspetto da ribelle da giovent bruciata, il fascino di Peter Pan. Non saprei come dire, ma una persona un po pi viva di chiunque altro mi sia capitato di incontrare, dice di lui una studentessa. Lui stesso non manca di compiacersene. Sa di essere ormai un classico, ma non mostra la minima propensione a entrare a far parte della Dead Poets Society, del club dei poeti defunti. Divido lumanit in due gruppi: quelli che hanno uno sprazzo di vita negli occhi, e quelli che non ce lhanno, ha avuto occasione di dire. A chi gli chiede il segreto della perenne giovinezza, risponde: La curiosit per la vita. La sacrosanta curiosit dei bambini. Si invecchia solo quando si perde quel- la. Senza curiosit per la vita si diventa indifferenti. E lindifferenza non che una forma di aggressione, un modo di distruggere, dice. Non ci sono anni che tengano: dal teatro del Cremlino a Kendall Hall (laula cui intitolata la sua cattedra a Tulsa), si intitolava la perfor- mance poetica che i suoi studenti gli ave- vano allestito la scorsa estate in occasione del suo settantesimo anniversario (che lui preferiva definire in modo pi civettuolo il mio 07mo compleanno). Dai versi di una sua poesia del 1993: Non abbiate paura: non ci sono anni/ Ci rinchiudia- mo nella nostra vecchiaia/ come in una Evgenij Evtusenko IL FOGLIO quotidiano ORGANO DI CONVENZIONE PER LA GIUSTIZIA DIRETTORE RESPONSABILE: GIULIANO FERRARA CONDIRETTORE: GIUSEPPE SOTTILE LEDIZIONE DOMENICALE, DEDICATA AI RITRATTI DI PERSONA, CURATA DA SANDRO FUSINA. COORDINAMENTO REDAZIONALE: MAURIZIO CRIPPA SOCIET EDITRICE: IL FOGLIO QUOTIDIANO SCARL LARGO CORSIA DEI SERVI 3 - 20122 MILANO TEL. 02.771295.1 - FAX 02.781378 PRESIDENTE: GIUSEPPE SPINELLI CONSIGLIERE DELEGATO: DENIS VERDINI CONSIGLIERE: LUCA COLASANTO DIRETTORE GENERALE: MICHELE BURACCHIO REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI MILANO N. 611 DEL 7/12/1995 TIPOGRAFIE: LITO SUD SRL - VIA DI TOR SAPIENZA 172 - ROMA S.T.S. SPA - V STRADA 35 - PIANO DARCI (CT) CENTRO STAMPA LUNIONE SARDA - VIA OMODEO - ELMAS (CA) DISTRIBUZIONE SO.DI.P. SPA VIA BETTOLA 18 20092 CINISELLO BALSAMO TEL. 02.660301 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICIT: MONDADORI PUBBLICIT SPA CONCESSIONARIA INCARICATA: PRS - STAMPA SRL VIA B. QUARANTA 29 MILANO, TEL 02.5737171 SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE (45%) ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FILIALE DI MILANO ABBONAMENTI E ARRETRATI: STAFF SRL 02.45.70.24.15 VERSAMENTI SU CCP N.43000207 INTESTATI A: STAFF SRL/GESTIONE IL FOGLIO UNA COPIA 1,00 ARRETRATI 2,00 + SPED. POST. ISSN 1128 - 6164 www.ilfoglio.it e-mail: lettere@ilfoglio.it Evgenij Evtuenko
nato a Zima (Irkutsk) in Siberia nel
1933. Nel 1952 divenne il pi giovane membro dellUnione degli scrittori sovietici. Caposcuola della generazione poetica post staliniana, nel 1957 fu accusato di individualismo. Nel 1963 fece autocritica. Sempre in bilico tra or- todossia e dissidenza, difese Sinjavskij e Solenicyn e protest per linvasione della Cecoslovacchia. Eletto deputato nel 1989, ha sostenuto il diritto allin- dipendenza delle Repubbliche baltiche. Dal 1993 insegna Letteratura russa alluniversit di Tulsa, Oklahoma. Siegmund Ginzberg nato a Istanbul, ha scritto corrispondenze da Pechino, Teheran e New York. Vive a Roma. Maria Pezzi
Nata nel 1908, la decana del gior-
nalismo di moda italiano. Ha esordito quando Chanel e Schiaparelli dettavano legge. I suoi articoli pubblicati sul Cor- riere dInformazione, lEuropeo, il Cor- riere della Domenica, non solo hanno raccontato con parole e disegni la nasci- ta dei grandi dellhaute couture Dior, Yves Saint-Laurent, Pierre Cardin ma anche il lento trasformarsi della socie- t. Una societ che contava tra i grandi protagonisti della cultura italiana i suoi amici pi cari: Dino Buzzati, Camilla Cederna, Brunetta. Andrea Affaticati nata in Austria e vive a Milano. Free-lance, scrive di cultura e societ per varie testate. Federico Minoli
Nato a Gallarate nel 1949, presidente
e amministratore delegato della Ducati Motor Holding. Dopo luniversit e un po di vita giramondo, ha iniziato la carriera nel 1974 nel marketing della Procter & Gamble. Ha lavorato per Benetton Usa, McKinsey e Bain Cuneo and Associates. Negli ultimi dieci anni ha operato in Europa e Stati Uniti per Private Equity Funds finalizzati al rin- novamento dimpresa. Con tale incarico entra in Ducati nel 1996 e nel 1999 ne realizza la quotazione in Borsa. sposa- to con unamericana e ha due figli. Massimo Morello vive a Milano. Giornalista free-lance, autore di re- portage e libri di viaggio. Nazim Hikmet
Nacque a Salonicco, nellImpero otto-
mano, nel 1902. Crebbe a Istanbul. Nel 1922 si trasfer a Mosca, stregato dalla rivoluzione. Rientrato in Turchia nel 1924, fu presto arrestato. Nel 1926 torn in Russia, incontr Majakovskij, lavor con Meyerhold. Continu a scri- vere articoli, poesie, testi teatrali. Torn in Turchia nel 1928, continu lattivit artistica e politica. Nel 1938 fu condan- nato come oppositore. Durante i 12 anni di detenzione nacquero molte delle sue migliori liriche. Liberato nel 1950, lo stesso anno condivise con Neruda il Pre- mio internazionale per la pace dellUrss. Divenne cittadino polacco, visse a Varsa- via e Sofia. Mor a Mosca nel 1963. Alberto Giuliani
Nasce nel 1975, dal 1993 lavora come
fotografo per lagenzia Grazia Neri. Da allora ha girato il mondo e pubblicato servizi su differenti soggetti, dalla ste- rilizzazione forzata in Per alla vita quotidiana sulle spiagge italiane, alla recente guerra in Afghanistan. Nel 1998 inizia un lungo lavoro sulla dia- spora dei tibetani. Nel 1999 fotografa i bambini di strada in Argentina e Cile. Nel 2000 vince il premio Canon con il progetto Next to nothing, incentrato su varie tematiche sociali. Nel 2003, con il musicista Cesare Picco e lattore Gioele Dix, ha portato in scena a Mila- no Viaggio a Samarcanda, spettacolo nomade di musica e immagini. EGUE DALLA PRIMA PAGINA gabbia arrugginita/ Ma in ogni vecchio/ troverete il ragazzino/ che dentro gli gioca a nascondino. Per molti i pri- mi pannolini dei loro bambini sono le bandiere bianche che simboleggiano la loro resa. Non finite cos. Continuate a combattere per i vostri principi. E per i vostri figli, lesortazione a effetto con cui ha concluso lultimo semestre di insegnamento. Vecchiaia, morte, infanzia, nascita, rinascita sono tra i temi pi ricorrenti di questi suoi ultimi anni. Non mori- re prima di essere morto si intitolava significativamente anche lamaro ro- manzo dei primi anni Novanta, ispirato alle vicende seguite alla dissoluzione dellUrss. poi vero che non esistiamo pi?/ O non siamo ancora nati?/ Stiamo nascendo ora/ Ma doloroso nascere di nuovo, i versi accorati di qualche anno fa di Perdita, sulla Russia che ha perso la Russia in Russia, e torna a chiedersi se proprio non ha altra scelta se non quella tra il fantasma dello zar Ivan il Terribile e il fantasma dello zar Caos. Da un po di tempo appare un po pi ottimista. La Russia non sa ancora che strada scegliere. Siamo nel pieno della seconda trasformazione della nostra societ in meno di un seco- lo. Non abbiamo ancora deciso quale identit vogliamo darci. Con Eltsin aveva rotto per la guerra in Cecenia. Su Putin evita di pronunciarsi. Di rina- scite e reinvenzioni, anche di se stesso, lenfant terrible della poesia russa si rivelato un maestro. Purch non venga fuori che eravamo affascinati dal ritratto di Dorian Gray. cato. Mi hanno appena dato un anticipo troppo grosso per me. Senti, non conosci nessuno che abbia bisogno di denaro? (oggi non pensabile una telefonata del genere da parte di nessuno). Nazim amava e aiutava i giovani artisti che non avevano riconoscimento ufficiale; fu uno dei primi a comprare opere di Oleg Tselkov quando era ancora poco noto e a commissionargli le scene per la sua opera La spada di Damocle al teatro satirico. Di recente Oleg mi ha detto come, verso il 1955, una volta si sedettero a Tushino sulla riva del canale fra Mosca e il Volga e Nazim gli indic ironicamente con gli occhi due figure che stavano nellombra a rispettosa distanza. Chi sono quegli uomini?, chiese Tselkov; non capendo. Nazim si strinse nelle spalle: Mi se- guono, fratello. Come, ti seguono? Un vincitore del Premio per la Pace? Perch?, chiese stupito Tselkov. Uno mi segue in modo che nessuno mi dia fastidio. Laltro mi segue in modo che io non dia fastidio a nessuno cos che funziona, fratello!. Lo stesso anno, Nazim mi invit con lartista Yuri Vasiliev per un paio di giorni a Peredelkino, questa era la sua ospitalit: stacc i telefoni e dedic tutto il tempo ai due ospiti. Ci sedevamo tutto il giorno su cuscini turchi e la conversazione vagava pigra, come il vapore che si sollevava dal t turco. Intanto Yuri Vasiliev, con la stessa rilassatezza, decorava linterno della porta, mentre la storia, imprevedi- bile nella sua crudele fretta, si precipitava contro laltra parte della porta. Ma fu la storia ad aprire quella porta che era troppo debole per resistere alla punta di piedi dalla sala in modo di non essere fra i testimoni di questo discorso assolutamente sconveniente. Piano, in modo che solo quelli vicino a lui potesse- ro sentirlo, Kolya mormor: Nazim non avrebbe parlato in questo modo se fosse stato in una delle nostre prigioni invece che in una prigione turca. Nel tenta- tivo di risollevare latmosfera, Zavatsky sollev un bicchiere di champagne nelle sue dita tremanti e malcurate: Caro Nazim! Sono sicuro che anche al com- pagno Stalin non piacciono alcuni dei suoi ritratti. Ma non ci sono abbastanza Rembrandt o Repin per fissare in modo appropriato la sua immagine. Non si pu immaginare che il compagno Stalin possa proibire alla gente di amare il compagno Stalin! Brindiamo al compagno Stalin! Al numero uno dei comunisti. Come, stai dicendo che non sono solo i comunisti in prigione ad avere un numero?, chiese Nazim. Evidentemen- te, Kolya Ekk o un altro dei suoi vecchi amici lo avevano illuminato sulla fine che avevano fatto alcuni dei suoi maestri. Losservazione fu fatta senza enfasi. Ma quelli che dovevano sentire la sentirono. Il giorno dopo Nazim fu informato che lincontro previsto era stato rimandato a data da destinarsi, poich il compagno Stalin era molto, molto impegnato. Una mattina ricevo una telefonata: una voce gutturale e familiare mi parla in un accento unico e ammaliante. Come stai, fratello? Hai bisogno di soldi? No? Pec- Nazim Hikmet EGUE DALLA TERZA PAGINA sua pressione. La storia irruppe sotto forma di un vecchio ubriaco con occhi mobili e blu come quelli di Hikmet. Senza badare a noi due luomo guard Nazim, si tolse il cappotto di finta pel- liccia e si butt in ginocchio Per amor di Cristo, Nazim, perdonami, liberami dal mio peccato, c qualcosa che devo dirti. Nazim lo aiut ad alzarsi: Alzati fratello, non hai niente da dirmi. No, ho davvero qualcosa da dirti. Me lo sono tenuto per me per tanti anni e adesso non ce la faccio pi. Incespicando nelle parole gli raccont la storia che lo tormentava. Nel 1951 Nazim aveva una macchina ufficiale con un autista al suo servizio. Quellautista era il vecchio. Erano diven- tati amici e Nazim laveva invitato una volta a casa. Nel 1952 lautista era stato convocato alla Lubianka. Si era stupito di trovarsi di fronte allo stesso Beria. Sai chi porti in giro?, gli chiese Beria. Un vincitore del Premio del- la Pace un comunista turco un grande poeta un amico dellUnione Sovietica, gli aveva risposto lautista sconcertato. Non un amico dellUnio- ne Sovietica, ma un nemico, mormor Beria, un nemico incallito che si messo la maschera del rivoluzionario. Vuole uccidere il compagno Stalin. Ma noi non possiamo arrestarlo, troppo famoso; inoltre turco. Dovresti aiutarci a toglierlo di mezzo, non dovrebbe esse- re difficile per un autista professionista inscenare un falso incidente. Evgenij Evtuenko, prefazione a Saime Gksu e Edward Timms, The life and zork of Nazim Hikmet, Hurst & Co.