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Il Gioco Dove prima cera lorecchio adesso c un buco rosso rubino.

Il naso rotto piegato verso sinistra, numerosi e profondi tagli ricoprono il petto e un pezzo di portasciugamano lungo circa dieci centimetri esce dal polpaccio destro. Tento di masturbarmi mentre guardo questa immagine, ma la tremenda erezione che ho avuto poco prima va ormai morendo. Lascio perdere e sputo un fiotto di sangue sul pavimento che si mischia con quello rappreso che mi circonda. Sono completamente nudo, al centro del bagno. Il polpaccio comincia a pulsare, decisamente fastidioso. Cercando di non cadere prendo un asciugamano e lo stringo tra i denti. Guardo nuovamente lo specchio e con un colpo secco estraggo il tubo dalla gamba. un dolore lacerante che non mi aspettavo. Cado in ginocchio, poi supino. Ansimando afferro lasciugamano e cerco di fasciarmi il polpaccio. Da terra noto il mio orecchio inchiodato allo stipite della porta. lultima cosa che vedo prima di svenire. *** Quando mi sveglio sono incollato al pavimento. Sembro avvolto dalla melassa. Mi gira la testa e mi pulsano le tempie. Sento un fischio acuto e continuo allorecchio destro. Provo a toccarlo e urlo di dolore. Cerco di tirarmi su, ma mi sento debolissimo. Devo aver perso molto sangue. Arrivati a questo punto lunica cosa da fare raggiungere il telefono e chiamare il Master. Stringo i denti e mi giro prono. Comincio a strisciare aiutandomi con il gomito destro e le ginocchia. Mi muovo piano, sfruttando il sangue per scivolare con la pancia. Passo accanto al corpo di Riccardo. immobile, ma respira. Ha un asciugamano completamente inzuppato di sangue legato al polpaccio. Supero la porta e mi fermo a riposare. Devo attraversare il corridoio e arrivare allingresso. Non sono pi di dieci metri, ma sembrano mille. Riprendo a strisciare. *** Non lo so. Magari pensa che sia morto. Mi passa accanto strisciando. Sono seduto di fianco alla porta della cucina, con una forchetta nellavambraccio, la faccia coperta di sangue e un ginocchio spappolato da tre colpi di martello. Ma paradossalmente sto bene. Tra tutti e tre sono sicuramente quello che si ferito di meno. Dopo essermi accasciato, fingendo di svenire, li ho visti continuare il gioco in bagno. Ho sentito urla e colpi secchi per almeno mezzora. Poi il silenzio. Sono rimasto immobile per molto tempo prima di vedere Enrico uscire, diretto verso il telefono. Perde sangue da un orecchio e ha un coltello da cucina infilato nella spalla sinistra. - Enrico. Lo chiamo. Gira piano la testa. - Sergio. Finge un sorriso. - Come sta Riccardo? - Ma tu non eri svenuto? - Ho fatto finta. Non ce la facevo pi e non volevo fare la figura del cagasotto. Allora, Riccardo? - Quello tutto scemo. un pazzo. Mi ha spaventato sul serio. Certo anche noi ci siamo fatti male, ma lui Dio. Ha spezzato il portasciugamani e se lo infilato nella gamba! - Tu parli, cazzo. Hai un coltello nella spalla. - Si tagliato un orecchio e lha inchiodato allo stipite della porta. Sbarro gli occhi. - Ma si rincoglionito proprio. Quello mica ricresce, o si risistema come un ginocchio rotto. - Ci ho provato anchio ma non ci sono riuscito. Mi mostra il taglio allorecchio. - Non riusciremo mai a recuperarlo. - Direi che ha vinto. Mentre si mutilava urlava come se fosse posseduto. Io mi arrendo, sto andando a chiamare il Master. - Aspetta. - Che cosa? - Uccidiamolo.

- Cosa? - Lo facciamo fuori, tu vinci e ci dividiamo i soldi. Con tutte le ferite che ha una in pi non insospettir nessuno. Enrico mi guarda socchiudendo gli occhi, ma non ha esitazioni. - Va bene. *** Riccardo Amati era un tipo strano e riservato. Di punto in bianco perse il mignolo della mano sinistra. Spar un mese dalla circolazione e torn con la mano fasciata. Economicamente stava bene, girava sempre con macchine di grossa cilindrata e non si faceva mancare niente. Il tutto apparentemente senza lavorare. Enrico Scarpa lo conosceva di vista per via di alcuni amici in comune. Gli si avvicin per pura convenienza. In quel periodo aveva bisogno di soldi a causa di pesanti debiti di gioco. Dopo unuscita in cui bevvero molto si confid con Riccardo. Gli parl di alcune persone che gli stavano con il fiato sul collo. - Forse ti posso aiutare. Gli disse il suo nuovo amico. - Farei qualunque cosa. Ho davvero paura, stavolta sono nei casini. - Si tratta di un gioco. Io ci ho gi partecipato due volte. - Un gioco? No, senti, mi sono gi messo in mezzo con giri strani e - Ma qui non rischi di perdere niente. Puoi solo vincere. E parecchio. - Tipo? - Duecentomila. - I miei coglioni! Riccardo rise. - Ci manca un terzo uomo. - Te lo rimedio io. - E - E cosa? - Non mi chiedi neanche cosa dobbiamo fare? - Per duecentomila euro mi sparerei a un piede! - Mmh, non una cattiva idea. *** Invece di chiamare il Master torniamo in bagno. Sergio si tolto la forchetta dal braccio e si fasciato con un tovagliolo. Zoppica vistosamente ma riesce a stare in piedi. Mi ha aiutato a sedermi con la schiena poggiata sul wc. Non tolgo il coltello dalla spalla perch di sicuro sverrei dal dolore. Meglio lasciarlo dove sta. Evita unemorragia e non d tutto questo fastidio, a parte che ho il braccio caldo e immobilizzato. Ne approfitto per controllare anche le altre ferite. Ho diversi tagli superficiali al petto, che ormai non sanguinano pi, un mignolo viola per una martellata, unescoriazione sulla coscia destra. Guardandola mi viene da sorridere. la prima ferita che mi sono fatto in cucina, usando una grattugia per il formaggio. Sergio intanto ha spostato Riccardo al centro del bagno. - Come lo s, dai, hai qualche idea? - Non ho mai ucciso nessuno, io. Lideale sarebbe il coltello, ma non lo tolgo, scordatelo. - Non ce ne sono altri in cucina? - Solo posate. Usa quello. Alzo una mano tremante e indico il martello. Ci sono anche due chiodi. Sergio lo raccoglie e se lo rigira in mano. - Glielo do in testa? - Ma bello forte per. - Qui? Poggia il martello sulla fronte. - Forse sulle tempie meglio, ho letto da qualche parte che

- Cazzo mi frega che hai letto. Vada per le tempie. Gli gira la testa di lato. Un buco nero compare dove dovrebbe esserci un orecchio. Mima il colpo due volte, sembra un golfista che prepara lo swing. - Uno, due e tre! Cala un pesante colpo sul cranio di Riccardo che si apre come unanguria. Schizzi di sangue e pezzi di cervello gli sporcano la faccia. - Cazzo che schifo. Dice Sergio cercando di pulirsi con la manica della camicia. - Controlla se morto. - Mi stai prendendo per il culo? Certo che morto. - E tu controlla lo stesso. Per tutta risposta d unaltra martellata fortissima. Lattrezzo penetra nella testa sino al manico. - Controllato. morto. - Sei un coglione! E adesso che diciamo? Non pu mica essersi dato due martellate da solo. - E diciamo che porca, porca. Lo giro e diciamo che caduto, cos il martello penetrato pi in fondo. - Ma che Dio, quanto sei Chiamiamo il Master e confessiamo, lo faranno sparire loro. Male che vada non ci pagano. - No, non funziona. Hanno un giro di scommesse su questo gioco, se scoprono che abbiamo provato a fregarli ci fanno a pezzi. - E quindi? - Quindi ti ammazzo. Poi dico che Riccardo lo hai ucciso tu, e che poi sei morto dissanguato. Faccio una faccia da ebete. - Non ho capito. - Ti a-m-m-azzo. Fa sul serio. Provo ad alzarmi ma le gambe non reggono e cado allindietro, sbattendo la testa sulla tazza del cesso. Poi tutto nero. *** Zoppicando mi avvicino a Enrico. Con lui non posso permettermi di fare lerrore di prima, devo riuscire a creare un incidente credibile. Forse basta togliere il coltello dalla spalla e lasciarlo dissanguare. Ma non ho idea di quanto tempo ci possa volere. Senza contare che il dolore potrebbe svegliarlo. Per una volta estratto con il coltello potrei recidere una grossa arteria. Poi glielo metto in mano e il gioco fatto. No, non regge. Non ha senso che dopo aver ucciso Riccardo riprenda a tagliarsi. Potrei soffocarlo. Dopo essermi accertato della morte tolgo il coltello e penseranno che si sia dissanguato. Perfetto. Ma serve un modo per farlo senza lasciare segni evidenti. Prendo la carta igienica e comincio a srotolarla, poi la appallottolo. Stando attento a non svegliare Enrico gli infilo la palla di carta in bocca. Tolgo la cintura a un accappatoio e senza stringere troppo gli lego le mani dietro la schiena. Faccio altre tre palline di carta e gliele spingo con forza in gola. Mi siedo dietro di lui e tenendolo fermo con le gambe gli tappo il naso. Dopo pochi secondi Enrico si sveglia. Cerca ossigeno. Le sue mani premono contro il mio ventre, le sento stringersi, poi disperato mi graffia. Serro le gambe e una fitta acuta al ginocchio mi fa urlare. Enrico arcua la schiena e quasi lo mollo. Rovescia gli occhi. La carta impastata con la saliva scesa fino allesofago, sento che cerca di liberarsene con la lingua e con piccoli colpi di tosse. Ormai cianotico. Un conato di vomito, poi rimane immobile. Lo tengo in quella posizione per un tempo che sembra infinito. Quando mi rilasso cade in avanti come un cuscino. Gli svuoto la bocca dalla carta e lo slego. Qualche segno sui polsi rimasto, ma superficiale. Rimetto la cintura nellaccappatoio. Mentre prendo Enrico e lo sposto per rimetterlo seduto mi vedo allo specchio. Sembro uno di quei ragazzini di Weekend con il morto. Lo poggio per terra con le spalle sul wc, nella stessa posizione di prima. Afferro il coltello e lo tiro via con un colpo secco. Mi aspetto uno schizzo, una fontanella, invece esce poco sangue, denso e quasi nero. Metto il coltello nella mano di Enrico. Mi alzo e osservo soddisfatto la mia messinscena. Perfetta. Faccio un passo indietro per vedere meglio, inciampo su Riccardo e rovino sullo specchio, che va in mille pezzi, scoprendo due telecamere.

*** Appena il Master li lasci soli nellappartamento i tre ragazzi andarono a sedersi in cucina. Ognuno aveva ricevuto una pastiglia bianca. Nella fase iniziale del gioco avrebbe dovuto aiutarli a sentire meno dolore. Riccardo allung le braccia sul tavolo e sbadigli. - Dobbiamo cercare per casa qualcosa di utile. Disse. Gli altri due lo guardarono preoccupati. Quel pazzo era arrivato a tagliarsi un dito, loro non sarebbero mai riusciti a farlo. Stavano perdendo tempo. - Su, su. Non fate quelle facce. Sorrise Riccardo. - Non sono sicuro di riuscire a farmi male abbastanza da vincere. Mugugn Sergio. Si guardava in giro ansioso. Era pieno di specchi. - Non hai sentito il Master? Non conta solo la quantit di dolore che riesci a infliggerti, ma anche la fantasia, loriginalit con cui lo fai. Enrico era pietrificato dallatteggiamento di Riccardo. - Sei proprio un coglione. Gli disse infine. - Non vi ha costretti nessuno a venire. Ricordate che ci sono duecentomila euro per chi vince. Parola mia, fanno passare qualsiasi dolore. Oltre a questa. Butt gi la pastiglia. Sergio si agitava sulla sedia - Io non capisco il senso di tutto questo. Disse. - Cazzo ti frega. So che c un forte giro di scommesse e poi chiss. Me ne frego. Pagano, e questo mi basta. - Scommesse su cosa? - Su chi di noi vincer. - C qualcosaltro sotto, non mi convince. - Mi avete rotto le palle. Io inizio e mi ciuccio i duecentomila. Riccardo si alz e apr un cassetto della credenza. Tir fuori un martello. - Vi penser, in spiaggia alle Maldive. E si ruppe il naso. *** Telecamere. Con tutta probabilit in ogni specchio c una telecamera. Mi rialzo e zoppicando esco nellandito. Sento un giro di chiave. Il gioco finito.

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