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Nutrizione del paziente critico


L. TRIANNI, E.M. CLINI
Razionale Definizione, classificazione di gravit e valutazione nutrizionale Indicazioni alla
nutrizione artificiale Nutrizione artificiale nellinsufficienza respiratoria - Razionale - Vie e regimi
di somministrazione - Risultati clinici Complicanze della nutrizione artificiale
A. Corrado, eds. La terapia intensiva respiratoria. Pisa: Edi-Aipo Scientifica 2005:155-165
Capitolo 15
Razionale
L
a nutrizione artificiale (NA) una
procedura terapeutica mediante la
quale possibile soddisfare integral-
mente i fabbisogni nutrizionali di pazienti
altrimenti non in grado di alimentarsi suffi-
cientemente per la via naturale. In ambito
ospedaliero, il trattamento di NA risulta
indicato nelle seguenti condizioni:
1) Presenza di malnutrizione.
2) Rischio di malnutrizione.
3) Presenza di ipercatabolismo.
In una quota assai pi limitata di pazienti
lindicazione alla NA nasce per lesigenza di
mantenere un riposo intestinale o per
somministrare substrati che sono importan-
ti per il supporto metabolico di organi o
apparati il cui trofismo cruciale per la
sopravvivenza, la cosiddetta farmaconutri-
zione, termine con il quale si intende la pos-
sibilit di modulare alcune risposte biologi-
che, fisiologiche e/o patologiche attraverso
la somministrazione, orale o parenterale, di
dosi farmacologiche di singoli principi
nutritivi quali ad esempio gli acidi grassi
omega-3, gli aminoacidi ramificati e la glu-
tamina
1-3
.
Definizione, classificazione di gravit e
valutazione nutrizionale
La malnutrizione una condizione di alte-
razione funzionale, strutturale e di sviluppo
dellorganismo conseguente allo squilibrio
tra fabbisogni, introiti ed utilizzazione dei
nutrienti, tale da comportare un eccesso di
morbilit e mortalit o unalterazione della
qualit della vita. Nel paziente ospedalizzato
la malnutrizione la risultante di un deficit,
acuto o cronico, sia di calorie (substrati
energetici) che di proteine (substrati plasti-
ci) che configurano il quadro della cosid-
detta malnutrizione proteico-calorica
(MPC). Essa caratterizzata da una riduzio-
ne della massa magra e da unespansione del
compartimento extracellulare. La malnutri-
zione si associa ad incremento della morbi-
lit con aumento del numero delle compli-
cazioni e conseguente degenza pi lunga,
pi frequente ospedalizzazione ed aumento
dei costi. Per un impiego adeguato della NA
necessaria tuttavia una approfondita cono-
scenza non solo del problema malnutrizio-
ne, ma anche del rischio malnutrizione e
delle molteplici situazioni cliniche che com-

portano unelevata probabilit di indurre
alterazioni dello stato nutrizionale
4
.
Il principale parametro utilizzato per valuta-
re lentit della malnutrizione la perdita di
peso corporeo. Lentit del calo ponderale in
grado di condizionare un peggioramento
dellevoluzione clinica varia in letteratura;
tuttavia in molti studi si accetta come signi-
ficativo un calo ponderale involontario
negli ultimi 6 mesi > 10% rispetto al peso
abituale
4
. La mancata registrazione del peso
del paziente al momento del ricovero rima-
ne sorprendentemente, ancora oggi, una
rilevante concausa della MPC in ambito
ospedaliero.
Per la valutazione nutrizionale e lidentifica-
zione delle conseguenze metaboliche della
malnutrizione si utilizzano dati anamnestici,
valutazioni cliniche, misure antropometri-
che, e parametri biochimici. Unanamnesi
fisiologica e patologica approfondita ed un
esame obiettivo accurato sono indispensabi-
li per una corretta valutazione nutrizionale.
Nella Tabella I sono riportati i principali
parametri utilizzati per una corretta valuta-
zione nutrizionale.
Indicazioni alla nutrizione artificiale
Riportiamo di seguito le pi comuni situa-
zioni cliniche nelle quali la nutrizione artifi-
ciale dovrebbe essere effettuata:
1) Malnutrizione severa o moderata (calo
ponderale comunque > 10% negli ultimi
6 mesi).
2) Stato nutrizionale normale ma:
- Evidente rischio nutrizionale
- Stima o previsione di insufficiente nutri-
zione orale per almeno 10 giorni
- Ipercatabolismo grave (perdita azotata
> 15 g/die)
- Ipercatabolismo moderato (perdita azo-
tata compresa tra 11 e 15 g/die)
- Alterazioni dellassorbimento, del tran-
sito intestinale o della digestione del
cibo nelle sue varie fasi, gravi e non
rapidamente reversibili (entro 10 gior-
ni).
Lelaborazione di un piano terapeutico con
la NA prevede pertanto una serie di inter-
venti con diversi livelli di evidenza
4
:
1) Lidentificazione del soggetto malnutrito
od a rischio di diventarlo (valutazione
nutrizionale) (evidenza A).
2) Lidentificazione degli obiettivi che ci si
propone di raggiungere con il supporto
nutrizionale (evidenza B).
3) Lidentificazione dei fabbisogni che
devono essere soddisfatti per ottenere i
risultati nutrizionali programmati.
4) La definizione della via di somministra-
zione da utilizzare (evidenza B).
5) La stesura del programma nutrizionale
con la scelta dei parametri da utilizzare
per il monitoraggio del paziente (eviden-
za B).
Nutrizione artificiale nellinsufficienza
respiratoria
Razionale
Nel soggetto sano, il metabolismo e la fun-
zione respiratoria sono strettamente dipen-
denti per cui, a PCO
2
arteriosa costante, la
relazione esistente tra produzione di CO
2
e
ventilazione alveolare lineare.
Al contrario, le particolarit del supporto
nutrizionale nel paziente con insufficienza
respiratoria clinicamente evidente derivano,
principalmente, da due ordini di relazioni:
da quelle esistenti tra metabolismo dei
nutrienti e scambio gassoso a quelle tra mal-
nutrizione, meccanica ventilatoria e funzio-
ne polmonare. Nei pazienti ospedalizzati, la
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Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini

risposta ventilatoria alla CO
2
depressa e la
risposta allipercapnia aumenta parallela-
mente allapporto azotato; peraltro i centri
respiratori vengono stimolati in maniera
ottimale soprattutto da un corretto apporto
di aminoacidi ramificati. Le conseguenze di
uno stato di MPC nei pazienti con insuffi-
cienza ventilatoria possono essere moltepli-
ci: disionie (K,Mg e P), che riducono il con-
tenuto muscolare di ATP, alterazione della
massa muscolare del diaframma, che pu
ridursi anche del 20%, diminuzione della
produzione di surfactante alveolare, altera-
zione delle capacit riparative del parenchi-
ma polmonare e alterazione della clearance
polmonare con aumentato rischio di atelec-
tasie. Se stato dimostrato che dopo un
periodo di digiuno abituale osservare una
riduzione della VCO
2
e della VE per dimi-
nuzione del Volume corrente (VT), feno-
meno peraltro reversibile con la ripresa del-
lalimentazione, pur vero che ogniqualvol-
ta si prescriva una NA in pazienti con deficit
polmonare necessario valutare anche i
potenziali rischi connessi al carico dei
nutrienti, perch la nutrizione artificiale
determina un aumento della VCO
2
senza un
consensuale incremento della VE, a causa
delle ridotte possibilit di adattamento ven-
tilatorio. Le possibili cause di insufficienza
respiratoria acuta e cronica sono molteplici,
variano dal deficit primitivo dei meccanismi
atti ad assicurare lo scambio gassoso allin-
sufficienza dei meccanismi preposti a garan-
tire la ventilazione
5-9
.
Per ci che riguarda in particolare la
Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva
(BPCO), essa una affezione polmonare
progressiva, caratterizzata da un notevole
stato di malnutrizione e debolezza muscola-
re, indipendente dallentit dellostruzione
e dal tipo di enfisema
10-13
, con un pi pre-
coce raggiungimento della soglia anaerobi-
ca e un alto costo ventilatorio di O
2
. La mal-
nutrizione nel paziente BPCO un evento
complesso, essendo la conseguenza di
profonde alterazioni dei prodotti intermedi
del metabolismo proteico, della differenzia-
zione, proliferazione e apoptosi cellulare,
dei recettori e dei segnali biochimici che
regolano la contrattilit della miocellula
14
.
Secondo le pi recenti evidenze scientifiche
la BPCO
15
infatti una patologia infiamma-
toria sistemica con interessamento di molti
apparati corporei, a causa della aumentata
produzione di mediatori della flogosi, le
citochine, (quali ad esempio il TNFa, lIL-6
e IL-8) e la proteina C reattiva
16-18
. Nel
Nutrizione del paziente critico
Tab. I.
Parametri clinico-metabolici per la valutazione della malnutrizione (tratta dalle Linee Guida SINPE
per la Nutrizione Artificiale ospedaliera
4
).
Malnutrizione
Parametro Lieve Moderata Grave
Calo ponderale 5-10% 11-20% > 20%
BMI 17-18,4 16-16,9 < 16
Indice creatinina/h. 99-80 79-60 < 60
Albumina (g/dl) 3,5-3 2,9-2,5 < 2,5
Transferrina (mg/dl) 200-150 149-100 < 100
Prealbumina (mg/dl) 18-22 10-17 < 10
Retinol-binding protein (mg/dl) 2,9-2,5 2,4-2,1 < 2,1
Linfociti/mm
3
1500-1200 1199-800 < 800

BPCO si osserva anche una profonda com-
promissione della bilancia ossidativa, con
riduzione di importanti enzimi intracellula-
ri fondamentali per il sistema ossidante
della miocellula
19
ed un disequilibrio della
bilancia metabolica in senso catabolico, sia
per notevole produzione di fattori catabolici
quali il cortisolo, il TNFa e la IL-6, sia per
inibizione della sintesi ormonale pro-anabo-
lica di testosterone e IGF-1
20
.
Mentre normalmente nel BPCO con nor-
male massa magra la forza muscolare e la
cinetica dellesercizio sono comparabili a
quelle del soggetto normale
21
, nella malat-
tia in fase avanzata si evidenzia, a livello
della miocellula, una alterazione del nume-
ro dei mitocondri e una diminuzione della
fosforilazione ossidativa con diminuzione
del pH intracellulare
22
. Engelen et al.
23 24
hanno dimostrato come il metabolismo pro-
teico nel BPCO sia caratterizzato da un
aumentato turnover proteico, con una dimi-
nuita sintesi di aminoacidi ramificati e di
glutammato intracellulare, importante pre-
cursore antiossidante, i cui bassi livelli nel
paziente BPCO sono stati correlati ad una
precoce comparsa di acidosi lattica. Gli stes-
si autori ipotizzano poi che vi sia una altera-
zione del rapporto tra il pool intra ed extra
cellulare aminoacidico, per un difetto del
trasporto transmembrana di alcuni aminoa-
cidi, quali ad esempio la leucina, la tirosina
e la fenilalanina
23 24
.
A livello endocrino poi, si assiste a diminui-
ta secrezione di ormoni a valenza anabolica,
quali il testosterone, il TSH ed il GH. Per di
pi, il paziente BPCO ha unalterazione del
fisiologico controllo centrale e periferico
dellintake alimentare, per diminuita sintesi
di Orexina-A a livello ipotalamico
25
e di
Leptina a livello del tessuto adiposo
26
, pep-
tidi entrambi coinvolti positivamente nella
regolazione dellintake alimentare stesso.
Quando il paziente con BPCO mostra un
notevole grado di catabolismo muscolare
27
28
aumentano le fibre muscolari di I tipo e
diminuiscono quelle di II tipo (cio aumen-
tano quelle con una pi bassa capacit di
generare forza specifica) non solo a carico
degli arti superiori ed inferiori, ma anche a
carico del diaframma; a ci si associano il
danno cronico da decondizionamento e
quello da terapia steroidea, a cui consegue
una pi o meno accentuata riduzione della
forza muscolare respiratoria
29
(pari al 20-
35%) non in rapporto lineare al grado e al
tipo di ostruzione delle vie aeree.
A tutto ci va aggiunta la nozione che lalte-
razione (riduzione) dellindice di massa cor-
porea (BMI) rappresenta nella BPCO un
fattore indipendente di aumentato rischio
di mortalit
15
.
Vie e regimi di somministrazione
La via enterale da privilegiare oltre che
per considerazioni generali, per la minore
termogenesi indotta dai nutrienti sommini-
strati per tale via. Il tratto gastroenterico ,
nella maggioranza dei casi, agibile anche in
condizioni di grave insufficienza respirato-
ria acuta.
Accessi per nutrizione entrale (NE). Per linfu-
sione di nutrienti nello stomaco necessa-
rio che il paziente abbia una normale capa-
cit di svuotamento gastrico, normale rifles-
so del vomito e della tosse; linfusione post-
pilorica, invece, indicata in presenza di
esofagite da reflusso, di pregressi episodi di
aspirazione nelle vie aeree (ab-ingestis), di
gastroparesi (diabete, sclerodermia, farma-
ci, ecc.), di ostruzione gastrica, o infine
quando si programmi una nutrizione ente-
rale precoce dopo interventi chirurgici
maggiori sul tratto digestivo superiore.
Distinguiamo, quali accessi di infusione
4
:
1. la sonda naso-enterica (naso-gastrica, duo-
denale, digiunale) pu essere preferita
158
Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini

ad una stomia qualora la durata della NA
sia prevedibilmente breve (inferiore a 30
giorni)
2. La gastrostomia, in particolare quella ese-
guita per via endoscopica (PEG o percu-
taneous endoscopic gastrostomy), lac-
cesso enterale pi comunemente utilizza-
to per trattamenti a lungo termine.
3. La digiunostomia indicata quando la
gastrostomia non consigliabile per pos-
sibile reflusso gastroesofageo ed ab-inge-
stis, o quando lo stomaco non sia accessi-
bile od utilizzabile per presenza di ulce-
ra, neoplasia, o esiti di pregressi inter-
venti (PEJ o percutaneous endoscopic
jejunostomy).
Raccomandazioni per accesso enterale
1) La scelta dellaccesso per NE deve essere
fatta considerando sia la situazione ana-
tomica dello stomaco, sia le capacit di
svuotamento gastrico, sia il rischio di ab-
ingestis (evidenza B).
2) Per posizionare in sede post-pilorica una
sonda naso-enterica si dovrebbe sempre
utilizzare per primo il metodo passivo al
letto del paziente, e procedere con tecni-
ca radiologica o endoscopica solo in caso
di fallimento del primo metodo (eviden-
za A).
3) Il corretto posizionamento di una sonda
naso-enterica dovrebbe sempre essere
confermato radiologicamente (evidenza
B).
4) Lentit del residuo gastrico non dovreb-
be superare per due volte successive i 200
mL. Nelle prime fasi di un trattamento
con NE intragastrica il residuo gastrico
deve essere controllato ogni 4-5 ore (evi-
denza A).
5) Per la NE devono essere utilizzati proto-
colli di gestione (evidenza B) e nutri-
pompe (evidenza C).
Accessi venosi per nutrizione parenterale totale
(NPT). Si intende per accesso venoso centra-
le un presidio che una volta impiantato con-
sente linfusione in vena cava superiore o
inferiore o in prossimit dellatrio destro.
Tra le numerose indicazioni al cateterismo
venoso centrale vi anche quello necessario
ad infondere nutrienti. Oggi si dispone di
una notevole variet di cateteri venosi cen-
trali (CVC), mono-bi-trilume, in poliureta-
no e silicone, eparinizzati (heparin coating) o
impregnati di antibiotico (sulfadiazina, clo-
rexidina)
5
. Nella maggior parte dei casi, nel
paziente adulto, laccesso venoso oggi
posizionato mediante venipuntura percuta-
nea, con metodo di Seldinger. In ambito
ospedaliero, laccesso venoso centrale pre-
scelto solitamente un CVC temporaneo,
non tunnellizzato, a basso costo, inserito
mediante puntura percutanea della vena
giugulare interna, della vena succlavia, o
della vena femorale. Laccesso alla vena cava
inferiore attraverso la vena femorale per
non consigliato per la NPT, perch grava-
to da alto rischio di trombosi venosa e di
sepsi da catetere.
Taluni presidi possono essere inseriti anche
mediante puntura di vene periferiche (tipi-
camente, basilica o cefalica alla piega del
gomito), purch il catetere sia sufficiente-
mente lungo da arrivare con la punta in
prossimit dellatrio destro: si parla in tal
caso di CVC a inserzione periferica o
PICC. In ambito di NPT domiciliare, si
ricorre invece ad accessi venosi centrali a
medio/lungo termine, caratterizzati da
materiale pi biocompatibile (silicone,
poliuretani di ultima generazione, come i
policarbonati alifatici), dalla possibilit di
un uso discontinuo, e dal costo pi elevato.
Per periodi limitati di tempo (accessi a
medio termine, inferiore a 3 mesi) si utiliz-
zano per lo pi CVC esterni non tunnelliz-
zati in silicone, a inserzione centrale (cate-
159
Nutrizione del paziente critico

tere Hohn) o a inserzione periferica (PICC,
in silicone o poliuretano). Per periodi pi
protratti (superiore a 3 mesi) si utilizzano
CVC esterni in silicone tunnellizzati (catete-
ri Hickman, Broviac o Groshong), oppure
sistemi totalmente impiantabili o port
(CVC, di solito in silicone, connesso con un
serbatoio in titanio o in materiale plastico
intascato nel sottocute della regione sotto-
claveare).
Raccomandazioni per accesso parente-
rale
1) La NPT dovrebbe essere attuata preferi-
bilmente per via centrale, utilizzando
cateteri con la punta in vena cava supe-
riore o in prossimit dellatrio destro
(evidenza A)
2) La via periferica pu essere indicata
come parte di una nutrizione mista e
comunque per trattamenti previsti per
un periodo inferiore ai 15 giorni, o quan-
do i fabbisogni sono bassi (evidenza C).
3) La decisione di posizionare un accesso
venoso centrale per NPT va presa valu-
tando accuratamente numerosi fattori,
legati al tipo di trattamento, al paziente,
alloperatore e pesando il rischio poten-
zialmente associato alla manovra e al
mantenimento del sistema (evidenza B).
4) Nella scelta di un sistema a lungo termi-
ne per NPT domiciliare, occorre basarsi
su diversi fattori quali la durata prevista
del trattamento nutrizionale, il tipo di
trattamento (continuo, notturno, episo-
dico, ecc.), lesperienza dello staff, non-
ch la compliance e la preferenza del
paziente (evidenza B).
5) La somministrazione della NPT attraver-
so la via centrale presuppone luso di
adeguati protocolli di gestione (evidenza
B) e di una nutripompa (evidenza C).
6) Occorre monitorare periodicamente la
glicemia, la glicosuria, la funzionalit
epato-renale, gli elettroliti plasmatici e la
trigliceridemia, se si utilizzano infusioni
lipidiche.
Lapporto energetico totale non deve supe-
rare, almeno nelle fasi acute, il fabbisogno
energetico a riposo (20-25 Kcal/kg/die).
Tale quota, nella maggioranza dei casi,
pari al 10-20% in pi del fabbisogno ener-
getico di base (BEE) stimato secondo le-
quazione di Harris-Benedict
5
. Lutilizzo di
altre formule o la misura mediante calori-
metria indiretta non hanno dimostrato una
superiorit di risultati.
Nei pazienti con malattia polmonare cronica
con associata malnutrizione gli apporti ener-
getici, necessariamente pi elevati per garan-
tire il recupero dello stato nutrizionale, deb-
bono essere attentamente impostati e rag-
giunti progressivamente sotto controllo clini-
co. Nei pazienti con insufficienza polmonare
acuta e grave (ARDS) che ricevono apporti
energetici totali non superiori al dispendio
energetico a riposo (REE), la quota delle
calorie non proteiche fornita da lipidi
bene sia assente o molto contenuta (< 15%
calorie totali non proteiche). Nei pazienti
con insufficienza respiratoria cronica stabile
dal punto di vista ventilatorio paiono essere
tollerate quote pi elevate (fino al 40%).
Lapporto proteico deve, in linea di massi-
ma, eguagliare i fabbisogni stimati in base al
grado di catabolismo (0,8-1,2g di protei-
ne/kg/die; 1,2-1,5 g/kg/die nel malnutrito
grave). Lapporto idrico giornaliero deve
essere attentamente definito. Attenzione
deve essere posta, infine, alla copertura dei
fabbisogni elettrolitici, con particolare riferi-
mento alla correzione di eventuali deplezio-
ni cationiche e di fosforo
5
.
160
Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini

Risultati clinici
La somministrazione di calorie in quantit
eccessiva rispetto ai fabbisogni causa un
aumento della produzione di CO
2
e dellesi-
genza di ventilazione polmonare. La fonte
delle calorie non proteiche (glucidica o lipi-
dica) influenza il quoziente respiratorio
modificando, in diversa proporzione, sia la
produzione di CO
2
che il consumo di O
2
.
Una quota elevata di calorie lipidiche pu
abbassare il quoziente respiratorio, ma ridu-
ce le necessit di adeguamento ventilatorio
solo se diminuisce la produzione di CO
2
(questo lindice misurabile che meglio
riflette lesigenza di ventilazione). Per mini-
mizzare la produzione di CO
2
quindi indi-
cato evitare quote inappropriatamente ele-
vate di calorie totali somministrate, pro-
grammando apporti sovrapponibili al REE.
In studi sperimentali di fase I-II in pazienti
con insufficienza respiratoria acuta, quando
lapporto calorico totale uguale o inferio-
re al REE, non sono stati dimostrati evidenti
vantaggi clinici, sia sullo scambio gassoso
che sulle capacit di svezzamento da ventila-
zione meccanica, a seguito della modulazio-
ne del rapporto tra calorie glucidiche e lipi-
diche. Linfusione per via parenterale di
emulsioni lipidiche a velocit elevata (>
3mg/kg/min) inoltre associata a deterio-
ramento della funzione polmonare (ipossie-
mia)
5
.
Studi a tale proposito, condotti in pazienti
critici, hanno portato a risultati non univoci,
in quanto la sicurezza delluso dellemulsio-
ne lipidica si dimostrata dipendere sia
dalla patologia polmonare di base, sia dalla
velocit di somministrazione che dal tipo di
lipidi infusi (acidi grassi)
5
. Lutilizzo di
composti lipidici con supplemento di acidi
grassi della serie omega 3, pu essere di
qualche beneficio (riduzione della perma-
nenza in terapia intensiva, della durata della
ventilazione e dello sviluppo di insufficienza
multiorgano) nei pazienti affetti da insuffi-
cienza respiratoria acuta tipo ARDS.
Tuttavia questi acidi grassi sono spesso inclu-
si nelle diete immunomodulanti: gli effetti
potenzialmente negativi di queste diete in
termini di mortalit sono stati recentemente
segnalati in alcuni lavori ed evidenziati in
una metanalisi. Tali effetti riguardano esclu-
sivamente i pazienti critici ed in particolare
modo i settici gravi affetti da polmonite.
Nella maggioranza dei pazienti con sola
insufficienza polmonare gli apporti proteici
devono quindi soddisfare i fabbisogni.
Nel paziente BPCO si sta attualmente valu-
tando se un supplemento in NA possa deter-
minare un recupero della massa magra
persa a causa del suo cronico catabolismo
proteico
12 30 31
; secondo Ferreira et al.
32
il
supporto nutrizionale da solo non migliora
le misure antropometriche, gli indici di fun-
zionalit polmonare e la capacit di tolle-
ranza al carico di lavoro; anzi, un supporto
nutrizionale aggressivo (raddoppio
dellREE tramite NE) comporta un aumen-
to solo di circa 3,3 Kg (6% del peso corpo-
reo di base), ottenuto per incremento della
massa grassa e senza miglioramento della
ventilazione.
Le raccomandazioni pi recenti
33
sottoli-
neano perci come sia sin utile nel BPCO
una supplementazione calorico-proteica a
basso apporto calorico (500-700Kcal/die),
ma sempre associata ad un moderato carico
di lavoro, ma solo nei pazienti sottopeso
(BMI < 21) con BPCO severa (FEV
1
< 50%);
anche in caso di bilancio negativo dellazo-
to, sembra utile iniziare un supporto nutri-
zionale per os per positivizzare lo stesso, ma
occorre associare quanto prima protocolli
riabilitativi, se si desidera ottenere un
aumento della massa magra (fat free mass).
Lutilit di uno stimolo anabolico, tramite
somministrazione di farmaci anabolizzanti,
161
Nutrizione del paziente critico

steroidi o ormoni, attualmente oggetto di
dibattito; infatti, molte sono le problemati-
che aperte in tal senso: occorre valutare il
dosaggio pi appropriato per individualizza-
re il trattamento e bilanciare gli eventuali
rischi con i benefici attesi, dimostrare che vi
sia un reale aumento della forza e della resi-
stenza allo sforzo fisico e comprendere le
interazioni tra il training e la somministra-
zione di steroidi anabolizzanti
11 34-36
.
Nei pazienti critici che non presentano
grave malnutrizione, impostare una NA
mista, parenterale ed enterale, allo scopo di
ottimizzare rapidamente lapporto proteico-
calorico, non sembra apportare sostanziali
benefici clinici ma, al contrario, espone a
pi frequenti complicazioni e realizza solo
un pi alto grado di spesa sanitaria. La NE
rappresenta quindi la
prima scelta in tutti quei
pazienti che abbiano un
tratto intestinale funzio-
nante e conservata capa-
cit di svuotamento gastri-
co. La NPT va usata solo
quando la NE controin-
dicata o impraticabile
(anche in taluni casi di
disfagia); se la NE non
sufficiente a coprire i fab-
bisogni del paziente
indicata una nutrizione
mista (NE+NPT)
37
. La
Figura 1 mostra lalgorit-
mo ragionato utile per
orientare le scelte operati-
ve in caso di NA.
Complicanze della nutrizione artificiale
Lintervento nutrizionale artificiale non
scevro da rischi e possibili complicanze. In
generale la presenza di vie di nutrizione
entrale possono associarsi alla insorgenza di
effetti indesiderati legati alla presenza del
catetere venoso o a causa dei nutrienti infu-
si (complicanze metaboliche).
Le complicanze da catetere venoso sono per
lo pi caratterizzate da infezioni per colo-
nizzazione batterica del device (Stafilococco
Epidermidis nel 43% dei casi, miceti nel
24% e Gram negativi nel 23%) e da episodi
di trombosi venosa (stimata nel 34% dei
casi)
4 5
. Tuttavia le complicanze del cateteri-
smo venoso centrale sono ben pi comples-
162
Ludovico Trianni, Enrico Maria Clini
Fig. 1.
Algoritmo ragionato per la
scelta della via di sommi-
nistrazione in caso di
Nutrizione Artificiale.
M

se e numerose e alcune volte gravate da peri-
colose conseguenze per lo stato di salute del
paziente. consigliabile quindi attenersi a
validati protocolli di posizionamento e di
monitoraggio
4
qualora si decida di inserire
un CVC, per evitare il pi possibile linsor-
genza delle stesse complicanze, qui di segui-
to riportate:
1. sepsi, per inserzione o per utilizzo routi-
nario del CVC, senza aver attuato le mas-
sime precauzioni di asepsi. Si ricorda che
circa il 20% di tutte le infezioni insorte in
terapia intensiva sono causate dalla
sovrainfezione dei cateteri centrali.
2. pneumotorace (pi probabile nellinserzio-
ne di un CVC in vena succlavia interna
rispetto alla vena giugulare interna). Per
tale motivo fortemente consigliato ese-
guire un RX torace di controllo subito
dopo linserzione e dopo 24-48 h.
3. tromboembolia, per tale motivo si racco-
manda sempre profilassi tromboemboli-
ca nei pazienti con CVC a permanenza.
4. aritmie cardiache, nel 30% dei casi (si rac-
comanda di monitoraggio ECG-rafico
durante la manovra e nelle 24 ore suc-
cessive).
5. lesioni delle vie linfatiche (specie del tronco
comune nellincannulamento della vena
succlavia sx).
6. rottura o attorcigliamento endovascolare del
CVC (rara).
7. perforazione cardiaca (molto rara ma con
una mortalit del 66%)
Pertanto, dopo linserzione del catetere
venoso, e successivamente ad intervalli pro-
grammati, deve essere eseguita una radiogra-
fia del torace, per il controllo della corretta
posizione della punta del CVC, al fine di
identificare possibili malposizioni o danni
4
.
Le complicanze metaboliche riguardano
invece il metabolismo del glucosio, il meta-
bolismo aminoacidico, quello lipidico, le
disionie (specie ipo-iper natriemie, kaliemie
e magnesemie) ed il deficit di apporto vita-
minico, soprattutto di Vitamina D, fonda-
mentale per lomeostasi calciemica. Tra que-
ste ultime, una particolare complicanza
rappresentata dalla Refeeding syndrome, carat-
terizzata da gravi squilibri metabolici indotti
dalla reintroduzione di un carico calorico-
azotato concentrato, secondario a un perio-
do di digiuno prolungato o dopo un calo
ponderale consistente
5
.
Raccomandazioni generali sul rischio
di complicanze
1. attento nursing e monitoraggio del
paziente;
2. monitoraggio periodico della funziona-
lit epato-renale;
3. valutazione quotidiana del bilancio idro-
elettrolitico;
4. adesione a protocolli infermieristici per
infusione in corso di NA;
5. evitare la eccessiva manipolazione delle
miscele nutritive (diluizione, aggiunta
farmaci) per lalto rischio di contamina-
zione batterica delle stesse.
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