L. TRIANNI, E.M. CLINI Razionale Definizione, classificazione di gravit e valutazione nutrizionale Indicazioni alla nutrizione artificiale Nutrizione artificiale nellinsufficienza respiratoria - Razionale - Vie e regimi di somministrazione - Risultati clinici Complicanze della nutrizione artificiale A. Corrado, eds. La terapia intensiva respiratoria. Pisa: Edi-Aipo Scientifica 2005:155-165 Capitolo 15 Razionale L a nutrizione artificiale (NA) una procedura terapeutica mediante la quale possibile soddisfare integral- mente i fabbisogni nutrizionali di pazienti altrimenti non in grado di alimentarsi suffi- cientemente per la via naturale. In ambito ospedaliero, il trattamento di NA risulta indicato nelle seguenti condizioni: 1) Presenza di malnutrizione. 2) Rischio di malnutrizione. 3) Presenza di ipercatabolismo. In una quota assai pi limitata di pazienti lindicazione alla NA nasce per lesigenza di mantenere un riposo intestinale o per somministrare substrati che sono importan- ti per il supporto metabolico di organi o apparati il cui trofismo cruciale per la sopravvivenza, la cosiddetta farmaconutri- zione, termine con il quale si intende la pos- sibilit di modulare alcune risposte biologi- che, fisiologiche e/o patologiche attraverso la somministrazione, orale o parenterale, di dosi farmacologiche di singoli principi nutritivi quali ad esempio gli acidi grassi omega-3, gli aminoacidi ramificati e la glu- tamina 1-3 . Definizione, classificazione di gravit e valutazione nutrizionale La malnutrizione una condizione di alte- razione funzionale, strutturale e di sviluppo dellorganismo conseguente allo squilibrio tra fabbisogni, introiti ed utilizzazione dei nutrienti, tale da comportare un eccesso di morbilit e mortalit o unalterazione della qualit della vita. Nel paziente ospedalizzato la malnutrizione la risultante di un deficit, acuto o cronico, sia di calorie (substrati energetici) che di proteine (substrati plasti- ci) che configurano il quadro della cosid- detta malnutrizione proteico-calorica (MPC). Essa caratterizzata da una riduzio- ne della massa magra e da unespansione del compartimento extracellulare. La malnutri- zione si associa ad incremento della morbi- lit con aumento del numero delle compli- cazioni e conseguente degenza pi lunga, pi frequente ospedalizzazione ed aumento dei costi. Per un impiego adeguato della NA necessaria tuttavia una approfondita cono- scenza non solo del problema malnutrizio- ne, ma anche del rischio malnutrizione e delle molteplici situazioni cliniche che com-
portano unelevata probabilit di indurre alterazioni dello stato nutrizionale 4 . Il principale parametro utilizzato per valuta- re lentit della malnutrizione la perdita di peso corporeo. Lentit del calo ponderale in grado di condizionare un peggioramento dellevoluzione clinica varia in letteratura; tuttavia in molti studi si accetta come signi- ficativo un calo ponderale involontario negli ultimi 6 mesi > 10% rispetto al peso abituale 4 . La mancata registrazione del peso del paziente al momento del ricovero rima- ne sorprendentemente, ancora oggi, una rilevante concausa della MPC in ambito ospedaliero. Per la valutazione nutrizionale e lidentifica- zione delle conseguenze metaboliche della malnutrizione si utilizzano dati anamnestici, valutazioni cliniche, misure antropometri- che, e parametri biochimici. Unanamnesi fisiologica e patologica approfondita ed un esame obiettivo accurato sono indispensabi- li per una corretta valutazione nutrizionale. Nella Tabella I sono riportati i principali parametri utilizzati per una corretta valuta- zione nutrizionale. Indicazioni alla nutrizione artificiale Riportiamo di seguito le pi comuni situa- zioni cliniche nelle quali la nutrizione artifi- ciale dovrebbe essere effettuata: 1) Malnutrizione severa o moderata (calo ponderale comunque > 10% negli ultimi 6 mesi). 2) Stato nutrizionale normale ma: - Evidente rischio nutrizionale - Stima o previsione di insufficiente nutri- zione orale per almeno 10 giorni - Ipercatabolismo grave (perdita azotata > 15 g/die) - Ipercatabolismo moderato (perdita azo- tata compresa tra 11 e 15 g/die) - Alterazioni dellassorbimento, del tran- sito intestinale o della digestione del cibo nelle sue varie fasi, gravi e non rapidamente reversibili (entro 10 gior- ni). Lelaborazione di un piano terapeutico con la NA prevede pertanto una serie di inter- venti con diversi livelli di evidenza 4 : 1) Lidentificazione del soggetto malnutrito od a rischio di diventarlo (valutazione nutrizionale) (evidenza A). 2) Lidentificazione degli obiettivi che ci si propone di raggiungere con il supporto nutrizionale (evidenza B). 3) Lidentificazione dei fabbisogni che devono essere soddisfatti per ottenere i risultati nutrizionali programmati. 4) La definizione della via di somministra- zione da utilizzare (evidenza B). 5) La stesura del programma nutrizionale con la scelta dei parametri da utilizzare per il monitoraggio del paziente (eviden- za B). Nutrizione artificiale nellinsufficienza respiratoria Razionale Nel soggetto sano, il metabolismo e la fun- zione respiratoria sono strettamente dipen- denti per cui, a PCO 2 arteriosa costante, la relazione esistente tra produzione di CO 2 e ventilazione alveolare lineare. Al contrario, le particolarit del supporto nutrizionale nel paziente con insufficienza respiratoria clinicamente evidente derivano, principalmente, da due ordini di relazioni: da quelle esistenti tra metabolismo dei nutrienti e scambio gassoso a quelle tra mal- nutrizione, meccanica ventilatoria e funzio- ne polmonare. Nei pazienti ospedalizzati, la 156 Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini
risposta ventilatoria alla CO 2 depressa e la risposta allipercapnia aumenta parallela- mente allapporto azotato; peraltro i centri respiratori vengono stimolati in maniera ottimale soprattutto da un corretto apporto di aminoacidi ramificati. Le conseguenze di uno stato di MPC nei pazienti con insuffi- cienza ventilatoria possono essere moltepli- ci: disionie (K,Mg e P), che riducono il con- tenuto muscolare di ATP, alterazione della massa muscolare del diaframma, che pu ridursi anche del 20%, diminuzione della produzione di surfactante alveolare, altera- zione delle capacit riparative del parenchi- ma polmonare e alterazione della clearance polmonare con aumentato rischio di atelec- tasie. Se stato dimostrato che dopo un periodo di digiuno abituale osservare una riduzione della VCO 2 e della VE per dimi- nuzione del Volume corrente (VT), feno- meno peraltro reversibile con la ripresa del- lalimentazione, pur vero che ogniqualvol- ta si prescriva una NA in pazienti con deficit polmonare necessario valutare anche i potenziali rischi connessi al carico dei nutrienti, perch la nutrizione artificiale determina un aumento della VCO 2 senza un consensuale incremento della VE, a causa delle ridotte possibilit di adattamento ven- tilatorio. Le possibili cause di insufficienza respiratoria acuta e cronica sono molteplici, variano dal deficit primitivo dei meccanismi atti ad assicurare lo scambio gassoso allin- sufficienza dei meccanismi preposti a garan- tire la ventilazione 5-9 . Per ci che riguarda in particolare la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), essa una affezione polmonare progressiva, caratterizzata da un notevole stato di malnutrizione e debolezza muscola- re, indipendente dallentit dellostruzione e dal tipo di enfisema 10-13 , con un pi pre- coce raggiungimento della soglia anaerobi- ca e un alto costo ventilatorio di O 2 . La mal- nutrizione nel paziente BPCO un evento complesso, essendo la conseguenza di profonde alterazioni dei prodotti intermedi del metabolismo proteico, della differenzia- zione, proliferazione e apoptosi cellulare, dei recettori e dei segnali biochimici che regolano la contrattilit della miocellula 14 . Secondo le pi recenti evidenze scientifiche la BPCO 15 infatti una patologia infiamma- toria sistemica con interessamento di molti apparati corporei, a causa della aumentata produzione di mediatori della flogosi, le citochine, (quali ad esempio il TNFa, lIL-6 e IL-8) e la proteina C reattiva 16-18 . Nel Nutrizione del paziente critico Tab. I. Parametri clinico-metabolici per la valutazione della malnutrizione (tratta dalle Linee Guida SINPE per la Nutrizione Artificiale ospedaliera 4 ). Malnutrizione Parametro Lieve Moderata Grave Calo ponderale 5-10% 11-20% > 20% BMI 17-18,4 16-16,9 < 16 Indice creatinina/h. 99-80 79-60 < 60 Albumina (g/dl) 3,5-3 2,9-2,5 < 2,5 Transferrina (mg/dl) 200-150 149-100 < 100 Prealbumina (mg/dl) 18-22 10-17 < 10 Retinol-binding protein (mg/dl) 2,9-2,5 2,4-2,1 < 2,1 Linfociti/mm 3 1500-1200 1199-800 < 800
BPCO si osserva anche una profonda com- promissione della bilancia ossidativa, con riduzione di importanti enzimi intracellula- ri fondamentali per il sistema ossidante della miocellula 19 ed un disequilibrio della bilancia metabolica in senso catabolico, sia per notevole produzione di fattori catabolici quali il cortisolo, il TNFa e la IL-6, sia per inibizione della sintesi ormonale pro-anabo- lica di testosterone e IGF-1 20 . Mentre normalmente nel BPCO con nor- male massa magra la forza muscolare e la cinetica dellesercizio sono comparabili a quelle del soggetto normale 21 , nella malat- tia in fase avanzata si evidenzia, a livello della miocellula, una alterazione del nume- ro dei mitocondri e una diminuzione della fosforilazione ossidativa con diminuzione del pH intracellulare 22 . Engelen et al. 23 24 hanno dimostrato come il metabolismo pro- teico nel BPCO sia caratterizzato da un aumentato turnover proteico, con una dimi- nuita sintesi di aminoacidi ramificati e di glutammato intracellulare, importante pre- cursore antiossidante, i cui bassi livelli nel paziente BPCO sono stati correlati ad una precoce comparsa di acidosi lattica. Gli stes- si autori ipotizzano poi che vi sia una altera- zione del rapporto tra il pool intra ed extra cellulare aminoacidico, per un difetto del trasporto transmembrana di alcuni aminoa- cidi, quali ad esempio la leucina, la tirosina e la fenilalanina 23 24 . A livello endocrino poi, si assiste a diminui- ta secrezione di ormoni a valenza anabolica, quali il testosterone, il TSH ed il GH. Per di pi, il paziente BPCO ha unalterazione del fisiologico controllo centrale e periferico dellintake alimentare, per diminuita sintesi di Orexina-A a livello ipotalamico 25 e di Leptina a livello del tessuto adiposo 26 , pep- tidi entrambi coinvolti positivamente nella regolazione dellintake alimentare stesso. Quando il paziente con BPCO mostra un notevole grado di catabolismo muscolare 27 28 aumentano le fibre muscolari di I tipo e diminuiscono quelle di II tipo (cio aumen- tano quelle con una pi bassa capacit di generare forza specifica) non solo a carico degli arti superiori ed inferiori, ma anche a carico del diaframma; a ci si associano il danno cronico da decondizionamento e quello da terapia steroidea, a cui consegue una pi o meno accentuata riduzione della forza muscolare respiratoria 29 (pari al 20- 35%) non in rapporto lineare al grado e al tipo di ostruzione delle vie aeree. A tutto ci va aggiunta la nozione che lalte- razione (riduzione) dellindice di massa cor- porea (BMI) rappresenta nella BPCO un fattore indipendente di aumentato rischio di mortalit 15 . Vie e regimi di somministrazione La via enterale da privilegiare oltre che per considerazioni generali, per la minore termogenesi indotta dai nutrienti sommini- strati per tale via. Il tratto gastroenterico , nella maggioranza dei casi, agibile anche in condizioni di grave insufficienza respirato- ria acuta. Accessi per nutrizione entrale (NE). Per linfu- sione di nutrienti nello stomaco necessa- rio che il paziente abbia una normale capa- cit di svuotamento gastrico, normale rifles- so del vomito e della tosse; linfusione post- pilorica, invece, indicata in presenza di esofagite da reflusso, di pregressi episodi di aspirazione nelle vie aeree (ab-ingestis), di gastroparesi (diabete, sclerodermia, farma- ci, ecc.), di ostruzione gastrica, o infine quando si programmi una nutrizione ente- rale precoce dopo interventi chirurgici maggiori sul tratto digestivo superiore. Distinguiamo, quali accessi di infusione 4 : 1. la sonda naso-enterica (naso-gastrica, duo- denale, digiunale) pu essere preferita 158 Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini
ad una stomia qualora la durata della NA sia prevedibilmente breve (inferiore a 30 giorni) 2. La gastrostomia, in particolare quella ese- guita per via endoscopica (PEG o percu- taneous endoscopic gastrostomy), lac- cesso enterale pi comunemente utilizza- to per trattamenti a lungo termine. 3. La digiunostomia indicata quando la gastrostomia non consigliabile per pos- sibile reflusso gastroesofageo ed ab-inge- stis, o quando lo stomaco non sia accessi- bile od utilizzabile per presenza di ulce- ra, neoplasia, o esiti di pregressi inter- venti (PEJ o percutaneous endoscopic jejunostomy). Raccomandazioni per accesso enterale 1) La scelta dellaccesso per NE deve essere fatta considerando sia la situazione ana- tomica dello stomaco, sia le capacit di svuotamento gastrico, sia il rischio di ab- ingestis (evidenza B). 2) Per posizionare in sede post-pilorica una sonda naso-enterica si dovrebbe sempre utilizzare per primo il metodo passivo al letto del paziente, e procedere con tecni- ca radiologica o endoscopica solo in caso di fallimento del primo metodo (eviden- za A). 3) Il corretto posizionamento di una sonda naso-enterica dovrebbe sempre essere confermato radiologicamente (evidenza B). 4) Lentit del residuo gastrico non dovreb- be superare per due volte successive i 200 mL. Nelle prime fasi di un trattamento con NE intragastrica il residuo gastrico deve essere controllato ogni 4-5 ore (evi- denza A). 5) Per la NE devono essere utilizzati proto- colli di gestione (evidenza B) e nutri- pompe (evidenza C). Accessi venosi per nutrizione parenterale totale (NPT). Si intende per accesso venoso centra- le un presidio che una volta impiantato con- sente linfusione in vena cava superiore o inferiore o in prossimit dellatrio destro. Tra le numerose indicazioni al cateterismo venoso centrale vi anche quello necessario ad infondere nutrienti. Oggi si dispone di una notevole variet di cateteri venosi cen- trali (CVC), mono-bi-trilume, in poliureta- no e silicone, eparinizzati (heparin coating) o impregnati di antibiotico (sulfadiazina, clo- rexidina) 5 . Nella maggior parte dei casi, nel paziente adulto, laccesso venoso oggi posizionato mediante venipuntura percuta- nea, con metodo di Seldinger. In ambito ospedaliero, laccesso venoso centrale pre- scelto solitamente un CVC temporaneo, non tunnellizzato, a basso costo, inserito mediante puntura percutanea della vena giugulare interna, della vena succlavia, o della vena femorale. Laccesso alla vena cava inferiore attraverso la vena femorale per non consigliato per la NPT, perch grava- to da alto rischio di trombosi venosa e di sepsi da catetere. Taluni presidi possono essere inseriti anche mediante puntura di vene periferiche (tipi- camente, basilica o cefalica alla piega del gomito), purch il catetere sia sufficiente- mente lungo da arrivare con la punta in prossimit dellatrio destro: si parla in tal caso di CVC a inserzione periferica o PICC. In ambito di NPT domiciliare, si ricorre invece ad accessi venosi centrali a medio/lungo termine, caratterizzati da materiale pi biocompatibile (silicone, poliuretani di ultima generazione, come i policarbonati alifatici), dalla possibilit di un uso discontinuo, e dal costo pi elevato. Per periodi limitati di tempo (accessi a medio termine, inferiore a 3 mesi) si utiliz- zano per lo pi CVC esterni non tunnelliz- zati in silicone, a inserzione centrale (cate- 159 Nutrizione del paziente critico
tere Hohn) o a inserzione periferica (PICC, in silicone o poliuretano). Per periodi pi protratti (superiore a 3 mesi) si utilizzano CVC esterni in silicone tunnellizzati (catete- ri Hickman, Broviac o Groshong), oppure sistemi totalmente impiantabili o port (CVC, di solito in silicone, connesso con un serbatoio in titanio o in materiale plastico intascato nel sottocute della regione sotto- claveare). Raccomandazioni per accesso parente- rale 1) La NPT dovrebbe essere attuata preferi- bilmente per via centrale, utilizzando cateteri con la punta in vena cava supe- riore o in prossimit dellatrio destro (evidenza A) 2) La via periferica pu essere indicata come parte di una nutrizione mista e comunque per trattamenti previsti per un periodo inferiore ai 15 giorni, o quan- do i fabbisogni sono bassi (evidenza C). 3) La decisione di posizionare un accesso venoso centrale per NPT va presa valu- tando accuratamente numerosi fattori, legati al tipo di trattamento, al paziente, alloperatore e pesando il rischio poten- zialmente associato alla manovra e al mantenimento del sistema (evidenza B). 4) Nella scelta di un sistema a lungo termi- ne per NPT domiciliare, occorre basarsi su diversi fattori quali la durata prevista del trattamento nutrizionale, il tipo di trattamento (continuo, notturno, episo- dico, ecc.), lesperienza dello staff, non- ch la compliance e la preferenza del paziente (evidenza B). 5) La somministrazione della NPT attraver- so la via centrale presuppone luso di adeguati protocolli di gestione (evidenza B) e di una nutripompa (evidenza C). 6) Occorre monitorare periodicamente la glicemia, la glicosuria, la funzionalit epato-renale, gli elettroliti plasmatici e la trigliceridemia, se si utilizzano infusioni lipidiche. Lapporto energetico totale non deve supe- rare, almeno nelle fasi acute, il fabbisogno energetico a riposo (20-25 Kcal/kg/die). Tale quota, nella maggioranza dei casi, pari al 10-20% in pi del fabbisogno ener- getico di base (BEE) stimato secondo le- quazione di Harris-Benedict 5 . Lutilizzo di altre formule o la misura mediante calori- metria indiretta non hanno dimostrato una superiorit di risultati. Nei pazienti con malattia polmonare cronica con associata malnutrizione gli apporti ener- getici, necessariamente pi elevati per garan- tire il recupero dello stato nutrizionale, deb- bono essere attentamente impostati e rag- giunti progressivamente sotto controllo clini- co. Nei pazienti con insufficienza polmonare acuta e grave (ARDS) che ricevono apporti energetici totali non superiori al dispendio energetico a riposo (REE), la quota delle calorie non proteiche fornita da lipidi bene sia assente o molto contenuta (< 15% calorie totali non proteiche). Nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica stabile dal punto di vista ventilatorio paiono essere tollerate quote pi elevate (fino al 40%). Lapporto proteico deve, in linea di massi- ma, eguagliare i fabbisogni stimati in base al grado di catabolismo (0,8-1,2g di protei- ne/kg/die; 1,2-1,5 g/kg/die nel malnutrito grave). Lapporto idrico giornaliero deve essere attentamente definito. Attenzione deve essere posta, infine, alla copertura dei fabbisogni elettrolitici, con particolare riferi- mento alla correzione di eventuali deplezio- ni cationiche e di fosforo 5 . 160 Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini
Risultati clinici La somministrazione di calorie in quantit eccessiva rispetto ai fabbisogni causa un aumento della produzione di CO 2 e dellesi- genza di ventilazione polmonare. La fonte delle calorie non proteiche (glucidica o lipi- dica) influenza il quoziente respiratorio modificando, in diversa proporzione, sia la produzione di CO 2 che il consumo di O 2 . Una quota elevata di calorie lipidiche pu abbassare il quoziente respiratorio, ma ridu- ce le necessit di adeguamento ventilatorio solo se diminuisce la produzione di CO 2 (questo lindice misurabile che meglio riflette lesigenza di ventilazione). Per mini- mizzare la produzione di CO 2 quindi indi- cato evitare quote inappropriatamente ele- vate di calorie totali somministrate, pro- grammando apporti sovrapponibili al REE. In studi sperimentali di fase I-II in pazienti con insufficienza respiratoria acuta, quando lapporto calorico totale uguale o inferio- re al REE, non sono stati dimostrati evidenti vantaggi clinici, sia sullo scambio gassoso che sulle capacit di svezzamento da ventila- zione meccanica, a seguito della modulazio- ne del rapporto tra calorie glucidiche e lipi- diche. Linfusione per via parenterale di emulsioni lipidiche a velocit elevata (> 3mg/kg/min) inoltre associata a deterio- ramento della funzione polmonare (ipossie- mia) 5 . Studi a tale proposito, condotti in pazienti critici, hanno portato a risultati non univoci, in quanto la sicurezza delluso dellemulsio- ne lipidica si dimostrata dipendere sia dalla patologia polmonare di base, sia dalla velocit di somministrazione che dal tipo di lipidi infusi (acidi grassi) 5 . Lutilizzo di composti lipidici con supplemento di acidi grassi della serie omega 3, pu essere di qualche beneficio (riduzione della perma- nenza in terapia intensiva, della durata della ventilazione e dello sviluppo di insufficienza multiorgano) nei pazienti affetti da insuffi- cienza respiratoria acuta tipo ARDS. Tuttavia questi acidi grassi sono spesso inclu- si nelle diete immunomodulanti: gli effetti potenzialmente negativi di queste diete in termini di mortalit sono stati recentemente segnalati in alcuni lavori ed evidenziati in una metanalisi. Tali effetti riguardano esclu- sivamente i pazienti critici ed in particolare modo i settici gravi affetti da polmonite. Nella maggioranza dei pazienti con sola insufficienza polmonare gli apporti proteici devono quindi soddisfare i fabbisogni. Nel paziente BPCO si sta attualmente valu- tando se un supplemento in NA possa deter- minare un recupero della massa magra persa a causa del suo cronico catabolismo proteico 12 30 31 ; secondo Ferreira et al. 32 il supporto nutrizionale da solo non migliora le misure antropometriche, gli indici di fun- zionalit polmonare e la capacit di tolle- ranza al carico di lavoro; anzi, un supporto nutrizionale aggressivo (raddoppio dellREE tramite NE) comporta un aumen- to solo di circa 3,3 Kg (6% del peso corpo- reo di base), ottenuto per incremento della massa grassa e senza miglioramento della ventilazione. Le raccomandazioni pi recenti 33 sottoli- neano perci come sia sin utile nel BPCO una supplementazione calorico-proteica a basso apporto calorico (500-700Kcal/die), ma sempre associata ad un moderato carico di lavoro, ma solo nei pazienti sottopeso (BMI < 21) con BPCO severa (FEV 1 < 50%); anche in caso di bilancio negativo dellazo- to, sembra utile iniziare un supporto nutri- zionale per os per positivizzare lo stesso, ma occorre associare quanto prima protocolli riabilitativi, se si desidera ottenere un aumento della massa magra (fat free mass). Lutilit di uno stimolo anabolico, tramite somministrazione di farmaci anabolizzanti, 161 Nutrizione del paziente critico
steroidi o ormoni, attualmente oggetto di dibattito; infatti, molte sono le problemati- che aperte in tal senso: occorre valutare il dosaggio pi appropriato per individualizza- re il trattamento e bilanciare gli eventuali rischi con i benefici attesi, dimostrare che vi sia un reale aumento della forza e della resi- stenza allo sforzo fisico e comprendere le interazioni tra il training e la somministra- zione di steroidi anabolizzanti 11 34-36 . Nei pazienti critici che non presentano grave malnutrizione, impostare una NA mista, parenterale ed enterale, allo scopo di ottimizzare rapidamente lapporto proteico- calorico, non sembra apportare sostanziali benefici clinici ma, al contrario, espone a pi frequenti complicazioni e realizza solo un pi alto grado di spesa sanitaria. La NE rappresenta quindi la prima scelta in tutti quei pazienti che abbiano un tratto intestinale funzio- nante e conservata capa- cit di svuotamento gastri- co. La NPT va usata solo quando la NE controin- dicata o impraticabile (anche in taluni casi di disfagia); se la NE non sufficiente a coprire i fab- bisogni del paziente indicata una nutrizione mista (NE+NPT) 37 . La Figura 1 mostra lalgorit- mo ragionato utile per orientare le scelte operati- ve in caso di NA. Complicanze della nutrizione artificiale Lintervento nutrizionale artificiale non scevro da rischi e possibili complicanze. In generale la presenza di vie di nutrizione entrale possono associarsi alla insorgenza di effetti indesiderati legati alla presenza del catetere venoso o a causa dei nutrienti infu- si (complicanze metaboliche). Le complicanze da catetere venoso sono per lo pi caratterizzate da infezioni per colo- nizzazione batterica del device (Stafilococco Epidermidis nel 43% dei casi, miceti nel 24% e Gram negativi nel 23%) e da episodi di trombosi venosa (stimata nel 34% dei casi) 4 5 . Tuttavia le complicanze del cateteri- smo venoso centrale sono ben pi comples- 162 Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini Fig. 1. Algoritmo ragionato per la scelta della via di sommi- nistrazione in caso di Nutrizione Artificiale. M
se e numerose e alcune volte gravate da peri- colose conseguenze per lo stato di salute del paziente. consigliabile quindi attenersi a validati protocolli di posizionamento e di monitoraggio 4 qualora si decida di inserire un CVC, per evitare il pi possibile linsor- genza delle stesse complicanze, qui di segui- to riportate: 1. sepsi, per inserzione o per utilizzo routi- nario del CVC, senza aver attuato le mas- sime precauzioni di asepsi. Si ricorda che circa il 20% di tutte le infezioni insorte in terapia intensiva sono causate dalla sovrainfezione dei cateteri centrali. 2. pneumotorace (pi probabile nellinserzio- ne di un CVC in vena succlavia interna rispetto alla vena giugulare interna). Per tale motivo fortemente consigliato ese- guire un RX torace di controllo subito dopo linserzione e dopo 24-48 h. 3. tromboembolia, per tale motivo si racco- manda sempre profilassi tromboemboli- ca nei pazienti con CVC a permanenza. 4. aritmie cardiache, nel 30% dei casi (si rac- comanda di monitoraggio ECG-rafico durante la manovra e nelle 24 ore suc- cessive). 5. lesioni delle vie linfatiche (specie del tronco comune nellincannulamento della vena succlavia sx). 6. rottura o attorcigliamento endovascolare del CVC (rara). 7. perforazione cardiaca (molto rara ma con una mortalit del 66%) Pertanto, dopo linserzione del catetere venoso, e successivamente ad intervalli pro- grammati, deve essere eseguita una radiogra- fia del torace, per il controllo della corretta posizione della punta del CVC, al fine di identificare possibili malposizioni o danni 4 . Le complicanze metaboliche riguardano invece il metabolismo del glucosio, il meta- bolismo aminoacidico, quello lipidico, le disionie (specie ipo-iper natriemie, kaliemie e magnesemie) ed il deficit di apporto vita- minico, soprattutto di Vitamina D, fonda- mentale per lomeostasi calciemica. Tra que- ste ultime, una particolare complicanza rappresentata dalla Refeeding syndrome, carat- terizzata da gravi squilibri metabolici indotti dalla reintroduzione di un carico calorico- azotato concentrato, secondario a un perio- do di digiuno prolungato o dopo un calo ponderale consistente 5 . Raccomandazioni generali sul rischio di complicanze 1. attento nursing e monitoraggio del paziente; 2. monitoraggio periodico della funziona- lit epato-renale; 3. valutazione quotidiana del bilancio idro- elettrolitico; 4. adesione a protocolli infermieristici per infusione in corso di NA; 5. evitare la eccessiva manipolazione delle miscele nutritive (diluizione, aggiunta farmaci) per lalto rischio di contamina- zione batterica delle stesse. Bibliografia 1 Pacht ER, De Michele SJ, Nelson JL, et al. Enteral nutrition with eicosapentaenoic acid, gamma- linolenic acid, and antioxidants reduces alveolar inflammatory mediators and protein influx in patients with acute respiratory distress syndrome. Crit Care Med 2003;31:491-500. 2 Falcao de Arruda IS, De Aguilar-Nascimento JE. Benefits of early enteral nutrition with glutamine and probiotics in brain injury patients. Clin Sci (Lond) 2004;106:287-292. 3 Cankayali I, Demirag K, Kocabas S, et al. The effects of standard and branched chain amino acid enriched solutions on thermogenesis and energy expenditure in unconscious intensive care patients. Clin Nutr 2004;23:257-263. 4 Linee Guida SINPE per la Nutrizione Artificiale ospedaliera 2002 (aggiornamento Ottobre 2003). 163 Nutrizione del paziente critico
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