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Streghe e Sciamane
Streghe e Sciamane
cui sarebbe stata originata la civilt indoeuropea, come se lumanit fosse nata l e,
a poco a poco, avesse popolato un mondo vuoto. In realt, questa solo una
supposizione: di sicuro, la realt molto pi complessa. Perch, mentre la
navigazione per mare presuppone un punto di partenza e un punto di arrivo in cui chi
viaggia rimane uguale a se stesso, il tragitto degli uomini e delle forme nella steppa
avviene con movimenti browniani: scambi, fusioni, contaminazioni che confondono le
piste, fanno perdere le tracce. Ci che parte non mai esattamente ci che arriva.
Esaminando i ritrovamenti fossili oltre che archeologici, si sa che, con il lento ritiro
dei ghiacci, le renne e parte delle trib cacciatrici, che su questo animale totemico
basavano la propria alimentazione e identit, si spostano verso nord. Chi rimane si
fonde con chi viene da sud, cio dal Mediterraneo. Alla renna, che non bestia di
montagna, subentra, nelle valli alpine ora abitabili, il cervo, che diventa anche
simbolo di fertilit. Ci pu essere dimostrato analizzando le tecniche di caccia delle
popolazioni polari, basate sullimpiego di esche sessuali, per cervi, alci, bovini
selvatici, che, fino al Medio Evo erano diffuse molto pi a sud, fino alla Germania (4).
Secoli e secoli pi tardi, dallVIII sec. a.C. popolazioni nomadi provenienti dalle
steppe dellAsia centrale, dallAltai e dalla Siberia, cominciarono a compiere
incursioni ai confini dellaltopiano iranico, a occidente, e nella fascia compresa fra la
Mongolia e la Cina, a oriente. . Fra loro, gli Sciti, di matrice sicuramente protoceltica,
si stabilirono, alla fine, nel Caucaso e sul Mar Nero. Allinizio del VI sec. a.C. nuclei
consistenti di Sciti lasciarono le rive del Mar Nero e si spostarono verso occidente.
Varcarono il Dniestr e il Danubio, per insediarsi in Dobrugia. Dove si trovavano gi i
Traci, che riconobbero la supremazia degli Sciti. Qui confluirono, allinizio del IV
sec., trib celtiche che, dopo aver investito una parte della penisola balcanica,
fondarono colonie in Asia Minore. Tutto ci documentato dal IV libro di Erodoto,
dedicato, appunto, agli Sciti; e da unincredibile somiglianza delle forme artistiche in
cui si esprimevano queste antiche genti: un figurativismo animalista e fantastico, dove
si distinguono esseri che ancora oggi appartengono al folklore delle popolazioni
alpine: draghi, sirene, leoni alati, grifoni..
Il territorio dei nomadi copre una fascia erbosa nel cuore del continente euroasiatico,
tra il 40 e il 50 parallelo, che corre dal Fiume Giallo al Danubio per pi di 5mila
chilometri. Limmagine fisica che ci restituisce, ad ovest della steppa, larte grecoromana, con una precisione quasi etnografica, quella di uomini dai lunghi capelli
lisci, spesso barbuti e baffuti, con il volto ovale e un naso diritto molto marcato. Tutti
i testi, greci o cinesi che siano, suggeriscono una predominanza di capelli biondi o
rossi e una carnagione chiara, per non dire lattea (5). Gli Sciti, come, daltra parte, i
Celti, straordinariamente affini come tratti somatici e acconciature, indossano un
indumento caratteristico, sconosciuto ai Greci e ai Romani: i pantaloni. Oltre ad un
lungo copricapo a cono: quello attribuito dalla tradizione a Merlino, ai maghi, agli
gnomi, alle fate.
La steppa unisce e non divide, neppure dinverno: anzi, le immense torbiere
acquitrinose che dalla Lapponia si estendono fino a Vladivostok erano sicuramente
pi trafficate nei mesi freddi, sulle slitte trainate dalle renne prima che dai cani, che si
muovevano agevolmente sui ghiacci, piuttosto che destate, periodo in cui la melma e
le zanzare rendevano difficoltosi gli spostamenti. Ricordiamo Caterina di Russia, che
per raggiungere il promesso sposo (e diventare imperatrice) preferisce viaggiare a
temperature polari, sepolta sotto le pellicce, per non subire i disagi di probabili derive
nel fango.
La sequenza delle migrazioni, quindi, potrebbe essere stata questa: nomadi delle
steppe e dellartico-Sciti-Traci-Celti, a sud; nomadi delle steppe-Sami a nord.
stesso tempo la signora delle streghe, e anche degli animali, selvatici e domestici.
Nelle prime confessioni del sabba, quando lInquisizione non ha ancora creato
unimmagine stereotipata di questi misteriosi culti estatici, alla festa partecipavano
anche le bestie; e la Dea (spesso nominata espressamente come Diana, cio col nome
latino di Artemide) la signora degli animali, gran conoscitrice di erbe officinali.
Ma Artemide era anche associata allanimale sacro per eccellenza da un capo allaltro
dellArtico: lorso. O meglio, lorsa.
La sollecitudine dellorsa verso i propri cuccioli era proverbiale nellintero mondo
antico: forse per questo motivo, divenne simbolo di maternit. Esisteva una dea
celtica, in forma di orsa, chiamata Artio: epigrafi dedicate a lei sono state ritrovate sul
Palatinato Renano presso Buitburg, in Germania settentrionale, forse in Spagna. In
antico irlandese, orso art; in gallico, *art. Limmagine della dea, in forma prima
ursina e poi umana, associata alle Matres, e ricalca quella di Demetra seduta. Il
nesso dea ursina-dea nutrice emerge anche nei culti di Artemide Kalliste e Artemide
Brauronia, oltre che nei miti e nei culti cretesi. Esiste la possibilit di un rapporto
linguistico fra Artio, Artemis (il significato reale del nome ancora sconosciuto) e
Art.
Gli Sciti veneravano una dea mezzo donna e mezzo serpente, che richiama
immediatamente il mito di Melusina, arcaica divinit della foresta umiliata dalla
societ patriarcale e costretta a fuggire da questo mondo (ma si trasciner con s larte
e la sapienza magica). Dea che raffigurata quasi ovunque sulle Alpi, spesso nella
forma a doppia coda (7). Daltra parte, ancora oggi, sulle Alpi, e certamente molto di
pi nella societ tradizionale, le bestie rappresentano entit dotate di anima, sensibilit
e intelligenza; talvolta, di saggezza superiore a quella degli umani. Comunque, esseri
coi quali ci si rapportava quanto meno da pari a pari; in alcuni casi, il trattamento che
veniva loro riservato porta le tracce di unantica divinizzazione. In Val di Fassa, nei
villaggi preistorici, le costruzioni pi protette dalle valanghe, dalle frane, e dalle
intemperie non sono le case, ma le stalle.
In una societ dove spesso luomo assente, perch nellantichit fuori a cacciare,
oppure, negli ultimi secoli, addetto ai lavori agricoli pi faticosi (falciare, vangare)
chi quotidianamente si occupa delle mucche, come delle pecore e delle capre, a cui
sono addette le ragazze pi giovani e i bambini, le munge, le porta al pascolo, le cura
con le erbe quando si ammalano, sono le donne di famiglia.
La padrona riconosce ognuna delle sue bestie alla voce. Ogni vacca ha un nome
proprio; esistono nomi specifici per loro. Parlare alle mucche (spesso in maniera pi
gentile di come si interloquisce con gli altri esseri umani) considerato normale. Le
bestie, o si tengono bene, o non si tengono. Lanimale prova dei sentimenti, per cui,
nel limite del possibile, non bisogna farlo star male (tutte le bestie piangono); ma
non solo: ogni bestia dotata di un carattere differenziato, e va trattata in un certo
modo. C chi ha parlato, per questa forma di dedizione dei popoli allevatori di
interesse etnografico (cio primitivi), di boolatria, come se alle mucche si
attribuissero qualit sovrannaturali. Le Alpi non fanno eccezione.
D'altra parte, non bisogna trascurare di ricordare che il rapporto con gli animali, per
quegli uomini, e specialmente per quelle donne, era sempre stato molto stretto:
abitavano le stesse stanze e gli stessi territori. Quando facevano una festa, le bestie,
libere, non venivano cacciate; e con ogni probabilit stavano vicino alle padrone nella
speranza di ricevere qualche buon boccone, dandosi a dimostrazioni di gioia e di
affetto per il cibo ricevuto, partecipando alle danze. Gli animali erano ritenuti esseri in
grado di intendere e di volere, riconosciuti colpevoli perfino dai tribunali: pensiamo ai
e dellEst. Quegli spazi fanno parte di una dimensione fisica ed ambientale ma anche
fantastica, di cui la donna, e la donna-strega-matriarca, esercita ancora un potere
indiscusso.
Le estasi delle seguaci della dea richiamano irresistibilmente quelle degli sciamani,
uomini e donne ma soprattutto donne, della Siberia, fino allisola di Hokkaido e agli
Ainu giapponesi (10), e della Lapponia (11). In entrambe ritroviamo gli stessi
elementi: il volo dellanima verso il mondo dei morti, in forma di animale, in groppa
ad un animale o ad altri veicoli magici. Il forte richiamo sessuale. Il bastone degli
sciamani lapponi si pu accostare al manico di scopa con cui le streghe affermavano
di recarsi al sabba. Il nucleo folklorico del sabba volo magico e metamorfosi
sembra derivare da un remoto, remotissimo substrato euoasiatico. Nei voli notturni
descritti dalle streghe e dagli stregoni del Valais, processati allinizio del 400 ed
estranei allo stereotipo inquisitoriale, si pu riconoscere leco stravolta di un culto
estatico di origine prima celtica, e poi nordica. E cos pure in innumerevoli
confessioni di streghe e stregoni da un estremo allaltro del Vecchio Continente.
La religione che sta alla base di queste credenze sembra straordinariamente simile,
nelle Alpi e nel Nord Europa, sia per quanto riguarda le credenze e la ritualit, sia per
ci che concerne la conformazione dei luoghi sacri . La divinit principale una dea
madre, che la terra e tutto luniverso (12), e, fra i Sami, rappresentata dal sole.
Anche in un ambiente piatto come la Lapponia, viene adorata principalmente sulle
alture, le montagne sacre (13), e segnalata da steli di pietra: anzi, si pu dire che
labitudine di definire un luogo sacro con i menihir, o con i cromlech, diffusa dalla
Lapponia alla Siberia, dai Pirenei alle Alpi fino al bacino del Danubio e alla Mongolia
(14). Rocce che, nei Grigioni, sono tuttora chiamate moma velha, madre antica, e
devono essere baciate dagli alpeggiatori giovani che salgono ai pascoli alti con le
bestie, per evitare i percoli della montagna. I pastori di renne Sami mi hanno
raccontato che quei sassi, chiamati sieidi nella loro lingua, gli parlano, gli danno
consigli, su questioni personali ma anche su questioni inerenti lallevamento delle
renne, come, per esempio, dove portarle a pascolare, o come salvarle da unepidemia.
Ognuno di loro, oltre a recarsi in alcuni posti in cui si trovano le rocce sacre
riconosciute a tutti, ne hanno una personale, messa magari da qualche antenato in un
luogo particolare, che non rivelano a nessuno, se non ai figli, o ai parenti stretti. Ed
proprio attorno a queste localit segnate dalla pietra che lantica religione sciamanica
dei popoli del Nord si sta lentamente riorganizzando, dopo le persecuzioni cristiane
prima e marxiste (nelle versioni sovietiche e cinesi) poi.
La conformazione dei siti sacri alpini, celtici o pre celtici, sembra ricalcata su quella
dei Sami, e dei popoli nordici. Che adoravano le loro divinit in posti segnati da
cascate, imponenti formazioni di roccia, grandi massi, caverne, fenditure di roccia,
sorgenti, laghi, e siti sacrificali rotondi (15), segnati da sassi (cromlech), da muretti a
secco, palizzate, recinti, e cos via. Con ogni probabilit, il disco sacro si ricollega
direttamente alla religione della Dea Madre: perch il primo recinto fu quello del
parto, luogo di vita ma anche di morte, in cui si consumava il mistero della
procreazione, da cui gli uomini erano rigorosamente esclusi. I simboli rotondi,
riempiti di raggi e di segni solari (o di ci che noi interpretiamo come tali), associati,
bene ricordarlo, al principio femminile, e non maschile, sono stati incisi, per secoli e
per millenni, sulle cassapanche delle spose, che dovevano portare figli; sulle soglie
delle porte, che segnavano il confine fra luniverso protetto della casa e lesterno, fra
la luce, il sole, il giorno, e lignoto, il pericolo, il buio, gli spiriti della notte, da cui
bisognava difendersi; sulle travi delle case (e delle tende dei nomadi), che
sostenevano il tetto, fornivano un rifugio alluomo, caldo e sicuro: un altro utero in
cui essere curati e protetti dalla Madre. Con ogni probabilit, il sole stato
accomunato alluomo in un secondo tempo, col passaggio al matriarcato, quando la
donna stata relegata alla notte: pericolosa e oscura ma necessaria per la
riproduzione, indecifrabile come la luna, arcana e vendicativa, potente, benefica e
malefica, vita e morte, ci vollero millenni per riuscire a tenerla a bada.
NellArtico come sulle Alpi, gli spiriti aleggiano ovunque, ma i pi importanti sono
quelli degli alberi sacri e delle sorgenti, specie se stanno sottoterra in grotte. Nelle
caverne buie delle viscere della terra, da cui sgorga lacqua, legate alle simbologia
femminile della fertilit, spesso, in entrambe le culture, si nascondeva un essere che in
seguito verr demonizzato, ma che non perder mai il suo potere positivo: il drago. La
bestia pi forte, dannatamente bella, che parla la lingua degli uomini, calda (sputa
fuoco) e fredda ( un rettile) nello stesso tempo, rappresenta le qualit sessuali e
generative della donna: irresistibili, consentono al mondo di continuare la sua
esistenza. Da sempre, fa compagnia prima alla Dea, poi alla Madonna, o alla Santa
che hanno sostituito larcaica divinit femminile nelliconografia cristiana.
Altro mito che accomuna i popoli alpini con quelli dellestremo Nord la presenza
dellUomo selvatico (16). Nudo, stranamente rosso, coperto soltanto da una pelle in
vita, barbuto e capelluto, brandisce una clava, oppure un albero sradicato, protegge
Rovaniemi e la Lapponia. E documentato, e raffigurato sulla moneta del Giubileo del
re Carlo IX di Svezia nel 1606 (a quel tempo, la Lapponia era parte della Svezia).
Pochi, per, sanno chi veramente: fra i Sami, ricordato come Varaldenommai, dio
della fertilit degli uomini e delle renne. E rappresentato coperto del sangue delle sue
renne, mentre tiene in mano una giovane betulla con le radici rivolte verso lalto (17).
In realt, per, la stessa figura di Babbo Natale, o Santa Klaus, alias San Nicola,
sarebbe la trasposizione dellAntenato Mitico (18), selvatico non tanto perch incivile
(al contrario, un eroe civilizzatore) ma perch proviene dalle selve, dalle foreste:
cio dal mondo altro, o dallaltro mondo. LUomo Selvatico presente, come
personaggio mitologico, in tutta la Siberia, fino allisola di Sakhalin e alla civilt degli
Ainu giapponesi. E non solo simile nellaspetto esterno, e svolge lo stesso ruolo, del
suo corrispettivo alpino: fa anche la stessa fine: arrabbiato con gli uomini perch
trattano male la natura (le renne e il pesce), ritorna nel mondo divino da cui era
venuto, ovvero scompare senza lasciare traccia (19).
Il sabba, la droga e lestasi sciamanica
In Scizia sono molti gli indovini.
Gli Sciti dunque raccolgono il seme di questa canapa, e si mettono sotto le coperte e
poi buttano il seme sulle pietre roventi; queste allora fanno fumo e danno un vapore
caldo tale da superare quello di qualsiasi bagno di vapore ellenico. Gli Sciti gridano
per il piacere(20)
Il concetto di Nord, artico, , nello stesso tempo, ecologico e mitico. La parola deriva
dal greco arktos, orso. E il mito non facile da distruggere. Perch nacque in territori
vastissimi, impieg unenormit di tempo per autocostruirsi, elaborarsi, rifinirsi, per
poi conservarsi e trasmettersi in una catena di infinite generazioni di uomini.
Superficialmente, queste tradizioni si sono trasformate in storia e in geografia: in
realt, rimangono nellinconscio, nella memoria archetipa, nellarte, nella speranza,
nei sogni, nelle allucinazioni, nelle paure senza nome.
Nel Kalevala, il poema epico dei finnici, leroe sale in Lapponia per trovarsi una
sposa, che deve chiedere alla regina (non al re) di Pohjola, potentissima sciamana.
Pohjola chiamata anche Pimentola, terra delle tenebre, Untamola, terra di Untamo,
villaggio del gelo, in cui si divorano gli eroi. Quando la madre (sempre lei!) cerca di
proibire al figlio di recarsi al Nord, gli rivolge queste parole:
Non conosci la lingua di Turja, n sai il magico idioma di Lapponia
Intendendo non la lingua in senso stretto, la parlata quotidiana, ma la capacit di
lanciare incantesimi e magie, considerata peculiare per Pohjola.
Fino a pochi decenni fa, tutti i Sami venivano considerati stregoni; si sconsigliava di
frequentarli alla gente perbene e cristiana, perch potevano lanciare malefici, e, le
donne, incantare. Fino a pochi anni fa, si pensava (e si leggeva sulle pubblicazioni per
specialisti) che lantica religione sami e i riti magici del tamburo fossero stati
sradicati, e fossero quindi scomparsi, fra il XVII e il XVIII secolo, conseguentemente
alla cristianizzazione. I Lapponi praticarono lo sciamanesimo ufficialmente fino al
1687, quando, ultimi in Europa, furono convertiti al cristianesimo da evangelizzatori
senza piet (che si sostituirono ai monaci, presenti dal 1000 circa, i quali avevano
tentato, invano, di acculturarli con metodi meno cruenti) che impiccavano chi non
abiurava lantica fede. Le conversioni continuarono, annotate nei registri parrocchiali,
fino al XIX secolo. Ci significa che la Lapponia il territorio, sul Vecchjio
Continente, in cui si mantenuta pi a lungo nel tempo la civilt pi arcaica:
insomma, la regione che conserva le radici culturali dellEuropa pre cristiana.
Questo pu significare che le testimonianze raccolte e i confronti che possiamo fare
fra la civilt stregonesca alpina e quella sciamanica lappone potrebbero portare a
risultati interessanti.
Le analogie fra il sabba, la festa delle streghe, e il viaggio sciamanico degli stregoni
lapponi, sono numerose. Prima di tutto, il mezzo per ottenere lestasi: la droga, la
musica, il ballo.
Per quanto riguarda luso di sostanze allucinogene, oltre alle testimonianze di
Erodoto, ci sono i reperti archeologici che provano limpiego rituale degli psicotropi.
Per esempio, nella necropoli di Pazyryk 2, in Siberia, in cui era sepolto un uomo
completamente coperto di tatuaggi (come la mummia del Similaun!), si rinvenuto un
cratere di bronzo dove erano collocate delle pietre tra le quali si trovavanoi semi di
canapa parzialmente combusti. Semi di camapa erano conservati anche in un
recipiente vicino, a cui si accompagnava un frammento di cuoi, decorato con grifi che
azzannano alci: un oggetto identificato come una cappa, destinata a coprire il volto e
la testa di chi volesse fare inalazioni. La canapa, bruciando, emana vapori
allucinogeni (21) (e gridavano per il piacere.). Daltra parte, sulle Alpi le
propriet della canapa sono ben note: i semi venivano dati ai canarini che cos
cantavano meglio E il papavero da oppio, su licenza statale, viene ancor oggi
coltivato in Alto Adige perch i suoi semi servono per la preparazione di alcuni piatti
tradizionali sembra molto strano che la gente non ne conoscesse anche altri
impieghi. Tanto che loppio tebano viene nominato esplicitamente nella ricetta della
pomata delle streghe fornita da Gerolamo Cardano nel 1547: fonte colta, quindi; ma il
papavero fra gli ingredienti della pomata nel 1700 inoltrata, in una ricetta di fonte
popolare.
Molteplici rapporti dal Nord, redatti da viaggiatori come il mantovano Giuseppe
Acerbi alla fine del 700, o da sacerdoti, raccontano delluso dellAmanita muscaria, il
fungo rosso a pallini bianchi, per raggiungere lo stato di trance, da parte degli
sciamani. Il fungo veniva mangiato, secco o fresco, oppure veniva assunto come
principio attivo concentrato nellorina di chi laveva mangiato qualche ora prima,
secondo modalit ancora oggi praticate presso alcuni popoli sudamericani con la
psilocibina.
Limpiego dellamanita muscaria per raggiungere la trance sicuramente
antichissimo. Ragioni linguistiche fanno pensare che risalga ad almeno 4000 anni
prima di Cristo, quando ancora esisteva una lingua uralica comune. Un gruppo di
parole che designano lamanita muscaria, i funghi in generale, la perdita di coscienza,
il tamburo sciamanico, nelle lingue ugro finniche e samoiede deriverebbero da
ununica radice (22).
In antropologia, si distinguono le culture micofile da quelle micofobe: probabilmente,
i raccoglitori di funghi sono gli eredi di un antichissimo retaggio sciamanico, in cui i
vegetali erano addirittura divinizzati. Luomo del Similaun portava funghi nella sua
sacca della medicina. La muscaria, sulle Alpi, a tuttoggi il fungo magico per
eccellenza; appare nelle figure delle fiabe; e, manco a dirlo, anche nelle ricette
popolari delle pomate delle streghe, micidiali miscugli di principi attivi miscelati e
allungati col grasso, da assorbire per contatto cutaneo e sfregamento nelle zone ricche
di capillari e vicine alle ghiandole linfatiche (le ascelle, le mucose vaginali, linterno
delle cosce e dei gomiti, il collo).
Unguento verde delle streghe: ricetta del 1737
Si mescolino i succhi di atropa belladonna, giusquiamo, amanita muscaria, aconito,
datura, digitale, papavero e conium con grasso; si spalmi lunguento sul viso, sotto le
ascelle, sulle mani. Volerete (23).
Questa ricetta, del XVIII secolo inoltrato, testimonia la permanenza sulle Alpi di
pratiche antichissime, che molti studiosi considerano cancellate con lInquisizione e il
Concilio di Trento. E dimostrano anche la conoscenza e luso degli stessi psicotropi,
sulle nostre montagne e nelle steppe artiche.
Altrettanto indiscutibile laffinit fra amanita muscaria e rospo. Perfino in Alaska le
rane, malgrado siano rarissime, sono associate con lo sciamanesimo (24). Ancora
oggi, spesso i rospi sono raffigurati sul fungo pi bello, e compaiono normalmente nei
giardini in questa posizione. A lungo si pensato che questo rapporto fosse
inspiegabile. Fino a quando si scoperto che la pelle di rospo contiene i bufadielonidi,
sostanze chimiche la cui azione come anestetici locali 90 volte pi forte di quella
della cocaina, sintetizzati e isolati pochi anni fa da G. R. Pettit delluniversit
dellArizona, in una ricerca congiunta con luniversit di Miami. Si tratta di strutture
chimiche complicatissime, potentissimi anestetici locali, la cui azione sul cuore
umano simile a quella della digitale.
La conoscenza stregonesca delle essenze naturali era talmente profonda da permettere
alle specialiste limpiego di sostanze pericolosissime, specie su organismi che
dovevano essere in stato di denutrizione quasi cronica, sia in funzione terapeutica che
allucinogena, per aprire le porte della percezione e per entrare in unaltra
dimensione. Per arrivare ad interpretare la volont degli spiriti, oppure magari
soltanto per estraniarsi da una realt fatta di dolore, miseria e fame, si procuravano
uno stato allucinatorio in cui facevano dei veri e propri viaggi nel mondo di l..
E Adam Lonicer che, per primo, descrive scientificamente la Claviceps purpurea,
ovvero la segale cornuta, nel 1582. Ma della cultura medica popolare, soprattutto
femminile, la segale cornuta faceva parte, verosimilmente, da molto tempo. Le sue
propriet erano conosciute e controllate: le levatrici la somministravano per affrettare
le doglie. In antico francese si chiama siegle ivre (segale ubriaca), in tedesco Tollkor ,
grano pazzo. Esisteva una madre della segale, Roggenmutter, raffigurazione
tipicamente sciamanica, associata al lupo della segale e al lupo mannaro (25). Ancora
oggi, in Amazzonia, gli stregoni parlano del principio attivo degli agenti psicotropi
allucinatori come madre (madre dellayahuasca, per esempio, la sostanza
allucinogena usata tra il Per, il Brasile e la Colombia). Lipotesi che la segale
cornuta venisse consapevolmente usata per ottenere stati alterati di coscienza resa
pi plausibile da questa ricchezza di associazioni mitiche.
Con lassunzione dello psicotropo, mentre si cade in catalessi, o ci si addormenta,
esce lanima dal corpo: in altre parole, si entra in uno stato modificato di coscienza,
che, per una cultura sciamanica, caratterizzato dal viaggio, o dal volo. A cavallo di
una scopa, per le streghe alpine; le quali, per, riferiscono (specie nelle confessioni
pi antiche) anche di voli in groppa ad animali come il caprone, o addirittura
trasformazioni in animali. Anche nei territori artici, lanima dello sciamano,
trasformata in lupo, orso, renna, pesce, oppure in groppa da un animale (cavallo o
cammello) che, nel rito, simboleggiato dal tamburo, abbandona il corpo esanime.
Passato un certo tempo, pi o meno lungo, lo sciamano esce dalla catalessi per riferire
agli spettatori del rito che cosa ha visto, che cosa ha imparato, che cosa ha fatto
nellaltro mondo. Olaus Magnus racconta che i maghi lapponi portavano perfino un
anello o un coltello come prova tangibile del viaggio fatto. Stessa storia per le streghe:
che sostenevano di essersi veramente recate al sabba, di aver davvero incontrato la
Signora del Buon Zogo con ogni specie di animali, e di aver ricevuto da lei
conoscenze e consigli sulle erbe terapeutiche. Il diavolo arriva in seguito, prima come
spirito ausiliario, poi come signore degli Inferi: imposto e creato, per, a forza di
torture.
Sui tamburi degli sciamani stata riconosciuta, in molti casi, una mappa del mondo
dei morti. Ma anche i protagonisti del culto estatico documentato in ogni angolo del
continente europeo si consideravano, e venivano considerati, agenti mediatori fra i
vivi e i morti. In entrambi i casi, le cavalcate in groppa agli animali esprimevano
simbolicamente lestasi: la morte temporanea segnata dalluscita, in forma di animale,
dellanima dal corpo.
Altra analogia fra le due civilt riguarda luso e la tipologia delle maschere indossate
durante i riti sciamanici: maschere che presentano tratti molto simili fra loro. Per
esempio, la presenza delle corna, caratteristiche anche della divinit celtica
Cernunnos, dio degli animali, e di diverse rappresentazioni di sciamani preistorici pre
celtici. Lespressione oscena, la lingua fuori: che, se da una parte allude sicuramente
ad una sessualit esasperata, dallaltra sembra voler assaggiare tutto, divorare
luniverso intero. Stessa cosa per gli occhi: sbarrati, senza espressione, spiritati,
iniettati di sangue, spalancati di fronte allincredibile visione del mondo degli spiriti,
che viene da dentro, dal s, suscitata dagli psicotropi, non da oggetti toccabili; aperti
allinterpretazione dellinconoscibile, dellindicibile, dellinsopportabile: lamoralit
della natura (26). Perch il mondo delle creature non n buono n cattivo, , e basta:
il compito dello sciamano (e della strega) consiste nellassicurare la sopravvivenza
della comunit, con ogni mezzo: dal sacrificio propiziatorio di un essere vivente
allinfanticidio dei piccoli che non si possono trasportare durante un trasferimento, o
che la collettivit non pu mantenere.
Tanto vero che uno degli choc culturali che colpisce gli appartenenti ad una civilt
di religione non animista, atei compresi, il vedere come chi crede negli spiriti accetti
naturalmente lidea, e la pratica, della morte. I genitori, davanti ai propri figli morti
di fame, o di malattia, non solo non si ribellano, ma liquidano la perdita con riti
funebri brevi e sbrigativi, mentre esistono cerimonie molto complesse per la dipartita
dei membri importanti e adulti della comunit. Ricordiamo che, anche nelle campagne
appaiono senza significato, in realt esprimono lopinione di chi canta nei riguardi
della persona di cui si parla, o che ha di fronte.
Pare che questi strani suoni vogliano deliberatamente nascondere, secretare, le parole,
che in nessun caso venivano rivelate agli stranieri. Probabilmente, perch in origine
erano formule magiche, che ci trasmettono leco delle pi arcaiche condizioni di vita
della razza umana. In generale, si pu dire che gli yoikos venivano composti per
comunit di ridotte dimensioni, talvolta allinterno di una sola famiglia estesa, in cui
anche una piccolissima allusione, totalmente incomprensibile agli esterni, poteva fa
capire il significato. Col tempo, per mantenersi tra una persecuzione e laltra,
diventarono canti esoterici, segreti: ancora oggi, i loro testi vengono mantenuti
allinterno di una ristretta cerchia di persone. Daltronde, chi canta non sempre
capisce il significato dei nomi e delle parole: semplicemente, li ripete cos come li ha
sentiti cantare dagli anziani; ma in questo modo si sono conservati nel tempo.
In un quadro come questo, la particolare modalit di canto dei Sami rappresenta una
forma estremamente sofisticata di arte musicale, affine alla musica colta. Attraverso
suoni e gorgheggi si manifestano sentimenti: la tecnica deve essere molto raffinata.
Anche perch vengono imitati, ed espressi, i suoni della natura: la voce degli animali,
il rumore dellacqua, ma anche il sole che sorge e che tramonta. Per invocare
laiuto degli spiriti, per parlare con linvisibile.
Lunica cosa che si pu paragonare agli yoikos lapponi sono gli jodlers alpini,
anchessi, in origine, canti magici che non descrivevano ma esprimevano la natura e il
trascendente, imitando spesso la voce degli animali. Persino i due sostantivi sono
acusticamente simili, anche se non posso avanzare supposizioni su una loro possibile
origine comune.
La conoscenza degli animali cos profonda, presso i popoli delle Alpi, da costituire
la loro grande sapienza. Poveri di tecnologia, esplicano tutta la loro esperienza sul
mondo animale, tanto che il canto tipico dellalpeggio, lo jodler, pare fosse, in
origine, un richiamo per animali. Ed era diffuso su un areale molto pi vasto di quello
odierno (per esempio, comprendeva anche la Valtellina e la Val Chiavenna). Fare
musica imitando le voci dei non umani non prerogativa dei popoli pastori: ma
mentre i cacciatori dellantichit producevano rumori con vari mezzi, allo scopo sia di
richiamare che di spaventare gli animali e di ucciderli, i pastori cercavano di
ammansire le bestie, di attirarle e di stringere un legame con loro. La musica era un
aiuto. Se una capra si perdeva fra i dirupi, sentendo il suono del flauto poteva
orientarsi e ritrovare le compagne. Se due armenti si incontravano ad una sorgente e si
mescolavano, i pastori cantavano ognuno il proprio leit motiv e gli animali lo
seguivano. Per questo ripetono sempre, allinfinito, lo stesso motivo, monotono e
familiare. Per chi non abituato queste nenie sono spaventosamente uniformi, proprio
come le praterie di alta quota. Anche se hanno raggiunto un livello tecnico di
esecuzione vocale (il gorgheggio, il canto a tir) molto difficile da imitare, il loro
suono risulta stonato per chi ascolta musica armonizzata, moderna. In questa forma
darte tipicamente alpina, legata, nelle sue origini, agli animali, lesatto contrario
dellarte e delle bellezza secondo la cultura colta, sono ancora una volta le donne ad
eccellere, perch iniziano i cori, danno lacuto, trascinano sempre pi in alto le voci
dei cantori. E si ricordano le canzoni.
In Lapponia, il canto degli sciamani assumeva il carattere di una recita musicata dei
nomi degli spiriti, ma la persecuzione cristiana fece terminare le esibizioni pubbliche.
Gli sciamani furono costretti al silenzio, i nomi magici divennero segreti, e poi,
gradualmente, vennero dimenticati (?!) dalle generazioni successive di Lapponi ri
educati. Le melodie, per, riuscirono a conservarsi, perch costituivano il nutrimento
musicale della gente, che ha sempre fame di cibo spirituale, che soddisfa la mente,
oltre che la pancia. I nomi proibiti degli spiriti furono sostituiti da quelli della gente
comune della vita quotidiana. Il rituale propiziatorio del canto piano piano spar, per
essere rimpiazzato dalle descrizioni di uomini e situazioni normali, che non erano
vietate dalle leggi cristiane. Soltanto in questi ultimi anni, si stanno portando avanti
ricerche pi approfondite, che cercano di collegare gli yoikos con la cultura
sciamanica.
Sessualit, peccato, trance e sabba
Streghe alpine e sciamane artiche assolvono la stessa, importantissima funzione:
curano il disagio mentale, o la malattia fisica, che spesso derivano da una causa
connessa con la sessualit, considerata peccato dalla morale cristiana, senza chiedere
o discutere sulle cause della sofferenza, alleviando i sensi di colpa e fornendo una
spiegazione, o una giustificazione, plausibile allevento. Le ragioni del dolore sono
sempre scaricate sulla malevolenza di uno spirito. Daltronde, le donne delle trib
animiste non dovevano combattere soltanto contro il cristianesimo, che avrebbe
preteso di relegarle ad un puro ruolo riproduttivo, e quindi condannava ogni pratica
contraccettiva e qualsiasi uso non generativo del sesso. I monaci buddisti, che
tentarono di convertire (e di acculturare) i popoli di religione sciamanica della
Mongolia, dellAltai, del nord del Giappone, spesso preceduti da eserciti di potenti
stati centralizzati, come la Cina o il Giappone stesso, ritenevano, tanto quanto i
colleghi cristiani, che la natura congenita della donna fosse quella di commettere
peccato.
Non sposarsi, abortire, abbandonare o ammazzare un bambino, erano tutte azioni che
lavrebbero condannata in eterno e sprofondata nelle tenebre dellinferno. Ma, date le
condizioni di estrema penuria e lambiente avaro da cui dovevano sopravvivere quegli
antichi popoli, contraccezione, aborto e infanticidio erano comunemente praticati.
Inoltre, la concezione animista non divide in maniera netta la vita dalla morte, dato
che luna era considerata la conseguenza dellaltra; e, in caso di bisogno, la
soppressione degli elementi deboli, o inutili, o semplicemente labbandono degli
individui di troppo, non erano considerati degli atti gravi ma delle conseguenze dettate
dalla necessit. Il potere centrale, invece, sanzionava duramente ci che normalmente
si faceva: ma la religione istituzionale era organizzata e centrata attorno agli interessi
degli uomini, non delle donne.
Streghe e sciamane offrono conforto, sollievo, e redenzione alle persone che patiscono
sofferenze insopportabili. Litako, la sciamana cieca degli Ainu giapponesi, chiama
gli spiriti dei bambini morti. Le madri possono risentire le voci dei figli scomparsi, e,
di solito, le anime dei bimbi non le rimproverano, ma le consolano con parole gentili,
le salutano con affetto. In lacrime, le donne chiedono il loro perdono: e la sciamana
alleggerisce le pene psicologiche e solleva dai rimorsi le donne colpevolizzate per la
loro sessualit (30).
Streghe e sciamene sono forzatamente e inscindibilmente legate al sesso. Le streghe
raccontavano di essere state amanti del demonio. Ma anche gli sciamani buriati
intrattengono relazioni strettissime con i loro spiriti guida, tanto intime da arrivare
perfino al rapporto sessuale. Daltronde, lintera seduta sciamanica consiste nel
suonare il tamburo ad una velocit sempre pi intensa, fino a raggiungere la trance,
con movimenti simbolici che mimano latto sessuale (31), considerato lazione
fondante della continuit demografica della comunit.
la mamma lavava via lacqua santa con la sacra cenere del focolare, dedicata alla dea
del fuoco, e lo ribattezzava con un nome sami.
Per secoli, gli uomini del Nord hanno dovuto far vedere, allesterno, fuori di casa, nei
gruppi dei pari durante le occasioni pubbliche, in cui erano presenti anche
rappresentanti dellautorit costituita, che avevano abbracciato la nuova fede. Di
sicuro, qualcuno di loro si sar pure convinto. Viceversa, laltra met del cielo era
sottoposta a meno pressioni, perch non conduceva una vita di pubblica
rappresentanza: cos ha potuto continuare ad officiare i riti arcaici, nella noncurante
ignoranza del potere. Ancora una volta, le donne custodi della memoria. Ancora una
volta, due comunit distinte per genere, in cui alcune cose della vita sono se non
precluse agli uomini, quanto meno affare di donne, da gestire in maniera matriarcale e
matrilineare: allinterno del clan della madre.
Passando dal passato al presente, si possono delineare alcune caratteristiche nella vita
delle donne sami di oggi, che fanno riconoscere leredit culturale di una civilt che
assegnava (e assegna tuttora) alle signore un ruolo molto importante, e lascia loro una
grande libert di movimento.
Il primo figlio, e talvolta anche i primi due, spesso nascono fuori dal matrimonio: ma
non sono la conseguenza di sviste adolescenziali: contraccezione e aborto erano e
sono largamente usati in questi casi; in passato, si praticava anche linfanticidio. I
bambini nati fuori dal matrimonio non si possono neanche considerare prove di
fertilit: semplicemente, sono desiderati e vengono reincorporati allinterno della
famiglia estesa (della madre). Sono benvenuti sia per i parenti paterni sia per quelli
materni, ma la nonna materna che, normalmente, si occupa del bimbo.
In effetti, non esiste contraddizione fra famiglia estesa e libert personale: il
corteggiamento informale uno dei modi in cui si passa il tempo durante la giovent
prolungata, anche in presenza di figli di altri partners. In una societ matriarcale, o di
ascendenza matriarcale, in cui tutto quanto connesso ai figli affare di donne e della
discendenza matrilineare, non ha senso sposarsi per uscire di casa (e vivere finalmente
a modo proprio). Anzi: la costituzione di un nucleo familiare indipendente, e le spese
che ne conseguono, sono considerate quanto meno frivole per una coppia sola, e
perfino in presenza di uno o due figli: ecco perch spesso le donne fra i 20 e i 30 anni
fanno uno o due bambini. Li curer la nonna, e, in subordine, lintero clan della
madre. Nel frattempo, la neo mamma pu lavorare e viaggiare senza difficolt: ancora
una volta, lo spostamento alla base di questo sistema di vita. Poi, quando avr
raggranellato i soldi necessari per una casa propria (di solito, dopo i 30 anni di et)
uscir dalla famiglia dei genitori, con un uomo (non necessariamente il padre dei figli)
o da sola. Ma manterr rapporti strettissimi con la famiglia di origine: perch la
visione della famiglia fra i sami non nucleare, isolata dal contesto, ma clanica,
inserita nei rapporti di vicinato, amicizia, solidariet e parentela, ben pi della madre
che del padre.
Allinterno delle comunit sami, gli uomini si muovono principalmente con le
motoslitte, mezzi con cui raggiungono i siti di pascolo delle renne. Le donne, invece,
hanno la macchina: ovvero, godono di una notevole libert di movimento. Sono loro
che si occupano delle pubbliche relazioni del clan: con i potenziali ospiti-partners, con
i commercianti, con gli amici, con i parenti, con i proprietari della fattorie con cui
scambiano beni e con cui litigano peri danni prodotti dalle renne che scorrazzano nei
campi devastandoli o cibandosi dei germogli, con i centri commerciali, con i turisti.
Sono i diplomatici, gli agenti di commercio, le guardie di confine (territoriali ma
anche culturali), che dominano i meccanismi di distribuzione dei beni e dirigono le
attivit di consumo allinterno della famiglia cos come nei confronti del mondo
esterno.
Statisticamente, hanno un livello di istruzione pi alto dei loro compagni, spesso
parlano due o tre lingue. Ci rende pi agevole il lavoro di comunicazione e di
estensione della rete di relazioni, amicali ma anche lavorative e politiche, che le
signore svolgono senza sosta, stando fuori talvolta diversi giorni di seguito. La
necessit di consolidare i rapporti d loro la scusa per passare gran parte del tempo in
macchina, per andare a trovare questo e quello. I figli sono con la nonna e, quando
diventano pi grandicelli, vengono portati portano dietro perch fanno compagnia, e
intanto imparano qualcosa. Se i propri non sono cresciuti a sufficienza, si prendono
a prestito da una sorella, o da unamica. Viaggiare con un bambino significa anche
evitare, o almeno ridurre, la possibilit di proposte indesiderate da parte maschile.
Mantenere un network amicale sufficientemente esteso (ed introdurvi i ragazzi fin da
giovani) assolve anche unaltra importantissima funzione: rinsaldare le relazioni fra
generazioni, ribadire lidentit culturale. Scegliendo oculatamente come amici
personali individui che hanno figli della stessa et dei propri, abituandoli a
frequentarsi fin da piccoli, vuol dire anche aprire dei canali preferenziali ai possibili
matrimoni, che si realizzano cos allinterno della comunit (e della cultura di
appartenenza), senza forzature apparenti. In questo modo, usando metodi moderni
(impiegati anche da altre comunit. Per esempio, dagli ebrei, in cui le famiglie si
scambiano i bambini per mesi, per fargli imparare le lingue) si realizza un antico
scopo: conservare i beni, materiali, come le renne, ma anche immateriali, come le
tradizioni, per mezzo dello scambio matrimoniale fra famiglie amiche, in cui ognuno
conosce i difetti degli altri e ci si sopporta in nome del bene comune, passando sopra
alle cose meno importanti.
Nelle famiglie di allevatori di renne, anche le bambine ricevono in regalo animali vivi.
Ancora oggi, un Sami, maschio o femmina che sia, se viene da una famiglia di
allevatori, non si muove senza il suo coltello appeso alla cintura.
Le case, cos come le tende, in cui vive una donna adulta sono considerate sua
propriet: luomo non ci deve mettere il becco. Le uniche residenze che possono
essere possedute da un maschio sono quelle occupate esclusivamente durante i periodi
in cui le renne pascolano lontano da casa e dalla famiglia, e non c nessuna matriarca
nei paraggi. Lartigianato, e leconomia monetaria, in gran parte in mano alle donne:
gli uomini fanno i lavori pi pesanti con le renne, anche se le signore partecipano
comunque alla selezione degli animali da macellare, alla distribuzione della carne,
delle carcasse e dei guadagni conseguenti. Ma sono le donne che gestiscono la rete
complessa di relazioni sociale ed economiche che collegano le comunit al mondo
esterno: scambi commerciali, flussi di energia, informazioni. Sono loro che scoprono,
scelgono, o scartano i beni che in vario modo offre il mercato.
Malgrado la mobilit a largo raggio, sono le donne che rafforzano lidentit etnica:
indossano e cuciono continuamente gli abiti tradizionali, per s e per lintera famiglia,
e cercano di riservare il privilegio di portarli ai membri delle sole comunit sami.
Ancora una volta, sono loro i custodi della memoria.
Ecosciamanesimo?
Non saprai niente. Sei troppo giovane, e troppo stupido, per qualcosa di tanto
importante!
Note
1. Pierre de Lancre, Tableau de linconstance des mauvais anges et dmons, Parigi
1613, p.253 e segg., cit. in Carlo Ginzburg, Storia notturna, Einaudi, Torino,
1989, p. 115
2. Erodoto, Storie, IV libro
3. Eugenio Turri, Gli uomini delle tende, Edizioni di Comunit, Milano, 1983, p. 910, 48
4. Gaetano Forni, Gli albori dellagricoltura, Ramo editoriale degli agricoltori,
Roma, 1990, p.123
5. Vronique Schiltz,. Gli Sciti dalla Siberia al Mar Nero, Universale
Electa/Gallimard, 1995, p.101, 128-130
6. Gaetano Forni, Gli albori cit., p. 38, 43, 126, 128, 131, 140-141
7. Michela Zucca, I draghi delle Alpi, in AA.VV., a cura di Michela Zucca,
Frammenti di cultura alpina ( r ) esistere in quota, report n 18, Centro di
ecologia alpina, Trento, 199, p. 109-111
8. Giacomo Doglio, Gerardo Unia, Abitare le Alpi, Cuneo, L'Arciere, 1980, p.53 e
segg; e Arnolf Niederer, Economia e forme tradizionali di vita nelle Alpi, in
Storia e civilt delle Alpi, a cura di Paul Guichonnet, vol II, Milano, Jaca Book,
1987, p. 74-75.
9. Detto pronunciato il giorno dei Morti dai bambini ancora oggi a Roana (Vr), fra le
comunit cimbre, che testimonia le antichissime credenze ancora vive nella Madre
Terra. Tratto da: Bruno Shweizer, Le credenze dei Cimbri sulle forze della
natura, Taucias Gareida, Giazza, Verona, i984, cit. in Oltre Rivista di cultura
integrata per la sostenibilit ambientale, n 5, marzo 2001, Italia Crea, Milano,
p. 32.
10. Kira van Deusen, The Flying Tiger: Women Shamans and Storytellers of the
Amur, Mc Gill-Queens University Press, Montreal, Canada, 2001; Takashi
Irimoto, Ainu Shamanism, in AA.VV., a cura di Takako Yamada e Takashi
Irimoto, Circumpolar Animism and Shamanism, Hokkaido University Press,
Sapporo, Giappone, 1997, p. 31, 42; Bo Lundmark, Rijukuo-Maia and SilboGammoe: toward the Question of Female Shamanism in the Saami Area, in
AA.VV., a cura di Tore Ahlback, Sami Religion, Almqvist & Wiksell
International, Stoccolma, Svezia, 1987, p. 158-169
11. AA.VV., a cura di Tore Ahlabck, Sami Religion cit.
12. Takako Yamada, The Concept of Universe and Spiritula Beings Among
Contemporary Yakut Shamans, in AA.VV., a cura di Takako Yamada e Takashi
Irimoto, Circumpolar Animism cit., p. 218
13. Olog Petersson, Sami Ideas about the realm of the Dead, in AA.VV., Sami
Religion cit., p. 72
14. Nacunbuhe, Stone Worhip in Mongolian Shamanism, in AA.VV., a cura di
Takako Yamada e Takashi Irimoto, Circumpolar Animism cit., p.255-259
15. Ornuly Vorren, Sacrificial Sites, Types and Function, in AA.VV., a cura di Tore
Ahlabck, Sami Religion cit., p. 94-109; AA.VV., a cura di Louise Backman e Ake
Hultkrantz, Saami Pre-Christian Religion, Stockholm Studies in Comparative
Religion n25, Almqvist & Wiksell International, Stoccolma, Svezia,1985
16. Michela Zucca, Chi salvatico si salva: luomo selvatico sulle Alpi, in AA.VV.,
a cura di Michela Zucca, La civilt alpina R esistere in quota, IV Vol.,
Limmaginario, Centro di ecologia alpina, Trento, 1998
17. Odd Mathis Haetta, The Ancient Religion and Folk Beliefs of the Sami,
Fagttrikk Alta as, Alta Museum, 1994, p. 15
18. Libro su uomo selvatico a Madruzzo
19. Takashi Irimoto, Ainu Shamanism, in AA.VV., a cura di Takako Yamada e
Takashi Irimoto, Circumpolar Animism cit., Hokkaido University Press, Sapporo,
Giappone, 1997, p. 26-27
20. Erodoto, Storie cit.
21. Chiara Silvia Antonini, Religione e mitologia nellarte degli sciti-siberiani, in
AA.VV., Siberia, Electa, Milano, 2001, p. 64
22. Carlo Ginzburg, Storia cit., p. 286
23. Questa, ed altre ricette della pomata delle streghe, sono riportate da Martha
Canestrini, Orti in Tirolo e in Trentino, supplemento al n 21 di Arunda, Silandro
(Bz), p. 97. Ed ecco la Ricettta di Gerolamo Cardano, trattadal De Subtilitate, del
1547: Si prenda un grano di loglio, giusquiamo, cicuta, papavero rosso e nero,
lattuga e portoloca in quattro parti uguali, e si prepari l'unzione a regola d'arte.
Per ogni oncia del miscuglio aggiungere uno scrupolo di oppio tebano
24. Ann Fienup-Riordan, The Human Hand in Yupik Eskimo Iconography and
Oral Tradition, in AA.VV., a cura di Takako Yamada e Takashi Irimoto,
Circumpolar Animism cit., p. 180
25. Carlo Ginzburg, Storia cit., p. 284-287.
26. Joan Halifax, Shaman: the Wounded Healer, Thames and Hudson, Londra, 1982,
p. 32 e 82
27. Kalevala, runo III, Mondadori, Milano, 1988, p. 58
28. C Sachs, Storia degli strumenti musicali, Mondadori, Milano 1980, p. 388
29. Gregorio Bardini, Musica e sciamanesimo in Eurasia, Societ editrice
Barbarossa, Milano, 1996, p. 12-13, 19
30. Takefusa Susamori, Healing Arts of the Itako, in AA.VV., a cura di Takako
Yamada e Takashi Irimoto, Circumpolar Animism cit., p. 45, 53
31. Mihaly Hoppal,
Animistic Mythology and Helping Spirits in Siberian
Shamanism, in AA.VV., a cura di Takako Yamada e Takashi Irimoto,
Circumpolar Animism cit., p. 201
32. Juha Pentikainen, Shamanism and Culture, Etnika Co, Tampere, Finlandia,
Gummerus Printing, 1998, p. 53-56
33. Rolf Kjellstrom, Continuity of Old Sami Religion, in AA.VV., a cura di Tore
Ahlabck, Sami Religion cit., p. 24-33.
34. Juha Pentikainen, Toimi Jaatinen, Idik Lehtinen, Marjo-Ritta Saloniemi,
Shamans, Tampere Museum Publications n 45, Tampere, Finlandia, p. 22, 26,
42, 44