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Antonio DAmore

Sergio Degli Innocenti

APPUNTI DI ELETTRONICA
Dispositivi e circuiti lineari

INDICE
Capitolo I - Concetti base sui segnali elettrici
1.1) Introduzione
1.2) Segnali e informazione
1.3) Elaborazione del segnale
1.4) Le applicazioni di potenza

1
3
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Capitolo II - I sistemi lineari


2.1) Studio dei sistemi nel dominio del tempo
2.2) I modi
2.2.1 - Modi aperiodici
2.2.2 - Modi pseudoperiodici
2.3) Risposta libera e risposta forzata
2.3.1 - Risposta libera
2.3.2 - Risposta forzata
2.4) Regimi canonici
2.4.1 - Regime impulsivo
2.4.2 - Regime indiciale
2.4.3 - Relazioni tra risposta impulsiva e modi
2.5) Integrale e trasformata di Fourier
2.6) La Trasformata di Laplace
2.7) Studio di un sistema nel dominio della variabile s.

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21
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24
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2.9) Esempi di diagrammi di Bode

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Capitolo III - Dispositivi passivi


3.1) Generalit
3.2) Resistori
3.3) Condensatori
3.4) Induttori
3.5) Area di funzionamento sicuro (SOA)

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55
58

Capitolo IV - I semiconduttori
4.1) La conduzione nei solidi
4.2) Il modello a bande denergia
4.3) I semiconduttori drogati o estrinseci
4.4) Conduzione e diffusione
4.5) Effetto Hall

61
63
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74

Capitolo V - I diodi
5.1) La giunzione p-n
Polarizzazione inversa
Polarizzazione diretta
5.2) I diodi
5.3) Gli impieghi circuitali dei diodi.
a) Modelli dei diodi
b) Il circuito OR
c) Il circuito tosatore
d) Circuiti raddrizzatori a singola semionda
5.4) La retta di carico
5.5) Modelli di dispositivi non lineari
5.6) I diodi Zener
5.7) Il diodo tunnel.

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82
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95
95
100
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Capitolo VI - I dispositivi elettronici attivi. Transistori ad effetto


di campo
6.1) Generalit
6.1.1 - Panoramica storica: i tubi a vuoto.
6.2) Il transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET)
6.3) Il transistore MOS
6.3.1 - MOS ad arricchimento
6.3.2 - MOS a svuotamento
6.3.3 - Simboli dei MOS
6.4) Circuito equivalente di JFET e MOS

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146
146
151
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Capitolo VII - Il transistore bipolare a giunzione


7.1) Il transistore a giunzione (BJT)
1) Zona attiva
2) Zona di saturazione
3) Zona di interdizione
7.1.1 - Cenni costruttivi
7.2) I modelli dei transistori bipolari a giunzione ed i circuiti di
amplificazione
7.3) Modelli per ampio segnale.
7.3.1 - Variazioni con la temperatura
7.4) Modelli per piccoli segnali

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167
167
167
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173
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Capitolo VIII - I transistori BJT. La polarizzazione


8.1) I circuiti di polarizzazione
8.2) Stabilit della corrente di collettore
8.3) La polarizzazione a specchio di corrente.

II

184
196
202

Capitolo IX - I transitori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


9.1) Calcolo dellamplificazione di uno stadio elementare
9.2) Linseguitore di emettitore
9.3) Lamplificatore a base comune
9.4) Impedenza di ingresso e di uscita degli amplificatori
9.5) Campo dimpiego
Tensione massima di collettore
Corrente massima di collettore
Massima potenza dissipabile
9.6) Considerazioni conclusive

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219
220
220
221

Capitolo X - I transitori BJT. Comportamento in frequenza


10.1) La risposta in frequenza
10.2) Risposta in frequenza dellamplificatore invertente
10.1.1 - Il guadagno di corrente in cortocircuito dellamplificatore
invertente
Esempio
10.1.2 - Il guadagno di tensione a bassa frequenza
10.1.3 - Il guadagno di tensione in alta frequenza dellamplificatore
invertente
10.3) Risposta in frequenza dellinseguitore di emettitore

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228
228
231
318
234
235

Capitolo XI - Gli amplificatori a FET


11.1) La polarizzazione nei FET
11.1.2 - Circuito di polarizzazione dei FET a quattro resistenze
11.2) Gli stadi amplificatori elementari
11.3) Comportamento alle alte frequenze degli amplificatori a FET

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249
252
257

Capitolo XII - Gli amplificatori pluristadio


12.1) Gli amplificatori
12.1.1- Amplificatore di tensione
12.1.2 - Amplificatore di transconduttanza
12.1.3 - Amplificatore di corrente
12.1.4 - Amplificatore di transresistenza
12.2) Caratteristiche di un amplificatore reale
12.3) La controreazione

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265
265
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Capitolo XIII - Lamplificatore operazionale


13.1) L'amplificatore operazionale
13.2) Configurazioni base dell'amplificatore operazionale
a) Amplificatore non invertente
b) Linseguitore di tensione (Voltage follower)

III

280
281
281
288

c) Lamplificatore di transresistenza
d) Lamplificatore invertente
e) Lamplificatore di transconduttanza
f) Lamplificatore di corrente
13.3) Il sommatore analogico
13.4) Lamplificatore differenziale
13.5) Amplificatori non lineari

290
291
299
301
302
303
305

Capitolo XIV - Lamplificatore operazionale reale


14.1) Considerazioni introduttive
14.2) Guadagno differenziale e guadagno di modo comune
14.3) Tensioni e correnti di offset e derive
14.4) Circuito equivalente dellamplificatore operazionale reale
14.5) Risposta in frequenza e stabilita

308
308
312
313
319

Capitolo XV - La stabilita dei sistemi controreazionati. Gli


oscillatori

15.1) La stabilita degli amplificatori controreazionati


15.2) Gli oscillatori sinusoidali
15.3) Oscillatori di bassa frequenza
15.4) Gli oscillatori a quarzo

329
335
338
340

Capitolo XVI - Alimentatori e convertitori


16.1) Gli alimentatori
16.1.1) I rettificatori
16.1.2) I moltiplicatori di tensione
16.1.3) Il filtro
16.2) Gli alimentatori stabilizzati
16.3) Alimentatori stabilizzati a commutazione
16.3) Convertitori in corrente continua accoppiati a trasformatore

343
343
349
350
353
356
362

Capitolo XVII - Amplificatori per ampi segnali


17.1) Gli amplificatori per ampi segnali
a) Rendimento degli amplificatori in classe A
b) Amplificatori in controfase in classe B e AB
17.2) Cenni sul progetto termico di un circuito

365
370
371
375

APPENDICE A: I quadripoli
a.1) Quadripoli e generatori comandati
a.2) Matrici rappresentative di un quadripolo
a.3) Connessioni parallelo, serie, cascata
IV

379
381
382

Capitolo 1
CONCETTI BASE SUI SEGNALI ELETTRICI
1.1) Introduzione
Lelettronica quella disciplina che si occupa dei dispositivi e dei circuiti utilizzati per
lelaborazione dei segnali elettrici.
Per la precisione, poich i segnali si possono presentare in due forme diverse, analogica
e digitale, si dovrebbe parlare di unelettronica per applicazioni analogiche e di una per
applicazioni digitali, cui si aggiunge quella detta elettronica di potenza, quando, oltre ad
elaborare uninformazione, il sistema elettronico deve anche gestire un livello di potenza non
trascurabile in modo da pilotare adeguatamente un carico. Esempi di questultimo tipo di
applicazione sono lalimentazione controllata di un motore elettrico o la sonorizzazione di
ambienti nella quale il livello di potenza necessario sempre abbastanza consistente.
Un segnale si dice di tipo analogico quando la grandezza che lo rappresenta varia nel
tempo in modo continuo; quando cio rappresentabile da una funzione continua S S( t )
(Fig. 1.1).
S

segnale analogico

figura 1.1

Il segnale cio, allinterno di un determinato intervallo, detto dinamica del segnale, pu


assumere infiniti valori.
Si parla invece di segnale digitale quando ci si trova in presenza di una grandezza in
grado di assumere solo due valori, indicati rispettivamente con h (high) e l (low) (Figura 1.2)
Il grande vantaggio di un segnale digitale rispetto ad uno analogico risiede nel fatto che
mentre in un segnale analogico un rumore indesiderato altera linformazione in modo
irreparabile, indipendentemente dallampiezza del rumore, in un segnale digitale il rumore,
purch non superi un determinato livello, che anche quantitativamente si intuisce essere pari a
h l /2 , non rende inutilizzabile linformazione, permettendo sempre di riconoscere il
livello alto da quello basso.

Concetti base sui segnali elettrici


Capitolo 1

S
segnale digitale
h

l
t
figura 1.2

Per poter usare le tecniche digitali tuttavia necessario eseguire una conversione del
segnale analogico in forma digitale, mediante le operazioni di campionamento e
quantizzazione.
Con campionamento si intende loperazione mediante la quale ad intervalli periodici si
preleva il valore istantaneo del segnale. Si capisce pertanto che un segnale digitalizzato un
segnale discretizzato nel tempo.
La quantizzazione consiste poi nel suddividere la dinamica del segnale in un certo
numero di intervalli, tanto maggiore quanto maggiore la precisione che si vuole ottenere. A
questi intervalli viene poi associato un numero via via crescente e tutti i segnali che cadono
nello stesso intervallo vengono associati a tale numero (Figura 1.3).

3/2 p
p/2

0
-1

t
- p/2

- 3/2 p

figura 1.3

Lampiezza dellintervallo, indicata con p, prende il nome di passo di quantizzazione,


ed ovvio che loperazione descritta introduce un errore nel segnale risultante, di
distribuzione probabilistica uniforme e di valore massimo pari a p/2.

Concetti base sui segnali elettrici


Capitolo 1
Il numero risultante, che in sostanza altro non che una misura approssimata del
segnale s(t) in ben determinati istanti di tempo, pu poi venire espresso in numerazione
binaria e ciascun bit pu venire rappresentato con un segnale digitale del tipo descritto poco
pi sopra.
Ci si rende conto allora che un sistema digitale, nella maggior parte dei casi, elabora
uninformazione numerica che rappresenta un segnale analogico discretizzato nel tempo e
nellampiezza.
Esiste un capitolo dellelettronica che sta a cavallo tra i due mondi e che prende in
considerazione i sistemi in cui i due tipi di segnali, analogico e digitale, convivono; quello
dei dispositivi di conversione (campionamento e quantizzazione) da analogico a digitale
(A/D) e ovviamente dei dispositivi di conversione inversa da digitale ad analogico (D/A).
1.2) Segnali e informazione
Ogni segnale, qualsiasi sia il suo tipo, viene utilizzato per trasmettere informazione.
ovvio tuttavia che linformazione associata alla variazione del segnale, in quanto una
grandezza costante nel tempo non possiede alcun contenuto informativo.
Per apprezzare le variazioni di un segnale daltra parte necessario paragonarlo ad un
riferimento, che viene appunto detto livello di riferimento.
In alcuni casi il livello di riferimento importante per la completezza dellinformazione,
mentre in altri non lo .
Ad esempio un segnale acustico (variazione della pressione dellaria p attorno al valore
medio della pressione ambiente pm) trasmette uninformazione che legata alla pressione
ambientale, in quanto lorecchio non in grado lorecchio non in grado di rilevare questo
dato.
Il valore della nota percepita dipende solo dal periodo T mentre la sua intensit
determinata dallampiezza picco-picco A. Il valor medio della pressione ambientale non ha
alcuna importanza e non si ha alcuna perdita di informazione se la sinusoide della figura 1.4
venisse riferita ad un valore pi alto o pi basso.
Lorecchio infatti, come si accennato, non in grado di avvertire variazioni di
pressione al di sotto di una certa frequenza e quindi nemmeno quantit costanti quali il valor
medio della pressione ambiente. Un suono di periodo T e ampiezza A viene percepito allo
stesso modo a livello del mare e in alta montagna. Se quindi si volesse trasmettere
linformazione acustica sotto forma di segnale elettrico ottenuto da un opportuno trasduttore
sensibile alla pressione, sufficiente trasmettere la sola variazione, in quanto il livello di
riferimento non ha alcuna importanza.
Si consideri invece il caso in cui si voglia trasmettere linformazione della temperatura
presente in un ambiente. Un trasduttore che permette di convertire una temperatura in un
segnale elettrico , ad esempio, un filo di platino la cui resistenza varia con la temperatura. Se
allora questa resistenza viene alimentata con un generatore a tensione costante, la corrente che
la percorre sar funzione unicamente della temperatura.
Per conoscere la temperatura non sufficiente conoscere le variazioni della corrente nel
tempo, ma necessario conoscere anche il valore di corrente associato ad una temperatura ben
precisa. La misura cio acquista significato solamente quando il riferimento sia fissato.
ovvio che il riferimento potrebbe essere lo zero della scala Celsius, o lo zero assoluto (Kelvin)
o qualsiasi altra temperatura, ma esso devessere conosciuto.
3

Concetti base sui segnali elettrici


Capitolo 1

livello di

riferimento

T
figura 1.4

La possibilit di utilizzare riferimenti diversi, anche quando il riferimento


indispensabile alla completezza dellinformazione, pu essere sfruttata nei circuiti elettronici
in modo da far funzionare i dispositivi elettronici al meglio delle loro possibilit.
La maggior parte dei dispositivi elettronici infatti si comporta bene solamente in una
porzione relativamente modesta delle loro caratteristiche. Esiste cio per ciascun dispositivo
una dinamica massima entro la quale il suo comportamento si pu ritenere accettabile.
opportuno allora che il segnale da trattare sia spostato di livello in modo che la sua
dinamica cada allinterno della dinamica del dispositivo. Tuttavia in tal modo il dispositivo
elabora le variazioni del segnale rispetto ad un riferimento arbitrario e se il riferimento
necessario alla completezza dellinformazione sar necessario conoscere lo spostamento cui
stato sottoposto il segnale, in modo da poter ricostruire linformazione completa.
1.3) Elaborazione del segnale
A seconda che il segnale con cui si ha a che fare sia di tipo digitale o analogico, le
operazioni che su di esso vengono eseguite sono di tipo diverso.
Si gi detto che un segnale digitale un segnale che pu assumere solamente due
valori (h e l). Risulta pertanto abbastanza naturale considerare tale segnale come una
grandezza booleana ed operare su di esso con gli operatori tipici dellalgebra booleana, di cui
un insieme completo rappresentato dai tre operatori AND, OR e NOT (detti anche prodotto
logico, somma logica e negazione).
Di tali operatori verr data una definizione formale in altra sede. sufficiente in questo
momento dire che tramite questi tre operatori, che proprio per questo motivo formano un
insieme completo, si pu condurre su un segnale digitale qualsiasi elaborazione, per quanto
complessa essa sia.
tuttavia opportuno far notare che esistono due modi per associare i livelli h e l alle
costanti logiche 1 e 0. La prima in cui al livello h corrisponde la costante logica 1 e al livello l

Concetti base sui segnali elettrici


Capitolo 1
la costante logica 0 prende il nome di logica positiva. La seconda in cui ad h corrisponde lo 0
ed a l 1, viene chiamata logica negativa.
Nel caso di segnali analogici lelaborazione fondamentale prende il nome di
amplificazione. In tal caso, a partire da un segnale dingresso I si ottiene un segnale di uscita
U ad esso legato da un opportuno legame funzionale
U

f I

Un sistema che realizza tale operazione viene detto amplificatore e pu venire


schematizzato come illustrato in figura 1.5

Z eq

Vi

Ve

Iu

Ii
AMPLIFICATORE

ZL

Vu

Figura 1.5

Un generatore di segnale, rappresentabile attraverso il suo modello equivalente secondo


Thevenin con un generatore Ve e un impedenza Zeq, fornisce la grandezza di ingresso (Vi e Ii)
allamplificatore, che dopo averla elaborata, rende disponibile la grandezza di uscita e la
applica al carico rappresentato con limpedenza ZL. Lamplificatore realizza il legame
funzionale tra le grandezze di ingresso (Vi e Ii) e quelle di uscita (Vu e Iu).
A seconda di quali sono le grandezze di interesse si possono avere quattro tipi di
amplificatore:

Amplificatore

Ingresso

Uscita

di tensione

Vi

Vu

di corrente

Ii

Iu

di transresistenza

Ii

Vu

di transconduttanza

Vi

Iu

Le ragioni di questa classificazione appariranno pi chiare nel seguito.


5

Concetti base sui segnali elettrici


Capitolo 1
Quando il legame tra uscita ed ingresso lineare si parla di amplificatore lineare che
realizza il pi comune caso di amplificazione.
Il caso pi semplice si ha quando luscita proporzionale allingresso U k.I (Figura
1.6).

figura 1.6

Non questa tuttavia la sola forma funzionale che d luogo ad unamplificazione


lineare. Si ha sempre un amplificatore lineare anche nel caso in cui U k. I cos t (Figura
1.7)

figura 1.7

In questo caso il circuito amplificatore opera anche uno spostamento del livello di
riferimento del segnale di uscita rispetto a quello di ingresso.

Concetti base sui segnali elettrici


Capitolo 1
Tuttavia per realizzare un legame lineare tra ingresso e uscita non affatto necessario,
come negli esempi precedenti che luscita sia funzione solamente del valore istantaneo
dellingresso, ma essa pu essere anche funzione del tempo, cio della storia passata
dellingresso. Un esempio tipico si ha con lintegratore in cui
U

k. I t .dt

o con il derivatore in cui


U

k.

dI t
dt

in quanto integrale e derivata sono, come noto, operatori lineari. Poich poi per un operatore
lineare vale il principio di sovrapposizione degli effetti, un amplificatore lineare anche un
amplificatore dotato di n ingressi I1, I2, ............ In in cui luscita sia la combinazione lineare
degli ingressi, cio quello in cui luscita possa essere considerata come somma delle diverse
uscite che si ottengono in corrispondenza alle singole cause I1, I2, ... In applicate una alla volta
n

i 1

a iIi

Si parla in tal caso di sommatore analogico


In definitiva si potr parlare di amplificatore lineare tutte le volte che il legame ingresso
uscita espresso da una relazione del tipo:
n
i 0

ai

di U
dt i

m
i 0

bi

diI
dt i

Esistono ovviamente anche amplificatori non lineari. Un esempio tipico quello del
moltiplicatore analogico, utilizzato nella realizzazione dei modulatori, in cui luscita
proporzionale al prodotto dei segnali di ingresso, in cui cio:
U

k. I1 . I 2

o ancora lamplificatore in cui


U

k.

I1
I2

Nella categoria degli amplificatori non lineari notevole diffusione trovano gli
amplificatori logaritmici in cui
U

k. log I

Concetti base sui segnali elettrici


Capitolo 1
e gli antilogartmici che compiono loperazione inversa.
1.4) Le applicazioni di potenza
Come si gi accennato, lelettronica viene utilizzata non solo per compiere
elaborazioni sul contenuto informativo di un segnale, ma anche nel campo dellelaborazione
dellenergia.
Si parla allora di elettronica di potenza, che opera nellambito delle trasformazioni e
delle conversioni energetiche. Quale esempio si pu citare la trasformazione dellenergia
elettrica dalla forma alternata, con cui viene distribuita dalle societ produttrici, alla forma
continua con cui vengono in pratica alimentati tutti gli apparati elettronici destinati
allelaborazione dei segnali. ovvio che anche la trasformazione opposta rientra nelle
applicazioni elettriche di potenza.
Quale altro esempio si pu citare il caso in cui sia necessario controllare degli attuatori,
convertendo lenergia elettrica in energia meccanica o termica. Questo problema si presenta
molto frequentemente nel campo del controllo dei processi, nel controllo di macchine utensili,
ed in generale in tutto quel settore che va sotto il nome di automazione industriale.
Da questi semplici esempi si evince che il problema non si riduce in questi casi alla
semplice elaborazione di uninformazione, ma nelloperazione coinvolta una potenza pi o
meno rilevante che deve venir adeguatamente modulata per ottenere i voluti effetti.
bene rilevare che spesso, come nel caso della generazione e della distribuzione
dellenergia elettrica, necessario controllare potenze notevolissime.
In conclusione quindi lelettronica trova impiego nei settori pi disparati. Una
classificazione, che non ha alcuna pretesa di completezza, ma che si limita a cogliere i campi
di impiego pi immediatamente evidenti, permette di citare i seguenti settori:
1) Telecomunicazioni con trasmissione a distanza di informazioni. Tale trasmissione
pu essere effettuata sia per via irradiata, che con tecniche telefoniche in cui lelettronica
viene utilizzata sia per lelaborazione di un segnale fonico, sia per gestire la comunicazione in
modo da stabilire un collegamento tra due o pi utenti. Sempre nel campo delle
telecomunicazioni rientrano le applicazioni di radionavigazione e la telematica.
2) Informatica. Lenorme sviluppo di questo settore rende pressoch impossibile fornire
un elenco, sia pur parziale, di applicazioni, esistenti o in fieri. Si pu tuttavia affermare che
lelaborazione dei segnali in tale settore esclusivamente di tipo digitale.
3) Controlli. Tale termine va inteso nel senso pi estensivo possibile includendo in esso
sia le applicazioni di tipo industriale, che quelle di tipo diverso, tra le quali, a titolo di
esempio, si pu citare il controllo di veicoli (controllo di assetto, di motori, delle funzioni
dinamiche) o il controllo ambientale (climatizzazione).
4) Consumer nel quale rientrano ad esempio tutte le apparecchiature elettroniche, i
giochi elettronici, la gestione dellinformazione, ecc.

I sistemi lineari
Capitolo I1

Capitolo 2
SISTEMI LINEARI

2.1) Studio dei sistemi nel dominio del tempo


La relazione che lega ingresso e uscita in un sistema fisico di solito espressa tramite
unequazione differenziale.
Limitandosi per semplicit a sistemi lineari stazionari, cio a quelli per i quali vale il
principio di sovrapposizione degli effetti e la propriet di spostamento nel tempo degli effetti
con la causa, lequazione differenziale unequazione differenziale lineare a coefficienti
costanti:
n
i 0

ai .

diy
dt i

m
i 0

bi .

dix
dt i

[2.1]

avendo indicato con x = x(t) e y = y(t) rispettivamente ingresso e uscita del sistema.
Lequazione introdotta non tiene conto di eventuali elementi di ritardo presenti
(limitazione scarsamente influente per le considerazioni che verranno fatte nel seguito).
I coefficienti ai e bi sono elementi reali e m
n. Nel dominio della frequenza
questultima ipotesi, generalmente verificata per i sistemi fisici, corrisponde a dire che il
sistema non un passa-alto,.
Quanto di solito si vuole ottenere calcolare landamento di y(t) quando allistante t0
venga applicato un ingresso x(t).
Dalla teoria delle equazioni differenziali, ci pu esser fatto se allistante t0 sono
conosciute le condizioni iniziali cio il valore della y e delle sue derivate fino alla (n-1)esima.
Nel seguito, per ragioni di semplicit, si supporr che t0=0. La soluzione viene allora
individuata sommando un integrale particolare della [2.1] corrispondente alla x(t) applicata e
lintegrale generale dellequazione omogenea associata:
n
i 0

diy
dt i

[2.2]

e particolarizzando tale somma in modo che rispetti le condizioni iniziali assegnate.


Tutto ci corrisponde a dire che la risposta di un sistema non dipende univocamente
dallingresso applicato, ma determinata anche dalle condizioni iniziali che in sostanza
riassumono la storia passata del sistema per quanto pu avere influenza sullevoluzione
futura.

I sistemi lineari
Capitolo I1
Un particolare insieme di condizioni iniziali quello in cui luscita, se non si applica
alcun segnale di ingresso, nulla assieme a tutte le sue derivate. In tali condizioni si dice che
il sistema a riposo.
Si possono definire a questo punto per il sistema due diverse evoluzioni:
1) levoluzione libera che si ha quando lingresso nullo e sono non nulle le
condizioni iniziali;
2) levoluzione forzata quando lingresso diverso da zero e sono viceversa
nulle le condizioni iniziali.
La risposta del sistema nelle condizioni pi generali (ingresso e condizioni iniziali non
nulli) pu allora essere ottenuta per sovrapposizione degli effetti come somma di evoluzione
libera ed evoluzione forzata.
Da quanto detto discende che levoluzione libera coincide con lintegrale generale della
[2.2] particolarizzato in corrispondenza alle condizioni iniziali assegnate, mentre levoluzione
forzata quellintegrale particolare della [2.1] quando le condizioni iniziali sono nulle.
Molto spesso tuttavia, specialmente nel caso di circuiti in cui come ingresso si abbia un
segnale sinusoidale, la risposta complessiva viene considerata somma di un termine
permanente, che nel caso citato ancora una sinusoide della stessa frequenza dellingresso e
di ampiezza e fase calcolabili semplicemente in funzione dei parametri del sistema, e di un
termine transitorio.
Tale separazione tuttavia possibile in modo semplice solo per ingressi di forma
particolare, mentre nei casi pi generali pu divenire di notevole complessit e dar luogo ad
una certa serie di delicati problemi.
2.2) I modi
Nellimpostazione data lintegrale della [2.2] gioca un ruolo fondamentale.
Particolarizzandolo per le condizioni iniziali assegnate fornisce la risposta libera; tuttavia con
opportune operazioni fornisce anche la risposta forzata. Si consideri lequazione caratteristica
ricavata dalla [2.2]
n
i 0

ai . pi

di grado n se a n 0 .
Si supponga che tale equazione abbia r radici distinte, che essendo i coefficienti reali,
sono reali o a coppie complesse coniugate. Se inoltre si indica con i la molteplicit della
radice i-esima, si ha:
r
i 1

Indicando con pi le r radici distinte, gli n termini:

10

I sistemi lineari
Capitolo I1
i 1, 2 ,....,r
k 0 ,1,....,

t k . e pi .t

[2.3]

costituiscono un sistema fondamentale, cio un insieme di n integrali particolari indipendenti


della [2.2]. Lintegrale generale pu allora essere espresso come combinazione lineare di
questi n integrali particolari. I termini [2.3] sono detti modi della risposta o modi del sistema.
2.2.1 - Modi aperiodici
Si dicono modi aperiodici quelli corrispondenti alle radici reali, cio quando pi assume
un valore reale i. Essi hanno pertanto la forma:
t k .e

i .t

Nel caso k=0 si ha:


e i .t
ed in funzione del tempo landamento quello riportato in figura 2.1.
e

t
i

=0

figura 2.1

Ponendo

si ottiene:

dove la costante i viene detta costante di tempo ed la sottotangente della corrispondente


funzione esponenziale (Figura 2.2).

11

I sistemi lineari
Capitolo I1

figura 2.2

Nel caso in cui i 0 dopo un intervallo i la funzione si riduce a 1/e (circa 0,37) del
valore iniziale. In prima approssimazione dopo un intervallo di tempo pari a circa tre volte la
costante di tempo si pu ritenere che la funzione si sia annullata.
La costante di tempo fornisce delle indicazioni dirette e intuitive sulla velocit di
variazione della funzione considerata.
Nel caso di k 0 (molteplicit della radice 1) il modo
per t crescente tende allinfinito se i 0 o a 0 per i 0;
per t=0 parte dallorigine;
per i 0 monotona crescente, mentre prima crescente e poi decrescente per
0 (derivata nulla in t k / i ). La forma della curva dipende evidentemente sia
i
da k che da i .
Ad ogni radice multipla corrispondono tanti modi quant la molteplicit.
2.2.2 - Modi pseudoperiodici
Quando le radici si presentano in coppie complesse coniugate
pi

j.

pi

j.

si in presenza di modi che vengono detti pseudoperiodici, si hanno cio i modi


t k .e

j.

.t

t k .e

i .t

. cos

12

.t

j.sin

.t

I sistemi lineari
Capitolo I1

t k .e

j.

.t

t k .e

i .t

. cos

.t

j.sin

.t

Per la linearit dei legami in gioco, nel sistema fondamentale degli integrali possibile
sostituire i due integrali appena scritti con i due integrali seguenti, ottenuti come
combinazione lineare dei precedenti.
t k .e

i .t

.sin

.t
[2.4]

i .t

t .e

. cos

.t

che hanno il vantaggio di essere reali.


Con k=0 tali integrali diventano
e
e

i .t

i .t

.sin

.t

. cos

.t

cio degli andamenti rispettivamente sinusoidali e cosinusoidali il cui inviluppo la funzione


esponenziale e i .t . Si ha cio una forma pseudoperiodica, contenuta entro due esponenziali, di
ampiezza crescente, costante o decrescente a seconda che i sia superiore, uguale o minore di
0.
I relativi andamenti sono illustrati in figura 2.3

e pi t

pi t

e pi t

i=0

<0

figura 2.3

13

> 0
t

I sistemi lineari
Capitolo I1
Anche in questo caso pu essere conveniente definire nuove quantit. Ad esempio si
pu scrivere:
t

2.
.t
Ti

.sin

mettendo in evidenza il periodo Ti del fattore sinusoidale e la costante di tempo di quello


esponenziale.
Una coppia di costanti molto usate nello studio dei sistemi sono:
2
1

ni

2
i

e
i

2
i

2
i

dette rispettivamente pulsazione naturale e coefficiente di smorzamento. Poich per ipotesi i


reale e diverso da zero i compreso tra -1 e 1 (estremi esclusi) e vale zero quando i vale
0, cio quando le due radici sono immaginarie pure. Esso caratterizza ovviamente il tipo
dellinviluppo della funzione (costante per i = 0, decrescente per i > 0, crescente per
i < 0).
ni rappresenta la pulsazione dellandamento sinusoidale che si ha con coefficiente di
smorzamento i = 0.
immediato ricavare le relazioni inverse:
i

ni

ni

Quando la molteplicit delle radici maggiore di 1, con k cio 0, valgono le stesse


considerazioni fatte per i modi aperiodici, quando queste siano estese agli inviluppi delle
funzioni sinusoidali e cosinusoidali.
Si noti infine che i modi, soluzione dellequazione differenziale omogenea [2.4], vanno
combinate linearmente. Indicando con Ai e Bi i coefficienti di tale combinazione i termini
possono venire sostituiti da:
M i .t k .e

i .t

sin

.t

con
Mi

A 2i
14

B2i

I sistemi lineari
Capitolo I1

arctg

Bi
Ai

La caratteristica pi interessante dei modi quella di tendere o meno a zero quando t


tende allinfinito. Il comportamento determinato dalla parte reale della radice e si pu
affermare che:
Condizione necessaria e sufficiente perch un modo tenda a zero per t che tende
allinfinito che la parte reale R(pi) della radice dellequazione caratteristica da cui
determinato sia negativa.
Deve cio essere soddisfatta la condizione
R pi

2.3) Risposta libera e risposta forzata

2.3.1 - Risposta libera


La risposta libera data dallintegrale generale della [2.2] ed esprimibile come
combinazione lineare degli integrali particolari che costituiscono il sistema fondamentale. Si
pu cio dire che la risposta libera y l t :
r

yl t

i 1

A ik .t k .e p i .t

i 1 k 0

Quando le radici sono tutte semplici la precedente relazione si riduce a:


yl t

A i .e p i .t

i 1

Pu talvolta essere utile separare i modi aperiodici da quelli pseudoperiodici. Indicando


con n il numero delle radici reali e con v le coppie complesse coniugate si ottiene allora:
yl t

i 1

i 1 k 0

A ik .t k .e

i .t

i 1

i 1 k 0

M ik .t k .e

i .t

.sin

.t

che nel caso di radici di molteplicit 1 si riduce a:


yl t

u
i 1

A i .e

i .t

v
i 1

M i .e

15

i .t

.sin

.t

ik

I sistemi lineari
Capitolo I1
del tutto ovvio che la risposta libera puo essere espressa in funzione delle costanti di
tempo per i modi aperiodici e del fattore di smorzamento e della pulsazione naturale per quelli
pseudoperiodici.
yl t

n
i 1

A i .e

i 1

i.

M i .e

ni

2
i

.sin 1

ni

.t

Da queste espressioni generali si ottiene qualsiasi soluzione particolare assegnando il


valore delle n costanti che compaiono in ciascuna di esse. Tali valori vanno calcolati in modo
da soddisfare le n condizioni iniziali. Vale la pena di osservare che lintera operazione, anche
se concettualmente perfettamente definita, pu in molti casi diventare difficile e laboriosa.
Al variare delle condizioni iniziali la risposta libera pu modificarsi notevolmente in
quanto si modificano i coefficienti della combinazione lineare dei modi e quindi il peso di
questi ultimi.
2.3.2 - Risposta forzata
Il metodo pi usato per il calcolo della risposta forzata quello del nucleo risolvente o
funzione di Green.
Detto
m

i 1

bi .

dix
dt i

la risposta forzata corrispondente allingresso x(t) data dal seguente integrale di


convoluzione:
yf t

t
0

qt

.d

t
0

. t

.d

le cui due forme si possono ottenere luna dallaltra per sostituzione di variabile. q(t) detto
nucleo risolvente e coincide con la risposta libera a partire dalle condizioni iniziali
y0

dy
dt

.........
t 0

dn 1y
dt n 1

t 0

dn 2y
dt n 2

0
t 0

1
an

In alcuni casi conviene scindere la risposta forzata in due termini detti rispettivamente
termine permanente e termine transitorio. Ci deriva dal fatto che per alcuni segnali di
ingresso esiste un integrale particolare della [2.1] che ha la stessa forma del segnale di

16

I sistemi lineari
Capitolo I1
ingresso e la risposta forzata pu essere espressa come somma di un termine di questo tipo e
dellintegrale dellomogenea.
In particolare i segnali esponenziali godono di tale propriet in quanto le operazioni di
derivazione lasciano la loro forma inalterata.
Se
e z.t

xt
la [2.1] pu essere soddisfatta da y t

A.e z.t , dove


m

i 0
n
i 0

bi . zi
a i . zi

com immediato verificare.


Stante la linearit del sistema, se lingresso una combinazione lineare di esponenziali,
nella risposta ci sar un termine combinazione lineare degli stessi esponenziali.
Poich in queste considerazioni non si poi fatta alcuna ipotesi su quali siano i
coefficienti della combinazione lineare, questi possono essere anche complessi ed allora le
considerazioni precedenti si possono estendere anche ai segnali sinusoidali e pi in generale
periodici.
Questo termine della risposta che corrisponde in modo diretto allingresso viene detto
termine permanente yp(t) della risposta; la parte rimanente il termine transitorio yt(t), ancora
combinazione lineare dei modi fondamentali, come la risposta libera.
Come detto, la risposta del sistema a partire da condizioni iniziali nulle si ottiene come
somma di risposta libera e forzata.
yt

yl t

yf t

Pertanto, per quanto detto, la risposta pu essere costruita a partire dalla conoscenza dei
modi, anche se nella maggior parte dei casi le operazioni coinvolte non sono n semplici n
rapide.
2.4) Regimi canonici
Si e visto al paragrafo precedente che la risposta ad un ingresso qualsiasi pu essere
calcolata tramite il nucleo risultante, che a sua volta puo essere considerato come
unevoluzione libera del sistema a partire da un ben preciso insieme di condizioni iniziali.
Oltre a questo regime di evoluzione libera esistono altri regimi le cui risposte
permettono il calcolo delluscita che corrisponde ad un particolare segnale di ingresso. Tali
regimi prendono il nome di regimi canonici.

17

I sistemi lineari
Capitolo I1

2.4.1 - Regime impulsivo


Si consideri la funzione

t,

(figura 2.4) tale che:


0

t,

per

per

2
2

(t, )
__
1

t
2

figura 2.4

La funzione
t t0,
ovviamente la stessa funzione centrata su t0 anzich
sullorigine.
Si consideri ora una funzione f(t) continua in t0. Si pu allora scrivere:
lim f t . t

t 0 , .dt

Indicando con
osservando che

il lim t,

lim f t . t 0
0

t , .dt

, detto impulso unitario o impulso di Dirac, ed

lim
0

t , .dt

t .dt 1

si ha allora:
f t. t

f t0

t 0 .dt

f t . t0

18

t .dt

f t0

I sistemi lineari
Capitolo I1
Si consideri ora un sistema le cui condizioni iniziali siano tutte nulle e si applichi al suo
ingresso un impulso unitario. La risposta che se ne ricava prende il nome di risposta impulsiva
e viene di solito indicata con w(t).
Si consideri ora un generico segnale di ingresso x(t). Tale segnale pu venir
rappresentato con lapprossimazione rettangolare di figura 2.5.

x(t)

i.
figura 2.5

I vari rettangoli dellapprossimazione possono venir espressi con:


t

. .x

con

i.

La risposta del sistema, per la sovrapposizione degli effetti, esprimibile come somma
delle risposte ai singoli segnali rettangolari. Indicando con w(t, ) la risposta al segnale
rettangolare unitario di durata
, applicato nellorigine, si ha, per sovrapposizione e
spostamento:
wt

. .x

e la risposta complessiva

wt

19

.x

I sistemi lineari
Capitolo I1
Tuttavia per t< , le w(t- ) sono nulle e quindi, ricordando che =i. , la sommatoria pu
essere limitata superiormente al valore di i che corrisponde a t. Passando al limite per
che
tende a 0, si ottiene in definitiva:
yt

wt

.x

.d

Infine con un cambiamento di variabili


yt

.x t

.d

Una possibile interpretazione che la risposta in un determinato istante determinata


dalla somma di tutti i valori assunti dallingresso negli istanti precedenti (t- ) pesati tuttavia
da una funzione ponderatrice w( ) che dipende dal tempo t trascorso. Questa funzione,
esprimibile con
wt

lim w t ,
0

viene detta risposta impulsiva del sistema.


Se anzich considerare levoluzione del sistema da
si suppone che il segnale di
ingresso sia applicato in un istante t0 che per comodit pu esser fatto coincidere con lorigine
dei tempi, allora la risposta altro non e se non levoluzione forzata del sistema e vale:
yf t

wt

.x

.d

.x t

.d

Si richiama tuttavia nuovamente sul fatto che tale espressione fornisce solo levoluzione
forzata a partire da condizioni iniziali nulle.
2.4.2 - Regime indiciale
Un diverso regime canonico si ha quando il segnale di ingresso del sistema la funzione
a gradino unitario cio una funzione nulla per t<0 e unitaria per t>0. La corrispondente
risposta del sistema prende il nome di risposta indiciale.
La funzione a gradino ha una discontinuit nellorigine e pu essere vista come il limite
per che tende a zero della famiglia di funzioni trapezie della figura 2.6.
Poich la derivata di tale funzione altro non se non t, si pu allora giustificare su
un piano intuitivo che la derivata del gradino unitario limpulso unitario.
Se questo vero allora anche vero che, in base alla linearit del sistema, la risposta
impulsiva la derivata della risposta indiciale.

20

I sistemi lineari
Capitolo I1

- __
2

__
2

figura 2.6

Sulla base di tali affermazioni gradino unitario e risposta indiciale, indicate


rispettivamente con
e w 1 t permettono di ricavare in altra forma le formule di
1 t
composizione per il calcolo della risposta del sistema al segnale x(t):
yt

.x 1 .d

.x 1 t

.d

Valgono per il regime indiciale considerazioni analoghe a quelle del regime impulsivo.
Il discorso poi potrebbe venir generalizzato considerando i regimi canonici che si
riferiscono a segnali di ingresso ottenuti con successive integrazioni dellimpulso (segnale a
rampa, a parabola, ecc.) o con successive derivazioni.
2.4.3 - Relazioni tra risposta impulsiva e modi
Alcune considerazioni, relativamente semplici, che tuttavia non si ritiene utile riportare
in questa sede, permettono di affermare che:
la risposta impulsiva per t>0 esprimibile come una combinazione lineare di modi,
allo stesso modo in cui la risposta libera e il nucleo risolvente sono combinazione lineare di
modi.
La risposta impulsiva pu quindi essere interpretata come una particolare risposta libera
a partire da opportune condizioni iniziali.
possibile dimostrare che limpulso eccita tutti i modi e quindi che la risposta
impulsiva li contiene tutti con coefficienti (pesi) diversi da zero se i due polinomi
n
i 0

a i . pi

21

m
i 0

b i . pi

I sistemi lineari
Capitolo I1
derivati dal primo e dal secondo membro dellequazione differenziale del sistema, non hanno
fattori comuni. In tal caso si pu affermare che la risposta impulsiva caratterizza in modo
completo il sistema, cos come lo caratterizza lequazione differenziale.
2.5) Integrale e trasformata di Fourier
noto che la funzione f(t), periodica di periodo T, cio tale che:
f t

f t

pu venir sviluppata in una serie di funzioni armoniche, detta serie di Fourier. Nella sua forma
esponenziale la serie data da:
f t

c n .e jn

con

2
T

1
T

cn

2
T
2

f t .e

jn t

.dt .

Si consideri ora una funzione f(t) continua, ma non periodica. Preso un intervallo T,
centrato sullorigine, si definisca la seguente funzione, tale che:
fT t

f t

T
2

per

T
2

e che negli altri punti risulti periodica di periodo T. Si pu allora dire che la fT sviluppabile
un serie di Fourier:
fT t

c n .e jn

e poich nellintervallo T la fT coincide con la f, i coefficienti c n possono essere calcolati


come:
cn

1
T

T
2
T
2

f t .e

Pertanto:

22

jn t

.dt

I sistemi lineari
Capitolo I1
T
2

fT t

1 jn t
.e . f t .e
T
T

jn t

.dt

Si definisca ora la variabile

n . Risulta quindi che:


n

n 1

e la relazione precedente si scrive


fT t

1
.
2 n

ej

nt

T
2

. f t .e

nt

.dt

T
2

Facendo tendere T allinfinito


n infinitesimo e quindi si pu formalmente scrivere,
poich fT(t) tende a coincidere con f(t) sullintero intervallo di definizione, che
f t

fT t

1
. e j t .d . f t .e
2

j t

.dt

Si pu dimostrare, che, soddisfatte alcune condizioni, che qui non si ritiene utile
riportare e per le quali si rimanda a qualche trattazione pi accurata dellargomento,
lintegrale precedente, detto integrale di Fourier, esiste.
Il risultato raggiunto suscettibile di una interpretazione estremamente interessante. Si
indichi con il nome trasformata di Fourier la funzione
F

1
2

. f t .e

j t

.dt

Loperazione appena definita identifica una corrispondenza tra lo spazio delle funzioni
del tempo f(t) e lo spazio delle loro trasformate F( ) (funzioni della frequenza o meglio della
pulsazione). Si pu dimostrare che tale corrispondenza biunivoca. Se cio due funzioni f1(t)
e f2(t) ammettono la stessa trasformata F( ), allora f1(t) = f2(t).
Si definisce trasformata inversa di Fourier o antitrasformata loperazione:
f t

1
2

. F

.e j t .d

che permette di ritornare al dominio del tempo.


Il significato pi interessante risiede nel fatto che la trasformata di Fourier permette di
estendere alle funzioni non periodiche le considerazioni che si potevano trarre
dallespressione in serie di Fourier di una funzione periodica.

23

I sistemi lineari
Capitolo I1
Si ricordi che lespansione in serie permette di affermare che una qualsiasi funzione
periodica pu essere considerata la somma di termini armonici (sinusoidali e cosinusoidali) di
periodo uguale o sottomultiplo intero del periodo T della f(t).
In sostanza la f(t) pu essere rappresentata da quello che viene chiamato uno spettro di
righe a distanza luna dallaltra.
La trasformata di Fourier permette di estendere il medesimo concetto anche alle
funzioni non periodiche. Ovviamente la somma della serie diviene un integrale e , cosa pi
interessante, lo spettro che rappresenta la funzione in esame, non pi uno spettro di righe,
ma uno spettro continuo in cui compaiono tutte le frequenze e non solamente quelle multiple
di una frequenza fondamentale .
2.6) La Trasformata di Laplace
Una delle condizioni citate per lesistenza della trasformata di Fourier di una funzione
f(t) che esista, cio sia finito, lintegrale
f t .dt

[2.5]

ovvio pertanto che non tutte le funzioni sono trasformabili secondo Fourier; anzi la
classe delle funzioni trasformabili piuttosto ristretta. Tale limitazione pu venir superata con
lintroduzione della trasformata di Laplace.
Quanto segue non ha nessuna pretesa di rigore formale, ma deve venir unicamente
inteso allintroduzione dei concetti indispensabili a utilizzare gli strumenti matematici
presentati e a capirne il significato.
Data una funzione f(t) definita sullintero asse reale
,
si consideri la funzione
f t , coincidente con la f(t) nellintervallo 0,
e nulla sul semiasse negativo
,0 .
Ci non significa ancora che la funzione f soddisfi la [2.5] tuttavia, se f viene
moltiplicata per un opportuno esponenziale e t , con reale e positivo, allora lintegrale
f t .e

f t .e

pu essere reso finito.


In queste condizioni la trasformata di Fourier
f t .e

.e

j t

.dt

f t .e
0

esiste. Indicando con la variabile s


s

24

.t.dt

I sistemi lineari
Capitolo I1
quella che viene chiamata frequenza complessa, si ottiene una nuova trasformazione tra il
dominio della variabile t e quello della variabile s, che gode di molte delle propriet della
trasformata di Fourier e ha unespressione formale molto simile.
Fs

f t .e

s.t

.dt

Essa prende il nome di trasformata di Laplace.


Anche lantitrasformata ha una struttura formale simile a quella della trasformata di
Fourier
F s .e s.t .ds

f t
0

interessante mettere in luce una propriet della trasformata di Laplace, peraltro


comune con la trasformata di Fourier.
Si consideri una funzione f(t), continua e derivabile, e si supponga di volerne
trasformare secondo Laplace la sua derivata. Si ottiene
L

df
dt

df
.e
dt

s. t

.dt

s.t

.df

Ricordando che lintegrale per parti


u.dv
ponendo u

s. t

u.v

v.du

e dv = df si ottiene:
L

df
dt

s. t

.f t

t 0

s f t .e

s.t

.dt

Si ha cioe:
L

df
dt

s.F s

f 0

dove con f 0 si indicato il valore iniziale della f(t) immediatamente dopo t=0.
Poich il ragionamento pu venir condotto per via iterativa, si ha ancora:
L

d2f
dt 2

s 2 .F s

s.f 0

25

df
dt

t 0

I sistemi lineari
Capitolo I1
e cos via.
Si intuisce pertanto che il reale valore del metodo di trasformazione risiede anche nel
fatto che la F(s) rimane la stessa per la f(t) e tutte le sue successive derivate e quindi non
necessario eseguire ogni volta il materiale calcolo della trasformata.
In tabella [2.1] sono riportate le trasformazioni di alcune delle funzioni pi comuni.

TABELLA 2.1
Fs

1)
2)
3)
4)

5)
6)
7)

f t .e

f t
0

.dt

a
s
1
s a
s2

s. t

a
e at
2

sin .t

cos .t

C. cos

A.s B
2
s2
s a

s a
2
s a

11)

1
s a

A2

e at sin t

e at .cos t

n!
sn 1
1
9) 2
s

1
s a

.t

con

8)

10)

per
t 0
per t 0

arctg

tn
t
1

n 1!

t .e

26

at

.t n 1 .e

at

B
A

I sistemi lineari
Capitolo I1

df
dt
d2f
dt 2

12) s.f (s) f 0


13) s 2 .f s

df
dt

s.f 0

f s
14)
s

f t dt

t 0

f ( t )dt

f t a .1 t a
con 1 t
gradino

15) e as .f s

unitario

16) Somma delle trasformate di

Somma dei termini

termini individuali
s.sin
.cos
17)
2
2
s

sin .t

18)

sinh

cosh

19)
20)
21)

22)
23)

s2
s
e

2
s

f t

1 e
s
1 e
s2

s
s a

25)

s
s a

per

=1

f t

f t

per
t
t

f t

per
per
per

1 at .e

t. 1

1
s a .s b

27)

s
s a .s b

at

at
.e
2

at

e at
a b
a. e at b. e
a b
27

t>
t

1 t
per
t
0
per
t

26)

t>
t

per

0
s

per

=0

1 1 e
s
s2

24)

bt

bt

t
2

I sistemi lineari
Capitolo I1

28)

1
s a s b

29)

s
s a.s b

30)

31)
32)

s a

a. b c .e

s a.s b.s c

1
s

s2

a b .t

at

2 2

at

a c .e bt b a .e
a b.b c.c a

ct

at

b. c a .e bt c a b .e
a b.b c.c a

1
.1 e
a

1
s a . s2

a b. a b .t.e bt a.e
2
a b
a
e at . cos b.t
.sinb.t
b
c.b .e

34)

.1

a b

s a.s b.s c

bt

1
s. s a

36)

b2

33)

35)

at

ct

at

. sin t

at

.sin t cos t

t cos t

t
.sin t
2

2 2

infine interessante notare che se le funzioni del tempo di cui si considerano le


trasformate sono nulle fino a t=0 e se ne pu dare la trasformata secondo Fourier, tale
trasformata coincide con quella di Laplace calcolata per s = j . Si dir studio nel dominio
della variabile quello che fa riferimento al comportamento delle funzioni in corrispondenza
dellasse immaginario del piano complesso.
In sostanza si potr studiare il comportamento frequenziale, con un estrema semplicit,
senza verificare caso per caso le condizioni di trasformabilit secondo Fourier.
questo un punto molto interessante, poich molto frequente il caso in cui non
necessario ritornare nel dominio del tempo. Nella maggior parte dei casi infatti la
caratterizzazione di un dispositivo molto pi significativa quando se ne conosca il
comportamento alle varie frequenze, cio quando se ne conoscono le caratteristiche filtranti,
che non quando se ne conosca il comportamento nel dominio di t.
2.7) Studio di un sistema nel dominio della variabile s.
Si riprenda in considerazione lequazione differenziale [2.1]. Per ottenere lequazione
corrispondente in s sufficiente applicare la trasformazione di Laplace ad ambo i membri
dellequazione.
Si gi visto in precedenza che la trasformata della derivata i-esima di una funzione f
(t) data da

28

I sistemi lineari
Capitolo I1

d if
dt i

i 1

s i .F s

k 0

di 1 kf
dt i 1 k

sk .

t 0

Se si considerano funzioni f (t) (nel caso specifico sia il termine forzante x (t) che la
corrispondente risposta y ) nulle per t < 0 allora lespressione precedente si semplifica
d if
dt i

s i .F s

cio nel dominio della variabile s loperazione di derivazione corrispondente ad una semplice
moltiplicazione per s.
Daltra parte supporre che le x (t) e le y (t) siano nulle fino a t = 0 (assieme alle loro
derivate) corrisponde a studiare il sistema solo per quanto riguarda la sua risposta forzata.
Ecco quindi che la trasformazione di Laplace diviene un conveniente metodo di studio per la
risposta forzata dei sistemi lineari stazionari.
Nelle ipotesi fatte loperazione di trasformazione secondo Laplace porta dallequazione
differenziale [2.1] alla relazione
Ys.

n
i 0

a i .s i

Xs.

m
i 0

b i .s i

Da una relazione differenziale cio si passa tramite la trasformata di Laplace ad


unespressione polinomiale nella variabile s. Si pu a questo punto scrivere:
m

Ys

X s . i n0
i 0

b i .s i
a i .s i

La funzione razionale della variabile complessa s data dal rapporto:


m
i 0
n
i 0

b i .s i
a i .s

Ws

prende il nome di funzione di trasferimento e permette di calcolare facilmente la trasformata


Y(s) delluscita una volta che sia conosciuta la trasformata X(s) dellingresso (termine
forzante). Si ricordi che nel dominio del tempo, la stessa operazione era di complessit ben
maggiore, in quanto obbligava al calcolo di un integrale di convoluzione, cio di un integrale
del tipo:

29

I sistemi lineari
Capitolo I1

yt

wt

.x

.d

La trasformazione di Laplace pertanto riduce il calcolo di un integrale di convoluzione


al calcolo di un semplice prodotto.
Un interessante osservazione deriva dal calcolo della trasformata della risposta quando
lingresso un impulso (t). La trasformata dellimpulso , per le propriet dellimpulso gi
viste in precedenza:
t .e st .dt

st

t 0

La risposta allimpulso unitario, detta risposta impulsiva, pertanto:


Ys

1.W s

Ws

e coincide con la funzione di trasferimento.


Senza entrare nelle problematiche della trasformazione inversa di Laplace, che esulano
dagli scopi che questa trattazione, necessariamente approssimata e abbreviata, si pone
conveniente fissare lattenzione sui metodi di rappresentazione delle funzioni della variabile s.
Una di queste, di notevole importanza, quella ottenuta in relazione a quelli che
vengono chiamati i poli pi e gli zeri zi della funzione W (s).
Si gi visto che la W (s) una funzione razionale della variabile complessa s = a + j
m

Ws

i 0
n
i 0

b i .s i
a i .s

[2.6]

dove numeratore e denominatore sono polinomi a coefficienti reali della variabile complessa
s.
I poli pi = ai + j i vengono definiti come le r radici distinte del denominatore, di
molteplicit i. Si vede immediatamente che i poli di W (s) coincidono con le radici
dellequazione polinomiale associata allequazione omogenea del sistema
n
i 0

bi

diy
dt i

e pertanto individuano i modi del sistema.


'
Gli zeri z i
j. 'i sono invece le r radici distinte del numeratore di molteplicit 'i .
i
Pertanto la W (s) pu essere scritta nella forma

30

I sistemi lineari
Capitolo I1
r'

k'

Ws

i 1
r
i 1

zi

'
i

pi

bm
.
an
Pu essere conveniente tenere separati i fattori corrispondenti a zeri e poli reali da quelli
relativi a zeri e poli complessi coniugati. Anzi conveniente anche evidenziare un eventuale
polo di molteplicit nellorigine ed un eventuale zero di molteplicit sempre nellorigine.
Si ottiene, indicando con u e 2v e rispettivamente u e 2v il numero dei poli reali, di quelli
complessi coniugati, degli zeri reali e di quelli complessi coniugati e supponendo che
leventuale polo e zero nellorigine siano quelli di indice zero nella produttoria precedente, si
ottiene:
con k '

u'

Ws

k'

i 1

'

' 2
i

i 1

i 2

v'

'
i

'
i

i 1

'
i

'2
i
2

2
i

Infine tale espressione pu essere modificata utilizzando, in luogo delle costanti


1
le costanti di tempo i
per le radici reali e il coefficiente di smorzamento
pulsazione naturale

i
i

i,

e la

ni

per quelle complesse coniugate. Si ottiene


u'

Ws

1 s.

i 2

k
s

'

i 2

'
i

1 s.

v'

'
i

i 1

'
i

1 2
v
i 1

1 2

'
ni

'
i

' 2
ni

s
ni

[2.7]

2
ni

dove K legato a K dalla relazione


u

k'

i 2
u'
i 2

'
i

v'

'
i

'
i

i 1
v
i 1

'
i

' 2
ni
2
ni

e prende il nome di guadagno a regime. Per confronto con la relazione precedente si pu


altres constatare che K il rapporto tra i coefficienti b e a relativi alle potenze di s di ordine
pi basso.

31

I sistemi lineari
Capitolo I1
2.8) Rappresentazione delle funzioni in
Si gi accennato al fatto che le trasformate di Laplace di una funzione, calcolate per s
= j , coincidono, quando sia soddisfatto un certo numero di condizioni, con le trasformate di
Fourier delle stesse funzioni. Conviene allora prendere in considerazione in che modo
possano essere rappresentate le funzioni complesse di variabile reale W (j ).
Si noti che la W (j ) individuata per ciascun
da una coppia di grandezze, che
possono essere sia la parte reale R(j ) e la parte immaginaria I (j ) della W (j ), sia il
I j
W j
R2 j
I 2 j e la fase j
modulo M j
arctg
:
R j
W j

R j

M j .e j

jI j

Una rappresentazione molto usata per la sua immediatezza e praticit quella mediante
i diagrammi logaritmici di Bode.
In essi in funzione del logaritmo della pulsazione
sono riportati il logaritmo del
modulo e la fase di W.
Il diagramma del modulo pertanto un diagramma doppiamente logaritmico, mentre il
diagramma di fase ha una scala logaritmica unicamente sulle ascisse, e in ordinata la scala
risulta lineare.
I moduli sono normalmente misurati in decibel (dB). Si definisce misura in decibel di
una grandezza G la quantit:
G dB

20.log10

G
R

dove R un opportuno riferimento.


Per la scala delle ascisse (w) i logaritmi pi usati sono il logaritmo decimale, e in questo
caso si parla di decadi, intendendo in tal modo che due frequenze che siano in rapporto 10 tra
di loro hanno distanza sullasse delle ascisse sempre uguali, indipendentemente dal loro
valore assoluto; oppure si utilizza il logaritmo in base 2 e in tal caso si parla di ottave,
intendendo con questo un intervallo di frequenze i cui estremi rappresentano due frequenze in
rapporto 2 tra di loro.
Il ricorso ad una rappresentazione logaritmica legato a due considerazioni. Come
prima cosa si pu osservare che il ricorso ad una scala logaritmica permette di rappresentare
grandezze che possono avere variazioni di notevole ampiezza in quanto il logaritmo contrae i
valori elevati ed espande quelli bassi.
In secondo luogo molto spesso necessario eseguire il prodotto di 2 o pi funzioni.
Siano F1 e F2 due funzioni della variabile
F1
La funzione F

M1 . e j

F2

F1 . F2 vale

32

M2 . e j

I sistemi lineari
Capitolo I1

M1 .M 2 .e j

F F1 .F2

Quando per il modulo si usa una rappresentazione logaritmica si ha


log F

log M 1 .M 2

log M 1

log M 2

e quindi la legge di composizione dei moduli diviene identica a quella utilizzata per le fasi
cio una somma.
Infine lutilizzo di scale logaritmiche permette di dare una rappresentazione molto
comoda della W (j ), quando questa sia espressa in forma fattorizzata, come illustrato nella
relazione [2.7]. Questa rappresentazione prende il nome di rappresentazione asintotica.
Si riprenda in considerazione la [2.7], questa comprende, al numeratore come al
denominatore, solamente fattori del tipo
K
j
1 j T
1 2

j
2
n

con

M (dB)
20
16
12

20.log k

8
4
0
-4
-8
-12
-16
-20

/2

/4

=0

- /4

- /2

figura 2.7

33

I sistemi lineari
Capitolo I1
Pertanto il tracciamento della W (j ) sulla scala logaritmica pu venir ridotto a:
1) Tracciamento delle curve corrispondenti ai singoli fattori;
2) Composizione delle singole curve sommando i termini del numeratore e
sottraendo quelli del denominatore.
Per la costante K il diagramma di Bode di modulo una retta orizzontale di ordinata
20.log10 K, mentre la fase 0 in quanto K reale (Figura 2.7)
Per il fattore monomio j si ha:
M

20.log M

20.log

e , poich la scala logaritmica, anche lascissa x e pari al log


e fase sono quelli illustrati in figura 2.8.
M (dB)
25
20
15
10
5
0
-5
-10
-15
-20
-25

/2

/4

- /4

- /2

figura 2.8

34

e quindi i grafici di modulo

I sistemi lineari
Capitolo I1
La pendenza della curva del modulo di 20 dB / decade, mentre la fase pari a 90, in
quanto il termine immaginario puro. Se la scala delle ascisse fosse espressa in ottave, la
pendenza del modulo sarebbe di circa 6 dB / ottava.
Per il fattore binomio si ha
20.log M

20.log 1

T2

arctg T
Il diagramma del modulo presenta due asintoti, le cui equazioni si determinano
facilmente trascurando T rispetto a 1 o 1 rispetto a T . Nel primo caso si ottiene che:
20.log M

20.log 1 0

Nel secondo
20. log M

20. log T

20. log

20. log T

La prima relazione in funzione del log , rappresenta una retta coincidente con lasse
delle ascisse, la seconda una retta inclinata di 20 dB / decade che interseca lasse delle ascisse
nel punto
log
cio per

log T

1
. A questa frequenza la differenza tra andamento asintotico e reale pari a
T
20. log 1 1

3dB

mentre gi una decade sopra o sotto la frequenza di rottura la differenza si riduce a 0,04 dB,
quantit che pu essere ritenuta trascurabile.
Per quanto riguarda la fase essa, con le stesse approssimazioni, vale 0, cio coincide con
lasse delle ascisse per
1/ T. Una buona approssimazione dellandamento reale si ha
connettendo con una retta i punti dei due asintoti che si trovano rispettivamente una decade
sotto e una decade sopra la frequenza 1/T (Figura 2.9)
Lo scostamento massimo tra andamento asintotico e reale in questo caso non supera gli
0,1 radianti in corrispondenza alle due frequenze 1/10 T e 10/T

35

I sistemi lineari
Capitolo I1
M (dB)
20
15
10
8
5
0
-5
-10
-15
-20
-25

1/T
/2

/4

- /4

- /2

figura 2.9

Infine prendendo in considerazione il fattore trinomio

1 2

j
n

2
i

2
2
n

2
i
i

2
i

2
i

si ottiene che:
20. log M

20. log

2
arctg
1
relazioni in cui figurano i due parametri

n
2
2
n

36

2
2
n

4. 2 .

2
2
n

I sistemi lineari
Capitolo I1
Anche in questo caso nel diagramma del modulo possono essere messi in evidenza due
0 lasintoto coincide con lasse delle ascisse, mentre quando si pu
asintoti. Per
trascurare lunit nel termine 1

2
2
n

cio per

20. log M 2. 20. log

si ha:

20. log

che in funzione di log rappresenta una retta inclinata di 40 dB / decade (12 dB / ottava) che
interseca lasse delle ascisse nel punto
n.
C da notare landamento reale del modulo in questo caso dipende da
e lo
scostamento tra andamento reale e asintotico pu essere anche molto elevato in quanto al
tendere di a zero tale scostamento tende allinfinito.

figura 2.10

37

I sistemi lineari
Capitolo I1
Anche la fase presenta due asintoti, ambedue orizzontali, il primo coincide con lasse
a seconda che sia maggiore o minore di zero. Il
delle ascisse e laltro di ordinata pari a
raccordo tra questi due asintoti dipende tuttavia da .
Nella figura 2.10 sono riportati gli scostamenti dellandamento reale del modulo dal
diagramma asintotico e landamento della fase in funzione del valore di .
2.9) Esempi di diagrammi di Bode
Esempio 1
Si consideri il circuito in figura 2.11

R
i

vi

vu

figura 2.11

Lequazione differenziale che stabilisce il legame tra tensione dingresso vi e corrente i

vi t

1
i t .dt
C0

R.i t

Derivando
dv i
dt

R.

di
dt

1
.i
C

e trasformando
s.Vi s

s.R.I s

38

1
.I s
C

I sistemi lineari
Capitolo I1
si ottiene:
Is
Ricordando ora che:
Vu t

s.Vi s
1
s.R
C
t

1
i t .dt
C0

e trasformando
Vu s

1
Is
s.C

si ottiene infine:
Vu s

1 s.Vi s
.
s.C 1
s.R
C

1 Vi s
.
C 1
s.R
C

Vi s
1 s.C.R

In definitiva la funzione di trasferimento :


Vu s
Vi s

1
1 sCR

1
reale.
RC
Per quanto visto nellintroduzione ai diagrammi di Bode il diagramma di modulo avr
1
1
un punto di rottura alla pulsazione
con T
RC , mentre la fase sar nulla fino
T
i
1
alla pulsazione 1/10 RC e assumer un valore pari a /2 in ritardo per
(figura
10. R. C
2.12).
La caratteristica frequenziale quindi quella di un filtro passa-basso intendendo con tale
dizione un sistema che trasmette in uscita, in pratica senza attenuazione, tutti i segnali la cui
frequenza sia inferiore ad una particolare frequenza detta frequenza di taglio. Nel nostro caso
1
la frequenza di taglio ft
. Da quanto visto per i diagrammi di Bode, in
2 RC
corrispondenza alla frequenza di taglio lattenuazione di 3 dB. In altre parole un segnale alla
frequenza f t viene ridotto in uscita a 0,707 volte la sua ampiezza in ingresso.
e presenta un polo per s

39

I sistemi lineari
Capitolo I1

M (dB)

20 dB/dec

1/RC

1/10RC

10/RC

/4

/2

figura 2.12

Esempio 2
Un circuito molto simile a quello preso in esame quello di figura 2.13 che si ottiene
scambiando tra loro resistenza e capacit.

C
i

vi

vu

figura 2.13

Ragionando analogamente a quanto gi fatto si ottiene che:


Vu s
Vi s

R
R

1
sC

sCR
1 sCR

40

CR

s
1 sCR

I sistemi lineari
Capitolo I1
Come si vede in questo caso la funzione di trasferimento possiede uno zero nellorigine
1
. Il diagramma di Bode di modulo e fase si potr ottenere come
e un polo reale in s
CR
composizione (additiva) dei diagrammi relativi ai termini j , 1 j RC e del termine costante
CR. Si ottengono i diagrammi di figura 2.14
M (dB)
j

20 dB/dec
RC
j

RC

/2

/4

1/10RC

1/RC

10/RC

figura 2.14

La caratteristica quella di un filtro passa-alto cio di un sistema che trasferisce in


uscita pressoch inalterati tutti i segnali la cui frequenza sia superiore alla frequenza di taglio
1
fT
. Anche in questo caso lattenuazione in corrispondenza a fT pari a 3 dB.
2 RC
Per quanto riguarda la fase il termine costante non d alcun contributo avendo fase
costantemente nulla, quello j introduce uno sfasamento in anticipo pari a /2, quello
1 j RC si comporta come nel caso precedente.
Esempio 3
Anche reti pi complesse possono essere facilmente analizzate nel loro comportamento
in frequenza. Si consideri ad esempio la rete di figura 2.15.
La relativa funzione di trasferimento :

Vu
Vi
R2

R2
1
.R 1
sC
1
R1
SC

R2

R2

R1
1 sCR 1

41

R 2 1 sCR 1
R 1 R 2 sCR 1 R 2

I sistemi lineari
Capitolo I1
R2
1 sCR 1
.
R 1 R 2 1 sC R 1R 2
R1 R 2

vi

R1

R2

vu

figura 2.15

Indicando con T1

R 1 . C e T2
Vu
Vi

R1

R 1 // R 2 .C si ha:

R2
1 s. T1
.
R 2 1 s. T2

con

T2

La funzione cos determinata possiede uno zero reale in s

T1
1
e un polo reale in
T1

1
R2
. Il guadagno K
e il diagramma di Bode del modulo e della fase
T2
R1 R 2
pertanto quello riportato in figura 2.16.
s

M (dB)

20 log K

figura 2.16

42

I sistemi lineari
Capitolo I1
1
.
2 T2
A differenza della rete circuitale presa in esame precedentemente questa tuttavia non blocca
la tensione continua, cosa evidente dal fatto che in parallelo al condensatore posta una
resistenza. Lattenuazione massima dei segnali alle basse frequenze determinata dal valore
di K, cio dai valori prescelti per R1 e R2. Sotto un altro punto di vista si potrebbe dire che
lattenuazione dipende dalla distanza tra i due punti di rottura.
La caratteristica ancora quella di un filtro passa alto con frequenza di taglio f t

Esempio 4
Unulteriore rete di un certo interesse quella illustrata nella figura 2.17

R1
R2

vi

vu

C
figura 2.17

La funzione di trasferimento che si ricava :


Vu
Vi

R2
R1

R2

1
sC

1
sC

1 sCR 2
1 sC R 1 R 2

1 sT1
1 sT2

con T1

T2

Anche in questo caso la funzione di trasferimento presenta uno zero per s

1
e un
T1

1
. In questo caso tuttavia il valore del polo (reale) inferiore a quello dello
T2
zero e pertanto i diagrammi di Bode di modulo e fase sono quelli riportati in figura 2.18.
Il comportamento quello tipico di un filtro passa basso, ma lattenuazione limitata a
R 2 / R 1 R 2 o se si vuole legata alla distanza tra le due frequenze di rottura.
Il valore dellattenuazione pu essere determinato come:

polo per s

lim

Vu j
Vi j

R2
R1 R 2

43

I sistemi lineari
Capitolo I1

M (dB)

4
2

figura 2.18

Esempio 5 - a
2.19).

conveniente infine prendere in considerazione la seguente struttura circuitale (figura

vi

vc

figura 2.19

La corrente circolante :
Is

Vi s
R

sL

1
sC

sC
Vi s
s LC sRC 1
2

44

I sistemi lineari
Capitolo I1
Se si volesse studiare come varia la tensione ai capi del condensatore in funzione della
1
del
frequenza del segnale v i t applicato, dal prodotto di I s per la reattanza capacitiva
sC
condensatore si ottiene:
Vc s
Vi s

1
sC
. 2
sC s LC sRC 1

s LC sRC 1

questa una funzione di trasferimento che presenta ovviamente due poli che si possono
calcolare risolvendo lequazione
s2 LC sRC 1 0
Per valori di R opportuni i due poli diventano complessi coniugati. Pi precisamente per
L
R 2
ci si trova in tale condizione. Si possono in tal caso calcolare la pulsazione naturale
C
e il coefficiente di smorzamento
2
i

Nel caso particolare in cui R


s1

1
LC

2
i

i
2
i

2
i

0 i due poli diventano immaginari puri e pari a:


j

s2

1
LC

La frequenza naturale diviene allora pari a e il coefficiente di smorzamento si annulla.


Da quanto visto in precedenza il diagramma di Bode presenta un asintoto verticale in
corrispondenza a n mentre per frequenze inferiori tende a coincidere con lasse delle ascisse.
Infatti:
lim

Per frequenze superiori a


(Figura 2.20 )

Vc s
Vi s

lim

1
LC

j RC 1

la curva di risposta cala con una pendenza di 40 dB/decade

45

I sistemi lineari
Capitolo I1

M(dB)

figura 2.20

Per valori di R compresi tra 0 e 2

L
i due poli sono complessi coniugati a parte reale
C

L
, lo smorzamento tende a -1 e n tende ad i . La curva
C
di risposta conserva le caratteristiche appena viste, ma la il picco di risonanza in
corrispondenza a n per la curva del modulo tende ad appiattirsi, mentre la transizione tra il
valore 0 e il valore - della curva di fase diviene via via pi graduale, facendosi sentire per
circa una decade sotto e una decade sopra la pulsazione naturale.
L
Quando R diviene maggiore di 2
i due poli diventano reali e distinti e il
C
comportamento diventa quello di un usuale filtro passa basso con due poli.
negativa. Via via che R tende a 2

Esempio 5 - b
Analoghe considerazioni si possono fare quando la tensione di uscita viene prelevata ai
capi dellinduttore. In questo caso la funzione di trasferimento
VL s
Vi s

s 2 LC
s 2 LC sRC 1

Si hanno in tal caso due zeri nellorigine e due poli con le stesse caratteristiche gi prese
in considerazione.

46

I sistemi lineari
Capitolo I1
La risposta in frequenza diventa quella di un filtro passa alto, con un picco di risonanza,
quando i poli sono complessi coniugati, tanto pi elevato quanto minore il valore del
coefficiente di smorzamento.
Esempio 5 - c
Se infine la tensione di uscita viene prelevata ai capi del resistore, come illustrato nella
si ottiene:
VR s
Vi s

sRC
s LC sRC 1
2

Si ha in tal caso uno zero nellorigine e due poli che in funzione del valore di R possono
essere complessi coniugati, reali coincidenti o reali distinti.
La risposta in frequenza assume le caratteristiche di quello che viene detto filtro passa
banda, intendendo con ci il comportamento di un sistema in cui lattenuazione cresce via via
che ci si allontani da una frequenza detta di centro banda.
I vari tipi di risposta assumeranno andamenti diversi a seconda di poli puramente
immaginari (figura 2.21)
M (dB)

-20 db/decade

20 dB/decade

figura 2.21

oppure di poli complessi coniugati (figura 2.22)

M (dB)

figura 2.22

47

I sistemi lineari
Capitolo I1
con un picco di risonanza meno pronunciato via via che il coefficiente di smorzamento
aumenta.
Infine quando i poli diventano reali, coincidenti o distinti si avranno andamenti
asintotici del tipo indicato in figura 2.23
M (dB)

p1

p2

figura 2.23

in cui lampiezza del pianerottolo orizzontale dipende dalla distanza dei due poli -p1 e -p2.
In tutti questi casi la fase passa da un valore pari a + /2 ad uno pari a - /2, in maniera
dipendente dal coefficiente di smorzamento nel caso di poli complessi coniugati, mentre nel
caso di poli reali essa pu venir determinata con le consuete regole di composizione.
M (dB)
B

3 dB

Ti

= frequenza di taglio inferiore

Ts

= frequenza di taglio superiore

VM

VM = valore massimo (valore in banda)

f Ti

figura 2.24

0,707
VM

f Ts

Nel caso di sistemi passa banda si definiscono due frequenze di taglio, una inferiore e
laltra superiore. Sono esse le frequenze alle quali lattenuazione del segnale di -3 dB (0,707
volte il segnale di centro banda) (figura 2.24)
Si definisce infine banda passante B la differenza fTs - fTi.

48

I sistemi lineari
Capitolo I1

Esempio 6
Cos come esistono i filtri passa banda, cosi esistono anche gli elimina banda di cui un
esempio riportato nella figura 2.25

R
C

vi (t)

vu(t)

figura 2.25

Vu s
Vi s

s 2 LC 1
s 2 LC sRC 1

Si vede immediatamente che il filtro in questione ha due zeri puramente immaginari e


due poli. A seconda della loro posizione relativa essi determinano una risposta del tipo
riportato in figura 2.26 con un picco di attenuazione pi o meno pronunciato.
Per frequenze che tendono a 0 o rispettivamente allinfinito la funzione di trasferimento
assume modulo unitario.

M (dB)
1
LC

figura 2.26

49

Dispositivi passivi
Capitolo 3

Capitolo 3
DISPOSITIVI PASSIVI
3.1) Generalit
Fino a questo momento i componenti presentati nei vari circuiti presi in considerazione
sono sempre stati considerati come elementi ideali. Ad esempio un resistore sempre stato
considerato un elemento dotato unicamente di resistenza, un condensatore una pura capacit e
un induttore una pura induttanza. In sostanza quindi tutti i componenti passivi presi in
considerazione fino ad ora presentavano una sola delle caratteristiche elettriche dei
componenti passivi reali. Dal punto di vista dei fenomeni energetici coinvolti, si sempre
considerato che in un resistore lenergia fosse associata alla dissipazione termica, nel
condensatore fosse associata al campo elettrico e nellinduttore al campo magnetico. Nella
realt non si riesce mai ad avere componenti perfetti, in cui lenergia sia associata ad uno solo
di questi fenomeni energetici.
Nella realt infatti qualsiasi componente presenta delle anomalie che alterano il
comportamento rispetto a quello ideale. necessario quindi rappresentare il componente,
nella maggior parte dei casi, con modelli pi sofisticati che tengono conto di queste anomalie.
In un componente reale uno dei tre fenomeni energetici dominante, ma anche gli altri
due sono presenti e possono essere visti come fenomeni parassiti indesiderati, che ne
disturbano il comportamento.
Tutto ci fa intuire che esistono per ciascun componente dei limiti di funzionamento,
oltre i quali il comportamento degenera in modo tale da impedirne limpiego.
3.2) Resistori
Si sa che, dato un conduttore a sezione costante S di lunghezza l, la sua resistenza :
l
S

dove la resistivit, parametro tipico del materiale usato, assegnato in ohm.metro o in


ohm.cm.
Tuttavia con la circolazione di corrente nel conduttore, rimane associato a questo anche
un campo magnetico e quindi unenergia, in particolare se per realizzare il resistore il
conduttore stato avvolto su un supporto, realizzando in tal modo un solenoide. presente
pertanto anche un effetto induttivo. Al variare della frequenza quindi non detto che il
componente si comporti sempre come un resistore, ma viceversa e certo che a frequenze
elevate prender il sopravvento la componente induttiva.
Inoltre la tensione presente ai capi di un resistore, quando questo percorso da corrente,
d luogo ad un campo elettrico. Ecco quindi che nel nostro dispositivo reale vi anche una
componente capacitiva, indesiderata ma presente.
Un possibile modello che tenga conto di tutte e tre le componenti, rappresentandole con
elementi ideali, quello indicato in figura 3.1

50

Dispositivi passivi
Capitolo 3

Lp

Cp
figura 3.1

dove con Lp e Cp sono state indicate rispettivamente linduttanza e la capacit parassita.


ovvio che il modello introdotto, soprattutto per quanto riguarda la capacit, valido
solo in prima approssimazione. Nella realt la capacit distribuita lungo lintero corpo del
resistore, mentre nel modello stata presa in considerazione una capacit concentrata.
altrettanto ovvio, anche ad un esame superficiale ed assolutamente qualitativo, che il
comportamento del resistore dipendente dalla frequenza. Se ad esempio leffetto del
condensatore fosse sensibile si potrebbe avere un andamento con la frequenza del tipo
indicato in figura 3.2

R( )
Rnom

figura 3.2

Il resistore reale pu quindi essere considerato rappresentabile con un elemento ideale


solo fino a una certa frequenza, che dipende dalla costante di tempo RC.
In altri casi potrebbe essere determinante leffetto induttivo, ma il discorso del tutto
analogo.
In generale per valori resistivi elevati si presenta gi a frequenze relativamente basse un
polo dovuto alla capacit parassita. Prevale pertanto leffetto capacitivo, e leffetto si risente a
partire da frequenze che si trovano a qualche decina di MHz.

51

Dispositivi passivi
Capitolo 3
In altri casi, in particolare per resistori di basso valore, per i quali leffetto del polo
capacitivo si sposta verso frequenze molto elevate, si risente prima delleffetto induttivo e il
grafico di R / R no min ale assume un andamento crescente al di sopra di certe frequenze.
Obiettivo dei costruttori di componenti ovviamente quello di ridurre al minimo gli
effetti degli elementi parassiti.
Elementi resistivi di comune impiego sono:
1) Resistori fissi;
2) Resistori variabili (reostati e potenziometri);
3) Trasduttori resistivi (celle di carico, strain gauge, misuratori di pressione).
Reostati e potenziometri sono ambedue resistori variabili, realizzati tramite un contatto
strisciante sul corpo del resistore, tuttavia il loro inserimento nel circuito diverso. Nel caso
del reostato, il resistore inserito in serie tra generatore e carico, secondo quanto illustrato
nella figura 3.3

Rv

R L(carico)

Rv

figura 3.3

con il compito di permettere la variazione della corrente I che circola.


I

Rv

RL

Nel caso del potenziometro linserzione quello della figura 3.4 e il suo scopo di
variare la tensione applicata al carico.

52

Dispositivi passivi
Capitolo 3

Rv

RL

a.Rv

Vu

figura 3.4

Indicando con a. R v la frazione della R v inserita tra lestremit bassa del resistore
variabile e il cursore, si ha:
aR v R L
aR v R L
.V
con a 1
Vu
aR v R L
1 a Rv
aR v R L
Per R L

la relazione precedente diviene:


aR v
.V
Rv

Vu

a. V

Per ottenere un legame sufficientemente lineare tra frazione inserita e tensione duscita
opportuno che R L sia molto maggiore di R v (figura 3.5).
Vu
V

=
L

R " < R'


L
L

R 'L
R L"

1
figura 3.5

53

Dispositivi passivi
Capitolo 3
Le resistenze appena viste sono variabili in funzione di unazione meccanica, ad
esempio con la rotazione di un asse che trascina il cursore. Se il dispositivo realizzato di
buona qualit esso pu allora venir utilizzato per misurare, ottenendo in uscita una tensione,
langolo di rotazione dellasse. Si ottenuto in tal caso un trasduttore, cio un dispositivo che
a partire da una grandezza fisica (nel caso specifico una rotazione rispetto un riferimento) sia
in grado di fornire in uscita una grandezza fisica diversa ad essa proporzionale (in questo caso
una tensione).
Trasduttori basati su resistenze sono ad esempio quelli in cui la variazione della
resistenza viene provocata dallapplicazione di una forza o di una pressione, come le citate
celle di carico, i sensori di pressione, ecc.
Sempre resistenze variabili, ma per effetto di agenti diversi che non quelli meccanici,
sono i termistori, i fotoresistori e i varistori.
Nei termistori la resistenza varia in maniera piuttosto cospicua con la temperatura,
diminuendo allaumentare di questultima. Analogamente nei fotoresistori la resistenza varia
in funzione dellenergia incidente, cio dellilluminazione. In ambedue i casi tuttavia il
legame tra causa agente ed effetto non un legame di proporzionalit.
Infine i varistori sono bipoli di tipo resistivo, la cui resistenza funzione della tensione
applicata. Per essi vale la seguente relazione
V

R V .I

e quindi i varistori sono elementi non lineari.


3.3) Condensatori
E noto che due conduttori piani di superficie S e paralleli separati da un dielettrico di
costante formano quello che viene chiamato un condensatore, in cui esiste proporzionalit
tra la differenza di potenziale V tra i due conduttori (armature) e la carica elettrica Q
accumulata nel sistema tramite un coefficiente C detto capacit.
C

Q
V

S
d

Se d la distanza tra le armature

Se il dielettrico il vuoto, la costante dielettrica quella del vuoto, cio 0 = 8,86 pF/m,
mentre se il dielettrico diverso si ha una costante dielettrica che dipende dal materiale, ma
comunque maggiore di 0.
Tuttavia non esistono dielettrici perfetti e quindi si avranno delle correnti di perdita, di
cui si potr tener conto in un modello del condensatore tramite un elemento resistivo posto in
parallelo al condensatore stesso. Inoltre i collegamenti saranno dotati di una resistenza e da
uninduttanza proprie
Un possibile modello abbastanza semplice, che trascura la parte induttiva quello di
figura 3.6

54

Dispositivi passivi
Capitolo 3

Rs

Rp
figura 3.6

Rp e Rs sono gli elementi resistivi introdotti per tener conto dellenergia che si dissipa
rispettivamente nel dielettrico e nei conduttori. Non questo il solo modello possibile; per
esso tuttavia il comportamento in frequenza , secondo Bode, quello di figura 3.7

M (dB)

figura 3.7

dove con M viene indicato il modulo dellimpedenza.


Fino ad una certa frequenza il modulo diminuisce, come ci si aspetta di 20 dB/decade,
poi comincia a prevalere leffetto resistivo, con valori del modulo dellordine dellohm o del
decimo di ohm.
Quando leffetto induttivo non sia trascurabile pu capitare che il condensatore abbia
una frequenza di risonanza propria al di sopra della quale il comportamento induttivo prevale.
3.4) Induttori
Un induttore viene realizzato avvolgendo un conduttore su un supporto cilindrico. Il
fenomeno dominante in questo caso il campo magnetico associato al passaggio di corrente,
ma ci si rende conto che anche in questo caso esiste sia un fenomeno dissipativo legato alla

55

Dispositivi passivi
Capitolo 3
resistenza propria del conduttore, sia una capacit parassita, rappresentabile in prima
approssimazione con un condensatore in parallelo.
Si sa che in un induttore
di
V L
dt
e se lavvolgimento formato da n spire di area S e la lunghezza dellavvolgimento l,
linduttanza L e
S
L n2. .
l
con

permeabilit magnetica del materiale su cui stato avvolto il filo. Nel caso del vuoto
=

= 1,256 H/m.

Alcuni materiali, detti ferromagnetici, hanno una permeabilit molto maggiore di quella
del vuoto e permettono quindi a parit di spire di ottenere valori induttivi notevolmente pi
alti. Disgraziatamente questi materiali, sottoposti a campi magnetici variabili danno luogo a
delle perdite, cio dissipano energia. Di questo fenomeno necessario tener conto nel modello
dellinduttore tramite una resistenza equivalente, tenendo anche presente che tali perdite
aumentano al crescere della frequenza, e che la permeabilit di molti materiali varia al variare
del campo magnetico.
In sostanza se si volesse descrivere con precisione un induttore reale con nucleo
ferromagnetico, si dovrebbe tener conto che le perdite crescono con la frequenza (in genere
con il quadrato di questultima), e che il dispositivo non affatto lineare in quanto
V

Li

di
dt

Oltre certi valori di campo poi, tutti i materiali ferromagnetici saturano. La loro
permeabilit differenziale diviene in pratica pari a quella del vuoto (figura 3.8)

tg =
tg =

H
figura 3.8

56

Dispositivi passivi
Capitolo 3
abbastanza evidente che in questa situazione molti sono i possibili modelli di un
induttore reale, pi o meno soddisfacenti. Uno di essi quello illustrato in figura 3.9 (modello
poco aderente alla realt in caso di nucleo ferromagnetico, in quanto lineare)

Rp

Cp
figura 3.9

con L elemento dominante, Rp resistenza che tiene conto delle varie perdite e Cp capacit
concentrata rappresentativa delle capacit distribuite dellinduttore reale.
Anche in questo caso al di sopra di una certa frequenza leffetto capacitivo e quello
resistivo dovuto alle perdite possono prendere il sopravvento. inoltre necessario, nel caso idi
nuclei ferromagnetici, porre una certa attenzione alla corrente circolante nellinduttore per
evitare fenomeni di saturazione.
Siamo quindi in presenza di un elemento che presenta una notevole discrepanza da
quello ideale. Si preferisce in questo caso, introdurre un coefficiente di qualit Q che possa
tener conto di quanto loggetto reale si avvicina a quello ideale. Esso definito come rapporto
tra la potenza accumulata nel campo magnetico (potenza reattiva PR) e quella dissipata
(potenza attiva PA). Il coefficiente di qualit, detto fattore di merito, ovviamente funzione
della frequenza e vale:
PR
PA

Trascurando la capacit parassita e rappresentando le perdite con una resistenza


parassita serie RS (figura 3.10)

Rs ( )

figura 3.10

si ottiene:
57

Dispositivi passivi
Capitolo 3

Rs

Si ha un pertanto un numeratore che cresce al crescere di , ma anche il denominatore,


che tiene conto delle perdite cresce con . Si puo di solito individuare un intorno di valori in
cui il fattore di merito relativamente alto, mentre per frequenze inferiori e superiori va
rapidamente decadendo e rende il componente poco usabile a tali frequenze.
Se si usasse un modello con resistenza di perdita in parallelo (figura 3.11)

R p( )
figura 3.11

si otterrebbe:
Rp

che tuttavia porterebbe, come devessere, a conclusioni analoghe.


In sostanza tutti i discorsi fatti per i componenti passivi presi in considerazione portano
a dire che gli oggetti reali vengono approssimati con dei modelli, la cui validit tuttavia
ristretta ad un campo di frequenza limitato. Ogni volta quindi che un modello di componente
verr utilizzato sar necessario aver ben chiaro qual il campo di frequenza in cui esso pu
ritenersi valido, per evitare di commettere grossolani errori.
3.5) Area di funzionamento sicuro (SOA)
Oltre allintervallo di frequenza entro cui un componente pu operare correttamente,
esistono poi altri limiti che delimitano il corretto impiego, superando i quali loggetto in
questione non ha pi un comportamento corretto o addirittura si danneggia. Si definisce
quindi larea di funzionamento sicuro (safe operating area SOA).
In essa si descrivono, ad esempio nel piano corrente-tensione (figura 3.12), le linee di
confine oltre le quali il componente non pu pi essere utilizzato.
Ad esempio un resistore limitato dalla massima dissipazione
Pmax

V.I

che determina sul piano V,I uniperbole. In scala logaritmica liperbole si trasforma nella retta
inclinata a 45. Nella zona tratteggiata di figura 3.12 il resistore potrebbe distruggersi. Altri
58

Dispositivi passivi
Capitolo 3
limiti possono essere un valore massimo di corrente, che determina il danneggiamento per
elettromigrazione, e quello di tensione, superando il quale si pu avere il danneggiamento per
scarica. Questi tre limiti determinano la SOA entro la quale deve venir mantenuto il campo
operativo del componente.

I
I max
1

SOA

Pd max (25 C)

Vmax

figura 3.12

Il diagramma della SOA tuttavia viene assegnato ad una ben precisa temperatura.
Allaumentare della temperatura ambiente la potenza massima dissipabile diminuisce. Per
riportarsi ad altre temperature di funzionamento vengono allora assegnate le curve di derating
il cui aspetto quello riportato nella figura 3.13

Pd

P0

TR

Tmax

Ta

figura 3.13

in cui viene assegnata la massima potenza disponibile in funzione della temperatura.

59

Dispositivi passivi
Capitolo 3
Poich ogni oggetto fisico avr una massima temperatura di funzionamento Tmax, a tale
temperatura la potenza dissipata dovra essere necessariamente nulla.
Vi poi una massima potenza dissipabile, caratteristica del dispositivo, che si pu
ritenere costante fino ad una certa temperatura di riferimento TR. Per temperature superiori a
TR la potenza decresce linearmente fino a ridursi a zero in corrispondenza a Tmax.
Vi sono infine dei coefficienti, chiamati coefficienti ambientali, che permettono di
valutare in che modo i parametri, che in prima approssimazioni vengono ritenuti delle
costanti, variano in funzione di una qualche caratteristica ambientale. In tabella 3.1 vengono
riportati alcuni di tali coefficienti.

Tabella 3.1

Coefficienti ambientali

Coefficiente di temperatura T:
RT

R0 1

T0

dove T la temperatura di lavoro e T0


quella di riferimento

V0

dove V la tensione di lavoro e V0 quella


di riferimento.

Coefficiente di tensione v:
RV

R0 1

Coefficiente di invecchiamento :
Rt

R0 1

t0

dove t e il tempo trascorso dallistante t0


in cui si e iniziata losservazione e nel
quale il valore del resistore era R0.

60

I semiconduttori
Capitolo 4

Capitolo 4
SEMICONDUTTORI

4.1) La conduzione nei solidi


Oltre ai materiali che si possono definire buoni conduttori e rispettivamente isolanti,
esistono materiali le cui caratteristiche si situano in posizione intermedia tra quelle delle due
categorie precedenti e che permettono di realizzare dispositivi in grado di controllare il flusso
di cariche cio la corrente che li attraversa. Si parla in tal caso di semiconduttori.
I materiali semiconduttori pi noti sono il Germanio (Ge), il Silicio (Si) e lArseniuro di
Gallio (GaAs). Non considerando dispositivi particolari, il Germanio stato il primo
materiale usato in modo organico per la costruzione di dispositivi elettronici. Oggi la maggior
parte dei dispositivi elettronici impiega il Silicio. LArseniuro di Gallio il capostipite di una
classe di semiconduttori, detti III - V dalla colonna di appartenenza dei singoli elementi
costituenti alla tabella periodica degli elementi. Sui semiconduttori III-V si basano dispositivi
ultra veloci e tutti quei dispositivi destinati agli impieghi di tipo ottico-elettronico, come i
LED o i laser a semiconduttore impiegati per la trasmissione dei segnali in fibra ottica. I
semiconduttori sono comunque una categoria molto vasta di materiali, alcuni noti e
sporadicamente usati in elettronica prima o indipendentemente dallo sviluppo dei transistori
(esempio fotoresistenze al Solfuro di Cadmio, termistori, ecc.), alcuni di sviluppo molto
recente, come ad esempio i semiconduttori II - VI, usati fra laltro per la rivelazione di
radiazione infrarossa.
In generale i dispositivi a semiconduttore usati in elettronica (almeno quelli di cui ci si
occupera) sono ottenuti da materiali con struttura monocristallina. Per la comprensione dei
principi di funzionamento dei dispositivi elettronici quindi essenziale partire da uno studio
dei fenomeni che si verificano nella materia in struttura monocristallina.
Un semplice modello atomico quello che descrive latomo composto da una parte
centrale, detta nucleo, attorno alla quale vi un guscio di elettroni orbitanti. Gli elettroni
tuttavia non possono assumere qualsiasi livello energetico, ma occupano solo ben determinati
livelli discreti di energia, individuati da quelli che vengono chiamati numeri quantici. Per ogni
livello, detto orbitale, possono trovare collocazione unicamente due elettroni, che differiscono
unicamente per lo spin1.
Fornendo energia al sistema, o prelevandone, gli elettroni possono spostarsi su stati di
energia diversi. Con energia fornita dallesterno gli elettroni si spostano su stati superiori pi
esterni mentre quando si portano su stati pi interni si ha una diminuzione di energia che
viene emessa per radiazione. Se lenergia fornita dallesterno supera un determinato valere,
lelettrone pu divenire libero, ionizzando latomo. In questo caso lelettrone, che pu
muoversi liberamente, diviene un portatore di carica, mentre quando latomo non stato

1 Spin il nome comunemente dato al numero quantico magnetico di spin che viene indicato con M e che
S

pu assumere i valori

1/ 2 a seconda del senso di rotazione.

61

I semiconduttori
Capitolo 4
ancora ionizzato, pur contenendo un certo numero di cariche completamente neutro e non
in grado di cedere alcuna di queste sue cariche in modo da contribuire alla conduzione.
In un sistema nel quale gli atomi possono essere considerati isolati, quando cio la loro
distanza talmente grande da rendere nulla linterazione tra i singoli atomi, la situazione
energetica dei singoli elettroni pu essere almeno qualitativamente descritta dal diagramma in
figura 4.1 intendendo con energia 0 lenergia dellelettrone libero, cio sganciato dal nucleo
atomico e libero di muoversi.
In un reticolo cristallino tuttavia, lipotesi di atomo isolato viene a cadere e a causa
dellinterazione tra atomi vicini entra in gioco il principio di esclusione di Pauli secondo il
quale due elettroni con lo stesso spin non possono pi stare sullo stesso livello energetico e si
distribuiscono quindi su livelli distinti. A causa del grande numero di elettroni in un cristallo
gli elettroni si distribuiscono praticamente in bande di energia. Le bande di energia, entro le
quali si trovano i livelli energetici permessi, originatesi al ridursi della distanza interatomica,
come avviene nel caso di un reticolo cristallino, possono rimanere distinte, separate da una
banda vietata, che non contiene livelli permessi, oppure possono risultare parzialmente
sovrapposte.

energia potenziale dell'elettrone (eV)


0

atomo

atomo

figura 4.1

In termini molto semplificati il diagramma energetico assume la struttura della figura


4.2, cio una struttura periodica in cui un elettrone che appartiene ad uno stato interno
dellatomo non pu spostarsi dallatomo stesso, rimanendovi vincolato, a meno che il suo
livello energetico non venga consistentemente alterato, cedendo ad esso unaliquota di energia
non trascurabile.
Se si considerano gli elettroni che appartengono a stati energetici dei gusci pi esterni,
si vede che essi in realt possono trovarsi entro i due limiti Eu ed El della banda energetica in
cui, per effetto dellinterazione, si sono trasformati i livelli energetici relativi agli atoni isolati.
Se quindi un elettrone possiede unenergia tale da ricadere in tale banda in realt esso
libero di muoversi allinterno del reticolo cristallino. In realt quindi lelettrone appartiene al
62

I semiconduttori
Capitolo 4
reticolo pi che al singolo atomo. Si noti che un elettrone con energia superiore o uguale a Ei
addirittura libero di muoversi al di fuori del reticolo.
energia potenziale

Eu
El

Ei

elettrone
vincolato

cristallo
figura 4.2

Questa rappresentazione, che bene precisare essere molto grossolana, pu gi


giustificare il fatto che materiali solidi, di tipo metallico, hanno una certa quantit di elettroni
che non sono legati ai singoli atomi, ma sono liberi di spostarsi, quasi fossero un gas
allinterno del reticolo cristallino, rendendo il materiale conduttore. Il fatto che i livelli
energetici ai bordi siano pi elevati che non allinterno giustifica anche il fatto che gli
elettroni rimangono confinati allinterno del materiale.
Nei materiali isolanti, cio nei cattivi conduttori, gli stati energetici che non
appartengono al singolo atomo esistono, ma non sono popolati da elettroni o lo sono in
maniera talmente scarsa da rendere il fenomeno della conduzione trascurabile.
4.2) Il modello a bande denergia
Si visto al paragrafo precedente che se gli atomi vengono considerati isolati, gli stati
quantici in cui gli elettroni possono mantenersi sono precisi e ben definiti per ciascun atomo
(figura 4.3)
E
Ec

conduzione

per il silicio
E G = 1.12 eV

stato 2p
stato 2s

E G = Ec - Ev

Ev

valenza

d (distanza interatomica)
5.43 A
figura 4.3

63

I semiconduttori
Capitolo 4
Si ricordi che per ciascun livello in un atomo isolato possono risiedere al pi due
elettroni.
Quando due atomi vengono avvicinati, iniziano ad interagire tra loro e per rispettare il
principio di esclusione di Pauli, che vieta che nello stesso stato ci possano essere pi di due
elettroni, ciascuno stato si suddivide in due. Poich poi in un reticolo cristallino gli atomi che
interagiscono sono in numero estremamente elevato, si pu concludere che ciascuno stato si
trasforma in una banda energetica.
Nel grafico della figura 4.3 illustrato, in maniera qualitativa, il caso del silicio in cui i
quattro elettroni dello strato pi esterno realizzano un legame covalente con gli atomi
adiacenti. Siano ora gli stati 2p e 2s rispettivamente i livelli energetici di elettroni di
conduzione e di elettroni di valenza. Con il diminuire della distanza interatomica i due livelli
energetici si separano in bande, com illustrato nella figura 4.3. Ad una distanza di 5,43 ,
che la distanza interatomica in un cristallo di silicio, i due livelli degenerano in due bande di
energia permessa, separate da una banda proibita di ampiezza pari a 1,12 eV. Nella banda
inferiore, detta banda di valenza, tutti i livelli disponibili risultano occupati da elettroni, che
risultano vincolati e non possono contribuire quindi alla conducibilit elettrica del materiale.
Nella banda superiore che si dice di conduzione, i livelli permessi sono liberi e
possono venire occupati da elettroni in grado di trasportare una corrente elettrica. Un
elettrone, per potersi muovere e quindi contribuire al trasporto di corrente, deve quindi prima
passare dalla banda di valenza, dove vincolato, a quella di conduzione.
In altri casi, ad esempio nella grafite, materiale tetravalente come il silicio, il reticolo
cristallino ha una dimensione tale da portare le bande a toccarsi. In tal caso sufficiente un
modestissimo apporto energetico per trasferire un elettrone dallo stato energetico di valenza a
quello di conduzione.
In generale si possono distinguere tre situazioni (figura 4.4), che danno origine a tre
categorie di materiali:
La banda di conduzione e quella di valenza sono separate da un intervallo di
energia EG - energia della banda vietata o gap - di parecchi elettronvolt. Il
materiale in questione allora un isolante, perch in condizioni normali di
temperatura e a meno di forti sollecitazioni elettriche gli elettroni non possono
passare in banda di conduzione e quindi il materiale sostanzialmente non
conduce. questo il caso, ad esempio, dei comuni materiali isolanti usati nella
microelettronica, come il biossido di silicio (SiO2) in cui la banda vietata di
circa 8 eV o il nitruro di silicio (Si3N4) con un gap di circa 4 eV.
La banda di conduzione e quella di valenza sono parzialmente sovrapposte. In
questo caso basta un piccolo campo elettrico applicato perch gli elettroni
acquisiscano unenergia addizionale sufficiente a liberarli portandoli nella
banda di conduzione. Un tale materiale un conduttore. Questa e la
situazione tipica dei metalli.
La banda di conduzione e quella di valenza sono separate da un intervallo di
energia piccolo, dellordine di 1 eV. In questo caso il materiale un
semiconduttore. Ad esempio a 0 K nel Ge la banda proibita di 0,785 eV e
di 1,21 eV nel Si. A basse temperature i semiconduttori si comportano da
isolanti, almeno per campi elettrici applicati che non siano in grado di portare
gli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione. Tuttavia
allaumentare della temperatura una certa quantit di elettroni acquista energia
64

I semiconduttori
Capitolo 4
sufficiente per passare nella banda di conduzione, con un processo detto di
generazione. Gli elettroni che sono passati nella banda di conduzione lasciano
poi dei livelli liberi nella banda di valenza. La mancanza di elettroni nella
banda di valenza si dice lacuna. Sia gli elettroni nella banda di conduzione che
le lacune nella banda di valenza possono contribuire alla conduzione di
corrente elettrica.

banda di
conduzione

EG= 6 eV

elettroni
liberi

banda
proibita
banda di
valenza

banda di
conduzione

EG= 1 eV
lacune

banda di
valenza

figura 4.4

Per intendere meglio cosa significhi lacuna, necessario ricordare che lequilibrio che
stato descritto un equilibrio di tipo dinamico. Gli elettroni presenti nella banda di
conduzione ad una determinata temperatura sono in media in quantit costante, ma ci non
significa che lo siano istante per istante.
In altre parole pu accadere che un elettrone passi in un certo istante in banda di
conduzione e dopo essersi spostato sotto lazione di un campo elettrico, ricada nella banda di
valenza andando ad occupare una lacuna secondo il fenomeno della ricombinazione. In
sostanza quindi come se la lacuna si fosse spostata in direzione opposta al movimento
dellelettrone. Poich alla lacuna associata una carica elettrica positiva pari alla carica
dellelettrone, il fenomeno partecipa alla conduzione elettrica del materiale.
Si pu allora parlare di due portatori di carica, elettroni e lacune, di segno opposto, che,
muovendosi in direzioni opposte, sono responsabili delle correnti allinterno del
semiconduttore.
Un semiconduttore in cui le lacune nella banda di valenza sono in numero uguale agli
elettroni in banda di conduzione si dice intrinseco. Esistono dei metodi (drogaggio), per far s
che la conducibilit di un semiconduttore sia dovuta prevalentemente portatori di carica di un
solo tipo. Semiconduttori di questo genere si dicono estrinseci.
opportuno notare che poich lenergia della banda proibita dipende dalla distanza
interatomica, EG dipende dalla temperatura. A 0 K EG per il silicio vale 1,21 eV mentre a 300
K, (temperatura ambiente) si riduce a 1,12 eV.
Lentit della corrente dipende del numero di elettroni nella banda di conduzione e di
lacune in quella di valenza.
Riferendosi ad esempio alla banda di conduzione, si pu dimostrare che il numero di
stati possibili in cui un elettrone pu trovarsi funzione dellenergia con un legame di tipo
radice quadrata.
Non tutti gli stati tuttavia sono possibili e lo stesso discorso vale anche per le lacune
nella banda di valenza
65

I semiconduttori
Capitolo 4
Il numero di possibili stati occupabili da portatori di carica in banda di conduzione e in
quella di valenza riportato nel grafico (a) di N(E) della figura 4.5. Tuttavia, come si detto,
non affatto assicurato che questi stati siano popolati.

E - EF

N(E)

Ec
EF

F(E) . N(E)

0,5
0

F(E)
(1 - F(E)) . N(E)

Ev

(a)

(c)

(b)
figura 4.5

La distribuzione degli elettroni nei livelli permessi si ricava dalla statistica quantistica
ed descritta dalla funzione di Fermi - Dirac che definisce la probabilit f(E) di occupazione
da parte di un elettrone del livello di energia E, come riportato in figura 4.5 (b).
1

f E

1 e

E EF
kT

dove k la costante di Bolzmann in eV/K, T la temperatura assoluta in K e EF il livello di


energia di Fermi, che rappresenta il livello di energia in cui la probabilit di occupazione
pari a 0,5. f(E) quindi funzione della temperatura e a 0 K degenera nel grafico di figura 4.6
E - EF

0,5

figura 4.6

66

F (E)

I semiconduttori
Capitolo 4
Ci sta ad indicare che tutti gli elettroni si trovano ad unenergia inferiore a EF; il livello
di Fermi quindi definibile anche come il limite superiore dellenergia che un elettrone pu
possedere allo zero assoluto.
Negli isolanti e nei semiconduttori il livello di Fermi cade nella banda vietata, mentre
nei metalli cade in una banda permessa. Si pu dimostrare che in un semiconduttore intrinseco
il livello di Fermi EF cade allincirca a met della banda vietata.
Al crescere della temperatura la forma diviene sempre meno spigolosa. Prendendo in
considerazione una temperatura superiore allo zero Kelvin, landamento sar del tipo riportato
in figura 4.7

E-E

E*
1
E

0,5

F(E)

figura 4.7

Si consideri ora un semiconduttore, per il quale EF si trova in posizione intermedia tra la


banda di valenza e quella di conduzione.
Presa in considerazione lenergiaE , estremo superiore della banda di valenza, si pu
notare che non tutta la popolazione elettronica presente in tale banda e vi sono quindi stati
liberi che vengono occupati da lacune, mentre in corrispondenza a E*, limite inferiore della
banda di conduzione non si ha un valore nullo, ma vi una certa disponibilit di elettroni.
Con riferimento alla banda di valenza, si noti poi che, se f(E) rappresenta la distribuzione
degli elettroni, la curva complementare 1 - f(E) d, in funzione della temperatura, la
probabilit di trovare lacune con energia inferiore a EF.
Componendo le informazioni relative agli stati possibili che possono venir popolati e la
probabilit che lo siano in funzione della temperatura, si ottiene il grafico della figura 4.5 c
che indica in sostanza la densit di elettroni e lacune utilizzabili come portatori di carica per
sostenere una corrente.
In un semiconduttore intrinseco la densit di elettroni n e lacune p uguale e pari a ni,
funzione della temperatura. Si pu allora scrivere che:
n. p

67

n 2i

I semiconduttori
Capitolo 4
4.3) I semiconduttori drogati o estrinseci
Per aumentare la conducibilit di un semiconduttore necessario aumentare la
popolazione dei portatori. Tale risultato pu venir conseguito contaminando il cristallo con
delle impurit, dette droganti, i cui atomi si comportano da impurit sostituzionali, occupando
il posto di un atomo del materiale base nel reticolo cristallino.
Fissando lattenzione su materiali semiconduttori tetravalenti, quali il germanio e il
silicio, le impurit comunemente usate sono materiali pentavalenti, quali il fosforo (P),
larsenico (As) e lantimonio (Sb) o materiali trivalenti quali il boro (B), lindio (In) o
lalluminio (Al). La quantit di drogante sempre molto moderata, dellordine di un atomo di
drogante ogni 108 atomi di materiale base. I semiconduttori drogati con materiali pentavalenti
prendono il nome di semiconduttori di tipo n, mentre quelli drogati con materiali trivalenti
vengono chiamati semiconduttori di tipo p.
Fissando lattenzione sui semiconduttori di tipo n, ci si pu rendere conto, sia pure in
maniera intuitiva, che dei cinque elettroni di valenza del materiale drogante solo quattro
partecipano ad un legame covalente, e quindi ad un legame forte, con gli atomi circostanti. Il
quinto elettrone, legato unicamente allatomo di impurit, pu essere reso libero con un
modesto apporto di energia, diventando pertanto un portatore di carica. Allelettrone liberato
rimane associato uno ione positivo, bloccato nel reticolo cristallino.
In modo analogo, quando il drogante un materiale trivalente, limpurit che si
inserisce nel reticolo cristallino tende a catturare un elettrone dagli atomi circostanti,
diventando uno ione negativo e generando una lacuna.
In altre parole i livelli energetici introdotti dai droganti nel modello a bande di energia
non subiscono gli effetti del principio di esclusione di Pauli. Nel silicio n, come illustrato
nella figura 4.8, si ha lintroduzione di un livello in pi che cade nella banda vietata del
semiconduttore intrinseco ed prossimo al limite inferiore della banda di conduzione di
questultimo (basta unenergia molto piccola ceduta allelettrone che si trova su tale livello
energetico perch passi in banda di conduzione).
reticolo cristallino

Intrinseco

Ec
EG

En
EF

EFn
EF

As

e-

Ev
Intrinseco

figura 4.8

In modo analogo il drogaggio di tipo p introduce nella banda vietata del semiconduttore
intrinseco, un livello energetico prossimo allestremo superiore della banda di valenza.
Il materiale tuttavia ha una concentrazione di impurit estremamente bassa e quindi pu
essere considerato ancora come materiale praticamente puro. Inoltre alle temperature normali
68

I semiconduttori
Capitolo 4
il drogante pu essere considerato totalmente ionizzato. Anzi anche a temperature
abbondantemente inferiori allo zero Celsius, questa ipotesi pu essere considerata
completamente soddisfatta.
Poich il numero di elettroni in banda di conduzione aumentato, e quindi aumentata
la probabilit di occupazione di un determinato livello di energia, evidente che il livello di
Fermi del materiale drogato EFn si spostato rispetto a quello EF del materiale intrinseco nella
direzione della banda di conduzione (figura 4.9). Lentit di tale spostamento data da:
EF

E Fn

EF

kT ln

N
ni

dove N la concentrazione dellimpurit, k la costante di Boltzman, T la temperatura


assoluta e ni la concentrazione dei portatori di carica nel semiconduttore intrinseco.
Il doppio segno che compare nellespressione deriva dal fatto che un discorso
perfettamente analogo si pu fare con drogaggi effettuati con materiali trivalenti, nel qual
caso lo spostamento del livello di Fermi avviene nella direzione della banda di valenza.
I materiali drogati pentavalenti che rendono il semiconduttore di tipo n vengono detti
donatori, quelli trivalenti, che lo rendono di tipo p vengono detti accettori.

Ec
E Fi

EF

EF
E

EF

figura 4.9

opportuno inoltre far notare che nellespressione precedente, che permette di valutare
EF, con N si intende la concentrazione netta di impurit, cio la differenza tra numero di
donatori e di accettori; non quindi assolutamente necessario che il drogaggio sia effettuato
con un materiale di un unico tipo per ottenere un semiconduttore di tipo p o di tipo n.
Se il drogaggio molto elevato, 1019 o pi, il semiconduttore diviene degenere, cio
praticamente un conduttore, e il livello di Fermi taglia una delle bande permesse. In questo
caso lipotesi di completa ionizzazione del drogante pu non essere pi accettabile.
In un materiale drogato le concentrazioni n di elettroni e p di lacune sono legate, in
equilibrio termico, allo spostamento del livello di Fermi dalle relazioni conosciute sotto il
nome di equazioni di Schockley

69

I semiconduttori
Capitolo 4

n i .e

EF
kT

ni . e

EF
kT

e quindi
n 2i

n. p

Si vede pertanto che al crescere di n diminuisce p e viceversa, ma il loro prodotto


sempre pari al quadrato di ni del semiconduttore intrinseco per il quale p=n
ovvio che la concentrazione ni dipende dalla temperatura; il legame tra
concentrazione nel semiconduttore intrinseco e temperatura del tipo
n i2

K1e

K2
kT

con K1 e K2 opportune costanti, k costante di Boltzman e T temperatura assoluta.


Si tenga ora presente che in un materiale drogato, per il quale si possa ritenere valida
lipotesi di completa ionizzazione del drogante deve valere che
n p

ND

NA

avendo indicato con ND e NA le concentrazioni di donatori e accettori e con n e p le


concentrazioni dei portatori di carica elettroni e lacune. Lespressione evidente in quanto ND
e NA rappresentano le cariche legate al reticolo cristallino, n e p le cariche libere, ma
ovviamente il materiale nel suo complesso deve rimanere elettricamente neutro.
Dal sistema delle due equazioni
n 2i

n. p
n p

ND

NA

si pu facilmente ricavare che:


ND
n
ni

ND

NA

n i2

1
2

ND
p
ni

ni

NA

ni

NA

ND
2
70

NA

n i2

1
2

I semiconduttori
Capitolo 4
Landamento di p/ni e n/ni riportato nella figura 4.10 in funzione di (ND - NA)/ni

12

semiconduttore p

semiconduttore n

10
8
6

p
ni

n
ni

4
2

-10

-8

-6

-4

-2

(ND- NA )/ni
2

10

figura 4.10

Queste curve indicano che se


ND

ni

NA

cio se il materiale un materiale di tipo n, allora n p. In questo caso allora gli elettroni
costituiscono i portatori di maggioranza, le lacune quelli di minoranza. Se invece
ND

ni

NA

cio in un materiale di tipo p, sono le lacune che costituiscono la popolazione maggioritaria


dei portatori, mentre gli elettroni diventano minoritari.
Inoltre le due relazioni trovate permettono di dire se (ND - NA)/ni >> 0, allora:
n

ND

mentre quando (ND - NA)/ni


p

NA

e di conseguenza

n i2
ND

n i2
NA

0 allora:
e di conseguenza

Si consideri ora la concentrazione di elettroni in un semiconduttore intrinseco e in uno


drogato n e come tale concentrazione vari con la temperatura. Un discorso perfettamente
analogo si pu fare per le lacune in un materiale drogato p.
Alle basse temperature, nella zona che detta di congelamento e si estende dallo 0 K
fino a circa -90 C 70 C, lenergia termica non sufficiente a ionizzare i donatori in un
71

I semiconduttori
Capitolo 4
numero significativo. Di conseguenza il materiale si comporta quasi come il semiconduttore
intrinseco.
A partire dal limite superiore di tale zona, la ionizzazione dei donatori aumenta
rapidamente e con un modesto incremento di temperatura questi ultimi risultano tutti
ionizzati. La concentrazione n dei portatori maggioritari diviene pari a ND e molto maggiore
di ni. Tale situazione si conserva fino a qualche centinaio di gradi centigradi, quando ni prende
di nuovo il sopravvento e il semiconduttore riprende un comportamento simile a quello di un
semiconduttore intrinseco. Questa zona individuata nella figura 4.11 dal pianerottolo
pressoch orizzontale della curva (b).
Il comportamento in questa zona dettato dalle impurit e pu essere controllato
dosandole opportunamente. proprio questa zona che viene sfruttata per la realizzazione di
dispositivi in grado di modulare la corrente.

n (concentrazione di elettroni)

(b)
ni
semiconduttore intrinseco
T ( K)
figura 4.11

4.4) Conduzione e diffusione


Quando un materiale in cui siano presenti dei portatori liberi di carica viene sottoposto
ad un campo elettrico si determina uno spostamento di questi portatori e si origina una
corrente. Considerando un semiconduttore, con portatori di ambedue i tipi, di densit
rispettivamente n e p, le densit di corrente relative a ciascun tipo di portatore sono:
Jp

q . p.

Jn

q . n.

dove q la carica dellelettrone, e p e n sono due coefficienti proporzionali allintensit del


campo elettrico che hanno le dimensioni di una velocit:
p

.E

72

.E

I semiconduttori
Capitolo 4
p e n descrivono quindi lattitudine dei portatori a spostarsi sotto lazione di un campo
elettrico e per tale motivo prendono il nome di mobilit rispettivamente di lacune e di
elettroni. La mobilit, in generale diversa per gli elettroni e le lacune, definita come il
rapporto tra la velocit assunta dalle particelle e il campo elettrico. La mobilit decresce
allaumentare della temperatura e del drogaggio. Poich campo elettrico e potenziale sono tra
loro, come noto, legati, si pu concludere che la densit di corrente, e quindi la corrente che
circola in un conduttore, ai cui estremi sia stata applicata una differenza di potenziale,
proporzionale a tale differenza di potenziale. In termini macroscopici si ottenuta la legge di
Ohm, relazione fondamentale per le correnti cosiddette di conduzione.
Nei semiconduttori tuttavia presente anche un altro fenomeno. Tale fenomeno, detto
diffusione, non legato al valore delle cariche n allintensit del campo elettrico, ma alla
loro distribuzione spaziale ed derivato dalla teoria dei gas. Sostanzialmente tale teoria
afferma che se vi sono due comparti, in uno dei quali vi un maggior numero di molecole di
gas che non nel secondo, si verifica un loro spostamento verso il comparto maggiormente
vuoto, finche non viene raggiunta una condizione di equilibrio. interessante notare che
quanto appena affermato, sia pure in maniera assolutamente qualitativa, non coinvolge in
alcun modo la nozione di carica ed quindi assolutamente slegato dal fatto che le particelle
prese in considerazione siano o no portatrici di una carica elettrica.
Si pu allora pensare che nel semiconduttore esistono delle zone in cui, per drogaggio
non uniforme, la quantit di portatori risulta punto per punto differente, dando luogo ad un
gradiente di concentrazione. In questo caso per diffusione si genera una corrente dipendente
dal gradiente, detta corrente di diffusione.
Facendo lipotesi che questo gradiente sia presente solo lungo un asse, indicato con x, le
densit di corrente di diffusione sono:

Jn

q. D n .

dn
dx

Jp

q. Dp .

dp
dx

dove le quantit Dn e Dp prendono il nome di costanti di diffusione ed hanno


unespressione del tipo:
kT
.
q

(relazione di Einstein)

Questa corrente tende a pareggiare il gradiente, ma se questo viene in qualche modo


mantenuto si ha un nuovo contributo permanente alla corrente totale.
In definitiva per un semiconduttore si pu scrivere la seguente equazione di trasporto
della carica elettrica.
J q. n.

p.

.E

q. D n .

n
x

Dp .

p
x

(4.1)

Il primo termine del secondo membro rappresenta la corrente di conduzione, come


somma delle due componenti, di elettroni e lacune, il secondo membro la corrente di
diffusione. La diffusione avviene in senso opposto al gradiente di concentrazione, cio dalla
73

I semiconduttori
Capitolo 4
concentrazione maggiore verso la concentrazione minore. Questo spiega i segni che
compaiono nellespressione della densita di corrente.
In assenza di campi elettrici la corrente si riduce alla sola componente diffusiva, in
assenza di gradienti di concentrazione alla sola componente conduttiva. Nel caso in cui il
semiconduttore sia di tipo p o di tipo n la corrente di conduzione si riduce poi praticamente a
quella dei soli portatori di maggioranza.
Dallespressione della corrente di conduzione
J

q. n.

p.

.E

.E

si definisce la conducibilit del materiale.


Il drogaggio di un semiconduttore altera la conducibilit, che, note le mobilit, pu
essere calcolata dalle espressioni delle concentrazioni dei portatori.
opportuno notare come il valore della mobilit sia molto diverso nei diversi
semiconduttori usati in elettronica. In particolare laltissima mobilit degli elettroni
nellArseniuro di Gallio giustifica limpiego di questo materiale per la costruzione di
dispositivi ultra veloci.
4.5) Effetto Hall
Questo effetto dimostra lesistenza nei semiconduttori di una conducibilit di tipo p e di
tipo n, consente di misurare la mobilita dei portatori e costituisce il fenomeno su cui si basa il
funzionamento delle magnetoresistenze e dei generatori di Hall, componenti impiegati come
sensori di campi magnetici.
Si consideri una lastrina di materiale semiconduttore (figura 4.12), percorsa da una
corrente I e sottoposta a un campo magnetico B.

I
figura 4.12

I portatori di carica che si muovono entro il materiale con velocit v subiscono la forza
di Lorentz data da
F q. v B
dove q la carica (con segno) della particella.

74

[4.2]

I semiconduttori
Capitolo 4
Per effetto della forza F sia le particelle positive (lacune), che quelle negative (elettroni)
si addensano dallo stesso lato della piastrina. Infatti, se la corrente dovuta a lacune, leq.
[4.2] si scrive:
F q. v B
dove q e v sono prese con il segno positivo. Se la corrente dovuta a elettroni la [4.2]
diventa, poich la velocit delle particelle in questo caso ha verso opposto a quello della
corrente I.
F

q. v

La forza che agisce sia sugli elettroni che sulle lacune ha la stessa direzione, quindi
spinge le particelle dei due tipi dallo stesso lato della piastrina. Se la conduzione dovuta
prevalentemente a elettroni, un lato della piastrina si carica quindi negativamente, mentre se
dovuta a lacune lo stesso lato si carica positivamente. A un certo punto si arriva a una
situazione di equilibrio in cui la tensione Vh prodotta impedisce laccumulo di ulteriori
cariche. In questa situazione il campo elettrico prodotto dalle cariche accumulate esercita una
forza che bilancia la forza di Lorentz.

E. q

Vh
.q
d

q . v. B

[4.3]

Ricordando che la velocit dei portatori legata alla densit di corrente J da:
J

I
w. d

n. q. v

.v

[4.4]

dove con si e indicata la densit di carica e n il numero di portatori per unit di volume.
Ricavando v dalla 4.4 e sostituendola nella 4.3 si ha:
Vh
d

I. B
w . d.

v. B

e quindi
Vh

B. I
w.

Dal segno di Vh si ricava il tipo di semiconduttore. Dal suo valore, noti B, I e w si


ricava e dalla = nq la densit dei portatori di carica. Inoltre, misurando con altri metodi la
conducibilit = , si ottiene la mobilit .

75

I diodi
Capitolo 5

Capitolo 5
I DIODI
5.1) La giunzione p-n
Si consideri una barretta di materiale semiconduttore drogata ad esempio p, in cui esista
un gradiente non nullo nella concentrazione dei portatori di carica (nel caso esaminato lacune)
(figura 5.1)

p2

V1

V2

aumento della concentrazione


figura 5.1

Le lacune, in concentrazione variabile da punto a punto, secondo quanto si e visto al


capitolo precedente diffondono verso le zone a gradiente pi basso. Considerata lequazione
4.1 di trasporto, imponendo che non vi sia nessuna eccitazione, cio che Jp sia nulla si ottiene:
q.

. p. E

q. D p .

dp
dx

e tenendo presente che E dx = dV con alcuni semplici passaggi si ottiene che:


dV

VT .

Dp

dp
p

kT
.
q
p
Integrando lungo la barretta tra i due estremi di concentrazione p1 e p2 si ottiene:

avendo indicato con VT la quantit

76

I diodi
Capitolo 5

V2

V1

p2

VT .

p1

dp
p

VT . ln

p1
p2

Tra il punto 2 e il punto 1 (figura 5.1) si stabilisce pertanto un potenziale interno


proporzionale al logaritmo del rapporto delle concentrazioni nei due punti. Volendo
esaminare tale fatto in modo qualitativo il discorso potrebbe venir fatto nella maniera
seguente. Il gradiente presente nella concentrazione fa si che i portatori diffondano nella zona
a minor concentrazione. Tuttavia questa migrazione di portatori lascia sul posto gli ioni delle
impurit che sono legati al reticolo cristallino e quindi in tale zona essi non risultano pi
elettricamente neutralizzati dalle cariche libere. Si genera in tal modo un campo elettrico che
genera una componente di trasporto per conduzione che si contrappone alla corrente di
diffusione. Si stabilisce in definitiva un equilibrio dinamico che annulla la corrente totale.
La conclusione interessante che allinterno del nostro materiale, ogni volta che la
concentrazione non uniforme, si stabilisce un potenziale che tende a ribilanciare la corrente
di diffusione con una componente di trascinamento uguale e contraria.
Ci si ponga ora lobiettivo di massimizzare tale potenziale, cio di massimizzare il
gradiente della concentrazione. Una tecnica possibile quella di affacciare due zone di
materiale, una di semiconduttore di tipo p e laltro di tipo n. Si viene a creare in tal modo una
struttura che prende il nome di giunzione p-n. In generale si deve parlare di giunzione tutte le
volte che si mettono a contatto due materiali per certe caratteristiche diversi. Ad esempio
giunzione anche linterconnessione tra un metallo, in cui i portatori di carica sono elettroni e
un semiconduttore. Le caratteristiche di comportamento di una giunzione di tal genere
differiscono a seconda di come la giunzione stessa realizzata. In qualche caso si vuole che la
giunzione non abbia in pratica effetto sulla conduzione totale, se non quello di una resistenza
di tipo ohmico, in altri se ne sfruttano le particolari caratteristiche con degli scopi ben precisi,
come ad esempio nei diodi Schottky.
Ritornando alla giunzione p-n, nel semiconduttore di tipo p i portatori di carica sono
lacune e il loro movimento lascia scoperti degli ioni accettori carichi negativamente, in quello
di tipo n i portatori sono elettroni e gli ioni donatori sono carichi positivamente. Si ricordi poi
che gli ioni di impurit sono vincolati al reticolo cristallino. Si supponga inoltre che in
ciascuno dei due materiali non esista alcun gradiente di concentrazione, che gli ioni siano
uniformemente distribuiti nel materiale e che per la neutralit di carica essi siano esattamente
controbilanciati dai portatori liberi.
Mettendo ora a contatto i due materiali si verifica la situazione illustrata in figura 5.2.
In corrispondenza allascissa 0, cio in corrispondenza alla superficie della giunzione, ci
si trova di fronte ad un gradiente della concentrazione dei portatori di carica estremamente
elevato. Idealmente con uno spostamento infinitesimo, nella realt con uno spostamento
molto piccolo, si passa da una concentrazione p di lacune ad una concentrazione n di elettroni.
In questa situazione si viene ad avere una rilevante corrente di diffusione, di lacune dal lato p
verso il lato n, di elettroni dal lato n verso il lato p, per i motivi che sono stati descritti in
precedenza. I portatori maggioritari di ciascun lato della giunzione si spostano nellaltro
semiconduttore, dove sono portatori minoritari e in tale situazione ricombinandosi con i
portatori maggioritari lasciano scoperte le cariche fisse delle impurit, dando luogo a quella
che detta zona di svuotamento o zona di carica spaziale.

77

I diodi
Capitolo 5

semiconduttore n

semiconduttore p
-----

lacune

-----

+
+

+
+

-----

---

---

elettroni
ioni donatori

zona svuotata

-W

+
+

+
+

ioni accettori

+W

X
n

figura 5.2

Queste cariche fisse danno luogo ad un campo elettrico e quindi ad una differenza di
potenziale nella zona di giunzione, che contrasta il fenomeno di diffusione. Leffetto
complessivo quello di realizzare nel momento del contatto una zona svuotata per effetto
delle correnti di diffusione, dopodich il sistema rimane in equilibrio. Ovviamente per
agitazione termica, o per qualsiasi altro motivo, nella zona di carica spaziale si possono
generare delle coppie elettrone - lacuna, ma, a causa del potenziale presente, queste cariche
migrano verso la zona n o la zona p lasciando in pratica la zona di svuotamento priva di
portatori di carica. Conoscendo il drogaggio, e quindi la densit della carica fissa, possibile
risalire al campo elettrico e alla differenza di potenziale, detto potenziale di contatto,
prodotta dalle cariche rimaste scoperte. La barriera di potenziale, che impedisce lulteriore
diffusione di cariche maggioritarie, non si oppone invece al passaggio delle cariche
minoritarie, che circolano liberamente, abbassando la barriera e quindi permettendo
unulteriore diffusione di cariche maggioritarie: si ha quindi un equilibrio dinamico tra
corrente di diffusione dei portatori maggioritari e corrente di conduzione, sollecitata dal
campo elettrico, dei portatori minoritari.
Rappresentando schematicamente quanto descritto, si ha, in condizioni di equilibrio, la
situazione illustrata in figura 5.3.

portatori lacune

zona
svotata

figura 5.3

78

portatori elettroni

I diodi
Capitolo 5
Nella zona di giunzione la distribuzione di carica ha qualitativamente un andamento del
tipo illustrato in figura 5.4, dovuta agli accettori negativi nella zona p e ai donatori positivi
nella zona n, che si trovano immediatamente ai lati della giunzione. La zona di carica spaziale
ha dimensioni dellordine del decimo di micron e allesterno di essa le cariche positive e
negative sono in pratica in equilibrio punto per punto.

lacune

elettroni

x
-W

Wn

figura 5.4

Integrando lungo lasse x la precedente distribuzione della densit di carica (divisa per
la costante dielettrica) si ottiene il campo elettrico, il cui andamento sar pertanto, sempre in
maniera qualitativa, quello indicato in figura 5.5.
E
lacune

elettroni

x
Wn

- Wp

figura 5.5

Come si vede landamento di questo campo elettrico si oppone alla corrente di


diffusione. Integrando ancora una volta si ottiene landamento del potenziale. La differenza di
potenziale agli estremi della zona di svuotamento, indicata con Vo, deve ovviamente essere
pari al potenziale dovuto al gradiente della concentrazione ed il suo andamento quello
indicato in figura 5.6.

79

I diodi
Capitolo 5
V

p
lacune

n
elettroni

X
V0

figura 5.6

Si crea quella che viene detta barriera di potenziale, che si oppone ad ogni ulteriore
spostamento di portatori maggioritari da ciascuna zona a quella opposta. Lequilibrio
raggiunto tuttavia non statico, bens dinamico.
abbastanza ovvio che, fissando ad esempio lattenzione sul semiconduttore n, vi
possano essere in esso degli elettroni in banda di conduzione dotati di unenergia sufficiente a
raggiungere la zona p superando la barriera di potenziale, mentre allaltro lato della giunzione
gli elettroni minoritari della zona p sono favoriti dal campo elettrico a passare nella zona n.
Analogo discorso pu essere ovviamente fatto per le lacune, maggioritarie nella zona p e
minoritarie nella n.
Da quanto visto si ha quindi:
V0

VT ln

p1
p2

con p1 concentrazione delle lacune nella zona p e p2 concentrazione delle lacune in zona n.
n 2i
Poich p1 N A e p 2
ND
V0

VT .ln

NA .ND
n 2i

Se si chiude il circuito ovviamente non circola corrente. Nel modello a bande di energia
la situazione quella illustrata nella figura 5.7, in cui la creazione della giunzione fa s che i
livelli di Fermi di zona p e zona n vengono a coincidere.
In caso contrario si avrebbe un passaggio di elettroni dalla zona in cui il livello pi
alto a quella in cui pi basso.

80

I diodi
Capitolo 5

p
Ec
Ev

n
EF

p
Ec

EF

Ev

EF

giunzione

zone p e n separate

zone p e n unite
figura 5.7

Riportando sul medesimo grafico anche gli andamenti della densit di elettroni e di
lacune utilizzabili come portatori di carica, la situazione risulta quella di figura 5.8

elettroni

Ec
EG
EF
qV0
Ev
lacune
figura 5.8

dove con qV0 si indicato il salto energetico dovuto alla barriera di potenziale V0, con EC ed
EV i valori limite della banda di conduzione e di valenza e con EF il livello di Fermi.

81

I diodi
Capitolo 5
Come si vede dalla figura 5.8, solo alcune delle cariche maggioritarie sono in grado di
superare la barriera di potenziale, possedendo sufficiente energia. I portatori minoritari sono
invece favoriti nel passaggio.
Si visto daltra parte poco pi sopra che il potenziale di contatto vale:
V0

VT .ln

NA .ND
n 2i

kT
(k = costante di Boltzman, T temperatura assoluta e q carica dellelettrone)
q
detta equivalente in tensione della temperatura e a temperatura ambiente (300 K) vale circa
26 mV.
Si pu ora pensare di alterare il potenziale di contatto mediante lapplicazione di una
tensione esterna come indicato nella figura 5.9; ovviamente esistono due possibili situazioni,
dette di polarizzazione inversa, quando la tensione applicata dallesterno va ad aumentare la
barriera di potenziale V0, mentre quando questa viene diminuita si parla di polarizzazione
diretta.
dove VT

VD

VD

polarizzazione diretta

polarizzazione inversa
figura 5.9

Poich applicare una tensione V dallesterno significa alterare della quantit qV


lenergia della particella di carica q, ovvio che tale operazione va ad alterare i flussi di
cariche minoritarie e maggioritarie nella giunzione. Si vanno ci a modificare le
concentrazioni dei portatori ai margini della giunzione, rendendo evidente che tali
concentrazioni sono funzione della tensione applicata.
Polarizzazione inversa
Nel caso di polarizzazione inversa la barriera di potenziale risulta aumentata e la
situazione nel diagramma a bande risulta quella di figura 5.10.

82

I diodi
Capitolo 5

EG

EF

Ec

Ev

q.(V0 + V)

figura 5.10

A causa della polarizzazione esterna i livelli di Fermi della zona p e n non sono pi
allineati. aumentato il salto energetico e, se la tensione V sufficientemente elevata, la
corrente dei portatori maggioritari in pratica si annulla. Rimane, come illustrato, la sola
corrente dovuta ai portatori minoritari, che tuttavia assai modesta poich la loro
concentrazione molto bassa e permette di considerare in pratica il circuito come un circuito
aperto.
bene tuttavia ricordare che tale concentrazione dipende da ni che a sua volta dipende
dalla temperatura in maniera esponenziale.
Ad esempio nel silicio la corrente inversa, molto modesta alla temperatura ambiente,
cresce rapidamente raddoppiando ogni 10 11 C di incremento di questultima.
Oltre agli effetti descritti, landamento della polarizzazione inversa fa aumentare la
larghezza della zona di svuotamento. Ci fa s che nuove cariche, bloccate nel reticolo
cristallino rimangano scoperte; di conseguenza alla giunzione rimane associato anche un
comportamento capacitivo caratterizzato da una capacit di transizione, data da:
C

dQ
dV

con dQ variazione della carica spaziale dovuta alla variazione dV della tensione applicata.

83

I diodi
Capitolo 5

Polarizzazione diretta
Polarizzando invece la giunzione in senso diretto, in modo da diminuire la barriera di
potenziale, la zona svuotata si restringe ed in relazione al diagramma a bande si ottiene
landamento di figura 5.11.
Si vede che nel caso preso in esame un grande numero di portatori maggioritari di
ciascuna zona della barretta di semiconduttore si trova si trova ad energie tali da riuscire a
superare la barriera di potenziale.

Ec
E

Ev

q.(V0 - V)

figura 5.11

Un buon numero di portatori maggioritari di ciascuna zona viene pertanto iniettato nella
zona opposta ed ivi diffonde. Si ha un vistoso incremento della corrente per il cui calcolo
necessario osservare che nella barretta semiconduttrice la corrente rimane sezione per sezione
costante per il principio di continuit, ma a seconda della sezione variano le sue componenti,
siano esse di conduzione o di diffusione, dovute a elettroni o a lacune.
I portatori maggioritari di una zona vengono, infatti, iniettati nella zona opposta, dove
sono minoritari, ma in eccesso rispetto alle condizioni dequilibrio. In tale zona essi
diffondono ricombinandosi via via con i portatori maggioritari e dando origine lungo lasse x
ad un profilo di concentrazione di tipo esponenziale. La situazione descritta illustrata in
figura 5.12.

84

I diodi
Capitolo 5

J
lacune

elettroni
J pp

J nn

P
J np
elettroni diffusi

J pn
+Wn

-Wp

lacune diffuse

figura 5.12

Lontano dalla giunzione la corrente in pratica determinata totalmente da lacune al lato


p e da elettroni al lato n. Con Jpp e Jnn sono state indicate le rispettive densit di corrente. Via
via che ci si avvicina alla giunzione si incontrano le componenti diffuse di portatori minoritari
Jnp e Jpn che vanno aumentando quanto pi si prossimi alla zona di svuotamento.
Il calcolo delle densit di corrente dovute ai portatori maggioritari non dei pi
semplici in quanto esse sono costituite in parte da corrente di conduzione, in parte da corrente
di diffusione, con una distribuzione tra i due tipi variabile da sezione a sezione.
Se tuttavia si pu considerare nulla la ricombinazione nella zona di svuotamento, e
lipotesi ragionevole vista la limitata lunghezza di tale zona, si pu affermare che la densit
di corrente maggioritaria ad un lato della giunzione coincide con la densit di corrente
minoritaria allaltro lato.
Ponendosi allora in x = Wn, la densit di corrente sar la somma delle due componenti.
J nn w n

J pn w n

Il primo termine, di difficile calcolo, tuttavia valutabile sulla base delle precedenti
considerazioni, poich:
J nn w n

J np

wp

Pertanto la densit di corrente totale si conosce non appena siano conosciuti i soli
termini di diffusione dei portatori minoritari ai lati della giunzione.
Ma
Jn

q. D n .

n
x

85

Jp

q. D p .

p
x

I diodi
Capitolo 5
e quindi sufficiente conoscere le concentrazioni di elettroni e lacune agli estremi della zona
di svuotamento.
Si ricordi ora che in un semiconduttore drogato la concentrazione di portatori, per le
equazioni di Schottky, sono, in condizioni di equilibrio, del tipo:
n

ni .e

EF
kT

ni .e

EF
kT

Dividendo per q numeratore e denominatore dellespressione allesponente si ha:


n

ni . e

VF
VT

Indicando allora con np0 la concentrazione di elettroni in zona p a ridosso della


giunzione e in condizioni di equilibrio, senza alcuna tensione applicata, la variazione di
concentrazione in presenza di una tensione V sar:

np

n p0

ni . e

VF V
VT

ni . e

= n p0 . e

V
VT

VF
VT

n p0 . e

V
VT

n p0

Per la linearit dei legami tra concentrazione e densit di corrente, e di conseguenza


anche con la corrente, si potr quindi dire:
I

Is . e

V
VT

dove Is la corrente di saturazione inversa e rappresenta in pratica il valore cui si stabilizza


la corrente per tensioni V < 0 sufficientemente ampie. La Is perci altro non se non la
corrente in polarizzazione inversa dovuta ai soli portatori minoritari, che come si gi detto,
alle normali temperature sempre molto modesta.
Riassumendo, la giunzione p-n si comporta pertanto come un dispositivo che in
polarizzazione inversa e in pratica un circuito aperto, mentre in polarizzazione diretta viene
percorsa da una corrente che sale esponenzialmente con la tensione applicata.
Alla giunzione polarizzata direttamente rimane tuttavia associato anche un effetto
capacitivo, dovuto alla variazione con la tensione della carica immagazzinata nelle cosiddette
falde di diffusione, cio la carica costituita dai portatori di maggioranza iniettati nella zona di
polarit opposta. Essi, infatti, determinano delle concentrazioni di portatori minoritari in
eccesso rispetto allequilibrio nelle due zone di semiconduttore a ridosso della giunzione, che
vanno diminuendo esponenzialmente via via che ci si allontana dalla giunzione. Se la tensione
applicata dallesterno varia, varia anche la carica in eccesso e si ha un effetto di tipo

86

I diodi
Capitolo 5
capacitivo, di cui si pu tener conto tramite una capacit detta capacit di diffusione, che in
polarizzazione diretta nettamente prevalente rispetto quella di transizione.
Dal comportamento descritto si intuisce che per rappresentare una giunzione in
polarizzazione inversa tramite un modello si deve ricorrere ad un generatore di corrente Is, in
quanto la corrente circolante indipendente dalla tensione applicata e che in parallelo a tale
generatore deve venir posto un condensatore di capacit pari alla capacit di transizione.
Il modello di una giunzione polarizzata direttamente invece dato da un bipolo non
lineare, con legame tensione-corrente esponenziale, in parallelo al quale si deve inserire la
capacit di diffusione.
C infine da osservare che se la tensione inversa applicata sale oltre un certo limite,
intervengono fenomeni di scarica. Se, infatti, il campo elettrico, che si sviluppa lungo la zona
di carica spaziale, particolarmente elevato si ha il fenomeno della moltiplicazione a
valanga. Se, infatti, si genera nella zona di carica spaziale una coppia elettrone-lacuna, i
portatori, accelerati dal campo elettrico, potrebbero acquisire unenergia tale da generare altre
coppie elettrone-lacuna per collisione con il reticolo cristallino. Si ha cio un fenomeno di
moltiplicazione dei portatori con un brusco innalzamento della corrente. Esiste anche un
secondo fenomeno, detto scarica Zener, in presenza di concentrazioni di droganti
particolarmente elevate, che tuttavia nei suoi effetti macroscopici risulta molto simile a quelli
della scarica a valanga. In polarizzazione inversa quindi una giunzione p-n ha la caratteristica
tensione-corrente di figura 5.13
I

VBR

V
I

figura 5.13

dove VBR detta tensione di scarica o tensione di breakdown. Sebbene in talune applicazioni
tale zona di scarica venga utilizzata, nelle normali applicazioni in polarizzazione inversa
necessario tenersi lontani dalla zona di breakdown.
5.2) I diodi
La giunzione p-n presa in esame al paragrafo precedente pu essere utilizzata per
realizzare dispositivi complessi, ma anche nella sua pi semplice espressione pu trovare
applicazione come elemento circuitale. Ci si trova in tal modo di fronte ad un elemento con
due morsetti, un bipolo cio, detto diodo, in cui i due materiali semiconduttori p ed n possono

87

I diodi
Capitolo 5
venir connessi ad un circuito esterno attraverso contatti ohmici applicati alle estremita della
barretta.
Questo elemento viene utilizzato come elemento non lineare, in quanto la sua
caratteristica tensione-corrente nettamente diversa a seconda della polarizzazione della
giunzione; in pratica il diodo conduce o meno a seconda del verso della tensione applicata. Un
tale dispositivo pu essere utilizzato ad esempio per compiti di rettificazione o per rivelare
segnali a valore medio nullo in cui linformazione sia contenuta nellinviluppo. In ambedue i
casi a partire da un segnale a valore medio nullo, sfruttando il fatto che il diodo conduce solo
quando polarizzato direttamente, si ottiene un segnale pulsante ma a valore medio non nullo.
I diodi tuttavia possono essere usati anche per altri scopi. Con semiconduttori
allArseniuro di Gallio o comunque con composti del Gallio, quando il diodo viene
polarizzato direttamente, il passaggio degli elettroni dalla banda di conduzione a quella di
valenza avviene con un unica transizione e con lemissione di un fotone nella banda
dellinfrarosso o della luce visibile. In questo caso linteresse non risiede nella funzione
rettificatrice, bens nella possibilit emissive del diodo che lo rendono una sorgente
economica ed affidabile di radiazione luminosa o infrarossa.
Ancora, polarizzando un diodo inversamente, si ha a disposizione qualcosa che si
comporta come un condensatore e il cui valore di capacita puo venir modificato in funzione
della tensione applicata ai morsetti. Si ha quindi un condensatore controllato in tensione che
trova larga applicazione in tutti gli apparati di radiocomunicazione. In polarizzazione inversa
la zona di giunzione poi notevolmente sensibile a tutte quelle sorgenti di energia che
possono generare coppie elettrone-lacuna. Pertanto il diodo in polarizzazione inversa potrebbe
venir utilizzato per realizzare rilevatori di forme di energia incidente, come ad esempio fotoni,
che tuttavia devono possedere delle energie ben precise per essere catturabili. Si parla in tal
caso di fotorivelatori o di fotodiodi e sistemandone un gran numero in forma lineare o in una
struttura a matrice si possono realizzare sensori lineari o bidimensionali per scopi di
esplorazione di immagini, come nelle applicazioni tipo telefax o per le videocamere. Ancora,
sfruttando il fatto che la corrente di perdita dipende fortemente dalla temperatura, si possono
realizzare sensori di temperatura.
Si vede pertanto che, sfruttando le diverse caratteristiche presenti nelle varie zone di
funzionamento, il diodo pu venir utilizzato per molti scopi.
Si riprenda ora la caratteristica del diodo (figura 5.14) riscontrata in precedenza e la si
associ al relativo simbolo comunemente usato per identificarlo.
I
I
anodo

polarizzazione
inversa
V

-VBR

catodo

polarizzazione
diretta

figura 5.14

88

I diodi
Capitolo 5
Con la convenzione indicata, cio considerando positiva la corrente entrante a uno dei
due elettrodi, detto anodo, e indicando con il simbolo, analogo a quello di una freccia, il senso
di circolazione delle correnti positive, quando la giunzione polarizzata direttamente, la
caratteristica tensione-corrente quella riportata nel primo quadrante del grafico di figura
5.14. Laltro elettrodo prende il nome di catodo del diodo. Con tali convenzioni, quando la
tensione applicata tale da rendere lanodo positivo rispetto al catodo, vi passaggio di
corrente, con un andamento esponenziale che passa per lorigine. In polarizzazione negativa
invece la corrente e praticamente nulla in quanto e data dalla sola corrente inversa di
saturazione, che nella scala adottata per le correnti dirette e alle normali temperature di
esercizio di solito non rappresentabile essendo di qualche nanoampere o picoampere a
seconda del materiale usato. Qualche altra caratteristica pu dipendere dal materiale, come ad
esempio la tensione di soglia (o di accensione) del diodo (V ), cio la tensione diretta alla
quale la corrente inizia a essere sensibile e a crescere rapidamente con la tensione.
Aumentando considerevolmente la polarizzazione inversa, si entra nella zona di scarica, a
valanga o Zener, in cui la corrente torna a salire bruscamente. In un diodo reale tuttavia
necessario tener conto di alcuni limiti. Considerando ad esempio la zona di polarizzazione
diretta, la corrente sale rapidamente in modo pressoch esponenziale. Tuttavia superato un
certo valore la corrente I, che scorre nel diodo, non pi limitata della leggi della giunzione,
bens dalla resistenza serie di quella parte di semiconduttore che non partecipa alla zona di
giunzione e che pu essere considerata una resistenza puramente ohmica. A questa poi si
sommano le resistenze dei contatti e dei reofori di collegamento. Pertanto la caratteristica del
diodo al di sopra di certi valori di corrente tende a diventare rettilinea anzich avere un
andamento esponenziale. Anche nella zona di breakdown la caratteristica pressoch
rettilinea. In ambedue le zone, poich vi circolazione di corrente, con una tensione ai capi
del diodo non nulla, vi una certa dissipazione di potenza. Si ha pertanto un riscaldamento
che, quando fosse eccessivo, potrebbe portare alla distruzione del dispositivo. Esiste di
conseguenza un limite sulla massima potenza dissipabile. Fissando lattenzione sui diodi al
silicio, si pu affermare che la tensione di soglia di circa 0,6 V. La tensione di scarica e la
dissipazione massima dipendono invece dalla sua realizzazione.
Per quanto riguarda la tensione inversa massima (VBR) questa pu andare da qualche
volt o qualche decina di volt, per i diodi che vengono utilizzati proprio in questa zona e che
prendono il nome di diodi Zener, a valori che raggiungono e superano abbondantemente il
migliaio di volt. In termini approssimati si pu affermare che quanto maggiore il livello di
drogaggio del semiconduttore e tanto minore la tensione di breakdown.
Per rilevare la caratteristica del diodo si pu ricorrere al circuito di figura 5.15 in cui la
resistenza R ha il duplice scopo di limitare la corrente nel circuito e permettere la misura della
corrente attraverso la caduta ai capi della resistenza stessa.
VR
I=

R
V

Va

figura 5.15

89

V
R

Va = tensione variabile

I diodi
Capitolo 5

Un diodo viene caratterizzato dal costruttore attraverso tutta una seria di parametri che
compaiono sui fogli caratteristici di cui riportato un esempio in figura 5.16.

figura 5.16 (a)


90

I diodi
Capitolo 5

figura 5.16 (b)

91

I diodi
Capitolo 5
Fra questi parametri particolare importanza hanno la corrente inversa di saturazione Is
(dellordine di 10-12 10-14 A), la resistenza diretta RS (dellordine di qualche decina di Ohm
per diodi per piccoli segnali e di valore via via decrescente man mano che la corrente diretta
massima del diodo aumenta), la capacit di transizione a tensione nulla CT, la tensione diretta
VF a diversi valori di corrente e la tensione di breakdown VBR.
Un particolare interessante assume poi il tempo di ripristino inverso cio il tempo
necessario, quando si passa dalla polarizzazione diretta a quella inversa, per rimuovere le due
falde di portatori minoritari ai due lati della giunzione. Tale tempo determina le caratteristiche
dinamiche del diodo.
Vi poi tutta una serie di parametri ausiliari, quali ad esempio i limiti massimi da non
superare, di evidente significato.
appena il caso di far notare che il comportamento del diodo influenzato dalla
temperatura. Allaumentare di questultima diminuisce la tensione di soglia, che nel campo di
temperatura previsto sar compresa tra circa 0,8 V alla temperatura minima e 0,5 V alla
temperatura massima. Il coefficiente di temperatura di circa -2 mV/C. Allo stesso modo la
corrente inversa di saturazione aumenta in modo esponenziale con la temperatura,
raddoppiando circa ogni 10 11 C di incremento di questultima.
Passando ad esempio da 25 C alla massima temperatura di 175 C si avr:

I s 175 C

I s 25 C .2

175 25
10

I s 25 C .215

La corrente inversa di saturazione raggiunge pertanto valori niente affatto trascurabili,


anche se a temperatura ambiente molto piccola. Infatti, riferendosi ai dati della figura 5.16,
si ha:
Is 175 C

100.10 9.32768nA

3,3mA

Riprendendo in esame la caratteristica voltamperometrica del diodo, la zona di comune


impiego determinata da tutta una serie di fenomeni.
Vi un limite di corrente massima, dovuto a fenomeni di elettromigrazione o a
riscaldamenti intensi della giunzione per effetto di addensamento di corrente su piccole
superfici, dovuti alla non perfetta omogeneit del materiale.
Vi un limite di potenza massima dissipata necessario ad assicurare che il diodo non si
riscaldi eccessivamente e che sulla caratteristica individuato dai due rami di iperbole
riportati in tratteggio nella figura 5.17.
Vi un limite di massima tensione inversa, necessaria a garantire che durante il
funzionamento ci si tenga sufficientemente distanti dalla tensione di breakdown (figura 5.17)

92

I diodi
Capitolo 5

I max

P max

VBR VR max

Pmax
figura 5.17

Per la massima potenza dissipabile ovviamente esiste una curva di derating, di cui un
esempio riportato in figura 5.18 e che ha lo stesso andamento e lo stesso significato di quella
gi vista in precedenza per i resistori.
Pd

P nominale

25

T max

Ta

figura 5.18

Un fatto da tenere poi in evidenza risiede nella constatazione che le capacit parassite
delle giunzioni limitano limpiego dei diodi alle alte frequenze.
Si prenda ad esempio in considerazione il circuito di figura 5.19, realizzato utilizzando
un LED, cio un diodo emettitore di luce, e un fotodiodo, cio un diodo polarizzato
inversamente in cui tuttavia un fotone incidente in grado di generare una o pi coppie
elettrone - lacuna nella zona di giunzione.

93

I diodi
Capitolo 5

R1

R2

+
vi

vu

LED

Vcc

figura 5.19

Un circuito di questo genere pu servire ad esempio per trasferire uninformazione dal


lato emittente al lato ricevente del circuito, assicurando tuttavia un isolamento galvanico tra le
due parti del circuito. O ancora il circuito pu essere utilizzato per rivelare quando un corpo
opaco si interpone tra LED e fotodiodo.
Se il generatore Vi un generatore variabile di tensione, che indicheremo con v(t), la
corrente che circola nel LED :
vt

it

R1

VF

essendo VF la caduta diretta ai capi del diodo. Se tuttavia v(t) molto maggiore di VF, si pu
dire che in prima approssimazione:
vt
R1

it

Di conseguenza lemissione del LED legata al segnale dingresso Vi. Al lato ricevente,
la corrente dovuta alle coppie elettrone-lacuna generata dai fotoni incidenti legata
allemissione del LED. Di conseguenza la caduta ai capi di R2, tanto maggiore quanto
maggiore lemissione del LED, legata essa stessa alla tensione Vi. Raccogliendo quindi la
tensione Vu si trasferita linformazione legata alle variazioni di Vi al lato ricevente del
circuito.
vi

t
vu

t
figura 5.20

Se si suppone che lingresso sia unonda quadra la forma donda che si ottiene in uscita,
quando la frequenza sufficientemente alta, tuttavia quella di figura 5.20.
94

I diodi
Capitolo 5
Come si vede i fronti di salita e di discesa risultano arrotondati. A parte altri fenomeni,
che in questa sede non il caso di prendere in esame, questo fatto dovuto alla presenza delle
capacit di transizione e di diffusione dei due diodi ed in una certa misura alle capacit
parassite dei cablaggi e dagli altri componenti.
In prima approssimazione per rappresentare la situazione reale si dovrebbero inserire in
parallelo ai due diodi due condensatori, che danno luogo ad unattenuazione delle alte
frequenze contenute nel segnale, determinando in tal modo larrotondamento dei fronti.
5.3) Gli impieghi circuitali dei diodi.
a) Modelli dei diodi
Si gi visto in precedenza che la caratteristica di un diodo sostanzialmente
rappresentabile da un esponenziale nella zona di conduzione, coincide in pratica con lasse
delle ascisse nella zona di interdizione, mentre nella zona di scarica a valanga o Zener la
caratteristica assume un andamento subverticale e il diodo pu essere considerato come un
generatore quasi ideale di tensione.
Dallesame della caratteristica si evince che il diodo un componente altamente non
lineare e quindi difficilmente utilizzabile direttamente nel progetto di circuiti se prima non si
mettono a punto degli adeguati modelli, facilmente manipolabili, che ne descrivano il
funzionamento.

-V BR

valanga o
zener

interdizione

conduzione

figura 5.21

In generale, in presenza di dispositivi complessi, per fare delle valutazioni numeriche su


tali dispositivi necessario disporre di metodi di semplificazione delle loro caratteristiche,
ottenendo in tal modo dei modelli che evidenziano solo alcune, ma non tutte le propriet del
dispositivo stesso, considerando ad esempio gli elementi caratterizzanti il comportamento in
una sola delle possibili zone di funzionamento.
bene rendersi conto che il modello sempre unapprossimazione della realt ed
spesso molto limitativo rispetto alla realt. Pertanto un modello pu essere impiegato
unicamente nel campo di utilizzo per cui stato determinato. Esistono dei limiti di impiego,
superati i quali il modello non pi valido.

95

I diodi
Capitolo 5
Per quanto riguarda il diodo e prendendo in considerazione la sua caratteristica statica,
(in sostanza la sua caratteristica voltamperometrica ottenuta come successione di stati di
equilibrio stazionari) un primo modello che si pu mettere a punto un modello matematico.
VD

ID

Is. e

VD

VT

I s .e

VT

[5.1]

kT
q
Si ha quindi unespressione matematica che approssima con sufficiente precisione
landamento della caratteristica del diodo, con lesclusione della zona di scarica. Tale
espressione indica che la corrente che scorre nel diodo ID, in funzione della tensione VD
applicata ai suoi capi, sostanzialmente unesponenziale.
Se tuttavia si fosse interessati a rappresentare la sola zona di conduzione, per correnti
sufficientemente elevate rispetto a Is, in una zona cioe dove lunit pu essere trascurata
con VT

rispetto a e VT , il modello pu venir ulteriormente semplificato nellespressione che compare


allestrema destra della [5.1]. Questo modello ovviamente rappresenta il funzionamento del
diodo con una certa approssimazione. Ad esempio non atto a descrivere il funzionamento
nella zona di scarica. Parametri caratteristici di questo modello sono Is e , dove Is la
corrente di saturazione inversa, mentre un parametro di valore compreso tra 1 e 2 legato al
tipo di giunzione e alla densit di corrente allinterno del diodo. VT invece non dipende dal
diodo e non quindi un parametro caratteristico del modello.
Un modello matematico risulta utile quando per via numerica si vuole calcolare il
funzionamento del dispositivo dopo averlo inserito in un determinato circuito. Molto spesso
tuttavia risultano pi utili e comodi quelli che vengono chiamati modelli circuitali.
Tra questi il modello pi semplice approssima la caratteristica nei tratti di
polarizzazione diretta ed inversa con due tratti di retta. Questo modello prende il nome di
diodo ideale, intendendo con questa dizione un diodo che in polarizzazione inversa risulta
completamente interdetto, facendo pertanto si che non circoli alcuna corrente, mentre in
polarizzazione diretta appare come un cortocircuito. La relativa caratteristica quella indicata
in figura 5.22.
ID

VD
figura 5.22

96

I diodi
Capitolo 5
Questo modello molto grossolano in quanto, soprattutto nella zona di conduzione si
discosta notevolmente dal comportamento reale.
Si possono mettere a punto modelli migliori. Si prenda in esame a tale scopo la zona di
interdizione, dilatando la scala delle correnti (figura 5.23).
ID

VD

figura 5.23

Si vede in tal caso che nella zona di interdizione la corrente non nulla, ma pari alla
corrente di saturazione inversa, anzi in un diodo reale questa corrente cresce leggermente al
crescere della tensione inversa. Per rappresentare questo comportamento con un modello si
pu ricorrere ad un generatore di corrente pari a Is (figura 5.24-a)

Is

Is

(a)

(b)
figura 5.24

Se poi si volesse anche tener conto della variazione della corrente inversa con la
tensione inversa sarebbe necessario collocare unopportuna resistenza in parallelo al
generatore (figura 5.24-b).
Il primo modello rappresenta il comportamento reale con una caratteristica orizzontale
distante dallasse delle ascisse -Is. Il valore scelto per Is potrebbe essere il valor medio della
corrente Is reale nella zona di interdizione.
97

I diodi
Capitolo 5
Nel secondo modello i due parametri Is e R possono essere scelti nel modo indicato in
figura 5.25.
ID
1
R = tg
VD
Is

figura 5.25

Nella zona di conduzione il modello pu venir poi migliorato ad esempio linearizzando


a tratti la caratteristica reale (figura 5.26), tenendo conto che, affinch il diodo conduca in
maniera apprezzabile, necessario che ai capi sia applicata una tensione minima V .
ID

VD
figura 5.26

Circuitalmente questo comportamento corrisponde ad una opportuna interconnessione


in serie di un diodo ideale e di una sorgente di tensione continua pari a V .(figura 5.27)

98

I diodi
Capitolo 5

VD

V
figura 5.27

Un circuito cos realizzato tale che per far passare il diodo ideale in conduzione
necessario applicare una tensione VD pari alla tensione di soglia V . Il comportamento
quindi molto pi simile al comportamento di un diodo reale.
Anche questo modello, per quanto gi utilizzabile in molti casi, non per
sufficientemente preciso. Per tener conto della resistenza interna di un diodo reale la
caratteristica potrebbe essere approssimata sempre con due tratti di retta come illustrato in
figura 5.28-a

I
VD

V
(a)

R
(b)

figura 5.28

In questo caso lapprossimazione va fatta applicazione per applicazione. Conoscendo


qual il tratto della caratteristica reale interessata dalla specifica applicazione, le due rette
vengono scelte in modo da minimizzare lo scostamento tra modello e realt.
In termini circuitali la caratteristica linearizzata appena introdotta pu venir realizzata
da un modello in cui si trovano in connessione serie una generatore di tensione, un diodo
ideale e un resistore (figura 5.28-b). Tale resistore tiene conto proprio della pendenza della
caratteristica, cio dal fatto che al crescere della corrente che circola nel diodo, cresce la
caduta ai suoi capi. In particolare
R

1
tg

come gi visto nellanalisi fatta nel tratto di interdizione.


99

I diodi
Capitolo 5
Valori normali per i diodi al silicio sono V = 0,5 V ed R = 5 50

b) Il circuito OR
Si analizzer ora come questi modelli siano utilizzati. Si consideri a tale scopo il
circuito in figura 5.29, formato da due diodi uniti sul catodo e da una resistenza.

D1
D

Vu

V2

figura 5.29

Si vuole trovare quanto valga la tensione Vu in funzione delle due tensioni V1 e V2 di


ingresso.
Per risolvere il circuito, che contiene elementi indubbiamente non lineari, necessario
fare delle ipotesi, o meglio dei tentativi e poi verificare se tali ipotesi siano valide, secondo
una procedura che non utilizzabile solo nei circuiti a diodi, ma ha una validit del tutto
generale.
Nel caso specifico necessario valutare quale diodo in conduzione e quale in
interdizione. Stabilito quindi in prima istanza quale sia il diodo in conduzione, ad esso viene
sostituito il modello con il quale si deciso di rappresentarlo, mentre per il diodo in
interdizione si pu utilizzare un circuito aperto. A questo punto si risolve il circuito cos
ottenuto e si verifica lipotesi di partenza, cioe se nei diodi supposti in conduzione la corrente
scorre dallanodo al catodo e se ai capi di ciascun diodo interdetto la polarizzazione inversa.
Nella scelta delle ipotesi di partenza ovviamente il colpo docchio e lesperienza aiutano
moltissimo.
Se le ipotesi non sono verificate necessario modificare le ipotesi e ricominciare il
processo danalisi.
Si supponga ora per semplicit che le due tensioni di ingresso possano assumere solo 2
valori, pari a 0 e +V Volt.
Lingresso potr assumere allora solo quattro configurazioni possibili. O ambedue le
tensioni sono 0, o una di esse vale +V e laltra e nulla o ambedue assumono il valore +V.
Quando ambedue gli ingressi sono nulli ragionevole pensare che poich nel circuito
non inserito alcun generatore, non circoli alcuna corrente. I due diodi D1 e D2 sono pertanto
interdetti.

100

I diodi
Capitolo 5
Se V1 = +V e V2 = 0 si pu ragionevolmente pensare che, poich non vi alcun
generatore di tensione negativa, non sia possibile che il catodo di D2 possa trovarsi a un
potenziale inferiore allanodo. Pertanto si pu ipotizzare D2 interdetto. Inoltre, essendo
lanodo di D1 alla tensione +V mentre il suo catodo riportato al potenziale di riferimento.
tramite la resistenza R, ragionevole pensare che D1 sia conduttore. Utilizzando come
modello il diodo ideale, il circuito si riduce allora a quello di figura 5.30.

+V

Vu = +V

0V

figura 5.30

+V.

A causa della simmetria del circuito la stessa situazione si verifica quando V1 = 0 e V2 =

Quando infine sia V1 che V2 sono pari a +V ragionevole supporre che ambedue i diodi
siano conduttori. Pertanto, sempre assumendo come modello il diodo ideale si ha ancora Vu =
+V.
Tutti i casi possibili sono riassunti in tabella 5.1

V2

Vu

+V

+V

+V

+V

+V

+V

+V

tabella 5.1

necessario a questo punto verificare se i risultati raggiunti sono congruenti con le


ipotesi fatte. Riferendosi alla situazione di figura 5.30 si vede immediatamente che su R
V
circola una corrente I
che coincide con quella che circola su D1 (Kirchoff). Tale corrente
R
ha il verso delle correnti di conduzione e quindi lipotesi D1 conduttore congruente.
101

I diodi
Capitolo 5
Analogamente la presenza di una tensione +V sul catodo di D2 e 0 sullanodo, conferma che
D2 interdetto.
Ragionamenti analoghi permettono di confermare la validit di tutte le conclusioni della
tabella 5.1.
Ci si trova di fronte pertanto ad un circuito la cui uscita diversa da zero se e solamente
se o luno o laltro o entrambi gli ingressi sono diversi da zero.
Per questo motivo il circuito detto circuito OR e trova importanti applicazioni in
elettronica digitale.
Sebbene il modello utilizzato, quello del diodo ideale, permetta di individuare il
funzionamento del circuito tuttavia troppo semplice per mettere in luce altre caratteristiche
del circuito reale.

+V

Vu

0V

figura 5.31

Nella realt la tensione di uscita Vu non sar mai pari a +V a causa della caduta ai capi
del diodo quando circola una corrente. Se si fosse pertanto interessati a valutare questo aspetto
necessario utilizzare un modello di diodo pi complesso. Se ad esempio si utilizzasse il
modello realizzato con diodo ideale e batteria, la situazione di figura 5.30 si trasformerebbe in
quella di figura 5.31 e la tensione di uscita Vu diverrebbe pari a +V -V , pi vicina alla realt
di quanto non fosse quella ottenuta con il modello precedente.
Risulta allora evidente che se pi circuiti di questo tipo vengono connessi in cascata, la
tensione duscita tende a ridursi stadio per stadio, rendendo in pratica impossibile porre pi di
2 o 3 stadi di questo tipo in cascata.
Se si volessero infine ottenere informazioni sempre pi raffinate sul comportamento del
circuito OR sarebbe necessario utilizzare modelli sempre pi complessi. Nellambito dei
modelli presi in considerazione, la situazione di figura 5.30 corrisponderebbe allora al circuito
di figura 5.32, che utilizza sia per la zona di conduzione che per quella di interdizione i
modelli pi complessi tra quelli fin qui introdotti.

102

I diodi
Capitolo 5

V
R'
Is
R

+V

Vu

R"

figura 5.32

c) Il circuito tosatore
Si consideri il circuito di figura 5.33 e si voglia determinare la tensione di uscita vu in
funzione di quella di ingresso ve.

ve

Vp

vu

figura 5.33

Utilizzando il modello del diodo ideale immediato osservare che finch la tensione in
ingresso non raggiunge il valore Vp, il diodo rimane interdetto. Non circola quindi alcuna
corrente, su R non si ha alcuna caduta e di conseguenza vu = ve.
Quando tuttavia la tensione di ingresso (e di uscita) raggiunge il valore Vp, il diodo
passa in conduzione e nel modello considerato diviene un cortocircuito. La tensione di uscita
pertanto diventa uguale a Vp e ulteriori aumenti di ve non sono in grado di modificarla
facendo semplicemente aumentare la corrente che circola su R. La caratteristica tensione
duscita - tensione dingresso quindi quella riportata in figura 5.34 e nel tratto orizzontale di
v e Vp
.
questa caratteristica la corrente I, che circola su R, vale I
R

103

I diodi
Capitolo 5
Questo circuito viene chiamato circuito tosatore e pu venir impiegato per limitare al
valore massimo Vp lampiezza di un certo segnale, ad esempio per scopi di protezione di un
circuito pi a valle.
vu

Vp

ve

Vp
figura 5.34

Il modello utilizzato tuttavia, come si gi visto in precedenza, troppo semplice per


dare informazioni diverse da quelle pi grossolane. Se si utilizzasse ad esempio il modello,
appena pi complicato, di figura 5.35, ci si accorgerebbe che il circuito non tosa alla tensione
Vp ma alla tensione Vp + V .

ve

vu

Vp

figura 5.35

ovvio che il nuovo comportamento individuato differisce notevolmente dal precedente


solo se Vp e V sono dello stesso ordine di grandezza. Se invece Vp fosse molto maggiore di
V i due comportamenti individuati tenderebbero a coincidere.

104

I diodi
Capitolo 5

V
ve

vu
Rd
Vp

figura 5.36

Se infine venisse utilizzato il modello che tiene conto della resistenza interna del diodo
(figura 5.36) ci si accorgerebbe che superata la tensione di ingresso Vp + V , la tensione non
rimane bloccata ad un ben preciso valore, ma cresce con ve, sia pure lentamente. La
caratteristica di trasferimento risulta quella di figura 5.37 ed quella che pi somiglia a quella
del circuito reale.

Vp + V

Vp + V

ve

figura 5.37

Se si vuole calcolare esattamente il funzionamento del circuito nella zona di tensioni


superiori a Vp + V , si pu utilizzare il principio di sovrapposizione degli effetti. ben vero
che il circuito reale certamente non lineare e quindi escluderebbe luso di tale principio.

105

I diodi
Capitolo 5
Tuttavia il modello che si sta utilizzando un modello linearizzato, che nella zona di interesse
riduce il circuito a quello illustrato in figura 5.36.
Poich:
vu

ve .

Rd
R Rd

quando ve e diversa da zero e sono invece nulle V e Vp, mentre


vu

Vp

R
R Rd

V .

quando nulla ve e sono presenti Vp e V , per sovrapposizione degli effetti si ottiene:


vu

ve.

Rd
R Rd

Vp

V .

R
R Rd

Questa relazione mostra che se Rd > 0, come avviene sempre in un diodo reale, la
tensione vu cresce con ve.
Le informazioni ricavate sono in questo caso pi dettagliate che non nei casi precedenti.
tuttavia opportuno notare che, essendo ricorsi a un modello linearizzato, esse sono state
ottenute senza particolari difficolt, malgrado che il circuito di partenza reale fosse fortemente
non lineare.
d) Circuiti raddrizzatori a singola semionda
Il diodo semiconduttore trova largo impiego nei circuiti di raddrizzamento cio in quei
circuiti che permettono di convertire una tensione alternata, cio periodica sinusoidale a valor
medio nullo, in cui una tensione continua, che la forma usualmente impiegata per
lalimentazione delle apparecchiature elettroniche.
Il circuito pi semplice quello riportato in figura 5.38, dove R schematizza un
possibile utilizzatore, ve la tensione alternata in ingresso, e si vuole individuare la forma
della vu.

ve

figura 5.38

106

vu

I diodi
Capitolo 5
Utilizzando come modello il diodo ideale, non difficile intuire che il esso passer in
conduzione solamente durante le semionde positive della tensione di ingresso. Si ottengono
cio per la ve e la vu le forme donda di figura 5.39.

ve

figura 5.39

Si pu notare che il valor medio della tensione di uscita non pi zero, o, in altre
parole, che e presente una componente continua.
Se tuttavia si utilizza il modello che tiene conto della tensione di soglia V e si osserva,
espandendo la scala della tensione Ve, cosa avviene nel passaggio da interdizione a
conduzione ci si trova di fronte alla situazione di figura 5.40.
Il diodo cio non passa in conduzione nei punti di zero della tensione Ve, ma solo
quando questultima ha raggiunto il valore V .
vu , v e

figura 5.40

Si sa, da quanto visto in precedenza, che il diodo, una volta passato in conduzione, pu
venir rappresentato con un generatore di tensione continua V che si oppone alla tensione
applicata. In uscita pertanto, durante la conduzione si avr una tensione:
107

I diodi
Capitolo 5
vu

ve

Il risultato ottenuto ovviamente pi aderente alla realt che non nel caso precedente in
quanto il diodo simulato con maggior cura.
Tuttavia luso delluno o dellaltro modello dipende dal tipo di applicazione. Se ad
esempio si dovesse raddrizzare una tensione, quale quella della rete di distribuzione, di 220 V,
il trascurare lesistenza della V che di circa 0.6 V, non d luogo ad un sensibile errore.
Diverso invece il caso in cui la tensione da raddrizzare fosse di basso valore, ad esempio di
5 V, per il quale luso del modello diodo ideale introdurrebbe un errore dellordine del 10%.
Se poi si volesse analizzare il circuito con ancora maggiore precisione sarebbe
necessario ricorrere al modello che tiene conto anche della resistenza interna Rd del diodo. In
tal caso le forme donda di ingresso e uscita, sovrapposte per evidenziarne le caratteristiche
sarebbero quelle di figura 5.41.

ve , vu

figura 5.41

Anche in questo caso lespressione di Vu nel periodo di conduzione del diodo pu


essere ottenuta per sovrapposizione degli effetti. Si ha:
vu

ve .

R
R Rd

V.

R
R Rd

ve

V .

R
R Rd

Un esempio di utilizzo di un circuito del tipo visto si pu avere nella realizzazione di un


carica batterie, secondo lo schema di figura 5.42.

108

I diodi
Capitolo 5

i
R
Ve

VB

figura 5.42

Il circuito consiste di un generatore di tensione alternata, normalmente ottenuta dalla


rete tramite un trasformatore, di un diodo e di una resistenza il cui scopo apparir chiaro poco
pi avanti. Il carico dato dalla batteria VB.
Utilizzando per il diodo il modello che tiene conto della V , la forma donda della
corrente sar quella illustrata in figura 5.43.
ve , i

i
V B+V

figura 5.43

Il valore di corrente che fluisce nella batteria durante lintervallo di tempo di


conduzione del diodo sar, in prima approssimazione:
it

ve

VB

e pertanto la resistenza R pu venir utilizzata per regolare il valore massimo della corrente di
carica.

109

I diodi
Capitolo 5
In questo esempio la tensione raddrizzata e la corrente che fluisce nel carico sono
ambedue grandezze pulsanti che solo in determinati intervalli di tempo assumono valori
diversi da zero. Nella fattispecie la batteria stessa che dal segnale pulsante ottiene una
quantit a valor medio non nullo, utile alla carica.
Molto spesso tuttavia la forma pulsante non adatta agli scopi che ci si propone ed
necessario ricavare tensioni o correnti il pi possibili costanti. In tal caso il circuito pu venir
modificato, inserendo una capacit in parallelo al carico (figura 5.44).

id

Ve

Vu

figura 5.44

Supponendo di lavorare con una tensione di ingresso sinusoidale landamento della


tensione di ingresso e di uscita riportata in figura 5.45, supponendo di iniziare
losservazione in un istante in cui tensione di ingresso e uscita sono ambedue nulle.
Inizialmente il condensatore si carica attraverso il diodo e la tensione di uscita segue la
tensione di ingresso fino a che la ve non raggiunge il suo valor massimo. Si noti tuttavia che la
vu non raggiunge il valore di picco della ve a causa delle resistenze interne del generatore e del
diodo.
ve , vu

vu

t
ve

figura 5.45

Quando per la ve tende a diminuire, avendo superato il picco positivo, il diodo si


interdice poich la tensione immagazzinata nel condensatore si trova ancora al valore di
picco. La capacit allora si scarica sulla resistenza R con un esponenziale di costante di tempo
RC.
110

I diodi
Capitolo 5
Questa situazione si mantiene finch la tensione di ingresso non supera nuovamente
quella ai capi del condensatore, dopo di che il ciclo si ripete (figura 5.45). Si ha pertanto in
uscita una forma donda di tensione dotata di una certa ondulazione, che sar tuttavia tanto
minore quanto maggiore sar il valore di C.
La corrente che circola nel diodo data da impulsi di corrente durante il periodo di
conduzione del diodo, come illustrato nella figura 5.46. Tali impulsi di corrente servono a
ricostituire la carica che durante linterdizione del diodo scaricata sul carico R.
Poich il periodo di conduzione tanto minore quanto maggiore C, lampiezza di tali
impulsi direttamente correlata con il valore di C. Quanto esposto fa ovviamente riferimento
ad un ben particolare modello del diodo, tuttavia anche considerando altri modelli i risultati
non sarebbero molto diversi, come il lettore pu agevolmente verificare, se non per quanto
riguarda la forma donda della corrente. Se, infatti, si considerasse ad esempio il modello di
diodo dotato di resistenza interna nulla, landamento della corrente non sarebbe giustificabile
e la corrente circolante nel diodo si sarebbe dovuta rappresentare con un impulso di durata
infinitesima ed ampiezza infinita allistante in cui il diodo passa in conduzione.

vu
t
ve

id
t
figura 5.46

Il circuito descritto pu servire, come si detto, per realizzare degli alimentatori per le
pi svariate apparecchiature. Un altro suo uso tuttavia quello di voltmetro di cresta, in
quanto in grado di rilevare il valore di picco di una tensione periodica com evidente
dallesame fatto del suo funzionamento.
Ci si rende tuttavia conto come lutilizzo di modelli, che non siano il diodo ideale,
permettono di individuare con maggiore facilit tutte le cause di errore, cio tutte le cause che
fanno s che il valore della Vu non coincida con quello di picco di Ve.

111

I diodi
Capitolo 5
5.4) La retta di carico
Il metodo della retta di carico permette di calcolare per via grafica il punto di lavoro di
un diodo; permette cio di calcolare in che punto della sua caratteristica voltamperometrica il
diodo si porti quando viene alimentato da un generatore di tensione Va che abbia una
resistenza interna R.
Il metodo della retta di carico ha tuttavia validit generale e torna particolarmente utile
ogni volta che si abbia a che fare con dispositivi non lineari.
Si consideri in circuito di figura 5.47

Id

Va

Id

Vd

Vd

caratteristica

V = Va - R . I
d
d
figura 5.47

Il diodo, dispositivo elettronico non lineare, sia descritto attraverso la sua caratteristica
voltamperometrica, e sia connesso ad un circuito esterno rappresentato attraverso il suo
equivalente di Thevenin. Ci non fa perdere di generalit, in quanto qualsiasi circuito pu
essere sostituito per Thevenin da un generatore di tensione Va in serie con una resistenza R. Si
ricordi che Va la tensione che nel circuito reale si legge a vuoto tra i morsetti di uscita,
mentre R la resistenza che si vede tra gli stessi morsetti quando tutti i generatori di tensione
del circuito siano stati sostituiti con un cortocircuito e quelli di corrente con un circuito
aperto.
Connettendo questi due elementi circuitali dovr ovviamente accadere che la tensione
VD e la corrente ID del circuito esterno siano uguali a quelle del diodo.
Ora se semplice ottenere una relazione analitica tra VD e ID per la parte lineare del
circuito, ottenendo che
Vd

Va

R. I d

la cosa non altrettanto semplice per il diodo in cui il legame esponenziale ed soprattutto
abbastanza difficile risolvere le relazioni in VD e ID per ottenere il punto di lavoro del circuito.
La soluzione pu essere ottenuta per via grafica, riportando sul piano della caratteristica
del diodo, la curva caratteristica del circuito esterno, che in questo caso una retta passante
per i due punti V = Va, I = 0 e V = 0, I = Va/R, con coefficiente angolare -1/R (figura 5.48).
112

I diodi
Capitolo 5

Va
R
V d = V a - R.I d
Id

Vd

Va

figura 5.48

Ovviamente la soluzione cercata si trova allintersezione delle due curve.


Questo metodo prescinde dai modelli utilizzati per rappresentare il dispositivo non
lineare ma richiede una precisa conoscenza della caratteristica voltamperometrica.
Da tutte le considerazioni ed i circuiti visti fino ad ora si pu dedurre che, se in un
circuito raddrizzatore la tensione di ingresso notevolmente inferiore alla tensione di soglia,
in uscita non si avr alcun segnale. Tale ipotesi viene confermata dallosservazione
sperimentale. Si consideri tuttavia il circuito di figura 5.49. Mediante la tensione ausiliaria
+V, variabile, possibile sommare al segnale Ve alternato una tensione continua in modo da
portare la giunzione a lavorare oltre la tensione di soglia. In questo caso anche un segnale di
ampiezza molto ridotta viene trasferito in uscita.
Tramite la tensione ausiliaria V si polarizzata la giunzione in modo da portarla a
lavorare oltre la tensione di soglia e in questo caso anche un segnale di ampiezza molto ridotta
viene trasferito in uscita.
+V

470 nF

Ve

10 k

1k

1k

Vu

figura 5.49

Il segnale di ingresso e il segnale di uscita, almeno per quanto riguarda la componente


variabile nel tempo, sono perfettamente identici, a differenza di quanto accadeva in tutti i
precedenti circuiti, che lavoravano con segnali relativamente ampi e introducevano delle
sensibili deformazioni alla forma donda a causa della non linearit del dispositivo diodo.

113

I diodi
Capitolo 5
opportuno allora introdurre il concetto di circuito equivalente per piccoli segnali, in
contrapposizione con quelli visti finora destinati a lavorare con segnali di ampiezza notevole.
Il circuito di figura 5.49 pu venir rappresentato come in figura 5.50, inserendo un
generatore di tensione continua di polarizzazione Vp.
I

Vp
R

v e(t)

vu

Id

Vp
Vd

Vp

figura 5.50

Retta di carico e punto di lavoro in continua del diodo sono riportati sul diagramma
voltamperometrico relativo, intendendo con punto di lavoro in continua il punto individuato
dalla tensione VD e della corrente ID del diodo quando presente il solo generatore di
polarizzazione Vp.
Se ora a Vp si somma il segnale ve(t) di piccola ampiezza, tale segnale far spostare il
punto di lavoro secondo quanto schematizzato nella figura 5.51.
I
i(t)
Vp
R

Vp

figura 5.51

V
ve(t)

La pendenza della retta di carico, infatti, non si modifica in quanto il carico sempre R;
quello che varia la tensione totale applicata al diodo che varier sinusoidalmente tra Vp +
ve(t) e Vp - ve(t). Tutto ci pu essere tenuto in considerazione supponendo che la retta di
carico si sposti parallelamente a se stessa, muovendosi sinusoidalmente nellintorno del valore
Vp .
114

I diodi
Capitolo 5
Di conseguenza il punto di lavoro si sposta lungo la caratteristica del diodo facendo
variare la corrente circolante.
Con metodi grafici o per via di calcolo si pu ottenere punto per punto la
corrispondenza tra tensione di ingresso e corrente di uscita, che ovviamente non sinusoidale
perch la caratteristica del diodo non rettilinea.
Tuttavia possibile ottenere un modello circuitale che permette di compiere tale
operazione in maniera molto semplice, ottenendo appunto il modello circuitale per piccoli
segnali del diodo.
Si osservi che se il segnale di ingresso ve(t) sufficientemente piccolo, il tratto su cui si
sposta il punto di lavoro sulla caratteristica pu venir approssimato senza grossi errori con un
tratto rettilineo. Si pu cio linearizzare la caratteristica del diodo nellintorno del punto di
lavoro confondendo la caratteristica con la sua tangente in tale punto (punto di lavoro in
continua, detto anche di riposo). In sostanza per una variazione di segnale sufficientemente
piccola attorno al punto di riposo, alla caratteristica non lineare del diodo pu essere sostituita
una sua approssimazione lineare.
Come modello circuitale del diodo si pu in tal caso considerare un generatore di
tensione Vg e una resistenza R come illustrato in figura 5.52
ovvio che i parametri di tale modello dipendono dal punto di riposo; essi cio variano
in funzione della polarizzazione.
I
R = 1/tg

Vp
R

Vp

figura 5.52

Le considerazioni fatte permettono tuttavia di affermare che a piccoli segnali il diodo


pu essere visto come un dispositivo lineare, facilitando notevolmente il calcolo del legame
ingresso-uscita in circuiti che contengano tali dispositivi.
La resistenza R, detta resistenza differenziale, pu venir calcolata come derivata della
Vd rispetto a Id. Indicando cioe con rd, tale resistenza,
rd

vd
id

Ricordando che nella zona di conduzione si ha con buona approssimazione:

115

I diodi
Capitolo 5

id

Is.e

vd
VT

(1)

si ottiene pertanto
id
vd

Is
.e
VT

vd
VT

id
VT

con

VT

kT
q

e quindi
VT
id

rd
che alla temperatura ambiente di 25 C, vale:
rd

26.10 3 .
id

La resistenza differenziale dipende quindi dalla corrente nel punto di riposo ed


inversamente proporzionale a id.
Le conclusioni cui si pervenuti permettono allora di giustificare il funzionamento del
circuito di figura 5.50. A piccoli segnali, infatti, il circuito equivalente quello di figura 5.53.
rd

ve (t)

figura 5.53

Quando il diodo polarizzato molto prossimo allorigine (bassi valori di ID) la


resistenza rd grande e il segnale cade tutto su rd. Man mano che si fa salire ID, la resistenza
differenziale rd diminuisce fino a diventare trascurabile rispetto R.
Un circuito del tipo descritto pu venir utilizzato come porta analogica, cio come un
circuito in grado di trasferire su R il segnale ve(t) in funzione di una tensione di comando Vp,
che nel caso specifico puo assumere addirittura valori negativi quando si vuole assicurare
linterdizione del diodo.

(1) se, operando a normali temperature, v e superiore a qualche diecina di millivolt


d

116

I diodi
Capitolo 5
Riassumendo, per utilizzare il modello per piccoli segnali, necessario:
1) Individuare il punto di lavoro in continua.
2) Nel punto di lavoro valutare i parametri del modello a piccoli segnali.
3) disegnare il circuito equivalente linearizzato che corrisponde, a piccoli segnali,
al circuito di partenza.
4) Calcolare, eventualmente per sovrapposizione degli effetti, le variazioni del
segnale duscita in funzione di quelle del segnale dingresso.
5.5) Modelli di dispositivi non lineari
Nel paragrafo precedente sono stati introdotti alcuni modelli che possono venir utilizzati
per studiare il comportamento del diodo, dispositivo fortemente non lineare; tale studio non
sarebbe facilmente affrontabile in maniera diversa. Il discorso ovviamente estendibile a tutti
i dispositivi non lineari, quali sono gran parte dei dispositivi elettronici.
Quando si utilizza un dispositivo non lineare un metodo per determinare il suo punto di
lavoro , come si visto, quello della retta di carico. Esso viene individuato dallintersezione
sul piano V-I della caratteristica non lineare del dispositivo utilizzato con la retta che
rappresenta la parte lineare del circuito, che secondo Thevenin pu sempre essere
rappresentata con un generatore di tensione VA in serie con una resistenza R (figura 5.54)
I
VA
R
R
I
VA

VA

figura 5.54

Questo metodo permette non solo di determinare il punto di lavoro, ma anche le sue
variazioni, se variano le condizioni di impiego. Tuttavia questo metodo ipotizza che la
caratteristica V-I sia conosciuta, o attraverso misure o perch fornita dal costruttore; ci non
sempre vero, anche perch prendendo diversi esemplari dello stesso componente ci possono
essere ampie tolleranze sulle sue caratteristiche.
Un altro metodo potrebbe essere quello del modello matematico, che ad esempio nel
caso del diodo ci dice che:
vd

id

Is . e

VT

vd

con

117

I s .e

VT

I diodi
Capitolo 5

VT

kT
q

Il modello matematico cerca di approssimare al meglio la caratteristica del dispositivo, e


permette, almeno in via ipotetica, di determinare il punto di lavoro per via di calcolo. Un
modello matematico viene caratterizzato da un certo numero di parametri, che nel caso del
diodo sono la corrente di saturazione ed il parametro . VT viceversa non un parametro del
dispositivo particolare in quanto dipende unicamente dalla costante di Boltzmann, dalla
temperatura e dalla carica dellelettrone.
Ancora, per determinare il punto di lavoro si possono utilizzare modelli circuitali, che
cercano di approssimare la caratteristica in regioni parziali, ma sufficientemente estese e che
devono essere considerati modelli per ampi segnali i quali tengono conto, per quanto
possibile, delle caratteristiche non lineari del dispositivo.
Esistono poi i modelli per piccoli segnali che linearizzano la caratteristica nellintorno
del punto di lavoro e permettono, quando i segnali siano sufficientemente ridotti, di sostituire
al dispositivo un circuito equivalente lineare. bene tuttavia ricordare che tali modelli
risultano validi solo se si realizzano le condizioni rispetto alle quali il modello stesso stato
ricavato. Nel caso del diodo, ad esempio, il modello a piccoli segnali ricavato valido solo se
il punto di lavoro stato individuato con sufficiente precisione e lampiezza del segnale
applicato tale che il segmento di esponenziale interessato pu essere approssimato con un
tratto rettilineo senza commettere errori eccessivi.
Prendendo in esame i modelli circuitali per ampi segnali che si conoscono, cio quello
del diodo ideale, quello che tiene conto della tensione di soglia e quello che oltre alla tensione
di soglia considera anche linclinazione della caratteristica reale, si possono trarre alcune
conclusioni.
In primo luogo conveniente che le approssimazioni ottenute siano lineari a tratti;
inoltre i parametri del modello, in particolare per quelli pi sofisticati, dipendono dalla
dinamica che si prende in considerazione.
Se poi si prende in considerazione, ad esempio, il modello che tiene conto della tensione
di soglia, si pu fare unaltra considerazione.

Vp

figura 5.55

Il generatore di tensione Vp, di figura 5.55, che modellizza la tensione di soglia un


certo qual modo un falso generatore, in quanto per la presenza di un diodo ideale, pu
essere percorso da corrente in un solo verso. Ci significa che esso non in grado di fornire
energia al circuito esterno, ma tale energia dovr unicamente essere dissipata allinterno del
diodo reale, dando luogo ad un innalzamento della temperatura.

118

I diodi
Capitolo 5
Comunque sia, i modelli per ampi segnali tendono a rappresentare la caratteristica del
dispositivo in zone molto ampie, che comprendono anche i punti di rottura che nel modello
rappresentano punti di non linearit.
Per i diodi tuttavia, ed in generale per tutti i dispositivi elettronici, le caratteristiche
variano con la temperatura e quindi con la temperatura varieranno anche i parametri del
modello.
In un diodo, ad esempio, al variare della temperatura, la tensione ai suoi capi a corrente
costante varia diminuendo di circa 2 2,5 mV per ogni grado centigrado di innalzamento
della temperatura stessa. Anche nel modello, quindi, Vp deve variare della stessa quantit.
Se si prendono invece in considerazione i modelli per piccoli segnali, cio quelli che si
possono utilizzare quando si interessati ad una zona particolarmente ridotta della
caratteristica, il discorso pu essere diverso. In questo caso non si vuol sfruttare la
caratteristica non lineare del dispositivo, ma utilizzarlo come componente lineare, anche se, in
effetti, non lo .
In questo caso si linearizza la caratteristica nellintorno del punto di lavoro sostituendola
con la tangente nel punto di lavoro stesso. Nel caso del diodo, il comportamento analogo a
quello di una resistenza il cui valore
VT
id

rd

in serie con un generatore di tensione Vp, individuato dallintersezione con lasse delle ascisse
della tangente alla caratteristica nel punto di lavoro. Poich tuttavia linteresse si incentra sul
comportamento del dispositivo nellimmediato intorno del punto di lavoro, il comportamento
pu venir studiato prescindendo da questultimo; con il principio di sovrapposizione degli
effetti si potr porre Vp = 0 e studiare il comportamento del circuito solo in relazione alle
variazioni del segnale di ingresso, nelle quali linformazione contenuta.
Il modello a piccoli segnali del diodo si riduce in tal caso alla sola rd. E bene far
osservare tuttavia che questo modello sar una resistenza solamente se le frequenze in gioco
sono sufficientemente basse da far si che i fenomeni reattivi siano trascurabili. In altre parole
il modello una pura resistenza solo se le frequenze del segnale sono tali che tensione ai capi
del diodo e la corrente che lo percorre sono in fase tra loro.
A frequenze pi elevate tra queste due grandezze compare uno sfasamento. Di questo
fatto si pu tener conto inserendo una capacit (anchessa differenziale) in parallelo alla rd
(figura 5.56)
rd

Cd
figura 5.56

119

I diodi
Capitolo 5
Questa capacit data dalla somma della capacit di diffusione e della capacit di
transizione della giunzione ed ovviamente dipende dal punto di lavoro, come si gi visto
nellanalisi della giunzione p-n.
Nel caso dei diodi questa capacit normalmente trascurabile, in quanto in condizioni
di lavoro normali la rd sufficientemente bassa da rendere trascurabile leffetto di Cd, tranne
che per le frequenze pi elevate.
Se, infatti, si calcola limpedenza complessiva si ottiene che essa vale:
rd .

1
1 srd C d

e in termini di diagramma di Bode si ottiene il comportamento in frequenza illustrato in figura


5.57.
M

1/Cd rd
figura 5.57

Utilizzano per rd e Cd valori ragionevoli, cio approssimativamente una diecina di ohm e


qualche picofarad, si vede che la frequenza di taglio si ha per pulsazioni dellordine di 109
1010 rad/s, cio per frequenze dellordine del centinaio di MHz o superiori.
Pertanto a meno che la capacit differenziale del diodo non debba espressamente essere
sfruttata in particolari circuiti, la si potr ignorare completamente.
Esempio
A titolo di esempio di quanto fin qui discusso si prenda ora in considerazione il circuito
di figura 5.58 per il quale si possa dire che il segnale alternato di ingresso sufficientemente
piccolo da interessare un tratto pressoch lineare della caratteristica del diodo.
Le due capacit C di grande valore hanno lunico scopo di bloccare la continua, mentre
alla frequenza del segnale vA offrono unimpedenza trascurabile. Si vuole calcolare la
relazione che intercorre tra la tensione di uscita vu e quella di ingresso vA.

120

I diodi
Capitolo 5

Vp
R2
R1

1
2

= 100
= 2.2 k

R3 = 2.2 k

vA

R3

R4

vu

R4 = 100

o
= 25 C

=2
Vp = 10 V

figura 5.58

Per quanto detto, la prima operazione da fare quella di determinare il punto di lavoro
del diodo. Poich per tale punto di lavoro necessario considerare le condizioni in continua,
cio statiche, i due condensatori rappresentano due circuiti aperti e il circuito si riduce a
quello di figura 5.59-a.

Vp = 10 V

Vp = 10 V
R2

R2

2.2 k

2.2 k

2.2 k

R3

0.6 V

R3

riferimento comune

(a)

2.2 k

(b)
figura 5.59

Utilizzando per il diodo il modello realizzato con un diodo ideale e un generatore V =


0,6 V che rappresenta la tensione di soglia, il circuito si modifica ancora in quello di figura
5.59-b
La corrente che circola nel diodo allora facilmente calcolabile e vale:
Id

Vp

R2

R3

10 0, 6
4 , 4.103

121

2 ,14 mA

I diodi
Capitolo 5
Determinata la Id, si pu costruire il circuito equivalente a piccoli segnali, e pertanto,
con un segnale di ingresso variabile nel tempo, di frequenza tale che i due condensatori
possano essere pensati come dei cortocircuiti, si ottiene il circuito di figura 5.60.

R1

rd
R2

vA

R3

Vp

R4

vu

figura 5.60

Poich ci che interessa sono le variazioni della vu in funzione delle variazioni di vA,
per il principio di sovrapposizione degli effetti il generatore Vp pu essere posto a zero, senza
alterare in alcun modo la soluzione per la parte variabile dei segnali. Daltra parte, se si
osserva appena con un po dattenzione il circuito reale, ci si accorge che il condensatore
introdotto tra Vp e luscita blocca tale tensione.
Il circuito si riduce pertanto a quello di figura 5.61

R1
v

rd

R2

R3

R4

vu

figura 5.61

La parte sulla sinistra della linea tratteggiata pu essere sostituita, secondo Thevenin dal
generatore equivalente (figura 5.62-a) in cui
ve

vA .

Re

2 , 2.103
2 , 2.103 100

0, 96 v A

100. 2, 2.10 3
100 2 , 2.103

96

mentre la parte sulla destra si pu ridurre, eseguendo il parallelo di R3 e R4 (figura 5.62-b).

122

I diodi
Capitolo 5

Re

rd

ve

96

(a)

(b)

figura 5.62

Infine il valore di rd si pu calcolare dalla relazione che stata trovata in precedenza:


rd

VT
id

2. 26.10
2 ,14.10

3
3

24

poich la temperatura pari a 25 C.


In sostanza si ottiene il circuito di figura 5.63 e quindi:
vu

96
. ve
96 24 96

96

ve

0, 44. v e

0, 44. 0, 96. v A

0, 42. v A

24

96

vu

figura 5.63

5.6) I diodi Zener


Si gi visto in precedenza che quando la polarizzazione inversa di un diodo viene
aumentata, ad un certo momento si entra nella zona di scarica, dove si ha leffetto Zener o la
scarica a valanga.

123

I diodi
Capitolo 5
Alcuni diodi sono costruiti appositamente per lavorare in tale zona e per presentare una
tensione di breakdown sufficientemente precisa da poter fungere da riferimento di tensione.
Tali diodi prendono il nome di diodi Zener e il loro simbolo quello illustrato in figura 5.64.

figura 5.64

Prendendo in considerazione la caratteristica nella zona di scarica (figura 5.65) si pu


osservare che essa quasi, ma non esattamente, verticale.
Pertanto il modello pi grossolano di un diodo Zener semplicemente un generatore di
tensione Vz, cio un generatore la cui tensione indipendente dalla corrente che circola al suo
interno. Ci corrisponde ad approssimare la caratteristica reale con un tratto verticale.

Vz

figura 5.65

Un modello pi realistico, come facile verificare, quello che inserisce in serie al


generatore di tensione una resistenza R che tenga conto della pendenza della caratteristica
reale. Nei normali diodi Zener R dellordine dellohm.
I parametri che i costruttori normalmente forniscono per i loro prodotti sono:
1) la tensione di Zener Vz e la sua tolleranza;
2) la corrente minima di Zener per evitare di andare a lavorare nella zona di
ginocchio della caratteristica che una zona di passaggio tra zona di
interdizione e zona di scarica;
3) le variazioni di Vz con la temperatura;
4) la massima potenza dissipabile;
5) la resistenza differenziale R nella zona di scarica.
Particolare importanza va attribuita alla potenza massima dissipabile. Infatti, nella zona
di scarica la tensione ai capi del diodo abbastanza elevata, senzaltro molto superiore a
124

I diodi
Capitolo 5
quella che si ha in conduzione diretta. Pertanto anche piccoli valori di corrente fanno
rapidamente salire la potenza che si dissipa e si deve quindi aver cura i non superare nelle
condizioni di lavoro il limite massimo previsto.
Le applicazioni dei Zener sono molteplici. Ad esempio essi possono venir utilizzati in
circuiti tosatori (o limitatori) evitando luso di generatori di riferimento (figura 5.66).
Vu

Vz

Ve

Vu

Ve

Vz

figura 5.66

Il funzionamento intuitivo. La pendenza rispetto allorizzontale nei tratti di limitazione


determinata rispettivamente dalla resistenza della zona Zener per quanto riguarda il primo
quadrante e dalla resistenza diretta del diodo nel terzo.
Il circuito illustrato in figura 5.66 pu essere utilizzato, come anche dice il suo nome,
per limitare lampiezza massima della tensione applicata ad un circuito a valle, ad esempio a
scopi di protezione.
Unaltra applicazione quella come regolatore di tensione. In tal caso lo schema
applicativo quello di figura 5.67.

IA

Iu
Iz

VA

RL

Vu

figura 5.67

La tensione di alimentazione VA in questo caso una tensione unidirezionale, ma il suo


valore non costante nel tempo. Il diodo Zener viene in tal caso utilizzato in modo che le
variazioni di VA non si ripercuotano alluscita, in modo da ottenere ai capi del carico RL una
125

I diodi
Capitolo 5
tensione Vu il pi possibile costante. Anzi, il circuito tale che anche eventuali variazioni di
RL non hanno, entro certi limiti, effetto su Vu.
Se, infatti, la tensione VA sufficientemente grande da portare il diodo a lavorare nella
zona di scarica, ai capi di questultimo si localizza la tensione VZ.
Nella resistenza R circola in tal caso una corrente pari a:
IA

VA

Vz

Una parte di questa corrente circoler sul carico RL, ed esattamente la frazione Vz/RL,
mentre la rimanente parte Iz circoler sul diodo Zener.
Se la tensione VA aumenta, cresce la IA, ma la Iu rimane in pratica costante, in quanto
costante rimane Vz. Ci significa che cresce la Iz. Cresce quindi la dissipazione nello Zener,
ma la tensione duscita Vu = VZ non si sposta, almeno finch il diodo rimane nella zona di
scarica. Un regolatore che lavori nel modo descritto prende il nome di regolatore in parallelo
o regolatore shunt.
La tensione di uscita tuttavia non rimane perfettamente costante in quanto la
caratteristica del diodo Zener nella zona di scarica non perfettamente verticale. Se quindi si
vuole conoscere in qualche modo la Vu vari in funzione delle variazioni della VA si pu
ricorrere al circuito equivalente per piccoli segnali.
Esempio
Per approfondire il discorso su questi regolatori si pu fare riferimento al circuito di
figura 5.68.

IL
Iz

VA

RL

Vz

VA = 8 .. 10 volt
R = 220
Vz = 5 volt
RL= 500

.
.

figura 5.68

Si vuole verificare che il circuito regoli veramente, qual la potenza dissipata dal diodo
Zener, ed inoltre si vuole trovare il coefficiente di regolazione, cio il rapporto tra le
variazioni della tensione di uscita e le corrispondenti variazioni della tensione dingresso,
supponendo che la resistenza dinamica nella zona di scarica sia di 3 .

126

I diodi
Capitolo 5
Per rispondere al primo quesito necessario verificare che la Iz non scenda mai al di
sotto del valore minimo assegnato dal costruttore. Ora il minimo valore di I pu essere
calcolato come:
I

VA

Vz

per

VA

8 volt

Vz

5 volt

e quindi:
I

8 5
13, 6 mA
220

Questa corrente la somma di IL e Iz. Di conseguenza Iz sar minima quando IL


massima, cio quando RL = 500 . Si ottiene:
IL

max

5
500

10 mA

Iz

min

13, 6 10 3, 6 mA

Allo stesso risultato si poteva pervenire con il metodo della retta di carico, sostituendo
allinsieme circuitale formato dal generatore VA e dai resistori R e RL il generatore
equivalente secondo Thevenin Ve e Re, con:
Ve

VA .

RL

RL

Re

R. R L
R RL

Tali quantit, variabili evidentemente con VA e RL, vanno calcolate in corrispondenza


della situazione pi pericolosa, cio per VA = 8 V e RL = 500. Si ottiene in tal caso che:
Ve

5, 55 volt

Re

150

La corrispondente retta di carico interseca sul piano V-I la caratteristica del diodo Zener
V = Vz = 5 V nel punto di coordinate:
V

5 volt

Iz

3, 6 mA

Se il diodo, utilizzato a 3,6 mA, si trova gi sufficientemente al di l del ginocchio della


caratteristica, il circuito funziona correttamente. In modo del tutto analogo si pu trovare la
massima corrente che pu scorrere nel diodo. Essa sar raggiunta quando VA = 10 V e
. In tali condizioni:
RL
I

Iz

10 5
220

e quindi la massima dissipazione :


127

22 , 7 mA

I diodi
Capitolo 5
Pd

5. 22, 7 113, 5 mW

Qualunque diodo Zener in grado di dissipare tale potenza.


Infine per valutare il coefficiente di regolazione opportuno fare riferimento al circuito
equivalente per piccoli segnali.
Eliminando le componenti continue, che in questo caso non interessano, cio
utilizzando il principio di sovrapposizione degli effetti, il circuito equivalente per piccoli
segnali risulta quello di figura 5.69.
R

ve

RL

vu

figura 5.69

dove con ve si indicata la componente variabile della tensione di ingresso.


Indicando con:
rd . R L
rd R L

R'

il parallelo di resistenza differenziale del diodo e resistenza di carico, si ottiene:


vu

ve .

R'
R' R

Ovviamente il massimo valore del rapporto vu/ve, corrispondente alla minima


regolazione si ha quando R massima, cio quando R L
. In queste condizioni:
vu
ve

rd

rd

3
223

0, 013

Una variazione della ve si ripercuote in uscita in misura di poco superiore alluno per
cento.
Poich VA pu variare tra 8 e 10 V, la massima variazione delluscita :
vu

10 8 .0,013 26 mV

128

I diodi
Capitolo 5
Il coefficiente di regolazione viene solitamente espresso in decibel. Nel caso che si sta
esaminando:
vu
ve

20. log 0,013

38 dB

dB

5.7) Il diodo tunnel.


I diodi tunnel sono particolari diodi ottenuti con materiale ad altissimo drogaggio,
attorno a 1019 1020 atomi per centimetro cubo.
Si puo dimostrare che in un diodo al crescere del drogaggio cambia la caratteristica
tensione-corrente e passa da quella gia vista per il diodo normale ad una caratteristica che
presenta una forte conduzione sia in polarizzazione diretta che in polarizzazione inversa. Il
fatto piu interessante tuttavia si riscontra nel quadrante di polarizzazione diretta in cui il
diodo tunnel presenta un tratto abbastanza esteso a resistenza differenziale negativa, per poi
tornare a coincidere con la caratteristica de3l diodo normale ad elevati valori di tensione
diretta. Landamento tensione-corrente di un diodo tunnel e riportato in maniera qualitativa
in figura 5.70.
I

polarizzazione diretta

figura 5.70

Il diodo tunnel e stato impiegato per molti anni come commutatore ad elevata velocita
o come elemento attivo in oscillatori ad altissima frequenza. Oggi le sue prestazioni sono
superate da altri dispositivi piu moderni, tuttavia la sua importanza culturale e notevole in
quanto costituisce il primo componente di una classe di dispositivi basati su effetti
strettamente quantistici.
La figura 5.71 da ragione in maniera qualitativa del funzionamento del diodo tunnel.
129

I diodi
Capitolo 5
A causa dellelevato drogaggio il livello di Fermi taglia la banda di valenza in zona p e
quella di conduzione in zona n. Oltre a cio lestensione della zona di carica spaziale e molto
sottile. Leffetto tunnel, che e specifico della meccanica quantistica, cioe non trova
spiegazione in termini di fisica classica, si manifesta con il passaggio di elettroni attraverso
una barriera di potenziale anche se le particelle non possiedono energia sufficiente per il
superamento di tale barriera

spessore della zona di


svuotamento

Ec
Ev

polarizzazione diretta

EG

EF
stati liberi

polarizzazione inversa

stati pieni

figura 5.71

In altre parole lelettrone possiede anche al di la della barriera di potenziale una


probabilita di presenza, tanto piu alta quanto piu la barriera e sottile. Lelettrone conserva
lo stesso livello energetico nel passaggio e quindi il fenomeno puo verificarsi se stati
occupati su un lato della barriera di potenziale vengono a trovarsi affacciati a stati liberi
sullaltro lato.
Con riferimento alla figura 5.71, che mostra un modello di banda di un diodo tunnel in
equilibrio termico, si vede che il livello di Fermi taglia, come si e detto, la banda di valenza
in zona p e quella di conduzione in zona n. In assenza di polarizzazione applicata i livelli che
si corrispondono da una o dallaltra parte della barriera di potenziale sono o liberi od occupati.
Quindi, come del resto e ovvio, in assenza di polarizzazione non circola corrente.. Se si
fornisce una polarizzazione, le bande in zona p e quelle in zona n si sfalsano e saia in
polarizzazione diretta che in polarizzazione inversa vengono a trovarsi affacciati livelli
occupati e livelli liberi. E quindi possibile il passaggio di elettroni per effetto tunnel. Si
osservi che nel caso di polarizzazione diretta si arriva ad un massimo di corrente quando tutti i
livelli che stanno sotto il livello di Fermi in zona n si trovano affacciati a quelli che stanno al
di sopra del livello di Fermi in zona p. Al crescere della polarizzazione diretta lestensione
delle zone affacciate si riduce fino ad annullarsi e il diodo tunnel riprende il comportamento
di un diodo normale.

130

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6

Capitolo 6
DISPOSITIVI ELETTRONICI ATTIVI

I
TRANSISTORI AD EFFETTO DI CAMPO
6.1) Generalit
Oltre ai diodi, presi in considerazione nel capitolo precedente, esistono in campo
elettronico altri dispositivi, detti attivi, che permettono di controllare con grande efficacia una
corrente. Questi dispositivi vengono utilizzati per lelaborazione di segnali, siano essi logici e
in altre parole capaci di assumere due stati soltanto, o analogici, cio variabili con continuit,
oppure vengono impiegati per regolare flussi di potenza elettrica, elaborando cio
dellenergia.
Per realizzare elaborazioni di tipo logico necessario avere a disposizione dispositivi
che si comportino come interruttori comandati da segnali elettrici, di dimensioni il pi ridotte,
molto veloci e che dissipino la minor quantit possibile di energia. Le piccole dimensioni
sono rese indispensabili dal fatto che le elaborazioni logiche richiedono in genere un gran
numero di dispositivi elementari; la tecnologia dei circuiti integrati a larga scala permette al
giorno doggi di posizionare su ununica superficie di qualche mm2, di solito di silicio,
qualche milione di elementi e risponde pertanto abbastanza bene a questa esigenza.
Daltra parte questa elevata densit di impaccamento su volumi ridottissimi pone grossi
problemi nello smaltimento del calore prodotto per dissipazione di potenza. Di conseguenza le
cose andranno tanto meglio quanto minore sar la potenza dissipata dal singolo dispositivo,
sia nel circuito di comando sia in quello di controllo. opportuno rimarcare che normalmente
lesigenza di basse dissipazioni contrasta con quella di alta velocit. Allaumentare della
velocit e a parit di altre caratteristiche la potenza dissipata aumenta. Di solito tra queste due
caratteristiche si sceglie un giusto compromesso in base alle esigenze da soddisfare.
In campo logico il componente ideale quindi un interruttore, comandato ad esempio in
tensione, che potrebbe venir rappresentato come in figura 6.1.

Iu

ingresso

Vu

uscita

figura 6.1

questa una rappresentazione assolutamente ideale in quanto in nessuna condizione di


funzionamento viene dissipata potenza n nel circuito di ingresso, n in quello di uscita.

131

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6

Iu

Valta
Vbassa
Vu
figura 6.2

La tensione V quella che comanda linterruttore; in altre parole il suo valore, superiore
o inferiore ad una determinata soglia, stabilisce se linterruttore chiuso o aperto. Se
linterruttore si chiude quando la tensione V alta si parla allora di logica positiva, nel
funzionamento opposto di logica negativa. La caratteristica voltamperometrica di questo
dispositivo ideale , riferendosi alla logica positiva, quella di figura 6.2.
Nelle applicazioni analogiche il dispositivo descritto non sufficiente, poich in questo
caso necessario regolare la corrente con continuit in funzione di un segnale elettrico di
comando. Inoltre per facilitare lanalisi e la sintesi dei relativi circuiti, ma soprattutto per
soddisfare alle esigenze per cui il circuito viene costruito, opportuno che il legame tra
grandezza di comando e grandezza comandata sia lineare. Questo aspetto apparir pi chiaro
nel seguito.

I = g mVi
VA - Vu
V

Vi

Vu = R . gm. Vi

figura 6.3

Poich il dispositivo che si sta considerando deve regolare la corrente nel circuito di
uscita, abbastanza intuibile che non sar lui a fornire la potenza a questo circuito, ma
semplicemente regoler in funzione del segnale di comando la potenza che da una fonte
esterna viene trasferita allutilizzatore. Pertanto chiamare questi dispositivi attivi sotto
certi aspetti improprio.
132

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
Con un dispositivo che funzioni nel modo descritto si pu ottenere amplificazione. Per
esaminare come ci sia possibile si pu far riferimento al circuito di figura 6.3.
Come si detto il dispositivo attivo funziona come un regolatore di corrente in funzione
di un segnale di ingresso Vi. Esso pu quindi venir rappresentato da un generatore di corrente,
in cui per la corrente non costante, ma proporzionale attraverso un opportuno coefficiente
gm al segnale Vi. Si parla allora di un generatore comandato e il coefficiente gm prende il
nome di transconduttanza, in quanto ha le dimensioni di una conduttanza, cio di un
rapporto tra corrente e tensione, ma queste grandezze non riguardano lo stesso circuito; la
tensione infatti riguarda il circuito di comando, mentre la corrente quella che circola nel
circuito duscita. Si deve pertanto parlare di una conduttanza di trasferimento.
Se si valuta la tensione presente in uscita si ottiene:
Vu

g m . Vi . R

k . Vi

e quindi si in presenza di un amplificatore di tensione. abbastanza ragionevole poi


pensare che, se il dispositivo attivo viene comandato in tensione, la corrente nel circuito di
comando vada mantenuta piccola per quanto possibile. In altre parole bene che la potenza
assorbita dal circuito di comando sia minima.
Generalizzando si pu affermare che un dispositivo che controlla una corrente
utilizzando come comando una tensione dovrebbe avere nel caso ideale unimpedenza di
ingresso infinita.
Si potrebbero tuttavia avere dispositivi in cui la corrente di uscita controllata a sua
volta da una corrente. In questo caso, il generatore comandato legato alla grandezza di
comando da una relazione del tipo:
I

h. I i

dove Ii la grandezza di comando e I la grandezza comandata. Ovviamente h in questo caso


una grandezza adimensionale e prende il nome di guadagno di corrente.
Utilizzando un dispositivo di questo tipo in un circuito, che per il resto sia identico al
precedente si ottiene:
Vu

R. h. I i

k '. I i

Il circuito ancora un amplificatore, che prende il nome di amplificatore di


transresistenza, in quanto il rapporto tra grandezza di uscita e quella di ingresso ha le
dimensioni di una resistenza.
Affinch la potenza assorbita dal circuito di ingresso sia nulla necessario che la
tensione presente ai morsetti di ingresso sia nulla, cio che sia nulla limpedenza di ingresso.
Ovviamente tali caratteristiche sono quelle di un dispositivo ideale.
Dispositivi del tipo descritto possono venir rappresentati sul piano V-I da una famiglia
di rette orizzontali, ciascuna identificata da un ben preciso valore della grandezza di comando,
come mostrato in figura 6.4.

133

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6

Vi o I i

VA

figura 6.4

Nellipotesi che il dispositivo sia lineare, a uguali variazioni della grandezza di


comando corrispondono uguali distanze tra le rette relative. Si noti che, riferendosi allo
schema circuitale in cui lalimentazione esterna (nellipotesi cio che lenergia venga fornita
da un generatore esterno e il dispositivo non abbia alcuna sorgente di energia interna), in
corrispondenza a determinati valori della grandezza di comando il dispositivo si interdice e la
corrente nel circuito di uscita si annulla.
Non possibile che tale corrente si inverta poich questo significherebbe fornire energia
al generatore VA anzich prelevarne.
Un bilancio energetico del circuito di figura 6.3 porta alle seguenti conclusioni.
La potenza fornita la carico non viene fornita dal dispositivo attivo, ma viene prelevata
dalla sorgente di alimentazione VA. Si ha quindi una corrente I che circola nel senso indicato
in figura. Ai capi del dispositivo attivo tuttavia presente una tensione pari a VA-Vu come
indicato, orientata in senso opposto a I. Il dispositivo quindi un utilizzatore in cui si dissipa
una potenza:
PD

VA

Vu .I

Anche sul carico ovviamente viene dissipata una potenza:


PR

Vu . I

e anche tale potenza dovr essere fornita dal generatore di alimentazione VA. Quindi
indicando la potenza fornita dallalimentazione con PA, si ha:

134

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
PA

PD

PR

VA . I

Questo bilancio vale ovviamente in maniera istantanea, in quanto istante per istante
potrebbe cambiare I.
Nei casi di dispositivi non ideali sarebbe necessario mettere in bilancio le potenze
presenti nel circuito di comando; nel caso ideale esse sono invece nulle.
Ritornando al circuito di figura 6.3 si pu osservare che, oltre al vincolo gi citato per il
quale la corrente I non pu invertire il suo verso, esiste anche il vincolo secondo il quale la
caduta ai capi del dispositivo non pu invertire il suo segno. La zona di funzionamento
quindi limitata al primo quadrante.
Questa considerazione porta tuttavia ad unulteriore osservazione. Si supponga che la
tensione di comando sia un segnale a valore medio nullo. ovvio a questo punto che quando
Vi assume valori negativi, essa non pu venir amplificata in quanto si esce dalla zona di
funzionamento appena definita. Ci avviene tutte le volte che la dinamica del segnale tale da
far uscire il dispositivo attivo dalla zona di funzionamento corretto. Per ovviare a tale
inconveniente si pu pensare di sommare al segnale, ad esempio a valor medio nullo, una
componente continua in modo da spostare il punto di lavoro in maniera tale che la dinamica
del segnale sia contenuta tutta nel primo quadrante. Se linformazione che il segnale reca con
se contenuta tutta nelle variazioni, come nel caso di un segnale acustico, questa operazione
non d luogo ad alcun inconveniente, limitandosi a spostare il livello di riferimento, che non
d alcun contributo informativo. In caso contrario, come ad esempio per un segnale di
temperatura, necessario conoscere lentit dello spostamento introdotto o procedere a
posteriori ad unoperazione di taratura.
Con piccole modifiche il circuito di figura 6.3 pu venir trasformato in quello di un
amplificatore invertente (figura 6.5).
La tensione duscita viene in questo caso prelevata ai capi del dispositivo attivo e la
relazione ingresso-uscita diventa:
Vu

VA

R . g m . Vi

R
Vu
V

Vi
I = g mVi

figura 6.5

135

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
Si vede immediatamente che un aumento della tensione di ingresso determina una
diminuzione della tensione duscita ed e da questo fatto che deriva la dizione di invertente.
Nella realt i dispositivi elettronici a disposizione non sono quelli descritti,
assolutamente ideali.
Un dispositivo elettronico reale si comporta come quelli ideali solo su un tratto limitato
delle sue caratteristiche, cio solo in intervalli limitati delle tensioni e dalle correnti presenti ai
sui morsetti. Inoltre la sua caratteristica elettrica non in genere lineare; tuttavia per piccoli
segnali essa di solito linearizzabile nellintorno del punto di lavoro, con considerazioni
analoghe a quelle viste per il diodo. Lampiezza della zona in cui questa approssimazione
accettabile prende il nome di dinamica del dispositivo, mentre la zona in cui la caratteristica
del dispositivo reale si avvicina a quella del dispositivo ideale la possibile zona dimpiego,
detta zona di lavoro.
A ciascun dispositivo reale resta quindi associata una zona di lavoro e una dinamica. Si
noti che questultima non una definizione assoluta, ma dipende dal punto di lavoro e
dallapprossimazione che si vuole conseguire con il modello linearizzato.
Sotto questo punto di vista allora per piccolo segnale si intende un segnale di ampiezza
sufficientemente piccola da interessare una porzione della caratteristica linearizzabile con la
precisione richiesta. Questa ricerca di linearizzazione determinata, oltre che dalla necessit
di distorcere il segnale il meno possibile, allo scopo di poter applicare il principio di
sovrapposizione degli effetti nello studio dei circuiti. Quindi anche la dizione piccolo segnale
identifica un concetto relativo ed legata allapplicazione particolare che si sta studiando.
Un dispositivo che debba servire sia per applicazioni di tipo logico che analogiche
dovr quindi soddisfare un certo numero di esigenze.
Riprendendo il piano delle caratteristiche V-I, su cui riportata anche la retta di carico
del circuito esterno, rappresentabile con il suo equivalente di Thevenin si ha la figura 6.6.

I
Vi = Von

Vi o I i = cost

Vi = Voff

VA

figura 6.6

Per applicazioni analogiche si vorrebbe che il dispositivo si comportasse come un


generatore di corrente pilotato da una tensione o da una corrente di ingresso. Le caratteristiche
136

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
pertanto dovrebbero essere orizzontali, parallele allasse delle tensioni, ed equamente
distanziate in funzione della grandezza di comando. Per le applicazioni logiche invece si
richiede che il dispositivo si comporti come un interruttore ideale, con una caratteristica che
nello stato OFF coincida con lasse delle ascisse e in quello ON con quello dello delle
ordinate. Le caratteristiche globali di un dispositivo che soddisfi ambedue le esigenze saranno
rappresentate allora da una famiglia di rette orizzontali, che quando giungono in
corrispondenza dellasse delle ordinate confluiscono tutte in ununica retta verticale.
Per realizzare allora la caratteristica dellinterruttore aperto sar sufficiente applicare
allingresso il comando Vi (o Ii) che porti il punto di lavoro sulla caratteristica orizzontale che
coincide con lasse delle ascisse. Per realizzare la caratteristica dellinterruttore ON
sufficiente che la grandezza di comando sia opportuna, in modo da portare il dispositivo a
lavorare in corrispondenza della caratteristica che coincide con lasse delle ordinate. Ad
esempio, se si considera un dispositivo pilotato in tensione, sufficiente che Vi = VON perch
il punto di lavoro coincida con lintersezione della retta di carico con lasse delle ordinate.
6.1.1 - Panoramica storica: i tubi a vuoto.
I primi dispositivi elettronici, che approssimavano il comportamento di un elemento
ideale, sono state le valvole termoioniche o tubi a vuoto.
Il pi semplice di questi il diodo termoionico, illustrato in figura 6.7, realizzato con
unampolla di vetro, in cui realizzato un vuoto spinto, al cui interno esiste un primo
elettrodo, il catodo, riscaldato tramite un filamento resistivo. Ha in tal modo luogo il
fenomeno dellemissione termoionica, per cui dal catodo vengono emessi elettroni dotati di
una certa energia cinetica. In prossimita del catodo si forma pertanto una nube elettronica e il
campo elettrico che si genera e tale da stabilire un equilibrio dinamico tra gli elettroni emessi
e quelli che ricadono nel catodo stesso. Se ad un secondo elettrodo, detto anodo, presente
nella stessa ampolla, viene applicata una tensione positiva, il campo elettrico che si forma
accelera gli elettroni in direzione dellanodo, che li raccoglie, dando luogo ad una corrente nel
circuito esterno.

anodo

catodo
figura 6.7

ovvio che polarizzando negativamente lanodo tale corrente viene a cessare in quanto
il campo elettrico tende a comprimere la nube elettronica a ridosso del catodo. Si ha quindi un
dispositivo che permette solo il passaggio unidirezionale della corrente e cio un diodo il cui
comportamento e simile a quello del diodo semiconduttore.

137

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
Se ora tra anodo e catodo si interpongono uno o pi elettrodi, che non impediscono il
flusso di elettroni, essendo realizzati in forma di griglia, e si polarizzano opportunamente
questi elettrodi con delle tensioni esterne, si pu modificare la distribuzione interna del campo
elettrico, regolando in tal modo il flusso di corrente.
Nasce in tal modo tutta una famiglia di componenti, che a seconda del numero di griglie
assumono diversi nomi.

triodo

tetrodo

pentodo

figura 6.8

Si va dal triodo, con una sola griglia, al tetrodo con due, al pentodo con tre, e cos via
via allenneodo (figura 6.8).
Le caratteristiche V-I, di cui si riportano alcuni esempi in figura 6.9-a e 6.9-b, variano
da dispositivo a dispositivo.
Come si vede (figura 6.9-a) i triodi rappresentano abbastanza male un generatore di
corrente, in quanto la corrente che scorre tra anodo e catodo dipende in modo rilevante dalla
tensione applicata tra questi due elettrodi.

a) triodo

b) pentodo
figura 6.9

Unapprossimazione gi molto migliore si ha con i tetrodi o con i pentodi, che, con


linterposizione di una griglia ausiliaria posta in prossimita dellanodo, detta griglia
138

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
soppressore, polarizzata negativamente rispetto a questultimo, eliminano anche il fenomeno
dellemissione elettronica secondaria da parte dellanodo causata allenergia cinetica
posseduta dagli elettroni incidenti.
6.2) Il transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET)
Il transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET, Junction Field Effect Transistor)
quello che sotto certi aspetti pi si avvicina al dispositivo ideale preso in considerazione nel
paragrafo precedente (6.1).
Il suo principio di funzionamento pu essere descritto con un modello fisico, che
tuttavia non corrisponde affatto con la realizzazione tecnologica del dispositivo, ma serve
unicamente a capire, sia pure in maniera intuitiva, i fenomeni coinvolti.
Si consideri una barretta di materiale semiconduttore, drogato ad esempio n (figura
6.10), alle cui estremit, tramite unapposita metallizzazione siano applicati due elettrodi che
consentono il collegamento ad un circuito esterno, che nel caso in esame semplicemente un
generatore di tensione continua VDS.

VGS
+

p+

gate

ID

2b

source

p+

gate
VDS

drain

+
figura 6.10

I due elettrodi assumono dei nomi ben precisi, malgrado non ci sia alcun motivo di
differenziarli tra loro, stante la perfetta simmetria del sistema descritto. Per la precisione,
lelettrodo da cui entrano nella barretta, che prende il nome di canale, i portatori di
maggioranza (elettroni) viene chiamato sorgente (source), mentre laltro elettrodo viene detto
collettore (drain). I portatori maggioritari permetteranno lo stabilirsi di una corrente tra
source e drain che dipender dalla resistenza della barretta.
Per controllare lintensit di questa corrente si ricava tutto intorno al canale una zona
fortemente drogata p, con diffusione di impurit trivalenti. Questa zona viene chiamata gate e
a questa zona, sempre mediante metallizzazione viene collegato un terzo elettrodo.
Polarizzando opportunamente la zona di gate possibile modificare le caratteristiche del
canale e controllare la corrente che fluisce nel circuito.
ovvio che tra gate e canale si realizzata una giunzione p-n, che giustifica il nome
assegnato al dispositivo. Per evitare che su questa giunzioni circoli corrente, durante il
funzionamento la polarizzazione del gate sar tale da portare tale giunzione nella zona di
interdizione, com illustrato nella figura 6.10.

139

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
Il generatore di tensione continua VGS utilizzato per questa polarizzazione viene riferito
al source, poich la zona pi critica per quanto riguarda la polarizzazione del gate si ha nel
punto che si trova alla minima distanza dal source stesso. Non bisogna, infatti, dimenticare
che la tensione VDS si distribuisce nel materiale lungo il percorso source - drain, facendo s
che via via che ci si allontana dal source la tensione vada aumentando favorendo le condizioni
di interdizione della giunzione.
Da quanto visto in precedenza per i diodi si ha che in corrispondenza della giunzione
polarizzata inversamente si formi una regione svuotata dai portatori maggioritari e che tale
regione si estenda nel materiale quanto meno il materiale drogato.
Quindi poich la zona di gate fortemente drogata, si pu ritenere in prima
approssimazione che la regione di svuotamento si estenda in pratica solo nella zona di canale.
Di conseguenza la zona di svuotamento non partecipa alla conduzione, non possedendo
portatori maggioritari e laumento della polarizzazione inversa del gate riduce la sezione utile
del canale e ne fa aumentare la resistenza complessiva.
Si ottenuta in tal modo una resistenza variabile in funzione di VGS che permette di
controllare con una tensione la corrente che circola tra source e drain.
Quanto detto tuttavia corrisponde abbastanza fedelmente alla realt solo se le varie
regioni del canale hanno la stessa tensione rispetto allelettrodo di controllo, cio per tensioni
VDS prossime allo zero.
Se invece VDS abbastanza alta la regione di svuotamento cambia forma, modificandosi
via via che si procede da source a drain, in quanto varia la polarizzazione della giunzione.
Quello che tuttavia si pu gi concludere che se si continua ad aumentare la
polarizzazione inversa del gate, ad un certo momento il canale viene totalmente svuotato.

Id

Vgs = 0
V'gs

V"
gs < V'
gs < Vgs

V"
gs
V
figura 6.11

Allora quando:
VGS

Vp

la corrente ID si annulla. Il valore Vp cui questo fenomeno ha luogo viene detto tensione di
pinch off, caratteristica propria di quel particolare transistore e si puo trovare tra i dati

140

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
caratteristici che il costruttore assegna. In termini di caratteristica voltamperometrica si
ottengono le curve di figura 6.11.
Per VGS Vp il canale si strozza e la caratteristica viene a coincidere con lasse delle
ascisse.
Si ricordi tuttavia che il comportamento descritto valido solo se la VDS
sufficientemente piccola.
Quando invece la tensione VDS non tale da poter ritenere la zona di canale
praticamente equipotenziale, la zona di svuotamento modifica la sua forma assumendo
landamento illustrato in figura 6.12. Il diametro utile del canale, cio, si restringe man mano
che si procede da source a drain.

gate
ID
source

drain

gate

figura 6.12

Infatti, la tensione VDS si distribuisce lungo il canale, facendo s che le zone pi vicine
al drain si trovino a potenziale pi alto rispetto a quelle vicine a source. Pertanto la
polarizzazione inversa e lampiezza della zona di svuotamento crescono al crescere di x.
Mantenendo costante la tensione VGS e facendo crescere la VDS si giunge nella
situazione in cui il canale si strozza. Si raggiunta cio una situazione di pinch off e tale fatto
avviene ad una tensione pari alla tensione di pinch off individuata a bassi valori di VDS.
Tenendo presente che la chiusura del canale si ha in corrispondenza allestremit del
gate pi vicina al drain, trascurando la caduta di tensione che si ha nel semiconduttore della
zona di drain che non fa parte del canale, si trova che la differenza di potenziale tra gate e
canale allestremit pi vicina al drain :
VGS

VDS

Poich tale differenza di potenziale in corrispondenza alla chiusura del canale pari a
Vp, si ottiene infine:
VDS

VGS

Vp

In questa situazione il canale si strozza e ogni ulteriore aumento di VDS lascia


praticamente inalterata la ID, come si pu facilmente verificare per via sperimentale.
Non altrettanto facile giustificare n formalmente n intuitivamente questo
comportamento. In via di grossolana approssimazione si pu dire che nella realt il canale non
si strozza completamente, poich in tale situazione la ID dovrebbe annullarsi.
In realt nella zona strozzata la densit di corrente aumenta moltissimo e aumenta in
maniera considerevole anche la caduta di tensione.

141

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
La maggior parte della VDS cade cio in corrispondenza allo strozzamento e si viene
quindi a creare un campo elettrico estremamente elevato, poiche la lunghezza della zona
interessata estremamente ridotta.
I portatori maggioritari, nel caso in esame elettroni, vengono fortemente accelerati.
Inoltre la mobilit degli elettroni stessi, come anche osservazioni sperimentali confermano, in
condizioni di campo elettrico elevato non rimane costante, ma tende a diminuire. In prima
approssimazione si pu affermare che il prodotto tra mobilit e campo elettrico tende a
rimanere costante.
In regioni di questo tipo la legge di Ohm perde la sua validit, cio non sono pi
applicabili i normali modelli cui si abituati a fare riferimento; in sostanza si pu affermare
che ogni incremento di VDS al di l della tensione che determina lo strozzamento del canale,
va ad influire in pratica solo sulla regione di strozzamento, lasciando immutata la situazione
nelle altre parti costituenti il dispositivo, in cui la legge di Ohm conserva la sua validit.
Poich in queste zone le condizioni rimangono sostanzialmente inalterate al variare di VDS, la
corrente circolante non ne sara modificata e per ragioni di continuit ci dovr avvenire
anche nella regione strozzata.
Tutte queste considerazioni permettono allora di giungere a giustificare, sia pure in
maniera qualitativa, le curve caratteristiche di figura 6.13.

ID
inizio dello
strozzamento del
canale

pinch off
VGS = 0

VGS = -1 V

VGS = -2 V

VDS
figura 6.13

Da quanto esposto dovrebbe inoltre risultare evidente che, via via che aumenta la
polarizzazione inversa del gate, diminuisce la tensione del punto in cui il pinch off ha luogo.
tuttavia necessario tener conto che continuando a incrementare la VDS la differenza di
potenziale sulla giunzione p-n nella zona di strozzamento aumenta. Si giunge in tal modo alle
condizioni di scarica a valanga, e la caratteristica si impenna in maniera pressoch verticale.
La tensione VDS cui il breakdown ha luogo, sul piano VDS - ID, diminuisce al crescere
del valore assoluto di VGS, come illustrato nella figura 6.13.
In analogia a quanto gi visto per i diodi, sulle caratteristiche di un dispositivo reale
JFET possono essere individuate diverse zone di funzionamento.
In una prima zona, per valori bassi di VDS il dispositivo si comporta come una resistenza
funzione della tensione di comando tra gate e source VGS. Nella zona immediatamente

142

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
successiva il comportamento approssima quello di un generatore di corrente pilotato dalla
VGS.

CURVE CARATTERISTICHE DI UN JFET

figura 6.14

Vi infine una terza zona che quella di interdizione cio quella che viene raggiunta
quando la tensione VGS supera la tensione di pinch off nella quale il dispositivo interdetto e
non circola alcuna corrente. Infine vi la zona di breakdown che di solito, anche se il
fenomeno non distruttivo, non viene impiegata nelle normali applicazioni. In figura 6.14
sono riportate le curve caratteristiche di un JFET reale.
Le regioni utili per le applicazioni analogiche sono quelle in cui il JFET si comporta
come un generatore di corrente pilotato, nelle quali il suo comportamento molto vicino a
quello dei dispositivi ideali visti al paragrafo precedente.
Le regioni utili per le applicazioni logiche sono evidentemente la regione di
interdizione, in cui il JFET si comporta quasi come un interruttore ideale aperto, e la regione
143

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
di comportamento resistivo, in cui, pur scostandosi dalla caratteristica di interruttore ideale
chiuso, che un cortocircuito, presenta un valore resistivo molto basso.
La zona di comportamento resistivo viene chiamata proprio zona resistiva, quella che
approssima un generatore di corrente zona di saturazione, e vi sono poi, come gi detto la
zona di interdizione e quella di breakdown.
Si prenda ora in considerazione la zona di saturazione.
Ponendosi in condizioni di VDS = cost = V*DS ha un notevole interesse esaminare il
legame tra ID e VGS. Con operazioni grafiche molto semplici si pu costruire, come mostrato
nella parte sinistra della figura 6.15, la curva I DS f VGS Vds cos t .

Questa curva pu essere identificata dai sui estremi. Uno dei punti, quello che
corrisponde allinterdizione del dispositivo, ha coordinate [Vp ( tensione di pinch off), 0],
mentre laltro estremo ha coordinate [0, IDSS] dove con IDSS si indicata la corrente drain source con gate cortocircuitato (shorted) con il source e quindi con VGS = 0.

ID
I

GS1

DSS

GS2

GS3

VGS

Vp

GS3

VDS

V*
DS

GS2

figura 6.15

Landamento della caratteristica quadratico, e questa condizione, deducibile per via


teorica, confermata dallosservazione sperimentale. Si ha cio:
ID

VGS
I DSS . 1
Vp

Il legame tra grandezza di comando e grandezza comandata non quindi lineare, come
sarebbe desiderabile. Se quindi il dispositivo dovesse venir usato come elemento lineare le
escursioni lungo la caratteristica I D f VGS dovrebbero venir limitate ad un arco di curva
tale da poter essere approssimato da una retta senza eccessivi errori. Il dispositivo cio potr
venir considerato lineare solo a piccoli segnali.

144

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
Riassumendo, e dando delle relazioni valide anche per i JFET a canale p, si ha:
1) per |VGS| > |Vp| si in zona di interdizione;
2) per |VGS| < |Vp| e |VDS| < |VGS - Vp| si lavora nella zona resistiva;
3) per |VGS| < |Vp | e |VDS| > |VGS - Vp| il canale si strozza, si entra nella zona di
saturazione e la corrente diventa in pratica indipendente da VDS. Il JFET si
comporta come un generatore di corrente comandato dalla tensione VGS.
Inoltre se nella zona di saturazione si indica con:
I DSS

I D VGS

si pu con buona approssimazione affermare che:


VGS
I DSS . 1
Vp

ID

Ora nelle applicazioni lineari, come si anche visto nella discussione fatta riguardo i
dispositivi ideali, un dato di notevole interesse la transconduttanza, cio il rapporto tra
corrente duscita e tensione dingresso del dispositivo.
Considerando tuttavia che si far riferimento a modelli linearizzati per piccoli segnali,
tale transconduttanza dovr venir intesa come un parametro differenziale
ID
VGS

gm
Si ottiene pertanto:
gm

ID
VGS

I DSS
VGS
1
Vp
Vp

che permette di concludere che la transconduttanza per piccoli segnali dipende dal punto di
lavoro.
Per un dispositivo di questo tipo inoltre opportuno che lingresso si comporti come un
circuito aperto in modo da minimizzare la potenza dissipata nel relativo circuito.
Nella realt questa condizione abbastanza ben approssimata. Infatti, il circuito di
ingresso una giunzione p-n polarizzata inversamente e quindi lunica corrente circolante
quella inversa di saturazione IS della giunzione, che com noto, alle normali temperature di
esercizio molto piccola.
I simboli grafici utilizzati per i JFET sono quelli di figura 6.16.
appena necessario osservare che un JFET a canale p si ottiene da un materiale
semiconduttore drogato p anzich n e realizzando una giunzione con un diffusione n+. Il

145

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
comportamento del tutto analogo a quello del JFET a canale n e valgono tutte le condizioni
fatte purch si rovescino tutti i versi di tensione e corrente.

JFET a canale n

JFET a canale p

figura 6.16

Si noti che il simbolo utilizzato autoesplicativo, in quanto rappresentando la giunzione


gate - canale in pratica con il simbolo del diodo, permette immediatamente di riconoscere il
tipo di materiale utilizzato per realizzare il canale stesso. Si noti la circonferenza che
racchiude il JFET. Con tale simbolo si intende che il dispositivo racchiuso a scopo di
protezione in un contenitore individuale metallico o plastico.
Quali osservazioni conclusive si pu far notare quanto segue:
1) il nome transistore a giunzione a effetto di campo giustificato dal funzionamento
del dispositivo. infatti il campo elettrico esistente tra canale e gate che modula lo spessore
della zona di carica spaziale e controlla quindi la corrente nel circuito source - drain.
2) il JFET non in pratica usato come dispositivo logico, per tutta una serie di problemi
che crea, mentre in campo analogico utilizzato in diverse applicazioni, tra le quali una delle
pi diffuse nella realizzazione di stadi amplificatori ad elevatissima impedenza dingresso.
6.3) Il transistore MOS
Esiste un secondo tipo di transistore ad effetto di campo in cui la corrente che fluisce nel
canale controllata da una tensione applicata allelettrodo gate di controllo; il transistore
MOS (Metal Oxide Semiconductor) o MOSFET (Metal Oxide Semiconductor Field Effect
Transistor).
I MOS si possono suddividere in due categorie: i MOS ad arricchimento (enhancement)
e quelli a svuotamento (depletion), di cui sar studiato nel presente paragrafo, sia pure in
modo qualitativo, il principio di funzionamento.
6.3.1 - MOS ad arricchimento
La struttura fisica, con riferimento ad un MOS a canale n, illustrata in figura 6.17.
Esistono ovviamente anche i MOS a canale p, dal funzionamento duale, in cui i portatori
maggioritari di carica sono lacune anzich elettroni.
Su un substrato di silicio drogato p vengono ricavate, per diffusione o per impiantazione
ionica, due zone fortemente drogate (n+), che realizzano le zone di source e drain, in analogia
con quanto gi visto per il JFET. A questo punto, con opportuni procedimenti termici, a secco
o in atmosfera di vapore, al di sopra del substrato viene formato uno strato di biossido di
silicio SiO2 che presenta ottime caratteristiche dielettriche. In questo strato isolante, per

146

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
attacco chimico, vengono ricavate delle aperture e sulle zone di drain e source viene realizzata
una metallizzazione. Anche il substrato (bulk) viene reso accessibile con un opportuno
contatto, che tuttavia nella figura non stato esplicitamente messo in evidenza.
source

gate

drain

metallo

SiO2

SiO 2

SiO 2
n+

n+

Substrato p

MOS a canale n ad arricchimento (enhancement mode)


figura 6.17

Infine, in unapertura ricavata nellossido, che tuttavia non viene completamente


rimosso, viene formato lelettrodo di gate (G), che rimane in tal modo completamente isolato
dal punto di vista elettrico dal corpo del dispositivo. Si ha cura di rendere estremamente
sottile (50 100 ) lo strato di ossido tra gate e substrato. Le dimensioni di un MOS sono
normalmente molto piccole; la dimensione del canale nelle applicazioni di tipo logico, cio la
zona tra source e drain, ha una lunghezza dellordine del micron o inferiore. Nelle
applicazioni di potenza o comunque di tipo analogico le dimensioni possono essere
notevolmente superiori.
Lo scopo quello di controllare una corrente tra source e drain controllandola con una
tensione applicata tra gate e source. Si ricordi che il dispositivo presenta una perfetta
simmetria; pertanto come source si considera la zona in cui entrano nel canale i portatori
maggioritari, e che nel caso in questione si parla di MOS a canale n e quindi i portatori
maggioritari sono elettroni.
Le polarizzazioni applicate al dispositivo sono ragionevolmente quelle applicate nella
figura 6.18.
+

VDS
+
S

VGS

G
metallo

SiO2

SiO 2

SiO 2
n+

n+

Substrato p

figura 6.18

147

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
Si noti che il substrato viene portato al potenziale minimo presente nel circuito in modo
da polarizzare inversamente le giunzioni eventualmente presenti nel dispositivo, come ad
esempio le giunzioni tra substrato e le zone di source e drain. Nelle condizioni dellesempio
che si sta trattando il substrato di conseguenza portato alla tensione del source.
Al gate viene invece applicata una tensione VGS. Si supponga che inizialmente VGS sia
nulla. In queste condizioni non pu circolare alcuna corrente nel circuito source drain, in
quanto vi sono due giunzioni contrapposte, una p-n e laltra n-p che impediscono il flusso dei
portatori maggioritari. Al limite anche invertendo il verso della VDS il dispositivo rimane
interdetto e per tale motivo viene detto normalmente off. Circoler solamente una
piccolissima corrente di perdita dovuta ai portatori minoritari, che agli effetti pratici pu
essere considerata nulla.
Questa condizione di interdizione si mantiene anche se la VGS viene aumentata finch
non si raggiunge una opportuna tensione di soglia VT.
Se infatti la VGS maggiore di zero e sufficientemente elevata, il campo elettrico che si
forma tra gate e substrato richiama nel substrato in corrispondenza del gate delle cariche
negative (elettroni). Questi portatori minoritari sono sia quelli presenti nel substrato, sia quelli
richiamati dalla zona di source e drain. In sostanza questi portatori minoritari si accumulano
in corrispondenza al gate alla superficie di interfaccia tra il substrato e lo strato isolante di
ossido. A causa del campo elettrico, si ha quindi in corrispondenza al gate unelevata
concentrazione di elettroni che cambia il tipo di comportamento della zona interessata. Questa
zona cio si comporta come se anzich essere in un semiconduttore drogato p si avesse a che
fare con un semiconduttore n. Di conseguenza possibile, a causa della formazione di un
canale n, il passaggio di corrente tra source e drain e per questo motivo il transistore viene
anche chiamato transistore a canale indotto.
Tutto questo tuttavia avviene se VDS prossima allo zero in quanto in queste condizioni
il campo elettrico si pu ritenere costante lungo tutto il canale. Quando, si fa aumentare la
VGS, le dimensioni del canale aumentano e diminuisce la resistenza drain - source. La
caratteristica VDS - ID sono del tipo di quelle illustrate in figura 6.19.
Id

Vgs
V < V"
gs < Vgs
gs < V'
T

V'gs

V"
gs

DS

Vgs = VT

0
V

figura 6.19

Il comportamento quindi di tipo resistivo e perfettamente analogo a quello dei JFET.


Se la tensione VGS inferiore alla tensione di soglia VT, il dispositivo risulta interdetto.
Quando si aumenta la VDS questa tensione si distribuisce lungo il canale tra drain e source.
Pertanto via via che si procede da source verso il drain, la differenza di potenziale tra canale e

148

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
gate andr diminuendo e andr quindi diminuendo il campo elettrico. Il canale quindi
diminuisce di sezione procedendo verso il drain. Se si continua ad aumentare VDS, quando
VDS

VGS

VT

il canale si strozza e, in modo analogo a quanto accade nel JFET, a partire da questo
punto la corrente di drain rimane praticamente costante allaumentare della VDS stessa.
Si noti che le caratteristiche sono fortemente influenzate dalla tensione di soglia VT
(tensione di threshold), che non va assolutamente confusa con la VT = kT/q introdotta a suo
tempo nello studio della giunzione p-n.

ID
VGS

VGS = VT

VDS
figura 6.20

Questa tensione di soglia non determinata da costanti fisiche quali la costante di


Boltzman e la carica dellelettrone, ma dipende piuttosto dalla geometria e da come il
transistore realizzato; in sostanza dipende dal processo tecnologico di fabbricazione ed ha
valori che nei primi MOS prodotti si ritrova sui 5 6 V mentre oggi si pu ritenere nellintorno
del volt. Le caratteristiche complete hanno laspetto illustrato in figura 6.20.
Come si gi accennato, esistono i MOS dal comportamento duale, a canale p, per i
quali tutte le considerazioni fatte mantengono la loro validit quando si scambino i versi di
tensioni e correnti. Ovviamente in tal caso i portatori maggioritari sono lacune e non elettroni.
I MOS a canale p sono stati i primi ad essere realizzati in quanto tecnologicamente
erano pi semplici da costruire. Rispetto a quelli a canale n presentano una mobilit dei
portatori inferiore, quasi un terzo di quella degli elettroni. Questo fatto fa s che, a parit di
corrente controllata, le dimensioni di un MOS a canale p siano superiori a quelle di un MOS a
canale n in quanto la resistivit del materiale a parit di condizioni pi elevata. Attualmente
hanno preso il sopravvento i MOS a canale n, mentre luso di quelli p si ristretto quasi
esclusivamente ai circuiti a simmetria complementare, in cui ciascun MOS a canale p lavora
in coppia con un MOS a canale n. Nella figura 6.21-a e b sono riportate le caratteristiche
statiche reali di un MOS a canale n.

149

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6

(a)

(b)

figura 6.21

Si vedono immediatamente le due zone di funzionamento; nella prima il MOS si


comporta come una resistenza, nella seconda come un generatore di corrente pilotato dalla
tensione VGS. Se tuttavia la VGS inferiore alla tensione di soglia VT, il dispositivo rimane
interdetto e ci si trova nella zona di interdizione.
Nella zona generatore si potrebbe osservare con un ingrandimento dellimmagine che le
caratteristiche non sono perfettamente orizzontali. Il dispositivo quindi non si comporta come
un generatore di corrente ideale, ma in particolare per alti valori di VGS la caratteristica in
una certa misura inclinata rispetto allorizzontale.
Inoltre immediatamente visibile che il legame tra VGS e ID (a VDS costante) non
lineare, ma molto bene approssimabile con una relazione quadratica del tipo:
ID

C0 W
. VGS
2L

VT . 1

VDS

dove il termine VDS tiene conto dellinclinazione delle caratteristiche, con:

mobilit dei portatori di carica;


C0

capacit per unit di superficie nella zona di gate;

larghezza del canale;

lunghezza del canale.

Il rapporto W/L detto rapporto daspetto.


Poich il coefficiente molto piccolo, in prima approssimazione il termine (1 + VDS)
pu venir trascurato e quindi la caratteristica effettivamente quadratica e dipende solo da
VGS.
Il coefficiente:
150

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
C0W
2L
dipende dalla capacit, inversamente proporzionale allo spessore dellossido nella zona di
gate, e dal rapporto daspetto.
Il coefficiente moltiplicativo dipende quindi dalla tecnologia impiegata, per quanto
riguarda C0, e dalle scelte progettuali per quanto riguarda il rapporto W/L. Per alte correnti il
rapporto daspetto dovr essere alto, mentre per ottenere dimensioni minime sia W che L
saranno portate verso i valori inferiori consentiti dalla tecnologia impiegata. Si riduce tuttavia
in tal modo la ID che potr circolare nel MOS.
Il fattore
VDS

tiene conto, come detto, del fatto che le caratteristiche non sono orizzontali. ha ovviamente
le dimensioni del reciproco di una tensione e i suoi valori sono di circa 1/30 1/40 V-1 .
Rimarchevole il fatto che il gate perfettamente isolato dal canale dello strato di
ossido e quindi si comporta in continua come un circuito aperto. Nel comportamento ad alta
frequenza si comporter invece come una capacit. Valori tipici per limpedenza di ingresso
sono resistenze maggiori di 1012 ohm e capacit dellordine di qualche picofarad.
6.3.2 - MOS a svuotamento
Oltre ai MOS ad arricchimento ne esiste una seconda categoria, quella sei MOS a
svuotamento.
In questo caso il canale gi preformato, da cui il nome di MOS a canale preformato
che viene anche dato a questi dispositivi.
Tra le due regioni n+ di drain e source viene creata unulteriore regione drogata
debolmente n, che permette il passaggio dei portatori maggioritari (elettroni) tra source e
drain. La struttura illustrata nella figura 6.22.

VDS
+
S

VGS

G
metallo

SiO2

SiO 2

SiO 2
n+

semiconduttore n
Substrato p

figura 6.22

151

n+

nulla.

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
abbastanza evidente che circoler corrente anche quando la tensione di gate VGS

Applicando una polarizzazione negativa al gate, il campo elettrico che si forma tra gate
e substrato tender a svuotare il canale stesso e la resistenza di canale aumenter e per
tensioni VDS 0 si avr il solito comportamento resistivo.
Quando la VDS cresce, a VGS costante, il campo elettrico lungo il canale non sar pi
uniforme e quando in prossimit del drain si raggiunge la tensione di pinch off il canale si
strozza; da questo momento in poi la corrente di drain diventa pressoch indipendente dalla
tensione drain - source VDS. Si raggiunta la zona di funzionamento rappresentabile con un
generatore di corrente.
Si in presenza di un dispositivo normalmente ON, che in assenza di polarizzazione di
gate si trova in condizione di conduzione, in contrapposizione con i MOS ad arricchimento
che sono normalmente OFF.
Nella figura 6.23 sono riportate le caratteristiche reali di un MOS a svuotamento, in cui
sono individuabili le solite tre regioni di funzionamento; la regione di comportamento
resistivo, quella di comportamento simile ad un generatore di corrente e quella di interdizione.

figura 6.23

Si pu notare tuttavia che lo stesso dispositivo pu venir utilizzato anche come


dispositivo ad arricchimento quando il gate viene polarizzato positivamente rispetto al source.
In questo caso il canale si arricchisce e la corrente di drain aumenta rispetto alle condizioni di
polarizzazione nulle. La transcaratteristica I D f VGS VDS cos t assume laspetto illustrato in

figura 6.24.
Anche questa caratteristica ha un andamento quadratico e lespressione matematica
della f(VGS) molto simile a quella gi vista per i MOS ad arricchimento.
I campi di utilizzo dei MOS sono quelli dellelettronica logica LSI (integrazione a
larghissima scala), delle applicazioni di potenza soprattutto come interruttore, di cui una
buona approssimazione, mentre come amplificatore analogico usato prevalentemente nei
circuiti integrati analogici a larga scala.
La prima applicazione giustificata dal fatto che il MOS il dispositivo pi piccolo che
oggi si riesca a produrre. Permette quindi impaccamenti molto spinti in volumi ridotti,

152

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
aggiungendo a ci il pregio di funzionare ad elevate velocit con ridotte dissipazioni di
potenza.
ID
svuotamento

arricchimento

interdizione

V GS
figura 6.24

Come interruttore permette con una certa facilita di controllare delle potenze
considerevoli nel circuito di drain, utilizzando potenze molto ridotte nel circuito di gate che
ha, come si visto, unimpedenza elevatissima. Ovviamente la struttura deve essere tale da
poter sopportare le correnti di lavoro, che possono arrivare al centinaio di ampere e le tensioni
in gioco che anchesse possono raggiungere qualche centinaio di volt. Come amplificatore
analogico invece poco utilizzato, tranne che come elemento integrato, anche perch pu
facilmente danneggiarsi. Infatti, a causa dellaltissimo isolamento del gate e della bassa
capacit tra gate e canale, per induzione elettrica potrebbero facilmente stabilirsi tra gate e
canale elevate tensioni. Poich lo strato di ossido, come si detto, estremamente sottile, esso
potrebbe facilmente perforarsi determinando la distruzione del dispositivo.
Caratteristiche desiderabili nelluso come interruttore sono una bassa resistenza RDS
source - drain in conduzione e una bassa corrente IDSS nello stato OFF.
Nelle applicazioni digitali una delle caratteristiche pi considerevoli lalta velocit.
Questa velocit aumenta quanto pi la R DS ON piccola e quanto minore la capacit di
ingresso. inoltre desiderabile avere una tensione di soglia VT la pi piccola possibile in
modo da poter utilizzare sorgenti di alimentazione di valore molto ridotto, fatto che gioca un
ruolo positivo anche sulla dissipazione totale di potenza.
6.3.3 - Simboli dei MOS
I simboli utilizzati per i transistori MOS a svuotamento, anche se non esiste una vera e
propria normalizzazione nel campo, sono quelli di figura 6.25.

canale n

canale p

MOS a svuotamento (depletion mode)


figura 6.25

153

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
La freccia, che indica il senso convenzionale della corrente, permette di individuare se
si tratta di un dispositivo a canale p o di un dispositivo a canale n. La sbarra verticale, di
elevato spessore, rappresenta il canale e sta a indicare, proprio in virt del suo spessore, che si
ha a che fare con un canale preformato.
Per i MOS a rinforzo il simbolo analogo, con lunica differenza che il canale
rappresentato da una linea tratteggiata volendo indicare con ci che il canale si forma solo
quando al gate stata applicata unadeguata tensione di polarizzazione.
In figura 6.26 viene riportato il simbolo di un MOS a canale n.
Quello dei MOS a canale p perfettamente identico tranne per il verso della freccia in
corrispondenza al source.

D
G

figura 6.26

Esistono anche altri simboli alternativi per i MOS, dei quali si riportano alcuni esempi
nella figura 6.27-a,-b,-c,-d ed -e.

MOS ad arricchimento a canale n


e' evidenziato il collegamento del
substrato al source

(a)

MOS ad arricchimento a canale p

(b)

MOS a canale n (arricchimento o


svuotamento)
Esiste ovviamente l'analogo simbolo
per il canale p

(c)

MOS a canale p o n ad arricchimento

(d)

MOS a canale p o n a svuotamento

(e)

figura 6.27

154

I dispositivi elettronici attivi


Transistori ad effetto di campo
Capitolo 6
6.4) Circuito equivalente di JFET e MOS
Il circuito equivalente di un transistore a effetto di campo, sia esso di tipo JFET che
MOS, che lavori nella zona generatore di corrente quello di figura 6.28.
ovvio che si tratta di un modello per piccoli segnali. Lingresso in corrispondenza al
gate modellizzato con una pura capacit in quanto in questa zona di lavoro sia il JFET che il
MOS presentano resistenze elevatissime, che in prima approssimazione possono essere
considerate infinite. rd la resistenza dinamica della caratteristica VDS - ID in corrispondenza
del punto di lavoro e tiene conto del fatto che la corrente di drain non si mantiene costante al
crescere della VDS, ma sale lievemente. Essa ha comunque valori molto elevati e in certi casi,
che dipendono dallapplicazione, potr venir trascurata. Infine gm la transconduttanza del
dispositivo, che pu venir ricavata dalla caratteristica ID = f(VGS), una volta che si conosca il
punto di lavoro, tracciando la tangente alla caratteristica stessa. Anche gm quindi un
parametro differenziale come rd.

Vi

g mVi

S
figura 6.28

155

rd

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

Capitolo 7
IL TRANSISTORE BIPOLARE A GIUNZIONE
7.1) Il transistore a giunzione (BJT)
Il transistore a giunzione BJT (Bipolar Junction Transistor) prende il suo nome dal fatto
che viene realizzato utilizzando due giunzioni p-n e che nel dispositivo la conduzione e
determinata, anzich dalle sole cariche maggioritarie, come nei JFET o nei MOS, anche dalle
cariche minoritarie delle diverse regioni semiconduttrici con cui il dispositivo formato.
Un transistore bipolare a giunzione viene ricavato formando in un cristallo
semiconduttore tre zone drogate p e n, alternativamente disposte in modo da formare due
giunzioni. Si possono quindi realizzare due tipi di transistori, com illustrato nella figura 7.1,
in cui lalternanza n-p-n oppure p-n-p. Da ci prendono il nome i transistor stessi che
vengono appunto chiamati transistori npn o pnp. Nel simbolo grafico, anchesso riportato in
figura, la freccia che identifica lanodo e il catodo del diodo formato da una di queste due
giunzioni, permette di identificare il tipo di transistore con cui si ha a che fare.
base
C
emettitore

collettore

E
base
C
emettitore

collettore

figura 7.1

Il comportamento dei due dispositivi duale; tutto quanto si pu dire per uno di essi
rimane valido anche per laltro tipo, purch si inverta il verso delle tensioni e delle correnti e
si tenga presente che nei semiconduttori di tipo n i portatori maggioritari sono gli elettroni,
mentre in quelli di tipo p sono le lacune.
Le tre regioni di cui un transistore a giunzione composto vengono individuate con
opportuni nomi; le due regioni esterne vengono chiamate rispettivamente emettitore e
collettore, quella intermedia base. Anche in questo caso non sembra esserci alcun motivo per
chiamare in modo diverso il collettore e lemettitore in quanto il dispositivo, cos come
descritto, appare perfettamente simmetrico. In realt la regione di emettitore e quella di
collettore sono differenti sia per geometria che per livello di drogaggio. Lemettitore quindi
non pu essere scambiato con il collettore, in quanto il comportamento del dispositivo
subirebbe delle drastiche alterazioni.

156

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
Come in tutti i dispositivi elettronici, anche nel transistore il fine da raggiungere
quello di regolare la corrente in un circuito esterno. Questa corrente verr fatta fluire tra
emettitore e collettore e sar regolata agendo sullelettrodo di base. Vi saranno pertanto due
metallizzazioni, una sullemettitore e laltra sul collettore, che permetteranno il collegamento
al circuito esterno, e una metallizzazione sulla base per il collegamento con il circuito ci
controllo.
Si supponga in prima istanza che gli elettrodi del transistore siano stati lasciati aperti e
quindi in esso non circoli alcuna corrente. La situazione nel transistore sar allora quella di
figura 7.2.
Fissando lattenzione sulla densit dei portatori minoritari nelle varie regioni del
transistore, in quanto, come si vedr, la conduzione nella zona di base proprio affidata ai
portatori minoritari, si pu affermare quanto segue.
Poich le zone di emettitore e di collettore sono fortemente drogate, mentre la base lo
poco, un numero rilevante di elettroni viene diffuso da emettitore e collettore nella regione di
base, dove, giova ricordarlo, sono portatori di minoranza.

potenziale
Vo = potenziale di contatto

Vo
n

densita' dei portatori minoritari

--------------+++++++++
n

++++++++++
n

figura 7.2

Un numero minore di lacune, in quanto la base meno drogata, verr diffuso da


questultima verso emettitore e collettore. Infatti la diffusione proporzionale al gradiente
della densit dei portatori di carica.
Di conseguenza la concentrazione dei portatori minoritari sar molto maggiore nella
regione di base rispetto a quella nelle zone di emettitore e collettore.
Si consideri tuttavia che ogni elettrone che diffonde da emettitore o collettore nella zona
di base lascia una carica positiva scoperta e che tale carica non pu venir neutralizzata
dallesterno in quanto il transistore per le ipotesi fatte isolato. Analogamente ogni lacuna
che dalla zona di base diffonde verso emettitore e collettore lascia scoperta una carica
negativa. Si crea in tal modo una differenza di potenziale ai capi della giunzione, tale da
157

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
opporsi alla diffusione, fino a quando non si raggiunge lequilibrio dinamico che rende
costante il numero di portatori minoritari in ciascuna regione. Questo potenziale prende il
nome di potenziale di contatto ed dellordine di qualche centinaio di millivolt.
Si supponga ora che il transistore venga polarizzato come illustrato nella figura 7.3
VCE > V
BE
E

n
B

+
VBE

VCE
figura 7.3

In queste condizioni la giunzione base-emettitore risulta polarizzata direttamente in


quanto la tensione applicata tende ad abbassare la barriera di potenziale della giunzione
stessa. Poiche invece la tensione VCE maggiore di VBE e quindi la tensione VCB maggiore
di zero, la giunzione base-collettore risulta polarizzata inversamente e la barriera di potenziale
ai suoi estremi aumenta.
La concentrazione dei portatori minoritari e dei potenziali nelle varie regioni si
modifica. Per quanto riguarda le differenze di potenziale, come si detto, quella alla
giunzione di emettitore si riduce e quella alla giunzione di collettore aumenta rispetto alla
condizione di equilibrio a elettrodi aperti, rappresentata nella figura 7.4 da una linea
tratteggiata.
concentrazione

++
++++++
++++++++++
++++++
++++++++++++

-p
--- -- - -- ---- --- --- --- - -- -- -- -- - -- -- -- -- -- - -- -- -- -- -- -- - -- -- -- -- -- -- -- -- -----------

potenziale

figura 7.4

158

++++++++++++
++
++++++++++++
++
++
++
+ + + + +
+ ++++++++++++++

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
Pertanto alla giunzione di emettitore un maggior numero di elettroni possiedono
unenergia sufficiente a superare la barriera di potenziale come daltra parte si era gia visto
anche nello studio della giunzione p-n. Si ha in base uniniezione di un numero molto
maggiore di portatori minoritari (elettroni), la cui densit in corrispondenza alla giunzione
quindi aumenta ed aumenta quanto pi VBE elevata.
Al lato collettore invece, la polarizzazione inversa e quindi la barriera di potenziale
risulta aumentata. Si ricordi tuttavia che la barriera di potenziale, che impedisce il passaggio
ai portatori maggioritari che non abbiano sufficiente energia, favorisce il passaggio dei
portatori minoritari. Nella zona di base e di collettore le concentrazioni dei portatori
minoritari a ridosso della giunzione pertanto diminuiscono e tendono a zero.
Si vede quindi che nella zona di base si forma un gradiente di concentrazione dei
portatori minoritari. Di conseguenza nella base si genera una corrente di diffusione
proporzionale a tale gradiente. Come illustrato nella figura 7.4 la pendenza della
concentrazione, cio il suo gradiente, non costante, ma va diminuendo procedendo da
emettitore a collettore.
Nella zona di base si ha infatti il fenomeno della ricombinazione tra gli elettroni
(portatori minoritari) e le lacune (portatori maggioritari). C una certa probabilit che un
elettrone vada a colmare una lacuna, e tale probabilit sempre maggiore a zero. La
ricombinazione determina il profilo curvilineo dellandamento della densita.
Per mantenere la neutralit tuttavia la lacuna che si ricombina deve venir rimpiazzata da
una carica positiva entrante dallelettrodo di base.
La probabilit di ricombinazione dellelettrone dipende da:
1) il livello di drogaggio della base. Quanto maggiore il drogaggio, tanto
maggiore sar il numero di lacune in base e di conseguenza tanto pi probabile
sar che un elettrone si annulli con una lacuna nel suo tragitto da emettitore a
collettore;
2) dallo spessore della base, cio dalla lunghezza del tragitto che lelettrone fa
per passare dalla giunzione di emettitore a quella di collettore.
Per far s che la massima parte dei portatori iniettati da emettitore in base (cio della
corrente di emettitore) sia catturata dal collettore necessario realizzare basi poco drogate e
molto sottili. Comunque sia tuttavia evidente che ci si trova in presenza di un dispositivo in
grado di controllare una corrente. Se infatti si varia la VBE, varia la concentrazione dei
portatori minoritari in corrispondenza alla giunzione di emettitore. Al lato collettore invece
tutti i portatori minoritari vengono accelerati nella zona di collettore e quindi in
corrispondenza alla giunzione base-collettore la concentrazione rimane costante. In definitiva
si pu affermare che la VBE controlla il gradiente della concentrazione e di conseguenza la
corrente.
Poich tuttavia tutti i portatori minoritari che giungono alla giunzione di collettore
passano poi nella zona di collettore stessa, ci sta ad indicare che la corrente di collettore
indipendente dalla VCE. Si ha cio il fenomeno di saturazione per il quale la Ic viene a
dipendere solo da VBE, purch la VCE sia sufficientemente elevata e comunque superiore alla
VBE. La zona di lavoro cos individuata prende il nome di zona o regione attiva.
Se tuttavia si esaminano le cose con un po di attenzione ci si accorge che ci sono alcuni
aspetti che fino a questo momento sono stati trascurati. Valutando i vari contributi alle

159

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
correnti nelle varie regioni che compongono il transistore ci si trova di fronte alla situazione
illustrata in figura 7.5.

IC

IE

ricombinazione

I EBO

ICBO
IB

V CE

VBE

>

V BE

V CE

figura 7.5

La polarizzazione diretta della base d luogo ad una corrente IE di elettroni che si


diffondono nella regione di base e viene poi in pratica tutta drenata verso il collettore.
Tuttavia una piccola parte dei portatori si ricombina nella regione di base e si ha un piccolo
contributo alla corrente di base dovuto proprio a questa ricombinazione.
C inoltre da tenere presente che la giunzione base-collettore polarizzata
inversamente e quindi oltre alla corrente di elettroni che dalla base passano nel collettore, c
un contributo ICBO, che la corrente inversa di saturazione del diodo base-collettore, dato da
lacune (cariche minoritarie nella zona di collettore) che da collettore passano nella base.
Il simbolo ICBO sta proprio ad indicare la corrente che circola tra collettore e base a
emettitore aperto (open) cio quando IE = 0.
Anche alla giunzione di emettitore la corrente di elettroni non lunica esistente, in
quanto esiste anche una corrente di lacune che da base si dirige verso lemettitore stesso.
Daltra parte ci lo si poteva intuire anche dal diagramma delle concentrazioni, nel quale si
vede che nella zona di emettitore la densit delle lacune non costante a causa della
diffusione delle lacune che entrano in tale zona dalla base. Questa corrente ovviamente non
interessa in alcun modo la zona di collettore, ma rappresenta un ulteriore contributo alla
corrente di base.
Si pu quindi eseguire un bilancio delle correnti nel transistore. Indicando con la
frazione della corrente di IE di elettroni che raggiunge il collettore si pu scrivere che:
IC

.I E

I CBO

. IE

Poich la ICBO alle normali temperature sempre molto piccola, nella maggior parte dei
casi pu venir trascurata.
Il valore di , sicuramente inferiore allunit, nella realt assume valori compresi tra 0,9
e 0,99 o pi.

160

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
IC
IE

0.9

7.1

Considerando poi il transistore come un nodo in cui confluiscono le tre correnti IE, IC e
IB con versi adottati come positivi per le correnti si pu scrivere:
IE

I B IC

Pertanto dalla relazione (7.1) si ottiene:


IC

IB

IC

I CBO

e con semplici manipolazioni si ricava infine:


IC
Definendo infine

I CBO
1

IB

si ottiene:
IC

.I B

1 .I CBO

7.2

Il parametro
e detto guadagno di corrente del transistore, considerando come
variabile indipendente IB e variabile controllata IC e con i normali valori di dei transistori
reali assume valori compresi tra 10 e 400500. Si vede pertanto che
e che quando IB
1
>> ICBO la relazione (7.2) pu ridursi con ottima approssimazione a:
IC

. IB

Esiste cio una proporzionalit diretta tra corrente di base e corrente di collettore;
pertanto con una piccola corrente di base si pu controllare una corrente molto maggiore nel
circuito di collettore.
tuttavia interessante notare che quando la corrente di base si annulla, quella di
collettore non va mai a zero. A circuito di base aperto (IB = 0) in quello di collettore circola
una corrente, detta di perdita o di dispersione, pari a:
I CEO

1 .I CBO

Come si vede, questa corrente molto maggiore della corrente inversa di saturazione
ICBO del diodo base-collettore ed tanto maggiore quanto maggiore il guadagno
di
corrente.

161

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
In condizioni operative normali, alle quali la ICBO dellordine del nanoampere o della
decina di nanoampere, la ICEO risulta comunque una quantit trascurabile rispetto alla corrente
di collettore con cui normalmente si opera. La ICBO tuttavia dipende in maniera esponenziale
dalla temperatura e quindi alle temperature pi elevate la ICEO pu diventare non pi
trascurabile e rendere la corrente totale di collettore non pi efficacemente controllabile
mediante IB.
Il guadagno di corrente tecnologicamente molto difficile da controllare. Infatti anche
se
ha valori abbastanza precisi, ottenuti drogando con accuratezza il semiconduttore e
controllando con estrema precisione le dimensioni della zona di base, esso avr pur sempre
una certa tolleranza. Inoltre molto prossimo a 1 e quindi le sue variazioni, anche molto
piccole, danno luogo a variazioni molto ampie di . Ad esempio con un = 0,98 si ottiene
= 49. Se subisse una variazione percentuale di circa luno per cento, assumendo un valore
da 0,97 fino a 0,99 i corrispondenti valori di sarebbero approssimativamente compresi tra
32 e 99. Quindi transistori costruiti con lo stesso processo tecnologico hanno valori di molto
diversi tra loro e il rapporto tra valore massimo e valore minimo pu raggiungere anche un
valore pari a 4.
Le caratteristiche VCE - IC, parametrate da VBE, assumono in base a quanto detto
laspetto di figura 7.6.
Si ancora in presenza di un generatore di corrente pilotato dalla tensione VBE.
Ovviamente se VBE scende al di sotto della tensione di soglia del diodo base-emettitore il
transistore risulta interdetto. necessario a questo punto precisare quale sia il legame tra la
VBE e la IC. Ponendosi allora a VCE = costante e variando la VBE si osserva che:
IC

VCE > VBE

VBE = cost.

V CE
figura 7.6

IE

IS . e

VBE
VT

come daltronde ci si poteva aspettare, dato che il diodo base-emettitore risulta polarizzato
direttamente e questa polarizzazione sufficiente per trascurare lunit nellespressione
I

IS . e

V
VT

162

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
che fornisce la corrente della giunzione p-n. In pi nei transistori il processo tecnologico fa si
1. Quindi
che
IE

I S .e

VBE
VT

IC

IB

da cui si vede che il legame tra la tensione VBE e le correnti IE, IB e IC , che differiscono tra
loro unicamente per un fattore di scala, un legame esponenziale. Per amore di precisione
necessario notare che e non sono in effetti delle costanti. In particolare dipende dal
valore di IC, assumendo un valore massimo in corrispondenza ad un ben preciso valore I C e
diminuendo via via che ci si scosta in ambedue i versi da esso. Tuttavia in prima
approssimazione questi due parametri possono essere ritenuti costanti.
Il legame tra grandezza di comando (VBE) e grandezza comandata quindi fortemente
non lineare e questo fatto risulta particolarmente scomodo, sia in campo applicativo a causa
delle distorsioni introdotte, sia quando per via di calcolo si volessero valutare le prestazioni di
un circuito. Si preferisce allora utilizzare come grandezza di controllo non la tensione VBE, ma
la corrente IB , che legata in modo pressoch lineare alla IE ed alla IC. In sostanza si
preferisce vedere il transistore come un dispositivo pilotato in corrente. La parametrazione
delle caratteristiche viene allora fatta per IB = cost. e non per VBE = cost.

IB

IC
VCE

figura 7.7

interessante a questo punto esaminare cosa accade quando si esce dalla zona attiva
portando la VCE a valori uguali o inferiori alla VBE. In questa situazione, se la VCE
sufficientemente bassa, anche la giunzione base-collettore passa in polarizzazione diretta. Si
consideri allora un transistore che lavori con una corrente di base costante IB, come illustrato
nella figura 7.7
Si vuole valutare qual la corrente IC nel circuito collettore-emettitore al variare della
VCE.
Quando VCE scende a valori inferiori a VBE, ci si pu rifare al modello del transistore
illustrato in figura 7.8
Le due giunzioni infatti, come gi stato fatto notare in precedenza, possono essere
viste come due diodi contrapposti.
Le tensioni ai capi della giunzione base-emettitore sar circa di 0,6 0,7 V, pari cio
alla caduta diretta di un diodo in conduzione. Se la VCE viene resa sufficientemente bassa
anche la giunzione base-collettore risulta polarizzata direttamente.

163

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

IC
C

I DE
B

VBE
E

VCE
I DE
figura 7.8

Tuttavia il modello ora introdotto non sufficientemente approssimato in quanto,


applicato alla zona attiva, porterebbe a concludere che in tale zona la corrente di collettore
dovrebbe essere nulla, mentre le analisi precedentemente condotte hanno permesso di dire che
in zona attiva
IC

.I E

Per completare il modello sar quindi necessario inserire tra collettore e base un
generatore di corrente comandato di valore IDE, avendo indicato con IDE la corrente che
scorre nel diodo di emettitore, che tiene conto di quello che viene chiamato effetto
transistore. Utilizzando ora questo modello quando la giunzione base-collettore passa in
polarizzazione diretta e il relativo diodo passa in conduzione, si rende evidente che la corrente
costante di base IB si suddivide in una corrente che circola nel diodo di emettitore e una certa
aliquota che circola sul diodo di collettore.
La corrente di collettore allora diminuisce, in quanto alla corrente richiamata dal
generatore IE si somma con verso opposto questa aliquota di corrente fornita dalla base.
Quindi sul piano delle caratteristiche di collettore la corrente di collettore IC deve diminuire a
pari corrente di base IB.
Se poi si considera la struttura simmetrica del transistore, una corrente diretta sulla
giunzione di collettore richiamer, per effetto transistore, una corrente alla giunzione di
emettitore, cos come la corrente IDE alla giunzione di emettitore richiama una IDE a quella di
collettore. Il circuito equivalente completo sar allora quello di figura 7.9
In questo modello IDC la corrente che scorre nel diodo di collettore e si sono
differenziati i coefficienti
dei due generatori comandati, indicando con F (forward;
diretto) quello gi ben conosciuto e con R (reverse; inverso) quello ora introdotto. Questi
due coefficienti, a causa di come viene realizzato il transistore sono usualmente molto diversi
tra di loro con F >> R. A maggior ragione, quindi, la corrente di collettore deve diminuire e
man mano che la VCE diminuisce, cresce la IDC e quindi cala la IC.

164

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

IC
I DC
F

I DE
VCE

IB

I DC

I DE
figura 7.9

Riassumendo, al calare di VCE una porzione sempre maggiore della IB circola sul diodo
di collettore. Diminuisce quindi la corrente richiamata dal generatore FIDE e cresce quella
R IDC di verso opposto. Le caratteristiche allora assumono laspetto di figura 7.10.
IC

= cost.

VCE
figura 7.10

Tutte le caratteristiche confluiscono su ununica caratteristica che converge verso


lorigine del piano coordinato.
La tensione cui tale fenomeno avviene quella in cui la giunzione di collettore si
polarizza direttamente. Poich la VBE di circa 0,6 0,7 V, mentre la soglia di conduzione
del diodo di collettore si situa sui 0,5 0,6 V, il fenomeno descritto si presenta quando VCE =
0,1 0,2 V. Questa tensione viene detta tensione di saturazione e la zona di funzionamento
appena analizzata viene detta zona di saturazione.
Il modello del transistore che stato messo a punto prende il nome di modello di
Ebers-Moll e pu essere utilizzato per calcolare il punto di lavoro di un transistore inserito in
un circuito in quanto un modello per ampi segnali.

165

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
In figura 7.11 sono riportate le caratteristiche reali di un transistore a giunzione e come
si vede nelle caratteristiche si usa come parametro la corrente di base.
Si pu notare che esse non sono parallele allasse delle ascisse e quindi il transistore a
giunzione si comporta solo approssimativamente come un generatore di corrente in zona
attiva.

figura 7.11

Se poi si ingrandisce la scala di rappresentazione per quanto riguarda la corrente di


collettore, si potrebbe vedere che quando IB = 0 il transistore non risulta completamente
interdetto, ma circola quella piccola corrente di collettore che e gia stata indicata
precedentemente con ICEO.
Per questo motivo si pu affermare che il comportamento del transistore a giunzione,
quando venga usato come interruttore, nello stato di interdizione abbastanza distante dal
comportamento di un interruttore ideale.
Riassumendo si possono identificare facilmente le diverse regioni di funzionamento
1) Zona attiva
VBE > 0

IB > 0

VCE > VBE

il transistore si comporta approssimativamente come un generatore di corrente


comandato dalla corrente IB e delle due giunzioni quella di emettitore polarizzata
direttamente, quella di collettore inversamente.

166

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

2) Zona di saturazione
VBE > 0

IB > 0

VCE < VBE

In questa zona la corrente di collettore scende rapidamente al diminuire di VCE e il


transistore si comporta quasi come un generatore di tensione dellordine di 0,1 0,2 V e con
unimpedenza interna molto bassa, che a seconda del transistore va da qualche decimo di ohm
a qualche decina di ohm. In questa zona ambedue le giunzioni risultano polarizzate
I
.
direttamente. ovvio che in questa regione il rapporto C
IB
3) Zona di interdizione
VBE

Ic

ICEO

Ambedue le giunzioni risultano polarizzate inversamente


Esiste in verit una quarta zona, quella di breakdown, che viene raggiunta facendo
salire la tensione VCE in modo da portare la giunzione di collettore a funzionare nella zona di
scarica a valanga. Le caratteristiche del transistore allora, quando VCE supera determinati
limiti, si impennano diventando in pratica verticali. bene evitare di entrare in questa regione
in quanto il transistore potrebbe danneggiarsi o per eccessiva corrente o per eccessiva
dissipazione.
possibile poi identificare una ulteriore regione di funzionamento detta zona inversa,
che si raggiunge quando la giunzione di emettitore polarizzata inversamente e quella di
collettore direttamente.
Non necessaria molta immaginazione per rendersi conto che questa condizione si
raggiunge quando il transistore viene utilizzato scambiando tra loro le funzioni dellemettitore
e del collettore. Poich la struttura simmetrica il dispositivo continua a funzionare come in
zona attiva, ma con un guadagno R anzich F. I livelli di drogaggio delle varie zone e le
geometrie scelte in fase di progetto fanno s che R non superi, nella migliore delle ipotesi il
valore 0,2. Di conseguenza:

0.2
0.8

0.25

In conclusione, pur essendo possibile far lavorare il transistore nella zona inversa, le sue
caratteristiche sono nettamente diverse da quelle della regione attiva propriamente detta.
7.1.1 - Cenni costruttivi
I primi transistori prodotti, detti a lega, vennero realizzati fondendo localmente due
semiconduttori di tipo p e n in modo da ottenere una struttura del tipo illustrato nella figura
7.12.

167

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
Come si vede la struttura ottenuta fortemente asimmetrica. La zona di collettore, oltre
che per il diverso livello di drogaggio, differisce da quella di emettitore anche per dimensioni,
in modo da riuscire a raccogliere quanti pi elettroni possibile tra quelli iniettati in base
dallemettitore. Questa dissimmetria d in certo qual modo ragione della differenza tra F e
R.

B
figura 7.12

Un transistore moderno, ad esempio di tipo npn, viene invece realizzato a partire da un


substrato di silicio di tipo p. Al di sopra di questo substrato viene realizzata una zona di
collettore drogata n, poi una drogata p, utilizzata per la base, ed infine una nuova regione n,
lemettitore (figura 7.13).
Si pu notare che nella struttura verticale cos creata, la zona di base molto sottile. Le
due zone p+, fortemente drogate p, servono ad isolare il transistore da altri transistori
adiacenti realizzati a partire dal medesimo substrato. Infatti essendo collegate al substrato ed
essendo il substrato connesso alla tensione pi negativa presente nel circuito, le giunzioni
presenti ai loro margini risultano polarizzate inversamente.

metallo
C

n
p+

base
collettore

emettitore

p+

n
p

figura 7.13

168

substrato

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
7.2) I modelli dei transistori bipolari a giunzione ed i circuiti di amplificazione
A illustrazione di quanto esposto al paragrafo precedente si supponga di avere un
transistore bipolare npn, inserito in un circuito formato da un generatore di tensione e da una
resistenza R, come illustrato in figura 7.14.

IC

IB

figura 7.14

Da quando si gi visto si sa che per regolare la corrente di collettore cio la corrente


che scorre nella resistenza di carico R, si pu agire sulla corrente di base IB, che si supporr
variabile.
Volendo studiare il comportamento del circuito sul piano delle caratteristiche IC - VCE,
necessario tracciare la retta di carico che caratterizza il comportamento del circuito esterno.
Questa retta, come si sa, passa per i punti di coordinate VA, 0 e 0, VA/R (figura 7.15).

IC

VA
R
P2

P1

figura 7.15

VA

140

120

100

80

60

40

20

VCE

Il punto di lavoro, cio il punto le cui coordinate rappresentano la tensione presente ai


capi del transistore e la corrente che vi fluisce dipende ovviamente dal valore di IB.

169

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
Ad esempio, con una corrente di base di 40 A, il punto di lavoro sar P1. Accrescendo
la corrente di base, ad esempio ad 80 A il punto di lavoro si sposter in P2, mentre portando
IB a zero il transistore si interdice e il punto di lavoro viene a coincidere con il punto VA
dellasse delle ascisse, se si trascura la ICEO.
Finch si rimane nella zona attiva, cio in quella zona in cui il dispositivo si comporta
come un generatore di corrente, ogni variazione di IB determina lo spostamento del punto di
lavoro sulla retta di carico.
Tuttavia aumentando oltre un certo limite la IB si entra nella zona di saturazione, quando
la VCE assume valori molto ridotti, dellordine di 0,1 0,2 V, e anche la giunzione di
collettore passa in polarizzazione diretta.
Un fenomeno interessante risiede nel fatto che, poich in zona di saturazione tutte le
caratteristiche convergono in ununica curva, una volta che si sia entrati in questa zona ogni
ulteriore aumento della corrente di base lascia praticamente inalterata la corrente di collettore.
In altre parole in zona di saturazione il punto di lavoro non dipende dalla corrente di base e
quindi variazioni di questultima non provocano alcun suo spostamento. Questo
comportamento pu venir utilizzato per accorgersi quando si entrati in saturazione,
verificando che il rapporto IC / IB molto minore di quello che si ha in zona attiva, indicato in
precedenza con .
Tornando ad esaminare le caratteristiche di un transistore reale gi stato fatto notare
che in zona attiva la rappresentazione come generatore di corrente solo una grossolana
similitudine con il vero comportamento. Le caratteristiche reali infatti sono inclinate e non
orizzontali. Questo comportamento dovuto al fatto che allaumentare della VCE, aumenta la
polarizzazione inversa della giunzione di collettore. Di conseguenza aumenta lo spessore della
zona di svuotamento relativa e questo aumento di spessore avviene prevalentemente nella
zona di base che meno drogata. Poich ci provoca una diminuzione dello spessore della
base, diminuisce la ricombinazione dei portatori minoritari iniettati dallemettitore e di
conseguenza aumenta IC.
Se le caratteristiche IC - VCE fossero osservate su una scala opportuna e i tratti
suborizzontali venissero prolungati, si vedrebbe immediatamente che essi convergono in un
punto, identificato da una tensione detta tensione di Early, mentre laumento di IC con VCE
prende il nome di effetto Early (figura 7.16).

VEarly

figura 7.16

Ritornando alle caratteristiche IC - VCE e alla retta di carico, rimane il quesito di come
possa controllare il valore di IB, che utilizzata come grandezza di comando. Si gi visto

170

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
che la caratteristica in ingresso IB = f (VBE) una caratteristica esponenziale, tale che quando
si giunti nellintorno di 0,5 0,6 V per la VBE, variazioni anche piccole di questultima
possono dar luogo a variazioni notevoli della IB. Non quindi agevole pensare di variare la IB
agendo sulla VBE, ma preferibile pensare di pilotare il transistore con un generatore di
corrente, di cui una buona approssimazione quella ottenibile con un generatore di tensione e
un resistore tali che la relazione di figura 7.17 sia sufficientemente approssimata:

IB =

VBE

V - VBE

figura 7.17

quando cio alle correnti di lavoro la VBE trascurabile rispetto a V. Ci in prima


approssimazione raggiunto se V > 5 10 VBE.
Dopo queste considerazioni permane tuttavia il fatto che per analizzare i circuiti in cui i
transistori vengono inseriti necessario dotarsi di opportuni modelli, sia a grandi segnali, che
permettono di individuare il punto di lavoro nel circuito di utilizzo, sia a piccoli segnali per
individuare le relazioni che intercorrono tra le variazioni della grandezza di comando
nellintorno del punto di lavoro e le variazioni corrispondenti delluscita.
In un primo momento converr fissare lattenzione sui modelli per ampio segnale.
7.3) Modelli per ampio segnale.
Prendendo in considerazione il circuito di ingresso, cio il circuito base-emettitore, in
polarizzazione diretta, un modello efficace quello di un diodo, in quanto la giunzione baseemettitore in polarizzazione diretta e in sostanza un diodo. Si gi visto il modello
linearizzato a tratti del diodo. Pertanto si ottiene il modello di figura 7.18. realizzato con un
generatore V di tensione (tensione di soglia) mentre rb tiene conto del fatto che al crescere
della corrente cresce, sia pur di poco la tensione ai capi del diodo.
necessario tuttavia far notare che rb ha sempre valori molto modesti e in molti casi
pu venir trascurata.

171

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

B
rb

E
E
figura 7.18

Si supponga ora di considerare un transistore saturato. Il modello dellingresso rimane


quello descritto, mentre anche al lato collettore si ha una giunzione polarizzata direttamente;
tra collettore ed emettitore si ha quasi un corto circuito e la tensione VCE praticamente
costante e molto bassa.
Un ideale modello allora quello di figura 7.19, in cui la resistenza ron molto piccola,
nellordine di qualche ohm, e per le normali applicazioni pu venir trascurata.

ron

rb

0,6 V

Vsat
V

0,01- 0.02 V

Vsat

figura 7.19

Per la regione attiva, dove il transistore si comporta come un generatore di corrente, il


modello ovviamente dovr essere diverso. Per quanto riguarda lingresso il modello sempre
lo stesso, mentre per la porta duscita esso dovr venir realizzato con un generatore di
corrente comandato IB, dove un parametro che pu essere ritenuto costante e i cui valori
tipici sono compresi tra 40 e 200 (figura 7.20).
C

IB
rb

rc

B
C

figura 7.20

172

IB

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
La resistenza differenziale rc tiene conto del fatto che al crescere della VCE cresce
lievemente la IC. In molte applicazioni tuttavia sia rb che rc possono venir trascurate, la prima
per il suo basso valore, essendo la resistenza differenziale di un diodo polarizzato
direttamente, la seconda essendo la resistenza differenziale del tratto suborizzontale della
caratteristica di collettore e quindi di valore molto elevato.
Lingresso allora si riduce ad un generatore di tensione costante VBE (0,6 0,7 V),
mentre al lato uscita si ha il solo generatore comandato IB.
7.3.1 - Variazioni con la temperatura
Come tutti i dispositivi semiconduttori anche i transistori bipolari risentono della
temperatura e le loro caratteristiche si modificano al variare di questultima.
interessante vedere come questo fatto giochi nei confronti dei modelli per ampi
segnali.
Si prenda un transistore opportunamente polarizzato in un certo punto di lavoro con due
generatori ideali di tensione (figura 7.21).
IC

VCE
VBE

figura 7.21

Il punto di lavoro identificato dalle sue coordinate VCE, IC.


Se la temperatura varia, si pu osservare che al suo crescere cresce la corrente IC, pur
rimanendo inalterate le altre quantit. La corrente IC pu essere riportata al suo valore
nominale agendo sulla VBE, diminuendola. Per ottenere leffetto voluto necessario diminuire
la VBE di circa 2 2,5 mV per ogni grado di incremento della temperatura. questo lo stesso
valore individuato per i diodi al silicio, come daltronde era logico aspettarsi dato che la
corrente di collettore dipende da quella di emettitore, e questultima sostanzialmente quella
di un diodo in polarizzazione diretta.
Se tuttavia si esegue anche una misura della corrente di base ci si accorge che, a IC
costante, la IB dopo lincremento di temperatura diminuita. In altre parole cresciuto il , e
tale incremento circa dell1% per grado centigrado.
Quindi:
1) per mantenere la IE costante, VBE deve diminuire di circa 2 2,5 mV/C;
2) per IC = costante

cresce di circa l1% per C;

173

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
3) la corrente ICBO cresce raddoppiando ogni circa 10 C di aumento della
temperatura. Questo fatto lo si era gi visto in precedenza, quando si era
parlato della dipendenza della temperatura dalla corrente di saturazione
dei diodi.
Queste tre cause concorrono tutte a far aumentare la IC al crescere della temperatura,
tuttavia alle basse temperature la prima la pi rilevante. Il fatto pi importante che le tre
cause non si compensano mutuamente, ma agiscono nella stessa direzione tendendo a far
aumentare la IC allaumentare della temperatura.
Esempio
Si prenda in considerazione la configurazione di un amplificatore invertente realizzato
con un dispositivo ideale, in modo da individuare come un transistore a giunzione possa
essere utilizzato per realizzare questo amplificatore invertente (figura 7.22).

R.I

Va

Vi
Vu = Va - R.g m .V

I = g mVi

figura 7.22

Nel caso ideale la tensione di uscita Vu una funzione lineare della Vi ed una funzione
invertente in quanto al crescere di Vi diminuisce la Vu.
La caratteristica di trasferimento, cio la curva che lega Vu alla Vi, quindi
rappresentabile, come illustrato nella figura che segue, con una retta che interseca lasse
delle ordinate nel punto Va, quello delle ascisse nel punto Va / ( R gm) (figura 7.23).
Vu
Va

A=-g .R
m

A
Vi
Va

figura 7.23

174

g .R
m

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7
Il coefficiente angolare di tale retta, pari a - R gm prende il nome di amplificazione di
tensione ed pari alla variazione della tensione duscita per una variazione della tensione di
ingresso unitaria.
Le considerazioni fatte evidentemente valgono solo per Vi 0, in quanto per Vi < 0 si
otterrebbe dalla relazione precedente una Vu > Va cosa palesemente impossibile per ragioni
fisiche. Si ricordi infatti che i generatori con cui si rappresentano i dispositivi attivi sono falsi
generatori e non possono fornire energia al circuito. Se quindi la Vi dovesse assumere valori
di ambedue i segni il circuito non potrebbe funzionare.
Per ovviare a questo inconveniente si sposta il punto di lavoro al centro della
caratteristica, sommando cio al segnale Vi unopportuna tensione maggiore di zero, in modo
che il segnale totale di ingresso non diventi mai negativo.
Con un transistore bipolare tutto ci pu venir realizzato con il circuito mostrato in
figura 7.24.

R
Va

Rb
Vu

Vb

figura 7.24

Il generatore di corrente continua e la resistenza Rb inseriti nel circuito di base servono


proprio a polarizzare il transistore, facendo s che il suo punto di lavoro vada a cadere circa a
met della caratteristica di trasferimento.
A questa polarizzazione fissa verr poi sovrapposto il segnale utile che potr assumere
ambedue i segni, come il caso, ad esempio, di un segnale sinusoidale.
Con riferimento alle caratteristiche del transistore (nel funzionamento in zona attiva) la
situazione, rappresentata con la retta di carico quella di figura 7.25.
La tensione di uscita Vu quella che si raccoglie ai capi del transistore e quindi coincide
con la VCE. La polarizzazione pi conveniente ovviamente quella che posiziona il punto di
lavoro circa a met della retta di carico. Con riferimento alla figura 7.25 questa situazione
raggiunta quando in base viene fornita la corrente Ip. Al variare poi del segnale utile il punto
di lavoro si sposter lungo la retta di carico in quanto varier IB. Appare evidente che la
corrente di ingresso IB non dovr mai annullarsi, in quanto il transistore si interdirebbe, n
superare il valore Ib max se si vuole un corretto funzionamento.

175

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

IC

Va
R

I B = IB max
I = cost
B

IB = Ip

Va

IB = 0
VCE

figura 7.25

La scelta di un punto di lavoro che situato verso il centro della retta di carico quella
che permette di ottenere la massima dinamica per il segnale duscita Vu.
Se nel circuito si rappresenta anche la parte variabile del segnale di ingresso, esso
risulter modificato secondo lo schema di figura 7.26.

R
Va

RB
Vu

vi
VB
figura 7.26

In base a tale circuito e utilizzando i circuiti equivalenti ad ampi segnali visti in


precedenza, si pu calcolare la polarizzazione del transistore e valutare poi lamplificazione
dello stadio. Per il calcolo della polarizzazione al transistore pu venir sostituito il suo
modello per ampi segnali (figura 7.27).
Si ricava immediatamente che:
IB

VB

VBE

Rb

IC

VB

VBE

Rb

Poich si vuole che nel punto di lavoro VCE = Va / 2 e si sa che:


VCE

Va

176

R. I C

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

V
R

BE

= 0,6 - 0,7 V

R
C

IC
Va

BE

VB

figura 7.27

Si ottiene in definitiva che:


R CI C

Va
2

. R.

VB

VBE

Rb

Quindi una volta che siano assegnati i valori di R, e VB possibile calcolare la Rb


necessaria.
Se ad esempio si avesse Va = 10 V, R = 1 k , VB = 10 V, utilizzando pertanto per
lalimentazione di collettore e la polarizzazione la stessa sorgente di tensione, e il guadagno di
corrente fosse uguale a 100, valore del tutto ragionevole, si otterrebbe:
5V 100.10 3 .

10 0,6 V
Rb

che risolta rispetto Rb fornisce per questultima il valore di 188 k .


Questo modo di operare tuttavia presenta linconveniente che il calcolo fortemente
influenzato dal valore di , che com gi stato fatto notare, conosciuto con una precisione
molto scarsa. La posizione del punto di lavoro potrebbe quindi differire notevolmente da
esemplare ad esemplare di circuito realizzato. Inoltre dipendente dalla temperatura e
quindi il punto di lavoro cos calcolato si sposterebbe al variare di questultima.
Tenendo conto solo della prima causa e supponendo che il possa variare tra 50 e 150
(rapporto 3 tra valore minimo e massimo) il punto di lavoro nelle condizioni estreme avrebbe
le seguenti coordinate:
PL

50

PL

150

VCE

7,5V, I C

VCE

mentre le condizioni normali sono:


177

2,5V, I C

2,5mA
7,5mA

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

PL

100

VCE

5V, I C

5mA

Si tenga presente che nella realt il rapporto tra il valore massimo di e il suo valore
minimo, pu essere superiore a 3 e quindi la situazione reale potrebbe essere ancora peggiore.
7.4) - Modelli per piccoli segnali
Esistono altri metodi per polarizzare il transistore in maniera adeguata. Essi tuttavia
verranno presi in considerazione in seguito.
Supponendo allora che il metodo adottato sia valido, si veda ora di valutare
lamplificazione dello stadio. Per ottenere questo risultato necessario rifarsi ad un modello
del transistore per piccoli segnali, cio un modello linearizzato messo a punto con alcune
considerazioni abbastanza semplici.
ID

VD

V
figura 7.28

Cos come ad ampi segnali il diodo stato approssimato con la caratteristica illustrata in
figura 7.28 , allo stesso modo a piccoli segnali pu essere rappresentato con una semplice
resistenza differenziale, ricavata dalla retta tangente nel punto di lavoro. I costruttori indicano
tale resistenza con il nome hie. tuttavia abbastanza comune trovare in letteratura tale
parametro indicato con r .
Alla porta di uscita il transistore pu ancora essere rappresentato con un generatore di
corrente, in parallelo al quale vi una resistenza che tiene conto del fatto che le caratteristiche
non sono perfettamente orizzontali.
Tale resistenza tuttavia ha un valore notevolmente elevato e nella maggior parte dei casi
pu venir trascurata.
Si ottiene pertanto il circuito equivalente di figura 7.29.
Il generatore di corrente viene di solito caratterizzato attraverso una transconduttanza gm
anzich attraverso , considerando quale grandezza di comando la tensione v che presente
ai capi di r . Daltra parte il modello lineare e tra v e iB vi proporzionalit.

178

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

IB

C
I c = g mv

rc
E
figura 7.29

Si ha allora:
v

r .iB

iC

gm . v

gm . r .i B

e si ricava pertanto che:


iC
iB

gm . r

Questo parametro, rapporto tra la variazione della corrente di collettore e la


corrispondente variazione della corrente di base viene indicato dai costruttori con il nome hfe,
ma molto spesso in letteratura viene anche indicato come o.
Se il parametro
del modello ad ampi segnali fosse costante con la corrente di
collettore, cio se il rapporto
IC
IB
fosse costante per qualsiasi IC, allora si potrebbe affermare che
O

Infatti eseguendo due misure di IC e IB a due diversi valori di corrente si avrebbe


I C1

. I B1

I C2

. I B2

e di conseguenza per differenza tra queste due relazioni si ricaverebbe che:

179

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

iC
iB

IC2
I B2

I C1
I B1

. I B 2 I B1
I B 2 I B1

Si tuttavia gi accennato al fatto che non costante al variare di IC, ma ha un


andamento a campana. Il parametro o, parametro a piccoli segnali, varia quindi con IC e con
il punto di lavoro. Numericamente e o non differiscono di molto, ma concettualmente sono
due cose diverse.
Riassumendo si ha:
gm . r

Ora gm rappresenta la variazione della corrente di collettore al variare della tensione VBE
nellintorno del punto di lavoro (per tensione VCE = cost., ipotesi ben realizzata nel caso di
piccoli segnali e ipotizzando un generatore ideale di corrente). Pertanto:
iC
VBE

gm
Ora si ha che
IC

.I E

gm

VBE

. IS . e VT

e quindi:
V

Infine poich

IS VBET
.e
VT

IC
VT

g m . r si ricava che:
r

VT
IC

La transconduttanza gm del transistore non dipende quindi dal transistore, ma


unicamente dal punto di lavoro, cio da come il transistore polarizzato, e dalla temperatura.
r invece dipende dal tipo di transistore, essendo proporzionale a o.
Ritornando allamplificatore invertente e sostituendo al transistore il suo modello a
piccoli segnali si ottiene il circuito equivalente di figura 7.30.
dove tutti i generatori di tensione in continua sono stati posti a zero.
Si sta cercando infatti di determinare in che modo le variazioni vu della tensione di
uscita Vu dipendono dalle variazioni vi della tensione di ingresso Vi. Poich il modello
adottato lineare si pu utilizzare il principio di sovrapposizione degli effetti.
180

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

Rb
gmv
vi

vu

figura 7.30

Si vede immediatamente che, tenendo conto dei versi di tensione e corrente,


vu

R. g m . v

e che
v

vi .

Pertanto
vu

gm .

r
r

Rb

Rb

. R. v i

Il termine
A

gm.

Rb

.R

Rb

.R

il coefficiente di amplificazione del circuito che si sta studiando. Si vede immediatamente


che lamplificazione tanto maggiore quanto maggiore R e quanto minore Rb.
Con i valori utilizzati nel calcolo della polarizzazione, che portano a una corrente di
collettore di 5 mA, con Rb = 188 k , R = 1 k si ottiene
gm
e poich VT

IC
VT

26 mV si ottiene

181

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

gm

che:

Supponendo che

5mA
26 mV

0, 19

A
V

sia dello stesso ordine di grandezza di , cio pari a 100, si ha poi

100.

1
0,19

526

In definitiva quindi:
A

0,19.

526
.10 3
3
526 188.10

0, 53

Si pu pertanto concludere che, nella configurazione adottata lo stadio ha un guadagno


inferiore allunit.
Se tuttavia la connessione del generatore di segnale fosse eseguita come mostrato nello
schema di figura 7.31.

Rb
C

Va
Vu

vi

figura 7.31

in cui il condensatore C ha come unico scopo quello di blocco per la continua, allora nel
circuito equivalente a piccoli segnali, la resistenza Rb verrebbe a trovarsi in parallelo a r . Si
avrebbe quindi che v = vi e quindi
vu

g m . R. v i

0, 19.103 . v i

190. v i

Lamplificazione dello stadio in queste condizioni sarebbe allora pari a 190.


Se si volesse conoscere la tensione totale presente in uscita, determinata dal punto di
lavoro pi le variazioni, sarebbe necessario sommare i due contributi. Si ottiene in tal caso

182

Il transistore bipolare a giunzione


Capitolo 7

Vu

Va

I CO . R g m .

avendo indicato con ICO la corrente nel punto di lavoro.

183

Rb

. R. v i

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8

Capitolo 8
TRANSISTORI BJT. LA POLARIZZAZIONE

8.1) I circuiti di polarizzazione


A questo punto potrebbe sembrare che luso del modello per ampi segnali, utilizzato per
determinare il punto di lavoro, e di quello a piccoli segnali per il calcolo dellamplificazione,
permettano di risolvere completamente il problema dellanalisi del circuito. Giova tuttavia
molto incerto. Pertanto il punto di lavoro non pu essere
ricordare che il valore di
conosciuto con sufficiente precisione ed anche i parametri del modello a piccoli segnali
risultano quindi incerti.
Si consideri invece il circuito di figura 8.1.
IC

RC
VA
VBE
VB

figura 8.1

immediato scrivere che:


IE

VB

VBE

RE

IC

Con valori di sufficientemente elevati, come in qualsiasi transistore normalmente


avviene, lapprossimazione I E I C accettabile. In questo modo la corrente di collettore
rimane fissata con sufficiente precisione indipendentemente da quanto vale purch le
variazioni possibili della VBE siano trascurabili rispetto VB.
Ora la VBE da un transistore allaltro pu variare al massimo di un decimo di volt e,
come si sa gi, pu variare per effetto della temperatura, con un coefficiente di temperatura di
2 2,5 mV / C. Per rendere queste variazioni trascurabili sufficiente che VB sia dellordine
di 1 1,5 V.
Il circuito considerato tuttavia richiederebbe luso di unapposita sorgente di
alimentazione VB.

184

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
La realizzazione pratica di questo circuito permette di evitare luso di questulteriore
batteria, ricavando la tensione VB direttamente a partire da VA, con un partitore di tensione
come illustrato nella figura 8.2.

VB
VA

RB

RC

R2

VB

Vi

R1

Vu

RE

figura 8.2

Questo partitore equivale per Thevenin ad un generatore VB in serie con una resistenza
equivalente RB, con
VB

VA .

R1
R1 R 2

RB

R1 . R 2
R1 R 2

ovvio che la tensione Vi presente sulla base del transistore in questo caso non
coincide con VB, in quanto su RB si ha una caduta di tensione RB IB, con IB corrente di base.
In questipotesi semplice calcolare il punto di lavoro del transistore. Si ha, infatti, che:

IE

Vi

VBE

VB

VCE

VA

RE

VA

VBE

RE

R C .I C

R1
R1 R 2
RE

IC

R E . IE

Se ad esempio i valori circuitali fossero:


R1

RC

3, 3k

R2

185

15k

RE

1k

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
15V

VA

0, 7 V

VBE

si otterrebbe
RB

VB

15.10 3 . 3, 3.103
15.10 3 3, 3.10 3

15.

IE

VCE

2, 7 k

3, 3.103
V
15.10 3 3, 3.103
2 , 7 0, 7
A
1.103

IC

2, 7 V

2 mA

15V 6. 6V 2 V

6, 4 V

Il transistore lavora dunque in zona attiva in quanto la caduta ai suoi capi di 6,4 V.
Se inoltre si suppone che il valore nominale di
sia pari a 100, valore del tutto
ragionevole, si ottiene per la corrente di base IB un valore dellordine dei 20 A, che su RB d
luogo ad una caduta pari a:
R B .I B

2 , 7.103 . 20.10 6 A

54 mV

Anche in presenza di forti variazioni di questa caduta rimane comunque trascurabile


rispetto a VB, che stata calcolata in 2,7 V. Le ipotesi di partenza sono quindi verificate.
Nel caso in cui non si volesse accettare questapprossimazione o essa non fosse
verificata, il calcolo diviene pi complesso, ma permette di evidenziare alcune interessanti
caratteristiche del circuito di polarizzazione proposto.
A tale scopo opportuno riprendere in considerazione il legame che intercorre tra IB e
IC. Si visto che
IC

IE

I CBO

I B IC

IE

avendo indicato con ICBO la corrente inversa di saturazione della giunzione base - collettore.
Quando questa componente non viene trascurata si ha allora che
IB

IC

I CBO

IC

Ricordando ora che:

186

IC .

I CBO

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
1

da cui
IC

IB

. I CBO

si ottiene di conseguenza
IC

.I B

1 .I CBO

Si vede che alla corrente di collettore concorre una componente pari a ( + 1) ICBO, che
nei transistori a guadagno elevato pu essere una frazione non trascurabile; ci tanto pi
vero quanto pi la temperatura elevata, in quanto la ICBO raddoppia ogni 10 C di
incremento della temperatura.
A base aperta (IB = 0) circola quindi fra emettitore e collettore una corrente pari a
IC

1 .I CBO

che altro non se non la corrente ICEO definita precedentemente. opportuno notare che
questa corrente contribuisce a determinare il punto di lavoro e quando non trascurabile
rispetto IB fa s che il punto di lavoro stesso si sposti al variare della temperatura.
Tornando ora al circuito di polarizzazione a partitore e considerando la maglia di uscita,
si pu scrivere che, poich IE = IC + IB
VA

VCE

R E .I B

RE

R C .I C

Sul piano delle caratteristiche di collettore IC = f (VCE) questa relazione rappresenta una
retta, quando si trascuri il termine RE IB rispetto a RE IC. Essa interseca lasse delle ascisse nel
punto VCE = VA, quello delle ordinate per IC = VA / (RE + RC) ed ha un coefficiente angolare
pari a -1 / (RE + RC).
Si gi visto che nel circuito di base il partitore pu essere sostituito per Thevenin da
un generatore VB VA . R 1 / R 1 R 2 in serie con una resistenza R B R 1 .R 2 / R 1 R 2 .
Considerando la maglia di ingresso si ha allora:
VB

R B .I B

VBE

R E . IB

IC

Ricavando IC da questultima equazione e sostituendola nella precedente si ottiene


infine la relazione tra IB e VCE.
Il luogo dei punti VCE = f (IB) cos ricavato detto curva di polarizzazione e tale curva,
riportata sul piano IC - VCE determina con la sua intersezione con la retta di carico il punto di
lavoro.
187

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
Esempio
A titolo di esempio si consideri un transistore, di cui sono riportate nella figura 8.3 le
caratteristiche di collettore e il circuito di utilizzo, con VA = 22,5 V, RC = 5,6 k , RE = 1 k ,
R2 = 90 k , R1 = 10 k e con un valore nominale di pari a 55.
(a)

(b)

IC

140 A

100 A
IC

IB

2,25 V

5,6 k

3,4 mA

VCE

9k
0,65 V

IB + I C

60 A

22,5 V

curva di
polarizzazione

20 A

1k

22,5 V

retta di carico

VCE

figura 8.3

Dal circuito di base, si ottiene secondo Thevenin:


VB

22 , 5.

10
100

2 , 25V

RB

10. 90
100

9k

La retta di carico, corrispondente ad una resistenza totale di 6,6 k disegnata sulle


caratteristiche.
Esprimendo le resistenze in k e le correnti in mA, dalla maglia di collettore si ricava
22,5 6,6.I C

IB

VCE

8.1

mentre da quella di base si ha, con una VBE = 0,65 V


2 , 25 10. I B I C 0, 65
Eliminando IC da queste due relazioni, si ottiene lequazione della curva di
polarizzazione
VCE

65. I B 11, 9

188

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
I valori di VCE per IB uguale rispettivamente a 20 A, 40 A e 60 A sono riportati
sulle caratteristiche (figura 8.3 - b). Lintersezione della retta di carico con la curva di
polarizzazione fornisce i valori
VCE

13, 6 V

1, 4 mA

IC

mentre dallequazione della curva di polarizzazione si ottiene


IB

26 A

La soluzione pu essere ovviamente ottenuta per via numerica risolvendo rispetto a VCE
e IB il sistema che si ottiene sostituendo nella (8.1) a IC la quantit IB, con pari al valore
nominale. Si ottiene il sistema di equazioni:
VCE

6, 6.55. I B I B

VCE

65. I B

22 , 5

11, 9

risolvendo il quale si ricava:


VCE

13, 5V

IB

24 , 7 A

IC

.IB

55. I B

1, 36 mA

Un aspetto interessante tuttavia risiede nel fatto che variazioni anche considerevoli di
spostano relativamente di poco il punto di lavoro. Si consideri, infatti, che assuma il valore
100. Il sistema di equazioni diventa allora:

che risolto d come risultati


VCE

12 , 8 V

VCE

661. I B

22 , 5

VCE

65. I B

11, 9

IB

14 , 6 A

IC

1, 46 mA

Come si vede, lunica quantit che considerevolmente cambiata IB, mentre VCE e IC,
che determinano il punto di lavoro sono variate di poco.
Il sistema di polarizzazione a partitore sembra dunque autostabilizzante rispetto alle
variazioni parametriche.
interessante allora valutare come tale circuito si comporti rispetto alle varie cause che
tendono a far variare la IC, spostando il punto di lavoro. Queste cause sono:

189

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
1) la variazione della ICBO con la temperatura;
2) le variazioni con la temperatura della VBE;
3) le variazioni di con la temperatura o dovute alla dispersione della caratteristica
passando da un transistore allaltro.
Di queste cause la seconda al limite potrebbe essere trascurata in quanto il coefficiente
di temperatura di 2 2,5 V/C, anche in presenza di variazioni di temperatura di una certa
ampiezza, d luogo a variazioni di VBE sicuramente trascurabili rispetto VB.
Nella figura 8.4 riportata la transcaratteristica di un transistore (al germanio) per VCE =
cost. e per temperatura ambiente pari a 25 C.
6
5
4

IC 3
(mA)
2
1
0

50 100 150 200 250

VBE(mV)
figura 8.4

Come noto questa curva si sposta verso sinistra di 2,5 mV / C (per IC = cost) al
crescere della temperatura.
Se si combina la:
VB

R B .I B

VBE

R E . IB

IC

relativa alla maglia del circuito di base con la:


IC

.I B

1 .I CBO

si ricava, ottenendo IB dalla seconda equazione e sostituendola nella prima:


VBE

VB

RB

RE .

.I CBO

RB

RE.

.I C

8 .2

Sul piano della transcaratteristica la relazione trovata rappresenta la retta di carico,


com illustrato nella figura 8.5

190

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8

IC
T >T
2

T1

transcaratteristica

C2

retta di carico di
pendenza

I C1

V'1
VB

V'2
figura 8.5

Lintersezione con lasse delle ascisse si ha ad una tensione VB


V1'

RB

RE .

.I CBO

RB

V1' dove:

R E .I CBO

Se ora la temperatura aumentasse passando dal valore T1 a T2, anche la ICBO


aumenterebbe passando ad un valore ICBO > ICBO. Pertanto linterazione si avrebbe alla
tensione VB V2' , con
V2'

RB

R E .I 'CBO

Lintersezione con lasse delle ascisse quindi funzione della temperatura e aumenta
allaumentare della temperatura.
Daltra parte la pendenza della retta di carico :
RB

RE.

e quindi tale pendenza (desumibile da | |) aumenta allaumentare della temperatura in quanto


aumenta , che comunque molto maggiore dellunit.
La transcaratteristica del transistore invece si sposta verso sinistra allaumentare della
temperatura. Si vede allora immediatamente che alla temperatura T2 la corrente IC2 di
collettore superiore a quella IC1 che si ha alla temperatura iniziale.
191

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
Poich ICBO, VBE e sono funzione della temperatura, la IC dellequazione (8-2)
anchessa funzione della temperatura.
Se si deriva lespressione della IC che si pu ricavare dellequazione (8-2) rispetto ICBO,
VBE e rispettivamente, si ottengono quelli che vengono chiamati fattori di stabilit del
circuito di polarizzazione preso in esame, che descrivono in quale modo IC dipende da questi
tre parametri.
Si consideri allora la quantit
S

IC

IC

I CBO

I CBO

evidente che quanto maggiore S tanto maggiore linstabilit termica del circuito.
Dellequazione (8.2) si ottiene:
1
S

1.

RB
RE
RB
RE

Da questa relazione si pu osservare che S compreso tra un valore pari a 1 per valori
RB / RE prossimi a 0 ed un valore pari a 1 + quando RB / RE tende allinfinito. Inoltre se 1 +
>> RB / RE si ha
RB
RE

S 1
Se quindi VBE e

sono costanti si pu scrivere che:


IC
IC

S.

I CBO
IC

I CBO
IC

R B I CBO
.
R E IC

Normalmente RB / RE > 1 e quindi il secondo termine quello prevalente. Poich


I C I E il denominatore di tale termine altro non se non la caduta di tensione ai capi di RE e
il suo valore pu venir scelto dal progettista.
Derivando poi lespressione di IC rispetto VBE si ottiene

S'

Se ancora

IC
VBE
RB
e
RE

IC
VBE

RB

>> 1 si ottiene:

192

RE.

RE
1

RB
RE

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
1
RE

S'
e di conseguenza
IC
IC

S'.

VBE
IC

VBE
R E . IC

Anche in questo caso, come nel caso precedente, il fattore dominante nella
stabilizzazione del punto di lavoro la caduta di tensione ai capi della resistenza RE. Tanto
maggiore questa caduta, tanto minore la variazione percentuale della corrente di collettore
dovuta a VBE e ICBO.
Se infine si deriva rispetto a si ottiene:
IC

S"
Ora

IC

. VB V ' VBE
RB RE.
1

IC

(8.3)

dove in base alla relazione gi trovata in precedenza


V'

RB

RE .

.I CBO

RB

R E .I CBO

La tensione V pu essere ritenuta indipendente da . Pertanto derivando rispetto a ,


dopo qualche passaggio si ottiene
IC

S"

I C .S
.
1

Si ricava perci che


IC

I C .S
.
.
1

S".

la variazione di , pari a 2 1.
Non chiaro quindi se nellespressione di S si debba usare per il valore 1, quello 2
o il valore medio tra di essi.
Questa incertezza pu essere superata se per il calcolo di S anzich la derivata si usano
le differenze finite:
dove

193

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
IC

S"

I C2 I C1
2

Riprendendo lequazione (8.3) si pu ottenere:


IC2
I C1

RB
RB

RE.
RE.

1
1

1
2

e sottraendo ununit ad ambo i membri


I C2
I C1

1.

RB RE
RB RE. 2

IC

I C1

oppure
S"
Dove S2 il fattore di stabilit S

IC

I C1 .S 2
1
1. 2

IC

I CBO

per

2.

Se si suppone che S2 sia piccolo in modo che sia valida lapprossimazione S2


dallultima espressione trovata per S, con
IC

I C1

RB
.
RE

>> 1 si ottiene infine:

1
2

RB
.
RE

RB
,
RE

2
1
2

Per ottenere una buona stabilizzazione al variare di si deve quindi mantenere piccolo
il rapporto RB / RE. Inoltre per unassegnata dispersione del valore di (ad esempio con 2 /
1 = 3) il circuito utilizzante un transistore avente un elevato sar pi stabile di quello
usante un transistore con piccolo.
Tornando alla polarizzazione a partitore si supponga di avere a disposizione un
transistore che a 25 C abbia un guadagno di corrente compreso tra 36 e 90. Si supponga
inoltre che leffetto di ICBO a 25 C sia trascurabile. Si vogliono determinare i valori di RE, R1
e R2, sapendo che RC = 4 k , VA = 20 V e volendo che il punto di lavoro sia VCE = 10 V, IC =
2 mA. Quale ulteriore dato di progetto si voglia che la IC rimanga compresa tra 1,75 e 2,25
mA quando varia tra 36 e 90.
Dal circuito di collettore si ricava:
RC

RE

VA

IC

VCE

194

10
2

5k

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
Si ricava di conseguenza che RE = 1 k .
Dalleq. (8.4) si pu ricavare il valore di S2. Poich
IC

2,25 1,75 mA 0,5mA

I C1

36

1, 75ma

90

54

si ha:
0,5
54

1,75.S 2
36. 90 1

e quindi S2 = 17,3.
Sostituendo questo valore, che si ha in corrispondenza a
IC
S
si ricava che:
I CBO
17,3. 91 R B

91. R B

= 90 nellespressione di

Il valore di RB rimane quindi determinato in 20,1 k .


Dalla (8.2), con IC = 1,75 mA, = 36, RB = 20,1 k , RE = 1 k , VBE =0,65 V e ICBO =
0, si ricava
VB

VBE

RB

R E.

.I C

0,65

20,1 37
.1,75 3,43V
36

Ricordando poi che:


VB

VA .

R1
R1 R 2

RB

R1 . R 2
R1 R 2

e risolvendo rispetto R1 e R2 si ottiene infine:


R2

RB.

VA
VB

20,1.

195

20
117 k
3, 43

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
R1

R 2 . VB
VA VB

117. 3, 43
20 3, 43

24 , 2 k

8.2) Stabilit della corrente di collettore


I fattori di stabilit S, S e S definiti in precedenza come
IC

S'

I CBO

IC
VBE

S"

IC

sono stati ricavati come derivazioni parziali rispetto una delle tre variabili di interesse e
mantenendo costanti le altre due.
Se si desidera valutare la variazione totale della corrente di collettore entro un certo
campo di temperatura necessario calcolare il differenziale totale della
IC

f I CBO , VBE ,

si ha cio
IC

IC

I CBO

. I CBO

IC
. VBE
VBE

IC

S. I CBO S'. VBE S".

I fattori di stabilit possono tutti essere espressi in funzione del parametro


M

che nel caso in cui

1
RB
R E.
1

>> 1 pu essere approssimato con:


M

1
1 RB
1
.
RE

Si noti che se RE >> RB, M tende a 1. Sostituendo le espressioni dei fattori di stabilit
nellespressione del differenziale totale, si ricava:
IC

I C1

R B M 1 . I CBO
.
RE
I C1

M 1 . VBE
I C1 .R E

RB M2.
.
RE
1.

dove Mi il valore calcolato per M in corrispondenza a = i.


crescono mentre VBE / IC1
Poich al crescere della temperatura ICBO / IC1 e
diminuisce, i tre contributi hanno lo stesso segno e tendono a far variare la IC nella medesima
direzione.
196

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
Esempio 1
A chiarificazione di quanto detto si prendano in considerazione due transistori, uno al
silicio e uno al germanio. ben vero che al giorno doggi parlare di transistori al germanio
pu sembrare anacronistico, ma lesempio comunque utile e pu fornire lo spunto per
qualche osservazione interessante.
Per il campo di temperature di utilizzo, che per il transistore al silicio si pu ritenere
compreso tra 65 C e 175 C, i dati principali siano:
TABELLA 8.1
T ( C)

ICBO (nA)

VBE (V)

-65

1,95.10-3

25

0,78

25

55

0,60

175

33.103

100

0,225

mentre per il transistore al germanio il cui campo di impiego si pu ritenere compreso tra 65
C e + 75 C i dati corrispondenti siano:
TABELLA 8.2
T ( C)

ICBO ( A)

VBE (V)

-65

1,95.10-3

20

0,38

25

55

0,20

75

32

90

0,10

Come si vede la corrente inversa di saturazione della giunzione di collettore molto


minore nel transistore al silicio che non in quello al germanio.
Si supponga che i due transistori siano polarizzati con il circuito a partitore con RE = 4,7
k , RB = (R1 R2) / ( R1 + R2) = 7,75 k , RB / RE = 1,65. La tensione di alimentazione e la
resistenza di carico siano tali da avere a 25 C una corrente IC pari a 1,5 mA.
Si vuol valutare di quanto varia IC quando la temperatura varia dallestremo inferiore
allestremo superiore del campo di temperatura consentito, sia per il transistore al silicio che
per quello al germanio.
197

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
Alla temperatura ambiente si ha:
M1

1
1 RB
.
1
RE

1
1, 65
1
55

0, 97 1

Per quanto riguarda il transistore al silicio, a 175 C


vicino allunit di M1.
Allora a 175 C
I C 175 0 C
I C1

1 1,65 .

33.10
1,5.10

0,6 0,225
1,5.4,7

= 100 e quindi M2 ancora pi

1 1,65 .

100 55
100.55

0,0582 0,0532 0,0217

La variazione percentuale della corrente di collettore allora del 13,31 % e quindi


I C1 175 0 C

0,199mA

Alla temperatura di 65 C per lo stesso transistore si ha


M2

1
1, 65
1
25

0, 94

e ricalcolando si ottiene
I C2

65 0 C
I C1

2,65.10 9
1,5.10 3

0,78 0,60
1,5.4,7

2,65. 25 55 .0,94
25.55

La variazione percentuale del 7,89 % e quindi


I C2

65 0 C

0,118mA

La variazione totale della corrente di collettore sullintero campo di temperatura


pertanto:
IC

I C1

I C2

317 A

Operando analogamente per il transistore al germanio, per sul campo di temperatura


compreso tra 65 C e + 75 C, si ottiene:

198

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
I C1 75 0 C

0.131mA

I C2

65 0 C

0,159 mA

IC

I C1

I C2

290 A

Si vede immediatamente che in rapporto alla temperatura il transistore al germanio ha


un comportamento peggiore di quello al silicio. Infatti, la IC approssimativamente identica
nei due casi, ma il campo di temperatura per il germanio considerevolmente pi ristretto.
Inoltre, poich la variazione della corrente di collettore sullintero campo di temperatura
poco pi del 10% i transistori potrebbero essere utilizzati a temperature superiori a 175 C e
75 C rispettivamente. Risulta inoltre evidente dalle varie espressioni dei fattori di stabilit
che conveniente avere elevati valori normali di e bassi valori del rapporto RB / RE.
I risultati raggiunti sono indipendenti dal valore della resistenza di carico RC. Il suo
valore pu evidentemente essere utilizzato per valutare la massima variazione di corrente
accettabile a partire dalla massima variazione ammessa per la tensione del punto di lavoro.
Se poi si fissa lattenzione sul circuito in cui RC = 0 e luscita prelevata sullemettitore
anzich sul collettore, cioe sul circuito detto inseguitore di tensione illustrato in figura 8.6, e
supponendo RB = 0, cio alimentando in base con un generatore di tensione ideale, si ottiene:
IC
IC

IE
IE

I CBO
I C1

VBE
R E . I C1

VA

vi
VB

RE

vu

figura 8.6

Per valori di R B 0 i vari contributi sono superiori. Pertanto quanto maggiore RB e


tanto minore sar lestremo superiore del campo di temperatura entro cui il circuito pu venir
utilizzato.
Esempio 2
Quale ultimo esempio si voglia progettare la rete di polarizzazione di un transistore per
un campo di temperatura compreso tra 25 C e 65 C in modo che:

199

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8

IC
IC

0, 15

sapendo che:
VBE

150

650 50 mV

600

VA

20 V

con I C

1mA

150

250 C

1200

650 C

min

max

250 C

I CBO 25 0 C

50 nA

I CBO 65 0 C

3 A

250 C

Per il calcolo si ipotizzi che ICBO, VBE e provochino la stessa variazione percentuale di
IC (5%).
Si determini poi il rapporto RB / RE usando la relazione che fornisce la IC / IC per
effetto della .
1

RB M2.
.
RE
1.

Supponendo che M 2 1 (ragionevole supposizione in quanto


, e al crescere di M tende a 1) si ha:
1

R B 1200 150
.
R E 1200.150

da cui
RB
RE

7 , 56

200

0,05

il massimo valore di

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
Con questo valore del rapporto il valore di M in corrispondenza al
1
1 RB
1
.
RE

1
7 , 56
1
150

minimo :

0, 95

che avvalora lipotesi fatta.


A questo punto dalla componente dovuta alla ICBO si pu calcolare la IC1
1

RB
I
. CBO
RE
I C1

8,56.

3.10
I C1

0,05

e pertanto si ricava
I C1

0, 515mA

Si scelga allora IC1 = 0,6 mA.


In base alla componente dovuta alla sola VBE si pu determinare la IC1 RE. Poich la
variazione di temperatura e pari a 400 C VBE = 2,5 mV/C 40 C = 100 mV.
Inoltre poich a 25 C vi unincertezza di 50 mV sul valore di VBE si sommer al
valore precedentemente trovato un ulteriore contributo di 100 mV. Pertanto:
VBE

200 mV

Posto allora
0, 2
R E . I C1

0, 05

si ottiene, tenendo conto che IC1 = 0,6 mA


RE

6, 65k

Inoltre poich RB / RE = 7,56 si ricava che


RB

7 , 56. 6, 65 50 k

Per determinare il valore delle resistenze del partitore R1 e R2 ora necessario


determinare VB.
Considerando i dati a 25 C e utilizzando un medio = (150 + 600) / 2 = 375, dalla

201

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
VB

R B .I B

VBE

IB

I C .R E

0, 6.50
0, 65 4
375

4 , 73V

si ottiene
VB
e infine, risolvendo le equazioni
VB

VA .

RB

R1
R1 R 2

R1 . R 2
R1 R 2

e R2 = 211 k

si ottiene che R1 = 66 k

8.3) La polarizzazione a specchio di corrente.


Si consideri lo schema di figura 8.7a:

VCC
I

V CC

al carico
I C2
VCE2
T2

B
I B2

rb

I C1

I C1

I B1

VBE2 VBE1

(a)

I C1

T1

VCE1

VCE1

(c)

(b)
figura 8.7

Esso ha lo scopo di mantenere la corrente IC1 a un valore costante e il transistore T2


collegato in modo da funzionare come un diodo (Figura 8.7b).
Il funzionamento si basa sul fatto che i due transistori, realizzati nellambito dello stesso
processo produttivo, hanno caratteristiche identiche e che il valore della resistenza R
accurato entro i limiti imposti dallo stesso processo.
Essendo i due transistori uguali, quando si trascuri leffetto Early e le correnti di perdita
ICBO, si pu scrivere che:

202

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
I C1

. I ES . e

VBE1
VT

IC2

. I ES . e

VBE2
VT

Si ottiene pertanto che:


I C1
IC 2

VBE1 VBE2
VT

Daltra parte, considerando la maglia che comprende ambedue le giunzioni baseemettitore si ottiene:
VBE1

VBE 2

VBE

e quindi IC1 = IC2 = IC e IB1 = IB2 = IB.


La corrente IR, detta corrente di riferimento, si ricava facilmente e vale:
VCC

IR

VBE

mentre dallequilibrio delle correnti nel nodo B si ottiene:


I C 2I B I R
Poich

si ha in definitiva
IC

. IR

VCC

VBE

Si vede da tale risultato che la corrente I C I R costante se sufficientemente ampio.


Ad esempio, al variare di tra 100 e 500 la IC varia solamente dell1,6 % circa. ovvio che
in un corretto funzionamento del circuito, T1 lavora in zona attiva.
La resistenza di uscita del generatore di corrente cos ottenuto (figura 8.7c) quella che
si pu determinare dalle caratteristiche di collettore ed e determinata dalla pendenza di tali
caratteristiche. Ricordando che le caratteristiche di collettore convergono tutte su un punto
dellasse delle ascisse VA che definisce la tensione di Early, si pu scrivere con buona
approssimazione che la resistenza duscita vale:
ro

VA
IC

Le ipotesi iniziali fatte, cio che le caratteristiche di collettore siano perfettamente


orizzontali coincide con il dire cheVA
e ro
.
Una conseguenza del fatto che leffetto Early non possa essere trascurato quella di
rendere il rapporto IC1/IC2 diverso dallunit.

203

I transistori BJT.La polarizzazione


Capitolo 8
I valori di VCE1 e VCE2 (figura 8.7a) possano differire tra di loro anche sensibilmente.
VCE 2 VBE 2 0, 7 V ., mentre in un corretto funzionamento VCE1 compreso tra 1 V e la
massima tensione di collettore ammessa per il transistore in questione. Al crescere di VCE1
anche la IC1 cresce secondo un fattore pari a:
1

VCE1
VA

Poich VCE 2 0, 7 V
VA . la corrente I C 2 IC e di conseguenza si ha IC1/IC2 > 1 e per
grandi valori di VCE1 tale differenza pu raggiungere e superare il 20%.

Esempio
Si voglia determinare il valore della resistenza R di figura 8.7a in modo da avere una
corrente IC = 5 mA. Assumendo VBE = 0,7 V, = 200, VCC = 15 V e VA
. si ottiene:

IC

5.10 3 A

e quindi
R
Se il valore di

200 15 0, 7
.
2 200
R
2 , 83k

diminuisse a 100 si avrebbe:


IC

100 15 0, 7
.
102 2, 83.10 3

4 , 95mA

con una variazione percentuale della corrente di collettore pari a:


IC %

5 4,95
.10 2
5

204

1%

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9

Capitolo 9

I TRANSITORI BJT. Gli stadi amplificatori elementari


9.1) Calcolo dellamplificazione di uno stadio elementare.
Lintroduzione del circuito di polarizzazione a partitore, illustrata al capitolo
precedente, ha modificato la struttura dello stadio amplificatore fin qui preso in
considerazione. In particolare linserzione della resistenza RE sullemettitore, su cui circola
lintera corrente di collettore, ha un effetto non solo sul punto di lavoro, che risulta
notevolmente pi stabile, ma anche sullamplificazione a piccoli segnali.
Per calcolare il valore dellamplificazione dello stadio sarebbe quindi necessario
disegnare il nuovo circuito equivalente per piccoli segnali e ricalcolare le nuove equazioni
relative a tale circuito.
Nel caso in esame si pu tuttavia seguire in prima istanza un ragionamento
approssimato, che fornisce per risultati ragionevolmente esatti.
Si riprenda allora in esame lo stadio amplificatore (figura 9.1), in cui stato evidenziato
anche il generatore di segnale

R2

Rc

vi

R1

vi

vu
RE

figura 9.1

La capacit C inserita tra generatore e base del transistore ha come unica funzione
quella di blocco per la continua, in modo da poter trasferire sulla base il segnale vi senza
alterare i livelli di tensione che stabiliscono il punto di lavoro.
Si supporr pertanto che alle frequenze del segnale limpedenza del condensatore C sia
tale da poterlo considerare un cortocircuito. In base al transistore (figura 9.2) si ha quindi una
tensione pari alla somma della VE di polarizzazione e di vi = vi.
Poich quello che interessa la relazione tra le variazioni della tensione di base e quelle
della tensione duscita vu, e poich i modelli sono modelli linearizzati, tutte le componenti
continue possono essere poste a zero, sfruttando il principio di sovrapposizione degli effetti.

205

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9

RB
VB

RE

figura 9.2

Di conseguenza le variazioni della tensione di emettitore ve sono uguali a vi. Si ricava


ie

ve
RE

iC

La tensione duscita vu pertanto si pu calcolare come:


vu

RC
. ve
RE

RC .iC

RC
. vi
RE

Lamplificatore , come gi si sa, invertente e il suo guadagno , in prima


approssimazione, determinato dal rapporto tra resistenza di collettore e di emettitore.
Qualora si volesse determinare in modo pi formale il fattore di amplificazione, il
circuito a piccoli segnali assume la forma di figura 9.3.
iB

r
vi

g mv

Rc

RB
RE

figura 9.3

206

vu

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
La prima osservazione evidente che emerge da questo circuito che, quando il
generatore vi un generatore di tensione, la resistenza equivalente del partitore di base RB non
ha alcun effetto sullamplificazione.
Dalla maglia del circuito di ingresso si pu scrivere:
v

vi

R E . g m .v

iB

RE
. r .g m .v
r

vi

da cui si ricava che:


RE
.
r

v .1

vi .

vi

r
RE.

Infine dalla maglia di uscita si ha:


vu

R C .g m .v

R C .g m .

r
RE

.v i

e quindi:
A

vu
vi

RC.

g m .r
RE

RC

RE

Osservando ora che normalmente:


r

VT
IC

1 .R E

in quanto con una normale polarizzazione R E . I E


RE.

R E .I C

0,5V 1V
.
IC

Quindi r pu venir trascurato e se

>> 1 allora
A

RC
RE

207

0, 5V 1V
26.10 3 V
.
IC

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Esempio
Passando allesame di un caso reale si prenda lultimo esempio di calcolo della
polarizzazione fatto in precedenza (paragrafo 8.2: esempio 2). Si era trovato che:
R2

211k

R1

66 k

6, 65k

RE

IC

0, 6 mA

con
min

150

VA

20V

S tot

IC
IC

0, 15

in un campo di temperatura compreso tra 25 e 65 C.


Per polarizzare il transistore in modo che il punto di lavoro si trovi circa al centro della
retta di carico, devessere verificato che poich I C I E
RC

6.65 .I C

10 V

si ottiene:
RC

10 k

In queste condizioni, la valutazione approssimata del guadagno fornisce il valore di


amplificazione
RC
RE

1
6,65

1,6

mentre la sua valutazione esatta :


10.10 3.

150
6,65.10 3.151

Poich:
r

VT
IC

150.

26.10 3
0, 6.10 3

6, 5k

si ottiene:
A

1.10 3.

150
6,5.10 997,5.10 3
3

208

1,49

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Come si vede il calcolo approssimato fornisce un valore molto prossimo a quello che si
ottiene con il calcolo esatto. evidente tuttavia che il valore di amplificazione realizzato non
per niente soddisfacente.
Dallespressione:
A

RC

R E.

si vede daltra parte che al diminuire di RE il guadagno cresce. Si pu pensare allora di porre
in parallelo a RE un condensatore C, che alle frequenze del segnale vi sia praticamente un
cortocircuito.
Tale posizione permette di giustificare il nome che si da a un amplificatore del tipo
descritto, cioe quello di amplificatore a emettitore comune. Il terminale di emettitore infatti
viene adottato come riferimento per la componente alternata del segnale di ingresso e di
quello di uscita.
In questo modo:
A

RC .

gm . RC

e quindi lamplificazione diviene:


A

IC
.R C
VT

0,6ma
.10 4 ohm
26 mV

230

Per quanto riguarda i segnali continui e quindi la polarizzazione leffetto del


condensatore nullo e di conseguenza la stabilit del punto di lavoro assicurata secondo le
specifiche.
9.2) Linseguitore di emettitore.
Un altro circuito su cui conviene fissare lattenzione linseguitore di emettitore, cui
si e gi accennato in precedenza e il cui schema riportato in figura 9.4. La relativa
connessione circuitale prende anche il nome di amplificatore a collettore comune, in quanto
per quanto riguarda la componente alternata del segnale, sia di ingresso che di uscita, il
riferimento si trova al collettore.

R2
C

vi

R1

RE

figura 9.4

209

vu

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Per quanto riguarda la polarizzazione il calcolo viene condotto secondo gli stessi criteri
gi presi in esame per lamplificatore invertente.
Il circuito per piccoli segnali assume invece la forma di figura 9.5

iB

C
i c = gmv

vi

vu

figura 9.5

Come si gi visto nel caso dellamplificatore invertente, dalla maglia di ingresso si


pu ricavare che:
v

vi .

r
RE

Considerando invece la maglia di uscita si ottiene:


vU

RR .iE

1
vU

RE.

1.

RE .

iC

.g m .r

RE.

RE .

. iC

RE.
1
.v i
r RE.
1

.v i

Poich normalmente, come gi stato fatto notare, r << RE ( +1), si ha in definitiva


vu

RE.

1.

RE.

.v i

vi

Il circuito ha quindi un guadagno pressoch unitario e riproduce in uscita la tensione vi


di ingresso. da questa sua caratteristica che prende il nome di inseguitore.
Altro fatto interessante risiede nella constatazione che il guadagno unitario largamente
indipendente dal valore di RE e .

210

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Un circuito di questo tipo viene utilizzato di solito come amplificatore separatore tra
ingresso e uscita.
In altre parole, utilizzando una modesta potenza nel circuito di ingresso, si pu
controllare, a parit di tensione, una potenza notevolmente pi elevata nel circuito di uscita.
Per fornire infatti al carico RE la potenza vi2 / RE solo una modesta frazione di tale potenza
viene fornita dal generatore di ingresso vi, mentre la maggior parte viene prelevata
dallalimentazione.
Si pertanto in presenza di un amplificatore di corrente ( la tensione di uscita infatti e
in pratica uguale a quella di ingresso, mentre la corrente e molto maggiore).
Lamplificazione di corrente, definita come il rapporto tra la corrente iE che circola nel
carico RE e la corrente iB del circuito di base, si pu calcolare, osservando che nel nodo E
iB gm . v

iE
e che
v

Quindi
Ai

iB . r
iE
iB

(dal circuito equivalente)

Se tuttavia la corrente di uscita, anziche essere presa coincidente con la corrente ie,
venisse considerata positiva quando entrante al morsetto E, come normalmente avviene,
lamplificazione di corrente assumerebbe la forma:
iE
iB

Ai

Esempio
Si consideri un inseguitore con RE = 1 k , VA = 10 V VCE = 5 V,
VCE

VA

RE .IE

si ricava:
IE

IC

VA

VCE

RE

Di conseguenza

211

5
1.103

5mA

= 100. Poich

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9

r
vu
vi

5.10 3
26.10 3

IC
VT

gm

100
0,192

gm

RE.
1
r RE.
1

0.192 A / V
192

10 3 .101
521 101.10 3

0,995

Se a parit di corrente di collettore e di , RE venisse diminuita a 100


A

101.102
521 101.102

vu
vi

, si otterrebbe:

0, 951

9.3) Lamplificatore a base comune.


Si parla di amplificatore a base comune quando il riferimento per i segnali di ingresso e
di uscita viene assunto sul terminale di base.
La configurazione circuitale di un amplificatore a base comune e quella illustrata, come
circuito di principio, in fig. 9.6.

vi

vu
RE

RC
R1

R2

CB
VA
figura 9.6

La polarizzazione e il punto di lavoro vengono ancora calcolati con gli usuali metodi
illustrati al capitolo 8. La capacita C ha ancora il compito di separare le tensioni continue
dovute alla polarizzazione dalle componenti alternate vi del segnale. La capacita CB, che alle
frequenze di segnale deve presentare unimpedenza trascurabile rispetto a R1, consente di
considerare il terminale di base come riferimento per ingresso e uscita.

212

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Se il segnale vi viene fornito da un generatore di resistenza interna Rs, il circuito
equivalente a piccoli segnali diviene quello illustrato in figura 9.7.
RE, questultima resistenza puo venir
Si vede immediatamente che se Rs
completamente trascurata. In caso contrario al circuito formato da vi, Rs e RE puo venir
sostituito per Thevenin un generatore equivalente di tensione V'i in serie con una resistenza
R 'S con
RE
R E RS
v 'i v i
R 'S
RS R E
R E RS

g mv

ii

C
i

RS

RE

RC

iC

vU

vi

B
Ri

R O'

RO

figura 9.7

Trascurando RE dalla maglia di ingresso si ricava:


v

r .i

vi

RS

gm.v

Da tali relazioni con alcuni passaggi si ottiene:


v

vi .

RS

gm.r .RS

Daltra parte dalla maglia di uscita si ha:


vu

RC .iC

gm . v . R C

Sostituendo pertanto lespressione precedentemente trovata per v


fornisce il valore di v u si ricava infine:

213

in quella che

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
AV

R C.

vu
vi

gm.RC.

.R S

In prima approssimazione, quando


lamplificazione di tensione e:

Rs

.
O

gm . r . RS
1

RS

.R C

e sufficientemente grande, si puo affermare che

AV

RC
RS

9.4) Impedenza di ingresso e di uscita degli amplificatori


Si definisce impedenza di ingresso di un amplificatore il rapporto tra la tensione
applicata allingresso stesso e la corrente che vi circola. Facendo quindi riferimento ad un
amplificatore invertente con polarizzazione a partitore, il circuito di ingresso nel modello
linearizzato illustrato in figura 9.8.

ii

vi

RB

figura 9.8

dove RB la resistenza equivalente del partitore dingresso.


Si ottiene quindi che limpedenza di ingresso Ri vale:
Ri

vi
ii

RB.r
RB r

noto che r
/ g m . Con valori ragionevoli di
e IC si vede che r sempre
dellordine di qualche k ed di solito molto minore di RB. La precedente relazione pu
allora essere approssimata con
214

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Ri

Nel caso dellinseguitore di emettitore si ottiene invece, considerando il circuito di


ingresso di figura 9.9
ii

vi . 1 A
r

e quindi
Ri

vi
ii

r
RE.
1
1
r RE.
1

1 A

RE.

ii
r
vi
RE

vu

figura 9.9

Poich lamplificazione A sempre molto prossima allunit si vede che per Ri si


ottiene un valore molto maggiore di r . Limpedenza di ingresso di uno stadio inseguitore
quindi molto alta. Non bisogna tuttavia dimenticare che in parallelo a Ri vi la resistenza RB
del partitore di polarizzazione. In definitiva:
R B.Ri
RB Ri

R 'i

In molti casi si verifica che RB << Ri e quindi la precedente relazione diviene in via
approssimata
Ri

RB

Infine per lamplificatore a base comune si ricava dal circuito equivalente (figura 9.7)
che limpedenza di ingresso vale, avendo indicato con vin = -v la tensione di ingresso tra i
morsetti E e B:

215

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
v in

r . ii

g m .v

r .i i

r .g m .v in

r .i i

.v in

Pertanto:
Ri

v in
ii

r
1

1
gm

In maniera del tutto analoga si definisce limpedenza duscita come il rapporto tra una
tensione ve applicata in uscita e la corrispondente corrente assorbita dalluscita.
Considerando allora la maglia di uscita dellamplificatore invertente (figura 9.10), in cui
si tenuto in conto anche della resistenza rC, che tiene conto del fatto che le caratteristiche di
collettore di un transistore in zona attiva non sono perfettamente orizzontali, si vede che,
poich il generatore di corrente indipendente da vu :
R c . rc
R c rc

vu
iu

Ru

iu

g mv i

rc

Rc

vu

figura 9.10

e se RC << rC allora
Ru

Rc

Limpedenza duscita dellinseguitore di emettitore si pu determinare per la via pi


semplice considerando il generatore equivalente secondo Thevenin. Rappresentando lo stadio
come in figura 9.11 si vede che la resistenza Ru, impedenza di uscita dello stadio inseguitore,
calcolabile come rapporto tra la tensione vu a vuoto fornita dallo stadio stesso e la corrente
iCC che circola quando luscita viene chiusa in corto circuito.

216

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Ru

vu

figura 9.11

Con riferimento al modello per piccoli segnali si ha allora che

vu

A.v i

con A

RE.
1
r R E.
1

mentre la corrente di cortocircuito, che si ottiene ponendo RE = 0, vale

i cc

iB

g m .v i

vi .

1
r

gm

1 g m .r
.v i
r

.v i

Si ricava pertanto
vu
i cc

Ru

r .R E
RE.

r
1

1
1

.R E
RE

La resistenza duscita quindi determinata dal parallelo di RE e di una resistenza pari a


r
1
Con i valori usuali questa resistenza di valore molto piccolo. Lo stadio inseguitore di
emettitore ha quindi una bassa impedenza di uscita.
Se tuttavia il generatore che pilota la base del transistore non fosse un generatore di
tensione ideale, ma presentasse unimpedenza interna Rg, facile vedere che

Rg

1 .R E

1 .R E

217

i cc

1
Rg

.v i

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
e quindi

Ru

Rg

Rg

1
r

.RE
RE

e pertanto limpedenza di uscita determinata dal parallelo di RE e di una resistenza il cui


valore
Rg

1
Limpedenza duscita dellinseguitore di emettitore dipende quindi dallimpedenza
interna del generatore di segnale.
comune tuttavia che
Rg

RE

1
e quindi
Ru
Se poi R g

r e

Rg

si ottiene infine
Ru

1
gm

Infine per quanto riguarda lamplificatore a base comune e immediato osservare che
limpedenza di uscita RO tende allinfinito, mentre tenendo conto anche del carico di
collettore (R 'O ) essa coincide con RC .
9.5) Campo dimpiego
Tutte le considerazioni condotte fino a questo momento, in particolare quelle fatte in
relazione alla scelta del punto di lavoro, sono state svolte con riferimento alle caratteristiche
volt-amperometriche di collettore dei transistori, ma senza imporre alcun vincolo alla
posizione del punto di lavoro sul piano IC - VCE.
viceversa ovvio che esistono dei limiti insuperabili nello stabilire il valore di corrente
e di tensione del punto di lavoro, determinati dal fatto che si ha a che fare con dispositivi reali
e non con dispositivi ideali.
Con riferimento alle caratteristiche di collettore esistono diversi vincoli.

218

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Tensione massima di collettore
Un primo limite si ha sulla tensione massima di collettore - emettitore. Aumentando,
infatti, questa tensione, aumenta la polarizzazione inversa collettore - base e quando la
tensione supera un determinato limite la giunzione passa nella regione di scarica. La tensione
di scarica della giunzione collettore - base indicata dal simbolo BVCBO.
Landamento voltamperometrica della caratteristica IC - VCE presenta anchessa una
regione di scarica, come illustrato nella figura 9.12.
I

P max
I

Cmax

SOA

VCEmax

BVCE0

CE

figura 9.12

A causa di motivi, che non si ritiene utile approfondire in questa sede, linizio della
scarica si ha a tensioni che differiscono in funzione delle differenti condizioni in cui pu
trovarsi la giunzione base - emettitore. Tutte le caratteristiche di scarica tuttavia confluiscono
su ununica caratteristica verticale che individua la tensione di breakdown collettore
emettitore BVCEO.
Inoltre allaumentare della VCE la zona di svuotamento della giunzione di collettore
aumenta di spessore e si estende praticamente tutta nella zona di base, che e debolmente
drogata. Poich questultima estremamente sottile, la zona di svuotamento pu giungere fino
alla giunzione di emettitore dando luogo al fenomeno detto punch-through (perforazione).
In tal caso si ha un improvviso e notevolissimo aumento della corrente di emettitore, in
quanto la barriera di potenziale della giunzione base - emettitore si abbassa. Il fenomeno in
pratica sempre distruttivo.
Una di queste due cause impone quindi di limitare il valore massimo di VCE per ragioni
di sicurezza.

219

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Corrente massima di collettore
Esiste poi un limite di corrente massima determinato dallarea della giunzione e dai
conduttori che collegano il dispositivo semiconduttore ai piedini dellinvolucro.
In particolare nei transistori destinati ad operare con alte correnti di collettore e di
realizzazione non troppo recente si pu poi verificare il fenomeno detto di breakdown
secondario. Esso ha luogo quando, a causa della disomogeneit del materiale, in presenza di
alte correnti si hanno densit di corrente molto elevate in piccole aree. Si pu addirittura
giungere a microfusioni del materiale con una degradazione progressiva delle caratteristiche
del dispositivo.
Massima potenza dissipabile
Infine esiste anche un limite alla massima potenza dissipata (Pmax) allinterno del
dispositivo, determinato dal fatto che le giunzioni non devono superare una temperatura Tj,max
specificata dal costruttore.
Si noti che la temperatura di giunzione quella alla quale si stabilisce un equilibrio tra
potenza dissipata e potenza trasmessa allambiente. Supponendo, in prima approssimazione,
com ragionevole nellintervallo di temperature di interesse, che il calore trasmesso
allambiente sia proporzionale secondo un coefficiente KT al salto di temperatura tra
giunzione e ambiente, si ha che:
Pmax 25 C

T j max

25 .K T

Il reciproco di KT detto resistenza termica, che viene espressa in C / W. In generale


la conoscenza di KT permette di calcolare la massima potenza dissipabile a qualsiasi
temperatura, dalla relazione
Pmax T

Tj

T .K T

VCE . I C

VBE . I B

La potenza dissipata in un transistore


PD

Considerando tuttavia che in zona attiva VCE > VBE e che IC >> IB, con buona
approssimazione si pu dire che
PD

VCE . I C

Sul piano delle caratteristiche di collettore questa relazione rappresenta uniperbole che
ha per asintoti gli assi coordinati. Larea tratteggiata della figura precedente quindi unarea
interdetta, mentre quella rimanente costituisce la cosiddetta SOA (Safe Operating Area) al
cui interno il punto di lavoro pu venir scelto in piena sicurezza.

220

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
9.6) Considerazioni conclusive.
Oltre le configurazioni base prese in considerazione ai paragrafi precedenti, esistono
ovviamente altre strutture circuitali, normalmente piu complesse di quelle viste.
A titolo di pura elencazione si possono citare gli amplificatori a coppia differenziale
(figura 9.13 (a)), gli amplificatori cascode (figura 9.13 (b)), quelli logaritmici e
antilogaritmici, i convertitori tensione-corrente e corrente-tensione ecc. Si rimanda per
lapprofondimento di tali argomenti a testi specializzati, dove possono essere reperite tutte le
informazioni necessarie.
circuiti di principio
Vcc

Vcc

Vu
Vu
Vi1

Vi2

(a)

Vi

(b)

figura 9.13

Ha sicuramente maggior interesse tentare di introdurre una classificazione degli stadi


amplificatori, mettendone in luce le caratteristiche essenziali.

vu

vi

emettitore comune

vu

vi

collettore comune

vu

vi

base comune

figura 9.14

Nei paragrafi precedenti si e accennato al fatto che gli stadi elementari presi in esame
vengono molto spesso chiamati amplificatore a emettitore comune, a collettore comune e a
base comune.
Questa denominazione discende dal fatto che, essendo il transistore un dispositivo
dotato di tre elettrodi, uno di essi dovra necessariamente essere in comune tra la porta di
ingresso e quella di uscita, come e illustrato in figura 9.14

221

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
La semplice osservazione dei circuiti equivalenti a piccolo segnale delle tre connessioni
circuitali citate permette di individuare, sia pure solo qualitativamente, le principali
caratteristiche di questi amplificatori, riportate riassuntivamente nella tabella 9.1
Ce da osservare che le relazioni trovate nel corso di tali analisi sono approssimate, in
quanto nei modelli a piccoli segnali che sono stati utilizzati per ricavarle sono state apportate
alcune semplificazioni rispetto alla realta.
TABELLA 9.1
Emettitore
comune

Collettore
comune

Base
comune

Amplificazione di corrente

buona

Amplificazione di tensione

buona

buona

Impedenza di ingresso

media

alta

bassa

alta

bassa

alta

Impedenza di uscita

buona

In particolare si e sempre ritenuto che la resistenza differenziale di collettore fosse


talmente elevata da poter essere considerata un circuito aperto; cio come si sa, coincide con il
ritenere le caratteristiche VCE-IC perfettamente orizzontali in zona attiva. Si e inoltre
trascurata la resistenza propria del materiale di base rb, cioe la resistenza del semiconduttore
che forma la base e non partecipa al funzionamento del dispositivo se non con funzioni di
puro conduttore.
TABELLA 9.2
Quantita

Ai
Ri
Av

Emettitore
comune

h fe

h ie
. RC
Rs r
O

1 .R E

.RC
Rs Ri
O

RC

RC

222

Base comune

1 .R E

Rs
Rs
1

RO
R 'O

Collettore
comune

Emettitore
comune con
resistenza di
emettitore

1 .R E
Ri

1
1
Ai

O
O

r
O

RC
Rs Ri

r
O

R E . RO
RE RO

RC

1
gm
RC
Rs

I transistori BJT. Gli stadi amplificatori elementari


Capitolo 9
Infine non si sono prese in considerazione le resistenze proprie dei reofori, che tuttavia
sono effettivamente trascurabili.
TABELLA 9.3
Quantita

Ai
Ri

Av

Emettitore
comune

rc

. rc
Rc

R 'O

. RL
Rc

rB r

hie

O RL
R s rB r

rc

RO
RL

Emettitore
comune con
resistenza di
emettitore

rc R c

rc
r

rB

O . rc
Rc R E

rb

rc 1

RL

RE 1

OR E
R s rB r

RO Rc

1 R 'E
O
R s Ri

RL
Rc

RE

R 'E

rB r

rc

Base comune

1 .rc
RE

rc

R E . rc O 1 R c
rc R c R E

Rs

Collettore comune

Rs
O

rB r
1

R E RO

Rc
RL

rB r
R
1 O L
Rc

Rs

rc 1

RL

Ri 1

RL
Rc

ORs
R s rB r

RO Rc

Si ritiene pertanto opportuno riassumere in tabella 9.2 le relazioni fin qui ricavate con i
modelli semplificati, riportando in tabella 9.3 le relazioni esatte (dove con RL si e indicato il
parallelo di Rc e rc e con R 'E il parallelo di RE e rc).
Si lascia al lettore il compito di verificare le relazioni riportate in tali tabelle per
lamplificazione di corrente Ai.

223

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10

I TRANSITORI BJT.

Capitolo 10
COMPORTAMENTO IN FREQUENZA

10.1) La risposta in frequenza.


Si prenda in esame un generico stadio amplificatore polarizzato a partitore, come quello
illustrato nella figura 10.1

R2

Rc

Ci

vu
vi

R1

RE

figura 10.1

Si visto nei capitoli precedenti che lamplificazione di tale stadio


gm.RC

Se tuttavia si applicano al circuito segnali di diversa frequenza e si riporta su un


diagramma landamento di |A| in funzione della frequenza si ottiene un andamento del tipo
illustrato in figura 10.2.
|A| dB

3 db

fi
figura 10.2

224

fS

log f

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
La risposta in frequenza quella tipica di un sistema passa-banda e possono venir
individuate due frequenze di taglio, la frequenza di taglio inferiore fi e quella superiore fs.
Si supponga ora che in ingresso allamplificatore venga fornito un segnale
vt

V1 .sin

V2 .sin

tale che, ad esempio, 1 / 2 = f1 cada verso il centro della banda e 2 / 2 = f2 cada al di


sotto di fi o al di sopra di fs. Queste due frequenze verrebbero amplificate differentemente
dando luogo ad una deformazione del segnale duscita detta distorsione dampiezza. Se poi
si fissa lattenzione sullo sfasamento, cui i segnali vengono sottoposti, ci si accorge che tale
sfasamento pari a 180 (lamplificatore invertente) solo se la frequenza almeno una
decade superiore a fi e una decade inferiore a fs.
Le due componenti di pulsazione 1 e 2 del segnale v(t) vengono quindi sfasate
differentemente e anche nel caso di amplificazione circa uguale in modulo, la loro somma in
uscita d luogo ad una forma donda diversa da quella che si ha in ingresso. Si ha in questo
caso quella che viene chiamata distorsione di fase. Pi esattamente, indicando con 1 e 2 lo
sfasamento delle due componenti, si ha:
vu t

A V1 .sin

A V1 .sin

V2 .sin
V2 .sin

1
1

2
2

Si vede che se:


i

k.

sin

con

0.1. 2 ,....

poich
k.

sin t. cos k.

1k .sin t

la forma donda non subisce distorsione, ma risulta semplicemente in fase o in opposizione di


fase con lingresso per valori pari o dispari di k.
Ancora, se
1

tr

cio quando lo sfasamento proporzionale alla pulsazione, si ha:


vu t

A V1sin

tr

225

V2 sin

tr

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
e la forma donda delluscita proporzionale secondo il coefficiente A a quella dingresso e
risulta semplicemente ritardata della quantit tr. In tutti gli altri casi si ha distorsione di fase.
Nella figura 10.3 riportato un esempio di distorsione di ampiezza e di distorsione di
fase.
Le ragioni del taglio a bassa frequenza sono facilmente identificabili. Lespressione
dellamplificazione A = - gm RC stata ricavata nellipotesi che le due capacit Ci e CE
potessero essere considerate dei cortocircuiti. Ci tuttavia valido solo quando la reattanza
capacitiva, in modulo pari a 1 / C, trascurabile rispetto a RE nel caso di CE e allimpedenza
di ingresso dello stadio per quanto riguarda Ci.

vu(t)
2

vi (t) = sin t + sin 2t

1,5

vu (t) = sin t + 0,75 sin t2

vu (t)= sin t + sin (2t - 30)

0,5

0
-0,5

60

120

180

240

300

360

420

480

-1
-1,5
-2

figura 10.3

Meno evidente il motivo per cui esiste un taglio ad alta frequenza. I modelli utilizzati
fino a questo momento non danno ragione del fenomeno e pertanto non sono adeguati.
necessario quindi realizzare modelli pi accurati che siano in grado di descrivere il
comportamento del transistore anche alle frequenze pi elevate.
necessario ricordare a questo punto che nella discussione relativa alle giunzioni p-n
era stato messo in luce come a ciascuna giunzione rimanevano associate due capacit, la
capacit di transizione CT per le giunzioni polarizzate inversamente e quella CD, capacit di
diffusione, per le giunzioni in polarizzazione diretta.
La prima era dovuta al fatto che, allaumentare della polarizzazione inversa, aumenta lo
spessore della zona svuotata (zona di carica spaziale), nella quale gli ioni accettori e donatori
bloccati al reticolo cristallino rimangono scoperti poiche in tale zona non vi sono portatori
maggioritari di carica. La capacita CT quindi analoga a quella di un condensatore piano di
superficie A, con A area della giunzione, con spessore del dielettrico pari allo spessore w
della zona svuotata
CT

A
w

Farad

Quando invece si ha a che fare con una giunzione in polarizzazione diretta, i portatori
maggioritari, ad esempio le lacune per il lato p, diffondono nel lato n. Pertanto nel materiale n
a ridosso della giunzione si ha una concentrazione di lacune (portatori minoritari) maggiore di
quella che si ha normalmente in condizioni di polarizzazione nulla. Questa densit in eccesso
226

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
pu venir considerata come una carica accumulata a ridosso della giunzione e il suo valore
viene a dipendere dallentit della polarizzazione diretta. Per una certa variazione V della
polarizzazione si ha una variazione Q della carica.
Si pu pertanto definire una capacit come
Q
V

CD

Poich tuttavia la Q = f(V) non una legge lineare, conviene passare al limite. Si ha
dQ
dV

CD

V V

Come si vede la capacit di diffusione una quantit variabile con la tensione di


polarizzazione, la cui espressione pu essere derivata dalle leggi della giunzione e vale
. I DQ

CD

VT

rd

dove il tempo medio di vita dei portatori minoritari in eccesso. La costante = rd CD viene
chiamata costante di tempo di diffusione.
Valori tipici per le due capacit sono dellordine del picofarad per CT e della decina di
picofarad per CD.
Un modello completo per piccoli segnali di un transistore a giunzione, che lavori in
regione attiva, quindi quello illustrato in figura 10.4.

rb

C
g mv

rc

E
fig. 10.4

dove con c stata indicata la capacit di diffusione della giunzione base emettitore, che
polarizzata direttamente, mentre con c e indicata la capacit di transizione della giunzione
base collettore, polarizzata inversamente.
Nel modello presentato sono inserite anche le due resistenze rb e rc, che tuttavia
normalmente possono venir trascurate. La prima, rb, rappresenta la cosiddetta resistenza
della zona amorfa di base, in sostanza la resistenza ohmica del materiale di base che non
partecipa alla giunzione e la resistenza delle connessioni.
227

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
La seconda, rc, , come si gi visto, la resistenza che tiene conto delleffetto Early per
il quale le caratteristiche di collettore non sono perfettamente orizzontali.
10.2) Risposta in frequenza dellamplificatore invertente
Utilizzando il modello appena introdotto per valutare il comportamento dello stadio
amplificatore di figura 10.1 si ottiene il circuito equivalente a piccoli segnali illustrato in
figura 10.5, ovviamente quando si trascurino rb e rc.
La relazione che lega la vu alla vi certamente non facile da determinare sulla base di
questo circuito, anche se il problema non certamente inaffrontabile.

Ci

C
v

g v

RC
RE

vu

CE

figura 10.5

Si pu tuttavia osservare che i vari elementi reattivi introdotti, cio i condensatori, non
fanno sentire il loro effetto contemporaneamente.
Alle frequenze pi basse assumono importanza i condensatori CI e CE, mentre C e C
possono essere considerati dei circuiti aperti. In un campo di frequenze intermedio CI e CE
potranno essere considerate dei cortocircuiti, mentre C e C avranno ancora effetti
trascurabili. Infine alle frequenze pi alte assumono importanza C e C , mentre CI e CE si
comporteranno a maggior ragione come dei cortocircuiti.
Si potr quindi studiare il comportamento dello stadio alle diverse frequenze,
utilizzando modelli semplificati, ottenuti dal modello generale eliminando da esso gli
elementi il cui effetto trascurabile.
10.2.1 - Il guadagno di corrente in cortocircuito dellamplificatore invertente
Si consideri, con riferimento al modello appena introdotto, un amplificatore al cui
ingresso sia applicato un generatore di corrente iB e la cui uscita sia chiusa in corto circuito
(figura 10.6).

228

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
1
s.C
ib
v

1
s.C

ic

g v
m

iu

figura 10.6

Si ha:
iB

1
r

s.C

1
r

s.C

g m .v

v gm

s.C

1 s

s.C

e
iu
Si ricava che:

iu
iB

1
r

gm

s.C

sC

1 s.r C

C
gm

(10.1)

La relazione appena trovata suscettibile della seguente interpretazione. Quando


s=j =0, cio a frequenza nulla, il rapporto trovato pari a
iu
iB

ic
iB

e rappresenta quindi il guadagno di corrente del transistore.


La (10.1) rappresenta quindi il valore di in funzione della frequenza con
di corrente in continua.
1 s
s

1
z

1 s

229

guadagno

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
Esempio
A titolo di esempio si consideri un transistore per il quale
gm

0. 05

A/V

19 , 5

pF

0, 5

pF

Si vuole valutare a quale frequenza fT il guadagno di corrente (fT) = 1. Si ha


gm . r

100

r C

gm
C

1
2.10 .20.10

0, 05
5.10 13
12

1011

2,5.10 7

rad / sec
rad / sec

Il relativo diagramma di Bode riportato nella figura 10.7 e si pu ricavare che


lattraversamento dellasse delle ascisse, in corrispondenza al quale = 1, si ha per:
T

2 , 5.109

rad / sec

fT

1
.
2

395

MHz

Il valore ottenuto utilizzando i diagrammi asintotici di Bode, pu essere considerato


e z sono notevolmente distanti.
notevolmente preciso poich
(dB)
40
30
20
10

2,5.10 9
2,5.107

10 11

log

-10
-20
-30
-40

-32 dB

figura 10.7

evidente che per realizzare un amplificatore con un guadagno di corrente superiore


allunit si deve lavorare a frequenze minori di fT. Per questo campo di frequenze si pu
scrivere allora che:

230

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
o

1 s

e questa approssimazione equivale a dire che i trascurabile rispetto a iu (i << gm v ).


Si pu allora utilizzare questultima relazione per ricavare unespressione analitica per
fT.
j

1
che per

>>

d
T

fT

.f

Ricordando lespressione di f si ottiene infine


fT

2 .r C

gm
2 C
C

Il parametro fT, detto frequenza di transizione, dipende, come tutti gli altri parametri,
dalle condizioni operative. In pratica dipende dalla corrente nel punto di lavoro.
Osservando lespressione di fT = 0 f se ne pu dare unulteriore interpretazione. Essa
rappresenta il prodotto del guadagno di corrente di corrente per la larghezza di banda in
cortocircuito. In altre parole, assegnato un determinato transistore, si pu aumentare il limite
superiore di frequenza di utilizzo sacrificando il guadagno di corrente.
Questo risultato non un risultato particolare del guadagno di corrente del transistore a
giunzione. Per tutti i sistemi a polo singolo, con elevato guadagno, la frequenza alla quale il
guadagno diviene unitario data dal prodotto del guadagno a frequenza nulla e della
frequenza di taglio (-3 dB) del guadagno stesso.
10.2.2 - Il guadagno di tensione a bassa frequenza
Trascurando in bassa frequenza leffetto di C e C si ottiene il circuito equivalente di
figura 10.8
Indicando con ZE il parallelo di CE e RE

ZE

RE
s. C E
RE

1
s. C E

e con Zs la reattanza capacitiva di Ci

231

RE
1 s. C E . R E

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
1
s. C i

ZS
si pu scrivere
iC

gm .v

vu

iB

ic

Ci

g mv

vi

R C . iC

Rc

vu

CE

RE
figura 10.8

e inoltre
v

r .iB

e quindi
g m . r .i B

iC

.i B

Dalla maglia di ingresso si ricava


vi

ZS

r .i B

v r .i B

iB
iB

g m .v .Z E

(10.2)

g m .v .Z E

Sostituendo in questultima equazione la v = r i si ottiene


v
iB

.Z E

Zi

Si vede pertanto che limpedenza dingresso dello stadio non costante ma varia dal
valore r + (1 + ) R a frequenza nulla al valore r quando
, frequenza alla quale
Z E 0.
Combinando tra loro le equazioni i = g v e (10.2) e risolvendo per v /v si ottiene:

232

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
AV

vu
vi

ZS

AV

.R C
r

.R C
1

.Z E

1
s.C i

1
s.C i .r

.R C

RE
1 s.C E .R E

RE
1
.
r 1 s.C E .R E

Normalmente si fa s che
= R C sia molto maggiore di
= C r e quindi la
precedente espressione pu essere approssimata, per valori i pulsazione superiore a 1/R C ,
con:
AV

A V0

1
1
s. C i . r

A V0 .

sC i . r
1 s. C i . r

RC
gm . Rc .
r
Si ha pertanto una funzione di trasferimento con uno zero nellorigine e un polo pari a
1/ C i . r . Il relativo diagramma di Bode illustrato in figura 10.9.
Si vede pertanto che pulsazioni inferiori a 1 / C r il guadagno dello stadio diminuisce
rispetto a quello A , che il guadagno che lo stadio presenta quando gli effetti di tutte le
capacit sono trascurabili.

avendo indicato con A V 0

Av(dB)
A vo

log

1
C .r
i

figura 10.9

Come si sa la frequenza di taglio, cio la frequenza in corrispondenza della quale il


guadagno di 3 dB inferiore a A

233

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
1
2 . Ci . r

fi

e come si vede determinata, approssimativamente parlando, dalla capacit di ingresso


CI e dal valore dellimpedenza di ingresso che si ha alle frequenze intermedie.
10.1.3 - Il guadagno di tensione in alta frequenza dellamplificatore invertente
Alle frequenze pi elevate si possono eliminare dal circuito equivalente completo la
capacit dingresso C e limpedenza formata dalla resistenza R e dal condensatore C , in
quanto i due condensatori possono essere considerati dei cortocircuiti. Si ottiene allora il
circuito equivalente della figura 10.10, in cui la resistenza R rappresenta la resistenza interna
del generatore di segnale.
Dallequilibrio delle correnti in B si ricava
vi

s.C . v u

RS

1
.v
r

s.C .v

RS
vi

RC

g mv

E
figura 10.10

e quindi
vi
RS

v .

1
RS

1
r

s.C

s.C

s.C .v u

mentre da quello in C si ha:


gm . v

vu
RC

cio

234

1
s. C

vu

vu

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
v . gm

s.C

1
RC

s.C

Eliminando da queste due equazioni v e ricavando il rapporto v /v si ottiene:


RC

vu
vi

As

RS
1 s. R .C

1 s.

R 1 g m .R C .C

C
gm

R C .C

10.3

s 2 .R .R C .C .C

dove R data dal parallelo di r e R . Cio


R

RS . r
RS r

Si noti che la quantit che compare al numeratore, pari a:


RC

RS

altro non se non il guadagno dello stadio alle frequenze intermedie, quando leffetto di tutte
le capacit trascurabile e il circuito si riduce a quello gi studiato ai precedenti paragrafi. In
particolare, se R = 0 si ottiene
RC
r

gm . RC

Lespressione del guadagno A(s) quindi del tipo

As

A0

1 s. 1
1 a 1 .s a 2 .s 2

s
z1
A0
1 a 1 .s a 2 .s 2
1

avendo indicato con A il guadagno a centro banda.


Usando ragionevoli valori per le varie quantit, come ad esempio
gm.r

RS

300

100

RC

600

0, 5

pF

gm

0, 05

19 , 5

A/V

pF

2000

si ottiene che a 1 9 , 43.10 9 e a 2 1, 53.10 18 .


La funzione di trasferimento ha due poli e uno zero e avr quindi le caratteristiche di un
passa basso, la cui frequenza di taglio determinata dalla posizione reciproca di poli e zeri.

235

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
In generale tuttavia, quando in una funzione di trasferimento la frequenza, alla quale un
polo fa sentire i suoi effetti, molto minore di quella degli altri poli e zeri, allora tale polo
viene chiamato polo dominante e la frequenza di taglio si pu considerare con buona
approssimazione determinata solo da questo polo.
Si consideri ora la funzione
A0

As
1

con a1

1
p1

1
p2

A0
1 a 1 .s a 2 .s 2

s
s
.1
p1
p2
1
.
p1 . p 2

a2

Se p1 << p2 allora:
1
p1

a1

a2

1
p1 . p 2

a1
p2

cio
1
a1

p1

p2

a1
a2

Nel caso che si sta esaminando, se p1 un polo dominante, si ottiene:


p1

1
a1

10,6.10 7

p2

a1
a2

6,16.10 9

11

inoltre Z1 = 10 e quindi lipotesi di polo dominante ben giustificata.


Si ottiene allora che la frequenza di taglio superiore dellamplificatore :
fS

1
p1
2

17 ,1

MHz

In generale si pu affermare che:


1
1
fS
.
2 R .C
R . 1 g m .R C .C
1
.
2 R .C

R C .C

1
1 R .g m .R C .C

che nel caso in cui Rs = 0 diviene:

236

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
fS

1
2. . R C . C

La situazione secondo la quale uno dei poli e dominante abbastanza comune negli
stadi amplificatori. In tal caso, se p1 il polo dominante unapprossimazione della risposta in
frequenza :
As

A0
s
1
p1

A0
1 a 1 .s

A0
1 s.

1
2 fS

Un circuito equivalente semplificato che ha una funzione di trasferimento di questo tipo


si pu ottenere applicando il teorema di Miller. Si consideri unarbitraria configurazione
circuitale con N nodi distinti e siano V1, V2, ... VN le tensioni ai nodi. Si pu sempre supporre
che VN = 0, scegliendo il nodo N come nodo di riferimento, senza perdere in alcun modo di
generalit.
I1

Z'

I2

I1

2
Z =

(a)

Z'
1-K

figura 10.11

I2

Z =
2

Z'.K
K-1

(b)

Due nodi (ad esempio i nodi 1 e 2 della figura 10.11a) siano interconnessi con
unimpedenza Z e si supponga di conoscere il rapporto
K

V2
V1

Si pu facilmente dimostrare che la corrente I1 che dal nodo 1 raggiunge il nodo 2


attraverso Z pu essere ottenuta sconnettendo Z e inserendo unimpedenza Z1 (fig. 10.11
b)pari a
Z1

Z'
1 K

tra il nodo 1 e quello N di riferimento. Infatti

237

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
I1

V1 V2
Z'

V1 K. V1
Z'

V1
Z'
1 k

V1
Z1

Nelle due condizioni, quindi, la corrente I1 che circola nel nodo 1 la stessa.
In modo del tutto simile si ottiene
Z'
1
1
K

Z2

k. Z'
K 1

Poich le due reti (quelle di figura 10.11a e 10.11b) sono rette dalle stesse equazioni di
nodo, tali reti sono equivalenti.
Per mezzo del teorema di Miller, appena dimostrato, possibile trasformare il circuito
equivalente dellamplificatore invertente. Se la corrente in C trascurabile, si ha che:
K

gm.RC

Il circuito pu allora venir trasformato secondo Miller in quello di figura 10.12.

RS
vi

C (1+gmRC )

g mv

RC

1+gmRC
g RC
m

figura 10.12

Si ricordi tuttavia che questa trasformazione valida solo per frequenze inferiori a fT.
Il circuito ottenuto ha due costanti di tempo indipendenti, una associata alla capacit di
ingresso
CM

C . 1 g m .R C

detta capacit di Miller, e laltra legata alla capacit di uscita


C .

1 g m .R C
g m .R C

se il guadagno dello stadio (gm Rc) abbastanza superiore allunit.


La costante di tempo dellingresso :

238

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
R . CM

con

r . RS
r RS

quella delluscita
RC.C
La prima di queste due costanti di tempo coincide con i primi due termini del
coefficiente di s della 10.3, la seconda con il terzo termine dello stesso coefficiente.
Normalmente
R .CM

R C .C

e quindi leffetto della costante di tempo nel circuito di uscita pu venir trascurato.
tuttavia necessario far notare che nel circuito equivalente ottenuto, detto modello
ibrido a unilateralizzato, non vi alcun percorso tra ingresso e uscita (nella realt e
presente il condensatore C ). Di conseguenza questo modello non pu essere utilizzato per il
calcolo dellimpedenza duscita ad alta frequenza, mentre si rivela adatto per la valutazione
dellimpedenza dingresso.
10.3) Risposta in frequenza dellinseguitore di emettitore
Per linseguitore di emettitore si possono fare considerazioni analoghe a quelle condotte
per lo stadio invertente.
Alle basse frequenze, lunico elemento da prendere in considerazione la capacit di
ingresso Ci, in quanto il circuito equivalente quello di figura 10.13.
iB

Ci
r

gmv

v
iE

vi

RE

vu

figura 10.13

In modo analogo a quanto gi visto si ha:


v

r . iB

r.

239

vi
r

vu
1
s. C i

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
Ricordando ora che
vu

g m .v

i B .R E

dopo alcune manipolazioni algebriche si ottiene


vu s
vi s

As

Si visto che r + (
inseguitore e

1 .R E

1
s.C i

1 .R E

+ 1) RE rappresenta limpedenza di ingresso dello stadio

A0

1 .R E
1 .R E
O

il guadagno alle frequenze alle quali siano trascurabili gli effetti di tutte le capacit. Indicando
con Ri limpedenza dingresso si ottiene pertanto:
As

A0 .

1
sC i R i

A0.

sC i R i
1 sC i R i

La funzione di trasferimento ha quindi uno zero nellorigine e un polo in 1/Ci Ri. La


risposta in frequenza, facilmente tracciabile con luso dei diagrammi di Bode, ancora del
tipo passa alto con una frequenza di taglio
fi

1
2 CiR i

2 .r

1
O

1 .R E .C i

E
r

v1

vi

iL

gmv

CL

RE

C
Zi

Z'u

ZBC
figura 10.14

240

Zu

vu

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
Alle alte frequenze, dove la capacit di accoppiamento Ci pu essere considerata un
corto circuito e dove invece bisogna tenere in considerazione gli effetti di C e C il circuito
equivalente dellinseguitore di emettitore quello di figura 10.14.
Poich, come si gi visto in precedenza, linseguitore di emettitore ha una bassa
impedenza di uscita, esso viene spesso usato per pilotare carichi che abbiano una componente
capacitiva C non trascurabile. Tuttavia per il momento essa non verr presa in
considerazione.
Per il nodo B si pu scrivere:
1
RS

v1

1
Z

s.C

1
Z

v
RS

g m . v1

vu

vu .

mentre per il nodo E si ha:


v1
Z

vu.

1
Z

1
RE

avendo indicato con Z il parallelo di r e C


r
1 s. C . r

Eliminando v e risolvendo rispetto a v / v si ottiene:


C .r
1 .R E
1 O
.
1 .R E 1 a 1 .s a 2 .s 2
O
1 s.

As

RS

con
a1

r . R E R S .C
RS r
1 O .R E

a2

RS. r
RS

1
r

.R E .C
O

.R E

R E .R S .r .C .C
RS

.R E

La funzione di trasferimento ha quindi uno zero e 2 poli. Lo zero Z pu essere


ricalcolato osservando che se v = 0 (uscita cortocircuitata) in R non circola alcuna corrente e
quindi la corrente in Z uguale ed opposta a g v .
1 s.r .C .v
r
e quindi il valore dello zero Z e:
241

g m .v

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
Z1

gm
C

C .r

Con
gm

0.1

A/V

RE

1, 5

19, 5

RS

pF

0, 6

0, 5

pF

si ottiene:
a1

0, 566.10

a2

18

0, 0573.10

z1

5, 12.10 9

Supponendo ancora valide le considerazioni sul polo dominante si ottiene:


p1

1
a1

1, 77.109

p2

a1
a2

9, 87.109

Il rapporto p / p = 5,58 non particolarmente elevato e nemmeno quello z / p . La


soluzione trovata non quindi particolarmente accurata. Tuttavia in prima approssimazione si
pu dire che la frequenza di taglio si ha per:
1
. p1
2

fS

1, 77.109
2

281

MHz

Il calcolo esatto fornirebbe un valore di fS pari a 339 MHz.


Ricordando che:
fT

gm
2 .C
C

796

MHz

si vede che fS, p1, p2 e z1 sono dello stesso ordine di grandezza di fT e questa la frequenza
entro cui si pu ritenere valido il circuito equivalente utilizzato.
I risultati non sono particolarmente accurati. Tuttavia riescono a mettere in evidenza che
linseguitore di emettitore ha un limite superiore di frequenza nettamente pi alto di quello
dellamplificatore invertente. Con gli stessi valori circuitali, infatti, un amplificatore
invertente avrebbe una frequenza di taglio superiore pari a 4,37 MHz.
Limpedenza di uscita dello stadio pu essere ottenuta dal circuito equivalente secondo
Thevenin. La tensione di uscita a vuoto
vu

A s .v i

mentre con luscita cortocircuitata la corrente di uscita vale:

242

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10

I SC

I1

1 .v i
.
RS

C .r
1 O
R S .r . C
C

1 s
1 s

RS

Si ricava pertanto immediatamente che:


Z 'u

vu
I SC

R E . RS
RE

r /1
RS

. 1 s.r .R S . C

r /1

C / RS

. 1 a 1 .s

a 2 .s

Z'u . R E
., cio che limpedenza Zu data dal parallelo di Zu e
Z'u R E
RE, e che quandoR E
, Zu = Zu.
Con alcune manipolazioni si ottiene in definitiva che:
Si osservi poi che Z u

Zu

R S .r 1 s.r .R S . C
.
1 O 1 s.r .C / 1

C / RS
O

. 1 s.R S .C

e infine riconoscendo che il termine


RS . r
1 O
altro non se non limpedenza duscita Ru che si ha quando tutti gli effetti capacitivi sono
trascurabili, si ricava in definitiva che
s
1
z1
Zu R u .
s
s
1
.1
p1
p2
Con i valori dellesempio precedente si ottiene:
z1

1, 33.108

p1

3, 33.109

p2

5,17.10 9

Tracciando il diagramma di Bode dellimpedenza duscita (figura 10.15) si nota che


nellintervallo di frequenza tra |z1| e |p1| essa cresce, con il comportamento analogo a quello di
uninduttanza. Se quindi linseguitore pilotasse un carico capacitivo, in questambito di
frequenze il comportamento potrebbe essere simile a quello di un circuito risonante. Ci si
pu evitare facendo s che la componente resistiva di Zu dia luogo ad uno smorzamento
sufficiente.

243

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10

|Z| dB

396

15,8

1,33.10

3,33.10

5,17.10

log

figura 10.15

Osservando infine il circuito equivalente dellinseguitore di emettitore alle alte


frequenze si nota immediatamente che limpedenza di ingresso Zi data dal parallelo di C e
ZBC.
Di conseguenza:

Z BC

C
gm
O. RE .
1 s. r . C

1
2 . fT
O .RE .
1
1 s.
2 .f

1 s.

1 s.

1 s.
Zi s

.R E .

1 s.

s2.

.R E .C

.R E .

C
T

con le ipotesi che 0 >> 1, 0 RE >> r e T = gm / C .


Se si volesse anche tener conto della resistenza distribuita della base si otterrebbe che:
1 s.
Zi s

rB .C

.R E .
1 s.

.R E .C

Con i valori dellesempio precedente e rB = 50

244

s2.

rB .C
T

s2.

si ottiene:

.R E .

C
T

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
s
.1
4,44 .10 9

1
Zi s

150

s
1
.1
1,05.10 7

s
45.10 9
s
6,33.10 9

il cui diagramma di Bode quello di figura 10.16.


Limpedenza dingresso scende rapidamente a partire da frequenze che stanno ben al di
sotto della frequenza superiore di taglio fs dello stadio. Nel caso particolare, considerando che
fS 300 MHz , si trova che a tale frequenza Zi < 1 k .
In base alleffetto Miller, la capacit riportata allingresso :
C . 1 A0
e poich A0 molto vicino allunit, la capacit riportata allingresso molto piccola e viene a
trovarsi in parallelo a C .
|Z |

1,05.10

4,44.10

6,33.10

log

figura 10.16

In confronto a quella dello stadio invertitore, pari a


C

C . 1 A0

la capacit di ingresso dello stadio inseguitore molto minore e in pratica non offre un carico
capacitivo ad un eventuale stadio che si trovi a monte.
Nellesempio che si sta trattando
A0

1 .R E
1 .R E
O
245

0,993

I transistori BJT. Comportamento in frequenza


Capitolo 10
e la capacit riportata in ingresso vale
CM

19,5. 1 0,993

0,136

pF

La capacit totale di ingresso quindi pari a


Ci

CM

0,136 0, 5 0, 636

pF

Lo stesso transistore nella configurazione amplificatore invertente con un carico di


collettore di 1,5 k , ha un guadagno
gm . RC

A0

0,1.1500

150

Quindi la capacit riportata in ingresso :


CM

151. 0, 5 75, 5

pF

e la capacit totale dingresso :


Ci

19 , 5 75, 5 95

246

pF

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11

Capitolo 11

GLI AMPLIFICATORI A FET


11.1) La polarizzazione nei FET
Anche per i FET si rendono necessarie tecniche di polarizzazione simili a quelle usate
per i transistori a giunzione allo scopo di stabilizzare il punto di lavoro. Nei circuiti a
MOSFET la rete di polarizzazione tende a ridurre le deviazioni di questultimo dovute alla
dispersione della tensione di soglia VT e della transconduttanza gm, mentre nei JFET il punto
di lavoro viene stabilizzato in relazione alle variazioni della tensione di pinch-off Vp e della
corrente di saturazione IDSS.
Un metodo di polarizzazione, che si presta particolarmente alla polarizzazione dei
dispositivi realizzati con tecnica integrata e viene daltra parte utilizzato, come si e gia visto,
anche nel caso di transistori bipolari quello che prende il nome di generatore di corrente o
specchio di corrente. Nel caso invece di realizzazioni a componenti discreti si preferisce di
solito ricorrere a partitori resistivi.
11.1.1 - Polarizzazione a specchio di corrente per transistori ad effetto di campo
Il circuito 11.1 rappresenta uno specchio di corrente a transistori MOS. La tecnica
impiegata si rivela particolarmente adatta nelle realizzazioni integrate in quanto per un buon
funzionamento richiesto che i due transistori abbiano caratteristiche il pi possibile uguali.
La corrente di riferimento IR = ID2 determinata da VDD, R e dal transistore ad arricchimento
T2.
A causa del collegamento tra il drain di T2 ed i gate di T2 e T1 si ha:
VGS1

VGS2

VDS2

V DD

al carico
IR= I

D2

I D1

VDS1
VGS2 VGS1
figura 11.1

Poich il processo di fabbricazione dei due transistori lo stesso, la tensione di soglia


VT e il coefficiente k della relazione

247

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
ID

W
. VGS
L

k.

VT

sono gli stessi per i due MOS e pertanto se essi hanno lo stesso fattore di forma W/L, le due
correnti di drain ID1 e ID2 sono uguali.
Esaminando la relazione precedente si vede tuttavia che fissati i valori di VT e k,
diversificando i due transistori nel fattore di forma W/L si pu fare in modo che ID1 e IR siano
diverse.
W
L
W
L

I D1
IR

Anche per i transistori MOS si possono fare considerazioni analoghe a quelle fatte per i
transistori BJT a causa delleffetto Early. Infatti, anche in questo caso le caratteristiche di
drain non sono perfettamente orizzontali a causa della modulazione della lunghezza del canale
La resistenza R molto spesso viene realizzata con un MOS a canale n a svuotamento, o
con un MOS a canale p ad arricchimento.
Esempio
Si voglia determinare, per il circuito di figura 11.2, la corrente ID1 quando VDD = 6 V e R
= 20 k . In figura 11.3 sono riportate le caratteristiche di drain dei transistori utilizzati

ID( A)
6

300
250

5,5

200

150

4,5

100

50

3,5
3

V =2V
GS

VDS(V)

figura 11.2

Sul piano VDS - ID stata disegnata la curva a tratteggio, lungo dei punti VDS2 = VGS2.
Questa curva, intersecata con la retta di carico VD = 6 V, R = 20 k fornisce il punto di
lavoro di T2, nel quale ID2 = IR = 90 A.
248

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
Nellipotesi che i due transistori siano identici, tenendo conto che Vgs2 = Vgs1, si ottiene
allora che anche ID1 = 90 A.
11.1.2 - Circuito di polarizzazione dei FET a quattro resistenze
Nei circuiti a componenti discreti di cui generalmente si conoscono i valori minimi e
massimi ammissibili per IDSS e Vp nonch le correzioni da apportare per tener conto delle
variazioni di temperatura, si preferisce polarizzare il dispositivo in analogia a quanto gi visto
per i transistori bipolari, come illustrato in figura 11.3.

V DD

ID

RD

R 1

V DS
RS

R2

figura 11.3

Si fissi allora lattenzione su un JFET, ad esempio a canale n (o su un MOSFET a


svuotamento), le cui caratteristiche siano quelle riportate in figura 11.4.

ID

pendenza = -

1
RG

B
A

I D1
I D2

VGG

figura 11.4

Le due curve a tratto continuo si riferiscano ai casi estremi possibili per dispersione dei
parametri o in corrispondenza alla temperatura massima e minima desercizio.

249

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
Il circuito di polarizzazione di figura 11.3 pu venir sostituito con il suo equivalente
secondo Thevenin, come illustrato in figura 11.5, caratterizzato dalla tensione VGG e dalla
resistenza RG.

V DD

I GSS

VGG

ID

RD

GG

=V

DD

VDS
G

RS

R2
R1 + R2

R1 R 2
R1+ R2

figura 11.5

Considerando allora la maglia dingresso si ha:

VGS

VGG

I D . RS

da cui
ID

VGG
RS

VGS
RS

Questa relazione rappresenta la retta di carico sul piano ID - VGS (figura 11.4) e
certamente si avr in tal caso:
I D1

ID

I D2

Poich la pendenza di questa retta pari a - 1/RS, se si vuole che la corrente ID rimanga
compresa tra due prefissati valori I D1 e I D2 , rimane fissato il valore di RS.
Lintercetta della retta di carico sullasse delle ascisse corrisponde al valore di VGG.
Questi risultati sono tuttavia validi solo quando si supponga che la corrente di gate IG sia
nulla. In realt nel circuito di gate scorre una corrente di saturazione inversa IGSS. Si possono
minimizzarne gli effetti scegliendo per RG un valore elevato, ma tale che la caduta RG IGSS
sia trascurabile rispetto VGG. opportuno tuttavia che RGG sia la pi elevata possibile, sia per
ridurre gli effetti di carico sugli eventuali stadi a monte, sia per ridurre la corrente che
attraversa R1 e R2.

250

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
Esempio
Per il circuito di figura 11.3 si voglia una corrente ID compresa tra 5 mA e 6 mA con
una VDS 8,5 V . La tensione dalimentazione sia pari a 28 V e la resistenza equivalente del
generatore di polarizzazione sia R G 100 k . Le caratteristiche siano quelle illustrate in
figura 11.6
ID
25
20
15
10

A
-3

-2

V GG

-1

V GS

figura 11.6

Dopo aver individuato su tali caratteristiche i due punti P1 e P2 corrispondenti ai valori


limite desiderati, si pu tracciare la retta che passa per essi. Questa retta interseca lasse delle
ascisse nel punto che corrisponde ad una tensione di 3 V. Rimane pertanto fissato che VGG = 3
V. La pendenza di tale retta, che interseca lasse delle ordinate nel punto ID = 4 mA :
1
RS

4 0
.10
0 3

da cui si ricava quindi che RS = 0,75 k .


Supponendo di scegliere per RG il minimo valore ammissibile (100 k ), possono venir
calcolati i valori di R1 e R2.

R1

R2

RG .

R 1.

VDD
VGG

100.10 3 .

VGG
VDD VGG

933.

251

28
3

933k

3
112 k
28 3

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
Il valore della resistenza di drain RD si ottiene osservando che la VDS minima quando
massima la ID. Pertanto:
VDD

RD

RS .I D

VDS

R D .I D

28 8, 5 0, 75. 6
6

2 , 5k

11.2) Gli stadi amplificatori elementari


Si gi visto al capitolo 6 che la transconduttanza di un JFET vale:

gm

I DSS
.1
Vp

VGS
Vp

mentre quella di un MOSFET, ottenuta derivando la

con k

W
. VGS
L

ID

k.

gm

2.k.

VT

. C0
., vale:
2
W
. VGS
L

VT

Si ricordi tuttavia che per un JFET a canale n Vp e VGS sono ambedue negative mentre
IDSS positiva, mentre per quelli a canale p Vp e Vgs sono positive, mentre IDSS negativa.
Inoltre |Vgs| < |Vp|. Pertanto VGS / Vp una quantit positiva minore dellunit, mentre IDSS / Vp
una quantit negativa. Pertanto la transconduttanza gm sempre positiva. Ricordando poi
che:
ID

I DSS . 1

per un JFET la transconduttanza diviene

252

VGS
Vp

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
gm

ID
I DSS

g mo .

dove gm0 la transconduttanza valutata per VGS = 0 e ID = IDSS.


Con ragionamenti analoghi la transconduttanza di un MOSFET pu essere messa nella
forma:
gm

2. k .

W
. ID
L

La conduttanza duscita, che tiene conto della non perfetta orizzontalit delle
caratteristiche, dovuta alleffetto di modulazione della lunghezza del canale, :
g DS

1
rDS

ID
VDS

e per un MOSFET per il quale


ID

k.

W
. VGS
L

VT . 1

.VDS

vale:
g DS

.k.

W
. VGS
L

VT

.I D
.VDS

Tale relazione pu venir utilizzata anche per i JFET e pertanto la resistenza equivalente
duscita data da:
rDS

. VDS
.I D

Molto spesso tale resistenza viene valutata per VDS = 0, in quanto nelle normali
condizioni dimpiego VDS di pochi volt e il termine VDS trascurabile rispetto allunit.
Il circuito equivalente di un FET assume quindi la forma riportata in figura 11.7, in cui
sia gm che rd dipendono dal punto di lavoro..

253

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11

g mvGS

rd

S
figura 11.7

La transconduttanza di un FET risulta minore di quella di un BJT che lavora con la


stessa corrente di collettore. Inoltre la resistenza duscita rd non particolarmente elevata,
essendo dellordine della decina di kiloohm per i MOS e del centinaio di kiloohm per i JFET.
Pertanto, a differenza di quanto accade nei BJT, nella maggior parte dei casi non pu venir
trascurata.
In tal caso spesso conveniente modificare la forma del circuito equivalente, come
illustrato in figura 11.8 con = gm rd.
Si noti che in ambedue i modelli il circuito di gate rimane un circuito aperto, per cui non
ha molto senso considerare nellanalisi circuitale la resistenza dingresso Ri e lamplificazione
di corrente Ai.
Ci si rende anche conto che, viste le caratteristiche dei dispositivi utilizzati, non ha
molto senso nemmeno la configurazione a gate comune.

v GS

vGS

S
figura 11.8

Il circuito cui si pu fare riferimento allora quello di figura 11.9a mentre in figura
11.9b riportato il relativo circuito equivalente.
Se luscita viene prelevata al drain si ha allora un amplificatore a source comune con
resistenza sul source; se RS = 0 si ha uno stadio a source comune. Se invece luscita
prelevata sul source si ha uno stadio a drain comune con resistenza sul drain o meno a
seconda che RD sia diversa o uguale a zero.

254

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11

rD
RD

ID

vGS

v o1

vi

v o2

R'o2
(a)

v o1

v o2

RS

vi

RS

RD

R'o1

(b)

figura 11.9

Considerando allora la maglia di drain si ottiene:


RD .iD

rD . i D

. v GS

RS . i D

mentre la tensione tra gate e source vale:


v GS

vi

rD

RD

Rs .iD

Da queste due relazioni si ricava:


iD

.R S

Le due tensioni di uscita V01 e V02 valgono allora:


v 01

v 02

vale:

i D .R D

i D .R S

.R D
RD 1

rD

rD

RD

.R S
1

.R S

.R S

.v i

.v i

Pertanto il guadagno di tensione dello stadio a source comune con resistenza di source
AV

rD

.R D
RD 1
255

.R S

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
Limpedenza di uscita pu venir ricavata come rapporto tra la tensione a vuoto e la
corrente di cortocircuito. Questultima pari alla corrente iD quando RD = 0. Pertanto dalla
precedente relazione ricavata per la ID si ottiene:
i CC

rD

.R S

In definitiva la resistenza di uscita :


v o1
i cc

R ' o1

R D . rD R S . 1
R D rD R S . 1

La resistenza di uscita R01 si puo considerare pertanto data dal parallelo della
resistenza di carico di drain RD e di
R o1

rD

RS. 1

rD . 1 g m .R S

In modo assolutamente analogo si ricava la resistenza di uscita quando questultima


viene prelevata tra source e massa. Si ottiene, calcolando la corrente di cortocircuito con RS =
0:
R 'o2

v o2
i cc

R S . rD R D
R D rD 1
.R S

che ancora puo venir interpretata come il parallelo della resistenza RS e di


RD
1

R o2
che per

rD

>> 1 e RD << rD, ipotesi normalmente verificata, si riduce a:

R o2

1
gm

Ponendo, nelle relazioni precedenti di AV, R01 e R01, a zero il valore di RS si ottengono
le corrispondenti quantit per lamplificatore a source comune.

256

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
.RD
rD R D

Av

gm . R D
RD
1
rD

rD . R D
rD R D

R 'o1

R o1

rD

Se invece si pone a zero la resistenza RD e si preleva luscita sul source si ottiene la


configurazione a drain comune o inseguitore di source. Procedendo analogamente per
quanto fatto per lamplificatore a source comune si ricava:
v o2
vi

Av

R o2
Per

rD

rD

.R S
1
.R S

R 'o 2

R S || R o1

>>1 e RS >> 1 / gm si possono approssimare le precedenti relazioni con:


Av

R o2

1
gm

R ' o2

1
gm

Risulta evidente lanalogia con le espressioni trovate per gli analoghi amplificatori
realizzati con BJT.
Questultimo risultato, daltra parte, era largamente prevedibile alla luce della
somiglianza tra i modelli del transistore a giunzione e quelli dei FET.
11.3) Comportamento alle alte frequenze degli amplificatori a FET
Alle alte frequenze necessario per i JFET e i MOSFET tener conto degli effetti
capacitivi associati vuoi alle giunzioni in polarizzazione inversa dei FET, vuoi alla capacit
formata dallo strato di dielettrico dalla regione metallica di gate e dal semiconduttore.
Questi effetti possono essere modellizzati con lintroduzione di tre capacit; la CGS,
capacit gate-source, la CGD, capacit gate-drain e quella drain-source CDS.
Il circuito equivalente per uno stadio a source comune diviene allora quello della figura
11.10.

257

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
C GD

RS
vGS

g vGS

CGS

RD

rD

C DS

vo

figura 11.10

I valori delle tre capacit sono normalmente di qualche picofarad.


Dallesame del circuito equivalente si ottiene, dallequilibrio delle correnti nei nodi G e
D, in termini di trasformata di Laplace.
vS
RS

v GS .

v GS . g m

1
RS

s.C GD

s.C GS

vo .

s.C GD

1
RL

s.C GD .v o

s.C GS

s.C DS

avendo indicato con RL il parallelo di RD e rD.


Risolvendo il sistema di equazioni e indicando con AV0 la quantita -gm.RL si ricava:

Av

vo
vS

C GD
gm
A vo
1 a 1 . s a 2 . s2
1 s.

con
a1

R S .C GS
a2

R S . 1 g m .R L

R S .R L . C GS .C GD

R L .C GD

C GS .C DS

R L .C DS

C DS .C GD

Supponendo, ad esempio, che CGS = 3 pF, CGD = 1 pF, CDS = 1,5 pF, RS = 300
e RD = 20 K , valori del tutto realistici, si ottiene:
a1

73. 9 n sec

a2

258

34. 2 n sec 2

, rD = 80

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11
Ci si trova pertanto nelle condizioni di polo dominante, come gi stato illustrato
nellanalisi dei circuiti BJT, e quindi si pu scrivere che:
1
a1

p1

13, 5.106 rad / sec

p2

a1
a2

1, 71.109 rad / sec

Si ha inoltre uno zero per Z = gm / CGD = 2 . 109 rad /sec. p1 quindi un polo dominante e
la funzione di trasferimento pu venir approssimata con una funzione a singolo polo in cui la
frequenza di taglio vale:
f tH

1
2 . a1

2.15 MHz

La soluzione trovata si discosta da quella esatta per meno del 1%. Utilizzando il
teorema di Miller, con k = gm RL = Avo, si pu ricavare il circuito unilateralizzato di figura
11.11.
Si vede immediatamente che la capacit CGD, pur essendo dello stesso ordine di
grandezza di CGS e CDS quella che produce i maggiori effetti in quanto viene riportata in
ingresso moltiplicata per un fattore approssimativamente pari al guadagno a centro banda
dello stadio.

RS

CGD (1 + gm RL )

C GS

C DS
vS

gm RL

g m v GS

RL

CGD
1 + gm RL

figura 11.11

Per quanto riguarda limpedenza di ingresso essa prevalentemente capacitiva con una
capacit di ingresso pari a
Ci

C GS

C GD . 1 g m .R L

Si lascia al lettore il compito di determinare limpedenza di uscita, che comprende sia


un termine resisitivo che capacitivo.
Per quanto riguarda lamplificatore a drain comune (inseguitore di source) il modello a
piccoli segnali quello della figura 11.12. Si pu notare che tale modello coincide quasi
perfettamente con quello dellinseguitore di emettitore realizzato con BJT quando si ponga
r
, CGD C , CGS C ,
R L rD || R S R E . Lunica differenza risiede nella
presenza di CDS, cui deve essere sommata leventuale capacit di carico.
259

Gli amplificatori a FET


Capitolo 11

RS G

vS

C GS

R L = rD || Rs

C GD

rD

C DS

g m vS

Rs

vo

D
figura 11.12

Con queste posizioni possono essere riutilizzati i risultati gi ottenuti per linseguitore
di emettitore.
Si ottiene
C
A VO . 1 s. GS
gm
Av
1 a 1 .s a 2 .s 2
con
a1

a2

R S . C GD

RS R L
1 gm .R L

R S .R L
. C GD .C GS
1 g m .R L

La frequenza di taglio superiore f tH

R L . C DS
1 gm . R L

C GD .C DS

C GS .C DS

1 / 2 .a 1 , per gm RL >> 1 e RL > RS diviene:


1

f tH
2 . R S .C GD

1
C GS
gm

C DS

Per quanto riguarda limpedenza di ingresso Zi (s) e quella di uscita ZO (s) si ha:

Zi s

1 g m .R L . 1 s.R L . C DS C GS / 1 g m .R L
1
||
s.C GD
s.C GS . 1 s.R L .C DS

Zo s

1
.
gm

1 s.R S . C GD
g m . 1 s.

C GS

C GS
. 1 s.C GD .R S
gm

260

Amplificatori
Capitolo 12

Capitolo 12
GLI AMPLIFICATORI PLURISTADIO
12.1) Gli amplificatori
Nei paragrafi precedenti sono stati presi in considerazione alcuni amplificatori
elementari realizzati con un unico elemento attivo. Nella realt un amplificatore ottenuto
molto spesso interconnettendo tra loro diversi stadi del tipo preso in esame per ottenere le
volute caratteristiche di guadagno, banda passante, impedenza dingresso e di uscita. Da
adesso in avanti, pertanto, non ci si occuper pi di come sono realizzati internamente i
singoli stadi, ma si fisser lattenzione sulle caratteristiche globali di un amplificatore.
Come amplificatore si pu intendere un circuito che riceve un segnale di ingresso E e lo
elabora fornendo in uscita un segnale U.
U f (E)
Generalmente, anche se non necessariamente, f una funzione lineare. Di solito, poi, la
potenza disponibile alluscita molto maggiore di quella presente allingresso.

Va
Ia
Zg
V

Iu

Ii

Vu

Vi

ZL

figura 12.1

Al limite la condizione ideale sarebbe raggiunta se la potenza di ingresso fosse nulla.


immediato allora convincersi che la potenza fornita dallamplificatore al carico ZL deve venir
prelevata da qualche sorgente; pi specificatamente essa prelevata dallalimentazione di
servizio Va. Da questa alimentazione viene prelevata una corrente Ia e della potenza
Pa

Va . I a

una parte viene fornita poi al carico ZL, mentre una parte pi o meno grande si dissipa
allinterno dellamplificatore sotto forma di calore.
Il rapporto

261

Amplificatori
Capitolo 12
PL
Pa
dove con PL si indicata la potenza fornita al carico, viene detto rendimento
dellamplificatore e come in tutte le macchine che trasformano energia non mai unitario e
pu essere anzi considerevolmente inferiore allunit.
Un modello dellamplificatore, nellipotesi di unilateralit, supponendo cio che le
grandezze di uscita dipendano da quelle dingresso, ma non sia vero il viceversa, pu essere
ottenuto secondo lo schema della figura 12.2.
amplificatore reale

Iu
ZL

Vu

Vi

modello
Ii

Vi

Zu

Zi

A Vi

Iu

Vu

ZL

figura 12.2

A maggiore chiarimento, unilateralit sta ad indicare che una qualsiasi variazione delle
grandezze presenti in ingresso d luogo ad una corrispondente variazione delluscita. Al
contrario, qualsiasi variazione delle condizioni di lavoro delluscita, ad esempio una
variazione dellimpedenza di carico ZL, che d luogo ad una variazione sia di Vu che di Iu, non
ha alcun effetto sulle grandezze dingresso.
La maggior parte degli amplificatori elettronici, soprattutto quando sono realizzati a pi
stadi, soddisfano abbastanza bene questa condizione.
Il funzionamento dellamplificatore reale, visto dalle porte dingresso e di uscita, pu
essere raffigurato con un modello, che permette poi di studiare il comportamento
dellamplificatore quando esso viene inserito in un sistema pi complesso.
Per quanto riguarda la porta dingresso un buon modello pu essere ottenuto ricorrendo
ad unimpedenza Zi che fornisce il legame tra tensione di ingresso e corrente circolante.
Per la porta duscita il modello pu essere ricavato ricorrendo al teorema di Thevenin,
sostituendo luscita dellamplificatore con un generatore di tensione comandato dalle
grandezze in ingresso, in serie con unimpedenza equivalente Zu, che limpedenza che si
vede dai morsetti di uscita.
Il modello cos ottenuto rappresenta, nellipotesi di linearit e di unilateralit, il
funzionamento dellamplificatore visto dalle porte e pu venir utilizzato quando si voglia
analizzare come si comporta lamplificatore quando viene inserito in un sistema piu
complesso.

262

Amplificatori
Capitolo 12
Il generatore di segnale dingresso pu essere sia un generatore di tensione che di
corrente. La variabile indipendente, cio la grandezza da amplificare, pu cio essere in una di
queste due forme. In modo analogo, la grandezza da prelevare alluscita, cio la variabile
dipendente, pu essere sia una tensione che una corrente. Si possono quindi avere quattro tipi
di amplificatore.
12.1.1- Amplificatore di tensione
Il primo tipo un amplificatore di tensione (figura 12.3), per il quale sia la grandezza
di ingresso che quella di uscita sono due tensioni. In tal caso il legame che si vorrebbe
ottenere tra tensione dingresso Ve e tensione duscita Vu :
A v . Ve

Vu

AMPLIFICATORE DI TENSIONE
Vu = A v Ve

ZG

Ve

Ii

Vi

Iu

Zu

Zi

V = V
u
e

Vu = A v Ve

A Vi

Zi
ZG+ Zi

. Av.

se

Zi

Vu

ZL

ZL
ZL+ Zu
oo

Zu

figura 12.3

Se tuttavia si utilizza il modello di amplificatore, che stato appena introdotto, per


calcolare quale sia leffettivo legame tra Ve e Vu, ci si accorge che la relazione ideale tra
queste due grandezze viene realizzata solo se limpedenza dingresso dellamplificatore tende
allinfinito, in quanto qualsiasi generatore di segnale ha unimpedenza interna ZG che per
quanto piccola non mai nulla, e del pari solo se limpedenza duscita Zu tende a zero. Poich
tali condizioni non si realizzano mai, lamplificatore reale fornisce unamplificazione che
dipende sia dallimpedenza interna del generatore di segnale che dal valore del carico, a
differenza di quello ideale in cui queste due quantit non hanno alcunimportanza.
Si pu quindi concludere quindi che quanto maggiore limpedenza dingresso di un
amplificatore di tensione rispetto allimpedenza ZG del generatore e quanto minore la sua
impedenza duscita Zu in rapporto al carico, tanto pi il suo comportamento si avviciner a
quello di un amplificatore ideale.

263

Amplificatori
Capitolo 12
interessante notare che nelle condizioni ideali, cio con Zi
e Zu = 0, la potenza
nel circuito dingresso nulla, mentre quella erogata dal generatore comandato al lato uscita
si dissipa tutta nel carico ZL.
12.1.2 - Amplificatore di transconduttanza
Nel caso in cui la variabile dingresso sia una tensione e quella di uscita sia una
corrente, ci si trova in presenza di quello che viene chiamato amplificatore di
transconduttanza.

AMPLIFICATORE DI TRANSCONDUTTANZA
I u = G mVe

ZG

Ve

Ii

Vi

Iu

Zi

GmV i Zu

Zi

V = V
u
e

ZG+ Zi

I u = G mVe

se

. G m.

Zi

Vu

ZL

Zu
ZL+ Zu
oo

Zu

oo

figura 12.4

opportuno in questo caso ricorrere ad un modello dellamplificatore, che fa


riferimento per quanto riguarda il lato uscita al teorema di Norton e che quindi usa anzich un
generatore di tensione comandato, un generatore di corrente comandato GmVi (figura
12.4).Lamplificazione Gm ha ovviamente, in tal caso, le dimensioni di una conduttanza.
La trasformazione Thevenin-Norton banale e si d per acquisita.
Anche in questo caso si vede tuttavia che la relazione ideale che lega lingresso e
luscita
Iu

G m . Ve

viene raggiunta solo a patto che Zi


e Zu
.
Un amplificatore di transconduttanza quindi opera correttamente se limpedenza del
generatore di segnale ZG trascurabile rispetto allimpedenza di ingresso dellamplificatore
Zi, e se limpedenza di carico ZL molto minore dellimpedenza Zu. Solo in queste condizioni,
infatti, si pu ritenere, sia pure in via approssimata, che la corrente di uscita sia proporzionale
alla tensione di ingresso indipendentemente da come la tensione di ingresso viene fornita e
dalla situazione di carico.

264

Amplificatori
Capitolo 12
12.1.3 - Amplificatore di corrente

AMPLIFICATORE DI CORRENTE
I u = Ai I e
Ii

Ie

ZG

Iu

Vi

Zi

= I
e

I u = Ai I e

Ai I i

ZG
ZG+ Zi

se

. Ai .

Zi

Vu

Zu

ZL

Zu
ZL+ Zu
e

oo

Zu

figura 12.5

Unulteriore possibilit si ha con lamplificatore di corrente (figura12.5), in cui le


grandezze di interesse sia allingresso che alluscita sono correnti.
Considerazioni analoghe a quelle fatte nei casi precedenti portano a concludere che un
amplificatore di corrente approssima il caso ideale solo se limpedenza di ingresso
dellamplificatore pu essere considerata trascurabile rispetto limpedenza interna del
generatore di segnale e se la sua impedenza duscita molto maggiore dellimpedenza di
carico.
12.1.4 - Amplificatore di transresistenza

AMPLIFICATORE DI TRANSRESISTENZA
Vu = R mI e
Ii

Ie

ZG

Iu

Zu

Vi

Zi

V = I
u

Vu = R mI e

Rm I i

ZG
. R m.
e Z + Z
G
i

se

Zi

figura 12.6

265

Vu

ZL

ZL
Z L+ Z u

Zu

Amplificatori
Capitolo 12
Si ha infine lamplificatore di transresistenza per il quale la variabile di ingresso una
corrente e quella duscita una tensione (figura 12.6).
ovvio che in questo caso lamplificazione Rm ha le dimensioni di una resistenza
essendo il rapporto tra una tensione e una corrente.
Lamplificatore reale approssimer nel suo comportamento quello ideale se le
impedenze di ingresso e di uscita saranno ambedue trascurabili rispettivamente rispetto a
quella ZG del generatore di segnale e quella ZL di carico.
12.2) Caratteristiche di un amplificatore reale.
Stabilito che si possono avere quattro tipi fondamentali di amplificatore, conveniente a
questo punto esaminare quali siano le principali caratteristiche di un amplificatore reale su cui
conviene puntare lattenzione, quando se ne debba scegliere uno per una particolare
applicazione. Esse possono essere elencate come segue:
a) Tipo di amplificazione e di impedenze di ingresso e di uscita
Lesame di queste caratteristiche permette di stabilire con quale tipo di amplificazione
tra i quattro possibili si ha a che fare e quanto questamplificatore approssimer nel suo
comportamento quello di un amplificatore reale.
b) Dinamica di ingresso
La dinamica di ingresso indica lintervallo di ampiezza del segnale di ingresso entro il
quale lamplificatore pu essere considerato ancora un dispositivo lineare, tale cio che il
legame tra segnale di ingresso e di uscita sia un legame di proporzionalit.
Per un dispositivo reale ci verificato solo su un intervallo di ampiezze limitato,
uscendo dal quale intervengono fenomeni di saturazione o di interdizione.
c) Massima potenza di uscita
Questo dato legato a come lamplificatore realizzato. opportuno ricordare che la
potenza fornita al carico in pratica prelevata totalmente dallalimentazione, ma una certa
aliquota di potenza si dissipa allinterno dellamplificatore stesso. Questa potenza si traduce in
calore, che fa salire la temperatura dei componenti in maniera tanto pi marcata quanto
minore la conducibilit termica verso il mondo esterno. Per non pregiudicare la vita dei
componenti e per garantire una sufficiente affidabilit allapparecchiatura necessario quindi
limitare la potenza dissipata e di conseguenza limitare la massima potenza in uscita. questo
un dato caratteristico di ciascun amplificatore, di notevole importanza in relazione
allutilizzazione particolare
d) Banda passante
questo un parametro estremamente importante. Si gi visto nei paragrafi precedenti
che i vari stadi, che formano un amplificatore, hanno una risposta in frequenza sicuramente
limitata verso le alte frequenze a causa delle caratteristiche intrinseche dei dispositivi attivi e
possono avere delle limitazioni sulla risposta anche alle basse frequenze, se laccoppiamento
tra stadio e stadio realizzato tramite condensatori o se in parallelo alla resistenza di
emettitore della polarizzazione a partitore viene connessa una capacit. facilmente intuibile
che in un amplificatore formato da pi stadi, ciascuno con banda passante limitata, la banda
passante totale sar inferiore a quella del singolo stadio.

266

Amplificatori
Capitolo 12
Con riferimento al diagramma di Bode di un amplificatore, riportato in figura 12.7, si
definisce banda passante lintervallo di frequenza compreso tra la frequenza di taglio
inferiore fi e quella superiore fs.

A dB
A0
3 dB

fi

fs

log

figura 12.7

opportuno tuttavia far notare che esistono anche altre definizioni di banda passante;
usuale, infatti, parlare di banda a -6 dB intendendo con questo lintervallo di frequenza
compreso tra i punti che si trovano 6 dB sotto il guadagno di centro banda A0. Allo stesso
modo si definisce la banda a -1 dB.
Le due frequenze di taglio vanno tuttavia considerate in modo diverso. La frequenza fi,
infatti, determinata da scelte progettuali e puo venir spostata verso il basso semplicemente
aumentando il valore di capacit dei condensatori utilizzati o addirittura si pu portarla a
coincidere con lo zero, accoppiando i vari stadi in continua ed eliminando le capacita di bypass di emettitore.
La frequenza di taglio superiore invece determinata dalle capacit parassite dei
dispositivi attivi e dipende quindi dai componenti utilizzati.
Con transistori bipolari a giunzione si possono realizzare amplificatori il cui estremo
superiore di banda pu giungere a qualche Ghz. Se si volesse superare questo limite di
frequenza necessario utilizzare transistori ad effetto di campo di tecnologia particolare, che
come materiale semiconduttore utilizzano anzich il silicio larseniuro di gallio, in cui la
mobilit dei portatori maggioritari superiore, o altri materiali analoghi. In tal caso si pu
giungere a frequenze superiori di taglio di qualche decina di Ghz. Per andare ancora pi in
alto si usano dispositivi completamente diversi, cui non si ritiene opportuno in questa sede
accennare.
e) Slew rate
Lo slew rate indica la massima velocit di variazione della tensione in uscita, misurata
in volt/microsecondo o V/ sec.
Se, infatti, si applica allingresso di un amplificatore un gradino di tensione ideale, tale
cio che la transizione tra i due valori di tensione avvenga in un tempo nullo (condizione
ovviamente ideale e impossibile fisicamente.- figura 12.8), si osserva che in uscita il gradino
risulta deformato nel senso che la transizione tra i due livelli di tensione avviene in un tempo
che per quanto piccolo non mai nullo (figura 12.9).
267

Amplificatori
Capitolo 12

t
figura 12.8

necessario ricordare che la trasformata di Laplace di un gradino di ampiezza unitaria


1/s. Ci significa che il contenuto spettrale di un gradino contiene tutte le frequenze, e
ciascuna riga spettrale ha unampiezza inversamente proporzionale alla frequenza.

Vu

t
figura 12.9

Lamplificatore tuttavia ha una banda passante superiormente limitata e quindi nel


segnale duscita le frequenze pi alte risultano attenuate. La risposta quindi, come
facilmente intuibile, viene rallentata.

268

Amplificatori
Capitolo 12
In prima approssimazione si pu supporre che lamplificatore reale possa venir
rappresentato con un amplificatore ideale senza limitazioni superiori di banda in serie con un
filtro RC passa basso (figura 12.10).

R
Amplificatore

figura 12.10

Luscita di questo sistema quando lingresso un gradino ha ovviamente un andamento


esponenziale, come facile verificare utilizzando le trasformate di Laplace.
Si definisce tempo di salita tr il tempo necessario affinch la grandezza di uscita passi
dal 10% al 90% del suo valore massimo, come illustrato nella figura 12.11.

v
90 %

10 %

tr
figura 12.11

Questo tempo di salita ovviamente legato alla frequenza superiore di taglio


dellamplificatore e nel caso di sistemi a singolo polo si pu dire che:
tr

0, 35
fs

Tutte queste considerazioni tuttavia valgono fino a che lamplificatore pu essere


considerato un dispositivo lineare, cio fino a che non si supera con lampiezza del gradino la
dinamica di ingresso. Se invece si continua a far crescere lampiezza dellingresso
intervengono ad un certo punto fenomeni di non linearit che limitano la massima velocit
con cui la tensione di uscita pu variare, e tale limitazione non e piu legata alla banda
passante.
269

Amplificatori
Capitolo 12
In sostanza, finch il funzionamento dellamplificatore lineare un aumento
dellingresso determina un aumento delluscita, cresce la pendenza del tratto di transizione tra
i due livelli del gradino e il tempo di salita rimane costante.
Quando intervengono fenomeni di non linearit la pendenza del tratto di raccordo
diventa costante e indipendente dallampiezza del segnale di ingresso e tale pendenza
rappresenta lo slew-rate.
f) Rumore
In alcuni tipi di amplificatore assume particolare importanza il rumore che
lamplificatore stesso genera. necessario, infatti, tener conto che allingresso
dellamplificatore perviene dallesterno un segnale, che certamente affetto da una certa
quantit di rumore. Lamplificatore, non essendo in grado di distinguere tra segnale utile e
rumore, amplificher allo stesso modo ambedue ed in pi sovrapporr un rumore proprio
generato internamente.
In effetti, qualsiasi componente, come ad esempio una semplice resistenza, sede di un
rumore di natura termica (rumore termico). Infatti, in tutti i materiali, che si trovino a
temperature superiori allo zero Kelvin, vi unagitazione termica dei portatori liberi di carica,
che fa si che agli estremi del componente si localizzi una tensione, a valor medio nullo, ma
istante per istante diversa da zero. Dato quindi un resistore R, se si misura con uno strumento
a valore efficace la tensione di rumore presente ai suoi capi, si pu verificare che:
e 2n

K. T. R. B

con en valore efficace della tensione di rumore, K costante di Boltzman, T temperatura


assoluta in gradi Kelvin, R valore della resistenza e B banda passante dello strumento
utilizzato per la misura.
La resistenza genera cio un rumore il cui valore quadratico, o se vogliamo la cui
potenza, uniformemente distribuita alle diverse frequenze. Pi sar larga la banda passante e
maggiore sar il rumore raccolto. Un rumore di queste caratteristiche viene detto rumore
bianco.
Allinterno di un amplificatore vi sono sempre numerose resistenze ciascuna delle quali
una sorgente di rumore. Anche i dispositivi attivi generano rumore, che ha tuttavia
caratteristiche diverse. La potenza di rumore, in questo caso, anzich essere uniformemente
distribuita alle diverse frequenze, grande alle basse frequenze e va via via diminuendo
allaumentare della frequenza, stabilizzandosi ad un valore minimo una volta che sia superata
una determinata frequenza limite. La funzione densit di potenza, Dp, quindi del tipo
illustrato in figura 12.12.
abbastanza ovvio che interessa poter avere degli amplificatori con il minimo rumore,
proprio in modo da non peggiorare in uscita il rapporto segnale-rumore presente al suo
ingresso. A tale scopo appare evidente che, poich in ambedue i rumori, che sono stati presi in
considerazione, la tensione efficace di rumore aumenta allaumentare della banda passante,
opportuno che la banda dellamplificatore sia quella strettamente necessaria alla particolare
applicazione.

270

Amplificatori
Capitolo 12

Dp

f
figura 12.12

a) Offset e derive
Queste due caratteristiche riguardano essenzialmente gli amplificatori per grandezze
continue, cio quegli amplificatori che non hanno una banda inferiormente limitata. Questi
amplificatori sono quindi in grado di amplificare grandezze che variano anche molto
lentamente. Di conseguenza la loro struttura tale che anche qualsiasi spostamento del punto
di lavoro di uno stadio, per qualsiasi causa avvenga, provoca una variazione della grandezza
di uscita, indistinguibile dalle variazioni dovute al segnale di ingresso.
Si consideri, infatti, un amplificatore per grandezze continue cui sia applicato un
determinato segnale di ingresso Vi in corrispondenza al quale sia presente in uscita la tensione
Vu (figura 12.13).

vi

>

vu

figura 12.13

Si supponga ora che, a Vi costante, allinterno dellamplificatore il punto di lavoro di


uno stadio si sposti, a causa ad esempio di una variazione di temperatura (che come si sa ha
un notevole effetto sulle caratteristiche dei dispositivi semiconduttori) o ancora per effetto del
semplice invecchiamento dei componenti. Poich lamplificatore per segnali continui, tale
variazione, per quanto lenta sia, viene trasmessa in uscita, modificando il valore di Vu. Dalla
semplice osservazione di Vu non si tuttavia in grado di dire se la variazione stata
determinata da una modifica di Vi o da qualche altra causa.
271

Amplificatori
Capitolo 12

Vu

v nu

Ve

vne
figura 12.14

necessario allora far si che le variazioni di Vu, dovute a cause interne


allamplificatore, siano talmente piccole rispetto al pi piccolo segnale che si deve amplificare
da poter essere considerate trascurabili.
Si consideri ora la caratteristica di trasferimento di un amplificatore per tensioni
continue. Se lamplificatore lineare la caratteristica di trasferimento una retta (figura
12.14).
Non tuttavia affatto detto che la retta debba passare per lorigine degli assi.
Questa retta, che rappresenta la caratteristica nominale dellamplificatore, pu venir
identificata assegnando le coordinate di un suo punto, ad esempio P, e la sua pendenza (figura
12.14). Le coordinate vne e vnu prendono il nome rispettivamente di tensione nominale di
ingresso e tensione nominale di uscita, mentre la pendenza della retta il coefficiente di
amplificazione A.
vu
ve

Lamplificatore per grandezze continue pu quindi essere visto come un circuito che
trasforma variazioni del segnale di ingresso attorno al valore di riferimento Vne in variazioni
proporzionali secondo il coefficiente A della tensione di uscita attorno al livello di riferimento
Vnu.
Se ora si prendono in considerazione n amplificatori nominalmente identici, oppure si
verificano le caratteristiche dello stesso amplificatore man mano che il tempo passa, ci si
accorge che le caratteristiche di trasferimento che si ottengono non coincidono con quelle fin
qui prese in esame. Sia allora la caratteristica riportata a tratto e punto in figura 12.15 una di
queste. Applicando pertanto a questamplificatore la tensione nominale vne si ottiene
ovviamente in uscita una tensione diversa da vnu.
La differenza
vu

v nu

prende il nome di offset (fuori zero) in uscita.


272

v u off

Amplificatori
Capitolo 12

Vu

offset di uscita

offset di ingresso

vuu
vu

vue

ve

Vi

figura 12.15

Se si vuole riportare luscita al suo valore nominale necessario agire sul segnale di
ingresso portandolo al valore ve. La differenza
ve

v ne

v e off

prende il nome di offset in ingresso.


Offset in ingresso e offset in uscita sono legati tra loro dal coefficiente di amplificazione
dellamplificatore, come immediato osservare dalla figura 12.15, porzione ingrandita della
figura 12.14.
v u off

A. v e off

Assegnare quindi loffset di ingresso o quello di uscita la stessa cosa. Normalmente si


preferisce riportare gli offset allingresso per confrontarli con il minimo segnale di ingresso
che si vuole poter amplificare e che deve risultare molto maggiore delloffset stesso.
Il costruttore dellamplificatore specifica qual il massimo offset con cui si pu avere a
che fare scegliendo a caso un amplificatore nel complesso della produzione.
La caratteristica di un amplificatore pu tuttavia differire da quella ideale (o nominale)
non solo per le inevitabili tolleranze dei componenti che si hanno in produzione, ma anche
perch esse dipendono da un certo numero di parametri, quali la temperatura, la tensione di
alimentazione, linvecchiamento dei componenti e cos via.
Le variazioni degli offset dovute a questi paramentri vengono dette derive. Si hanno
pertanto derive in funzione della temperatura, derive in funzione della tensione di
alimentazione, derive in funzione dellinvecchiamento e cos via.
Offset e derive limitano la sensibilit dellamplificatore in quanto limitano il minimo
valore del segnale di ingresso che pu essere discriminato da questi fenomeni.
Si pu tuttavia notare che le derive sono un fenomeno peggiore degli offset. Gli offset,
infatti, sono in qualche maniera compensabili, sommando ad esempio in ingresso o in uscita
unopportuna tensione continua, determinabile con una taratura iniziale. Le derive invece non
273

Amplificatori
Capitolo 12
sono compensabili in quanto dipendono da parametri difficilmente osservabili e controllabili.
Unica misura che si pu pensare di adottare quella di ripetere frequentemente loperazione
di taratura.
12.3) La controreazione
Nei paragrafi precedenti stato pi volte messo in luce come i dispositivi elettronici
attivi siano poco precisi e non garantiscano affatto una ripetibilit delle prestazioni. Questo
fatto si riflette su tutte le strutture che con i dispositivi attivi vengono realizzate, impedendo di
fatto che possa venir realizzato, ad esempio, un amplificatore le cui caratteristiche siano
stabilite entro tolleranze molto strette.
Si ricorre allora al principio della controreazione o reazione negativa secondo la quale
luscita dellamplificatore viene confrontata con luscita desiderata e leventuale differenza,
che rappresenta lerrore, viene riportata allingresso e utilizzata per correggere lerrore stesso.
Si supponga di voler realizzare una certa caratteristica di trasferimento tra una
grandezza E (tensione o corrente che sia) e unuscita che sia pari a U = k E.

E-E'

+
-

Amplificatore
A

E'

1/k

figura 12.16

Se il segnale in uscita viene allora diviso per la costante k si dovrebbe ottenere E, ma in


presenza di un errore si ottiene invece il valore E. La differenza E - E rappresenta allora
lerrore che pu essere utilizzato per ottenere luscita secondo lo schema di figura 12.16.
La condizione ideale da raggiungere quella in cui lerrore = E - E si annulla Poich
un errore positivo significa che luscita troppo piccola rispetto a quella desiderata, mentre un
errore negativo indica che luscita troppo grande rispetto a quella desiderata, risulta evidente
che per ottenere gli effetti voluti lamplificatore deve avere un guadagno positivo. Inoltre
per ridurre, per quanto possibile, lerrore, si intuisce che poich luscita finita, il guadagno
dellamplificatore devessere il pi grande possibile; nel caso ideale infinito, in modo che con
uscita U = k E lerrore sia nullo, in quanto anche vero che:
U
A
e
lim

274

Amplificatori
Capitolo 12
In sostanza la controreazione si riduce a riportare in ingresso unopportuna frazione
delluscita sottraendola allingresso stesso e ad elaborare tale differenza con un amplificatore
di sufficiente guadagno.
altres evidente che poich, fisicamente, amplificatori di guadagno infinito non
esistono, lerrore sar piccolo quanto si vuole, ma mai nullo.
Con riferimento alla figura precedente si pu scrivere che:
U

A.

A. E E '

A. E

U
k

Risolvendo rispetto a U si ottiene allora:


1

A
.U
k

A.E

cioe'

U
E

A
A
1
k

k
1

k
A

che rappresenta lamplificazione complessiva del sistema controreazionato. Se A


sufficientemente grande da poter dire che:
k
A

1
allora
U
E

che proprio quanto si voleva ottenere.


evidente che la relazione ottenuta approssimata, ma lerrore che si commette tanto
minore quanto pi il rapporto A/k grande.

-E

A
k

1/k
figura 12.17

Il rapporto A/k viene chiamato amplificazione di anello, in quanto rappresenta, a meno


del segno, lamplificazione che si otterrebbe tagliando lanello di reazione in un qualsiasi
punto, inserendo in corrispondenza al taglio un segnale e valutando quanto si ottiene allaltro
capo del taglio (figura 12.17).
275

Amplificatori
Capitolo 12
Il rapporto A/k viene usualmente identificato con il simbolo T. Il fatto che il guadagno
di anello sia negativo sta ad indicare che la reazione realizzata negativa. facilmente
intuibile che si pu realizzare anche una reazione positiva, quando il guadagno danello
maggiore di zero. Come la reazione negativa tende a minimizzare lerrore, cos la reazione
positiva tende ad aumentarlo.
Una condizione interessante risiede tuttavia nel fatto che il guadagno complessivo del
sistema, pari a
U
E

in pratica indipendente dal guadagno A dellamplificatore, purch A sia sufficientemente


grande, ma dipende unicamente dalla precisione con cui viene realizzato il blocco 1/k.
Il coefficiente 1/k molto spesso viene identificato con il simbolo (da non confondersi
con il guadagno di corrente dei transistori a giunzione).
Riassumendo, lamplificazione con controreazione data da:
K

AR

1
T

e quanto maggiore T tanto maggiore la precisione ottenuta rispetto alla funzione desiderata
Ad

Esempio
Si supponga di voler ottenere un guadagno k=10. Operando senza controreazione e
supponendo che gli amplificatori abbiano unimprecisione massima del 10% si sarebbero
ottenuti sistemi il cui guadagno risulta compreso tra 9,9 e 10,1.
Se invece si ricorre alla controreazione e si utilizzano amplificatori il cui guadagno
nominale sia pari a 104, il guadagno del sistema complessivo sar compreso tra:
AR

10
1
1
9000
10

min

e
AR

max

1
1 0,0111

10
1
1
11000
10

276

9 ,989

1
1 0, 0091

9 , 99

Amplificatori
Capitolo 12
Pu sembrare a prima vista che quanto esposto sia un puro gioco di parole in quanto la
precisione viene pur sempre a dipendere dalla precisione del blocco 1/k. necessario tuttavia
tener presente che gli elementi maggiormente imprecisi sono quelli attivi e quindi il
guadagno dellamplificatore che non pu venir assicurato con la necessaria precisione, mentre
il blocco 1/k, che il pi delle volte pu venir realizzato con puri componenti passivi, pu
facilmente raggiungere la precisione richiesta.
Ulteriore vantaggio della controreazione risiede nel fatto che la distorsione si riduce
con laumentare del guadagno di anello. Gli elementi attivi utilizzati negli amplificatori non
sono, infatti, elementi perfettamente lineari e vengono in prima approssimazione considerati
tali solo a piccoli segnali. Pertanto lamplificazione nella realt varia al variare del segnale di
ingresso. Poich tuttavia la controreazione tende a rendere lamplificazione del sistema
complessivo largamente indipendente dallamplificatore utilizzato, purch il suo guadagno sia
sufficientemente elevato, le distorsioni introdotte dal blocco amplificatore avranno
uninfluenza molto meno marcata sulluscita rispetto al caso in cui la controreazione non
viene utilizzata. La riduzione dellordine di 1/T.
Infine la controreazione allarga la banda passante, sempre per gli stessi motivi.
Quando, infatti, lamplificatore, per effetto dei poli e degli zeri agli estremi della banda,
presenta una riduzione dellamplificazione A, se lamplificazione danello T rimane
sufficientemente elevata, il guadagno del sistema in pratica non ne risente.
Poich la frequenza di taglio si ha quando lamplificazione si riduce rispetto a quella
nominale di 3 dB, cio quando lamplificatore :
1
A no min ale
2
il taglio nel sistema reazionato, la cui amplificazione :
Ak

k
1

1
T

si avr quando il valore del guadagno di anello si avvicina allunit. In sostanza la


controreazione tende a migliorare in maniera anche considerevole tutte quelle prestazioni che
risultano fortemente influenzate da variazioni di amplificazione. sufficiente per ottenere
questi miglioramenti che A>>k; I risultati saranno tanto migliori quanto pi A elevata.
Ulteriore vantaggio della reazione negativa che le impedenze di ingresso e di uscita
del sistema reazionato si avvicinano al valore ideale.
Un amplificatore di tensione, ad esempio, dovrebbe avere unimpedenza di ingresso la
pi alta possibile e unimpedenza di uscita che per quanto possibile sia prossima a zero. La
prima delle due condizioni si rende necessaria per impedire che la tensione di ingresso si
ripartisca tra impedenza interna del generatore di segnale e impedenza di ingresso
dellamplificatore, la seconda per impedire la ripartizione della tensione di uscita tra
impedenza interna dellamplificatore e carico.
Ora la controreazione tende a far s che il valore delluscita sia esattamente quello
comandato dallingresso, indipendentemente dalla situazione di carico.
Nel caso dellamplificatore di tensione, si ottiene pertanto che:

277

Amplificatori
Capitolo 12

Z ing

Zi . 1 T

Z out

Zu
1 T

dove con Zi e Zu si sono indicate rispettivamente le impedenze di ingresso e di uscita


dellamplificatore non reazionato e con Zing e Zout le analoghe grandezze dellamplificatore
reazionato.
Si vede immediatamente che al crescere del guadagno di anello limpedenza Zing tende
allinfinito, mentre quella Zout tende a zero.
Le relazioni appena introdotte possono essere ricavate con alcune semplici operazioni,
valutando come si comporta lamplificatore reazionato alle porte di ingresso e di uscita in
relazione al comportamento del medesimo amplificatore non reazionato. Se, infatti, la
tensione Ve venisse applicata allingresso dellamplificatore non reazionato, la corrente
assorbita allingresso sarebbe:
Ve
Zi

Ii

Nellamplificatore reazionato invece la situazione dellingresso si pu schematizzazione


come in figura 12.18, avendo indicato con VR la frazione della tensione di uscita sottratta dal
segnale Ve in ingresso.

vR

I'i

ve

Zi

figura 12.18

La corrente di ingresso sar quindi:


I 'i

Ve

Zi

VR

Ora
VR

1
Vu
k

1 k
.
. Ve
k 1 k
A
278

Ve .

1
1

1
T

Amplificatori
Capitolo 12
e quindi
1

Ve . 1
I 'i

1
Zi

1
T

Ve .

1 T
Zi

Limpedenza vista dal generatore di segnale pertanto:


Ve
I1'

Z ing

Zi . 1 T

Limpedenza di uscita dellamplificatore controreazionato pu poi essere valutata come


rapporto tra la tensione a vuoto e la corrente di cortocircuito.
La tensione a vuoto :
Vu

Ve .

1
1
T

Ve .

k. T
1 T

Ve .

A
1 T

mentre la corrente di cortocircuito :


A. Ve

I cc

Zu

1
.Vu
k

e tenendo conto che in corto circuito Vu = 0 si ha infine


I cc

Ve
.A
Zu

In definitiva
Zout

Vu
I cc

Zu
1 T

Analoghe considerazioni portano ad affermare che per un amplificatore di corrente:


Z ing

Zi
1 T

Z out

Zu . 1 T

e analoghe espressioni si possono ottenere per lamplificatore di transconduttanza e di


transresistenza.
Qualsiasi sia tuttavia il tipo di amplificatore si pu verificare che limpiego della
controreazione tende ad avvicinare le impedenze dingresso e duscita a quelle del caso
ideale.

279

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

Capitolo 13

LAMPLIFICATORE OPERAZIONALE
13.1) L'amplificatore operazionale
Nella maggior parte delle applicazioni di elettronica analogica il blocco di
amplificazione A della struttura reazionata viene realizzata con dispositivi realizzati il piu'
delle volte in tecnica integrata, detti amplificatori operazionali.
Un amplificatore operazionale e' un dispositivo lineare ad alto guadagno che viene
utilizzato in unione a componenti esterni per ottenere la desiderata caratteristica di
trasferimento. Esso e' normalmente dotato di due ingressi denominati rispettivamente ingresso
invertente e ingresso non invertente, intendendo con questo che i segnali presentati
all'ingresso invertente si presentano all'uscita ruotati di fase di 180 mentre quelli che sono
applicati all'ingresso non invertente escono in fase. I due morsetti di ingresso
dell'amplificatore operazionale sono ambedue separati dal livello di riferimento delle tensioni,
da quella cioe' che comunemente viene chiamata massa. La risposta di frequenza, la rotazione
di fase dei segnali e la caratteristica di trasferimento del sistema complessivo formato da
amplificatore operazionale e componenti esterni sono determinate proprio da questi ultimi,
che vengono inseriti sia sulle linee di ingresso che in reazione.
In termini ideali un amplificatore operazionale, rappresentato dal simbolo di figura 13.1,
e' un amplificatore di tensione per grandezze continue con un guadagno estremamente elevato;
nel caso ideale addirittura si considera che un amplificatore operazionale abbia un guadagno
che tende all'infinito. L'amplificatore operazionale reale ha invece un guadagno compreso
normalmente tra 103 e 106.

+
Vi
-

Vp

Vu

Vn
figura 13.1

La tensione Vi viene normalmente applicata tra i due ingressi e si puo' quindi affermare,
con riferimento al livello di tensione di massa, che l'operazionale amplifica la differenza delle
tensioni applicate ai morsetti di ingresso. Se, infatti, si indica con A l'amplificazione cui
ciascun segnale viene sottoposto si ha, tenendo conto della rotazione di fase introdotta
dall'ingresso invertente e avendo indicato con Vn la tensione applicata a quest'ultimo e con Vp
quella applicata all'ingresso non invertente

280

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Vu

A.Vp

A.Vn

A. Vp

Vn

A.Vi

E' pertanto piu' opportuno parlare di amplificatore differenziale Ad anziche


semplicemente di amplificatore e la relazione che lega la tensione di uscita a quella di
ingresso, cui si fara' d'ora in avanti riferimento, e' pertanto:
Vu

A d .Vi

E' opportuno infine richiamare l'attenzione sul fatto che il valore di Ad e' largamente
variabile tra un esemplare e l'altro dello stesso tipo di amplificatore. Il costruttore di solito
garantisce solamente un valore minimo di amplificazione.
Anche per lo studio dell'amplificatore operazionale e' necessario far riferimento ad un
modello, in quanto l'effettiva realizzazione circuitale puo' utilizzare fino ad un centinaio di
elementi attivi, di solito transistori bipolari a giunzione. Il modello cui si fa riferimento e'
simile a quello di tutti gli amplificatori di tensione introdotto ai capitoli precedenti.
Alle basse frequenze, cioe' alle frequenze alle quali tutti i fenomeni reattivi sono trascurabili,
il modello assumera' la forma di figura 13.2, mentre alle frequenze piu' elevate le due
resistenze ri e ro di ingresso e di uscita vanno ovviamente sostituite con impedenze in modo
da tener conto anche dei fenomeni reattivi.

Ii
Vi

ro

ri

Vu = A d .Vi

A d Vi

figura 13.2

In corrispondenza ai morsetti di ingresso, ambedue separati come si e' detto dal


riferimento comune, sono riportati i due segni + e - per identificare qual'e' il morsetto
invertente e quale quello non invertente; in sostanza si indica in tal modo qual'e' il segno della
tensione di ingresso che comanda il generatore del circuito d'uscita.
13.2) Configurazioni base dell'amplificatore operazionale.
a) Amplificatore non invertente.
Indicando con Ve la tensione di ingresso di un amplificatore e con Vu la corrispondente
tensione di uscita, in un amplificatore non invertente il legame tra queste due grandezze e'
dato da:

281

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Vu

k.Ve

con k numero reale positivo.


Una struttura che fa uso di un amplificatore operazionale, della controreazione e che
presenta un legame ingresso uscita di questo tipo e' quella illustrata in figura 13.3, nella quale
la tensione di uscita, dopo essere stata applicata al partitore formato dalle resistenze R1 e R2,
con rapporto di ripartizione 1/k, viene confrontata con la tensione Ve, applicandola
all'ingresso invertente dell'amplificatore.

Ve

Vu

Vi
R2

R1

VR
figura 13.3

Si vede immediatamente che


Vi

Ve

VR

Sostituendo l'amplificatore operazionale con il suo circuito equivalente, si ricava il


circuito di figure 13.4.

+
Vi

ro

ri

Vu

A d Vi
R2

Ve

VR

figura 13.4

Dall'esame di tale circuito si ricava immediatamente che:


Ve

Vi

282

VR

R1

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
si ha:

Tenendo poi presente che, trascurando in prima approssimazione la caduta ai capi di ro,
Vu
Ad

Vi

e che, se ri >>R1 e R2, si puo' ragionevolmente affermare che


VR

Vu
k

con

R1

R2
R1

Si ottiene allora, sostituendo le ultime due espressioni nella precedente e risolvendo


rispetto Vu
Vu

Ve . k .

k
Ad

L'espressione ricavata e' quella ben conosciuta per lamplificatore reazionato. Se il


guadagno di anello e' sufficientemente elevato, come e' lecito aspettarsi in quanto il guadagno
Ad di un amplificatore operazionale e' sempre molto elevato, si ottiene in via approssimata
che:
Vu

R2

k.Ve

R1

R1

.Ve

L'amplificazione dipende quindi solo dalle due resistenze inserite nell'anello di reazione;
dipende cioe' solo da parametri passivi che possono essere conosciuti con precisione anche
notevole. Non ha invece alcuna importanza il valore dell'amplificazione Ad, a patto che essa
sia sufficientemente elevata.
Si prenda ora in considerazione la caratteristica di trasferimento di un amplificatore
operazionale (figura 13.5), cioe' l'andamento della tensione di uscita in funzione delle tensione
di ingresso.
Vu

Vu max

Vi

Vu min
figura 13.5

283

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Si vede che il legame lineare tra tensione di uscita e tensione di ingresso si estende su
una dinamica di ingresso molto limitata in quanto il guadagno dell'amplificatore e' molto
elevato e al di sopra di un valore massimo di tensione di uscita, prossimo di solito alla
tensione di alimentazione, normalmente bilanciata, interviene il fenomeno della saturazione.
L'intervallo di utilizzo dell'amplificatore risulta allora limitato all'intervallo di tensioni
di uscita compreso tra Vu min e Vu max. Le corrispondenti tensioni di ingresso, nella zona di
funzionamento lineare, sono allora molto piccole. Se ad esempio si avessero:
Vu

min

10 V

Vu

max

10 V

Ad

105

che sono valori del tutto ragionevoli per un amplificatore operazionale, le corrispondenti
tensioni di ingresso si troverebbero comprese nellintervallo tra -100 V e +100 V.
Facendo riferimento ad un caso ideale in cui si ipotizza che il guadagno Ad tenda
all'infinito, si puo' pensare allora che, finche' l'amplificatore operazionale lavora in zona
lineare, la tensione di ingresso sia nulla.
Alla luce di queste considerazioni si puo' riprendere in esame il circuito equivalente
dell'amplificatore operazionale (figura 13.2). Con un guadagno molto elevato, al limite
tendente all'infinito, si ha:
Vi

Vu
Ad

ma, se la tensione Vi e' nulla, purche' ri non sia a sua volta nulla, la corrente di ingresso
Ii

Vi
ri

anche se la resistenza di ingresso e' di piccolo valore. Unica ipotesi importante e' che il
guadagno Ad sia molto elevato.
Le considerazioni appena fatte permettono di introdurre il concetto di cortocircuito
virtuale, Poiche' Vi
0 i due terminali di ingresso appaiono come se fossero cortocircuitati,
tuttavia con guadagni Ad molto elevati anche la corrente Ii e' molto piccola, e nel caso di un
amplificatore operazionale ideale di guadagno infinito e' nulla.
In altre parole la porta di ingresso si comporta per quanto riguarda la tensione come un
cortocircuito, mentre per quanto riguarda la corrente essa si comporta come un circuito aperto.
La relativa caratteristica volt-amperometrica coincide con l'origine degli assi. Ovviamente il
cortocircuito virtuale e' una pura concettualizzazione, tuttavia risulta di indubbia utilita' in
quanto permette di semplificare notevolmente l'analisi circuitale degli amplificatori
operazionali.
A titolo di esempio si riprenda in considerazione l'amplificatore non invertente di cui si
e' gia' trovata in precedenza l'espressione del guadagno. Dal concetto di cortocircuito virtuale
si sa che:
Vi

Ii

Si ricava quindi che:

284

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
VR

R1
. Vu
R1 R 2

D'altra parte, utilizzando l'ipotesi di cortocircuito virtuale si ottiene che Ve


conseguenza:
Vu

VR e di

R1
. Ve
R1 R 2

Si e' ritrovata quindi la stessa relazione che era gia' stata ricavata in precedenza, ma in
questo caso ci si rende immediatamente conto che la resistenza di ingresso ri ha una scarsa
influenza sul risultato ( nel caso di un amplificatore operazionale ideale di guadagno infinito il
valore di ri, purche' non nullo, non avrebbe assolutamente alcuna importanza).
Il modo di procedere che sfrutta il concetto di cortocircuito virtuale e che e' stato
presentato nell'esempio appena svolto, puo' venir impiegato con qualsiasi configurazione
circuitale, rendendo piu' semplice e piu' spedita l'analisi del circuito.
Si prendano ora in esame le impedenze di ingresso e di uscita dellamplificatore in
configurazione non invertente. Dallesame del circuito riportato in figura 13.6
k=
Ii

+
Vi

Z ing

ri

R1 + R 2
R1

I2

ro

I
I1

A d Vi

R2

Ve

Z out

R1

figura 13.6

limpedenza di ingresso e data da:


Z ing

Ve
Ii

Dalle considerazioni appena fatte in relazione al cortocircuito virtuale si sa che Ii 0 e


quindi si puo immediatamente concludere che limpedenza di ingresso sara alta e nel caso di
amplificatore ideale tendera allinfinito. Quando lamplificazione differenziale Ad e finita si
ha che:

285

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

Vi

Vu
Ad

Ii

Vi
ri

Vi
A d .ri

Sostituendo al posto di Vu la sua espressione in funzione di Ve e ricordando che nel


caso di amplificazione Ad finita
Vu

k.

Ve
1
1
T

con T amplificazione di anello pari a Ad/k, si ottiene:


Ii

k.Ve
k
1
.A d .ri
Ad

Ve
Ad
1
.ri
k

Si ottiene in definitiva che limpedenza di ingresso vale:


Z ing

Ve
Ii

ri . 1

Ad
k

ri . 1 T

Quanto maggiore e il guadagno di anello e tanto maggiore e limpedenza di ingresso.


Tenendo presente che in un amplificatore operazionale il guadagno Ad e molto elevato non e
difficile rendersi conto che limpedenza di ingresso di un amplificatore in configurazione non
invertente e comunque molto alta.
A titolo di esempio si supponga di voler realizzare un amplificatore di guadagno k=10 e
di usare un amplificatore operazionale la cui amplificazione differenziale si pari a 105. Il
guadagno di anello sara allora:
T

Ad
k

10 4

Un valore ragionevole per la resistenza ri di ingresso di un amplificatore operazionale di


medie caratteristiche e dellordine del centinaio di kiloohm. Si ottiene allora che:
Zing

10 5. 1 10 4

10 9

E questa unimpedenza di ingresso elevatissima, che rende non piu trascurabili le


resistenze di isolamento dei cablaggi.
Per quanto riguarda limpedenza di uscita, sempre con riferimento al circuito
equivalente di figura 13.6, essa puo venir calcolata ponendo a zero Ve, inserendo in uscita un
generatore di tensione V e valutando la corrente I che circola sul morsetto di uscita in queste
condizioni. Si ha in tal caso:

286

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
V
I

Zout

Per lequilibrio delle correnti nel nodo di uscita si ottiene:


I

I1 I 2

avendo indicato con I1 la corrente che si chiude attraverso le resistenze R1 e R2 e con I2 quella
che entra dal morsetto di uscita dellamplificatore. Ora
I1

'
1

V
R2

'

dove R1 e il parallelo di R1 e ri.


La componente I2 puo venir calcolata scrivendo lequazione di maglia lungo il percorso
che comprende r0 e il generatore di tensione Ad.Vi.
I2

V A d .Vi
r0

Vi

V.R 1'
R 1' R 2

Osservando ora che :

si ricava in definitiva:

V A d .V.
r0

R 1'
R 1' R 2

V.

1 T'
r0

Se ri e molto maggiore di R1 T e praticamente uguale a T e comunque anche T ha un


elevato valore in quanto Ad e molto grande. Se poi
r0
1 T'

R 1' R 2

come normalmente avviene in qualsiasi amplificatore operazionale in quanto r0 e


relativamente piccola, si puo concludere che I I2 e si ottiene in definitiva che:
Zout

V
I

r0
1 T'

287

r0

1 T

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Il valore tipico di r0 per un amplificatore operazionale di medie caratteristiche e
dellordine della cinquantina di ohm. Nelle stesse condizioni dellesempio precedente e cioe
con k = 10 e Ad = 105 si ottiene:
Z out

50
1 10 4

5.10

Limpedenza di uscita cioe e di 5 milliohm, cosa che permette di affermare che


lamplificatore non invertente si comporta in uscita come un generatore di tensione, rendendo
in tal modo non piu trascurabili le resistenze parassite dei collegamenti.
I risultati raggiunti permettono di affermare che la tensione di uscita e di conseguenza
lamplificazione sono indipendenti dalle condizioni di carico, ma naturalmente questo non
significa che in uscita si possa prelevare qualsiasi corrente. Ciascun amplificatore infatti puo
erogare, rimanendo in zona di funzionamento lineare, una corrente massima e non di piu. Se
questo limite viene superato si esce dalla zona lineare di funzionamento e tutte le
condiderazioni fatte fino a questo momento perdono di validita.
b) Linseguitore di tensione (Voltage follower)
Una particolare importanza assume lamplificatore non invertente in cui R1 tenda
allinfinito, cioe al circuito aperto, come e illustrato nella figura 13.7.

Ve

Vu
R2
figura 13.7

Questo circuito assume il nome di inseguitore di tensione o voltage follower in quanto


lamplificazione complessiva e
lim

R1

R1 R 2
R1

e quindi Vu = Ve.
Il medesimo risultato si sarebbe potuto raggiungere ponendo R2 = 0. In effetti il voltage
follower viene normalmente realizzato utilizzando ambedue i provvedimenti secondo lo
schema di figura 13.8.

288

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

Ve

Vu

Vi

figura 13.8

E facile verificare, anche attraverso il principio del cortocircuito virtuale, che il


guadagno di questo stadio e unitario, ricordando infatti che, finche lamplificatore lavora in
linearita, Vi =0 e che sullimpedenza Zi non circola corrente e quindi non circola corrente
nemmeno nel loop di reazione, si puo immediatamente concludere che Ve = Vu.
Linseguitore di tensione e particolarmente utile quando un generatore di impedenza
interna ZG e tensione a vuoto Ve debba venir connesso ad un carico ZL, in modo che la
tensione che si sviluppa ai capi di ZL sia il piu possibile uguale a Ve.
Dallesame della connessione descritta e riportata in figura 13.9 si vede che la cosa e
realizzabile solo se ZL e molto maggiore di ZG.
ZG

ZL

Ve

figura 13.9

Avviene molto spesso nella pratica che un trasduttore (ad esempio di posizione, di
temperatura o di altro tipo) si comporti come un generatore la cui impedenza interna e dello
stesso ordine di grandezza o addirittura superiore a quella del carico cui deve venir applicata
la tensione da esso prodotta. E ovvio che una connessione diretta tra trasduttore e utilizzatore
darebbe luogo ad errori di entita inaccettabile, che oltre tutto verrebbero a dipendere dal
valore dellimpedenza di carico. Tutta la corrente di carico dovrebbe inoltre essere fornita dal
trasduttore stesso.
Si puo allora pensare di inserire tra carico e trasduttore un inseguitore di tensione.
Lelevatissima impedenza di ingresso di questultimo, pari a:
Z ing

Zi . 1 A d

fa si che il trsduttore lavori in condizioni che in pratica sono quelle di circuito aperto, mentre
limpedenza di uscita, pari a

289

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
r0
1 Ad

Zout

e lo stesso guadagno dello stadio pari a 1 (con un errore dellordine di 1/Ad) garantisce che al
carico risulti applicata proprio la tensione Ve. In piu la corrente che fluisce nel carico viene
fornita dallamplificatore; la potenza necessaria cioe non deriva piu dal generatore di
segnale, ma viene prelevata dallalimentazione.
c) Lamplificatore di transresistenza.
Per amplificatore di transresistenza si intende un amplificatore che riceve come segnale
di ingresso una corremte Ie e fornisce in uscita una tensione Vu tale che:
Vu

k.I e

La realizzazione circuitale ottenuta con lutilizzo di un amplificatore operazionale e


quella di figura 13.10.

+
Vi

ro

ri

Vu

A d Vi

Ii
A

IZ
Z

Ie
figura 13.10

Per poter eseguire la reazione negativa e evidentemente necessario trasdurre la tensione


di uscita in una corrente ad essa proporzionale in modo da poterla sottrarre alla corrente Ie di
ingresso. Tale operazione si realizza molto semplicemente con lutilizzo dellimpedenza Z
connessa tra uscita e ingresso invertente poiche:
V

Z.I

Dallequilibrio delle correnti secondo Kirchoff nel nodo A si ottiene che:


Ie

IZ

Ii

290

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Tenendo presente lipotesi di cortocircuito virtuale, per la quale Ii = 0 si ottiene che la
corrente Ie = - IZ e poiche anche Vi per la stessa ipotesi e nulla si ha in definitiva:
IZ

Vu
Z

e di conseguenza

Vu

Z.Ie

Per quanto riguarda limpedenza di ingresso si puo osservare che sempre in base
allipotesi di cortocircuito virtuale la tensione del punto A e sempre nulla qualsiasi sia la
corrente Ie. Questo comportamento viene identificato dicendo che A e una massa virtuale e
porta alla conclusione che limpedenza di ingresso e nulla.
Volendo determinare questa impedenza con maggior precisione si puo osservare che la
tensione nel punto A e pari a Vi e che Vi =Vu/Ad. Pertanto
Zing

Vi
Ie

Vu
A d .I e

Vu
A d .I Z

Z
Ad

Si riconferma una volta di piu che la reazione negativa tende a far avvicinare le
caratteristiche del sistema reale a quelle di un amplificatore ideale.
d) Lamplificatore invertente.
Una semplice modificazione circuitale dellamplificatore di transconduttanza, in cui al
generatore di corrente Ie di ingresso sia sostituito un generatore reale formato da un generatore
di tensione Ve in serie con unimpedenza Z1, secondo lo schema riportato in figura 13.11,
permette di ottenere un amplificatore di tensione invertente.

ro

ri

A d Vi

Z1

Z2

Ve

figura 13.11

Da quanto si e appena visto al paragrafo precedente si sa infatti che:


Vu

Z 2 .I e

ma poiche A e una massa virtuale

291

Vu

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Ve
Z1

Ie
e in definitiva

Z2
.Ve
Z1

Vu

Lamplificatore che si ottiene e quindi un amplificatore di tensione invertente, ma non


presenta caratteristiche ottimali, che lo rendono simile ad un amplificatore ideale.
Ci si rende infatti immediatamente conto che la sua impedenza di ingresso, anziche
essere elevatissima (nel caso ideale infinita) e pari a Z1.
Pertanto lamplificazione di uno stadio invertitore realizzato nel modo descritto risente
dellimpedenza interna del generatore di segnale Ve. Poiche i generatori di tensione reali
hanno sempre unimpedenza interna ZG non nulla, a differenza da quanto e stato ipotizzato
nel circuito di figura 13.11, leffettiva amplificazione sara:
Vu

Z2
.Ve
Z1 Z G

Fino a questo momento si tuttavia sempre supposto, sia pure implicitamente, che tutte
le impedenze Z che comparivano nei vari circuiti fossero delle semplici resistenze. Tuttavia
tale ipotesi non e affatto necessaria e, infatti, le relazioni trovate in precedenza non sono
affatto condizionate dal supporre che le impedenze siano puramente resistive. Ci significa
che unopportuna scelta di Z1 e Z2 permette di realizzare qualsiasi funzione di trasferimento.
Si prenda allora in considerazione un amplificatore nella configurazione invertente in
cui limpedenza Z1 sia una semplice resistenza R1, mentre quella Z2 sia formata dal parallelo
di una resistenza R2 e un condensatore C, come illustrato in figura 13.12.

ro

ri

A d Vi

R1

Ve

R2

figura 13.12

In tal caso poiche Z1 = R1 e

292

Vu

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

Z2

R2
s.C
R 2 s.C

R2
1 s.C.R 2

si ottiene:
Vu
Ve

R2
1
.
R 1 1 s.C.R 2

La funzione di trasferimento ha quindi un polo in


p

1
C.R 2

e il diagramma di Bode del suo modulo e riportato in figura 13.13


dB

20 log

R2
R1

1
C.R 2

log

figura 13.13

Il sistema si comporta quindi come un filtro passabasso con frequenza di taglio pari a:
f

1
2 .R.C

Se ad esempio si avesse R1 = 1 k , R2 = 100 k e C = 1 nF, si otterrebbe un guadagno


pari a 40 dB e una frequenza di taglio di circa 1,6 kHz. Guadagno e frequenza di taglio
possono essere modificati indipendentemente agendo su R2, R1 e C.
Si possono ovviamente ottenere tipi di filtro diversi; ad esempio la struttura circuitale di
figura 13.14

293

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

ro

ri

A dVi

Vu

R1

R2

Ve

figura 13.14

realizza la funzione di trasferimento


Vu
Ve

s.C.R 2
1 s.C.R 1

che possiede uno zero nellorigine e un polo in


p

1
C.R 1

mentre il guadagno per s


vale R2/R1. Il diagramma di Bode del modulo di tale
funzione di trasferimento e riportato in figura 13.15 e mette in luce che il comportamento del
sistema e quello di un filtro passa alto con frequenza di taglio pari a:
f

1
2 .C.R 1

Si intuisce, e si lascia al lettore lo sviluppo analitico, che scegliendo opportunamente Z1


e Z2, cioe posizionando opportunamente poli e zeri della funzione di trasferimento, si possa
ottenere qualsiasi tipo di comportamento in frequenza. Si possono cioe realizzare filtri passa
basso, passa alto, passa banda e elimina banda.
E tuttavia necessario osservare che le due impedenze prese in considerazione
introducono una uno zero nellorigine e un polo ad una determinata frequenza, laltra un
semplice polo. Le funzioni di trasferimento realizzabili quindi, pur essendo di qualsiasi tipo,
dovranno necessariamente essere semplici. In particolare la pendenza dei tratti inclinati non
superera i 20 dB/decade e in molte applicazioni si rendono spesso necessarie pendenze
superiori, ottenibili con funzioni di trasferimento di una certa complessita e facendo
riferimento a poli complesso-coniugati anziche reali.

294

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
dB

20 log

R2
R1

log

1
C.R 1
figura 13.15

Dallelettrotecnica si sa che in reti realizzate solo con resistenze e capacita non si


possono avere poli complesso-coniugati. Sarebbe quindi necessario utilizzare anche
induttanze, che si preferiscono evitare per tutti i motivi che sono gia stati piu volte espressi.
Fortunatamente poli complesso-coniugati possono venir realizzati con reti attive, cioe
con reti che contengano solo resistenze e capacita, ma in piu utilizzino anche componenti
attivi quali gli amplificatori operazionali.
Si possono pertanto realizzare filtri di qualsiasi tipo e con qualsisi pendenza dei fianchi,
ricorrendo eventualmente a reti quadripolari per realizzare le impedenze di ingresso e di
reazione dellamplificatore operazionale, anziche bipolari quali quelle fino a questo momento
prese in considerazione. La relativa struttura circuitale e riportata in figura 13.16.

Zr

Ve

Zi

Ir

Ii

Vu
+
figura 13.16

Ricorrendo al concetto di massa virtuale e facile dimostrare che anche in tal caso
Vu

Zr
.Ve
Zi

295

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
quando con Z si siano indicate le transimpedenze dei due quadripoli, cioe il rapporto tra la
loro tensione di ingresso e la corrente che si ricava in corrispondenza in uscita. Nel nodo A
infatti si ha:
Ii

Ir

Ve
Zi

ma I i

Ir

Vu
Zr

Sono infine degni di considerazione due particolari circuiti; lintegratore e il derivatore.


Si supponga di realizzare un circuito in cui Z1 una semplice resistenza, mentre Z2
realizzata con un condensatore di capacit C, come illustrato in figura 13.17.
C
Ve

Vu

figura 13.17

Si sa che la tensione ai capi di un condensatore in funzione della corrente data da


Vc

1
. i.dt
C 0

V0

dove V0 la tensione ai capi del condensatore allistante iniziale (t=0). Ma, sempre per le
stesse considerazioni gi fatte in precedenza e che ormai dovrebbero essere familiari, la
corrente I fornita al condensatore
I

Ve
R

e poich lingresso invertente una massa virtuale si ha che


Vc

Vu

Si ricava allora che


Vu

1
. Ve .dt
R.C 0

V0

La tensione di uscita cio, a meno della tensione V0, proporzionale secondo il


coefficiente 1/RC allintegrale della tensione di ingresso.

296

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Alle medesime conclusioni si pu giungere ancora pi rapidamente utilizzando la
trasformata di Laplace e supponendo che le condizioni iniziali siano VC = 0, come
normalmente avviene.
In termini di trasformate, la funzione di trasferimento dellamplificatore invertente
Z2 s
.Ve s
Z1 s

Vu s
Ma Z1 s

R e Z2 s

1
. Si ottiene perci
s.C
1 1
. .Ve s
R.C s

Vu s

Si ricordi ora che moltiplicare per 1/s nel dominio della variabile s coincide con
lintegrare nel dominio del tempo. Quindi antitrasformando si ottiene
t

1
. Ve .dt
R .C 0

Vu

Un circuito integratore si pu realizzare anche utilizzando per Z2 una semplice


resistenza R e per Z1 un induttanza L. In tal caso, poich Z1 = s L si sarebbe ottenuto
Vu s

R 1
. .Ve s
L s

Si ancora quindi in presenza di un circuito integratore in cui la costante di


proporzionalit data dal rapporto R/L. Normalmente gli integratori vengono sempre
realizzati utilizzando delle capacit in quanto gli induttori, per tutta una serie di motivi sono
molto pi scomodi da impiegare. Un induttore reale, infatti, oltre ad essere di dimensioni
notevolmente maggiori a quelle di un condensatore e ad essere difficilmente realizzabile con
la richiesta precisione, si accompagna anche a elementi parassiti resistivi e capacitivi che
allontanano il suo reale funzionamento da quello di un induttore ideale.
Scambiando tra loro resistenza e capacit, come nel circuito illustrato in figura 13.18 si
ottiene un circuito derivatore, cio un circuito in cui
Vu

k.

dVe
dt

Ie

C.

dVe
dt

Infatti

297

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

Vu

R. I e

R . C.

dVe
dt

Ve

C
Vu
figura 13.18

Operando in termini di trasformata di Laplace


1
s. C

Zi

Z2

Z2
Z1

Vu s

R.C.s.Ve s

ma moltiplicare per s nel dominio di s equivale a derivare nel dominio del tempo. Perci
Vu

R .C.

dVe t
dt

ovvio che anche in questo caso un derivatore pu essere realizzato utilizzando per Z1
una semplice resistenza R e per Z2 uninduttanza L. In questo caso
Vu

L dVe
.
R dt

opportuno osservare che il circuito derivatore ha una diffusione molto minore di


quello integratore. La risposta di frequenza di un derivatore, infatti, avendo uno zero
nellorigine, del tipo mostrato in figura 13.19.

298

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
A dB

log
CR
figura 13.19

Ora i segnali con cui si ha normalmente a che fare sono sempre a banda limitata, mentre
i rumori, inevitabilmente presenti, hanno uno spettro, che nel caso del rumore bianco
uniforme. Il derivatore quindi tende ad esaltare le componenti ad alta frequenza del rumore,
peggiorando in uscita il rapporto segnale/disturbo.
e) Lamplificatore di transconduttanza
Si gi visto in precedenza che lamplificatore di transconduttanza quello in cui la
relazione ingresso-uscita
Iu

k . Ve

Un amplificatore di questo tipo pu venir realizzato osservando che per sottrarre alla
tensione di ingresso Ve un segnale che sia proporzionale alla corrente di uscita, secondo il
principio della controreazione, necessario convertire la corrente Iu in una tensione ad essa
proporzionale. Tale operazione pu venir facilmente realizzata facendo circolare la Iu su
unapposita resistenza. Lo schema circuitale che cos si realizza e che fa uso di un
amplificatore operazionale quello di figura 13.20 dove con ZL si indicato il carico cui la
corrente Iu deve venir fornita.
Iu

Ve
Vi

ZL
VR
figura 13.20

299

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Secondo il principio del cortocircuito virtuale sullingresso invertente dellamplificatore
operazionale non circola corrente e di conseguenza
R. I u

VR
Poich anche Vi = 0
Ve

VR

R. I u

e quindi
Iu

Ve
R

Finch lamplificatore operazionale opera come un dispositivo lineare la corrente di


uscita indipendente dal carico ZL ed proporzionale alla tensione di ingresso Ve, come si
desiderava. Lamplificatore quindi si comporta come un generatore comandato ideale di
corrente ed ha quindi unimpedenza duscita molto elevata, che, nellambito delle
approssimazioni introdotte utilizzando il concetto di cortocircuito virtuale, tende allinfinito.
Anche limpedenza dingresso, nellambito delle stesse approssimazioni, tende
allinfinito, in quanto la corrente di ingresso nulla, qualsiasi sia Ve.
Un circuito che funziona secondo gli stessi principi quello di polarizzazione a partitore
del transistore (figura 13.21)

IC
RB I B
IE

VB
VE

RE

figura 13.21

In questo caso la resistenza RE viene utilizzata per convertire la corrente di emettitore IE


e di conseguenza la IC, ad essa proporzionale attraverso il coefficiente , in una tensione VE.
Questa tensione viene poi sottratta a VB attuando quindi una reazione negativa tra corrente di
uscita IC e tensione di ingresso VB. Come nel circuito realizzato con lamplificatore
operazionale, la corrente di uscita IC tende a divenire indipendente dal valore del carico e
dellamplificazione del sistema.
ovvio che in questo caso la relazione ingresso uscita non pi quella ottenuta per
lamplificatore di transconduttanza realizzato con un amplificatore operazionale. Non pi,

300

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
infatti, possibile utilizzare il concetto di cortocircuito virtuale in quanto n la tensione, n la
corrente di ingresso sono nulle, e soprattutto perch il guadagno dellelemento amplificatore
non talmente alto da poter essere considerato con buona approssimazione infinito. Tuttavia
gli effetti sono analoghi e le variazioni della corrente di collettore risultano notevolmente
ridotte rispetto a quelle che si avrebbero in assenza di controreazione.
f) Lamplificatore di corrente
In un amplificatore di corrente la relazione ingresso uscita e
Iu

k.Ie

Una realizzazione circuitale, che usi un amplificatore operazionale, necessita di un


partitore di corrente in rapporto 1/k e lo schema relativo quello di figura 13.22

Iu
A

IR
R2

Ie

ZL
R1

figura 13.22

Da questo schema si rileva che il punto A una massa virtuale. Quindi


Ie

IR

ed essendo nulla la tensione del punto A


IR

R1
.I u
R1 R 2

Di conseguenza
Iu

R1

R2

R1

. Ie

La corrente di uscita quindi proporzionale a quella di ingresso e non dipende n


dallimpedenza di carico ZL n dalle caratteristiche dellamplificatore operazionale.
Limpedenza di uscita quindi molto alta (nelle ipotesi di amplificatore operazionale ideale
tende allinfinito) in quanto la corrente Iu non viene in alcun modo alterata quando varia ZL.

301

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Anche limpedenza di ingresso quella di un amplificatore di corrente ideale. La
tensione al punto A sempre nulla, qualsiasi sia la corrente Ie, poich il punto A una massa
virtuale. Limpedenza di ingresso di conseguenza nulla.
opportuno rilevare che gli ultimi due tipi di amplificatore illustrati, quello di
transconduttanza e quello di corrente, hanno ambedue gli estremi del carico fuori massa, e in
alcune applicazioni pratiche questo fatto pu costituire un problema. Esistono tuttavia delle
realizzazioni modificate, che non verranno prese in esame, ma che si possono facilmente
reperire su qualsiasi manuale applicativo degli amplificatori operazionali, che permettono di
superare tale inconveniente.
13.3) Il sommatore analogico.
Malgrado che le caratteritiche dellamplificatore invertente non siano ottimali quale
amplificatore di tensione, da esso viene derivato un certo numero di interessanti applicazioni,
una delle quali e il sommatore analogico.
Con tale nome viene indicato un amplificatore dotato di n ingressi alluscita del quale si
raccoglie le tensione
n

Vu

i 1

a i .Vi

dove con Vi si e indicata la generica tensione di ingresso . Si tratta cioe di un amplificatore


la cui uscita e una combinazione lineare secondo i coefficienti ai delle tensioni di ingresso. La
realizzazione circuitale e riportata in figura 13.23.
Come gia si sa dallamplificatore di transconduttanza
Vu

Z.I e

ma dallequilibrio delle correnti nel nodo B


Ie

I1

I2

..... I n

+
V1

Z1

V2

Z2

Vn

Zn

Ie

Vu
Z

figura 13.23

e poiche tale punto e una massa virtuale

302

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
V1
Z1

Ie

V2
Z2

....

V3
Z3

In definitiva si ricava che:


Z
.Vi
Zi

Vu

i 1

Il circuito sommatore e estremamente semplice e viene utilizzato tutte le volte in cui sia
necessario eseguire la somma pesata di diverse grandezze di ingresso.
13.4) Lamplificatore differenziale.
Si consideri la seguente configurazione circuitale (figura 13.24):

Vin

R1

R2

Vout
-

Vin

R3

R4
figura 13.24

La tensione di uscita Vout si puo ricavare a partire dalle due tensioni di ingresso Vin e
Vin per sovrapposizione degli effetti, ponendo di volta in volta a zero una delle due tensioni di
ingresso e calcolando il contributo alla tensione di uscita dovuto allaltra tensione.
Utilizzando il concetto di cortocircuito virtuale e considerando il contributo dovuta a
Vin e ricordando inoltre che limpedenza di ingresso dellamplificatore non invertente tende
allinfinito, si ricava:
Vout

Vin .

R2
R R4
. 3
R1 R 2
R4

mentre il contributo dovuto a Vin e:


Vout
Poiche Vout

Vout

Vin .

R4
R3

Vout e imponendo che R1 = R3 e R2 = R4 si ottiene:

303

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
R4
. Vin
R3

Vout

Vin

Si e pertanto ottenuto un amplificatore che amplifica la differenza dei segnali di


ingresso e che per questo motivo viene detto amplificatore differenziale. Il coefficiente R4/R3
viene detto amplificazione differenziale.
Si noti che se ai due ingressi venisse applicato lo stesso segnale, applicando cioe quello
che viene chiamato segnale di modo comune, luscita sarebbe sempre nulla. Lamplificazione
di un segnale di modo comune, detta appunto amplificazione di modo comune, e quindi
sempre nulla.
In un amplificatore reale tuttavia lamplificazione di modo comune, per tutta una serie
di motivi che verranno presi in considerazione nel seguito, non e mai nulla; indicando
pertanto con Ad lamplificazione differenziale e con Acm quella di modo comune, si definisce
reiezione di modo comune e si indica con la sigla CMR il rapporto
CMR

Ad
A cm

mentre con rapporto di reiezione di modo comune (CMRR) si intende la sua misura in
decibel.
CMRR

20.log10

Ad
A cm

Nel caso ideale ovviamente sia il CMR che il CMRR tendono allinfinito.
E necessario rilevare che la struttura circuitale presa in considerazione, di assoluta
semplicita, presenta tuttavia delle notevoli carenze rispetto alle caratteristiche di un
amplificatore differenziale ideale. In primo luogo le impedenze di ingresso sono abbastanza
basse e diverse tra di loro. Quella vista dallingresso non invertente e, infatti,
approssimativamente pari a R1 + R2, mentre quella vista dallingresso invertente e R3 = R1.
Affinche il guadagno differenziale sia quello che e stato ricavato in precedenza e quindi
necessario che le impedenze interne delle sorgenti di segnale siano molto basse e al limite
nulle.
Quando poi queste impedenze non fossero uguali tra di loro il CMR ne risulterebbe
compromesso. Vi e inoltre la necessita di una scelta molto accurata delle resistenze del
circuito pena una degradazione molto rapida del CMR stesso. Luscita di modo comune e,
infatti (ponendo Vin Vin Vin ):
V0 cm

Vin .

R2
R
R4
. 3
R1 R 2
R4

R4
R3

Supponendo che una delle resistenze, ad esempio R2, differisca dalle altre tre delluno
per mille, si ottiene ponendo R2 = 0,999 R, con R valore delle rimanenti resistenze:
V0 cm

Vin . 0,9994998 1

304

0,0005Vin

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
con un CMRR pari a 66 dB, che non e certo un valore soddisfacente.
13.5) Amplificatori non lineari
Partendo sempre dallamplificatore di transresistenza, si possono realizzare anche
amplificatori il cui legame in ingresso/uscita sia non lineare.
Un caso tipico quello dellamplificatore logaritmico in cui
k 1 .log k 2 . Ve

Vu

Si noti che k2 deve avere le dimensioni del reciproco di una tensione in quanto
loperatore logaritmico opera su numeri reali puri. Di conseguenza k1 dovr avere le
dimensioni di una tensione.
Per realizzare un amplificatore di questo tipo sar necessario ricorrere a qualche
elemento circuitale in cui il legame tra tensione e corrente sia di tipo logaritmico. Ora la
giunzione pn proprio un elemento di questo tipo. Infatti, in un diodo la caduta diretta
legata alla corrente da una relazione del tipo:
VD

ID

. VT

IS . e

Se tuttavia il diodo sufficientemente conduttore non si commette un grosso errore


ponendo
ID

IS .e

VD
. VT

e quindi
VD

.VT . ln

ID
IS

che proprio il legame logaritmico cercato.


Realizzando allora la configurazione circuitale di figura 13.25, si ottiene che
Vu

. VT .ln

Ie
Is

. VT .ln

Ve
R. I S

Si quindi ottenuto un amplificatore logaritmico in cui le due costanti k1 e k2 valgono:


k1

. VT

k2

1
R. I S

la prima con le dimensioni di una tensione, la seconda con le dimensioni del reciproco di una
tensione, come si voleva.

305

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

D
R

Ve

Vu

Ie
figura 13.25

Lamplificatore logaritmico reale non cos semplice, in quanto nella realizzazione


ipotizzata i due coefficienti k1 e k2 dipenderebbero in modo molto marcato dalla temperatura,
in modo particolare il coefficiente k2 poich IS ha una dipendenza esponenziale dalla
temperatura stessa.
Si utilizzano normalmente dei circuiti di compensazione che rendono la struttura
notevolmente pi complessa, ma il principio di funzionamento quello descritto.
Il circuito messo a punto pu tuttavia funzionare solo per tensioni di ingresso positive,
in quanto solo tali tensioni portano in conduzione il diodo. Questa tuttavia non una
limitazione in quanto la funzione logaritmo definita positiva.
Un amplificatore logaritmico pu venir utilizzato come compressore di dinamica,
permettendo di elaborare segnali in cui il rapporto tra valore massimo e minimo sia molto
elevato. Quando anzich il segnale se ne considera il logaritmo, il rapporto tra valore massimo
e minimo diventa molto minore.
Un esempio tipico di utilizzazione di amplificatori logaritmici si ha nella realizzazione
di strumenti che effettuino la misura direttamente in decibel.
Come negli esempi visti in precedenza, scambiando tra loro diodo e resistenza si
possono realizzare amplificatori di tipo antilogaritmico o esponenziale.
interessante notare che utilizzando amplificatori di tipo logaritmico e antilogaritmico
e un semplice sommatore analogico, si in grado di realizzare un circuito moltiplicatore, cio
un circuito in cui luscita proporzionale al prodotto delle tensioni di ingresso (figura 13.26)
La tensione di uscita sar, tenendo prese4nte che nel caso dellamplificatore
1
1
1
e che ln k 2 .V1 ln k 2 .V2 ln k 22 .V1 .V2
antilogaritmico k 1'
R .I S e k '2
k2
k1
.VT
Vu

1 ln k 22 .V1 .V2
.e
k2

306

k 2 .V1 .V2

Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13

V1

Amplificatore
logaritmico

k 1 ln k 2V1
+

V2

Amplificatore
logaritmico

k 1 ln k 2V2

k 1 (ln k 2V1 + k 1ln k 2V )2

Ve
Amplificatore
antilogaritmico

figura 13.26

307

Vu = k 1 e

k 2 Ve

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14

Capitolo14

LAMPLIFICATORE OPERAZIONALE REALE


14.1) Considerazioni introduttive.
In tutte le considerazioni condotte fino a questo momento riguardanti gli amplificatori
operazionali si e sempre supposto che essi fossero degli elementi ideali. E necessario
tuttavia prendere in considerazione cosa accade quando alcune ipotesi di idealita vengono a
cadere.
Si consideri a tale scopo un amplificatore operazionale (figura 14.1) e si prenda in
esame come questo viene eccitato in ingresso.

+
Vi
-

V1

Vu

V2
figura 14.1

In precedenza, in pratica in tutti i casi presi in esame, si e considerata come porta di


ingresso dellamplificatore operazionale la tensione Vi, cioe la tensione presente tra ingresso
non invertente e ingresso invertente. Nella realta' in qualsiasi sistema che elabori segnali
elettrici, e in particolare nellamplificatore in esame, tutte le tensioni vengono riferite ad un
livello comune, detto livello di riferimento o massa, che convenzionalmente viene posto a 0
volt. In assenza di tale riferimento comune non vi potrebbe essere nessun scambio di
informazione tra apparecchiature diverse e addirittura nella stessa apparecchiatura non vi
potrebbe essere alcuna trasmissione di informazione tra ingresso ed uscita. Indicando allora
con V1 e V2 le tensioni tra i due ingressi non invertente e invertente e il riferimento comune,
si puo scrivere che:
Vi

V1 V2

Ci si rende conto cioe che lamplificatore operazionale, cosi come e stato introdotto,
e esso stesso un dispositivo differenziale.
14.2) Guadagno differenziale e guadagno di modo comune.
Quanto esposto al paragrafo precedente puo essere piu convenientemente
rappresentato osservando che:

308

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
V1

V1

V2

V1

V2

V1

V1

V1

V2

V2

Il circuito di figura 14.1 puo allora essere sostituito da quello di figura 14.2, che agli
effetti esterni e ovviamente equivalente.

V1 -V2

G1

V2 -V1

G2

Vu

V1 +V2

G3

figura 14.2

Si noti che il segnale fornito dal generatore G3 viene applicato ad ambedue gli ingressi;
in altre parole e un segnale comune ai due ingressi dellamplificatore operazionale. Per tale
motivo il generatore G3 viene detto generatore di modo comune e il segnale del generatore
G3 viene chiamato tensione o segnale di modo comune e indicato con il simbolo Vc.
Il segnale V1 V2 viene invece chiamato tensione o segnale di modo differenziale e
indicato con il simbolo Vd.
Lamplificatore differenziale puo quindi, sulla base delle definizioni appena introdotte,
essere rappresentato dalla configurazione circuitale di figura 14.3, in cui sono stati evidenziati
i due generatori di modo differenziale e quello di modo comune.

Vd
2

Vd
2

Vc

figura 14.3

309

Vu

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
Poiche vale il principio di sovrapposizione degli effetti, in quanto lamplificatore
operazionale e un elemento lineare, si puo affermare che:
Vu

A 1 .V1

A 2 .V2

Luscita cioe e una combinazione lineare secondo i due coefficienti A1 e A2 delle


tensioni di ingresso V1 e V2.
Tenendo ora presente che:
V1

Vd
2

Vc

Vu

Vd .

V2

Vd
2

Vc

si ottiene in definitiva:
A1

A2

Vc . A 1

A2

Indicando con Ad il coefficiente del termine differenziale e con Ac quello


delleccitazione di modo comune si ha:
Vu

A d .Vd

A c .Vc

Ac

con
Ad

A1

A2

A1

A2

Si ricordi ora che A1 altro non e se non lamplificazione tra ingresso non invertente e
uscita, cosi come A2 e quella tra ingresso invertente e uscita.
A1

Vu
V1

A2
V2 0

Vu
V2

V1 0

Le due amplificazioni sono ovviamente di segno opposto e quindi lamplificazione


differenziale sara pari alla semisomma dei loro valori assoluti, mentre lamplificazione di
modo comune e data dalla differenza tra il valore assoluto di A1 e il valore assoluto di A2.
Se si suppone, come avviene nella realta, che A1 sia in valore assoluto molto prossimo
al valore assoluto di A2, si deduce che lamplificazione di modo comune assume valori molto
piccoli, mentre quella differenziale e dello stesso ordine di grandezza di A1 e A2.
Elaborando lespressione precedentemente ricavata per Vu si ottiene:
Vu

A d .Vd

A c .Vc

A d .Vd . 1

A c Vc
.
A d Vd

Si vede pertanto che luscita di un amplificatore operazionale reale sara tanto piu
prossima a quella di in amplificatore operazionale ideale quanto minore e il termine
310

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
A c Vc
.
A d Vd
rispetto allunita.
A parita di rapporto tra leccitazione di modo comune ed eccitazione differenziale, tale
termine sara tanto minore quanto maggiore e il rapporto
CMR

Ad
Ac

che prende il nome di reiezione di modo comune (common mode rejection). In un


amplificatore operazionale reale, in cui amplificazione da ingresso non invertente e
amplificazione da ingresso invertente coincidono, si ha che lamplificazione differenziale
coincide con A1, quella di modo comune e nulla e il rapporto di reiezione di modo comune
tende allinfinito.
La misura in decibel della reiezione di modo comune prende il nome di rapporto di
reiezione di modo comune (common mode rejection ratio) e viene indicata con:
CMRR dB

20 log

Ad
Ac

Un amplificatore operazionale reale ha un CMRR dellordine di 70 80 dB. Cio


significa che in un amplificatore operazionale reale lamplificazione differenziale e da 3000 a
10000 volte maggiore di quella di modo comune. In esecuzioni particolarmente curate, come
in quelli che vengono chiamati amplificatori per strumentazione (instrumentation amplifiers)
il CMRR puo raggiungere i 120 130 dB.
Anche con i valori minimi citati tuttavia si puo ritenere che un amplificatore
operazionale reale si comporti in pratica come quello ideale. Gli errori introdotti dal fatto che
il CMR non e infinito sono nella maggior parte delle applicazioni talmente piccoli da poter
essere ritenuti trascurabili. E necessario tuttavia far notare che al crescere della frequenza il
CMRR peggiora e pertanto nelle applicazioni che si spingono ad alte frequenze il contributo
del modo comune non puo piu essere ignorato.
In questo caso il circuito equivalente dellamplificatore dovra essere quello di figura
14.4, in modo da tener conto del contributo del modo comune.

+
Vi
V1

A c Vc

ri

ro

Vu

A d Vi

Vc =

V2
figura 14.4

311

V1 + V2
2

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
14.3) Tensioni e correnti di offset e derive.
Negli amplificatori operazionali assume unimportanza maggiore che non il CMR finito
in fenomeno degli offset e delle derive.
Si considerino, infatti, le caratteristiche di trasferimento ideale ( a tratto continuo) e
reale (a tratteggio) di un amplificatore operazionale (figura 14.5). Si ricordi che nel tratto di
comportamento lineare la pendenza della caratteristica e molto elevata (104 105).
Ponendo a zero la tensione di ingresso Vi in un amplificatore reale, cioe ponendo V1 =
V2 = 0, si osserva che la tensione di uscita e diversa da zero e addirittura in un gran numero
di casi coincide con Vu max o Vu min.
Vu
Vu max

Vi

Voff

V u min
figura 14.5

Tale comportamento e dovuto al fatto che a causa delle tolleranze di fabbricazione la


caratteristica di trasferimento si trova spostata rispetto a quella ideale, come e illustrato nella
curva a tratteggio di figura 14.5. Per ottenere unuscita nulla la tensione differenziale di
ingresso dovra venir portata al valore Voff, che viene detta tensione di offset di ingresso.
Pertanto il modello di un amplificatore operazionale reale, per tener conto di questo
fenomeno dovra essere quello di figura 14.6 dove con Vo si e indicata la tensione di offset.
IB1
I B2

Vo
2

Vo
2

figura 14.6

312

Vu

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
E inoltre necessario notare che quando allingresso vengono presentate le due tensioni
Vo/2 e Vo/2 su ciascuno dei due terminali circola una corrente IB, indicate in figura
rispettivamente con IB1 e IB2 in quanto nessun amplificatore operazionale reale presenta
unimpedenza di ingresso infinita. Stante la simmetria dellamplificatore operazionale ci si
potrebbe aspettare che queste due correnti siano uguali; nella realta cio non avviene.
Si possono allora scomporre queste due correnti, in modo analogo a quanto gia fatto
per le tensioni, in un termine comune e in un termine differenziale.
I B1

IB

Io
2

I B2

I B2

IB

IB

Io
2

I B1

I B2

con
Io

I B1

Il termine Io prende il nome di offset di corrente di ingresso, mentre IB viene chiamata


corrente di polarizzazione di ingresso.
E evidente che in un amplificatore ideale, in cui nessuna corrente deve circolare in
ingresso, la corrente di offset e quella di polarizzazione devono essere nulle.
La tensione di offset, la corrente di offset e quella di polarizzazione dipendono dalle
tolleranze di fabbricazione dellamplificatore operazionale e quindi tra i dati caratteristici
vengono assegnate come valori massimi. In particolare, per quanto riguarda le grandezze di
offset, non se ne conoscera nemmeno il segno. Tutte le valutazioni delle conseguenze dovute
alla non idealita dellamplificatore saranno quindi valutazioni, nella terminologia usuale, del
caso peggiore.
Ce inoltre da tener presente che tutte le grandezze prese in considerazione sono
fortemente influenzate dalla temperatura, dalla tensione di alimentazione e
dallinvecchiamento dei componenti e danno quindi luogo a quelle che vengono chiamate
derive.
Offset e derive sono fattori limitanti limpiego di un amplificatore in continua, quale e
un amplificatore operazionale, in quanto non e possibile distinguere se una variazione
delluscita sia dovuta ad uneffettiva variazione dellingresso o piuttosto ad una tensione di
offset o a una deriva.
Si e gia osservato in precedenza che gli offset sono compensabili con unopportuna
taratura, mentre tale operazione non e possibile con le derive che variano nel tempo in
funzione di un certo numero di parametri.
Si noti infine che e sempre conveniente riportare offset e derive allingresso
dellamplificatore in modo da poterli confrontare con il piu piccolo segnale che si desidera
amplificare.
14.4) Circuito equivalente dellamplificatore operazionale reale.
Sulla base delle considerazioni condotte ai paragrafi precedenti appare evidente che il
circuito equivalente adottato per lamplificatore operazionale ideale non e piu sufficiente
quando si debba tener conto delle caratteristiche di quello reale. Una possibile configurazione
circuitale che tenga conto anche della tensione di offset e quella di figura 14.7.

313

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14

Ii

ro

ri

Vi
Vo

Vu

A d Vi

figura 14.7

Ci si rende immediatamente conto che tale circuito ha un comportamento che


corrisponde esattamente a quello dellamplificatore reale. Utilizzando, infatti, come grandezza
di comando Vi la tensione che si sviluppa ai capi della resistenza ri, con una tensione
differenziale di ingresso nulla si ha in uscita
Vu

A d .Vo

come esattamente si ha nellamplificatore reale. Inoltre applicando allingresso una tensione


differenziale pari a Vo la tensione di uscita si annulla.
Volendo tener conto anche della corrente di offset, importante in quanto circolando sulla
resistenza interna dei generatori di segnale da' luogo ad una caduta che si somma
algebricamente al segnale utile, e necessario modificare ulteriormente il circuito equivalente.
Si noti che, anche quando si supponga che i due generatori di segnale V1 e V2 siano
perfettamente uguali, si puo ugualmente generare un errore se le due correnti IB1 e IB2 sono
diverse. Ponendo, infatti, V1 = V2 = 0 e detta R la resistenza interna dei due generatori, per
effetto delle correnti di IB1 e IB2 allingresso dellamplificatore si presenta una tensione
differenziale pari, in valore assoluto, a R. I B1 I B2 .
Il circuito equivalente allora va modificato come illustrato in figura 14.8.

+
IB + Io /2

IB - Io /2

Vo

ro

Vi

A dV i

figura 14.8

314

Vu

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
tale circuito in sostanza tiene conto che per poter funzionare correttamente
lamplificatore ha bisogno di una corrente che circoli sugli ingressi. Questa osservazione e
molto importante in quanto se non si lasciano scorrere queste correnti, lasciando ad esempio
aperti i due ingressi, lamplificatore cessa di funzionare. Infatti, tali correnti vanno in tal caso
a caricare le capacita parassite che sono inevitabilmente associate agli ingressi e fanno si che
luscita dellamplificatore si porti in una delle due condizioni di saturazione.
Lordine di grandezza della tensione e delle correnti di offset per un amplificatore
operazionale e:
Vo = 10-6

10-3 V

Io = 10-14

10-6 A

IB = 10-14

10-6 A

Per la tensione di offset i valori inferiori si riscontrano negli amplificatori di precisione,


mentre possono arrivare a qualche millivolt per quelli di impiego generale.
Le correnti di offset e di polarizzazione assumono invece valori particolarmente bassi in
quegli amplificatori operazionali il cui stadio di ingresso e realizzato con transistori ad effetto
di campo, mentre per quelli realizzati con transistori bipolari a giunzione e dellordine del
microampere. E interessante tuttavia notare che mentre il campo di variazione entro cui i
valori di corrente possono essere compresi e uguale per Io e IB, per un dato amplificatore
operazionale Io e di solito di un ordine di grandezza inferiore a IB.
A scopo esemplificativo si riprenda ora in esame linseguitore di tensione in cui tuttavia
lingresso non invertente sia accoppiato al generatore di segnale tramite un condensatore C
con lo scopo di bloccare la continua, come illustrato in figura 14.8.
Se si osserva come si comporta in un caso reale tale circuito si vede che in esso la
tensione di uscita, inizialmente a componente continua nulla, tende a derivare con un certa
velocita fino a raggiungere il valore di saturazione Vu min.

Ve

Vu

~
figura 14.9

Per giustificare tale comportamento si mettano in evidenza le correnti di ingresso IB1 e


IB2 (figura 14.10).
Si vede immediatamente che la corrente IB1 carica la capacita C in modo da rendere
negativo lingresso non invertente rispetto al riferimento comune. Questa tensione, poiche
lamplificatore guadagna 1, viene riportata in uscita.

315

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14

IB2
I B1

Vu

Ve

figura 14.10

Poiche Vu = Vc o poiche
I B1

dV
dt

C.

misurando sperimentalmente la dVu/dt si puo valutare IB1.


Valori medi di dVu/dt sono 2 V/sec quando la capacita C sia di 100 nF; pertanto
I B1

C.

dVu
dt

10 7 .2 0,2

valore del tutto ragionevole per un amplificatore operazionale di impiego generale.


Si consideri ora il circuito equivalente completo (figura 14.11) di un amplificatore
operazionale nella configurazione non invertente allo scopo di valutare gli effetti di tensione e
correnti di offset.

R3

Ve

+
IB + Io /2

Vi

ro
i

A dV i
IB - Io /2

Vo

R1

R2

figura 14.11

316

Vu

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
Con R3 e stata indicata la resistenza interna del generatore di segnale Ve.
Per calcolare leffetto degli offset si puo utilizzare il principio di sovrapposizione degli
effetti in quanto il sistema e lineare. Posta quindi Ve = 0, si prenderanno in esame le altre
cause una alla volta, sommandone poi gli effetti in uscita.
Prendendo quindi dapprima in considerazione il contributo dovuto a Vo e aprendo di
conseguenza i due generatori di corrente, il circuito si riduce a quello di figura 14.12.

R3

+
r

Vi

Vo

ro
i

Vu

A dV i

R2

R1

figura 14.12

Si vede facilmente che per determinare la Vi la posizione del generatore Vo non ha


alcunimportanza. In altre parole tale generatore si puo considerare posto a monte di R3 e ci
si trova quindi in presenza di un normale amplificatore non invertente, per il quale
VU1

R1

R2

R1

.Vo

Volendo calcolare il contributo dato dal generatore di corrente IB + Io/2 si puo


osservare che per la conversione Norton Thevenin, riportata in figura 14.13, si ha:

VU 2

IB

I o / 2 .R 3 .

317

R1

R2

R1

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14

R3

R3

IB + Io /2

V = - R 3 .( IB+ Io /2 )

figura 14.13

Il contributo alluscita dovuto al generatore IB2 =IB Io/2 puo venir calcolato
osservando che poiche lamplificatore lavora in zona lineare su ri non circola corrente per
lipotesi di cortocircuito virtuale e sempre per la medesima ipotesi lingresso invertente si
trova a potenziale nullo anche sulla resistenza R1 non circola corrente. Di conseguenza
lintera corrente IB2 circola su R2 e pertanto:
VU 3

R 2. IB

Io / 2

La tensione duscita dovuta a tutti gli offset e data dalla somma di questi tre contributi
VUoff

Vo .

R1

V0

R1

R2

R1

R2

R1

IB. R 2

IB

R 3.

Io
R
R2
.R 3 . 1
2
R1
R1

R1

R2

Io
. R2
2

IB

Io
.R 2
2
R 3.

R1

R2

R1

Si sono in tal modo messi in luce tre contributi dovuti rispettivamente alla tensione
doffset, alla corrente IB di polarizzazione e a quella Io di offset. Le tre quantita tuttavia sono
conosciute solo nei loro valori massimi e anzi, per quanto riguarda Vo e Io, non se ne conosce
nemmeno il segno. Di conseguenza, quando si vuol valutare quanto accade nella peggior
condizione di funzionamento possibile, e' necessario sommare i valori assoluti dei tre
contributi.
Per minimizzare la tensione di offset di uscita si puo allora pensare di minimizzare i
coefficienti relativi a ciascun contributo. Non e certamente possibile pensare di modificare il
coefficiente di Vo, in quanto il rapporto (R1 + R2)/R1 e il desiderato guadagno di tensione
dellamplificatore. Giocando allora sul parametro R3 e prendendo in considerazione il
coefficiente di IB, si vede che ponendo:
R3

R 1 .R 2
R1 R 2

cioe scegliendo per R3 un valore pari a quello del parallelo di R1 e R2, il fattore
moltiplicativo di IB si annulla. La tensione totale di offset in uscita si riduce a:

318

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14

VUoff

Vo .

R1

R2

R1

R 2 .I 0

Per ridurre ulteriormente tale tensione si puo pensare di ridurre al minimo il valore di
R2, aggiustando poi il guadagno agendo su R1.Non e tuttavia possibile scendere
eccessivamente con il valore di R2; se, infatti, esso e troppo basso lamplificatore
operazionale risulta troppo caricato. Esso cioe dovrebbe fornire una corrente alla serie di R1 e
R2 superiore a quelle che sono le sue possibilita.
Tutte le considerazioni fatte per gli offset valgono anche per le derive, che come si e
accennato piu sopra, sono molto piu pericolose degli offset stessi. Gli offset, infatti, sono
compensabili e molti amplificatori operazionali prevedono opportuni morsetti di ingresso che
permettono di eseguire tale operazione sommando in qualche stadio dellamplificatore
operazionale unopportuna tensione in modo da azzerare luscita quando il segnale di ingresso
e nullo. Per le derive cio non e possibile in quanto esse variano in funzione di un certo
numero di parametri e non sono prevedibili a priori.
Tuttavia, poiche le deve possono essere trattate in modo formalmente identico agli
offset, i provvedimenti individuati, cioe utilizzare un resistore R3 di valore pari a quello del
parallelo di R1 e R2 e nel contempo minimizzare per quanto possibile R2, giocano un ruolo
favorevole anche nei confronti delle derive.
14.5) Risposta in frequenza e stabilita.
Unulteriore caratteristica secondo la quale un amplificatore operazionale reale
differisce da uno ideale e la banda passante. Tutte le considerazioni che sono state fatte fino a
questo momento non hanno fatto alcun riferimento alla banda passante dellamplificatore
operazionale, ma esso, anche se non presenta una frequenza di taglio inferiore, in quanto puo
trattare segnali continui, ha sicuramente una frequenza di taglio superiore, al di sopra delle
quale le sue caratteristiche, e in modo particolare lamplificazione Ad, decadono rapidamente.
Una domanda che allora ci si puo legittimamente porre e: in che modo la limitazione
superiore di frequenza influisce sulle caratteristiche del sistema reazionato in cui
lamplificatore operazionale viene inserito? In altre parole ha interesse individuare fino a che
frequenza sono validi i risultati ottenuti fino a questo momento.
Il legame ingresso-uscita di un amplificatore operazionale, che fino a questo momento si
e supposto essere Vu = Ad.Vi, e tale solo se la frequenza del segnale di ingresso e
sufficientemente bassa. In realta il diagramma di Bode dellamplificazione differenziale ha in
funzione della frequenza un andamento che qualitativamente e riportato in figura 14.14.
Si vede che la funzione di trasferimento presenta un certo numero di poli, ciascuno dei
quali introduce un punto di rottura nellandamento del diagramma di modulo. Un
amplificatore operazionale e di solito realizzato con tre stadi e il diagramma di figura 14.14
rappresenta proprio una funzione di trasferimento dotata di tre poli, i cui effetti si sentono alle
pulsazione p1, p2 e p3 rispettivamente. Si nota che lamplificazione una volta che si sia
superata la pulsazione p1 diminuisce rapidamente. In sede di progetto si ha cura di
mantenere i tre poli sufficientemente separati.

319

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
Ad

dB

Ad0

p2

p1

p3

log

figura 14.14

Si ricordi tuttavia che i poli non hanno un effetto solamente sullampiezza


dellamplificazione, ma anche sulla sua fase. Essi cioe introducono ciascuno uno sfasamento
in ritardo di valore pari a /2 tra la grandezza di uscita e quella di ingresso e che lo sfasamento
inizia a farsi sentire in maniera apprezzabile gia una decade piu sotto della pulsazione pi.
In quasi tutti gli amplificatori e usuale rendere uno dei tre poli dominante, facendo si
che i suoi effetti si risentano gia a frequenze molto basse, in modo che gli effetti dei
rimanenti poli si facciano sentire solo quando lamplificazione Ad e diventata inferiore
allunita. Tale provvedimento viene preso per assicurare la stabilita del sistema reazionato in
cui lamplificatore operazionale viene inserito. Questo aspetto verra preso in considerazione
piu avanti.
A d dB

A do
20 dB/decade

T
h

log

Ad
log

figura 14.15

320

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
Il diagramma di Bode di Ad, nel tratto in cui il guadagno e superiore allunita, ha
pertanto landamento di figura 14.15. La pulsazione T, in cui il modulo dellamplificazione
diviene unitario, viene detta pulsazione di transizione.
Poiche nellintervallo h T la pendenza della curva di modulo e di 20 dB/decade,
cioe lamplificazione diminuisce di 10 volte quando la pulsazione aumenta di 10 volte, esiste
una proporzionalita inversa tra amplificazione e frequenza. In definitiva si puo scrivere che:
A d0 .

In tutto questo tratto quindi il prodotto banda-guadagno e costante.


Il valore di T e purtroppo imposto dalla tecnologia impiegata nella realizzazione
dellamplificatore operazionale ed e dellordine del Megahertz. Poiche il guadagno di un
amplificatore reale e compreso tra 105 e 106 la pulsazione h sara compresa tra 6,28 e 62,8
radianti/secondo, cioe la frequenza di taglio dellamplificatore operazionale sara compresa
tra 1 e 10 Hz.
Per quanto riguarda la fase essa comincia a essere diversa da zero a frequenze comprese
tra 0,1 Hz e 1 Hz, raggiunge i -45 in h, mentre assume il suo valor massimo, pari a -90 a
frequenze comprese tra i 10 e i 100 Hz.
La funzione di trasferimento di un amplificatore operazionale ha quindi, in prima
approssimazione, le caratteristiche di un passabasso con un singolo polo e puo venir espressa
da:
A d0

Ad s

1 s.

1
h

Si prenda ora in considerazione lamplificatore di tensione non invertente, per il quale si


era trovato che:
Vu

Ve .

R1

R2

R1

Si vuole ricalcolarne il guadagno, tenendo tuttavia presente che lamplificazione e ora


funzione della frequenza. Si ricordi che per tale amplificatore, e in generale per tutti gli
amplificatori controreazionati
Vu

Ve .

Ve .

1
1
T

k
1

k
Ad

con k = (R1 +R2)/R1 e T amplificazione di anello pari a Ad/k. Sostituendo ad Ad la sua


espressione in funzione della frequenza si ottiene:
T

Ad
k

A d0
.
k

1
1

s
h

321

T0 ..

1
1

s
h

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
dove con T0 si e indicata la quantita Ad0/k.
Si ricava pertanto che:
Vu
Ve

k
s

1 T0 1

che con alcune semplici manipolazioni puo essere messo nella forma:
A

1
1
T0

s
T0
h.1

La funzione di trasferimento dellamplificatore di tensione non invertente presenta


quindi un polo in - h.(1+T0) e quindi la sua frequenza di taglio e:
t

1 T0

Se ad esempio si avesse a che fare con un amplificatore operazionale di guadagno 106,


con fh = 1 Hz e con esso venisse realizzato un amplificatore non invertente di guadagno pari a
10, la banda passante ottenuta, poiche non vi e alcun taglio alle basse frequenze, sarebbe:
B ft

1Hz.10 6 / 10 10 5 Hz

Il comportamento quindi e quello illustrato nel diagramma di Bode di figura 14.16.

A do
R2
R1

Vu

A = 1+

Ve

R2
R1
fT

fh

ft

figura 14.16

Poiche in tutte le situazioni di interesse T0 >> 1 la relazione appena trovata si puo


semplificare in:

322

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
t

.T0

A0
k

/k

Le considerazioni fatte possono essere facilmente estese allamplificatore di tensione


invertente. Si riconsideri a tale scopo la connessione circuitale dellamplificatore invertente
(figura 14.17).

Vu

Vi
-

R2

R1

Ve
figura 14.17

che:

Poiche Vu = Ad.Vi e per il principio di sovrapposizione degli effetti si puo scrivere

Vi

Ve .

R2

R2

R1

Vu .

R2

R1

R1

il sistema reazionato puo essere schematizzato come illustrato in figura 14.18.

K'

Ad

k=

R 1 + R2

k' = -

1/k

R1
R2
R 1 + R2
figura 14.18

323

Vu

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
Poiche la parte racchiusa nel tratteggio e funzionalmente identica allamplificatore non
invertente, mentre k e un puro coefficiente di proporzionalita, si puo concludere che la
larghezza di banda dellamplificatore di tensione invertente e identica a quella
dellamplificatore non invertente a parita di k.
Il guadagno e invece inferiore; se Ad e sufficientemente elevata, per lamplificatore
non invertente il guadagno e pari a (R2 + R1)/R1, mentre quello dellamplificatore invertente
e k.k = - R2/R1.
A

do

T
1+

R2
R1

Ao
f

fT
f

figura 14.19

La situazione e illustrata nel diagramma di Bode di figura 14.19. La differenza di


comportamento tra amplificatore invertente e non invertente e tanto piu marcata quanto piu
il guadagno del sistema e basso.
Si consideri ad esempio un inseguitore di tensione per il quale il guadagno k=1.
Supponendo sempre di utilizzare un amplificatore operazionale con guadagno pari a 106 e
frequenza di taglio a catena aperta fh = 1 Hz, la banda passante dellinseguitore sara:
fT
k

ft

fT

1MHz

mentre lamplificatore invertente di guadagno 1, per il quale R2 = R1 avra una banda


passante pari a:
k

R1

R2

R1

ft

fT
k

500kHz

In definitiva si puo affermare che la risposta in frequenza di un amplificatore realizzato


con limpiego di operazionali dipende dalla frequenza fT di transizione delloperazionale
stesso e dal guadagno danello.
Le conclusioni raggiunte sono tuttavia valide solo quando si operi a piccoli segnali,
mentre la situazione cambia radicalmente in condizione di segnali ampi. Le caratteristiche di
risposta in frequenza sono in tal caso condizionate piu dallo slew rate (velocita di salita)
della tensione di uscita che dalla frequenza di transizione.
Si definisce velocita di salita la massima velocita con cui la tensione di uscita puo
variare.

324

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
SR

dVu
dt

max

Valori usuali per lo slew rate di un amplificatore operazionale di medie caratteristiche si


situano tra 0,5 e 1 V/ sec.
E inoltre necessario notare che se lamplificatore operazionale lavora in modalita
invertente lo slew rate sulla transizione positiva e quello sulla transizione negativa sono
uguali. Quando invece si opera in modalita non invertente, la variazione di modo comune
degli ingressi rende necessario prendere in considerazione un certo numero di capacita
parassite che rendono asimmetrici i due slew rate. Queste capacita inoltre sono responsabili
anche di un effetto di secondordine che produce una discontinuita sul fronte di salita della
tensione di uscita. Il tipico andamento della tensione di uscita in presenza di ampi segnali e
riportato in maniera qualitativa in figura 14.20.
V

ingresso
uscita

t
figura 14.20

Non e molto comune che tra i dati caratteristici dellamplificatore operazionale


compaiano ambedue i valori dello slew rate. In tal caso il valore riportato deve venir inteso
come valor medio.
Il limite rispetto al quale il comportamento dinamico dellamplificatore viene
caratterizzato dallo slew rate anziche dalla frequenza di transizione si puo stabilire in prima
approssimazione in corrispondenza ad una variazione delle tensione di uscita pari a:
Vu

0,16.

k
.SR
fT

dove Sr e lo slew rate, k il guadagno danello e fT la frequenza di transizione.


Leffetto dello slew rate limitato e quello di distorcere il segnale di uscita quando esso
varia troppo rapidamente. Si consideri ad esempio un segnale sinusoidale
vt

Vm .sin 2 .f .t

La sua velocita di variazione, ottenuta derivando rispetto a t, e:


325

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
dv
dt

2 .f .Vm . cos 2 .f .t

che ha il suo massimo in 2 .f.t.


Per prevenire la distorsione e necessario che tale velocita sia inferiore allo slew rate,
cioe che:
SR
2

f .Vm

Se si eccede tale valore la forma donda viene distorta e tende a divenire unonda
triangolare, la cui pendenza dei fianchi e determinata dal valore dello slew rate relativo alle
due transizioni della tensione di uscita.
Lespressione appena trovata evidenzia che esiste una relazione tra frequenza e
ampiezza. Se si vuole operare ad alte frequenze lampiezza del segnale deve essere
opportunamente contenuta.
Si consideri a titolo di esempio un amplificatore operazionale il cui slew rate sia pari a
0,5 V/ sec e si esamini quale sia il suo comportamento in corrispondenza alla frequenza di
transizione, supposta di 1 MHz. Si ottiene in tal caso che Vm = 80 mV.
Risulta allora evidente perche la frequenza di transizione sia anche chiamata larghezza
di banda a piccoli segnali. Se si eccede il limite calcolato la forma donda verra seriamente
distorta, tanto piu quanto maggiore e lampiezza del segnale.
Se invece si vuole ottenere dallo stesso amplificatore la massima potenza di uscita,
supponendo che la massima ampiezza del segnale di uscita sia di 10 V, allora la massima
frequenza del segnale dovra venir limitata a:
f

0,5.10 6
2 .10

SR
2 .10

8kHz

La frequenza cosi determinata viene detta, per ovvi motivi, larghezza di banda a piena
potenza (full power bandwidth FPB). In generale
FPB

SR
2 .Vmax

Per riuscire a capire perche lo slew rate abbia un valore limitato si puo far riferimento
al circuito di figura 14.21, che puo essere considerato rappresentativo della maggior parte
degli amplificatori operazionali, realizzati, come si e gia detto, con tre stadi in cascata.
Di solito lo stadio di ingresso e un amplificatore di transconduttanza (ingresso in
tensione e uscita in corrente) in cui la corrente di uscita Io1 e approssimativamente
proporzionale alla tensione differenziale di ingresso Vp Vn secondo il parametro
transconduttanza gm1.
I 01

g m1 . Vp

326

Vn

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14

Cc
Io1

Vn

Vo

g m1

Vp

a 2 >>1

Vi

a 1 =1

amplificatore operazionale

Io1

Io1(sat)
(Vp -Vn )
-Io1(sat)

figura 14.21

Come si e tuttavia indicato sulla caratteristica di trasferimento riportata nella medesima


figura, quando lo stadio di ingresso dellamplificatore viene sovrapilotato la corrente di uscita
si satura al valore Io1(sat) raggiungendo le condizioni operative conosciute sotto il nome di
ampi segnali. Tale saturazione causa la limitazione dello slew rate in quanto la capacita Cc
inizia a caricarsi o a scaricarsi a corrente costante.
Indicando con Vo2 la tensione di uscita del secondo stadio, la sua derivata sara:
dVo 2
dt

I o1 sat

SR

Cc

La capacita Cc presente nel secondo stadio e quella necessaria a introdurre il polo


dominante necessario a far si che la risposta in frequenza dellamplificatore operazionale
decresca con una pendenza non superiore a 20 dB/decade finche il guadagno non sia
diventato inferiore allunita.
Sempre con riferimento alla figura 14.21, osservando che a3 =1, si ottiene che:
Vo

Vo 2

1
. I o1 t .dt
Cc 0

1
. g m1 . Vp
Cc 0

Vn .dt

dove con Vo 2 si e indicata la tensione di uscita del secondo stadio.


Considerando pertanto una tensione differenziale pari a:
Vp

Vn

Vi .sin t

327

Lamplificatore Operazionale reale


Capitolo 14
si ottiene:
Vo

g m1
.sin
.C c

1
.g m1 .Vi . cos t
.C c

Di conseguenza
A

Vp

Vo

Vn

g m1
2 .f .C c

Ricordando ora che in un amplificatore operazionale il prodotto banda-guadagno A .f e


costante e pari a fT, si ottiene:
fT

g m1
2 .C c

e infine eliminando Cc dallespressione dello slew rate che e stata trovata in precedenza si
ottiene finalmente:
SR

I o1 sat
.2 .f T
g m1

Questespressione fornisce un legame tra comportamento a piccoli e a larghi segnali e


indica che lo slew rate puo essere aumentato attraverso tre provvedimenti, cioe o
aumentando il valore della frequenza di transizione fT, o aumentando la corrente di
saturazione Io1(sat) del primo stadio o diminuendo gm1.
Lunico provvedimento che tuttavia puo essere lasciato alla libera scelta
dellutilizzatore dell0operazionale e quello di usare amplificatori con fT elevata. Esistono,
infatti, amplificatori per i quali in sede di progetto e di fabbricazione si rinuncia a rendere
dominante il polo dovuto a Cc. Si parla allora di amplificatori non compensati internamente e
per assicurare la stabilita del sistema nei vari utilizzi e necessario ricorrere a tecniche di
compensazione che fanno uso di componenti esterni allamplificatore stesso, tenendo presente
che lobiettivo da raggiungere e quello della massimizzazione di fT.
La Io1(sat) viene invece stabilita in sede di progetto dellamplificatore operazionale.
Esiste per la verita qualche raro caso di amplificatore operazionale programmabile, in cui,
tramite unopportuna corrente Iset, si puo fissare dallesterno il punto di lavoro del
dispositivo, fissando sia Io1(sat) che la transconduttanza.
In fase di progetto si puo anche pensare di migliorare lo slew rate realizzando il primo
stadio con transistori a effetto di campo. Si diminuisce in tal modo la transconduttanza, in
quanto i transistori a effetto di campo hanno un valore di transconduttanza che e di uno o due
ordini di grandezza inferiore a quello dei transistori bipolari.

328

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15

Capitolo 15

LA STABILITA DEI SISTEMI


CONTROREAZIONATI. GLI OSCILLATORI
15.1) La stabilita degli amplificatori controreazionati.
Si consideri un qualsiasi sistema controreazionato, quali quelli presi in considerazione al
capitolo 12, schematizzabile come appare in figura 15.1.

Amplificatore

A(s)

U/K

1/k
figura 15.1

Si e gia visto che qualora lamplificazione A(s) sia una semplice costante e sia
sufficientemente grande, tale che
U
E

k
1

1
T

con

A
k

In sostanza, quando al segnale dingresso viene sottratta una frazione del segnale
duscita, se il guadagno danello e sufficientemente elevato, il legame tra ingresso e uscita
non dipende piu da A(s), ma semplicemente dalla caratteristica di trasferimento del blocco di
reazione.
Nellesaminare tuttavia le caratteristiche della risposta in frequenza di un qualsiasi
amplificatore si e visto che al di sopra di una certa frequenza, detta frequenza di taglio
lamplificazione diminuisce, e ovviamente anche il blocco A(s) ha un comportamento di
questo genere. Ad esempio nel trattare gli amplificatori operazionali si e messo in luce che,
essendo tali amplificatori realizzati di solito con tre stadi in cascata, la loro funzione di
trasferimento presenta tre poli.

329

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
Giova ricordare che i poli fanno sentire il loro effetto non solo sul modulo della
funzione di trasferimento, ma introducono anche uno sfasamento tra segnale dingresso e
segnale duscita pari a /2 radianti per ciascun polo.
Puo allora accadere che, se la funzione di trasferimento dellamplificatore contiene 2 o
piu poli, ad una determinata frequenza il segnale duscita risulti sfasato di radianti rispetto
quello dingresso.
Per la precisione, volendo inquadrare il discorso in termini assolutamente generali,
sarebbe necessario osservare che anche il blocco in reazione potrebbe contenere nella sua
funzione di trasferimento zeri e poli, quando anziche essere un puro coefficiente di
proporzionalita, fosse un sistema che presenta nella risposta in frequenza caratteristiche non
uniformi.
In termini qualitativi cio allora significa che la frazione del segnale duscita che viene
riportata in ingresso, anziche venir sottratta a questultimo, vi viene sommata, in quanto uno
sfasamento di radianti coincide con il prodotto per il coefficiente 1.
In queste condizioni in segnale derrore , che la reazione dovrebbe ridurre, tende invece
ad aumentare, facendo aumentare a sua volta U e cosi via. Ha quindi luogo un processo
rigenerativo ed e facilmente intuibile che, se il guadagno danello e sufficientemente alto,
luscita diverga tendendo allinfinito.
Si dice allora che il sistema e divenuto instabile. In tali condizioni esso non e piu
controllabile poiche e facile accorgersi che luscita diverge indipendentemente
dallampiezza del segnale E applicato allingresso. Nella realta, quando luscita diventa
eccessivamente ampia, entrano in gioco le inevitabili non linearita dei componenti che
limitano il valor massimo delluscita stessa. Il sistema tuttavia rimane incontrollabile e non
corrisponde piu a quanto si voleva nelle intenzioni realizzare.
Si supponga ora, con riferimento alla figura 15.2, che il segnale dingresso sia una
tensione sinusoidale dampiezza Vi e la cui pulsazione
sia proprio quella per la quale T
introduce uno sfasamento pari a . Cio significa che al punto P sara presente un segnale
perfettamente in fase con quello applicato allingresso + dello stesso sommatore. Se poi il
modulo di T in queste condizioni e pari a 1, le due tensioni anche della medesima ampiezza
istante per istante.

S1

A(s)
-

S2
P

1/k
figura 15.2

330

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
E pensabile allora pensare di aprire linterruttore S1 e chiudere linterruttore S2 senza
che il funzionamento del sistema venga in alcun modo perturbato, in quanto allingresso
dellamplificatore A(s) sara sempre presente lo stesso segnale sinusoidale dampiezza Vi.
con
Il sistema e quindi diventato un oscillatore permanente di pulsazione
unampiezza del segnale duscita pari a
Vu

A ( ) .Vi

Se invece il modulo del guadagno danello T fosse alla frequenza

inferiore allunita,

le medesime operazioni porterebbero ad una diminuzione della tensione duscita Vu, che con
il trascorrere del tempo tenderebbe ad annullarsi. E intuitivo che la velocita con cui la
tensione duscita tende a zero e tanto maggiore quanto piu il modulo del guadagno danello
e inferiore allunita. Se al contrario T fosse maggiore dellunita le operazioni descritte
porterebbero ad un incremento della tensione duscita, che a sua volta porterebbe ad un
aumento dellampiezza del segnale presente in P, facendo si che luscita diverga, tendendo
rapidamente allinfinito.
Sulla base delle considerazioni fatte per valutare la stabilita del sistema utilizzando i
diagrammi di Bode e necessario:
Valutare il guadagno danello T(s) e tracciarne i diagrammi di Bode di modulo e
fase.
Individuare la frequenza f alla quale lo sfasamento introdotto dal guadagno danello
riporta il segnale di reazione in fase con quello dingresso. E necessario cioe
individuare la frequenza alla quale lo sfasamento del segnale di reazione e nullo
rispetto a quello dingresso.
Valutare il modulo di T a tale frequenza. Se il modulo e inferiore a 1 il sistema e
stabile.
Si dice margine di guadagno la misura in dB di T alla frequenza f . Poiche il
guadagno danello per un sistema stabile e inferiore allunita e pertanto la sua misura in dB
e negativa il margine appena definito rappresenta in pratica di quanti dB si puo aumentare T
prima di portare il sistema la margine di stabilita. Esso misura in sostanza la distanza del
sistema in esame dallinstabilita.
Il criterio esposto, che da buoni risultati nellanalisi di circuiti impieganti amplificatori
operazionali controreazionati, permette tuttavia di condurre lanalisi di stabilita anche in una
forma duale, che anzi e quella che viene piu comunemente impiegata.
In tal caso anziche cercare la frequenza alla quale il sistema introduce una rotazione di
fase tale da riportare il segnale di reazione in fase con quello dingresso, sindividua invece
quella frequenza alla quale il guadagno danello e pari a 1. Questa ricerca e particolarmente
semplice in quanto e individuata nel diagramma di Bode di modulo dallintersezione di T
con lasse delle ascisse (0 dB). In corrispondenza a questa frequenza si valuta poi lo

331

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
sfasamento, verificando che esso non sia ancora pari a radianti. In tal caso il sistema e
stabile. Si definisce margine di fase la differenza tra e la fase reale.
In un sistema reale tuttavia non e sufficiente verificare che esso sia stabile; e
necessario anche verificare che il margine di guadagno (o di fase) assicuri la stabilita anche in
presenza di una determinata tolleranza dei componenti. Ce inoltre da notare che un certo
margine di guadagno o di fase assicura che la risposta in presenza di segnali che variano
bruscamente, o come si suol dire la risposta ai transitori, sia esente da oscillazioni spurie o che
queste oscillazioni, quando presenti, si smorzino rapidamente.
Si consideri a titolo desempio un amplificatore operazionale per il quale, come si e
gia piu volte detto, la funzione di trasferimento presenta tre poli. Si supponga che il
guadagno danello abbia in continua un valore pari a 30 dB e i tre poli siano situati
100 , p 3
1000 .
rispettivamente in p1
10 , p 2
dB
40

To

30
20
10

100

10

0
-10

-45

-20

-90

-30

-135

-40

-180

1000

margine di fase

-225

figura 15.3

Dalle regole di tracciamento dei diagrammi di Bode si ottengono facilmente i


diagrammi asintotici di modulo e fase (figura 15.3). Secondo i criteri di stabilita che sono
stati appena introdotti si osserva che il sistema e stabile. Infatti in corrispondenza ad un
guadagno unitario la fase complessiva e data dai 180 gradi iniziali dovuti alla reazione
negativa piu un contributo dovuto ai poli del sistema, che dal diagramma di fase di figura
15.3 e senza alcun dubbio inferiore a 180 . Rimane quindi un margine di fase che
approssimativamente puo essere valutato in 20
25 , che assicura la stabilita
dellamplificatore controreazionato.
Se tuttavia si aumenta il guadagno danello, spostando cioe verso lalto il diagramma di
modulo, il margine di fase si va via via riducendo in quanto lintersezione del diagramma di
modulo con lasse delle ascisse si sposta verso frequenze piu elevate. Ad un certo punto il
margine di fase si annulla e il sistema diventa instabile.

332

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
Si ricordi daltra parte che in un sistema reazionato si desidera che T sia il piu grande
possibile, in modo che al denominatore della funzione di trasferimento il termine 1/T sia
trascurabile rispetto allunita. Si vuole inoltre che il margine di stabilita sia piuttosto
consistente in modo da evitare fenomeni oscillatori che si smorzano lentamente in
corrispondenza a transitori rapidi del segnale dingresso, ad esempio in corrispondenza a
segnali dingresso a gradino.
In effetti la risposta in frequenza dellamplificatore, in corrispondenza alla frequenza di
taglio, assume un andamento, che in funzione del margine di fase, puo essere uno di quelli
illustrati in figura 15.4.
dB

log

figura 15.4

Tale risposta, come si e gia visto in precedenza, altro non e se non quella di un
sistema con due poli complesso-coniugati in corrispondenza a vari valori del fattore di
smorzamento. Con un margine di fase dellordine dei 60 la risposta e del tipo 2, con un
piccolissimo incremento del guadagno rispetto a quello in banda in corrispondenza della
pulsazione naturale.
Con un margine di fase di 45 invece lincremento passa a 3 dB e se il margine si riduce
ulteriormente questo incremento aumenta tendendo allinfinito via via che il margine di fase
tende a zero.
A questo comportamento nel dominio della frequenza si accompagna un analogo
comportamento nel dominio del tempo.
Si supponga infatti di applicare in ingresso un segnale a gradino di tipo ideale, cioe un
segnale a gradino con tempo di salita nullo. Il contenuto spettrale di un segnale di questo tipo
occupa lintero asse delle frequenze, con unampiezza che e inversamente proporzionale alla
frequenza (la trasformata di Laplace di un gradino e 1/s).
Lamplificatore tuttavia ha una banda limitata e quindi nel segnale duscita le
componenti di frequenza piu elevata vengono attenuate, dando pertanto luogo ad un segnale
con un tempo di salita non nullo. Tuttavia in presenza di un margine di fase ridotto le
componenti, la cui frequenza si trova in prossimita della pulsazione naturale, risultano

333

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
esaltate rispetto a quelle in banda e saranno quindi nettamente individuabili nella forma
donda presente in uscita.
Pertanto in presenza di un gradino allingresso, luscita dellamplificatore assumera in
funzione del margine di fase uno degli andamenti illustrati in figura 15.5, passando da un
andamento asintotico e quindi smorzato, ad una risposta dotata di un picco, detto di
sovraelongazione, per passare poi ad una risposta oscillatoria sempre meno smorzata man
mano che il margine di fase si riduce.
E evidente osservando questi andamenti che non conviene avere ne un margine di fase
troppo elevato, che aumenta in modo eccessivo il tempo di salita, ne troppo piccolo in quanto
si avrebbe una risposta oscillatoria lentamente smorzata e che quindi impiegherebbe troppo
tempo a portarsi in condizioni prossime a quelle di regime.
U

risposta ideale

t
figura 15.5

Pertanto se un amplificatore non e stabile o se il suo margine di stabilita non e tale da


ottenere unuscita di caratteristiche prestabilite, e necessario prendere dei provvedimenti
introducendo nellanello di reazione delle opportune reti, realizzate anche con componenti di
tipo reattivo, che modifichino landamento del modulo e dalla fase di T.
Questa operazione,, detta compensazione, puo agire sia sullamplificazione Ad del
blocco in catena diretta, sia sul blocco di reazione. Operando su questultimo tuttavia si
alterano anche le caratteristiche del sistema complessivo, in quanto il comportamento totale
di un sistema controreazionato e determinato, quando il guadagno danello e
sufficientemente elevato, in pratica solo dalle caratteristiche del blocco di reazione.
Esistono moltissime tecniche di compensazione; la piu semplice e lunica che verra
presa in esame in questa sede e quella detta a polo dominante.
Essa consiste in pratica nellintrodurre in Ad un polo i cui effetti si sentano ad una
frequenza tanto bassa che quando gli altri poli dellamplificatore fanno sentire il loro effetto il
guadagno danello T si e gia ridotto al di sotto dellunita.
Poiche ogni polo introduce uno sfasamento di 90 , quando T 1 lo sfasamento sara
sicuramente inferiore a 180 e la stabilita dellamplificatore sara assicurata.
Questo tipo di compensazione e quella che abitualmente viene adottato negli
amplificatori operazionali compensati internamente.

334

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
Poiche e necessario assicurare la stabilita dellamplificatore qualsiasi sia T = Ad/k e
quindi anche con k =1, landamento di Ad in funzione della frequenza sara quello di figura
15.6.
Si osservi che se i poli propri dellamplificatore si trovano abbastanza al di sopra di
T il margine di fase e pari a 90 .
La stabilita ovviamente e assicurata solo nel caso in cui il blocco di reazione non
incorpori elementi reattivi, cioe quando la sua funzione di trasferimento e una pura costante
di proporzionalita indipendente dalla frequenza. In caso contrario e necessario verificare
lamplificazione di anello e verificare con il criterio di Bode se vi e un sufficiente margine di
stabilita.
Ad

polo dominante

20 dB/decade

log

poli naturali

figura 15.6

Esistono, come e gia stato fatto notare al capitolo precedente, anche amplificatori
operazionali privi di compensazione interna a polo dominante. Sono in tal caso presenti degli
opportuni terminali che permettono di eseguire la compensazione collegando reti circuitali
esterne realizzate con resistenze e condensatori il cui valore viene calcolato applicazione per
applicazione.
Questi amplificatori sono certamente piu scomodi da utilizzare, ma hanno il vantaggio
di permettere tecniche di compensazione diverse da quella a polo dominante, ottenendo in tal
modo unottimizzazione delle prestazioni caso per caso.
15.2) Gli oscillatori sinusoidali.
Molto spesso ci si trova nella necessita di generare segnali con forma donda
sinusoidale. Si puo pensare allora di sfruttare il fenomeno dellinstabilita di un amplificatore
per conseguire tale risultato.
Si e gia visto infatti che se il guadagno di anello e pari a 1 e lo sfasamento totale e
nullo o multiplo di 360 il sistema diventa instabile e in uscita si ha un segnale periodico di

335

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
frequenza pari a quella cui le due condizioni enunciate si verificano, anche quando il segnale
di ingresso e nullo.
La condizione enunciata tuttavia e puramente teorica in quanto e fisicamente
impossibile avere un sistema con un guadagno danello esattamente pari a 1 e non e
soprattutto ipotizzabile che tale guadagno possa mantenersi a tale valore quando ad esempio
varino tensione di alimentazione, temperatura o altri parametri.
Con un guadagno inferiore allunita loscillazione si smorza e quindi per realizzare un
oscillatore si dovra far ricorso ad un amplificatore in reazione positiva con un guadagno di
anello T 1 .
Tuttavia si sa da quanto preso precedentemente in esame che luscita in tal caso diverge
crescendo esponenzialmente nel tempo. Tale aumento dellampiezza dovrebbe, almeno nelle
ipotesi in cui ci si e messi, essere illimitato; nella realta, non appena entra in gioco una
qualche non linearita dellamplificatore (un esempio molto appariscente e la saturazione
delluscita) il guadagno danello tende a diminuire stabilizzando lampiezza delluscita
quando il modulo di T raggiunge il valore unitario. Poiche tuttavia il modulo di T ha
inizialmente un valore superiore allunita loscillazione si innesca con facilita senza che vi
sia alcun bisogno di un segnale di lancio. E sufficiente infatti la sola presenza di rumore, che
e bene ricordare ha un contenuto spettrale che contiene tutte le frequenze, per dar luogo al
fenomeno rigenerativo che porta lamplificatore in oscillazione.
Le condizioni da rispettare per realizzare un sistema in oscillazione stabile prendono il
nome di criterio di Barkhausen e sono
Lo sfasamento totale dellanello di reazione deve essere 0
Il guadagno danello T devessere unitario
La frequenza di oscillazione sara allora quella per cui lo sfasamento e nullo.
Nella pratica si fa si che a tale frequenza il guadagno danello sia leggermente superiore
allunita consentendo in tal modo che loscillazione inneschi a causa del rumore presente
allingresso dellamplificatore. Lampiezza delloscillazione poi crescera fino a che le non
linearita inevitabilmente presenti non avranno ridotto il valore di T a 1.
Oltre alla facilita di innesco e alla stabilita delle condizioni di oscillazione, in un
oscillatore reale hanno interesse la precisione della frequenza generata, la sua stabilita nel
tempo e costanza in ampiezza delluscita.
Precisione e stabilita di frequenza vengono a dipendere dalla ripidita della curva di
fase della rete di reazione e da quanto siano costanti le sue caratteristiche sia nel tempo che in
relazione alla variazione dei parametri ambientali.
Si tenga ora presente che lo sfasamento introdotto dal guadagno danello e determinato
da due contributi; lo sfasamento introdotto dallamplificatore e quello introdotto dalla rete di
reazione. Indicando con oa e 0 r queste due componenti, la frequenza di oscillazione f o e
quella alla quale
oa

or

336

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
, come tutte le altre caratteristiche degli elementi attivi, puo venir conosciuta solo
con precisione relativamente modesta e dipende da un gran numero di parametri. Se quindi
e limprecisione di oa , per mantenere piccola limprecisione su f o e necessario che la
oa

caratteristica di 0 r in funzione della frequenza sia molto ripida nellintorno di f o , come e


illustrato in figura 15.7.
r

or

f
f

figura 15.7

In questa situazione la rete di reazione e in grado di compensare le rotazioni di fase


introdotte dallamplificatore con uno spostamento di frequenza tanto minore quanto piu la
sua caratteristica di fase e ripida.
E altresi evidente che la stabilita di frequenza delloscillatore e determinata, nelle
condizioni citate, dalla stabilita della curva di fase della rete di reazione, in relazione alla
temperatura, allinvecchiamento, alla variazione della tensione di alimentazione, ecc.
Le caratteristiche di precisione e di stabilita dellampiezza del segnale di uscita
dipendono invece dalla non linearita che limita il guadagno danello a 1.
Le reti circuitali inserite nella catena di reazione, alla luce delle caratteristiche appena
enunciate, sono ovviamente reti selettive. In particolare per realizzare oscillatori di bassa
frequenza, cioe per oscillatori che debbano operare in un campo di frequenza che come limite
superiore ha il megahertz, si utilizzano reti selettive realizzate con resistenze e condensatori.
A frequenze superiori al megahertz, fino a diverse centinaia di megahertz, si usano reti
risonanti LC con un fattore di merito Q il piu possibile elevato. Un fattore di merito elevato
infatti rende il picco di risonanza molto stretto e rende la curva di fase molto ripida.
A frequenze ancora superiori le reti a costanti concentrate non sono piu adatte allo
scopo. I parametri parassiti fanno infatti si che il comportamento dei componenti reali si
allontani sempre di piu da quello del componente ideale da realizzare. Si utilizzano allora reti
risonanti a costanti distribuite realizzate con linee di trasmissione o cavita risonanti.
Infine per ottenere unelevata precisione nella frequenza di oscillazione e nel contempo
assicurare unelevatissima stabilita alla stessa si puo ricorrere ai quarzi piezoelettrici, che
presentano caratteristiche di fase estremamente ripide.

337

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15

15.3) Oscillatori di bassa frequenza.


Alle basse frequenze una delle reti di reazione maggiormente usate e quella che prende
il nome di ponte di Wien. Lo schema del relativo oscillatore e quello riportato in figura 15.8.
E abbastanza semplice dimostrare che alla frequenza
1
2 RC

fo

la tensione riportata allingresso non invertente dellamplificatore operazionale e in


fase con la Vu e che lattenuazione introdotta dalla rete di reazione e pari a 1/3.

R1
Vu

C
C

figura 15.8

Per soddisfare il criterio di Barkhausen lamplificatore dovra allora avere un guadagno


superiore a 3, cioe dovra essere rispettata la condizione
R2

2R 1

Uneffettiva realizzazione di un oscillatore a ponte di Wien potrebbe essere quella


illustrata in figura 15.9.
Con i valori riportati nella figura stessa la frequenza di oscillazione e:
fo

1
Hz 1kHz
2 .10 .158.10 3
9

Trascurando il ramo in cui si trovano inseriti la resistenza da 200 k


contrapposti si trova che il guadagno e pari a:

338

e i due diodi

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15

21
3,1
10

che e lievemente superiore al valore 3 necessario ad assicurare linnesco delloscillazione.


Quando la tensione di uscita supera un certo valore che si puo situare nellintorno degli
0,5 06 V, tensione di soglia dei diodi, questi entrano in conduzione inserendo in parallelo al
resistore da 21 k quello da 200 k (cui per la verita si trova in serie anche la resistenza
diretta del diodo). Lamplificazione allora diminuisce stabilizzando lampiezza delluscita.
21 k
200 k
10 k

Vu

158 k

1 nF

158 k

1 nF

figura 15.9

Lo schema di unulteriore circuito, quello delloscillatore detto a sfasamento, e


riportato in figura 15.10.
R2
R1 = R
Vu

C
R

C
R

figura 15.10

339

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
Si puo facilmente verificare che alla frequenza
fo

1
2 . 6 .RC

lo sfasamento introdotto dalle tre resistenze R e dai tre condensatori C e pari a 180 . Per
realizzare la reazione positiva ottenendo in tal modo un oscillatore e allora necessario
riportare la tensione di reazione al morsetto invertente dellamplificatore operazionale.
Alla frequenza f o lattenuazione introdotta dalla rete di reazione e pari a 1/29 e quindi
devessere soddisfatta la condizione
R2

29 R 1

15.4) Gli oscillatori a quarzo.


Per completare i brevissimi cenni dedicati agli oscillatori sinusoidali conviene spendere
qualche parola sulle caratteristiche dei quarzi piezoelettrici. Essi sono realizzati a partire da
una lastrina di quarzo ricavata tagliando opportunamente un cristallo; depositando poi sulle
due facce opposte uno strato metallico e collegando su ciascuno di questi un conduttore in
modo da ricavarne due reofori per la connessione in circuito si ottiene il componenti che poi
viene utilizzato negli oscillatori. Il simbolo con cui il quarzo viene rappresentato negli schemi
e riportato in figura 15.11.
I quarzi presentano il fenomeno della piezoelettricita; quando tra i due elettrodi viene
applicata una differenza di potenziale, quando cioe il cristallo viene sottoposto ad un campo
elettrico, esso subisce una deformazione meccanica. Inversamente, quando il cristallo viene
deformato meccanicamente, ai suoi elettrodi si puo raccogliere una tensione.

figura 15.11

Come ogni altro sistema meccanico, anche il cristallo di quarzo, quando viene lasciato
libero dopo esser stato sottoposto a deformazione, ha una sua propria frequenza di
oscillazione, funzione delle sue dimensioni e del modo in cui e stato tagliato. Il sistema
complessivo, cristallo ed elettrodi, si comporta allora come un dispositivo elettromeccanico
che presenta una sua propria frequenza di risonanza; di particolare importanza vi e pero il
fatto che il relativo fattore di merito e estremamente elevato e quindi la risonanza presenta un
picco molto aguzzo e stretto. Lordine di grandezza del fattore di merito di un cristallo di

340

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
quarzo e dellordine della decina di migliaia, contro un valore di qualche centinaio, che, nella
migliore delle ipotesi, si puo riscontrare in un normale circuito risonante LC.
In aggiunta a tutte queste caratteristiche vi e poi il fatto che il quarzo puo venir tagliato
con elevatissima precisione e quindi con altrettanta precisione puo venir stabilita la sua
frequenza di risonanza.
Le caratteristiche elettriche di un cristallo di quarzo possono venir rappresentate dal
circuito equivalente di figura 15.12.

L
C

C'

figura 15.12

Landamento della reattanza di un circuito di tal tipo e rappresentabile come illustrato


in figura 15.13.

reattanza induttiva

fs

fp

reattanza capacitiva

figura 15.13

341

La stabilita dei sistemi controreazionati


Gli oscillatori
Capitolo 15
Si possono cioe individuare due frequenze, fs e fp, nella prima delle quali la reattanza si
annulla, mentre nella seconda tende allinfinito. In fs pertanto il cristallo di quarzo si comporta
come un circuito risonante serie, mentre in fp ha le caratteristiche di un circuito risonante
parallelo.
In effetti, come appare anche nel circuito equivalente di figura 15.11, e necessario tener
conto delle perdite (con lintroduzione nel circuito equivalente della resistenza R). Tali perdite
tuttavia sono di entita ridottissima.
L e C tengono conto delle caratteristiche meccaniche del quarzo, C della capacita delle
placchette.
Le due frequenze di risonanza, serie e parallelo, sono determinate da L e C per quanto
riguarda fs, mentre per fp contano il valore dellinduttanza e della serie di C e C. In
questultimo caso si ha quindi a che fare con una capacita equivalente pari a
C eq

C.C'
C C'

La capacita C tuttavia e molto maggiore di C (C 100.C) e quindi il valore di Ceq e


molto prossimo a C. In definitiva fp e sempre maggiore di fs, ma e molto prossima a
questultima.
Di conseguenza nellintervallo di frequenza compreso tra fs e fp, dove il quarzo presenta
un comportamento induttivo, la fase passa da 0 a 90 con uno spostamento di frequenza
estremamente ridotto. In altre parole la caratteristica di fase e molto ripida e permette di
ottenere, quando il quarzo e utilizzato come elemento risonante in un oscillatore sinusoidale,
una stabilita di frequenza molto elevata.
Ordine di grandezza per la precisione e la stabilita di frequenza di un quarzo da 1 MHz,
per il quale non sia stata prevista alcuna particolare precauzione, quale ad esempio la
termostatizzazione, e di una parte su 106.

342

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16

Capitolo 16

ALIMENTATORI E CONVERTITORI.
16.1) Gli alimentatori.
La gran parte dei circuiti elettronici richiede una sorgente dalimentazione in corrente
continua. Poiche' l'energia elettrica viene distribuita in forma alternata, quando non si vuole
ricorrere ad un'alimentazione a batteria, possibili solo nei circuiti a bassa potenza, e'
necessario ricorrere a circuiti di conversione da alternata a continua ed e' spesso necessario far
uso di sistemi di regolazione che permettono di stabilizzare l'ampiezza della tensione continua
che si ottiene.
Un alimentatore pertanto puo' essere visto come la cascata di un certo numero di stadi,
ciascuno dei quali assolve una specifica funzione, come illustrato in figura 16.1.

AC

Trasformatore

Rettificatore

Filtro

Regolatore

DC

fig.16.1

Lo stadio trasformatore, che in alcuni casi puo' mancare, e' utilizzato per portare il
livello della tensione alternata al valore piu' opportuno in relazione agli scopi che ci si
propone. Se ad esempio la distribuzione c.a. fosse a 220 V e la tensione c.c. da produrre fosse
di 5 V, sarebbe opportuno che l'ampiezza dell'alternata fosse ridotta dai 220 V originari a
tensioni dell'ordine dei 7 10 V.
Lo stadio rettificatore converte la tensione alternata sinusoidale in una tensione
unidirezionale pulsante. Lo stadio di filtro elimina, per quanto possibile, le componenti
alternate dalla tensione pulsante presente in uscita dal rettificatore. Infine lo stadio regolatore
serve a rendere la tensione continua d'uscita indipendente dalle variazioni del carico e della
tensione alternata dingresso.
Nel seguito non verra' preso in considerazione lo stadio trasformatore, che di solito
viene realizzato con un trasformatore statico con un opportuno rapporto spire.
16.1.1) I rettificatori.
a) Rettificatore a semionda.
Qualsiasi dispositivo atto a convertire una tensione sinusoidale (e quindi a valor medio
nullo) in un tensione unidirezionale a valor medio non nullo viene detto rettificatore. Per
assolvere questa funzione si prestano particolarmente bene i diodi semiconduttori.

343

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Il circuito base del rettificatore a singola semionda e' illustrato in figura 16.2.
v

ingresso
a.c.

vi

RL

figura 16.2

Il funzionamento e' intuitivo, ma e' ovvio che per un corretto funzionamento il valore di
picco della tensione dingresso v i Vm .sin ( t ) , pari a Vm, deve essere maggiore della
tensione di soglia V del diodo. Se tale ipotesi e' realizzata e se la Vm e' abbastanza superiore
a V non si commettera' un grande errore se nelle considerazioni che seguiranno si
considerera' nulla la tensione di soglia del diodo.
Detta allora Rf la resistenza diretta del diodo e trascurando la corrente inversa, si puo'
scrivere, avendo indicato con
t:
i

I m sin

0
2

Im

Vm
Rf RL

Il valor medio della corrente e:


I cc

1
. i.d
2 0

Im

1
. I m .sin .d
2 0

e quindi il valor medio della tensione di uscita e dato da:


Vcc

R L .I cc

RL.

Im

Se si volesse tuttavia misurare la tensione media Vcc' ai capi del diodo, sarebbe
necessario tener conto che Rf non e' costante, ma in polarizzazione inversa tende, in prima
approssimazione, all'infinito. Pertanto:
'
cc

1
.
2

R f .I m .sin .d

Vm .sin .d

344

. I m .R f

Vm

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16

. I m .R f

Im R f

Im R L

RL

La tensione media ai capi del diodo e' quindi uguale e opposta a quella ai capi del
carico.
Se anziche' sul valor medio si fissa l'attenzione sul valor efficace della corrente, si
ottiene:
1
. i2d
2 0

I eff
e tenendo presente che per
I eff

1
2

2 i = 0 si ottiene in definitiva:
1

1
. I 2m .sin 2 .d
2 0

1
1
. I 2m . 1 cos 2 .d
2 0
2

1
2

Im
2

Conseguentemente il valore efficace della tensione di uscita e':


Veff

R L . I eff

RL.

Im
2

Si definisce regolazione la variazione della tensione di uscita in funzione della corrente


di carico. Esprimendo la regolazione R in percentuale si ha:
R

Vcc

I cc 0

Vcc

Vm

Vcc

e tenendo presente che:


Im

I cc

RL

Rf

si ha:
Vm
e poiche' Vcc

RL

R f .I cc

R L . I cc si ottiene in definitiva:
Vcc

Vm

R f . I cc

A tale relazione corrisponde il circuito equivalente di figura 16.3.


345

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16

Rf

V=

I cc

Vm

RL

Vcc

figura 16.3

In altre parole il rettificatore si comporta come un generatore equivalente la cui tensione


a vuoto e' Vm/ e la cui resistenza interna e' pari a Rf. E' facile dimostrare che se il generatore
di tensione alternata avesse una resistenza interna Rs, le conclusioni sarebbero le medesime,
ma che in tal caso la resistenza interna del generatore equivalente sarebbe:
Rs

Rf

Con riferimento ai valori medi in continua il rettificatore si comporta quindi come un


circuito lineare di cui puo' essere dato un modello equivalente secondo Thevevin.
b) Il rettificatore ad onda piena.
In figura 16.4 e' riportato il circuito del rettificatore ad onda piena. E' intuitivo osservare
che durante il primo semiperiodo della tensione alternata di ingresso conduce uno dei due
diodi mentre nella seconda semionda conduce l'altro dando luogo alle due correnti i1 e i2 che
si sommano nel carico. Si ottiene quindi che:
I cc

2I m

I eff

Im
2

Vcc

2. I m . R L

dove Vm e' ancora il valore di picco della tensione alternata di ingresso e Im=Vm/(Rf+RL). Si
noti che il valor medio continuo dell'uscita e' il doppio rispetto a quello del rettificatore a
singola semionda.
Operando analogamente a quanto gia' fatto in precedenza e' immediato ricavare che:
Vcc

2 Vm

R f . I cc

Il modello di Thevenin e' quindi ancora valido, con l'unica osservazione che la tensione
a vuoto raddoppia.

346

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16

Im
t
i1

Vm
i

RL

Vac

Im

Vo

Vm

i2
i
Im
I cc

figura 16.4

Per i due rettificatori presi in considerazione puo' essere interessante valutare quale sia
l'effetto della tensione di soglia V . Ci si riferisca allora al circuito equivalente di fig. 16.5
Ci si rende immediatamente conto che la corrente i e' diversa da zero per un intervallo di
tempo inferiore al semiperiodo.
arcsin

V
2

Vm

vi , i
V

Rf

diodo
ideale

Vm
i

vi

RL

vo
t
1

figura 16.5

347

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
La corrente media del rettificatore a singola semionda diviene allora

I cc

Vm

Rf

RL

cos

2
2

V
Rf

RL

mentre quella del rettificatore ad onda piena e':

I cc

2 Vm
cos
Rf RL

V
Rf

RL

c) Tensione inversa di picco.


Durante il funzionamento di ciascun rettificatore ogni diodo e' soggetto ad una tensione
inversa massima che viene detta tensione inversa di picco. E' evidente che nel rettificatore a
singola semionda la tensione inversa di picco coincide con Vm, mentre nel rettificatore ad
onda piena la tensione inversa di picco e' pari a 2Vm.
A quest'ultima conclusione si puo' giungere indipendentemente dalla natura del carico,
che puo' essere puramente resistivo, come pure presentare componenti reattive che anzi sono
presenti a scopo di filtraggio. Si puo' pertanto concludere che in un raddrizzatore ad onda
piena la tensione inversa di picco e' pari al doppio del valore di picco della tensione
sinusoidale di ingresso, indipendentemente dal carico presente e quindi indipendentemente dal
filtro usato. La stessa cosa non si puo' invece dire per il raddrizzatore a singola semionda in
cui la tensione inversa di picco viene a dipendera dal tipo di carico presente.
d) Il rettificatore a ponte.
Un secondo arrangiamento circuitale che permette di ottenere un rettificatore ad onda
piena senza ricorrere a trasformatori il cui secondario sia dotato di presa centrale e' il
rettificatore a ponte (o a ponte di Graetz), il cui schema e' riportato in figura 16.6. In tale
figura sono indicati con tratto ingrossato i diodi in conduzione e il percorso della corrente
durante la semionda positiva della forma d'onda di ingresso.
Nel secondo semiperiodo la tensione fornita dal trasformatore assume la polarita'
opposta; pertanto si interdicono i diodi D2 e D4 e passano in conduzione D1 e D3 facendo si'
che la corrente nel carico circoli sempre nella medesima direzione.
I principali vantaggi del rettificatore a ponte risiedono nel fatto che la corrente negli
avvolgimenti del trasformatore rimane in pratica sinusoidale, permettendo di usare
trasformatori di minori dimensioni, che non e' richiesta una presa centrale al secondario e
soprattutto che la tensione inversa di picco e' pari al valor massimo della tensione sinusoidale
di ingresso.

348

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16

Vac

D1

D2

D4

D3
RL

Vo

figura 16.6

16.1.2) I moltiplicatori di tensione.


In figura 16.7 e' riportato lo schema di un circuito duplicatore di tensione in grado di
fornire una tensione Vo di uscita approssimativamente di valore doppio del valore di picco Vm
della tensione sinusoidale di ingresso.
Il principio di funzionamento si basa sul fatto che i condensatori sono in grado di
accumulare energia durante il periodo di conduzione del relativo diodo e di restituirla durante
il periodo di interdizione. I due condensatori pertanto si caricano alla tensione Vm nelle due
semionde della tensione di ingresso. Nei confronti del carico essi sono tuttavia connessi in
serie e quindi a quest'ultimo e' applicata una tensione pari a 2Vm.

Vac
C

RL

Vo

figura 16.7

Ovviamente queste considerazioni sono valide solamente se durante il periodo di


interdizione del relativo diodo ciascun condensatore non si scarica eccessivamente; in altre
parole il circuito funziona correttamente solo se la costante di tempo RL.C e' notevolmente
maggiore del semiperiodo T/2 della tensione sinusoidale applicata.
Sullo stesso principio di funzionamento si possono realizzare triplicatori,
quadruplicatori e in generale moltiplicatori di tensione per n, di cui un esempio e' riportato in
figura 16.8.

349

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16

Vcc
Vac

figura 16.8

Si lascia a cura del lettore l'analisi qualitativa del funzionamento.


16.1.3) Il filtro.
Il piu' comune metodo di filtraggio della tensione in uscita dal rettificatore consiste nel
porre in parallelo al carico un'opportuna capacita'. Durante il periodo di conduzione del diodo
la capacita' si carica alla tensione Vm, accumulando una certa quantita' di energia, che viene
restituita al carico quando il diodo si interdice. Si definisce ondulazione (ripple) lo
scostamento della tensione ai capi del carico rispetto al valor medio in continua.
vf

i
ingresso
a.c.

ic

i1

RL

vi

vo

figura 16.9

Si prenda ad esempio in esame il rettificatore a semionda (figura 16.9). In presenza di


una resistenza di carico infinita la capacita' C si carica durante il primo semiperiodo della
tensione alternata di ingresso al valore di picco Vm di quest'ultima.
vo
vm

vi
t

2vm
vi - v o
figura 16.10

350

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Pertanto nei semiperiodi successivi, e con l'ipotesi che gli elementi circuitali siano ideali
in modo che la carica presente su C non possa disperdersi, poiche' la tensione V ai capi del
diodo e':
V

vi

V0

Vm sin t Vm

Si vede immediatamente che il diodo rimane permanentemente interdetto. La situazione


e' quella illustrata a tratto continuo nel diagramma di figura 16.10
Se invece il carico RL e' finito durante l'interdizione del diodo la capacita' C si scarica su
RL e gli andamenti di tensione e corrente sono quelli illustrati in figura 16.11. Si intuisce con
facilita' che quanto piu' lentamente si scarica C, cioe' quanto piu' grande e' la costante di tempo
C.RL, e tanto minore sara' il periodo di conduzione del diodo.
v,i
id
conduzione

interdizione

vo

ripple

figura 16.11

Se la tensione applicata e' Vm sin


corrente i sara' data da

t durante il periodo di conduzione del diodo la

I j

V j
Z j

con Z(j ) impedenza del parallelo dato da RL e C. Di conseguenza:


I j

V j .

j CR L
RL

La corrente sara' allora:


It

I m sin

con

351

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Im

Vm

1
R 2L

C2

arctg CR L

Quando I(t) = 0 si ha l'interdizione del diodo in t1. Il passaggio in conduzione del


diodo nel punto t2 si puo' ottenere per via grafica determinando l'intersezione del tratto di
scarica esponenziale che parte in t1 con la curva Vm sin t del periodo seguente.
Si vede allora che l'uso di grandi capacita' di filtro fa evidentemente diminuire
l'ondulazione e il periodo di conduzione del diodo, ma fa nel contempo aumentare il picco di
corrente che circola sul diodo durante il periodo di conduzione. Di conseguenza l'uso di
capacita' come elementi di filtraggio impone un'oculata scelta del diodo per evitare che possa
essere superata la massima corrente di picco sopportabile dal diodo stesso anche quando il
limite di corrente media e' pienamente rispettato.
Il filtro capacitivo puo' evidentemente essere utilizzato anche con il rettificatore ad onda
piena. A parita' di valori circuitali il ripple risulta considerevolmente ridotto, in quanto il
periodo di interdizione del diodo viene in tal caso pressocche dimezzato.
Gli andamenti di tensioni e correnti sono riportati in figura 16.12.
Si supponga ora che la capacita' di filtro sia molto elevata in modo da poter dire che t1
sia in pratica coincidente con /2 e che il tratto di scarica esponenziale possa essere
ragionevolmente approssimato con una retta.
V

vo

Vr

Vr /2

Vm

Vm
t2

t1
T1

Vcc

T2
figura 16.12

In queste ipotesi al tempo t1 vo = Vm. Indicando con Vr l'ondulazione totale si ottiene


che Vcc = Vm - Vr/2. Indicando ora con T2 l'intervallo di tempo durante il quale in diodo e'
interdetto e supponendo che la corrente Icc fornita al carico si possa ritenere
approssimativamente costante (ipotesi equivalente a porre Vr << Vm), la carica che viene
rimossa dal condensatore C e' pari a Icc.T2 e quindi
Vr

I cc . T2
C

352

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Si noti inoltre che quanto maggiore e' C e tanto piu' T2 tende al semiperiodo T/2 della
sinusoide di ingresso. Quindi si puo' scrivere in via approssimata che:
I cc .T
2.C

Vr

I cc
2.f .C

dove f e' la frequenza della tensione alternata di ingresso. Di conseguenza


Vcc

Vm

I cc
4. f . C

e quindi per l'alimentatore descritto si puo' utilizzare un modello equivalente secondo


Thevenin con tensione a vuoto pari a Vm e resistenza interna R0 = 1/(4.f.C). L'aumento della
capacita' di filtro gioca quindi un ruolo favorevole sia sull'ondulazione residua che sulla
stabilita' della tensione di uscita al variare della corrente di carico. Alle alte correnti tuttavia il
filtro capacitivo presenta una stabilita' della tensione troppo scarsa e consente un ripple troppo
elevato.
Considerazioni del tutto simili a quelle fatte per il rettificatore ad onda piena possono
venir fatte per quello a semionda e portano a concludere che quest'ultimo ha una stabilita'
dimezzata e un'ondulazione doppia rispetto a quello ad onda piena.
Filtri piu' efficienti possono venir realizzati utilizzando piu' di un elemento reattivo,
come viene illustrato in figura 16.13.
L

dal rettificatore

L1

R1

L2
C

dal rettificatore

al carico

R2

al carico

figura 16.13

Il primo viene detto filtro ad ingresso capacitivo, il secondo ad ingresso induttivo. Le


resistenze presenti nel circuito rappresentano la componente ohmica delle rispettive
induttanze. Queste ultime vanno scelte in modo da presentare un'impedenza elevata alla
frequenza f della tensione alternata di ingresso.
16.2) Gli alimentatori stabilizzati.
Allo scopo di migliorare le caratteristiche di regolazione e di ondulazione degli
alimentatori si ricorre agli alimentatori stabilizzati.
Un alimentatore stabilizzato ideale e' un circuito che fornisce una tensione di uscita
continua V0 indipendente dalla corrente di carico, dalle variazioni della tensione di linea e
353

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
dalla temperatura. Infatti, i rettificatori fin qui presi in considerazione sono influenzati anche
dalla temperatura in quanto con le sue variazioni variano le caratteristiche dei dispositivi
semiconduttori usati.
Un circuito che approssima con il suo comportamento quello di un alimentatore regolato
ideale e' il regolatore parallelo realizzato con un diodo Zener e gia' preso in considerazione in
precedenza.
Lo svantaggio di un tal tipo di regolatore tuttavia risiede nel fatto che lo Zener deve
essere in grado di sopportare una corrente superiore alla corrente massima di carico e che
quindi in tutte le condizioni di funzionamento la dissipazione del circuito non sara' affatto
trascurabile.
Una realizzazione migliore si puo' ottenere ricorrendo al circuito controreazionato di
figura 16.14.
Q1
transistore serie

ro
amplificatore
differenziale

R1

,
Vo

Vdc

Vo

alimentazione
non regolata

Vr

R2

Vo

tensione di
riferimento

RL
Carico

rete di reazione
figura 16.14

Da un esame anche superficiale si nota che una frazione della tensione di uscita, ricavata
tramite il partitore realizzato con le resistenze R1 e R2, viene confrontata con una tensione di
'
riferimento VR. Il segnale differenza V0 , ricavato con l'uso di un amplificatore differenziale di
guadagno Av, pilota il transistore serie Q1 e regola la corrente fornita al carico.
Poiche' Q1 lavora come inseguitore di emettitore il suo guadagno di tensione e'
approssimativamente unitario (V0' V0 ) e poiche'
V0'

A v V0

R2
R1 R 2

VR

si ottiene che:
V0

VR

Av
1 Av

354

R2
R1 R 2

V0

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Se si sceglie Av in modo che A v

R2
>>1 allora
R1 R 2
V0

R 2 R1
R2

VR

C'e' da osservare che lo svantaggio di un tale tipo di regolatore risiede nel fatto che Vo
dev'essere di almeno un paio di volt inferiore alla minima tensione Vdc fornita dal rettificatore
nelle piu' critiche condizioni di funzionamento. Un vantaggio viceversa si ha osservando che
l'uscita Vo puo' essere facilmente modificata semplicemente cambiando il rapporto R2+R1/R2.
Si osservi inoltre che il compito di Q1 e' unicamente quello di amplificare in corrente, poiche
quella disponibile all'uscita dell'amplificatore differenziale non e' di solito sufficiente ad
alimentare il carico RL.
Per qualsiasi corrente di carico IL>0 una frazione della potenza fornita dall'alimentatore
non regolato, pari a
Vin

V0 .I L

viene dissipata sul transistore serie Q1.


Il circuito di regolazione proposto e' tuttavia un circuito reale e non ideale; pertanto la
tensione di uscita Vo dipende da quella di ingresso Vdc, dalla corrente di carico IL e dalla
temperatura T.
V0
. Vcc
Vcc

V0

R0 . IL

V0
. T Sv . Vcc
T

R 0 . I L ST . T

con i tre parametri Sv, Ro e ST definiti come


Sv

V0
Vcc

R0
IL , T 0

V0
IL

ST
Vcc , T 0

V0
T

Vcc , I L 0

Il parametro Sv prende il nome di fattore di regolazione di ingresso (o di linea), Ro e' la


resistenza di uscita mentre ST e' detto coefficiente di temperatura.
Si noti che la variazione Vdc puo' essere causata sia da un'effettiva variazione della
tensione alternata di ingresso che dall'ondulazione presente all'uscita dell'alimentatore non
regolato a causa di un insufficiente filtraggio.
Il regolatore del tipo appena descritto puo' venir realizzato in forma monolitica,
aggiungendo alla struttura di un amplificatore operazionale il transistore serie, il riferimento di
tensione, realizzato con un diodo Zener, e le due resistenze R1 e R2. La connessione circuitale
base di un tal tipo di componente e' riportata in figura 16.15.
Il condensatore C1 e' utilizzato per eliminare gli effetti induttivi dovuti a linee di
collegamento verso l'alimentatore non regolato di notevole lunghezza, mentre C2 migliora le
caratteristiche della risposta ai transienti.

355

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16

Regolatore
monolitico

Vin

(ceramico)
(tipicamente 0,33 F)

Vo

(tantalio)
>1 F

figura 16.15

Il regolatore descritto viene realizzato per un'ampia gamma di tensioni di uscita di cui i
valori standard sono 5, 6, 8, 12, 15, 18 e 24 V. Per un corretto funzionamento essi richiedono
una tensione minima tra ingresso e uscita dell'ordine dei 2 V, sono protetti internamente
contro il cortocircuito e il sovrariscaldamento e i coefficienti di regolazione sono tipicamente

Sv

3.10

R0

30 m

ST

1 mV / C

Per maggiori dettagli si rimanda il lettore ai fogli caratteristici e alle note tecniche
applicative forniti dai costruttori.
16.3) Alimentatori stabilizzati a commutazione.
Il regolatore serie preso in considerazione al paragrafo precedente, pur fornendo ottime
prestazioni per quanto riguarda la stabilita' della tensione di uscita e l'ondulazione residua,
presenta tuttavia tre notevoli inconvenienti.
1) La tensione di ingresso deve sempre essere maggiore di quella di uscita e
quindi, come e' gia' stato fatto osservare, quanto maggiore e' tale differenza
tanto maggiore sara' la dissipazione sul transistore serie a parita' di corrente di
carico. La regolazione serie e' quindi per sua natura non troppo efficiente. Se ad
esempio la tensione di ingresso fosse di 10 V e la tensione di uscita dovesse
essere 5 V il rendimento sarebbe il 50%, ma scenderebbe ad un modestissimo
25% quando a parita' di tensione di uscita quella di ingresso salisse a 20 V.
2) Per mantenere alta l'efficienza i circuiti che richiedono diversi valori di tensione
di alimentazione, come ad esempio 15 V per l'alimentazione di amplificatori
operazionali e + 5 V per l'alimentazione di una parte digitale, richiederebbero
per ciascuna di queste tensioni un rettificatore e una sezione di filtro con un
aggravio dei costi, che molto spesso risulta inaccettabile.

356

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
3) Vi sono situazioni, ad esempio quando l'alimentazione viene fornita da una
batteria, nelle quali per conseguire l'obiettivo esposto al punto precedente,
sarebbe necessario ricorrere a sistemi di conversione in corrente continua per
ottenere tutte le tensioni necessarie.
Tutti questi inconvenienti possono essere evitati ricorrendo ai regolatori a
commutazione (switching) la cui struttura di principio e' riportata in figura 16.16.
Vin

ingresso non regolato

Vref
Regolatore di
riferimento

onda triangolare
v

amplificatore di
errore
vm

PWM

vB

vA

Vo

uscita regolata

modulatore di durata
di impulsi

RL

R2

R1

figura 16.16

Come si puo' notare si ha ancora a che fare con un sistema controreazionato in tensione
in cui una frazione della tensione di uscita, pari a
V0

R1
R1 R 2

viene confrontata con una tensione continua di riferimento Vref fissa.


V

vm
T

vm
v

2T

Vo

-V

vo

T1

-Vo
figura 16.17

357

T2

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
L'errore viene messo a confronto con una tensione triangolare v tramite un comparatore,
come riportato in figura 16.17.
Si ottiene in uscita, come si vede nella stessa figura, una forma d'onda rettangolare in
cui la durata degli impulsi di uscita e' funzione della tensione di errore vm. Il circuito descritto
prende il nome di modulatore di durata di una portante impulsiva. Piu' esattamente si ottiene
un'onda rettangolare vo il cui duty cycle (rapporto pieno-vuoto) varia linearmente con vm.
L'onda triangolare, infatti, puo' venir rappresentata come:
vt

vt

4V
.t
T
2V

T
4

per

4V
.t
T

T
4

per

T
4

3T
4

Considerata allora l'intersezione della tensione vm di ingresso (modulante) con l'onda


triangolare v si ottiene:
T
T
T1
.v m
T2 2 V v m .
4V
4V
e quindi la durata dell'impulso prodotto e':
T2

T
2

T1

T
. vm
2V

lineare con vm, ovviamente con -V vm V.


Questa forma d'onda viene utilizzata per comandare un interruttore di potenza e la
relativa forma d'onda d'uscita viene filtrata dalla combinazione LC, in modo che al carico
risulti applicata la sola componente continua dell'onda rettangolare.
Se il guadagno dell'amplificatore di errore e' sufficientemente elevato si puo' ritenere
valida l'ipotesi di cortocircuito virtuale tra i suoi due ingressi. Di conseguenza
R1
R1 R 2

Vref

V0 .

V0

Vref 1

e quindi
R2
R1

La tensione di uscita pertanto e' indipendente sia dal valore della tensione di
alimentazione che dalle variazioni della corrente ci carico, ma viene a dipendere unicamente
dalla costanza della tensione di riferimento Vref. E' ovvio tuttavia che anche in questo caso
dev'essere soddisfatta la condizione Vin>V0.
Il vantaggio principale di questo modo di operare, che a prima vista potrebbe sembrare
piuttosto complesso, e' che utilizzando quale interruttore di potenza un transistore commutato
tra interdizione e saturazione si puo' ridurre considerevolmente la dissipazione totale del
regolatore. Nelle due condizioni operative, infatti, o e' molto piccola la corrente circolante

358

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
(nello stato di interdizione si riduce alla corrente di perdita del transistore) o e' molto piccola
la tensione che cade ai capi dell'interruttore (nello stato di saturazione coincide con la tensione
Vces di saturazione del transistore, pari a pochi decimi di volt). Per la verita' vi e' anche una
certa aliquota di potenza che si dissipa durante i transitori di commutazione, ma se la
frequenza non e' eccessivamente elevata e la frequenza di transizione FT del transistore e' alta
rispetto alla frequenza del segnale, la dissipazione in transitorio puo' in prima
approssimazione venir trascurata.
L'effettiva realizzazione dell'interruttore di potenza e' riportata in figura 16.18 e utilizza
oltre al transistore (normalmente un transistore composito in connessione Darlington) anche
un diodo.

Vin

PWM

vo

vB

0 < V0 < V in

RL

vA
B

IL

Vo

vB
D

RL

PWM

A
vA

figura 16.18

Quando l'interruttore viene chiuso il diodo risulta polarizzato inversamente dalla


tensione Vin e la corrente di carico IL, circolante sull'induttanza L, viene sostenuta dalla Vin
stessa. Considerando l'interruttore ideale in tale fase VB = Vin.
Quando viceversa l'interruttore viene aperto, per effetto dell'induttanza la corrente IL
tende a rimanere costante e il circuito si richiude attraverso il diodo. Trascurando la caduta sul
diodo VB = 0. La tensione VB e' pertanto un'onda rettangolare con periodo T e duty cycle
con un'ampiezza compresa tra 0 e Vin. Il circuito appena descritto prende il nome di "flyback
converter".
In commercio si trovano dispositivi che integrano in un unico elemento un certo numero
di transistori e il diodo in modo da realizzare interruttori di elevato rendimento, come e'
illustrato nella parte destra di figura 16.18.
Si lascia al lettore l'esame del funzionamento del dispositivo illustrato in tale parte della
figura, facendo tuttavia notare che l'arrangiamento circuitale adottato, oltre a presentare buone
caratteristiche di commutazione, e' anche in grado di minimizzare la potenza che si rende
necessaria al terminale di comando affinche' l'interruttore sia correttamente pilotato.
Indicando ora con IL la variazione della corrente che circola sull'induttanza L durante
l'intervallo di tempo di conduzione dell'interruttore e assumendo che essa sia piccola rispetto
a IL in modo da avere una bassa ondulazione della tensione di uscita V0 e ricordando che

359

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Vin

L.

V0

dI L
dt

L.

IL
t

si puo' valutare in via approssimata il valore dell'induttanza necessario ad ottenere il voluto


filtraggio.
Vin

V0

IL

Con queste ipotesi la corrente di carico IL e' approssimativamente pari a quella che
circola nell'interruttore serie e quindi la corrente massima che l'alimentatore a commutazione
puo' fornire e' pressocche' uguale alla massima corrente di collettore del transistore utilizzato.
La capacita' C e' utilizzata per ridurre ulteriormente l'ondulazione di V0 e va scelta in
modo tale che
2

LC

Per i regolatori a commutazione esistono anche altre topologie che non quella presa in
esame. Ad esempio una che supera il vincolo che la tensione di uscita sia dello stesso segno di
quella di ingresso e in valore assoluto minore e' quella illustrata in figura 16.19.
IL
Vin

Vo > 0
Vo > Vin

L
C

PWM

RL

figura 16.19

Nell'ipotesi che V0 sia maggiore di Vin, durante l'intervallo il diodo D e' interdetto. Di
conseguenza il loop di reazione e' aperto e la capacita' C si scarica sul carico RL. Se la
costante di tempo C.RL e' scelta in modo da essere notevolmente maggiore di , la variazione
di V0 e' piccola e al limite trascurabile. Durante lo stesso intervallo di tempo la tensione ai
capi dell'induttanza L vale Vin e quindi
Vin

L.

dI L
dt

Ne consegue che nell'intervallo di tempo dt la corrente che circola nell'induttanza L


aumenta della quantita'
dI L

Vin
. dt
L

360

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
che integrata permette di dire che nell'intervallo la corrente IL aumenta della quantita':
Vin
.
L

IL

D
Vo < 0

+ Vin

PWM

IL

figura 16.20

Si consideri ora l'intervallo di tempo T- durante il quale l'interruttore e' aperto.


Indicando con t0 l'istante iniziale di tale intervallo e considerando che in un induttore la
corrente non puo' presentare discontinuita', cioe' che
I L (t 0 )

I L (t 0 )

si deduce che il circuito deve chiudersi attraverso il diodo D e che la corrente IL va a caricare
la capacita' C. In condizioni di regime la tensione ai capi di C all'istante T dovra' essere uguale
a quella presente all'istante t = 0.
Allo stesso modo anche la corrente che circola sull'induttanza L nell'intervallo Tdovra' diminuire della stessa quantita' (Vin. )/L di cui era cresciuta durante l'intervallo .
Pertanto il valore istantaneo della tensione di uscita v0 pari a
v0

Vin

L.

dI L
dt

sara' maggiore di Vin in quanto dIL/dt e' minore di zero, confermando l'ipotesi iniziale.
Infine per ottenere una tensione di uscita negativa a partire da una Vin positiva (o
viceversa) si puo' ricorrere alla struttura circuitale di figura 16.20.
Con considerazioni analoghe a quelle appena condotte e' facile verificare, sia pure in
maniera qualitativa, il funzionamento del circuito.

361

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
16.3) Convertitori in corrente continua accoppiati a trasformatore.
PWM1

vA1

D1

1/n

SW1

PWM

Vin

vA

SW

PWM2

Vo

vB

Vp1

Vs1

RL

V s2

Vp2

D2

vA2

figura 16.21

Quando la tensione di uscita Vo deve essere notevolmente maggiore o minore della


tensione di ingresso Vin la struttura piu' conveniente e' quella che fa ricorso ad un
accoppiamento a trasformatore con presa centrale, secondo lo schema di principio di figura
16.21.
V in

1
v

PWM

vA1

Q3
Q1

V osc

Oscillatore

A1

Flip - Flop

vA

SW1

vQ

A2

v A2

Q2
Q4

SW2
2

V in

V osc
(a)
vA
(b)
v

(c)

vQ

(d)

vA1
(e)

v A2
(f)

figura 16.21

Si ha in tal caso l'ulteriore vantaggio che semplicemente invertendo la connessione dei


diodi nel circuito secondario si puo' avere una tensione di uscita dello stesso segno o di segno
opposto rispetto a quella di ingresso.

362

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
I due interruttori SW1 e SW2 sono controllati dalle forme d'onda va1 e va2 ricavate dal
modulatore principale PWM secondo l'arrangiamento circuitale di figure 16.22, in cui sono
riportate anche le principali forme d'onda di interesse.
Come si puo' vedere i due interruttori SW1 e SW2 vengono chiusi per un uguale
intervallo di tempo, ma quando uno di essi e' chiuso l'altro e' aperto e viceversa. In pratica
quindi ciascuno di essi lavora ad una frequenza che e' la meta' di quella fornita dal modulatore
PWM.
Le forme d'onda presenti nei vari punti di interesse sono riportate in figura 16.22.
Dalla curva (d) si vede che la tensione primaria del trasformatore e' data da:
-Vin quando SW1 e' chiuso e SW2 e' aperto
vp1=vp2 =

Vin quando SW1 e' aperto e SW2 e' chiuso


0 quando SW1 e SW2 sono ambedue aperti

vA
(a)

vA1

SW1 chiuso
SW2 aperto
(b)

vA2

SW1 aperto
SW2 chiuso
(c)

vp1= v p2

(d)

vB
(e)
figura 16.22

Tale tensione viene riportata al secondario, moltiplicata per un fattore K (maggiore o


minore dell'unita') dovuto al rapporto di trasformazione, rendendo disponibili le tensioni Vs1 e
Vs2, che raddrizzate dai diodi D1 e D2 applicano al carico la tensione VB il cui andamento e

363

Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
riportato in figura 16.21 (e). Il filtro LC provvede poi ad estrarre la componente continua Vo
che viene applicata al carico RL e corrisponde al valore medio di VB.
Esistono ovviamente anche altre configurazioni circuitali che non quella presa in esame.
In particolare, quando si usano per realizzare il trasformatore materiali magnetici a ciclo
disteresi rettangolare, e' abbastanza semplice realizzare convertitori autoscillanti con
rendimento di conversione notevolmente elevato. Per maggiori dettagli tuttavia si rimanda a
testi specialistici su tale argomento.

364

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17

Capitolo 17

AMPLIFICATORI PER AMPI SEGNALI.


17.1) Gli amplificatori per ampi segnali.
Si consideri il semplice amplificatore della figura 17.1. Si indichi con ic il valore
istantaneo della corrente di collettore, con ic' le variazioni di tale corrente rispetto al valore Ic
nel punto di lavoro.
Analogo significato abbiano le grandezze IB, iB e iB'.
Si supponga inoltre che le caratteristiche di collettore siano tra loro equidistanti per
uguali variazioni della corrente di base, cioe' che il dispositivo possa essere effettivamente
considerato lineare.
Vcc
R

ic

iB
vc

vi

VBB

figura 17.1

Applicando in queste ipotesi un segnale Ib' di tipo sinusoidale, la tensione ai capi del
carico e la corrente che vi circola saranno anch'esse sinusoidali e la potenza duscita sara':
P

2
R L . I ceff

Vceff . I ceff

dove con Vceff e Iceff si sono indicati i valori efficaci di vc' e ic'. Tenendo presente che :
I ceff

Im
2

I max I min
2. 2

Vceff

Vm
2

Vmax Vmin
2. 2

e che :

365

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
si ottiene che la potenza trasferita al carico e:
P

Vm .I m
2

RL.

I 2m
2

Vm2
2.R L

Vmax

Vmin . I max
8

I min

E' tuttavia necessario notare che i dispositivi attivi con cui si ha a che fare non sono
affatto lineari, contrariamente a quanto e' stato ipotizzato. L'ipotesi di linearita' e' accettabile
solamente quando iB' e' piccola rispetto a IB, cioe' quando la caratteristica del dispositivo puo'
essere sostituita con la retta tangente ad essa nel punto di lavoro.
Quando invece i segnali sono di notevole ampiezza, l'ipotesi non e' piu' accettabile e il
segnale di uscita viene deformato subendo quella che e chiamata distorsione di non
linearita'.
Tale fenomeno e' illustrato in figura 17.2 in cui l'andamento a tratto continuo
rappresenta un'uscita ottenuta in condizioni di piccolo segnale (compreso tra i punti A e B
sulla retta di carico), mentre quella punteggiata e' l'uscita in corrispondenza ai segnali di
grande ampiezza (compresi tra i punti C e D), quando in particolare si va ad interessare
regioni della caratteristica prossime alla zona di interdizione o a quella di saturazione.
Vc

interdizione

Vc

A
punto di
lavoro

zona attiva
B

D
t

Ic

saturazione

figura 17.2

Per rendersi conto dell'effettivo significato della distorsione di non linearita' si supponga
si supponga che il legame tra i ,b e i ,c anziche' essere lineare ( i ,b = G. i ,c ) sia descrivibile da una
relazione di tipo quadratico, che altro non e' se non lo sviluppo in serie della relazione i ,c =
f( i ,b ) troncato al secondo termine. Si abbia cioe'
i 'c

G1 . i 'B G 2 . i 'B

con G1 e G2 costanti. Se ora iB' = IBM.cos t si ottiene:

366

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
i 'c

G1 . I BM .cos t G 2 . I 2BM .cos2 t

Ricordando che:
cos2 t

1
2

1
cos 2 t
2

si ottiene che il valore istantaneo della corrente di collettore e':


ic

i c'

Ic

Ic

B0

B1 .cos t B2 .cos 2 t

in cui
B0

G 2 . I 2BM
2

B1

G 2 . I BM

B2

G 2 . I 2BM
2

In uscita pertanto oltre a un termine costante e un termine proporzionale al segnale di


ingresso a pulsazione e' presente anche una seconda armonica a pulsazione doppia 2 .
Una distorsione non lineare di tipo parabolico introduce quindi in uscita una
componente di seconda armonica che non e' presente nel segnale di ingresso ed inoltre altera il
valore medio della corrente di uscita. Quest'ultima osservazione permette di affermare che in
qualche misura la caratteristica non lineare introduce una rettificazione del segnale sinusoidale
di ingresso.
La definizione dei coefficienti B0, B1 e B2 fa tuttavia riferimento ai coefficienti G1 e G2
dello sviluppo in serie di potenze della caratteristica del dispositivo nell'intorno del punto di
lavoro. Osservando tuttavia che per
t
t
t

ic
ic

ic

I max
Ic
I min

e sostituendo questi valori nell'espressione di ic si ottiene:


I max

Ic

B0

B1 B2

I c I c B0 B2
I min I c B0 B1

B2

Il sistema di queste tre equazioni risolto rispetto alle incognite B0, B1 e B2 permette di
affermare che:
B1

I max

I min

B0

B2

I max

Si definisce distorsione di seconda armonica il rapporto

367

I min
4

2. I c

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
B2
B1

D2

Se poi il segnale di ingresso anziche contenere la sola componente di frequenza ,


fosse formato dalla somma di due componenti sinusoidali di frequenza 1 e 2
rispettivamente, in presenza di una caratteristica parabolica in uscita sarebbero presenti
componenti di frequenza 1, 2, 2 1 , 2 2 , 1
2 e
1
2 . Queste ultime due componenti
di frequenza pari alla somma e alla differenza<delle frequenze presenti in ingresso prendono il
nome di componenti di intermodulazione e la rispettiva distorsione e' detta distorsione di
intermodulazione.
Il termine quadratico della corrente di uscita e' in questo caso
G 2 . I 2m1 .cos2

t I 2m2 .cos2

t 2. I m1 . I m2 .cos

t.cos

Della quantita' in parentesi i primi due termini possono essere ridotti, come e' gia' stato
fatto vedere, nella somma di una quantita' costante e di una quantita' cosinusoidale di
pulsazione doppia. Per il terzo termine e' immediato osservare che
cos

t. cos

cos

.t

cos
2

.t

Se tuttavia la non linearita della caratteristica e molto marcata, non e sufficiente


arrestare lo sviluppo in serie della corrente di collettore ic al secondo termine. Si ottiene allora
che:
ic

G 1 .i B

G 2 .i 2B

G 3 .i 3B

G 4 .i 4B ....

e se in ingresso si ha una forma donda rappresentabile con una semplice funzione


cosinusoidale in uscita si avra:
ic

Ic

Bo

B1 . cos t B 2 . cos 2 t B 3 . cos 3 t ....

Alla distorsione di non linearita contribuiscono anche termini di seconda, terza, ., iesima armonica. I coefficienti Bi possono venire determinati con una procedura analoga a
quella utilizzata nel caso della distorsione di seconda armonica.
Si definisce distorsione di i-esima armonica la quantita:
Di

Bi
B1

Alla frequenza della fondamentale nel carico si dissipa una potenza pari a:
P1

B 2i
.R L
2

368

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
In presenza di distorsione non trascurabile la potenza totale dissipata nel carico e
invece:
P

B12
2

B 22
2

B 32
2

1 D 22

...

D 23

.... .P1

Si definisce allora distorsione armonica totale la quantita:


D 22

D 32 ....

e pertanto:
P

1 D 2 .P1

E tuttavia bene far osservare che tassi di distorsione armonica anche notevolmente
elevati producono modesti incrementi della potenza totale trasferita al carico. Se infatti D
fosse ad esempio pari al 10% si otterrebbe:
P

1 0,01 .P1

In sostanza un tasso di distorsione armonica totale pari al 10% porta ad un incremento


della potenza fornita al carico di solo un 1%.
E infine opportuno far notare che nel campo delle applicazioni audio il tasso di
distorsione armonica totale non e una buona misura del disagio ingenerato nellascoltatore.
Infatti il fastidio che la distorsione genera e tanto maggiore quanto piu e elevato lordine
dellarmonica ed e senzaltro superiore per le armoniche dispari rispetto a quelle pari, a
parita di tutte le altre condizioni.
Gli amplificatori per ampi segnali vengono classificati in base alle condizioni di
funzionamento a riposo. Si parla in tal caso di:
1) Classe A. Si dice che un amplificatore opera in classe A quando punto di
lavoro e segnale di ingresso sono tali che nello stadio di uscita circola sempre
corrente. In pratica un amplificatore in classe A fa lavorare i dispositivi attivi
dello stadio di uscita su un tratto lineare della loro caratteristica.
2) Classe B (figura 17.3). Si parla di amplificatori in classe B quando il punto di
lavoro e spostato verso lestremita della caratteristica che corrisponde
allinterdizione. In tal modo la potenza dissipata a riposo, cioe in assenza di
segnale di ingresso, e molto piccola. In questo condizioni tuttavia quando il
segnale di ingresso fosse un segnale sinusoidale si avra amplificazione
solamente per meta del periodo T, mentre per laltra meta lamplificatore
rimarra interdetto.
3) Classe AB. Si parla di amplificatori in classe AB quando le condizioni di
lavoro sono intermedie tra quelle della classe A e quelle della classe B. Vi

369

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
sara pertanto un intervallo di tempo maggiore di zero, ma minore di T/2,
durante il quale i dispositivi dello stadio di uscita rimarranno interdetti.
4) Classe C. In questultimo caso il punto di lavoro viene scelto in modo da
mantenere lamplificatore interdetto per un tempo superiore a T/2. Gli
amplificatori in classe C vengono in pratica usati esclusivamente nelle
applicazioni a radiofrequenza.

iC

iC

Vcc

ic

caratteristica di
trasferimento

uscita
Im

iB

vi

IB

iB

iB

eccitazione

figura 17.3

a) Rendimento degli amplificatori in classe A.


Lattitudine di un amplificatore a convertire una potenza continua assorbita
dallalimentatore in una potenza alternata fornita al carico e detta rendimento di conversione
o rendimento teorico. Tale rendimento in termini percentuali e dato da:
Potenza
fornita
al carico
.100
Potenza assorbita
dall' a lim entazione
In generale il rendimento di un amplificatore e dato da:
1 2
.B1 .R L
2
.100
Vcc . I c B 0
e se le componenti distorsive sono trascurabili
Vm .I m
.100
2.Vcc .I c

370

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
con Vm e Im valori di picco delle grandezze sinusoidali di uscita. Si noti tuttavia che il
rendimento cosi definito differisce da quello effettivo in quanto si trascura la potenza che si
dissipa nel circuito di base.
Se ora si prende in considerazione un amplificatore che lavora in classe A si possono
individuare due casi limite.
Se lamplificatore opera a piccoli segnali la potenza di uscita e molto ridotta.
Al contrario la potenza assorbita dallalimentatore e sempre pari a Vcc.Ic in
quanto dipende esclusivamente dal punto di lavoro. Il rendimento in tale
situazione e pertanto molto modesto e la maggior parte della potenza si
dissipa nello stadio di uscita sotto forma di calore.
In condizioni di massimo segnale di ingresso, se il punto di lavoro e stato
scelto in modo da cadere in posizione centrale sulla retta di carico, Si puo dire
almeno in via di prima approssimazione, che:
Im

Ic

Vm

Vcc
2

Di conseguenza, nella migliore delle ipotesi il rendimento di un amplificatore in classe


A sara:
Vcc .I c
.100
4.Vcc .I c

25%

Il rendimento della classe A anche nella piu favorevole condizione di funzionamento


rimarra comunque estremamente basso. La scelta della classe A non appare quindi la piu
opportuna quando le potenze da trasferire al carico sono elevate.
b) Amplificatori in controfase in classe B e AB
Quando in uno stadio ad emettitore comune la corrente di polarizzazione e nulla, anche
la corrente di riposo Ic = 0. Analoghe considerazioni si possono fare anche per linseguitore di
emettitore.
Lutilizzo di una di queste due configurazioni presenta tuttavia la difficolta che esse
introducono tassi di distorsione estremamente elevati, in quanto si ha amplificazione
unicamente per meta del ciclo. Tale difficolta puo venir superata combinando due
amplificatori in classe B secondo la configurazione, che prende il nome di amplificatore in
controfase in classe B a simmetria complementare, illustrata in figura 17.4
Il circuito di figura 17.4 (a) utilizza una struttura complementare a inseguitore di
emettitore, quello di figura 17.4 (b) una configurazione a emettitore comune.
Il funzionamento e in ambedue i casi intuitivo. Durante la semionda positiva del
segnale di ingresso conduce Q1, mentre Q2 e interdetto, mentre durante la semionda negativa
e Q2 lelemento che conduce mentre Q1 e interdetto. Sul carico le correnti si sommano in
opposizione di fase, dando luogo ad unonde sinusoidale piena, come desiderato.

371

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
Vcc

Vcc
Q1
vi

i2
Q2

Q2

i1

i1

v o vi

i2

iL

iL

vo

Q1

-Vcc

-Vcc

(a)

(b)

figura 17.4

I principali vantaggi che si ricavano risiedono nel fatto che il rendimento aumenta
notevolmente, consentendo di gestire maggiori potenze sul carico, e soprattutto che in assenza
di segnale di ingresso la potenza dissipata e trascurabile.. Come svantaggi si possono citare la
maggior distorsione che non quella di un amplificatore in classe A e la necessita di avere
alimentazioni molto ben regolate.
Indicando ancora con Vm e Im i valori di picco di tensione e corrente nel carico, la
potenza di uscita e:
Vm .I m
2

Se invece si considera la potenza assorbita dallalimentazione, poiche in ciascun


semiperiodo il valore medio della corrente e I cc I m / , si ottiene:
Pa

2.

I m .Vcc

Pertanto il rendimento dello stadio controfase a simmetria complementare e:


P
.100
Pa

Vm
.100
4 Vcc
.

Quando la tensione di alimentazione Vcc e moto maggiore della tensione Vces di


saturazione dei transistori usati, si puo porre Vm Vcc e quindi:
4

.100 78%

Il rendimento pertanto e oltre tre volte superiore a quello di uno stadio amplificatore in
classe A.
Si noti che in un amplificatore in classe B la dissipazione di collettore e al limite nulla
in assenza di segnale di ingresso e va via via aumentando al crescere di questultimo. Da un
altro punto di vista si puo dire che in uno stadio in classe A il valore medio della corrente di

372

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
alimentazione e costante, mentre in uno stadio in classe B aumenta allaumentare del segnale
di ingresso. E evidente pertanto il motivo per cui la sorgente di alimentazione di un
amplificatore in classe B deve presentare caratteristiche di regolazione superiori a quelle di un
alimentatore di un amplificatore in classe A
La potenza dissipata nei transistori dellamplificatore e data dalla differenza tra la
potenza assorbita dallalimentazione e quella resa al carico. Indicando con Pc la potenza totale
dissipata nei transistori, si ottiene:
Pc

Pa

2 Vcc .Vm
.
RL

Vm2
2.R L

In assenza di segnale di ingresso la potenza dissipata e nulla e cresce allaumentare di


Vm, raggiungendo un massimo quando:
dPc
dVm
cioe quando Vm

2.Vcc
.R L

Vm
RL

2.Vcc / . Pertanto:
2.Vcc2

Pc max

.R L

Daltra parte la massima potenza fornita al carico si ha per Vm

Vcc e vale:

Vcc2
2.R L

Pmax
e quindi
Pc max

Pmax

0,4Pmax

In un amplificatore in classe A che abbia la medesima potenza di uscita Pmax, la potenza


assorbita dallalimentazione, con un rendimento del 25%, sarebbe pari a:
Pa

Pmax
0,25

4.Pmax

e in assenza di segnale di ingresso tale potenza dovrebbe venire dissipata totalmente nei
transistori dello stadio finale. E evidente pertanto la superiorita degli stadi in classe B
rispetto a quelli in classe A.
Il miglioramento ottenuto dal punto di vista della dissipazione si paga tuttavia con una
maggior distorsione.

373

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
Si consideri infatti, a titolo di esempio, lo stadio complementare a inseguitore di
emettitore e si supponga che la caratteristica di trasferimento non sia lineare. Nel caso in cui
Q1 e Q2 abbiano le medesime caratteristiche anche le correnti i1 e i2 saranno identiche e
sfasate di 180 .
Come e gia stato visto i1 puo essere espressa come la somma di funzioni armoniche
i1

Ic

B0

B1 . cos t B 2 . cos 2 t B 3 . cos 3 t ....

e di conseguenza
i1

Ic

B0

B1 . cos t
Ic

B0

B 2 . cos 2 t

B 3 . cos 3 t

B1 . cos t B 2 . cos 2 t

....

....

Ora poiche
iL

i1 i 2

2. B1 . cos t B 3 . cos 3 t

....

si ottiene in definitiva che, almeno finche i due transistori sono di identiche caratteristiche, lo
stadio e affetto solamente da distorsione di armonica dispari, in quanto le componenti di
armonica pari si annullano vicendevolmente. A questo aspetto positivo degli stadi a simmetria
complementare in classe B si sovrappone tuttavia una sorgente di distorsione ben piu
rilevante, dovuta alla non linearita delle caratteristiche di ingresso dei due transistori.
i

i B1
Q

vB2

vB1

V
Q

i B2
0

vB

figura 17.5

La giunzione base-emettitore di un transistore al silicio non passa infatti


apprezzabilmente in conduzione finche non viene superata la tensione di soglia V 0,5V e

374

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
comunque la corrente di base ha un andamento esponenziale in funzione della tensione VB. Le
condizioni operative del circuito di ingresso sono allora quelle illustrate in figure 17.5
Si vede immediatamente che la corrente di uscita e affetta da una notevole distorsione
di armonica dispari (evidenziata dalla simmetria delle due semionde) detta distorsione di
crossover.
Per minimizzare tale distorsione si puo ricorrere ad unopportuna polarizzazione che
faccia circolare nei transistori dello stadio una piccola corrente anche in assenza di segnale di
ingresso. Si sposta cioe il funzionamento dello stadio verso la classe A, ottenendo la
modalita operativa che in precedenza e stata indicata come classe AB. Un buon
compromesso e quello che polarizza ciascun transistore nellintorno del valore V . In tal
modo la distorsione viene notevolmente ridotta, ma diminuisce il rendimento ed aumenta la
potenza dissipata sotto forma di calore nello stadio a parita di potenza fornita al carico.
17.2) Cenni sul progetto termico di un circuito.
La discussione appena fatta al paragrafo precedente ha messo in luce che in un
amplificatore di potenza laliquota di potenza che si dissipa nei dispositivi attivi non e affatto
trascurabile, al contrario di quanto avviene negli amplificatori per piccoli segnali.
Tutti i dispositivi semiconduttori hanno una temperatura massima di funzionamento, e
in particolare quando si abbia a che fare con transistori BJT, nei quali la dissipazione avviene
in corrispondenza alle giunzioni, i costruttori assegnano una temperatura massima di
giunzione Tjmax che dipende essenzialmente dal livello di drogaggio e dalle caratteristiche
tecnologiche del dispositivo stesso. Quando tale temperatura viene superata il dispositivo
cessa di funzionare correttamente e molto spesso subisce delle alterazioni che il piu delle
volte sono di natura irreversibile e di carattere catastrofico. A titolo di orientamento
sullentita della temperatura massima di giunzione si puo dire che in un transistore al silicio
essa puo essere compresa tra i 150 e i 200 250 C.
Il calore generato internamente al dispositivo deve quindi venire asportato per evitare
che la temperatura massima di giunzione venga superata.
Allequilibrio si stabilisce tra giunzione e involucro del transistore un gradiente di
temperatura e il salto termico viene ad essere proporzionale alla potenza dissipata. Indicando
con Tj la temperatura di giunzione e con Tc quella dellinvolucro (case), si ha:
Tj Tc = PD.Rtjc
con Pd potenza dissipata espressa in watt, Tj e Tc le temperature di giunzione e involucro
espresse in gradi centigradi e Rtjc coefficiente di proporzionalita, che prende il nome di
resistenza termica giunzione-involucro.
La dizione resistenza termica deriva dal fatto che e immediato stabilire unanalogia tra
la relazione appena scritta e quella che descrive la legge di Ohm, quando al salto di
temperatura si faccia corrispondere la caduta ai capi di un resistore e alla potenza dissipata si
faccia corrispondere la corrente che circola sullo stesso resistore.
Le resistenze termiche vengono espresse in C/W e il loro valore puo essere compreso
tra 0,1 per i transistori di elevata potenza fino a circa 100 per transistori di bassa potenza.
Si sa tuttavia che tra i dati forniti dal costruttore compare anche la massima potenza
dissipabile. Tale dato tuttavia e assegnato in corrispondenza ad una ben precisa temperatura
ambiente, che convenzionalmente e stata fissata in 25 C. E pertanto ovvio che
375

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
allaumentare della temperatura ambiente la massima potenza dissipabile dovra diminuire,
per evitare che allinterno del dispositivo si superi la massima temperatura ammissibile.
Viene pertanto fornita anche la curva di derating dalla quale si puo dedurre la
riduzione della potenza dissipabile. Un esempio di curva di derating e riportato in figura 17.6
%
100
80
60
40
20
T
25

50

75

100

125

150

175

figura 17.6

In ascissa compare la temperatura dellinvolucro del dispositivo, mentre in ordinata e


riportata la frazione della potenza massima che puo venire dissipata a tale temperatura senza
correre il rischio di danneggiare il dispositivo.
Da tale curva e desumibile anche la massima temperatura di giunzione che e
ovviamente quella in cui la potenza trasferibile allambiente e nulla. In tali condizioni infatti
il gradiente interno di temperatura e nullo e la temperatura di giunzione coincide con quella
dellinvolucro. Con riferimento alla figura 17.6 la massima temperatura di giunzione e di
200 C ed e individuata dallintersezione della curva di derating con lasse delle ascisse.
Si noti poi che dalla curva di derating e desumibile anche la resistenza termica Rtjc,
quando si conosca la massima potenza PD corrispondente alla percentuale del 100%. Se ad
esempio si avesse un dispositivo in cui Pdmax = 42 W, si otterrebbe che :
Rtjc

PD max

175
42

4 C

Per asportare il calore prodotto e tuttavia necessario che tra involucro e ambiente si
stabilisca uno scambio termico. Non e quindi sufficiente prendere in considerazione la sola
resistenza termica tra giunzione e involucro, ma e necessario valutare anche la resistenza
termica tra involucro e ambiente, la cui capacita termica puo essere considerata infinita e
quindi si puo ritenere a temperatura costante Ta.
Per facilitare lo scambio termico verso lambiente si ricorre molto spesso a dissipatori di
calore, cioe a strutture realizzate con materiali a buona conduzione termica, generalmente
metalli, che facilitino la trasmissione del calore verso lambiente sia per conduzione che per
convezione e per irraggiamento. Molto spesso per diminuire la resistenza termica del
dissipatore si ricorre alla ventilazione forzata e in alcuni casi addirittura al raffreddamento con
liquidi refrigeranti.

376

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
Tenendo conto di tutti questi fattori lanalogo elettrico del circuito termico di un
dispositivo sara del tipo illustrato in figura 17.7
Tj

T jc

R tjc
Tc
PD

R tcd

T cd
Td
T da

R tda
Ta

figura 17.7

dove con Rtjc si e indicata la resistenza termica giunzione - involucro, con Rtcd la resistenza
termica involucro - dissipatore e con Rtda quella dissipatore - ambiente. Tj, Tc e Td sono
rispettivamente le temperature di giunzione, involucro e dissipatore.
Si ricava immediatamente che:
Tj = Tjc + Tcd + Tda + Ta
cioe:
Tj = PD.(Rtjc + Rtcd + Rtda) + Ta
Questa semplice relazione permette di valutare quale debba essere la massima resistenza
termica di un dissipatore una volta che si conoscano Tjmax, Ta, Rtjc, Rtcd (resistenza del giunto
termico tra involucro del dispositivo e dissipatore) e sia stata valutata la potenza PD che si
dissipa.
Si consideri ad esempio il transistore la cui curva di derating sia quella di figura 17.xx,
supponendo che esso dissipi una potenza pari a 20 W. La temperatura ambiente sia di 35 C,
la resistenza termica e, come si e visto di 4 C/W e la resistenza termica Rtcd sia di 0,7
C/W.
Dalla curva di derating si deduce poi che la massima temperatura di giunzione e 200
C. Con questi dati si ottiene:
Tjmax = 200 C = 20 W . (4 C/W + 0,7 C/W + Rtda C/W) + 35 C
da cui si ricava che la massima resistenza termica del dissipatore e

377

Amplificatori per ampi segnali


Capitolo 17
Rtda = 3,55 C/W
Un radiatore con queste caratteristiche termiche puo essere scelto tra i radiatori
normalmente in commercio come unita pronte alluso o puo in alternativa venire
appositamente progettato per la specifica applicazione.

378

I quadripoli
Appendice

Appendice

I QUADRIPOLI.
a.1) Quadripoli e generatori comandati.
Lutilizzo di bipoli passivi e la loro interconnessione portano ad introdurre in maniera
del tutto naturale i quadripoli (o doppi bipoli). In generale un quadripolo puo venire
schematizzato come in figura a.1. I versi delle grandezze dingresso e duscita vengono di
solito convenzionalmente assunti come positivi secondo quanto indicato in figura a.1 (b).
I2

I1

bipolo

uscita

ingresso

Quadripolo

V1

quadripolo

(b)

figura a.1

(a)

V2

I quadripoli passivi, realizzati unicamente con componenti passivi, danno luogo ad


unattenuazione della potenza duscita rispetto a quella dingresso, come daltra parte e
evidente nel caso di figura a.1 (a). I quadripoli attivi viceversa contengono anche generatori,
normalmente comandati, dove con tale termine sintendono generatori che forniscono in
uscita grandezze proporzionali, attraverso un opportuno fattore di comando, ad una delle
grandezze dingresso.
I1

(a)

kV1

V1

V2

(d)

m 1

k amplificazione di
corrente

(c)

R I

kI 1

k amplificazione di
tensione
I1

(b)

V2

V1

I2

Gm I1

Gm transconduttanza

R m transresistenza

Figura a.2

379

I quadripoli
Appendice
In figura a.2 (a) sono riportati lo schema e le relazioni che caratterizzano un generatore
di tensione comandato di tensione. Sono ovviamente possibili anche tutte le altre
combinazioni, riportate rispettivamente in figura a.2 (b), (c), (d), di generatore di corrente
comandato in corrente, di generatore di tensione comandato in corrente e di generatore di
corrente comandato in tensione. Il fattore di comando assume rispettivamente il nome e il
significato damplificazione di tensione, di corrente, di transresistenza e di transconduttanza.
Ovviamente il prefisso trans sta ad indicare che la grandezza in questione e una grandezza
di trasferimento ingresso-uscita.
I generatori dipendenti reali si ottengono da quelli ideali tendo conto della loro
resistenza dingresso e duscita. In figura a.3 e riportato un generatore di tensione reale
comandato in tensione collegato ad un generatore di segnale in ingresso e ad un carico in
uscita. Lamplificazione tra la tensione Es fornita dal generatore di segnale in ingresso e la
tensione duscita dipende in tal caso dal carico RL collegato alla porta duscita e dalla
resistenza interna Rs del generatore di segnale.

Rs

R2

V1

Es

R1

kV1

V2

RL

figura a.3

Lamplificazione globale, facilmente ricavabile, e:


Av

V2
Es

R1
RL
.k.
R1 R s R L R 2

Nellespressione sindividua il prodotto di tre termini, uno determinato dallingresso,


uno dal fattore damplificazione del generatore comandato e uno determinato dalluscita. In
generale, note le impedenze dingresso e duscita e il coefficiente damplificazione del
quadripolo, si e in grado di valutare le funzioni che legano tensioni e correnti. La funzione
complessiva risulta dal prodotto di tre funzioni semplici. In termini di schema a blocchi il
circuito di figura a.3 puo venire rappresentato come illustrato in figura a.4, in cui ogni singola
funzione e rappresentata da un quadripolo e il quadripolo risultante e ottenuto con la
cosiddetta connessione in cascata dei singoli quadripoli.
Quella illustrata e una situazione tipica in ambito elettronico, quando le desiderate
caratteristiche ingresso-uscita non sono ottenibili con un singolo stadio e vengono realizzate
con la connessione in cascata di piu stadi.

380

I quadripoli
Appendice

Es

R1

RL

R 1 + Rs

R L+ R2

Figura a.4

a.2) Matrici rappresentative di un quadripolo.

I quadripoli oltre che in cascata possono essere connessi in tutta una varieta daltri
modi. Prime tuttavia di descrivere le varie connessioni e opportuno vedere come i quadripoli
possono venire caratterizzati. Si consideri pertanto nuovamente il quadripolo di figura a.1 (b).
Esso puo venire caratterizzato dal legame tra le correnti e le tensioni alle porte dingresso e
duscita. Secondo le grandezze scelte come variabili indipendenti e dipendenti, tale legame
viene espresso da due equazioni, individuate da volta in volta da una diversa matrice. Se, ad
esempio, si assumessero come variabili indipendenti le tensioni, le equazioni del quadripolo
sarebbero:
I1

y 11 .V1

y 12 .V2

I2

y 21 .V1

y 22 .V2

e si dira che il quadripolo e stato caratterizzato dalla matrice dammettenze o matrice y.


Se viceversa si fossero scelte come variabili indipendenti le correnti, la matrice
caratteristica sarebbe stata la matrice z o matrice delle impedenze. La matrice delle
impedenze e ovviamente la matrice inversa di quella delle ammettenze. Altre matrici sono la
matrice ibrida (variabili dipendenti V1, I2) la sua inversa o antiibrida, la catena (variabili
dipendenti V2, I2) e la catena inversa. Ciascuna matrice e evidentemente ricavabile da
ciascuna delle altre.
Si riprenda ora in esame la matrice y; i suoi parametri vengono detti di cortocircuito in
quanto sono definiti e possono venire misurati in condizioni di cortocircuito, come risulta
dalle seguenti espressioni:
y 11

y 21

I1
V1
I2
V1

y 12
V2 0

y 22
V2 0

I1
V2

V1 0

I2
V2

V1 0

Si osservi che le definizioni appena date corrispondono a condizioni effettive di misura.


Cio significa che per misurare ad esempio la y21 e necessario porre in cortocircuito la porta
381

I quadripoli
Appendice
duscita. E tuttavia opportuno far notare che la definizione dei parametri del quadripolo e le
condizioni di misura in cortocircuito sono relative al segnale. Di conseguenza la
caratterizzazione per segnali variabili nel tempo realizzera la condizione di cortocircuito
chiudendo luscita o lingresso su un condensatore di valore tale da poter essere considerato
alla frequenza di misura dimpedenza trascurabile.
Gli elementi delle matrici rappresentative risultanti da una procedura di misura si
presentano come numeri complessi dipendenti dalla frequenza e possono venire rappresentati
in grafici che ne forniscono la parte reale e la parte immaginaria. Spesso e possibile a partire
da una particolare struttura circuitale calcolare sulla base dei valori dei singoli componenti le
espressioni dei parametri della matrice nella forma di rapporto di polinomi della variabile
complessa s.
a.3) Connessioni parallelo, serie, cascata.
In figura a.5 e illustrata la connessione in parallelo sulla porta duscita di due
quadripoli. Si vede immediatamente che tale connessione impone luguaglianza delle tensioni
duscita, mentre le rispettive correnti vengono sommate.
V2

V2'

I2

I '2

V2"
I "2

,
I1

,
I2

'

,
V1

,
V2

I"
2

I"
1
V1"

I2

"

V2
V2"

figura a.5

La connessione in parallelo sia della porta dingresso che di quella duscita da origine
ad un quadripolo la cui matrice caratteristica e ottenuta come somma delle matrici dei due
quadripoli di partenza.
In figura a.6 e riportata invece la connessione serie sulla porta duscita di due
quadripoli.

382

I quadripoli
Appendice
,
I1

,
I2

'

,
V1

I2
,
V2

I "2

I"
1

"

V1"

V2
V"
2

figura a.6

Si vede immediatamente che la connessione serie impone luguaglianza delle correnti


duscita, mentre le tensioni si sommano.
I2

I '2

V2

V2'

I "2
V2"

La connessione serie sia della porta dentrata che di quella duscita da origine ad un
quadripolo caratterizzata da una matrice dimpedenze costituita dalla somma delle matrici
dimpedenze dei due quadripoli di partenza.
Questi due semplici esempi fanno intuire che per descrivere il quadripolo risultante da
una qualsivoglia connessione e opportuno scegliere di volta in volta la descrizione matriciale
piu idonea a seconda della connessione.
Unaltra connessione possibile e quella in cascata. In figura a.7 e illustrata tale
connessione per due quadripoli, in cui la porta duscita del primo viene connessa a quella
dingresso del secondo.
,
I1
,
V1

,
I2

'

I"
2

I"
1
,
V2

V1"

figura a.7

Tale connessione e caratterizzata dalle relazioni:

383

"

V"
2

I quadripoli
Appendice
V2'

V1"

I '2

I1"

A titolo desempio di quanto illustrato si veda di calcolare la matrice dammettenze di


un generatore di tensione reale comandato in tensione (figura a.8).
Imponendo la condizione di cortocircuito, rispettivamente in ingresso e in uscita, si
ottiene:
y 11

1
R1

y 12

k
R2

y 21

y 22

I1

V1

R2

1
R2

I2

k.V1

R1

V2

figura a.8

Il circuito viene pertanto rappresentato dalle seguenti relazioni:


I1

I2

1
.V1
R1
k
.V1
R2

1
.V2
R2

Si rappresenti ora il medesimo circuito con un generatore di corrente comandato in


tensione. Si ricordi che tale obiettivo puo venire raggiunto applicando la trasformazione
Thevenin-Norton ottenendo il circuito di figure a.9)

384

I quadripoli
Appendice
I1

I2

k.V1
R2

R1

V1

R2

V2

figura a.9

E facile verificare che tale circuito si comporta esattamente come quello precedente,
cioe fornisce ai morsetti duscita la stessa tensione a vuoto e presenta la stessa impedenza
duscita. E immediato rendersi conto che il circuito presenta la stessa matrice dammettenze.
In particolare
I2

y =
21

I2
V1

V2 = 0

=-

k
R2

k.V 1
R2

R2

I2

y22 =

I2
V2

V1 = 0

=-

1
R2

R2

V2

E infine interessante vedere come, data la matrice dammettenze si puo individuare il


circuito equivalente che la rappresenta. Linterpretazione della prima equazione e immediata.
Per quanto riguarda la seconda si osserva che essa e costituita da una somma di due termini.
Pertanto la corrente I2 dovra entrare in un nodo da cui si dipartono due rami percorsi dalle
correnti definite dai due addendi del secondo membro della seconda equazione. Il primo di
questi dipende da una tensione diversa da quella presente al morsetto su cui entra la I2 e
dovra quindi essere rappresentato da un generatore di corrente comandato dalla tensione V1,
mentre il secondo, proporzionale alla tensione V2 viene realizzato da una semplice resistenza
V2.

385

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