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LUGLIO 2010 METRORACCONTO # 7

NELLA PANCIA DELLO SQUALO


http://metropoleggendo.blogspot.com/

Sento la sua voce chiamarmi Luca Lucaa. Si sgola, non mi volto, fisso gli occhi
sul mare, oggi c’è poca gente sulle dune, ho le mani sudate ma non per il caldo.
Il dottore mi ha detto di scrivere. Me lo ha detto in modo formale, dandomi del
lei: "se non riesce a parlare scriva, scriva su un diario, scriva su un blog, su un
tovagliolo di carta che darà poi alle fiamme, dove vuole, ma provi a scrivere...
fra le righe di un cruciverba, nei riquadri di un sudoku,
sui moduli d'iscrizione a quei suoi odiati corsi d'aggiornamento... dove le va."
E in fondo non mi piace scrivere, non ho mai scritto con piacere, soprattutto le
lettere, così mi ero convinto che non esiste posto per scrivere.
Però esistono posti dove le lettere arrivano: per esempio la casa di babbo
natale in Lapponia e le spiagge che raccolgono quello che il mare rifiuta. E io il
mare ce l’ho a un passo da casa. Mi sono portato sulla spiaggia la sedia e il
tavolino pieghevoli, ho preso dal frigo una bottiglia di birra, ne ho nascosta nello
zaino un’altra, quella che lei non deve vedere, sempre la stessa quella dove mi
preparo il cocktail per iniziare la giornata, il mio biberon, la mia copertina di
Linus. Le ho detto “vado a fare un bagno, torno presto”.
Ho spazzato col dorso della mano la sabbia dal tavolino e il sudore mi ci ha
incollato sopra i granelli, se la sollevo verso il sole brilla come la spada di Darth
Fener. Che la forza sia con me, dai muoviti Luca che oggi ce la puoi fare. Ho
appoggiato il foglio sul tavolo e la penna ha cominciato a muoversi da sola.
Inizio a scrivere: Non mi hai mai detto: "Addio". Non mi hai mai dato un ultimo
bacio, dicevi di non esserne capace, né dell'una né dell'altra cosa. Dicevi anche
“Gli addii delle stazioni non sono fatti per noi”.
Io ridevo, non ci sono stazioni dove abitiamo noi e poi tu non mi avresti mai
detto addio. Eppure io adesso sono qui, sono tre lunghi, lunghissimi anni che
vorrei parlarti e guardarti negli occhi. Intanto ho imparato a fare quello che
facevi tu e che avevi promesso avremmo fatto insieme: ho imparato a
sbrogliare le reti, infilare l’esca sugli ami, a pescare e a pulire il pesce in mare
così i visceri vanno a nutrire gli altri pesci. Non mi fa più schifo.
Perché sparire senza una parola ? Un giorno mi sono alzato e ti sono venuto a
svegliare, ma il tuo posto nel letto era vuoto.
Ho cominciato a chiedere a tutti: Dove è andato?

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Non sono matto, prima di imbucare la mia domanda in mare l’ho chiesto a lei
tante volte Dimmi perché perché perché.
“Aveva occhi da marinaio _ mi ha detto_ un giorno ha preso il largo e non ho
potuto fermarlo.” Io ho ingoiato rabbia e silenzio, dopo un po’ di tempo mi ha
portato dal dottore perché non mangiavo più.
Non ti ho più cercato da quel giorno, non ho più voluto impormi nella tua vita,
nonostante tu ne abbia condiviso tanta parte con me.
Sono rimasto vivo, questo è un gran successo personale!
Quando avrò una risposta alla mia domanda?
Non te le meriti, ma avrei fragole da darti. Raccolte una per una, per ogni
parola detta e anche per quello che rimane ancora da dire.
Potrei cercare le tue tracce come Polllicino nel bosco e portartele, ma il mare
non conserva impronte e la frutta in acqua marcisce. Magari potrei raggiungerti
a nuoto ma non sono così coraggioso. Mi hanno rubato le pinne e ho braccia
troppo deboli per riuscire a raggiungerti. Ho bruciato le tue fotografie ma la
cenere ancora si nasconde dietro i mobili della mia camera da letto e viene a
farmi visita mentre dormo.
Ieri ho sognato che ti guardavo annegare dal terrazzo della bella casa dove mi
hai lasciato. Potevo salvarti ma le gambe non si muovevano aspettavano che
prima tu rispondessi alla mia domanda.
Accidenti sento la sua voce, mi sta di nuovo chiamando, ora ha un tono stridulo
come sempre quando le viene l’ansia. Te lo ricordi? Mi cerca. Non voglio
risponderle perché lei non mi hai mai dato la risposta giusta. Quando le ho
chiesto Perché non ci hai pensato prima se sapevi lui come era fatto?, mi ha
detto “Non è che uno ci pensa prima. Le passioni vengono così, come
l'orgasmo e come l’orgasmo se ne vanno lasciandoti senza forze”.
Bella risposta davvero non ti pare? e allora io mi sono chiesto "Perché fare
tanta fatica? Perché vivere?"
Ecco, ho scritto tutto quel che dovevo scriverti ancora. Un giorno ci riuniremo,
lo so, lo sento. Scusami sono patetico. Ma tu dimmi che male ti avevo fatto io.
Dimmi perché sei sparito dalla mia vita.
Tuo per sempre, Luca.
Finisco la birra, ripiego tavolino e sedia e vado a rimetterli nel capanno, sono un
tipo ordinato io, l’ordine mi serve per domare l’ansia, mi siedo un momento

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all’ombra per pensare, anche il negroni che avevo preparato di nascosto aiuta
a trovare il coraggio. Lo apro e comincio a sorseggiare piano perché il sole fuori
picchia e sento la birra di prima agitarsi nella pancia. Inserisco il foglio dentro la
bottiglia e mi reco nuovamente sulla spiaggia.
La chiudo con il tappo ermetico che ho fregato dalla bottiglie dell’olio. Voglio
che l’odore dell’alcol appena cambia la pressione venga a galla come il
diavoletto di Cartesio portandosi appresso il mio foglio chiuso in una bolla
d’aria.
Lancio con tutta la forza che ho. Mi sento un po’ stupido, siamo nel XXI secolo,
abbiamo a disposizione una grandissima rete elettronica con possibilità infinite
di contatti e io ancora mi ostino a lanciare messaggi chiusi in bottiglia nella
speranza che sia tu a trovarla marinaio, ma non posso che affidare a te questo
urlo in bottiglia: cosa aspetti a raggiungermi? Sarà un messaggio triste, non
fosse altro che per inviarlo, ho dovuto prima consumare il contenuto della
bottiglia. Magari diventerò un alcolizzato allora sarà del tutto inutile che questa
venga raccolta.
Ma se ti arriva in tempo metti in moto, rema o soffia, ma vieni a prendermi,
sarò qui sulla duna a sorseggiare il solito negroni.
Sento un soffio di aria fresca sulla nuca, improvvisamente ho la testa all’ombra,
strano non ci sono ombrelloni su questo tratto di spiaggia libera. Non faccio in
tempo a girarmi, delle braccia mi afferrano. Sono forti e pelose, sbucano da
maniche corte color grigio-verde. Provo a divincolarmi, penso al Maniaco
Sessuale, lo spauracchio della mia infanzia. Non accettare caramelle o inviti
dagli conosciuti, mi dicevano. Ma ormai sono grande, mi giro. Macché
maniaco, a meno che non si è messo la divisa della Forestale per passare
inosservato. Ma dai siamo in pieno parco naturale è normale che la Forestale
pattugli, ma pure sulla spiaggia non me lo aspettavo. Questo ci ha pure le
spalline dorate sotto un collo taurino.
“Ti ho visto buttare una bottiglia in acqua ragazzo”
Balbetto: “Di solito non imbratto!”
Lui: Non la capisco questa sciocca storia di buttare bottiglie in mare... è
spazzatura.
Io: Un tempo era una necessità per salvarsi nelle isole deserte.
Lui: Palle! Una bottiglia in vetro è preziosissima per poter raccogliere l'acqua.

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Io: E se un disperso se la spreca per buttarla in mare nella speranza che venga
trovata da qualcuno per salvarlo? Io ci ho messo un messaggio.
Lui: La stessa probabilità che un fulmine ti colpisca, quella stessa di fare un 6
al superenalotto. Sono convinto sia un semplice accorgimento da romanzi e
poesie.
Io: Credo sia molto romantica l'immagine di un messaggio in una bottiglia...
Lui: Per carità, quello lo comprendo, ma la sua possibilità di raggiungere chissà
che luogo, mhhhh... è più facile spedire messaggi scrivendoli su un palloncino
gonfiato a elio che pian piano si sgonfia e scende a un certo punto da qualche
parte... anzi, credo sia anche successo veramente.
Ma che ha studiato fisica questo forestale o è un romantico come me?
Io: Comunque io scrivo e lascio il mio messaggio in questo modo...
perché non è un messaggio a qualcuno in particolare... o forse si: al mio senno.
Lui: Infatti mi sembra che il senno l’hai perduto Munchausen, vallo a cercare
sulla luna, non in mare. Vabbè per stavolta non ti faccio la multa, ma non farti
ribeccare.
Allora è un letterato, non un fisico. E dopo avermi fatto la morale se ne va a
cercare altri trasgressori.
Ma devo essere uno stramaledetto romantico e la balzana idea della bottiglia
che non arriverà mai in alcun luogo è quella che più sopporto.
Ho riflettuto sulla rotta che potrebbe tenere e sul rischio che possa essere letta,
ma tanto non scrivo nomi o luoghi, per cui leggetevela pure.
In fondo qui si stravolge ogni concetto: non mi serve che mi troviate, a me
serve ritrovar me stesso; e se devo ritrovarlo in fondo a una bottiglia...
allora è di certo meglio questo modo che quello più classico.
E adesso cosa fare nell'attesa della risposta? Adesso la domanda l'ho fatta ma
la risposta quando la avrò?
Un'altra domanda! Un'altra domanda alla quale non so rispondere.
Cavolo vado subito a comprare una birra fresca!
Fortunatamente il baracchino vicino alla spiaggia è aperto.
Una birra fredda per favore!
Due euro spesi bene in questa giornata di calura estiva.
Torno sulla riva. Guardo galleggiare il mio messaggio per te, come fosse un
gioco, come fosse possibile raggiungerti in qualche modo.

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Magari il modo c’è. Vado da lei e le dico a brutto muso Dimmi dov’è, devo
raggiungerlo, non posso aspettare che gli arrivi il mio messaggio spedito via
mare. Ma lei mi accarezzerebbe con gli occhi, guai se mi tocca, e
risponderebbe “Mi auguro che il marinaio risponda come ti aspetti. Ma a te non
dirò dove si trova, no, a te proprio no, su di te ho altri progetti”.
Per questo la odio anche se è mia madre, perché ho solo diciassette anni e la
stanchezza di uno di sessanta, perché se sono figlio di un progetto e non di una
coppia, tanto valeva farmi nascere da una provetta, almeno in una bottiglia
avrei trovato l’inizio e la fine della mia storia. Punto. Invece un padre ce l’ho e
qualcosa mi devi. Padre, potrei assoldare un investigatore privato lui, ti
troverebbe e mi presenterei da te per guardarti negli occhi e dirti ciò che ho
scritto in quel biglietto, senza aspettare che ti arrivi, senza ridurmi all’alcolismo
per procurarmi branchi di bottiglie galleggianti da affidare alle onde sperando
che qualcuna, un giorno, abbocchi al tuo amo.
Ma che senso avrebbe ?
Tu mi risponderesti ?
O mi cacceresti via ?
Ma la vita è adesso trascinarsi nella corrente, come questa bottiglia, che
dondola, come dondolo io, trascinato da onde più forti di me.
Rischiare di sbattere in uno scoglio, di infrangere il proprio cuore, di perdere
l'aria, di affogare.
Non è forse così che oggi mi trascino ?
Eppure è affascinante guardare questa bottiglia galleggiare, ha un suo senso in
fondo, perché fragile eppure più forte del mare, resiste.
Galleggiare a volte può essere eroico.
E il tappo che occlude, strozza le mie parole, le incarcera nei miei polmoni e
adesso in quella bottiglia.
Tappo la mia bocca, giorno dopo giorno, fino a quando qualcuno non infrangerà
la mia corazza, fino a quando qualcuno non romperà quella bottiglia.
Bottiglia... e quasi il suono stesso nasconde il suo significato, con quel
rimbombo iniziale, chiuso dentro sé stesso.
Una bottiglia, un tappo, una parola sola.
Una sola. "Perché?

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Pensa se un giorno tornasse a me e io avessi la risposta? Dovrebbe essere


sempre così: la bottiglia fa il giro del mondo, la verità matura con me…
Invece, tra i riverberi di luce e i flutti, scorgo una grossa pinna...
Mi alzo in piedi e mi scrollo la sabbia che si è appiccicata, ostinata, ai
pantaloncini e alle gambe.
Metto una mano sulla fronte, per proteggere un po' gli occhi dalla luce e vedere
meglio.
Ma... è uno squalo! Un... grosso squalo che nuota intorno alla mia bottiglia.
No no no no, squalo... non è un pesce, vattene via! Vattene via!
Ma la bottiglia, improvvisamente sparisce, e con lei anche la pinna dello
squalo...
Peccato. Ho finito le bottiglie.
Dio c'era, ma si divertita a nascondersi e a fare dispetti, come un bambino
antipatico. Era nascosto dietro il faro, e se la rideva, fregandosi le mani.
Anzi le pinne perché si era travestito da squalo. In queste acque basse del
Tirreno gli squali non ci sono, poteva scegliere un travestimento più credibile.
Sapeva che la corrente avrebbe portato la bottiglia verso di lui.
L’ha fermata con un piede contro lo scoglio, e l’ha tenuta lì, ferma, pregustando
il momento in cui l'avrebbe stappata.
Conosceva l'identità del mittente e quella del destinatario.
Se n’è stato così, beato e sghignazzante, per un tempo che a noi sarebbe
parso interminabile.
Poi ha preso la bottiglia, l’ha fracassata e ha strappato il biglietto senza avergli
dato nemmeno una sbirciata.
Dopotutto lui era Dio.
Rimango a guardare l’acqua come un allocco, faccio un movimento come per
buttarmici, ma di nuovo un’ombra mi si proietta addosso, di nuovo due braccia
pelose mi afferrano per le spalle. “Ragazzo ho finito il turno; invece di stare qui
ad inquinare il mare ti va di venire a pescare con me?”

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SI RINGRAZIANO (in ordine di apparizione)

UNO, che ha la costanza di aspettare tre anni un ritorno; NICBELLAVITA, che


gioca a gatto e topo con Dio; IMPOLLINAIRE, che è essenziale e
beneaugurante; UBI MINOR, che sa che la vita è un circolo vizioso; ALY, che
sa parlare tante lingue; TOPPER, che non teme di essere impulsivo; MAU, che
mette forza nel braccio con la birra; PATE’D’ANIMO, che va per boschi di luglio
a raccogliere parole; FRAC, che conosce il progresso e sceglie la regressione;
ANDREA COBAIN che ha la vista del capitano Achab; FIORETTOLO, che ha
la testa sulle cose pratiche e il cuore sulle quelle belle; PAOLINO, che prima di
fare una mattana ci pensa; KITKAT, che dovrà mettere la crema protettiva se
conta di aspettare a lungo in spiaggia; GIANS, che ha la sbornia triste e le
riposte a portata di mano.

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