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IL GIORNALE DELL'ARTE NUMERO 313 - OTTOBRE 2011

Tutto il mondo, dallAmerica allEuropa, ha adottato i principi dellantica Roma per sconfiggere gli speculatori e i loro protettori politici
di Salvatore Settis Gli antichi Romani pi bravi di noi nella tutela Un modello insuperabile di razionalit legale: cos rimane il sistema messo a punto dagli antichi giuristi romani per proteggere ambiente, paesaggio e architettura. Res omnium gratissima: gi nellantica Roma qualsiasi singolo cittadino poteva agire legalmente in nome del populus Romanus. Gli americani e lEuropa hanno recepito linsegnamento romano. Ma in Italia speculatori e politici ignorano o fanno finta di aver dimenticato quello che da sempre riconosciuto un diritto universale Le riflessioni che ora proporr* hanno molto a che fare, pi che con la mia formazione e la mia esperienza di insegnamento di archeologia greca e romana, con il mio recente, e piuttosto arduo, impegno nella discussione sulle tematiche legate al paesaggio e allambiente nellItalia di oggi. Come era solito dire Arnaldo Momigliano, in un Paese classico come lItalia o la Grecia, intorno a qualsivoglia questione nasce inevitabile il paragone tra passato e presente, e questo avviene proprio perch sappiamo quante volte nel nostro recente passato (mi riferisco agli ultimi secoli), la dimensione greco-romana, apparentemente distante da noi nel tempo e nello spazio, abbia invece avuto una forte influenza nel processo di costruzione di atteggiamenti politici, progetti e narrazioni che riguardano il presente e il futuro.Non occorre sottolineare la natura politica connaturata nei problemi ambientali. NellItalia contemporanea questo tema implica diversi aspetti di fatto radicati nella longue dure della gestione ambientale, come la tutela dellambiente e le pi o meno radicali distruzioni dello stesso di cui siamo oggi testimoni. Concentrer la mia attenzione su due punti diversi (ma collegati), ovvero: q il ruolo del diritto romano nel dibattito politico italiano sulle tematiche ambientali; q il ruolo della ricerca sugli ambienti antichi (soprattutto in epoca romana) per la definizione della nozione di conservazionismo nel XIX e inizio XX secolo, in Italia e negli Stati Uniti. Tuttavia, prima di affrontare questi due punti, vorrei brevemente sottolineare che nella tradizione (e nella legge) italiana, la nozione giuridica di ambiente (che ovviamente imprescindibile per la sua tutela) strettamente legata a quelle di patrimonio culturale e di paesaggio. Il paesaggio italiano stato modellato nel corso dei secoli da unintensa presenza umana: come disse Goethe dopo aver visitato lacquedotto romano a Spoleto, larchitettura nel paesaggio italiano una seconda natura (eine zweite Natur), volta al bene pubblico o che favorisce le finalit civiche (die zu brgerlichen Zwecken handelt). Larchitettura (e pi in generale il patrimonio culturale) e il paesaggio costituiscono quindi per la tradizione giuridica italiana un tutto unico, come chiaramente affermato dalla nostra Costituzione allarticolo 9: La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della Nazione. Questa concezione

ha una lunga storia, che non posso riassumere qui: risale a una serie di leggi degli stati italiani preunitari (in particolare il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio) e, pi tardi, alle principali leggi sulla tutela del patrimonio e del paesaggio (1902, 1909, 1922, 1939), frutto di una profonda consapevolezza della documentazione storica in questo campo: basti ricordare che il ministro che nel 1920 present la prima legge italiana sulla tutela del paesaggio fu Benedetto Croce e che il ministro del 1939, Giuseppe Bottai, lavor, tra gli altri, a stretto contatto con Giulio Carlo Argan. Daltro canto, la Costituzione italiana non menziona la nozione giuridica di ambiente come meritevole di protezione e tutela. Tuttavia, negli anni, la Corte costituzionale italiana ha riconosciuto la protezione dellambiente come principio costituzionale basilare, affermandone la garanzia attraverso la convergenza di due diversi principi costituzionali: la protezione del paesaggio (articolo 9) e la protezione della salute del singolo come diritto fondamentale dellindividuo e interesse della collettivit (articolo 32). Per questo nel sistema italiano le nozioni giuridiche di tutela del paesaggio e dellambiente sono ampiamente sovrapposte, e sono a loro volta interconnesse con quella di tutela del patrimonio culturale. Ma, in netta opposizione rispetto al principio costituzionale pocanzi menzionato, il paesaggio italiano sempre pi spesso vittima della speculazione edilizia. Porter un solo esempio: secondo i dati ufficiali, dal 1990 al 2005 il 17,06% del paesaggio agricolo italiano stato abbandonato o interessato da nuove costruzioni. Purtroppo, le aree pi interessate da questa nuova devastazione del paesaggio sono quelle considerate, fin dallepoca dellImpero romano, tra le pi fertili dEuropa, come la Pianura padana e la Campania. Inizio ora a esporre il primo dei due punti che desidero trattare, ovvero il ruolo del diritto romano nel dibattito pubblico sul paesaggio e lambiente nellItalia contemporanea. Come tutti sanno, durante il XIX secolo il sistema messo a punto dagli antichi giuristi romani venne considerato un modello insuperabile di razionalit legale, e le loro soluzioni ritenute quasi il risultato di un calcolo matematico, dal momento che, come scrisse Carl von Savigny, i romani calcolavano basandosi sui loro concetti. La pretesa che il diritto romano comprendesse potenzialmente anche principi orientati alla protezione dellambiente e del paesaggio fu di estrema importanza, per due temi in particolare: la natura e la propriet dei beni comuni, come lacqua, le strade, il litorale e i pascoli; e la gerarchia tra la piena garanzia della propriet privata e la ricerca del bonum commune. Tematiche entrambe spesso discusse in ambienti legali e governativi nellItalia preunitaria. Nel 1574, ad esempio, papa Gregorio XIII eman una Constitutio Apostolica che prese il nome dallincipit Quae publice utilia ac decora, in cui riconosceva chiaramente la priorit assoluta della publica utilitas e del decorum sulla cupiditates e i commoda dei proprietari terrieri. Da quel momento nelle loro leggi i papi ribadirono costantemente il concetto di publica utilitas, soprattutto nelle norme relative al patrimonio culturale promulgate dai camerlenghi Albani (1733), Doria Pamphilj (1802) e Pacca (1819). Intorno al 1800 Carlo Fea, commissario pontificio delle Antichit, pubblic tre saggi dove sosteneva che il concetto legale di publica utilitas, come elaborato nella legislazione papale, aveva le sue fondamenta nel diritto romano, in particolare nel principio della dicatio ad patriam (o legatum ad patriam), in base al quale qualsiasi bene privato posto sulla pubblica via (come la facciata di una casa o la sua decorazione scultorea) ricade, almeno

parzialmente, nella condizione legale di res populi romani, e quindi comporta una servitus publica che un chiaro limite alla propriet privata e implica una gerarchia di priorit che vede al primo posto il bonum commune. Questo aspetto stato spesso oggetto di discussione nellItalia unita, soprattutto nei primi ventanni del 900, animati da accesi dibattiti sulla necessit di approvare o meno una legge generale sulla conservazione del paesaggio. Come detto sopra, fu Benedetto Croce, ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Giolitti del 1920, a lanciare la legge in questione: il ruolo del diritto romano nelle argomentazioni, anche in Parlamento, a favore della tutela del paesaggio si pu esemplificare citando un lungo saggio di Giuseppe Lustig, giurista e procuratore del re a Napoli, pubblicato nelle pagine della rivista giuridica Il Filangieri (1918). Il titolo del saggio eloquente: La tutela del paesaggio in Roma antica. Sfruttando espressioni quali decor urbis, publica utilitas, dicatio ad patriam, Lustig afferma la continuit assoluta dalla repubblica romana fino a Giustiniano nella conservazione del patrimonio e del paesaggio, e accosta leggi e pratica comune nellantica civilt romana allimperativo etico di Ruskin sulla tutela del paesaggio come fonte di importanti esperienze etiche ed estetiche, non solo per lindividuo ma anche per la collettivit dei cittadini. Persino linterconnessione tra spazi naturali e urbani si fonda, secondo Lustig, su una tradizione tipicamente italiana che risale allantica Roma. Nel breve testo di introduzione al suo disegno di legge, Croce non cita espressamente il diritto romano, anche se da esso deriva la nozione stessa di servit di pubblica utilit e il principio di pubblico interesse, dichiarandolo gerarchicamente superiore ai diritti dei proprietari privati; ma quando Augusto Mancini, professore di greco a Pisa e deputato, fece alla Camera dei deputati un discorso a favore della proposta di Croce (1921), cit il saggio di Lustig, sostenendo che il progetto di Croce era effettivamente fondato sul diritto romano e poteva addirittura considerarsi un ampliamento di una novella di Giustiniano, dove si affermava il principio generale della servitus prospectus (servit di veduta), applicandolo alle belle vedute sulle montagne (prospectus montium) o sul mare (maris aspectus), che in particolare a Costantinopoli venivano tutelate come res omnium gratissima. Questa e altre citazioni dal diritto romano, messe in rapporto con problemi pi attuali, richiamano uninattesa metafora di Goethe che descriveva la legge romana come unanatra in immersione, che scompare sottacqua ma solo per ricomparire poco dopo.Il diritto romano ebbe poi un ruolo importante nei dibattiti del nostro Paese allinizio del XX secolo in tema di actio popularis, uninvenzione giuridica dei romani secondo la quale, attribuendo lidentit di populus sia allinsieme sia ai singoli cittadini (cives) si autorizzava il singolo civis (quivis de populo) ad agire legalmente in nome di tutto il populus Romanus, potendo promuovere unazione legale (actio popularis) in difesa dellinteresse pubblico, in particolare nei casi in cui fossero coinvolte res communes omnium (come lacqua, il mare, il litorale ecc.). Questo antico principio fu riproposto nellItalia unita dal deputato Giovanni Rosadi e approvato dalla Camera nella legge sul patrimonio culturale del 1909, che in origine prevedeva anche un articolo sul paesaggio, ma il Senato respinse sia larticolo sul paesaggio sia quello sullazione popolare. Largomentazione di Rosadi derivava direttamente dal diritto romano; egli sosteneva che il principio giuridico dellazione popolare avrebbe conferito ai cittadini la facolt di far valere i diritti che spettano allo Stato, e cio di

difendere in prima persona il pubblico interesse su un tema tanto delicato quanto importante come il paesaggio. Passiamo al mio secondo (e ultimo) punto, ovvero quanto le conoscenze (o le congetture) sullambiente nellItalia antica e nel Mediterraneo abbiano contribuito a modellare la nozione di conservazionismo nel XIX e allinizio del XX secolo in Italia e negli Stati Uniti. George Perkins Marsh, primo ambasciatore americano nellItalia unita, dove rimase per ventanni (1861-1882), nonch pioniere del conservazionismo americano, fu fondamentale nella creazione di un ponte culturale tra Italia e America sulla tematica del paesaggio. Marsh una figura molto interessante, la cui biografia stata analizzata sia in America, da David Lowenthal, sia in Italia, da F.O. Charlotte Vallino (si veda anche il diario della moglie, Caroline Marsh, edito da Allemandi nel 2004 con il titolo Unamericana alla corte dei Savoia. Il diario dellambasciatrice degli Stati Uniti in Italia dal 1861 al 1865, a cura di David Lowenthal e Luisa Quartermaine, Ndr). Prima di venir nominato dal presidente Lincoln ambasciatore in Italia, Marsh era stato inviato presso la Sublime Porta (il Governo ottomano Ndt) durante la guerra di Crimea, e aveva molto viaggiato in Grecia, Turchia, Siria, Egitto e lungo le coste del Mediterraneo. Aveva scoperto iscrizioni greche a Petra e messo insieme unampia collezione di incisioni e disegni europei, recentemente ricomparsi alla Smithsonian. Marsh inoltre, in qualit di trustee della Smithsonian Institution nei primi anni dalla sua fondazione, fu uno dei primi ad argomentare in favore della tutela dei siti degli indiani dAmerica e fu mentore di Charles Eliot Norton, traduttore di Dante e primo professore di storia dellarte ad Harvard. A Marsh era stata offerta la cattedra di storia ad Harvard, incarico che rifiut per restare in ambito diplomatico, cosa che fece fino alla morte, a Firenze, nel 1882. Durante la sua permanenza in Italia fu molto vicino a importanti statisti come Bettino Ricasoli e Massimo DAzeglio, e proprio in Italia scrisse il suo importante libro Man and Nature (1864), tradotto (almeno parzialmente dallo stesso Marsh) in italiano nel 1870. Nella prefazione alledizione italiana, Marsh sottolinea come il suo libro fosse stato profondamente trasformato per adattarlo agli interessi del pubblico italiano, e infatti linizio del primo capitolo sui Vantaggi naturali del territorio dellImpero Romano, il suo decadimento fisico e le cagioni di questo decadimento, era perfetto per catturare lattenzione dei lettori italiani. In verit le differenze tra la versione originale inglese e quella italiana non sono cos marcate come afferma Marsh nella prefazione. In entrambe le versioni del libro Marsh elenca eloquentemente le enormi ferite inflitte dalluomo alla natura, in particolare nellarea mediterranea. Nato dalla natura, luomo ben presto ne diventato acerrimo nemico e continua a distruggere tutte le risorse naturali. Solo una nuova, meditata consapevolezza dei rischi e delle devastazioni (in specie quelle derivanti dalla deforestazione), basata sullanalisi attenta del passato, pu rallentare questo processo fatale, persino arrestarlo e invertirlo attraverso strategie di conservazione. Ecco un passo abbastanza caratteristico dal primo capitolo: LImpero romano godette di una felice combinazione di elementi. Il Mediterraneo beneficiava di condizioni senza pari di salubrit, clima e fertilit del suolo. Ma oggi pi della met di questa regione piegata a una desolazione senza speranza. Le foreste sono sparite dalle montagne; il suolo arido; i campi sono improduttivi, perch non ci sono pi le cisterne e i bacini che rifornivano gli antichi canali, o si

sono prosciugate le fonti che li alimentavano: fiumi che furono famosi nel corso della storia sono diventati umili ruscelli, corsi dacqua navigabili sono ostruiti da banchi di sabbia, i porti sono in secca, il mare pescoso e la terra fertile sono acquitrini improduttivi e miasmatici. Il decadimento in parte dovuto a cause geologiche, ma principalmente allaver colpevolmente ignorato le leggi della natura, allaver compiuto azioni che hanno portato alla sterilit e al decadimento fisico della parte pi nobile dellimpero dei Cesari. La narrazione storica eloquentemente approntata da Marsh si rivel essenziale per lo sviluppo del movimento conservazionista in Italia e negli Stati Uniti. Ecco un altro interessante passaggio dal suo testo: In alcune parti dellAsia Minore, del Nord Africa e della Grecia, e persino delle montagne europee, le azioni delluomo hanno portato la superficie terrestre a una desolazione talmente profonda da ricordare quella lunare. La terra sta rapidamente diventando una casa insalubre per i suoi pi nobili abitanti, e una nuova era di simili crimini e incuria da parte delluomo la ridurrebbero a una tale situazione di impoverimento e di eccessi climatici da rischiar di causare la depravazione, la barbarie e forse lestinzione delle specie viventi. Charles Eliot Norton part proprio dal libro di Marsh per lanciare il programma di tutela della natura negli Stati Uniti, per salvare ad esempio le cascate del Niagara dallo sfruttamento commerciale. Nei suoi scritti e nei moniti di Marsh, natura e cultura sono intimamente legate, e meritano entrambe, o forse sarebbe meglio dire necessitano, forme organizzate di salvaguardia, perch entrambe sono custodi di memorie collettive che devono essere preservate e trasmesse alle generazioni future. Come sottolinea Lowenthal, una delle Reflections on the Revolution in France (1790) di Edmund Burke venne ripetutamente citata nellInghilterra vittoriana e negli Stati Uniti di fine Ottocento: Gli uomini che non guardano mai indietro, verso i propri antenati, non saranno capaci di guardare avanti, verso i posteri. Forgiare un contesto sociale in grado di costruire il futuro, prosegue Burke, richiede un tempo molto pi lungo dello spazio di una vita ed esige collaborazione non solo tra i vivi, ma anche tra i vivi, i morti e chi deve ancora nascere. I moniti apocalittici di Marsh furono ispirati da Burke e a loro volta ispirarono il dibattito sulla tutela dellambiente in America e in Italia. Secondo lui, la terra stata data alluomo in semplice usufrutto, non per essere consumata, ancor meno per essere devastata; la conservazione un dovere che dobbiamo a coloro che verranno dopo di noi. Inoltre, secondo Marsh, la tutela della natura un dovere soprattutto per gli americani, debitori ai sacrifici dei loro antenati che si possono ripagare solo prendendosi cura allo stesso modo dellinteresse della nostra posterit.Per riassumere senza ulteriori citazioni, la narrazione storica di Marsh, centrata sulla distruzione e sul decadimento del paesaggio nellarea mediterranea, in un lungo processo che inizi a partire dallImpero romano (o subito dopo), fu molto importante per innescare sia il conservazionismo americano, sia una nuova consapevolezza della tutela del paesaggio e dellambiente in Italia. importante ricordare, inoltre, che i diritti delle generazioni future, una nozione giuridica sempre pi centrale nelle odierne battaglie per la tutela dellambiente, devono molto alla prospettiva sul lungo termine adottata da Marsh nella descrizione del declino dellarea mediterranea come conseguenza dellincuria umana, e come monito per lAmerica. Questa prospettiva di longue dure ha avuto, e ha ancora oggi, uno spessore politico e significative implicazioni etiche. Essa ha ispirato, tra le altre cose, le sagge parole di Gifford Pinchot (primo

direttore dello United States Forestry Service): conservare vuol dire il maggior vantaggio per il maggior numero possibile [di cittadini], quanto pi a lungo possibile, che furono cos commentate dal presidente Theodore Roosevelt: Il criterio del maggior numero possibile deve applicarsi allintero svolgersi del tempo: e in esso noi, che siamo vivi oggi, non siamo che una frazione insignificante. Abbiamo il dovere di rispettare linsieme degli uomini, specialmente le generazioni non ancora nate: dobbiamo dunque impedire che una minoranza priva di principii distrugga un patrimonio che appartiene alle generazioni che verranno. Il movimento per la conservazione dellambiente e delle risorse naturali essenzialmente democratico per spirito, finalit e metodo. La stessa prospettiva di longue dure ha ispirato anche leconomista britannico Arthur Pigou che nel 1920 scriveva: Il Governo ha il chiaro compito di amministratore dellambiente per le generazioni future, per evitare lo sperpero e la distruzione, per proteggere gli interessi del futuro contro linteresse che ogni individuo ha nellimmediato per s a scapito dei propri discendenti. Per concludere, il conservazionismo americano ha ispirato profondamente, insieme ad altre fonti come il diritto romano e gli scritti di Ruskin sulla necessit della tutela ambientale nellindustrializzata Inghilterra, la proposta di legge di Benedetto Croce sulla protezione del paesaggio (1920-22), dalla quale nacquero nel tempo la legge del 1939, larticolo 9 della Costituzione, il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio oggi vigente, e infine gli accesi dibattiti sulla tutela che animano oggi il nostro Paese. Come sempre accade, una sincera preoccupazione per il futuro possibile solo se siamo capaci di guardare ai nostri antenati, comera solito dire Edmund Burke. E questo vero non solo in un Paese classico come lItalia, ma, come ho tentato di dimostrare, anche in America.

* Traduzione di Gaia Graziano dellintervento di Salvatore Settis al convegno History and environment in the ancient Mediterranean tenutosi a Roma (American Academy e Institutum Romanum Finlandiae) il 15 e 16 giugno 2011

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