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Sei giunto alla fine di questoChile-book dedicato alla pensione e alla possibilit di
calcolare la tua "pensionabilit" gi molto tempo prima dell'et fatidica. Attenzione, per: non chiudere il tuo Reader! Le pagine che seguono vogliono regalarti un piacevole momento di pausa con qualche segnalazione libraria direttamente dal catalogo Sonda. Buona fortuna per i tuoi progetti!

Chile-bookdi JobTel, il portale dell'orientamento Per pizzicare la tua voglia di fare L a prima collana di eBook dedicata al mondo del lavoro e della formazione, pensati per
pizzicare le tue idee con informazioni utili, opportunit interessanti e percorsi orientativi. Vuoi cominciare un lavoro e non sai da dove partire? Cerchi un'informazione e non hai tempo di consultare 12 volumi di enciclopedia? Per stuzzicare la tua voglia di fare e di sapere... JobTel ha pensato a una guida rapida e completa che fornisca subito i dati essenziali per cominciare un'attivit o conoscere a fondo un argomento. I Chile-book sono "libri peperoncino" che vanno gi in fretta, danno sapore alla vita e al lavoro e mettono addosso una gran voglia di provare Il fomato digitale l'ideale per personalizzare la tua lettura. I contenuti? Scoprili "sfogliando" queste pagine! Per ogni esigenza potete rivolgervi a: Edizioni Sonda oppure aredazione@jobtel.it

Costruisci la tua pensione


Andare in pensione in base ai contributi e non agli anni di et

L a pensione potr sembrare un argomento da vecchi, ma con l'aria che tira negli ultimi anni
si tratta piuttosto di un argomento da furbi. Nel senso che i pi avveduti ci pensano gi da

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giovani, in modo da non trovarsi con niente in mano tra 20, 30 anni, o gi di l. Le regole della previdenza in Italia sono rigide e severe e consentono ben poche scappatoie. Inoltre ci troviamo di fronte ad un periodo finestra, in cui si passa dal vecchio sistema pensionistico ad un modo nuovo di pensare alla previdenza (sostanzialmente basato su "fai da te"!). Un calcolo approssimativamente preciso sulla propria "pensionabilit" possibile gi molto tempo prima dell'et fatidica ed quanto meno utile. Utile, perch in Italia l'Inps non basta pi e accanto alla classica pensione obbligatoria si profilano nuove forme di previdenza integrativa (fondi e polizze). Calcolate quanto avete maturato di pensione. E poi decidete. Conviene proseguire con l'obbligatoria o correre verso i fondi integrativi? Convengono riscatti o versamenti? E se si passa all'integrativa, quale strumento scegliere? Fondi chiusi di categoria, fondi aperti, polizze assicurative? Cosa riserva la pensione ai lavoratori autonomi? Quale futuro per i sempre pi diffusi co.co.co.? Per rispondere a queste e a molte altre domande ecco una breve guida alla pensione, dedicata ai giovani avveduti e ai maturi sprovveduti, coloro cio che provengono dal vecchio sistema pensionistico e non vogliono restare fregati nel passaggio epocale della previdenza italiana Un occhio anche all'Europa, dove ancora oggi difficile lavorare con la certezza di una pensione al ritorno a casa. Infine i siti consigliati.

La pensione per i co.co.co.


Dai contributi al fondo

Dopo la riforma Dini (legge 335/95) anche coloro che svolgono un'attivit di collaborazione
coordinata e continuativa sono obbligati a versare all'Inps un contributo previdenziale (il famoso 10%). L'aliquota contributiva, ferma all'originaria misura del 10 % per i soggetti che gi godono di una tutela previdenziale obbligatoria (compresi i pensionati), per i soggetti privi di altra copertura quest'anno pari al 14% (un punto in pi del 2001), di cui 13,55 destinato al fondo pensioni e 0,5% utilizzata per finanziare il fondo di maternit e assegni famigliari. Anche per i cosiddetti parasubordinati, come artigiani e commercianti, l'aliquota salir gradualmente sino a raggiungere (nel 2014) il 19%. Il contributo, da applicare sui compensi fino a un massimo di 78.506,80 euro per i 2/3 a carico del collaboratore. I titolari di partita Iva pagano invece il contributo per intero (senza la partecipazione dei committenti), ma possono caricare in fattura - come avviene per la maggior parte dei liberi professionisti relativamente alla contribuzione dovuta ala propria cassa di previdenza - un 4% (a titolo di risarcimento). I versamenti dei lavoratori parasubordinati vanno ad alimentare un fondo che in futuro corrisponder una pensione, i cui requisiti sono gli stessi di quelli stabiliti per i dipendenti assunti dal gennaio 1996 in poi: et non inferiore a 57 anni (sia per gli uomini che per le donne; minimo contributivo, corrispondente ad attivit di lavoro effettivo, almeno pari a 5 anni; importo della rendita non inferiore a 1,2 volte l'ammontare annuo dell'assegno sociale (cio almeno pari a 420,68 euro al mese del 2002). Il sistema di calcolo quellocontributivo . In seguito alla Finanziaria 2000 (art. 51, legge 448/99), la cosiddetta aliquota di

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"accantonamento", da applicare alla contribuzione accumulata, fissata in misura pari al 10% per i soggetti gi previdenzialmente tutelati, e in due punti in pi (entro il limite del 20%, a regime) dell'aliquota contributiva versata, per chi non ha altra copertura pensionistica. In altre parole, la contribuzione accantonata (10% del reddito, o il 13,5%, a seconda dei casi) si rivaluta su base composta al 31 dicembre di ciascun anno, con esclusione della quota relativa allo stesso periodo, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del Pil nominale. Il riferimento viene fatto al quinquennio precedente l'anno da rivalutare. Alla date del pensionamento al montante contributivo, alla somma rivalutata dei versamenti effettuati, si applica un coefficiente di conversione che cresce all'aumentare dell'et, da un minimo del 4,720% (57 anni) a un massimo del 6,136% (65 anni).

La pensione integrativa
La strada futura della previdenza. Fondi aperti e fondi chiusi

Si parla molto di previdenza integrativa, ma il cammino, a partire dalla sua nascita nel
1993, lento e faticoso; per capire quale sar il futuro della "previdenza di scorta", bisogna necessariamente fare riferimento alla previdenza obbligatoria. Il principale fattore che ne rallenta lo sviluppo, senza voler trascurare gli altri aspetti, deriva da una impostazione culturale che coinvolge pi generazioni ed fortemente radicata nella coscienza del Paese: i dipendenti pubblici e privati hanno costruito la propria storia previdenziale sul presupposto che la pensione obbligatoria garantisca sostanzialmente il tenore di vita raggiunto con gli ultimi stipendi. Considerando vari elementi, primo dei quali il venire meno della trattenuta per i contributi, la pensione netta, negli ultimi trenta anni, ha sempre garantito almeno il 75 e l'80 per cento del reddito da lavoro, con alcuni "miracoli" per tanti privilegiati che, in base a norme permissive, fondi aziendali o retribuzioni gonfiate, si sono assicurati pensioni d'oro o almeno d'argento. Questo lo scenario consolidato, con una certezza: tutto questo cambier, non solo per i ventenni e i trentenni, ma anche per i quarantenni che a fine 1995 non avevano i "fatali" 18 anni di contributi che consentono di restare nel sistema contributivo. E' questa la platea di milioni di lavoratori a cui la previdenza obbligatoria non garantisce un futuro roseo. Sull'altro versante c' il mondo dei lavoratori autonomi e dei professionisti, per i quali la previdenza obbligatoria nata in tempi recenti e che comunque non si mai affidato alla previdenza obbligatoria come unico strumento per vivere. E' il mondo che da sempre ha fatto riferimento, nelle forme pi disparate, alle assicurazioni private. La previdenza integrativa non va confusa n con la previdenza obbligatoria n con la previdenza privata, anche per le sue caratteristiche tende pi ad assomigliare al pilastro privato che a quello pubblico. In primo luogo la legge stabilisce che la previdenza integrativa opera su base volontaria; nessuno pu essere obbligato ad aderire alla previdenza integrativa. Il successo o il fallimento sono legati anche ad un fatto culturale, che oggi fatica a camminare; chi non sacrifica una quota del reddito perch convinto che comunque lo Stato deve garantire una pensione pubblica uguale a quella del passato, si pentir quando sar troppo tardi per rimediare. I fondi pensione

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L a pensione complementare rappresenta il secondo pilastro del sistema pensionistico.


Il primo pilastro rappresentato dal sistema obbligatorio, ossia quello previsto dalla legge. Innanzi tutto va osservato che gli italiani si erano abituati all'idea che tra pensione e stipendio non c'era una grande differenza, per cui i termini come polizza vita, fondi pensione e fondi comuni di investimento erano poco pi che sconosciuti, tanto c'era lo Stato che pensava quasi a tutto, presente e futuro. Oggi per non pi cos: al proprio futuro i lavoratori devono pensare da soli in quanto la spesa pensioni in Italia la pi alta d'Europa. Nata con il decreto 124/93, etichettata come il secondo "pilastro" della previdenza (la palma del primo spetta a quella obbligatoria, che copre tutti i lavoratori, i dipendenti e gli autonomi e che oggi nell'occhio del ciclone). Allo scopo d'assicurare ai lavoratori, quando andranno in pensione, un tenore di vita che la previdenza pubblica non pi in grado di garantire. Ma per due anni la neonata praticamente rimasta in incubatrice. Per fare i primi passi ha dovuto aspettare la riforma delle pensioni del 1995 (legge 335), che con un colpo alla botte e uno al cerchio ha tagliato ancora un po' la previdenza obbligatoria e ha dato una spinta a quella integrativa, anche migliorando il trattamento fiscale con la separazione degli sgravi previsti per i fondi pensione da quelli accordati alle polizze-vita individuali. Ai fondi pensione possono aderire tutti i lavoratori, dipendenti e autonomi, e l'adesione del tutto volontaria. Pertanto, chi pensa che potr farcela con la sola pensione dell'Inps padronissimo e libero anche di non iscriversi ai fondi pensione. Per i lavoratori dipendenti a carico loro e delle aziende. Il contributo stabilito in percentuale delle retribuzioni secondo gli accordi. Al fondo anche destinata una quota dell'accantonamento del trattamento di fine rapporto (per i neoassunti viene accantonato l'intero tfr). La vecchia "liquidazione" dunque destinata a scomparire. Perci quando i fondi-pensione saranno a regime, per i giovani che avranno aderito alla previdenza integrativa il tfr sar soltanto il ricordo di qualcosa appartenuto ai loro padri. Ma la cosa dovrebbe avere i suoi vantaggi. Infatti, oggi la trattenuta per finanziare il tfr ammonta al 7,4% della retribuzione (del prelievo, lo 0,5% va al fondo-pensione); l'accantonamento viene rivalutato dell'1,5% annuo + il 75% del tasso d'inflazione, che per il 1997 stato dell'1,7%. Tirando le somme, lo scorso anno il tfr ha dato un rendimento del 2,775% (1,5 + 1,275). Un fondo-pensioni, investendo normalmente i soldi raccolti dovrebbe, secondo le previsioni, fruttare senz'altro di pi. Gli autonomi e i professionisti dovranno invece tirar fuori tutto dalle proprie tasche. Non esiste un tetto massimo per la contribuzione. Tuttavia, c' un limite indiretto, che collegato al tetto di deducibilit fiscale. Sia i lavoratiori che le aziende beneficiano infatti d'uno sconto dell'Irpef sino al 2% della retribuzione (nei limiti di 2,5 milioni). Mentre i lavoratori autonomi e i professionisti possono dedurre sino al 6% del reddito dell'attivit, con il tetto massimo di 5 milioni. Chi cambia settore di lavoro pu portarsi dietro, a certe condizioni, la propria posizione assicurativa. La rendita che spetta alla fine dei versamenti rapportata alla contribuzione versata e al rendimento ottenuto. Si tratta d'una pensione vera e propria, che s'aggiunge alla pensione pubblica. Una parte della rendita (ma non pi della met) pu esser trasformata in capitale. Il diritto alla prestazione nasce a partire dai 65 anni per gli uomini e dai 60 per le donne, oppure dai 57 per coloro che hanno la pensione pubblica liquidata col sistema contributivo. In ogni caso, occorrono almeno 5 anni di versamenti. La rendita pu anche essere anticipata, ma non pi di 10 anni prima del compimento

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dell'et richiesta per la pensione di vecchiaia, sempre che si sia contribuito per almeno 15 anni e sia cessata l'attivit lavorativa. Il fisco tassa l'87,5% delle somme corrisposte.

Fondi chiusi e fondi aperti


Qualche consiglio per chi non ci vuole rimettere

IFondi pensione si dividono in fondi chiusi e fondi aperti; il fondo chiuso quello che fa
riferimento alla categoria di appartenenza (metalmeccanico, chimico, ecc.); il fondo aperto quello al quale aderisce il singolo. I dati attuali sono sconfortanti e testimoniano la difficolt di decollo della previdenza integrativa; gli aderenti ai fondi chiusi sono, al 31 dicembre 2000 meno di 700.000 e meno di 200.000 gli aderenti ai fondi aperti. Bassi stipendi e TFR

Uno dei fattori che incide sul mancato decollo della previdenza integrativa deriva dal fatto
che larga parte del mondo del lavoro subordinato fatto di bassi stipendi, che hanno un doppio svantaggio: difficile parlare di risparmio per chi fatica ad arrivare a fine mese ed beffardo parlare di benefici fiscali per chi ne beneficia in misura molto limitata. La previdenza integrativa costruita sulle sole forze del singolo pu essere prerogativa di chi ha margini di investimento e fino ad oggi si rivolto al mercato privato. Per le grandi categorie dei lavoratori subordinati, la svolta ci sar soltanto quando i versamenti saranno alimentati anche dal datore di lavoro, dunque investire quote di TFR e concordare, in aggiunta agli aumenti salariali, quota di previdenza. Fino ad allora le prospettive di rendita sono tutt'altro che incoraggianti Vantaggi fiscali per i redditi alti

I benefici fiscali per chi paga di tasca propria, e il discorso vale sia per i riscatti e i
versamenti volontari che per i fondi pensione, sono notevoli in presenza di redditi medio alti. A partire dal 2001 le spese previdenziali sono risparmi fiscali e riducono l'imponibile, come avviene per i contributi obbligatori: il vantaggio consistente, ma si riduce notevolmente o sparisce con bassi redditi. Un esempio: in presenza di un pagamento di riscatto di laurea in 60 rate mensili, per un costo complessivo di 80 milioni, con un reddito di 150 milioni annui si risparmiano otre 32 milioni, che diventano 25 con un reddito di 80 milioni. Il rapporto fra la previdenza integrativa e le polizze. Molti dubbi sorgono per chi ha in piedi una polizza assicurativa ed incerto se spostarsi sui fondi pensione. L'unico consiglio che si pu dare di esaminare con attenzione le clausole della propria polizza, se le condizioni di recesso sono punitive, difficile pensare di cambiare. Conviene, in questo caso, lasciare in vita la polizza fino alla scadenza, ed eventualmente considerare il fondo pensione un'integrazione. I fondi pensione hanno una vera, effettiva convenienza se si dispiegano nel lungo periodo; i miracoli non sono possibili su nessun fronte. L'unico approccio serio ai fondi pensione considerarli un investimento a lungo termine, a cui destinare una quota del proprio risparmio proporzionata ai propri redditi e capacit di risparmio.

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Ecco qualche esempio

Lavorare in Europa
Esiste davvero la libera circolazione dei lavoratori nella Cee?

Per chi ha lavorato come emigrante nei Paesi dell'Ue, la situazione, a 40 anni dalla
fondazione, peggiorata, sia dal punto di vista fiscale (col cumulo delle due pensioni, italiana ed estera, si pagano pi tasse) che previdenziale (chi tornato in Italia non ha requisiti per accedere al prepensionamento o, se li ha, gli viene riconosciuta una miseria). Gli emigranti non hanno quindi gli stessi diritti degli altri cittadini: sono pochi e non hanno peso politico. La libera circolazione dei lavoratori europei un diritto riconosciuto da tempo. Anzi, esiste una serie di "regolamenti" comunitari che riguardano la sicurezza sociale, finalizzati proprio a non ostacolare chi, per piacere o per necessit, deve emigrare. Si pensi alla possibilit di totalizzare i contributi acquisiti nei vari Paesi per maturare il diritto ad una pensione, che i singoli spezzoni non potrebbero mai consentire. I regolamenti

Certo esistono problemi che nascono dalle profonde differenze tra i sistemi previdenziali
dei vari Paesi membri: i regolamenti non sostituiscono n armonizzano i sistemi nazionali (al momento impossibile, sia per il diverso tenore di vita dei Paesi dell'Ue, sia per "la storia" previdenziale: la pensione d'anzianit, ad esempio, esiste solo da noi) ma li coordinano semplicemente. In altre parole, ogni Stato membro libero di farsi le leggi che vuole, ma l'Unione stabilisce le regole comuni a cui le legislazioni nazionali si devono adeguare per non danneggiare i lavoratori emigranti. I regolamenti comunitari trattano le questioni in materia di sicurezza sociale: pensioni (invalidit, vecchiaia e superstiti), infortuni sul lavoro e malattie professionali, disoccupazione, assistenza per malattia e maternit, assegni familiari. L'Italia ha anche stipulato coi Paesi extracomunitari verso i quali maggiore stato il flusso migratorio (Argentina, Australia, Brasile, ex Jugoslavia, Svizzera, Usa, Venezuela, ecc.) appositi accordi, per estendere ai connazionali all'estero la tutela assicurata nel nostro Paese. I contributi

I l lavoratore ha la copertura contributiva nel Paese in cui lavora: perci, se ha prestato


attivit in pi Paesi dell'Ue, avr altrettante posizioni contributive che gli serviranno al momento della pensione. Un'eccezione importante riguarda il lavoratore temporaneamente distaccato all'estero. Se l'impresa manda un proprio dipendente a lavorare per un certo periodo in un altro Stato, questo resta assicurato nel Paese dove lavorava prima del distacco. Il distacco non pu per superare la durata di un anno. La pensione

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C hi ha lavorato in due o pi Paesi dell'Ue, o extracomunitari convenzionati con l'Italia, ha


diritto di avere la pensione da ognuno degli Stati interessati. Se ha maturato i requisiti in ciascuno di essi non c' alcun problema: ogni Paese liquida la prestazione in base alla sua legislazione. Se invece il diritto non viene raggiunto autonomamente, il lavoratore pu avere la pensione totalizzando la contribuzione versata nei vari Paesi. L'operazione di cumulo di tutti i periodi di lavoro serve per solo per far maturare il diritto alla pensione e non comporta il trasferimento dei contributi. Quando il diritto alla pensione si raggiunge con la totalizzazione dei contributi versati in Italia e negli altri Paesi il calcolo della pensione viene fatto con il sistema del "pro rata": cio viene determinato sui soli contributi del Paese che liquida la sua quota di pensione. Per esempio, un lavoratore che ha versato 14 anni di contributi in Italia e 12 in Germania non raggiungerebbe, senza totalizzazione, il requisito contributivo minimo italiano e rimarrebbe senza pensione. Unendo tutti i contributi, matura 26 anni e il diritto alla pensione. Quella italiana calcolata sui 14 anni di contributi versati in Italia; quella tedesca sugli altri 12 anni versati in Germania. Il minimale garantito

L 'importo mensile delle pensioni liquidate col cumulo dei contributi esteri non pu essere
inferiore, per ogni anno di contribuzione accreditata in Italia, a un quarantesimo del trattamento minimo. Per le anzianit contributive inferiori all'anno il minimale di 6.000 lire al mese. Essendo collegato al trattamento minimo, il minimale mensile garantito ne segue le variazioni. Perci per il 1997 di 17.135 lire per ogni anno di contribuzione (vale a dire 685.400 : 40) pari a 329,5 lire per ogni settimana di contribuzione (17.135 : 52). Sicch, ad esempio, per un'anzianit contributiva di 4 anni e 3 mesi (221 settimane) il minimale mensile di L. 72.820 (329,5 x 221). Per un'anzianit di 3 mesi (13 settimane) il minimale mensile sar di 4.284 lire, che deve essere portato a 6.000 lire. Il minimo

L 'integrazione al trattamento minimo, cio la cifra che viene erogata quando la pensione a causa dell'esiguit dei contributi - non raggiunge la soglia minima "vitale", spetta anche ai "migranti" che hanno avuto la pensione grazie alla totalizzazione dei periodi di lavoro, purch abbiano maturato un'anzianit contributiva minima in Italia. L'integrazione va comunque aggiornata ogni anno in base alle variazioni dell'importo della rendita estera. Pertanto, pi questa aumenta meno consistente sar l'integrazione al minimo della pensione nostrana e viceversa. Si salvano le pensioni con decorrenza precedente al 1 gennaio 1996. In questo caso l'integrazione rimane per bloccata sull'importo di dicembre '95, sino a quando i futuri aumenti di scala mobile non avranno riassorbito la somma corrisposta in pi.

Siti da consultare

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Per saperne di pi

Per orientarsi fra le mille dispute e normative che disciplinano la materia previdenziale,
ecco una rosa di siti selezionati in cui trovare tutte le informazioni che occorrono. Da quelli istituzionali ai siti creati da privati volenterosi, e ferrati in materia.
www.inps.it

Niente code davanti allo sportello virtuale. Un sito istituzionale facile da consultare, costruito intorno al principi, oggi imperanti, della semplificazione e della trasparenza. Ci sono sezioni distinte per l'utente cittadino e l'utente professionista. Punto di forza: grafica e navigabilit.
www.pensionilex.kataweb.it

Sito nato in collaborazione con il sindacato pensionati italiani SPI-CGIL, una raccolta sistematica di leggi, decreti, sentenze su argomenti connessi a questioni pensionistiche. Per privati, pubblici, autonomi, casalinghe, parsubordinati, ecc. Punto di forza: informazioni facili da trovare.
www.informanziani.it

La pagina delle pensioni. Da un sito di riferimento per gli anziani pratiche e professionali schede esplicative sulle pensioni suddivise per categorie di utente. Sono provviste di testi scritti con taglio divulgativo e di comode tabelle. Punto di forza: impaginazione e testi
www.pensioni.too

La pensione in sintesi. Un sito semplice e di modeste dimensioni, che affronta le questioni pensionistiche presentando pagine chiare e appoggiandosi qua e l ad altri siti, come PensioniLex. Punto di forza: navigabilit e chiarezza.
www.sportellopensioni.it

Un servizio volontario. Mette l'accento sulla gratuit del servizio che offre, questo sito dai connotati amatoriali, ma non per questo poco efficace. Pu essere utile per avere una quadro sintetico dell'ABC in materia previdenziale. Punto di forza: merita una visita.
www.minlavoro.it

Dal Ministero alla tasca del contribuente. Non poteva mancare in questa rassegna dedicata alla previdenza il sito del Ministero del Lavoro. Al suo interno si trovano tutte le informazioni utili in materia di pensioni, basta cliccare sul bottone PREVIDENZA del frame sinistro. Punto di forza: completezza e autorevolezza.
www.jobtel.it

Una biblioteca digitale. Nella sezione Il mondo del lavoro, alla voce "Diritti e doveri dei lavoratori" ci sono 90 pagine di schede dedicate ai consigli sulla previdenza. Un dossier ricchissimo, con molti esempi di casi concreti.

La pensione di vecchiaia
Dal vecchio al nuovo sistema: retributivi, misti e contributivi

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Gli uomini a 65 anni e le donne a 60. Sono questi i limiti anagrafici stabiliti per la pensione
di vecchiaia a partire dal 1 gennaio 2000, limiti raggiunti gradualmente dopo un cammino iniziato nel 1993 con la riforma Amato (Dlgs 503/92). Prima della riforma, per ottenere l'assegno dall'Inps erano sufficienti 65 e 55 anni, i parametri pi bassi d'Europa. Ma per la pensione di vecchiaia non basta l'et, occorre anche avere un minimo di contributi pari a 20 anni, limite anche questo raggiunto nel 2001, dopo un graduale innalzamento dei "vecchi" 15 anni (calcolati nei termini di 780 contributi settimanali) iniziato nel 1994. Dal 1 gennaio 2001, dunque, per ottenere la pensione di vecchiaia, tutti i lavoratori (dipendenti privati, pubblici e autonomi) devono aver compiuto i 65 anni se uomini o i 60 se donne, e poter contare su almeno 20 anni di contributi (1.040 contributi settimanali). Tuttavia, la fase di transizione dal vecchio sistema pensionistico a quello nuovo, non ancora del tutto compiuta. Per questo la legge Dini 335/95 ha diviso i lavoratori dipendenti pubblici e privati, dipendenti e autonomi in tre categorie.
Iretributivi

: coloro che hanno almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 restano nel sistema retributivo.
Imisti

: coloro che hanno meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 hanno il sistema retributivo fino al 31 dicembre 1995 e il sistema contributivo dal 1 gennaio 1996.
Icontributivi

: coloro che entrano nel sistema previdenziale dopo il 1 gennaio 1996 hanno il sistema contributivo.

In sostanza, la pensione di vecchiaia (retributiva) con le regole attuali, che coinvolge la


maggior parte dei lavoratori in attivit, continuer per lungo tempo ad essere riconosciuta solo a chi aveva aperto una posizione assicurativa al 31 dicembre 1995: non solo a coloro che all'epoca avevano pi di 18 anni di contributi, ma anche ai pi giovani Che ricadono nel sistema misto (rendita erogata col criterio sia retributivo sia contributivo). Dopo la fase transitoria, esister un'unica forma di pensione (contributiva) a sostituzione della pensione di vecchiaia e di quella dianzianit . Per ottenerla saranno richieste le seguenti condizioni: et non inferiore a 57 anni (sia per gli uomini che per le donne); minimo contributivo corrispondente ad attivit di lavoro effettivo (non conteranno icontributi volontari e da riscatto ) almeno pari a 5 anni; importo del trattamento non inferiore all'ammontare annuo dell'assegno sociale maggiorato del 20% (cio almeno pari agli attuali 420,68 euro al mese. Quest'ultima condizione non sar pretesa nei confronti di chi chieder la pensione al compimento del 65 anno di et, ovvero dopo aver maturato 40 anni di contributi (in questo caso non neppure richiesta la soglia minima di 57 anni di et). Per il computo dei 40 anni, i contributi riferiti agli anni di attivit lavorativa svolti prima del compimento del 18 anno di et sono moltiplicati per 1,5 volte. Lo scenario cambier, quindi, con il passaggio al sistema contributivo. Il quarantenne a cui mancano 10 o pi anni di pensione sentir gli effetti del contributivo sulla pensione e forse dovr ripensare alle sue scelte di previdenza integrativa. E' fuori discussione la necessit di farsi la pensione di scorta per i misti e per i contributivi; il sistema contributivo poco generoso con i dipendenti ed devastante per artigiani e commercianti e, in misura ancora maggiore, per i parasubordinati. Discorso a parte per i liberi professionisti che versano i contributi presso le Casse di previdenza, privatizzate con il Decreto legislativo 509/94 che sono ancora nel sistema

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retributivo, anche se le Casse stanno ragionando su un passaggio al contributivo. La scarsa adesione dei professionisti e degli autonomi alla previdenza integrativa deriva dal fatto che queste categorie da sempre ricorrono alle polizze assicurative. E se faccio un lavoro stessante?

La pensione di anzianit
Andare in pensione in base ai contributi e non agli anni di et

Secondo i pi accreditati analisti dei conti pubblici, la pensione di anzianit (che consente
la pensione in base agli anni di contributi a prescindere dall'et) costituisce la mina vagante del sistema previdenziale. Per risanare le finanze dell'Inps (e non solo) occorrerebbe eliminarla. Ma pare anche che nessuno ci riesca, nonostante i tentativi (con le riforme Amato nel 1993 e Dini nel 1995) di imbrigliarla con blocchi e complicati scaglionamenti. La riforma attuata con la legge 335/95 stabilisce che dal 1 gennaio 1996, per ottenere l'anzianit, oltre al requisito dei 35 anni di contributi, occorre aver compiuto un'et minima. Le nuove regole lasciano quindi la possibilit di abbandonare il lavoro dopo 35 anni di contributi (1.820 settimane), ma in concorso con un'et prefissata, oppure con un patrimonio di contributi superiore a 35 anni, a prescindere dall'et. Praticamente il pensionamento per anzianit si pu conquistare attraverso due diverse vie: 35 anni di contributi e un'et minima di 57 anni (il limite di et, partito da 52 anni, ha gradualmente raggiunto i 57 anni di et quest'anno); 40 anni di contributi, indipendentemente dall'et (anche il requisito aternativo sya salendo gradualmente: partito da 36 anni taglier il traguardo dei 40 nel 2008). Le categorie protette L'anzianit per gli autonomi Il sistema delle finestre

L a pensione di anzianit si conquista prima raggiungendo i requisiti, 35 anni di contributi e


l'et minima richiesta o, in alternativa, pi di 35 anni di versamenti; e poi aspettando la prima "finestra" utile. Coloro che maturano i requisiti entro il primo trimestre dell'anno (31 marzo), possono accedere al pensionamento anticipato con decorrenza: dal 1 luglio dello stesso anno, se compiono i 57 anni di et entro il 30 giugno; dal 1 ottobre dello stesso anno, se compiono i 57 anni di et entro il 30 settembre; dal 1 gennaio dell'anno successivo, negli altri casi. Se i requisiti vengono raggiunti entro il secondo trimestre dell'anno (30 giugno), possono accedervi con decorrenza: dal 1 ottobre dello stesso anno, se compiono i 57 anni di et entro il 30 settembre; dal 1 gennaio dell'anno successivo, negli altri casi. Chi taglia il traguardo dell'anno successivo entro il terzo trimestre (30 settembre) pu ottenere la pensione dal 1 gennaio dell'anno successivo. Quando invece si raggiunge il diritto nel quarto, la pensione arriva dal 1 aprile dell'anno successivo. Le uscite degli autonomi

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La pensione minima
Quando scatta l'integrazione

Quando l'importo della pensione risulta inferiore a una determinata cifra, il minimo previsto
dalla legge, si procede alla cosiddetta integrazione, che rappresenta la differenza, a carico dello Stato, tra la quota effettivamente maturata e la soglia stabilita. Le condizioni richieste per dare luogo all'integrazione sono due: il richiedente la pensione non deve avere altri redditi Irpef di importo superiore al doppio dell'ammontare del minimo; il reddito complessivo del pensionando, assommato a quello del coniuge, non deve superare l'importo annuo di quattro volte il minimo. Per il 2002 il minimo fissato a 392,69 euro mensili, per cui la situazione la seguente: l'integrazione spetta nella misura totale se il reddito personale non supera 5.104,97 euro (9.884.600 lire). Per chi sposato, il limite complessivo sale a 15.314,91 euro (29.653.800 lire) niente integrazione se il reddito personale supera 10.209,94 euro, pari a 19.769.200 lire (due volte il minimo); n quando il reddito della coppia sfonda il tetto di 20.419,88 euro (39.538.400 lire). Se il reddito personale o di coppia compreso tra i due estremi, l'integrazione avviene in maniera parziale. Tutto dipende dall'importo della pensione a calcolo e dalla consistenza del reddito. Questi i paletti previsti per l'integrazione parziale: il limite di reddito personale va da 5.104,97 a 10.209,94 euro; il limite di reddito di coppia va da 15.314 a 20.419,88 euro Il reddito preso in considerazione ai fini del diritto all'integrazione al minimo quello assoggettabile all'Irpef. Dal computo sono esclusi: il reddito della casa di abitazione; i trattamenti di fine rapporto (le liquidazioni), comprese le anticipazioni; le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. Non concorre inoltre alla sua formazione l'importo della pensione da integrare al trattamento minimo. Il limite di reddito personale e quello di coppia devono essere entrambi rispettati. Basta che uno dei due venga superato per escludere il pensionato dall'integrazione al minimo. Lo stesso discorso vale anche nel caso in cui i redditi personali o cumulati siano compresi tra le due soglie previste. In questo caso per calcolare l'integrazione vengono messe a confronto la differenza tra limite e reddito di coppia, e viene posto in pagamento l'importo pi basso tra i due.

Il cumulo tra pensione anticipata e reddito da lavoro


Le regole e le trattenute, in attesa dell'abolizione

Nel disegno di legge di delega al governo sulla riforma previdenziale si parla di ampliare
progressivamente la possibilit di totale cumulo tra pensione anticipata e reddito da lavoro,

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in funzione dell'anzianit contributiva e dell'et. In attesa delle novit, vediamo la situazione ad oggi. Dal 2001, in seguito alla Finanziaria, i titolari di rendita che continuano l'attivit riscuotono un assegno pi pesante. Ma non basta, i pi anziani (pensionati di vecchiaia) e coloro che possono contare su 40 anni di contributi, addirittura non hanno pi problemi di cumulo. La normativa in atto (art. 71 della legge 388/00) stabilisce che le pensioni di vecchiaia e quelle di anzianit liquidate su una base contributiva pari o superiore a 40 anni, siano interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. E che le quote delle pensioni di anzianit (con meno di 40 anni) eccedenti l'ammontare del trattamento minimo Inps, siano cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70%. Inoltre, le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30% dei predetti redditi. In sostanza, le disposizioni della finanziaria 2001 hanno soppresso completamente il divieto di cumulo tra pensione di vecchiaia e reddito da lavoro, sia dipendente che autonomo. La trattenuta

L e modalit con cui vengono operate le trattenute ai pensionati che lavorano sono diverse,
a seconda che si tratti di retribuzione, oppure di reddito da attivit autonoma.
Per

i dipendenti. Mentre per la vecchiaia non ci sono pi problemi, i titolari di anzianit e di assegno di invalidit che si rioccupano in qualit di dipendenti, hanno l'obbligo di dichiarare al proprio datore di lavoro di essere pensionati. Nel primo caso (pensionato di anzianit con meno di 40 anni di contributi) la trattenuta pari all'intero importo; l'azienda, infatti, per ogni giornata retributiva, accantona una quota (che poi versa all'Inps), pari a 1/26 (numero convenzionale dei giorni lavorativi in un mese) dell'amontare della pensione. In altre parole, il pensionato continua a riscuotere la sua rendita, ma lo stipendio che riceve a fine mese dalla ditta viene decurtato dell'intero importo del trattamento pensionistico. Nel caso del titolare di assegno di invalidit, la trattenuta giornaliera pari a 1/26 della met della quota di pensione che eccede 392,69 euro.
Per

gli autonomi. Diverso il discorso se l'attivit del pensonato soggetto al cumulo svolge attivit autonoma. Le regole contenute nella Finanziaria 1997 stabiliscono che la trattenuta venga effettuata provvisoriamente, sulla base dei compensi che il pensionato prevede di conseguire nel corso dell'anno. Le stesse devono poi essere conguagliate sulla base dei redditi effettivamente percepiti, da produrre a cura del pensionato entro lo stesso termine fissato per la presentazione della dichiarazione fiscale (modello Unico), per la dichiarazione l'Inps ha predisposto un apposito schema (modello 503-Aut). L'omissione dell'autodenuncia comporta il pagamento, a titolo di sanzione, di una somma pari all'ammontare di un anno di pensione.

La ricongiunzione
Per recuperare i contributi versati su fondi diversi

abbastanza frequente che un lavoratore cambi mestiere, da dipendente a autonomo, o


dal settore privato a quello pubblico, per cui effettua versamenti contributivi presso differenti

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enti di previdenza. Ai fini della pensione possono essere utilizzati anche i versamenti presenti in fondi diversi da quello cui si iscritti. L'operazione di trasferimento, comunemente denominata ricongiunzione, pu essere gratuita o a titolo oneroso. La ricongiunzione gratuita

L a possibilit di ricongiunzione per la quale non previsto alcun onere finanziario a carico
del richiedente riguarda: i dipendenti pubblici (statali, dipendenti degli enti locali) che cessano dal servizio senza diritto alla pensione del fondo di provenienza. In questo caso il trasferimento dei vari spezzoni contributivi avviene presso il regime generale Inps i dirigenti di azienda industriale iscritti all'Inpdai, i quali possono ricongiungere i contributi Inps all'Inpdai (dopo un minimo di 5 anni di iscrizione a quest'ultimo ente), oppure trasferire quelli Inpdai all'Inps; in questo caso si chiede la cessazione dell'attivit con qualifica di dirigente; artigiani, commercianti e coltivatori diretti. Non prevista nessuna condizione per la ricongiunzione presso il regime generale Inps e conseguente cumulo con la contribuzione da lavoro dipendente. La ricongiunzione gratuita

disciplinata da due diverse normative:


Legge

29/79. Consente la ricongiunzione nel fondo lavoratori Inps dell'eventuale contribuzione versata in qualit di coltivatore diretto, artigiano e commerciante. E' per necessario che il richiedente possa vantare, nel periodo antecedente la domanda, almeno 5 anni di contribuzione versata in qualit di dipendente. La stessa normativa consente ai dipendenti pubblici e agli iscritti a ondi speciali di previdenza di ricongiungere presso il proprio fondo di appartenenza l'eventuale quota versata nel regime generale Inps.
Legge

45/1990. Prevede la ricongiunzione presso l'Inps della contribuzione versata in una cassa o fondo libero-professionale e viceversa. La destinazione dei contributi ricongiunti stabilita dall'iscrizione al momento della domanda. La contribuzione ricongiunta equiparata ai contributi obbligatori versati durante il rapporto di lavoro ed utile, pertanto, sia per il diritto che per la misura della pensione. Chi si avvale della ricongiunzione deve versare: una somma pari al 50% della differenza tra la riserva matematica necessaria per la copertura del periodo assicurativo e l'ammontare della contribuzione trasferita dalla propria gestione al fondo lavoratori dipendenti (maggiorata degli interessi al tasso annuo del 4,5%), nel caso in cui si utilizza la contribuzione versata come lavoratore autonomo (attraverso la legge 29/79); una somma pari alla differenza tra la riserva matematica necessaria per la copertura del periodo assicurativo e l'ammontare della contribuzione trasferita (maggiorata degli interessi al tasso annuo del 4,5%), nel caso dei liberi professionisti (legge 45/90).

Riscatti e versamenti volontari

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Coprire i "buchi" contributivi

All'interno della previdenza obbligatoria esiste la possibilit, su domanda dell'interessato di


riempire i vuoti contributivi su due versanti: i riscatti e i versamenti volontari. Il pagamento di tasca propria concorrenziale con la previdenza integrativa, perch il lavoratore deve decidere verso quale filone pu fare confluire i soldi. Riscatti

L a legge 1338/62 consente al lavoratore il riscatto, vale a dire il pagamento dei contributi
di tasca propria, in alcuni casi definiti per legge. Riscatto dei contributi non versati dal datore di lavoro e prescritti, dimostrando l'esistenza e la durata del rapporto di lavoro. Riscatto dei periodi lavorati all'estero in stati non convenzionati con l'Italia. Riscatto del periodo di studio universitario; oltre al corso legale di laurea possibile riscattare il diploma universitario, la laurea breve, il diploma di specializzazione e il dottorato di ricerca. Riscatto dei periodi di assenza per assistere figli o familiari portatori di handicap. Riscatto dei periodi di formazione professionale. Versamenti volontari

la facolt concessa al lavoratore di coprire i periodi non lavorati, a condizione di avere


almeno 3 anni di contributi versati nel quinquennio precedente la domanda o 5 anni in tutta la vita lavorativa; mentre i riscatti coprono periodi passati, la "volontaria" un piano di investimento sul futuro, concorrenziale con la previdenza privata. In passato, di fronte alla domanda: mi conviene versare i contributi volontari, mi conviene pagare il riscatto? La risposta era semplice: il rapporto fra il costo e il ricavo in termini pensionistici era assicurato. Oggi la scelta di investire decine di milioni per coprire i "buchi" della previdenza pubblica diventata una scommessa, risolvibile con la sfera di cristallo; si tratta di decidere, programmando con attenzione, se conviene investire i soldi nel settore pubblico o dirottarli verso la previdenza integrativa. Si possono dettare alcune regole generali, che ognuno dovr personalizzare sulla propria situazione. La prima regola di non fermarsi mai alla prima stazione; anche di fronte alla convinzione della non convenienza, opportuno presentare sempre la domanda, sia per i versamenti volontari che per il riscatto. Massima attenzione, invece, quando si deve mettere mano al portafogli; occorre valutare attentamente tutti i fattori. La seconda regola che sia il riscatto che i versamenti volontari sono convenienti, anche a prezzo di un sacrificio economico, se servono a maturare o anticipare un diritto. Qualche esempio: la laurea e la donna che resta a casa

Quanto vale la tua pensione?


Un breve vademecum per calcolare da soli la pensione retributiva e contributiva

Calcolare la pensione da soli? E' possibile, se si usano bene gli strumenti che la legge
mette a disposizione. Non sar un calcolo alla lira, ma le differenze saranno di poco conto.

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Per cui ognuno, con un po' di buona volont, pu da solo tagliare il traguardo. Il calcolo fai-da-te serve a molte persone in particolari momenti della propria vita. Si stanno per raggiungere i requisiti della pensione ed necessario conoscere in anticipo la misura della rendita. Da essa pu dipendere la decisione di restare a lavorare oppure di scappare a casa con il conforto di una pensione dignitosa. Il precalcolo serve in modo particolare anche nei casi in cui gi stata presentata domanda di pensione con decorrenza un paio di mesi dopo e si nel dubbio se ritirare o meno la richiesta. E' bene non dimenticare questa regola importante: la domanda di pensione pu essere sempre ritirata fino a che l'Ente previdenziale non ha comunicato ufficialmente di avere liquidato la pensione indicandone anche la relativa misura. Una volta, per, che a casa arrivata la lettera raccomandata con l'accoglimento della domanda si pensionati e non si pu tornare indietro. Non sono pi ammessi pentimenti. Di qui l'importanza determinante di conoscere in anticipo la misura della pensione. Pensione retributiva

I dati fondamentali del calcolo sono:


l'anzianit contributiva; la misura della retribuzione degli ultimi anni; le rivalutazioni disposte ogni anno dalla legge;

il rendimento della pensione. Anzianit contributiva

E lemento determinante della pensione quanti contributi sono stati versati. Nel senso di:
quanti anni; in quale misura.

Pi lungo il periodo di versamento dei contributi maggiore la pensione. Parimenti pi alti sono i contributi pi elevata diventa la pensione. E' del tutto evidente che, con 40 anni di contributi, sicuramente la pensione sar pi alta di quella liquidata a chi ha versato solo 25 o 35 anni. La pensione retributiva attualmente suddivisa in due quote : la quota A riguarda i periodi di assicurazione che arrivano fino al 31 dicembre 1992; la quota B relativa ai periodi dal 1 gennaio 1993 alla data del pensionamento. Vedremo dopo quale incidenza hanno i due periodi nella ricerca della retribuzione pensionabile. La retribuzione Altro elemento determinante della pensione la busta paga (o il reddito, nel caso di lavoratori autonomi). Pi alta la busta paga, maggiori e pi pesanti sono i contributi versati all'Inps o a qualsiasi altro Ente previdenziale e perci pi elevata diventa la pensione. Non una verit assoluta quella di legare la pensione solo alla anzianit contributiva. Occorre tenere conto anche della retribuzione. Perci, tanto per fare un esempio, se Tizio versa i contributi per 40 anni su una retribuzione lorda di 30 milioni l'anno, sicuramente la pensione che ne risulter sar inferiore a quella che verr data a Caio che ha versato contributi solo per 30 anni ma su uno stipendio annuo di 100 milioni di lire. Abbiamo detto che la pensione si calcola sulle retribuzioni degli ultimi anni. Quali per l'esattezza? Per rispondere alla domanda dobbiamo ripartire dal punto in cui

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abbiamo detto che la pensione formata da due quote. Ebbene, la legge per ogni quota assegna una differente determinazione della retribuzione. per la quota A (riferita ai periodi contributivi fino all'anno 1992) si prendono a base di calcolo gli ultimi 5 anni di retribuzione; per la quota B (riferita ai periodi contributivi dal 1993 alla data del pensionamento) si prendono gli ultimi 10 anni di retribuzione. Attenzione: i 5 e i 10 anni di retribuzione hanno sempre la stessa data di partenza, che l'ultimo mese di lavoro. Da quel mese si torna indietro di 5 e 10 anni. Supponiamo che la pensione decorra dal prossimo 1 luglio. Ebbene, le retribuzioni da valutare nella pensione sono quelle: * che vanno da giugno 1996 a giugno 2001 per la quota A; * che vanno da giugno 1991 a giugno 2001 per la quota B. In sostanza, il lavoratore deve fare due mucchietti di stipendi sommando tra loro quelli riferiti ai periodi sopra indicati e poi dividendo il totale per 5 e 10 anni ricavare la retribuzione media annuale delle due quote. Per l'Inps il calcolo va fatto a livello settimanale per cui la divisione va fatta per 260 e 520 settimane per ottenere la retribuzione media settimanale sulla quale sar calcolata la pensione. In ogni caso, settimanale o mensile che sia la ricerca della retribuzione, il principio di calcolo lo stesso. Le rivalutazioni

P rima di fare la somma delle retribuzioni dei 5 e 10 anni occorre rivalutare le paghe sulla
base dei coefficienti di rivalutazione ogni anno indicati dall'Istat. Con questo sistema in pensione entrano non pi le retribuzioni sulle quali sono stati calcolati e versati i relativi contributi, ma quelle rivalutate e quindi legate al potere di acquisto della moneta. Con la rivalutazione - che non si applica sulle retribuzioni degli ultimi due anni: quest'anno quelle degli anni 2000 e 2001 - le buste paga vengono in pratica attualizzate e viene recuperata, sia pure in parte, l'inflazione. In tal modo la pensione collegata ai valori retributivi attuali e non viene depressa. Anche per le rivalutazioni la legge applica due diversi coefficienti a seconda della quota di pensione. Vediamo come si leggono i coefficienti. Prendiamo come esempio quello dell'anno 1997: - se si tratta della quota A la retribuzione del 1997 va rivalutata del 6,05%; - se si tratta della quota B la retribuzione del 1997 va rivalutata del 9,23%. Il rendimento della pensione

S iamo arrivati al punto di conoscere la retribuzione media settimanale rivalutata della


quota A e della quota B (ovviamente si tratta di cifre tra loro diverse) e il numero degli anni di contributi che fanno parte di ogni singola quota. Il rendimento della pensione, vale a dire la percentuale di trasformazione della busta paga in pensione. Il rendimento principe, quello che in pratica interessa l'80% dei lavoratori, pari al 2%. Ogni anno di contributi si trasforma in una pensione pari al 2% della retribuzione di quell'anno (che poi non esattamente quella perch, come abbiamo visto, giocano i coefficienti di rivalutazione). Con 35 anni di contributi la pensione pari al 70% della retribuzione, con 40 anni arriva al top dell'80%. Sappiamo perci che con 40 anni di contributi ed una retribuzione media di 40 milioni la pensione di 32 milioni di lire (il calcolo rozzo perch non tiene conto delle due quote, ma viene indicato a titolo esemplificativo e estremamente sintetizzato per rendere velocemente l'idea). Ma il rendimento del 2% vale solo fino ad un certo importo annuo. Se la retribuzione del lavoratore supera il tetto, il rendimento della pensione inizia a scendere ed arriva nella

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ipotesi peggiore allo 0,90%. Si evidenzia un fatto importante: in proporzione chi versa contributi pi pesanti perch ha retribuzioni pi elevate guadagna una minore pensione, rispetto a chi ha salari modesti, paga meno contributi e guadagna la pensione con il rendimento massimo del 2% annuo. Quest'anno il tetto del rendimento massimo fissato a 68 milioni 48 mila lire. Sulle quote superiori e solo su quelle il rendimento decresce all'1,60%, all'1,50% e via via scendendo fino a raggiungere il minimo dello 0,90%. Pensione contributiva

Con il nuovo sistema contributivo, il calcolo della pensione viene fatto in base ai contributi
versati nell'arco di tutta la vita lavorativa. Le quote accumulate, rivalutate annualmente sulla base dell'andamento del Pil (prodotto interno lordo9 registrato nel quinquennio precedente l'anno da rivalutare, formano un montante, al quale va poi applicato un coefficiente di trasformazione , correlato all'et in cui viene chiesta la pensione. Il criterio contributivo si basa sullo stretto collegamento tra l'ammontare della rendita e la contribuzione versata nell'arco dell'intera vita lavorativa. Il meccanismo semplice: il lavoratore provvede, con il concorso dell'azienda, ad accantonare annualmente il 33% del proprio stipendio (i lavoratori autonomi accantonano il 20%; i co.co.co. due punto in pi dell'aliquota contributiva vigente). Il capitale versatoproduce un interesse composto, a un tasso legato alla dinamica quinquennale del Pil e all'inflazione. Alla data del pensionamento al montante contributivo, alla somma rivalutata dei versamenti effettuati, si applica un coefficiente di conversione che cresce all'aumentare dell'et, da un minimo del 4,720% (57 anni) a un massimo del 6,136% (65 anni).

La pensione per gli autonomi


Meno contributi ma un anno in pi di lavoro

Ilavoratori autonomi versano all'Inps un po' meno di quelli dipendenti. Gli artigiani versano il
16,60% del reddito prodotto (e dichiarato al fisco) nell'arco dell'anno, mentre i commercianti contribuiscono con il 16,99%. Entrambe le aliquote sono destinate a salire gradualmente (0,2% all'anno in pi) sino al 19%. Anche loro, come i dipendenti, pagano un punto in pi (17,60 e 17,99%) sulla quota di reddito eccedente i 36.093 euro. I collaboratori famigliari con un'et inferiore a 21 anni pagano tre punti in meno: 13,60 e 13,99% della quota di reddito loro attribuita. Per quanto riguarda il reddito imponibile, per gli artigiani e i commercianti sono previsti un minimale e un massimale, annualmente aggiornati. In fatto di pensioni di anzianit, invece, la riforma del 1995 stata pi severa nei confronti di artigiani e commercianti. Per avere la rendita prima dell'et pensionabile a loro richiesto, oltre ai 35 anni di contributi, anche il compimento dei 58 anni di et (requisito ridotto a 56 anni per il biennio 1996/97 e a 57 anni per il triennio 1998/00). Mentre per avvalersi della corsia alternativa indipendentemente dall'et, devono necessariamente raggiungere i 40 anni di contributi. Sono regole pi rigide rispetto a quelle dei dipendenti, anche se agli artigiani, commercianti e coltivatori diretti per l'accesso all'anzianit non viene richiesta la cessazione dell'attivit lavorativa. Anche i lavoratori autonomi, una volta raggiunto il requisito richiesto per l'anzianit, devono attendere l'apertura della finestra, che per loro ha una cadenza semestrale. Pi

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precisamente, coloro che risultano in possesso dei requisiti (35 anni di contributi e 58 di et, oppure 40 anni di contributi): entro il primo trimestre dell'anno (31 marzo), possono accedere al pensionamento anticipato dal 1 ottobre dello stesso anno; entro il secondo trimestre dell'anno (30 giugno), possono accedervi con decorrenza dal 1 gennaio dell'anno successivo; entro il terzo trimestre (30 settembre), dal dal 1 aprile dell'anno successivo; entro il quarto trimestre (31 dicembre), dal 1 luglio dell'anno successivo. In caso di cumulo con un lavoro durante la pensione, le regole contenute nella Finanziaria 1997 stabiliscono che la trattenuta venga effettuata provvisoriamente, sulla base dei compensi che il pensionato prevede di conseguire nel corso dell'anno. Le stesse devono poi essere conguagliate sulla base dei redditi effettivamente percepiti, da produrre a cura del pensionato entro lo stesso termine fissato per la presentazione della dichiarazione fiscale (modello Unico), per la dichiarazione l'Inps ha predisposto un apposito schema (modello 503-Aut). L'omissione dell'autodenuncia comporta il pagamento, a titolo di sanzione, di una somma pari all'ammontare di un anno di pensione.

Costruisci la tua pensione Pensarci bene, pensarci per tempo

La pensione di vecchiaia Dal vecchio al nuovo sistema: retributivi, misti e contributivi La pensione di anzianit Andare in pensione in base ai contributi e non agli anni di et La pensione minima Quando scatta l'integrazione Il cumulo tra pensione anticipata e reddito da lavoro Le regole e le trattenute, in attesa dell'abolizione La ricongiunzione Per recuperare i contributi versati su fondi diversi Riscatti e versamenti volontari Coprire i "buchi" contributivi Quanto vale la tua pensione? Un breve vademecum per calcolare da soli la pensione retributiva e contributiva La pensione per gli autonomi Meno contributi ma un anno in pi di lavoro La pensione per i co.co.co. Dai contributi al fondo La pensione integrativa

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La strada futura della previdenza Fondi chiusi e fondi aperti Qualche consiglio per chi non ci vuole rimettere Lavorare in Europa Siti da consultare

Dal catalogo Sonda

E se faccio un lavoro stressante?

Secondo la riforma del 1992, i nuovi limiti di et (65 anni gli uomini e 60 le donne) sono
anticipati, in misura pari a 2 mesi per gni anno di occupazione in attivit particolarmente usuranti, fino a un massimo di 5 anni. Chi addetto a un'attivit "usurante" (svolta a partire dall'ottobre 1993) per un periodo di 6 anni, potr quindi andare in pensione a 64 anni anzich a 65, con una riduzione appunto di un anno (due mesi per sei). Dopo la riforma Dini, chi svolge attivit particolarmente usuranti, avr diritto a uno "sconto" anche sul limite di anzianit contributiva richiesta (20 anni): un anno in meno ogni 10 di attivit, sino a un massimo di 24 mesi. Per coloro che andranno in pensione con il nuovo sistema di calcolo contributivo, l'agevolazione potr, a scelta, realizzarsi con l'anticipazione, sino a un anno, dell'et minima prevista (si potr attenere la pensione a 56 anni anzich a 57), oppure con un conteggio che tiene conto di un coefficiente di trasformazione del monte contributivo maggiorato, rispetto a quello corrispondente all'et effettiva di pensionamento. L'incremento di un anno ogni sei lavorati.

L'anzianit per gli autonomi

In fatto di pensioni di anzianit la riforma del 1995 stata pi severa nei confronti di
artigiani e commercianti. Per avere la rendita prima dell'et pensionabile a loro richiesto, oltre ai 35 anni di contributi, anche il compimento dei 58 anni di et (requisito ridotto a 56 anni per il biennio 1996/97 e a 57 anni per il triennio 1998/00). Mentre per avvalersi della corsia alternativa indipendentemente dall'et, devono necessariamente raggiungere i 40 anni di contributi. Sono regole pi rigide rispetto a quelle dei dipendenti, anche se agli artigiani, commercianti e coltivatori diretti per l'accesso all'anzianit non viene richiesta la cessazione dell'attivit lavorativa.

Le categorie protette

In occasione della manovra economica 1998 stata decisa un'accelerazione della tabella

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di marcia originariamente predisposta dalla legge del 1995. Pertanto, il programma di avvicinamento all'obiettivo finale dei 35 anni di contributi combinato con i 57 anni di et stato accorciato di 4 anni. L'accelerazione, ha comunque risparmiato i dipendenti pubblici, ai quali sar richiesta l'et di 57 anni solo a partire dal 2004, e alcune categorie ritenute meritevoli di particolare tutela, le quali continuano con i pi favorevoli requisiti stabiliti dalla legge del 1995 (per loro i 57 anni saranno richiesti a partire dal 2006).

Le uscite degli autonomi

Anche i lavoratori autonomi, una volta raggiunto il requisito richiesto per l'anzianit, devono
attendere l'apertura della finestra, che per loro ha una cadenza semestrale. Pi precisamente, coloro che risultano in possesso dei requisiti (35 anni di contributi e 58 di et, oppure 40 anni di contributi): entro il primo trimestre dell'anno (31 marzo), possono accedere al pensionamento anticipato dal 1 ottobre dello stesso anno; entro il secondo trimestre dell'anno (30 giugno), possono accedervi con decorrenza dal 1 gennaio dell'anno successivo; entro il terzo trimestre (30 settembre), dal dal 1 aprile dell'anno successivo; entro il quarto trimestre (31 dicembre), dal 1 luglio dell'anno successivo.

Qualche esempio: la laurea e la donna che resta a casa

Se, sborsando 40 milioni per riscattare 4 anni di laurea, si anticipa il diritto ad andare in
pensione di almeno due anni, la convenienza fuori discussione. La difficolt di valutare la convenienza deriva dall'incertezza delle regole; chi pu assicurare al trentenne o quarantenne oggi, che ha pagato il riscatto di cui sopra, il mantenimento del diritto? Quando si certi in partenza che il riscatto non serve ad anticipare il diritto, ma solo ad aumentare l'importo della pensione ( il caso di tutti i contributivi), bisogna prendere seriamente in considerazione la possibilit di investire meglio i propri soldi. Il discorso dei versamenti volontari piuttosto simile; nella maggior parte dei casi, la domanda fatta da una donna che lascia il mondo del lavoro per dedicarsi alla famiglia; questa persona si costruisce un piano personale di investimento e si chiede se convenga o meno pagare. La convenienza certa se il pagamento serve a coprire pochi anni per raggiungere il diritto alla pensione; diventa sempre pi nebulosa quanto maggiore il periodo da versare. Un importante fattore che deve essere tenuto presente da chi si accinge a proseguire con la "volontaria" riguarda l'ipotesi di reddito proprio e del coniuge che si presume di avere al momento del pensionamento; se si ha la ragionevole certezza di non "correre" per l'integrazione al minimo, l'investimento sulla volontaria un cattivo investimento.

Francesco: meglio il fondo pensione

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F rancesco S., 42 anni di et e 19 anni di contributi al 31 dicembre 2000. E' un lavoratore


"misto", perch al 31 dicembre 1995 non aveva 18 anni di contributi; percepisce uno stipendio lordo di 60 milioni annui e ha 60 giorni di tempo per decidere se investire nel riscatto di laurea 54 milioni o alimentare un fondo integrativo. Con l'attuale normativa, considerando anche le finestre di uscita, anticipa la pensione di pochi mesi e se cambia la normativa, come possibile nell'arco di 15 anni, il pagamento si traduce in un semplice aumento di pensione. Qualcuno gli ha fatto notare che pagando i quattro anni di laurea, resta agganciato al sistema retributivo, con un guadagno certo sulla futura pensione; inoltre, la rateizzazione in 5 anni gli consente di recuperare circa un terzo della spesa complessiva. Attenzione, per: se la Finanziaria 2002 gli porter in dono il contributivo pro rata per gli anni futuri, Francesco incastrato, perch "congela" la parte retributiva e i prossimi 15 anni contributivi vanificheranno in parte l'aumento di pensione. Suggerimento. Se non prevede di avere clamorosi aumenti di stipendio rispetto alla vecchia domanda di riscatto, conviene rinunciare al pagamento, tenendo presente che la nuova domanda pu essere riproposta in qualsiasi momento. Se passa il "contributivo pro rata" Francesco deve seriamente pensare di dirottare i soldi sul mercato della previdenza complementare. Laura: sbagliato riscattare la laurea

L aura G., 35 anni di et e 13 anni di contributi al 31 dicembre 2000.


Non pu riscattare la laurea, perch ha abbandonato l'universit a met del cammino, ma ha scoperto che il suo primo datore di lavoro, poi fallito, non le ha versato quasi due anni di contributi. Il costo del riscatto, previsto dall'articolo 13 della legge 1338/62, piuttosto salato, 24 milioni, perch il conteggio fatto sulle sue ultime retribuzioni, anche se con i benefici fiscali scende di un terzo. Laura non guadagna nulla in termini di et pensionabile, perch dovr comunque raggiungere i 57 anni di et. Il riscatto si tradurr in un aumento della pensione assolutamente ipotetico. Suggerimento. Meglio lasciar perdere e, in considerazione della giovane et, investire i soldi nella previdenza complementare. Angela: attenta al fondo casalinghe

A ngela C., 46 anni, casalinga con 7 anni di contributi versati come dipendente.
Per crescere i figli e seguire il marito ha lasciato da anni il lavoro e non ha mai voluto fare i versamenti volontari, prima perch il reddito familiare non lo consentiva, poi perch sperava di tornare al lavoro, infine perch con i redditi familiari in aumento non le verrebbe garantita l'integrazione al minimo. Ripone molte speranze nella pensione alle casalinghe, ma questa non decolla; Angela stanca di aspettare l'attuazione di una legge desaparecida. Suggerimento. La pensione alle casalinghe non fa miracoli, come non li fa la previdenza integrativa. L'importo della pensione, liquidata con il sistema contributivo, proporzionale ai versamenti fatti. Sar conveniente per Angela aderire al Fondo delle casalinghe soltanto se le verr consentito il recupero dei 7 anni "silenti", che sono la vera spina nel fianco del fondo pensioni. Attenzione, per: con il Fondo alle casalinghe, ipotizzando un versamento di 3 milioni annui per 20 anni, la pensione di circa 4 o 5 milioni annui verr corrisposta a 65 anni.

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Dal Catologo delle Edizioni Sonda...

Scrivere e fare fumetti con i bambini


Come sviluppare la scrittura creativa, illustrare e fumettare storie

Davide Cal
128 pagine - 12,50 euro

Come tutti gli scrittori sanno, le storie non nascono per ispirazione, semmai per disposizione. La disposizione a guardarsi intorno, a osservare i dettagli delle cose, a notare cose che altri trascurano. Per questo la scrittura creativa a scuola un'ottima tecnica di conoscenza e di apprendimento. Come nasce una storia, come si sviluppa. Si possono inventare storie a quattro mani. Come si illustrano? Come nato il fumetto, come si possono scrivere e illustrare fumetti? Come si crea un libro, che cosa la rilegatura? Queste sono solo alcune delle domande a cui l'autore risponde guidando genitori ed e insegnanti passo a passo nello smontare le storie che gi conoscono e comprenderne i meccanismi, dai quali partire per inventare storie nuove, variando e inventandone di nuovi. Una particolare attenzione viene dedicata al fumetto, tanto amato da bambini, ma spesso poco considerato se non addirittura frainteso dagli adulti.

Usare la tv senza farsi usare


Per genitori e insegnanti che non vogliono lasciare i bambini soli davanti alla TV

Vilma Mazza
176 pagine - 14,00 euro

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La televisione entra nella vita di tutti e in particolare in quella dei bambini e l'impatto emotivo, psicologico e culturale della Tv nell'animo e nell'intelligenza dei ragazzi ( e non solo) enorme. Questo libro vuole far conoscere meglio la televisione, fornire informa azioni e riflessioni sul linguaggio e i suoi contenuti, smontarne i meccanismi di comunicazione - nella pubblicit come negli spettacoli di intrattenimento) con una particolare attenzione verso i fruitori pi deboli del mezzo, bambini e ragazzi. Soprattutto offre ai lettori, insegnanti e genitori gli strumenti per padroneggiare il mezzo e quindi avvalersene in ambito espressivo ed educativo, a scuola e in famiglia, senza subirlo.

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