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ch si fece vedere offeso di quel giudizio e, in tono di malumore, rispose: - Ci sono dei quadri che meglio non finirli.

. Mos Bianchi, pronto: - Ma quelli allora meglio non cominciarli! (PISA, Mos Bianchi) BIANCOLELLI Giusep pe Domenico, detto Dominique n. 1640 - m. 1688; celebre attore ed autore comico italiano, che recit in Francia al tempo di Luigi XIV. 1359. Gli attori della Commedia Francese volevano impedire a quelli della Commed ia Italiana di parlar francese. La questione fu portata dinanzi al re Luigi XIV, che volle ascoltare i rappresentanti delle due parti, il comico Baron e il comi co Biancolelli. Quando il Baron ebbe finito di parlare, il re diede la parola al Biancolelli. - In che lingua vuole Sua Maest che io parli? - domand maliziosamente l'attore. - In quella che tu vuoi - rispose il re. - Allora non mi occorre altro - _replic il comico; la mia causa vinta. Il re sorrise dell'interpretazione spiritosa e conchiuse: - Quel che detto detto, non se ne parli pi. (LUIGI RASI, I comici italiani). 1360. Luigi XIV and una volta in incognito a vedere la commedia italiana, in cui recitava il famoso attore Dominique. Costui fece, come il solito, benissimo; ma la commedia era insipida. Il re, uscendo, s'incontr con l'attore e gli disse: - Caro Dominique, ecco una brutta commedia! - Per carit! - rispose il comico - dite piano, perch, se vi sentisse il re, potreb be licenziare me e la mia compagnia. Il re rise di quell'arguta risposta. (Encyclopdie mthodique). 1361. Assistendo una sera il Biancolelli alla cena del re Luigi XIV, contemplava con occhio avido due pernici servite su un piatto d'oro. Luigi XIV, accortosene , si volt al direttore di mensa e disse: - Date questo piatto a Dominique. - Come, sire, - esclam l'attore - anche le pernici? Il re lo guard, e sorridendo rispose: - S, anche le pernici. (LUIGI RASI, I comici italiani). 1362. Il comico Biancolelli era perseguitato da un poetastro, spadaccino e prepo tente, che insisteva per fargli recitare un suo lavoro. Il Biancolelli cercava, con ogni sorta di pretesti, di esimersene, finch l'altro, stizzito, gli disse in tono molto minaccioso: - Mi conoscete poco, voi. Sappiate, signore, che sono uso a temperare la penna c on la spada! - Non mi meraviglio pi, allora- rispose l'attore - che scriviate cos male. (PETRAI , Lo Spirito delle Maschere). 1363. Un giorno, per le scale del- Palais Royal, Biancolelli incontr il suo rival e, l'attore Baron, il quale, essendo grasso, saliva a stento. Il Baron era anche famoso per aver l'alito cattivo. Fermatosi a mezza scala, il grosso attore sbuff: - Uff! non ho pi fiato! E il Biancolelli, voltandosi a quelli che scendevano con lui: - Che fortuna per i suoi amici, se fosse vero! (PETRAI, Lo Spirito delle Mascher e). 1364. Luigi XIV proteggeva un certo Vaugirard, autore di un atto mimico che non aveva incontrato il gusto del pubblico. - Biancolelli, - disse un giorno il re all'attore - oggi ti presenter a Vaugirard . Non gli dire cose spiacevoli, perch un brav'uomo. - Maest, obbedir; ma un brav'uomo non dovrebbe commettere atti cattivi. (PETRAI, L o Spirito delle Maschere). 1365. Bisogna ricordare che, al tempo di Luigi XIV, i ladri e gli assassini veni vano condannati al supplizio della ruota. E' del Biancolelli la terribile definizione del finanziere: Il finanziere un uomo che, correndo dietro una carrozza, ha saputo salirvi evitan do la ruota. (PETRAI, Lo Spirito delle Maschere). . BIANTE uno dei Sette Savi della Grecia (VI secolo a. C.).

1366. Un giorno domandarono a Biante, uno dei Sette Savi della Grecia, qual era la bestia pi dannosa e pi cattiva. Il savio rispose: - Se intendete parlare, delle bestie selvagge, il tiranno; se delle bestie domes tiche, l'adulatore. (Encyclopdiana). 1367. Viaggiava Biante sopra una nave con altri passeggeri, famosi per i loro vi zi e per la vita dissipata che conducevano. Sopravvenne una tempesta, e i passeg geri, presi dalla paura, cominciarono a recitar le loro preghiere invocando gli Dei. - State zitti, per carit - esclam Biante - guai a noi, se gli Dei si accorgono che voi siete qui! (PANCKOUCKE). 1368. Biante era di Priene, citt della Caria. Ora questa citt venne assediata dai nemici. Biante fece ingrassare due muli e li mand poi tra gli assedianti, perch cr edessero che, se gli abitanti di Priene avevano tanto grano da darne persino ai muli, voleva dire che essi non avrebbero preso mai la citt per fame Infatti i nem ici levarono poco dopo l'assedio. (Diversits curieuses) 1369. Un'altra volta che la citt di Priene, patria di Biante, venne ancora assedi ata, e tutti cominciarono a disperare che si potesse salvarla, i cittadini si af frettarono a uscirne, portando con s tutti gli oggetti pi preziosi che possedevano . Solo Biante usc senza portar nulla con s. Avendogli i compagni di sventura doman dato perch mai egli se ne andasse a mani vuote, rispose: - Io porto tutti i miei beni con me. E alludeva alla sua sapienza. (PANCKOUCKE). 1370. Avendo alcuni pescatori trovato un tripode d'oro con sopra questa iscrizio ne: Al pi saggio, lo portarono a Biante, tanta era la fama che questo sapiente gode va. Ma Biante, modesto quanto dotto, lo fece portare al tempio di Apollo. (Encyc lopdie mthodique). 1371. Domandarono un giorno a Biante come bisognava trattare i propri amici. - Trattateli - rispose quel savio - come se da un momento all'altro vi potessero diventare nemici. (Encyclopdie mthodique). 1372. Egli diceva che preferiva giudicare come arbitro tra due litiganti che fos sero suoi nemici, piuttosto che tra due suoi amici; perch essendo giudice dei nem ici poteva farsi un amico; ed essendo arbitro tra due amici, era sicuro di farsi un nemico, (Diversits curieuses). BILLAUD Adamo n. 1602 - m. 1662; poeta falegname, famosissimo ai suoi tempi, lodato da Corneil le. - 1373. Adamo Billaud era falegname e poeta, assai celebre ai suoi tempi. C'era un altro poeta, allora, di minor merito e di minor fama, Raguenau, che faceva di mestiere il pasticciere. Costui soleva dire: - Se mastro Adamo lavora in poesia con pi rumore, io in compenso lavoro con pi fuo co. (E. GUERARD, Dictionnaire d'anecdotes). BIVI Carlo nato a Livorno nel 1806 - morto nel 1842; scrittore, e patriota italiano. 1374. Carlo Bini, il fine scrittore toscano morto giovanissimo, cavalcava un gio rno col Guerrazzi, di cui era intimo, fuori di Livorno, quando fu fermato da un amico. Il Guerrazzi tent pure di fermare il cavallo, ma la bestia s'impenn e non v olle ubbidire. Ma che cos'ha quella bestiaccia? - domand al Bini l'amico. - Che cosa ha? - rispose il Bini. - Ha il diavolo in groppa. (A. PADOVAN, Il lib ro degli aneddoti). 1375. Il Guerrazzi si era alienato le simpatie di tutti i suoi concittadini livo rnesi, e tra gli altri anche quelle del poeta Carlo Bini. Questi un giorno, pass eggiando con un amico, certo Biscardi, incontr in piazza Grandi il Guerrazzi con due forestieri. - Chi saranno quei due? - domand il Biscardi. il Bini: - Saranno due amici... che il Guerrazzi avr dovuto far venir da fuori! (FRECCIA, In memoria di un dimenticato). BIRON (Carlo di Gontau, duca di) n. 1524 - m. 1592; maresciallo di Francia. 1376. Il maresciallo di Biron doveva assumere un nuovo maggiordomo.

- Voglio darvi - disse il maresciallo a colui che aspirava al posto - uno stipen dio tale, che poi non dobbiate rubare. - A queste condizioni - rispose lui - io non posso accettare: ci perderei troppo . (LEON VALLE, La Sarabande). 1377. Il maresciallo duca di Biron rifiut al barone di Biron, suo figlio, i rinfo rzi necessari per sterminare definitivamente il nemico, Il barone si meravigli. - Io sapevo - rispose il maresciallo - che tu avresti sterminato davvero il nemi co,; ma, se tu l'avessi fatto, la guerra sarebbe finita, e tu ed io non avremmo avuto pi null'altro da fare che andare a piantar cavoli a Biron! (Encyclopdiana). BISMARK (Ottone principe di) nato a Schonhausen nel 1815 - morto a Friedrichsruhe nel 1898; sommo statista te desco, il maggior fattore dell'unit germanica. 1378. Appena Bismark arriv all'universit, domand chi fossero i due giovani che vi a vessero migliore riputazione di spadaccini. - E perch vuoi saperlo? - gli chiesero.' - Perch voglio battermi con essi. - Ma sarai fatto a pezzi, poi che sai appena tenere la spada in mano. - Appunto. Ditemi dunque come si chiamano. Saputi i nomi, egli entr nella birreria dove costoro si trovavano e li prese a sc hiaffi. Giunti sul luogo del duello, al primo tagli con la sciabola la faccia, al secondo fer il braccio. E ci mentre i due studenti erano bravissimi in scherma. M a essi si erano appena messi in guardia, che Bismark si gett su di loro e li avev a confusi con la rapidit dell'assalto. (Nuova Antologia, 1866). 1379. Quando era studente lo chiamavano Bismark l'Arrabbiato, tanto era sempre a dirato e chiassoso nelle manifestazioni della sua collera. Lo studio,, non gli p iaceva e non diede nemmeno l'esame di Stato per avere il diploma di dottore in l egge. Voleva impiegarsi e, non trovando nulla che lo soddisfacesse, stava per pa rtire per l'India in cerca di fortuna, quando venne convocato il primo Parlament o tedesco. Allora cambi idea. (PETRUCCELLI DELLA GATTINA, Fattori e malfattori de lla politica europea. 1380. Una signorina svedese si doveva recare a Roma con la governante; pens di fe rmarsi a Berlino dove studiava un suo cugino che essa per non conosceva. Il padre della signorina scrisse al cugino di far alla cuginetta gli onori di casa. Infa tti, la signorina, appena giunse a Berlino, trov ad aspettarla un bel pezzo di gi ovanotto che le fece una cordiale accoglienza e i giorni seguenti la condusse a visitare i musei e le gallerie della citt. La signorina si accorse che il giovano tto non sapeva una parola di svedese, e la cosa le parve strana; ma siccome i du e parlavano bene il francese, finirono per intendersi egualmente. Al momento di accomiatarsi, il giovanotto spieg: - Cugina mia, debbo confessarvi che io non sono vostro cugino: egli occupatissim o a studiare per certi esami che deve dare e ha mandato me a sostituirlo. Il mio vero nome Ottone Bismark. Molti anni dopo la signorina, diventata signora, si ritrov con Bismark che la ric onobbe e le disse: - Se non vi avessi incontrato, forse non avrei ancora visitato i musei di Berlin o. (La Tribuna, 26 agosto 1895). 1381. Quando Bismark, ancora giovane, and a rappresentare la Prussia alla dieta d i Francoforte, trov che, secondo il protocollo, soltanto il rappresentante dell'A ustria poteva fumare. Era rappresentante dell'Austria il conte Thun, il quale, orgoglioso del suo privilegio, se ne stava fumando un delizioso avana, di cui teneva una scatola aperta 'dinanzi a s. Bismark era un gran fumator e, e il divieto di fumare che lo colpiva gli pesava assai, ma pi gli pesava -ci ch e quel divieto stava a significare: la soggezione cio di tutti gli Stati tedeschi all'Austria. Ed ecco che a un tratto, impazientito, egli allunga una mano sulla scatola dei sigari del conte Thun, prende un avana e lo fuma. Gli altri guardan o stupiti, ma non osano imitarlo. Informarono per della cosa i loro governi, che misero allo studio la cosa. Sei mesi dopo, giunse a tutti l'ordine di fumare. Tr a i rappresentanti c'erano due che non avevano mai fumato. Ma poi ,che l'onore d el rispettivo paese imponeva quel sacrificio, fumarono anch'essi... sebbene con qualche ripugnanza. Il privilegio dell'Austria... era andato in fumo. (Nuova Ant

ologia, 1884). 1382. Alla dieta di Francoforte al conte Thun era succeduto Prokesch, freddo, im passibile, astutissimo. Prokesch aveva l'abitudine di manipolare a suo piacere i verbali delle sedute. Bismark, quando lo venne a sapere, se ne irrit e mosse le sue lagnanze. - Come! - esclam Prokesch - vorreste dire forse che io abbia mentito? - Volevo dire appunto questo! - ribatt, imperterrito, Bismark. Prokesch gir attorn o lo sguardo e dalle facce degli altri delegati cap che per lui non era opportuno insistere. Bismark, che si aspettava una sfida, ebbe la sera stessa da Prokesch un invito a pranzo. (Nuova Antologia, 1884). 1383. Nel 1857 Bismark era stato incaricato di parlare, a Napoleone III, perch co nsentisse alla Prussia di far la guerra alla Svizzera. Bismark era sicuro dell'e sito favorevole della sua missione e, contrariamente ai suoi principii, pens di a pprofittare dell'occasione per speculare in Borsa. And quindi a trovare Rothschil d a Francoforte, e gli disse che avrebbe voluto vendere un certo numero di valor i che possedeva. Non lo fate - gli consigli il vecchio banchiere. - Quei titoli saliranno. - Se conosceste lo scopo del mio viaggio - rispose Bismark - non direste cos. Rothschild non si lasci persuadere, ma Bismark, sicuro del fatto suo, vendette i titoli. And poi a Parigi e ottenne da Napoleone tutto ci che desiderava. Ma in quel mentre il re di Prussia cambi idea, inizi negoziati all'insaputa di Bismark, e la guerra non fu pi possibile. E i valori salirono, salirono tanto, che Bismark non pot consolarsene e rinunzi pe r sempre a speculare in Borsa. (BUSCH, Les Mmoires de Bismark). 1384. Nel 1859 Bismark si trovava ancora a Francoforte a una sessione del Bundes tag. Il rappresentante dell'Hannover si lamentava che le sue lettere riservate v enissero aperte da qualcuno degli altri rappresentanti. Bismark rise e rispose c he, in quanto a lui, non aveva di queste paure. - Venite con me e vi far vedere come faccio. Lo condusse in uno dei pi miserabili quartieri della citt, s'infil un paio di guant i ed entr in una lurida bottega di salumiere. Si fece dare dal commesso un pezzo di sapone e una busta da lettere, mise il sapone dentro la busta e si accinse a scriverne l'indirizzo; ma poi, come ripensandoci meglio, disse al commesso: - Con questi guanti non riesco a scrivere. Potreste scrivermi voi il nome del de stinatario, come io vi dir? Il commesso obbed e, sotto la dettatura di Bismark, scrisse l'indirizzo di una pe rsona di fiducia del gran Cancelliere che aveva l'incarico di trasmettere i disp acci al governo prussiano. Quando i due amici furono usciti, Bismark disse al ra ppresentante dell'Hannover: - E adesso dimmi chi vuoi che possa immaginare che ci sia un mio rapporto segret o in questa busta che sa di sapone e di acciughe, con un indirizzo scritto da un mezzo analfabeta! (La Tribuna, 12 gennaio 1895). 1385. Quando Bismark era ambasciatore a Pietroburgo (1862), Gorciakoff, il cance lliere russo, disse un giorno ad un segretario dell'ambasciata francese, certo F ournier, parlando di Bismark: - C' in lui la stoffa di un ministro di Federico il Grande. Fournier, che era in confidenza col futuro Cancelliere di Ferro, ripet il lusingh iero apprezzamento a Bismark, e questi rispose: c'; far - vero; anzi, poich un Federico il Grande non c'; far' io solo tutte le parti. (OL LIVER, Le Roi Guillaume de Prusse). 1386. A Berlino, quando v'era deputato, il Bismark entr unasera in. una birreria. Vi sent qualcuno dir male d'un principe reale: si lev in piedi e, con quanta voce aveva in corpo, gli grid: - Via di qua. Se non sarete uscito prima che io abbia finito di vuotare. questo bicchiere, ve lo romper sul muso. Fu grande il tumulto dei presenti; ma egli non si scosse e continu tranquillament e a bere la sua birra e, quando l'ebbe finita, tenne parola e ruppe il bicchiere

sul muso del vicino. Tutti tacquero a un tratto, e il Bismark, come se nulla fo sse successo, chiam il garzone e gli chiese: - Che cosa costa un bicchiere? Pag e usc. (Nuova Antologia, 1871). 1387. Gli chiesero che cosa pensasse dell'Italia e della questione italiana. Si era allora nel 1863 e non c'erano state ancora trattative di sorta per l'alleanz a con la Prussia, che doveva dar frutti solo nel 1865. Bismark per aveva capito s in d'allora che l'Italia costituiva un'ottima carta da giocare contro l'Austria. E riassunse il suo punto di vista pittorescamente cos: - Se l'Italia non esistesse, bisognerebbe inventarla. (PETRUCCELLI DELLA GATTINA , Fattori e malfattori della politica europea). 1388. Gli domandarono che cosa pensasse dell'Inghilterra. - L'Inghilterra - rispose - non entra pi nei miei calcoli dal giorno in cui rinun zi di sua libera volont alle isole Ionie. continu: - Una nazione che cessa dal pigliare e comincia a restituire una nazione esaurit a e che non conta pi nulla. (PETRUCCELLI DELLA GATTINA, Fattori e malfattori dell a politica europea). 1389. Aveva come segretario Buch. Leggendo le opere che costui scriveva per cont o del Cancelliere, questi gli osserv che il suo stile era troppo massiccio e manc ava di finezza. - In diplomazia - gli disse - occorre usar sempre finezza e cortesia, persino ne lle dichiarazioni di guerra. (Nuova Antologia, 1883). 1390. Non tollerava che alcuno dei suoi dipendenti approfittasse della propria a utorit politica per trarne guadagni, e biasimava aspramente i sistemi che aveva v eduto in vigore in Russia, nel tempo che era stato ambasciatore a Pietroburgo. - Un giorno, - raccontava - vidi una bella carretta di legname vicino alla villa dell'ambasciata e domandai a quei contadini a che prezzo avrebbero potuto ceder mela. Mi chiesero un prezzo assai conveniente; ma poi mi domandarono se era per conto del Tesoro dello zar. Io risposi di no, che era per conto della Legazione di Prussia, e me ne andai. Quando. tornai per prendere la legna, i contadini non c'erano pi. Avevano pensato che il ministro di Prussia fosse un subalterno dello zar, e si erano detti: Quando verr il momento di pagare il conto, dir, come al sol ito, che noi avevamo rubato la legna e ci far mettere in prigione, fino a che non gliel'avremo ceduta per niente...!. (BUSCH, Les Mmoires des Bismark). 1391. Nel 1862 Bismark era ambasciatore a Parigi, e come tale in confidenza col conte Walewski e con la contessa sua moglie. Un giorno, parlando appunto con la contessa, cominci a farle domande che alla Walewska parvero indiscrete, ond'ella cerc di eluderle. Bismark, sorridendo, osserv: - Mi accorgo che anche voi siete una buona diplomatica; ma in politica bisogna d ir tutto... meno, s'intende, la cosa principale. (LOLIFE, Les femmes du Second E mpire). 1392. Non aveva alcuna stima dei Francesi. Soleva dire: - Ho conosciuto in Francia due donne simpaticissime: l'Imperatrice, la pi bella d onna che abbia mai visto, e la Walewska, ma di uomini, non ne ho incontrato mai neppure uno. (OLLIVER, Le Roi Guillaume de Prusse). 1393. Nel 1865, Bismark si trovava a Biarritz insieme con Napoleone III. Una mat tina, Bismark stava passeggiando col suo grosso cane, quando s'imbatt in un vecch io capitano marittimo francese con una gamba di legno. Il cane prese a guardar m inacciosamente la gamba di legno del capitano, il quale, seccato, assest, con un bastone che aveva in mano, un forte colpo sulla testa del cane. Bismark si arrab bi e rispose al Francese ingiuriandolo. Il capitano allora, perduta la pazienza, sebbene mutilato, prese Bismark per la vita, lo sollev come una piuma e lo gett al di l di un muretto che limitava la strada verso il mare. Fu miracolo se Bismark non cadde in mare: si salv soltanto perch corse a prestargli aiuto Napoleone III; nel che si vede l'ironia o il capriccio del Destino. (Minerva, 15 agosto 1930). 1394. Bismark, parlando di Napoleone III, lo giudicava non sprovvisto d'intellig enza, ma senza acutezza. Napoleone III aveva inoltre, secondo Bismark, troppa fe de in s stesso e nella propria stella, e fantasticava i pi strani disegni.

- Che farebbe lei - Napoleone domand a Bismark un giorno - se noi Francesi penetr assimo nel Belgio? Ci dichiarerebbe guerra? E Bismark rispose: - No, forse no. Ma si cercherebbe anche noi il nostro Belgio da qualche altra pa rte. (Deutsche Revue, giugno 1894). 1395. Prima ch scoppiasse la guerra nel 1866, il conte Karoly, ambasciatore austr iaco, domandava a nome del suo governo al Bismark che gli dichiarasse categorica mente se voleva o no rompere il trattato di Gastein. - No - rispose questi; - ma se avessi questa idea, lei crede che le risponderei diversamente? (Deutsche Revue, maggio 1894). 1396. Bismark assistette alla battaglia di Sadowa da un'altura che dominava il c ampo delle operazioni. Era solo e a cavallo, solenne come il dio Thor. Ma le sor ti della battaglia non volgevano a favore delle armi prussiane,e la disfatta era gi vicina, quando arriv il- principe ereditario Federico alla testa del suo formi dabile esercito, e questo intervento tempestivo decise della vittoria prussiana contro l'Austria. Un ufficiale che aveva scorto Bismark sull'altura si diresse al galoppo verso di lui e, quando gli fu vicino, gli disse: - Siccome il Kronprinz giunto a tempo, voi siete un eroe; ma, se non giungeva a tempo, eravate un miserabile! (Corriere della Sera, 3 settemtembre 1934). 1397. Bismark stesso raccont un giorno la storia del famoso telegramma di Ems che aveva provocata la dichiarazione di guerra della Francia alla Prussia. Bismark era a Berlino e una sera aveva invitato a pranzo Moltke e Roon per parla re, della situazione che si faceva sempre pi minacciosa. Mentre erano a tavola, a rriv un lungo telegramma di almeno duecento parole. Bismark lo lesse, e la fision iomia di Moltke cambi a un tratto: pareva invecchiato di dieci anni. - Che 'cosa avete? - gli domand Bismark. Moltke spieg che da quel telegramma appariva evidente che il re di Prussia cedeva a tutte le pretese della Francia e che la guerra sarebbe stata evitata. Bismark domand allora a Moltke: - Ma, in caso di guerra, voi mi assicurate che saremo vincitori? - Certo - rispose Moltke. - E allora, aspettate un minuto! Sedette a un tavolo, prese il telegramma del re, condens le duecento parole in un a ventina, poi porse il dispaccio cos manipolato a Moltke. - Ah! Cos s, che va magnificamente! Moltke pareva risuscitato: aveva ora la sua guerra. (BUSCH, Les mmoires de Bismar k). 1398. Durante la guerra del 1870, il cancelliere e il suo seguito avevano occupa to il magnifico castello del barone Rothschild a Ferrires, per farne il Gran Quar tiere Generale; ma il maggiordomo del barone si era rifiutato di cedere ai Pruss iani il vino che era nelle cantine. Dapprima aveva assicurato che nelle cantine non c'era vino; poi aveva ammesso ch e restavano alcune centinaia di bottiglie di bordeaux comune. Fu facile scoprire che ben 17.000 bottiglie erano nelle cantine, e Bismark non poteva ammettere ch e un Rothschild, che era stato console generale di Prussia a Parigi, non si sent isse onorato di ospitarlo e di mettere tutto ci che aveva a sua disposizione. Irritatissimo, mand a chiamare il maggiordomo e, poich questi faceva ancora qualch e difficolt, gli domand dove fosse possibile procurarsi della paglia. Il maggiordo mo cap che avrebbero dato fuoco al castello: impallid e mise a disposizione dei Pr ussiani tutto il castello, vino compreso. (BUSCH, Les Mmoires de Bismark). 1399. Non era indifferente a una buona tavola e la desiderava ringagliardita di buoni vini. Durante il suo soggiorno a Ferrires, nel castello del barone Rothschild, avendo s aputo che il re aveva proibito di cacciare nel parco, Bismark, chiamato un giorn o in disparte Moltke, gli disse: - Dobbiamo proprio obbedire? A me venuta voglia di mangiare a ogni costo i fagia ni. E dispose per una buona partita di caccia. Vedrai - concluse rivolgendosi a Moltke - che non avranno il coraggio di punirmi

. Chi troverebbero poi per far la pace coi Francesi? E non contento dei fagiani, volle anche fare una strage delle diciassettemila bo ttiglie di vini prelibati di cui erano ricche le cantine baronali. (Nuova Antolo gia, 1888). 1400. Quando, a Sdan, il generale Reille and al campo nemico, latore di una letter a di Napoleone al re Guglielmo, mentre il re rispondeva all'impe- ratore, il gen erale si ferm a chiacchierare con Bismark. - Spero - disse il generale francese - che non vorrete imporre condizioni troppo severe a un esercito che si battutto da valoroso. Bismark si strinse nelle spalle. Il generale francese seguit: - Altrimenti, piuttosto che accettare patti umilianti, far saltare la fortezza co n tutti i soldati che sono dentro. E Bismark cinicamente: Fate saltare, fate saltare, generale. Ci riguarda voi. (PETRUCCELLI DELLA GATTINA, Fattori e malfattori della politica e uropea). 1401. Dopo una vittoria sulla Loira del principe Federico Carlo, durante la guer ra prussiana del 1870 contro la Francia, Bismark s'incontr con una colonna di pri gionieri francesi che venivano portati nel campo tedesco. - Ancora prigionieri? - disse Bismark. vedendoli - e dove diamine dob- biamo met terli? Perch non li hanno accoppati, invece di farli prigionieri? (La Tribuna, I agosto 1898). 1402. Quando seppe che un decreto del governatore di una citt ordinava di pubblic are l'elenco degli oggetti di valore trovati nelle case abbandonate che, se non reclamati entro un certo tempo, sarebbero stati confiscati a beneficio del tesor o di guerra, Bismark disse: - giusto! In verit, quelle case dovrebbero esser bruciate, ma ci potrebbe recar da nno alle persone giudiziose che sono rimaste a casa loro, e perci non si pu farlo, disgraziatamente. (BUSCH, Les Mmoires de Bismark). 1403. Dopo la capitolazione di Metz, Bismark ricevette la visita di un emissario di Gambetta, il quale gli domandava se la Germania sarebbe stata disposta a ric onoscere la Repubblica Francese. - Ma certo! - rispose il Cancelliere, senza la minima esitazione. - E non soltan to la Repubblica; ma, se volete, anche la dinastia dei Gambetta! Garantiteci sol tanto i vantaggi di una pace tranquilla, e noi riconosceremo qualsiasi dinastia, anche quella di Bleichroeder o di Rothschild!... (BUSCH, Les Mmoires de Bismark) . 1404. Quando Napoleone III fece domandare aBismark che i marescialli Bazaine, Le boeuf e Canrobert, che si erano arresi a Metz, fossero mandati a Wilhelmshoele, dove egli era prigioniero, il cancelliere rispose: - Non ho nulla in contrario. Sono quattro: potranno fare una partita a whist! (B USCH, Les Mmoires de Bismark). 1405. Bismark aveva un gran disprezzo per i Francesi. Alla maschia energia dei G ermani contrapponeva la mollezza femminea dei Celti. Li pensava inattivi, chiacc hieroni, pigri, fatalisti, incapaci di ogni iniziativa. - Una nazione di zeri - diceva - un gregge di trenta milioni di Cafri obbedienti . Grattate il Francese e ci troverete il Turco. (Revue de Paris, 15 ottobre 1898 ). 1406. Durante l'assedio di Parigi, avendo fatto una passeggiata fino a Saint-Clo ud, Bismark not l'espressione ostile che gli abitanti dei sobborghi avevano nel g uardarlo. - Questi Francesi, - disse - hanno sempre bisogno di prendere un atteggiamento t eatrale. Non guardano mai alla sostanza delle cose, ma soltanto all'apparenza. M i ricordano il vecchio esercito napoletano, in cui si davano ordini strani; per esempio, come noi ordiniamo: Fuoco!, essi ordinavano: Faccia feroce!. (BUSCH, Les Mmo ires de Bismark). 1407. Fu riferito 'al Cancelliere che, dopo varii mesi di assedio, in Parigi man cavano affatto i viveri e che la mortalit si era elevata fino a cinquemila person e in una settimana, e infieriva soprattutto nell'infanzia.

- Non possiamo mica lasciarli morire tutti di fame! - esclam Bismark. - E che male ci sarebbe? - gli fu osservato. - Come? - rispose il Cancelliere. - E le indennit di guerra chi me le pagherebbe, allora? (BUSCH, Les Mmoires de Bismark). 1408. Si arrabbi molto quando seppe che Rothschild era riuscito, mediante un salv acondotto, a uscire da Parigi assediata. - un peccato, - disse il Cancelliere. - Sarebbe stato bene tenerlo come prigioni ero di guerra. Cercate d'informarvi dov'. - Ma - gli fu osservato - se alziamo la mano su Rotschild, vedremo subito accorr ere il suo collega Bleichroeder da Berlino.GSPLIT:uPalazzi-Zanichelli 1.txtArchivi o GSplit&{5F9160D1-68ED-4692-9DC5-DA0556BA26AC}sm

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