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Francesco Lamendola

Quellispettore cos solidamente borghese che finiamo per amare anche nostro malgrado
In vari luoghi dEuropa, ad esempio nella cittadina olandese di Delfzijl, sono stati eretti dei monumenti ad un signore dalla corporatura massiccia, che indossa il cappotto sopra la giacca e col cappello in testa, e che stringe in mano la pipa, piegando il braccio destro in una posa caratteristica, involontariamente pomposa e quasi napoleonica. Quel cappotto ci fa pensare a un lunghissimo inverno che non vuol mai finire; ma quella pipa, col suo minuscolo fornello, ci suggerisce una fonte di calore che arde ininterrotta e che spande nellaria il suo gradito aroma, introducendovi una nota di pace, se non proprio di allegria: e cos tutto linsieme del personaggio, al tempo stesso imponente e quotidiano, un po burbero ma anche umano, ispira immediatamente sentimenti contrastanti ma, nel complesso, positivi. S: proprio lui, il Borghese con la b maiuscola: la pi aborrita e destata figura sociale della modernit, contro la quale Marx ha predicato leterno odio di classe dei proletari di tutto il mondo, e sulla quale legioni di intellettuali, scrittori, artisti, tutti o quasi tutti di origine squisitamente borghese (come lo stesso Marx), hanno riversato tutto il disprezzo e tutta lavversione di cui erano capaci, senza risparmio di colpi, facendone addirittura larchetipo di tutto quanto vi di moralmente riprovevole e di esteticamente ripugnante nella natura umana. Questo solido borghese, talmente calato e perfino compiaciuto nel proprio ruolo da apparire quasi incongruo e un po naf nella sua ingenua naturalezza, non una persona realmente vissuta in carne ed ossa, ma un personaggio letterario, uno di quelli che pi hanno saputo fare breccia nellimmaginario collettivo, in ragione delle sue caratteristiche paterne, severe ma al tempo stesso rassicuranti, nonch della sua umanit profonda, sofferta e quasi risentita, che lo ha portato, pi di una volta, a occultare prove di colpevolezza per consentire a dei delinquenti casuali, ma pi sfortunati che malvagi, di avere dalla vita unaltra opportunit: il leggendario commissario della polizia di Parigi, Jules Maigret. Creato dalla penna (ma Pirandello avrebbe detto: evocato, non creato) di Georges Simenon, scrittore belga nato nel 1903 e morto nel 1989, Maigret il protagonista di settantacinque romanzi settantanove, contandone anche quattro poi ripudiati dallautore e scritti sotto pseudonimo e di ventiquattro racconti, pi un certo numero di articoli, prefazioni e altri scritti di vario genere: uno dei casi di maggiore assiduit fra scrittore e personaggio di tutta la letteratura mondiale. Maigret ispettore nella squadra omicidi e innumerevoli casi sono passati per le sue mani: casi che egli ha affrontato tutti con una tecnica dindagine squisitamente intuitiva, immergendosi, per cos dire, nellatmosfera delle situazioni, dei luoghi, dei personaggi, sempre a caccia non solo e non tanto della verit legale, ma di quella umana che giace, sovente seminascosta, nelle pieghe pi profonde di quellaltra. Brusco, impaziente di intralci e impedimenti, avverso ai moderni metodi scientifici allamericana, Maigret un perfetto europeo, un perfetto francese, un perfetto parigino, oltre che un perfetto borghese. Non ha opinioni politiche, non ha vizi se non quello del fumo, del buon bicchiere della buona tavola; sposato e marito fedele, ma non ha figli, cosa che vive con segreta malinconia; temuto e rispettato, ma soprattutto ammirato dai suoi subordinati, che fa correre di qua e di l, riservandosi la parte di cervello in ciascuna indagine. Con i superiori ha un rapporto formalmente corretto, ma sotterraneamente carico di attriti, perch non sopporta la disciplina, le formalit e la burocrazia, mentre essi ne sono i pi tipici 1

rappresentanti; inoltre diretto, virile, alieno da qualunque forma di servilismo e nutre una segreta simpatia per i deboli, per i vinti, per gli inetti che la vita ha duramente provato e una altrettanto radicata, ma non altrettanto segreta, antipatia per i poltroni, per i figli di pap, per i ricchi nullafacenti. Da ci non si deve dedurre che le sue simpatie politiche vadano a destra; perch Maigret un personaggio rigorosamente apolitico (cosa che alcuni critici hanno trovato strana, trattandosi di un francese e, pi in generale, di un latino); e c motivo di pensare che, se pure si decidesse ad esternarle, avremmo delle belle sorprese, se vero quel che si dice un po sottovoce del suo autore, e cio che stato collaborazionista durante la seconda guerra mondiale o, quanto meno, legato agli ambienti del collaborazionismo (il fratello di Simenon lo fu certamente, tanto che a guerra finita si arruol nella Legione Straniera e ci lasci la pelle, durante la guerra dIndocina). Del resto,che Maigret sia un conservatore, nel senso pi ampio del termine - e sia pure un conservatore sui generis -, stano a mostrarlo mille particolari della sua vita quotidiana: ad esempio quel suo voler conservare, in ufficio, la vecchia stufa a legna, per il solo piacere di riempirla con le sue mani (altro indizio di amore per la manualit: la cerimonia di accensione della pipa con i cerini), mentre in tutto ledificio stanno installando i moderni termosifoni. Dicevamo della sua umanit. Maigret non giudica, non gli interessa di ergersi a giudice dei criminali sui quali sta indagando: gli interessa pi che altro comprendere il mistero del cuore umano, rendersi conto delle molle segrete del suo agire, nel male cos come nel bene (ma, per la sua professione, soprattutto nel male). Ed questo distacco, che non si qualifica in alcun modo come indifferenza, ma, al contrario, come suprema forma di saggezza, ossia come consapevolezza che nessun essere umano ha il diritto di giudicare, nel profondo, un suo simile, che lo pone segretamente in conflitto con la sua professione e, talvolta, con i suoi superiori, primo fra tutti il giudice Comelieau; conflitto che egli risolve, o piuttosto supera, facendo appello, nei momenti di maggior tensione, alla propria coscienza e al proprio superiore senso di umanit. Esattamente il contrario di un altro celeberrimo ispettore di polizia francese immortalato dalla letteratura: il terribile Javert, persecutore implacabile di JanValjean, creato da Victor Hugo ne I Miserabili: tanto vero che, quando la coscienza di Javert entra in conflitto con il senso del dovere formale, questi non riesce a mediarlo e risolve la crisi interiore togliendosi la vita. Sia il cinema che la televisione si sono impossessati di questo ghiotto boccone commerciale, divenuto rapidamente celebre in tutto il mondo, con esiti pi o meno felici e con maggiore o miniore fedelt alla lettera e allo spirito delloriginale. Per il pubblico italiano, Maigret possiede la faccia onesta e virilmente bonaria di Gino Cervi, che lo interpret in alcuni mitici cicli di sceneggiati negli anni Sessanta del secolo scorso. Per quello francese dellultima generazione, il suo volto invece quello rude e un po pesante di Bruno Crmer, i cui occhi azzurri dalle profondit abissali contrastano singolarmente con la voluta inespressivit della sua maschera. Personalmente, riteniamo che entrambi gli attori lo abbiano interpretato in maniera egregia; ma la nostra preferenza va a Bruno Crmer, perch ci sembra pi realisticamente calato nel personaggio, con una psicologia pi sottile e meno emotiva, meno meridionale di quella con cui lo ha rappresentato il pur bravissimo attore italiano; senza parlare della regia e della ricostruzione dambiente, incomparabilmente pi efficaci e verosimili. Lacribia filologica della serie televisiva francese (ben cinquantaquattro puntate, fra il 1991 e il 2005) si spinge perfino alla cura dei caratteri di stampa nei titoli di testa, che sono identici a quelli in voga negli anni Trenta del secolo scorso; per non parlare dellabbigliamento, degli interni, dellarredamento. Bruno Crmer un Maigret meno chiacchierone e meno espansivo di Gino Cervi; pi taciturno e pi riflessivo; pi padrone di s in tutte le situazioni, che non perde mai la calma anche se, sotto la sua maschera di ghiaccio, palpita un vulcano perennemente in procinto di eruttare; e la bravura dellattore francese (nato a Sain-Mand nel 1929) proprio quella di aver saputo contemperare ed equilibrare questi due lati contrastanti del suo personaggio, con una sottilissima cura per le sfumature che Cervi, invece, tende a saltare a pie pari. Insomma il Maigret di Cervi un istintivo 2

immediato ed estroso, quello di Crmer un istintivo che si controlla e che media continuamente non solo con se stesso, ma anche con la vita. Le storie pi belle, secondo noi, sono quelle di due generi: quelle ambientate nei quartieri poveri di Parigi, popolati da personaggi ambigui ma intimamente dolenti, perch mortificati dalla vita; e quelle che si svolgono in provincia, nella vastit delle campagne o in qualche minuscolo borgo rurale dove non c che un unico posto telefonico pubblico, e nei quali la vita sociale ruota attorno a pochissimi luoghi un po claustrofobici, primi fra tutti losteria e la locanda con ristorante a prezzo fisso, i cui clienti sono modesti borghesi, sensali o commessi viaggiatori e le cui cameriere, giovani e meno giovani, si portano dentro una profonda tristezza e un male di vivere che i sogni infranti di un avvenire diverso hanno indotto a ripiegarsi su se stesse oppure, allopposto, a sfidare la societ perbenista con gesti inattesi di protesta e di ribellione. Questultimo aspetto ci porta a parlare dei veri nemici di Maigret: che non sono di certo i criminali cui d la caccia e nemmeno i superiori che sovente lo intralciano con le loro ridicole pignolerie, ma i piccoli borghesi, di citt e di provincia, che in nome dellinvidia, della gelosia, dellavidit o della noia, finiscono per perdere ogni senso morale, per diventare disumani e per ostacolare il corso della giustizia con il groviglio velenoso del loro astio e della loro omert; astio e omert che ricordano altre situazioni della societ francese, ad esempio quelle descritte in romanzi come Groviglio di vipere di Franois Mauriac, Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos, Il caos e la notte di Henri de Montherlant e Leviatano di Julien Green. Davanti a quelle astiose zitelle di provincia, a quelle zie consumate dal rancore, a quei vecchietti cui la vita non ha insegnato n saggezza n compassione, a quegli osti che e a quei portinai che si impicciano di tutti per una forma di curiosit senza calore e senza piet, a quegli imprenditori che non sanno farsi amare n sul lavoro n in famiglia, tutti chiusi nel cerchio meschino del loro interesse materiale e del loro guadagno, Maigret non giudica e, tuttavia, profondamente a disagio. Il che non gli impedisce di portare avanti, sino in fondo, la sua indagine, senza riguardi per nessuno e, soprattutto, senza lasciarsi minimamente distratte dalle apparenze o, meno ancora, da quel che dice la gente che si crede bene informata. In questo senso, Maigret un borghese atipico e, in fondo, fuori posto; perch, a dispetto della sua estrazione, della sua cultura e della sua visione del mondo, egli detesta con tutta lanima quel complesso di qualit e di difetti che formano larmatura caratteristica del borghese, primi fra tutti lipocrisia e la capacit di muoversi disinvoltamente, senza mai arrossire, nei meandri della pi sfacciata doppia morale: una per s, tollerante e permissiva; laltra per il prossimo, dura e intransigente. C aria di chiuso, c molto cattivo odore - direbbe il buon vecchio Nietzsche - in quei personaggi e in quelle situazioni: sia che si tratti di grandi borghesi dalla moralit (apparentemente) irreprensibile, sia che si tratti di piccoli e piccolissimi borghesi di provincia, baristi, carrozzieri, piccoli commercianti, artigiani. Maigret si salva, di tanto in tanto - oltre che rifugiandosi nella dolce, serena amicizia della moglie - nella simpatia per qualche bambino o bambina coinvolti nelle sue indagini, talvolta perfino nel ruolo di colpevoli; e, quando le circostanze delle inchieste lo richiedono, tuffandosi nellambiente semiacquatico degli ampi canali che intersecano la vasta pianura francese e che, con la Senna, si spingono fin nel cuore della vecchia Parigi. Le storie pi avvincenti sono quelle ambientate lungo fiumi e canali, a bordo di chiatte o di vapori carichi di merci, lungo i moli e le banchine ove questi attraccano, nelle osterie che accolgono gli equipaggi. Con il vento dellAtlantico che spazza la superficie dellacqua e fa rialzare al commissario il bavero del cappotto, ma che sembra portare poderose boccate di aria fresca e che trasmette, scompigliando i capelli e disperdendo il fumo della pipa, un senso quasi doloroso di libert, di orizzonti sconfinati non solo dei luoghi, ma anche dellanima. Ed ecco, forse, il significato pi autentico della popolarit di Maigret, la ragione per cui noi tutti lo percepiamo come una presenza non solo familiare, ma addirittura necessaria, nello spazio della nostra immaginazione. Impavido e incrollabile nel suo senso morale che sa andare oltre la giustizia formale e i chiusi modi di pensare delle coscienze pigre, di quanti sono spiritualmente morti, egli 3

la personificazione della nostra parte migliore, non senza una segreta sofferenza dovuta alla oscura consapevolezza di ci che ci impedisce di tradurre quel senso di pulizia morale nella nostra vita di ogni giorno: vale a dire la paura della libert. Noi tutti, chi pi e chi meno, abbiamo paura di quella libert, perch, in fondo, abbiamo paura delle responsabilit che ne derivano e preferiamo, tutto sommato, trascinarci dietro le nostre segrete catene, specialmente se sono dorate. Maigret, no. Lui diverso: perch, come direbbe ancora Pirandello, essendo un personaggio non possiede lesistenza ma, in compenso, possiede quellessenza di cui noi siamo cos spesso carenti. Maigret non vacilla, non scende a compromessi. Egli respira i liberi venti della vita in piena sicurezza, anche se, talvolta, non senza un moto di disgusto per le sue brutture, che lo costringe istintivamente a cercare conforto in una chiacchierata con una semplice popolana, o nella compagnia casuale con un bambino (quel figlio che sua moglie non gli ha potuto dare, ma cui ripensa con rammarico), o, ancora, in una silenziosa battuta di pesca in riva a un fiume, nella campagna tranquilla, dove lo sciacquio delle onde suggerisce lillusione del mare aperto e dei grandi, liberi orizzonti di cui lanima ha eternamente nostalgia.

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