Polveruomo

A distanza di sicurezza dal respiro degli altri passeggeri. Continua a tirarsi su gli occhiali, anche quando non sono scivolati sulla punta del naso. Sta rannicchiato sulla sedia di plastica arancione, piena di scritte, intagliata, segnata e piena di cazzi. I polpastrelli premuti forte sul vetro appannato, lo zaino tra le ginocchia, come uno scudo. Da quando salito alla fermata di Pisgat Zeev non ha ancora guardato nessuno negli occhi. Sente la musica gracchiata del ragazzo che gli siede di fianco, piena di bassi che fanno tremare gli auricolari. Il frastuono delle rotaie, il chiacchiericcio delle ragazzine. Quando finalmente alza la testa nota che la vecchia davanti a lui lo guarda arricciando il naso e scuotendo piano la testa. Alcuni ortodossi con la kippah gli danno le spalle e borbottano. La metro leggera si ferma, d una botta di rinculo, sputa fuori decine di persone, ne inghiotte altrettante e riparte. Puzza di gomma e scarichi. Si muove a scatti sul sedile e poggia la spalla sinistra sul tubo scrostato dove sta appeso uno studente incappucciato. Tira su gli occhiali, controlla lo zaino e si prepara a scendere. Si alza e si fa largo alitando un permesso, muovendo i piedi senza alzarli da terra, stringendo le spalle, facendosi piccolo per non disturbare. Uno sbuffo pneumatico, la portiera si apre, lo studente incappucciato si agita e sbraccia, lo chiama e indica lo zaino dimenticato sotto il sedile. Fa finta di non sentire e si fa trasportare dalla massa, senza camminare veramente. Un minuto lungo una vita ed allaria aperta. Si inginocchia, comincia a pregare, a met si ferma, piega il collo e come fosse un gufo si guarda alle spalle. E lesplosione lo travolge. Con le gambe divaricate sdraiato su di un cartello dei lavori in corso, sotto un passeggino. Cerca il bambino con le mani, alla cieca, tossisce e afferra una gambetta, poi un piedino. Sente un pianto e gli viene da sorridere. Accarezza la pelle del bimbo, si mette a sedere e tira su il passeggino. La metro aperta in due, poggiata su di un fianco ha schiacciato due automobili e un ciclista che si agita senza un braccio da sotto le lamiere. Cerca di pulirsi gli occhiali, si guarda le mani e sono quelle di un fantasma. grigio. Uno strato leggero e sottile di detriti lo ricopre completamente. un uomo di polvere. Ed circondato da altri uomini di polvere, suoi simili. Le donne di polvere piangono e costruiscono con le lacrime sentieri sul volto. Qualcuno tagliato, il sangue si impasta. Altri vanno avanti, poi tornano indietro, non hanno dove andare. Bambini di polvere scappano urlando, sbattono e si scontrano, alzando sbuffi e nuvolette. In terra orme sulla cenere, come in una passeggiata lunare. Le persone che urlano e che gli si agitano davanti sono tutte uguali, sono tutte grigie. Non c pi il palestinese, non c pi lebreo. Ci sono solo polveruomini. Si batte il petto, le cosce, le spalle. Ma il pulviscolo sembra incollato. Si sfrega le mani e si agita. Cerca di pulirsi e non ci riesce. Non se ne va, non se andr mai, la sua nuova pelle di polvere.