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APPUNTI DI ELETTRONICA
Dispositivi e circuiti lineari
INDICE
Capitolo I - Concetti base sui segnali elettrici
1.1) Introduzione
1.2) Segnali e informazione
1.3) Elaborazione del segnale
1.4) Le applicazioni di potenza
1
3
4
8
9
10
11
12
15
15
16
17
18
20
21
22
24
28
39
50
50
54
55
58
Capitolo IV - I semiconduttori
4.1) La conduzione nei solidi
4.2) Il modello a bande denergia
4.3) I semiconduttori drogati o estrinseci
4.4) Conduzione e diffusione
4.5) Effetto Hall
61
63
68
72
74
Capitolo V - I diodi
5.1) La giunzione p-n
Polarizzazione inversa
Polarizzazione diretta
5.2) I diodi
5.3) Gli impieghi circuitali dei diodi.
a) Modelli dei diodi
b) Il circuito OR
c) Il circuito tosatore
d) Circuiti raddrizzatori a singola semionda
5.4) La retta di carico
5.5) Modelli di dispositivi non lineari
5.6) I diodi Zener
5.7) Il diodo tunnel.
76
82
84
87
95
95
100
103
106
112
117
123
129
131
137
139
146
146
151
153
155
156
166
167
167
167
169
171
173
178
II
184
196
202
205
209
212
214
218
219
220
220
221
225
228
228
231
318
234
235
247
249
252
257
261
263
264
265
265
266
274
III
280
281
281
288
c) Lamplificatore di transresistenza
d) Lamplificatore invertente
e) Lamplificatore di transconduttanza
f) Lamplificatore di corrente
13.3) Il sommatore analogico
13.4) Lamplificatore differenziale
13.5) Amplificatori non lineari
290
291
299
301
302
303
305
308
308
312
313
319
329
335
338
340
343
343
349
350
353
356
362
365
370
371
375
APPENDICE A: I quadripoli
a.1) Quadripoli e generatori comandati
a.2) Matrici rappresentative di un quadripolo
a.3) Connessioni parallelo, serie, cascata
IV
379
381
382
Capitolo 1
CONCETTI BASE SUI SEGNALI ELETTRICI
1.1) Introduzione
Lelettronica quella disciplina che si occupa dei dispositivi e dei circuiti utilizzati per
lelaborazione dei segnali elettrici.
Per la precisione, poich i segnali si possono presentare in due forme diverse, analogica
e digitale, si dovrebbe parlare di unelettronica per applicazioni analogiche e di una per
applicazioni digitali, cui si aggiunge quella detta elettronica di potenza, quando, oltre ad
elaborare uninformazione, il sistema elettronico deve anche gestire un livello di potenza non
trascurabile in modo da pilotare adeguatamente un carico. Esempi di questultimo tipo di
applicazione sono lalimentazione controllata di un motore elettrico o la sonorizzazione di
ambienti nella quale il livello di potenza necessario sempre abbastanza consistente.
Un segnale si dice di tipo analogico quando la grandezza che lo rappresenta varia nel
tempo in modo continuo; quando cio rappresentabile da una funzione continua S S( t )
(Fig. 1.1).
S
segnale analogico
figura 1.1
S
segnale digitale
h
l
t
figura 1.2
Per poter usare le tecniche digitali tuttavia necessario eseguire una conversione del
segnale analogico in forma digitale, mediante le operazioni di campionamento e
quantizzazione.
Con campionamento si intende loperazione mediante la quale ad intervalli periodici si
preleva il valore istantaneo del segnale. Si capisce pertanto che un segnale digitalizzato un
segnale discretizzato nel tempo.
La quantizzazione consiste poi nel suddividere la dinamica del segnale in un certo
numero di intervalli, tanto maggiore quanto maggiore la precisione che si vuole ottenere. A
questi intervalli viene poi associato un numero via via crescente e tutti i segnali che cadono
nello stesso intervallo vengono associati a tale numero (Figura 1.3).
3/2 p
p/2
0
-1
t
- p/2
- 3/2 p
figura 1.3
livello di
riferimento
T
figura 1.4
f I
Z eq
Vi
Ve
Iu
Ii
AMPLIFICATORE
ZL
Vu
Figura 1.5
Amplificatore
Ingresso
Uscita
di tensione
Vi
Vu
di corrente
Ii
Iu
di transresistenza
Ii
Vu
di transconduttanza
Vi
Iu
figura 1.6
figura 1.7
In questo caso il circuito amplificatore opera anche uno spostamento del livello di
riferimento del segnale di uscita rispetto a quello di ingresso.
k. I t .dt
k.
dI t
dt
in quanto integrale e derivata sono, come noto, operatori lineari. Poich poi per un operatore
lineare vale il principio di sovrapposizione degli effetti, un amplificatore lineare anche un
amplificatore dotato di n ingressi I1, I2, ............ In in cui luscita sia la combinazione lineare
degli ingressi, cio quello in cui luscita possa essere considerata come somma delle diverse
uscite che si ottengono in corrispondenza alle singole cause I1, I2, ... In applicate una alla volta
n
i 1
a iIi
ai
di U
dt i
m
i 0
bi
diI
dt i
Esistono ovviamente anche amplificatori non lineari. Un esempio tipico quello del
moltiplicatore analogico, utilizzato nella realizzazione dei modulatori, in cui luscita
proporzionale al prodotto dei segnali di ingresso, in cui cio:
U
k. I1 . I 2
k.
I1
I2
Nella categoria degli amplificatori non lineari notevole diffusione trovano gli
amplificatori logaritmici in cui
U
k. log I
I sistemi lineari
Capitolo I1
Capitolo 2
SISTEMI LINEARI
ai .
diy
dt i
m
i 0
bi .
dix
dt i
[2.1]
avendo indicato con x = x(t) e y = y(t) rispettivamente ingresso e uscita del sistema.
Lequazione introdotta non tiene conto di eventuali elementi di ritardo presenti
(limitazione scarsamente influente per le considerazioni che verranno fatte nel seguito).
I coefficienti ai e bi sono elementi reali e m
n. Nel dominio della frequenza
questultima ipotesi, generalmente verificata per i sistemi fisici, corrisponde a dire che il
sistema non un passa-alto,.
Quanto di solito si vuole ottenere calcolare landamento di y(t) quando allistante t0
venga applicato un ingresso x(t).
Dalla teoria delle equazioni differenziali, ci pu esser fatto se allistante t0 sono
conosciute le condizioni iniziali cio il valore della y e delle sue derivate fino alla (n-1)esima.
Nel seguito, per ragioni di semplicit, si supporr che t0=0. La soluzione viene allora
individuata sommando un integrale particolare della [2.1] corrispondente alla x(t) applicata e
lintegrale generale dellequazione omogenea associata:
n
i 0
diy
dt i
[2.2]
I sistemi lineari
Capitolo I1
Un particolare insieme di condizioni iniziali quello in cui luscita, se non si applica
alcun segnale di ingresso, nulla assieme a tutte le sue derivate. In tali condizioni si dice che
il sistema a riposo.
Si possono definire a questo punto per il sistema due diverse evoluzioni:
1) levoluzione libera che si ha quando lingresso nullo e sono non nulle le
condizioni iniziali;
2) levoluzione forzata quando lingresso diverso da zero e sono viceversa
nulle le condizioni iniziali.
La risposta del sistema nelle condizioni pi generali (ingresso e condizioni iniziali non
nulli) pu allora essere ottenuta per sovrapposizione degli effetti come somma di evoluzione
libera ed evoluzione forzata.
Da quanto detto discende che levoluzione libera coincide con lintegrale generale della
[2.2] particolarizzato in corrispondenza alle condizioni iniziali assegnate, mentre levoluzione
forzata quellintegrale particolare della [2.1] quando le condizioni iniziali sono nulle.
Molto spesso tuttavia, specialmente nel caso di circuiti in cui come ingresso si abbia un
segnale sinusoidale, la risposta complessiva viene considerata somma di un termine
permanente, che nel caso citato ancora una sinusoide della stessa frequenza dellingresso e
di ampiezza e fase calcolabili semplicemente in funzione dei parametri del sistema, e di un
termine transitorio.
Tale separazione tuttavia possibile in modo semplice solo per ingressi di forma
particolare, mentre nei casi pi generali pu divenire di notevole complessit e dar luogo ad
una certa serie di delicati problemi.
2.2) I modi
Nellimpostazione data lintegrale della [2.2] gioca un ruolo fondamentale.
Particolarizzandolo per le condizioni iniziali assegnate fornisce la risposta libera; tuttavia con
opportune operazioni fornisce anche la risposta forzata. Si consideri lequazione caratteristica
ricavata dalla [2.2]
n
i 0
ai . pi
di grado n se a n 0 .
Si supponga che tale equazione abbia r radici distinte, che essendo i coefficienti reali,
sono reali o a coppie complesse coniugate. Se inoltre si indica con i la molteplicit della
radice i-esima, si ha:
r
i 1
10
I sistemi lineari
Capitolo I1
i 1, 2 ,....,r
k 0 ,1,....,
t k . e pi .t
[2.3]
i .t
t
i
=0
figura 2.1
Ponendo
si ottiene:
11
I sistemi lineari
Capitolo I1
figura 2.2
Nel caso in cui i 0 dopo un intervallo i la funzione si riduce a 1/e (circa 0,37) del
valore iniziale. In prima approssimazione dopo un intervallo di tempo pari a circa tre volte la
costante di tempo si pu ritenere che la funzione si sia annullata.
La costante di tempo fornisce delle indicazioni dirette e intuitive sulla velocit di
variazione della funzione considerata.
Nel caso di k 0 (molteplicit della radice 1) il modo
per t crescente tende allinfinito se i 0 o a 0 per i 0;
per t=0 parte dallorigine;
per i 0 monotona crescente, mentre prima crescente e poi decrescente per
0 (derivata nulla in t k / i ). La forma della curva dipende evidentemente sia
i
da k che da i .
Ad ogni radice multipla corrispondono tanti modi quant la molteplicit.
2.2.2 - Modi pseudoperiodici
Quando le radici si presentano in coppie complesse coniugate
pi
j.
pi
j.
j.
.t
t k .e
i .t
. cos
12
.t
j.sin
.t
I sistemi lineari
Capitolo I1
t k .e
j.
.t
t k .e
i .t
. cos
.t
j.sin
.t
Per la linearit dei legami in gioco, nel sistema fondamentale degli integrali possibile
sostituire i due integrali appena scritti con i due integrali seguenti, ottenuti come
combinazione lineare dei precedenti.
t k .e
i .t
.sin
.t
[2.4]
i .t
t .e
. cos
.t
i .t
i .t
.sin
.t
. cos
.t
e pi t
pi t
e pi t
i=0
<0
figura 2.3
13
> 0
t
I sistemi lineari
Capitolo I1
Anche in questo caso pu essere conveniente definire nuove quantit. Ad esempio si
pu scrivere:
t
2.
.t
Ti
.sin
ni
2
i
e
i
2
i
2
i
ni
ni
i .t
sin
.t
con
Mi
A 2i
14
B2i
I sistemi lineari
Capitolo I1
arctg
Bi
Ai
yl t
i 1
A ik .t k .e p i .t
i 1 k 0
A i .e p i .t
i 1
i 1
i 1 k 0
A ik .t k .e
i .t
i 1
i 1 k 0
M ik .t k .e
i .t
.sin
.t
u
i 1
A i .e
i .t
v
i 1
M i .e
15
i .t
.sin
.t
ik
I sistemi lineari
Capitolo I1
del tutto ovvio che la risposta libera puo essere espressa in funzione delle costanti di
tempo per i modi aperiodici e del fattore di smorzamento e della pulsazione naturale per quelli
pseudoperiodici.
yl t
n
i 1
A i .e
i 1
i.
M i .e
ni
2
i
.sin 1
ni
.t
i 1
bi .
dix
dt i
t
0
qt
.d
t
0
. t
.d
le cui due forme si possono ottenere luna dallaltra per sostituzione di variabile. q(t) detto
nucleo risolvente e coincide con la risposta libera a partire dalle condizioni iniziali
y0
dy
dt
.........
t 0
dn 1y
dt n 1
t 0
dn 2y
dt n 2
0
t 0
1
an
In alcuni casi conviene scindere la risposta forzata in due termini detti rispettivamente
termine permanente e termine transitorio. Ci deriva dal fatto che per alcuni segnali di
ingresso esiste un integrale particolare della [2.1] che ha la stessa forma del segnale di
16
I sistemi lineari
Capitolo I1
ingresso e la risposta forzata pu essere espressa come somma di un termine di questo tipo e
dellintegrale dellomogenea.
In particolare i segnali esponenziali godono di tale propriet in quanto le operazioni di
derivazione lasciano la loro forma inalterata.
Se
e z.t
xt
la [2.1] pu essere soddisfatta da y t
i 0
n
i 0
bi . zi
a i . zi
yl t
yf t
Pertanto, per quanto detto, la risposta pu essere costruita a partire dalla conoscenza dei
modi, anche se nella maggior parte dei casi le operazioni coinvolte non sono n semplici n
rapide.
2.4) Regimi canonici
Si e visto al paragrafo precedente che la risposta ad un ingresso qualsiasi pu essere
calcolata tramite il nucleo risultante, che a sua volta puo essere considerato come
unevoluzione libera del sistema a partire da un ben preciso insieme di condizioni iniziali.
Oltre a questo regime di evoluzione libera esistono altri regimi le cui risposte
permettono il calcolo delluscita che corrisponde ad un particolare segnale di ingresso. Tali
regimi prendono il nome di regimi canonici.
17
I sistemi lineari
Capitolo I1
t,
t,
per
per
2
2
(t, )
__
1
t
2
figura 2.4
La funzione
t t0,
ovviamente la stessa funzione centrata su t0 anzich
sullorigine.
Si consideri ora una funzione f(t) continua in t0. Si pu allora scrivere:
lim f t . t
t 0 , .dt
Indicando con
osservando che
il lim t,
lim f t . t 0
0
t , .dt
lim
0
t , .dt
t .dt 1
si ha allora:
f t. t
f t0
t 0 .dt
f t . t0
18
t .dt
f t0
I sistemi lineari
Capitolo I1
Si consideri ora un sistema le cui condizioni iniziali siano tutte nulle e si applichi al suo
ingresso un impulso unitario. La risposta che se ne ricava prende il nome di risposta impulsiva
e viene di solito indicata con w(t).
Si consideri ora un generico segnale di ingresso x(t). Tale segnale pu venir
rappresentato con lapprossimazione rettangolare di figura 2.5.
x(t)
i.
figura 2.5
. .x
con
i.
La risposta del sistema, per la sovrapposizione degli effetti, esprimibile come somma
delle risposte ai singoli segnali rettangolari. Indicando con w(t, ) la risposta al segnale
rettangolare unitario di durata
, applicato nellorigine, si ha, per sovrapposizione e
spostamento:
wt
. .x
e la risposta complessiva
wt
19
.x
I sistemi lineari
Capitolo I1
Tuttavia per t< , le w(t- ) sono nulle e quindi, ricordando che =i. , la sommatoria pu
essere limitata superiormente al valore di i che corrisponde a t. Passando al limite per
che
tende a 0, si ottiene in definitiva:
yt
wt
.x
.d
.x t
.d
lim w t ,
0
wt
.x
.d
.x t
.d
Si richiama tuttavia nuovamente sul fatto che tale espressione fornisce solo levoluzione
forzata a partire da condizioni iniziali nulle.
2.4.2 - Regime indiciale
Un diverso regime canonico si ha quando il segnale di ingresso del sistema la funzione
a gradino unitario cio una funzione nulla per t<0 e unitaria per t>0. La corrispondente
risposta del sistema prende il nome di risposta indiciale.
La funzione a gradino ha una discontinuit nellorigine e pu essere vista come il limite
per che tende a zero della famiglia di funzioni trapezie della figura 2.6.
Poich la derivata di tale funzione altro non se non t, si pu allora giustificare su
un piano intuitivo che la derivata del gradino unitario limpulso unitario.
Se questo vero allora anche vero che, in base alla linearit del sistema, la risposta
impulsiva la derivata della risposta indiciale.
20
I sistemi lineari
Capitolo I1
- __
2
__
2
figura 2.6
.x 1 .d
.x 1 t
.d
Valgono per il regime indiciale considerazioni analoghe a quelle del regime impulsivo.
Il discorso poi potrebbe venir generalizzato considerando i regimi canonici che si
riferiscono a segnali di ingresso ottenuti con successive integrazioni dellimpulso (segnale a
rampa, a parabola, ecc.) o con successive derivazioni.
2.4.3 - Relazioni tra risposta impulsiva e modi
Alcune considerazioni, relativamente semplici, che tuttavia non si ritiene utile riportare
in questa sede, permettono di affermare che:
la risposta impulsiva per t>0 esprimibile come una combinazione lineare di modi,
allo stesso modo in cui la risposta libera e il nucleo risolvente sono combinazione lineare di
modi.
La risposta impulsiva pu quindi essere interpretata come una particolare risposta libera
a partire da opportune condizioni iniziali.
possibile dimostrare che limpulso eccita tutti i modi e quindi che la risposta
impulsiva li contiene tutti con coefficienti (pesi) diversi da zero se i due polinomi
n
i 0
a i . pi
21
m
i 0
b i . pi
I sistemi lineari
Capitolo I1
derivati dal primo e dal secondo membro dellequazione differenziale del sistema, non hanno
fattori comuni. In tal caso si pu affermare che la risposta impulsiva caratterizza in modo
completo il sistema, cos come lo caratterizza lequazione differenziale.
2.5) Integrale e trasformata di Fourier
noto che la funzione f(t), periodica di periodo T, cio tale che:
f t
f t
pu venir sviluppata in una serie di funzioni armoniche, detta serie di Fourier. Nella sua forma
esponenziale la serie data da:
f t
c n .e jn
con
2
T
1
T
cn
2
T
2
f t .e
jn t
.dt .
Si consideri ora una funzione f(t) continua, ma non periodica. Preso un intervallo T,
centrato sullorigine, si definisca la seguente funzione, tale che:
fT t
f t
T
2
per
T
2
e che negli altri punti risulti periodica di periodo T. Si pu allora dire che la fT sviluppabile
un serie di Fourier:
fT t
c n .e jn
1
T
T
2
T
2
f t .e
Pertanto:
22
jn t
.dt
I sistemi lineari
Capitolo I1
T
2
fT t
1 jn t
.e . f t .e
T
T
jn t
.dt
n 1
1
.
2 n
ej
nt
T
2
. f t .e
nt
.dt
T
2
fT t
1
. e j t .d . f t .e
2
j t
.dt
Si pu dimostrare, che, soddisfatte alcune condizioni, che qui non si ritiene utile
riportare e per le quali si rimanda a qualche trattazione pi accurata dellargomento,
lintegrale precedente, detto integrale di Fourier, esiste.
Il risultato raggiunto suscettibile di una interpretazione estremamente interessante. Si
indichi con il nome trasformata di Fourier la funzione
F
1
2
. f t .e
j t
.dt
Loperazione appena definita identifica una corrispondenza tra lo spazio delle funzioni
del tempo f(t) e lo spazio delle loro trasformate F( ) (funzioni della frequenza o meglio della
pulsazione). Si pu dimostrare che tale corrispondenza biunivoca. Se cio due funzioni f1(t)
e f2(t) ammettono la stessa trasformata F( ), allora f1(t) = f2(t).
Si definisce trasformata inversa di Fourier o antitrasformata loperazione:
f t
1
2
. F
.e j t .d
23
I sistemi lineari
Capitolo I1
Si ricordi che lespansione in serie permette di affermare che una qualsiasi funzione
periodica pu essere considerata la somma di termini armonici (sinusoidali e cosinusoidali) di
periodo uguale o sottomultiplo intero del periodo T della f(t).
In sostanza la f(t) pu essere rappresentata da quello che viene chiamato uno spettro di
righe a distanza luna dallaltra.
La trasformata di Fourier permette di estendere il medesimo concetto anche alle
funzioni non periodiche. Ovviamente la somma della serie diviene un integrale e , cosa pi
interessante, lo spettro che rappresenta la funzione in esame, non pi uno spettro di righe,
ma uno spettro continuo in cui compaiono tutte le frequenze e non solamente quelle multiple
di una frequenza fondamentale .
2.6) La Trasformata di Laplace
Una delle condizioni citate per lesistenza della trasformata di Fourier di una funzione
f(t) che esista, cio sia finito, lintegrale
f t .dt
[2.5]
ovvio pertanto che non tutte le funzioni sono trasformabili secondo Fourier; anzi la
classe delle funzioni trasformabili piuttosto ristretta. Tale limitazione pu venir superata con
lintroduzione della trasformata di Laplace.
Quanto segue non ha nessuna pretesa di rigore formale, ma deve venir unicamente
inteso allintroduzione dei concetti indispensabili a utilizzare gli strumenti matematici
presentati e a capirne il significato.
Data una funzione f(t) definita sullintero asse reale
,
si consideri la funzione
f t , coincidente con la f(t) nellintervallo 0,
e nulla sul semiasse negativo
,0 .
Ci non significa ancora che la funzione f soddisfi la [2.5] tuttavia, se f viene
moltiplicata per un opportuno esponenziale e t , con reale e positivo, allora lintegrale
f t .e
f t .e
.e
j t
.dt
f t .e
0
24
.t.dt
I sistemi lineari
Capitolo I1
quella che viene chiamata frequenza complessa, si ottiene una nuova trasformazione tra il
dominio della variabile t e quello della variabile s, che gode di molte delle propriet della
trasformata di Fourier e ha unespressione formale molto simile.
Fs
f t .e
s.t
.dt
f t
0
df
dt
df
.e
dt
s. t
.dt
s.t
.df
s. t
u.v
v.du
e dv = df si ottiene:
L
df
dt
s. t
.f t
t 0
s f t .e
s.t
.dt
Si ha cioe:
L
df
dt
s.F s
f 0
dove con f 0 si indicato il valore iniziale della f(t) immediatamente dopo t=0.
Poich il ragionamento pu venir condotto per via iterativa, si ha ancora:
L
d2f
dt 2
s 2 .F s
s.f 0
25
df
dt
t 0
I sistemi lineari
Capitolo I1
e cos via.
Si intuisce pertanto che il reale valore del metodo di trasformazione risiede anche nel
fatto che la F(s) rimane la stessa per la f(t) e tutte le sue successive derivate e quindi non
necessario eseguire ogni volta il materiale calcolo della trasformata.
In tabella [2.1] sono riportate le trasformazioni di alcune delle funzioni pi comuni.
TABELLA 2.1
Fs
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
f t .e
f t
0
.dt
a
s
1
s a
s2
s. t
a
e at
2
sin .t
cos .t
C. cos
A.s B
2
s2
s a
s a
2
s a
11)
1
s a
A2
e at sin t
e at .cos t
n!
sn 1
1
9) 2
s
1
s a
.t
con
8)
10)
per
t 0
per t 0
arctg
tn
t
1
n 1!
t .e
26
at
.t n 1 .e
at
B
A
I sistemi lineari
Capitolo I1
df
dt
d2f
dt 2
df
dt
s.f 0
f s
14)
s
f t dt
t 0
f ( t )dt
f t a .1 t a
con 1 t
gradino
15) e as .f s
unitario
termini individuali
s.sin
.cos
17)
2
2
s
sin .t
18)
sinh
cosh
19)
20)
21)
22)
23)
s2
s
e
2
s
f t
1 e
s
1 e
s2
s
s a
25)
s
s a
per
=1
f t
f t
per
t
t
f t
per
per
per
1 at .e
t. 1
1
s a .s b
27)
s
s a .s b
at
at
.e
2
at
e at
a b
a. e at b. e
a b
27
t>
t
1 t
per
t
0
per
t
26)
t>
t
per
0
s
per
=0
1 1 e
s
s2
24)
bt
bt
t
2
I sistemi lineari
Capitolo I1
28)
1
s a s b
29)
s
s a.s b
30)
31)
32)
s a
a. b c .e
s a.s b.s c
1
s
s2
a b .t
at
2 2
at
a c .e bt b a .e
a b.b c.c a
ct
at
b. c a .e bt c a b .e
a b.b c.c a
1
.1 e
a
1
s a . s2
a b. a b .t.e bt a.e
2
a b
a
e at . cos b.t
.sinb.t
b
c.b .e
34)
.1
a b
s a.s b.s c
bt
1
s. s a
36)
b2
33)
35)
at
ct
at
. sin t
at
.sin t cos t
t cos t
t
.sin t
2
2 2
28
I sistemi lineari
Capitolo I1
d if
dt i
i 1
s i .F s
k 0
di 1 kf
dt i 1 k
sk .
t 0
Se si considerano funzioni f (t) (nel caso specifico sia il termine forzante x (t) che la
corrispondente risposta y ) nulle per t < 0 allora lespressione precedente si semplifica
d if
dt i
s i .F s
cio nel dominio della variabile s loperazione di derivazione corrispondente ad una semplice
moltiplicazione per s.
Daltra parte supporre che le x (t) e le y (t) siano nulle fino a t = 0 (assieme alle loro
derivate) corrisponde a studiare il sistema solo per quanto riguarda la sua risposta forzata.
Ecco quindi che la trasformazione di Laplace diviene un conveniente metodo di studio per la
risposta forzata dei sistemi lineari stazionari.
Nelle ipotesi fatte loperazione di trasformazione secondo Laplace porta dallequazione
differenziale [2.1] alla relazione
Ys.
n
i 0
a i .s i
Xs.
m
i 0
b i .s i
Ys
X s . i n0
i 0
b i .s i
a i .s i
b i .s i
a i .s
Ws
29
I sistemi lineari
Capitolo I1
yt
wt
.x
.d
st
t 0
1.W s
Ws
Ws
i 0
n
i 0
b i .s i
a i .s
[2.6]
dove numeratore e denominatore sono polinomi a coefficienti reali della variabile complessa
s.
I poli pi = ai + j i vengono definiti come le r radici distinte del denominatore, di
molteplicit i. Si vede immediatamente che i poli di W (s) coincidono con le radici
dellequazione polinomiale associata allequazione omogenea del sistema
n
i 0
bi
diy
dt i
30
I sistemi lineari
Capitolo I1
r'
k'
Ws
i 1
r
i 1
zi
'
i
pi
bm
.
an
Pu essere conveniente tenere separati i fattori corrispondenti a zeri e poli reali da quelli
relativi a zeri e poli complessi coniugati. Anzi conveniente anche evidenziare un eventuale
polo di molteplicit nellorigine ed un eventuale zero di molteplicit sempre nellorigine.
Si ottiene, indicando con u e 2v e rispettivamente u e 2v il numero dei poli reali, di quelli
complessi coniugati, degli zeri reali e di quelli complessi coniugati e supponendo che
leventuale polo e zero nellorigine siano quelli di indice zero nella produttoria precedente, si
ottiene:
con k '
u'
Ws
k'
i 1
'
' 2
i
i 1
i 2
v'
'
i
'
i
i 1
'
i
'2
i
2
2
i
i
i
i,
e la
ni
Ws
1 s.
i 2
k
s
'
i 2
'
i
1 s.
v'
'
i
i 1
'
i
1 2
v
i 1
1 2
'
ni
'
i
' 2
ni
s
ni
[2.7]
2
ni
k'
i 2
u'
i 2
'
i
v'
'
i
'
i
i 1
v
i 1
'
i
' 2
ni
2
ni
31
I sistemi lineari
Capitolo I1
2.8) Rappresentazione delle funzioni in
Si gi accennato al fatto che le trasformate di Laplace di una funzione, calcolate per s
= j , coincidono, quando sia soddisfatto un certo numero di condizioni, con le trasformate di
Fourier delle stesse funzioni. Conviene allora prendere in considerazione in che modo
possano essere rappresentate le funzioni complesse di variabile reale W (j ).
Si noti che la W (j ) individuata per ciascun
da una coppia di grandezze, che
possono essere sia la parte reale R(j ) e la parte immaginaria I (j ) della W (j ), sia il
I j
W j
R2 j
I 2 j e la fase j
modulo M j
arctg
:
R j
W j
R j
M j .e j
jI j
Una rappresentazione molto usata per la sua immediatezza e praticit quella mediante
i diagrammi logaritmici di Bode.
In essi in funzione del logaritmo della pulsazione
sono riportati il logaritmo del
modulo e la fase di W.
Il diagramma del modulo pertanto un diagramma doppiamente logaritmico, mentre il
diagramma di fase ha una scala logaritmica unicamente sulle ascisse, e in ordinata la scala
risulta lineare.
I moduli sono normalmente misurati in decibel (dB). Si definisce misura in decibel di
una grandezza G la quantit:
G dB
20.log10
G
R
M1 . e j
F2
F1 . F2 vale
32
M2 . e j
I sistemi lineari
Capitolo I1
M1 .M 2 .e j
F F1 .F2
log M 1 .M 2
log M 1
log M 2
e quindi la legge di composizione dei moduli diviene identica a quella utilizzata per le fasi
cio una somma.
Infine lutilizzo di scale logaritmiche permette di dare una rappresentazione molto
comoda della W (j ), quando questa sia espressa in forma fattorizzata, come illustrato nella
relazione [2.7]. Questa rappresentazione prende il nome di rappresentazione asintotica.
Si riprenda in considerazione la [2.7], questa comprende, al numeratore come al
denominatore, solamente fattori del tipo
K
j
1 j T
1 2
j
2
n
con
M (dB)
20
16
12
20.log k
8
4
0
-4
-8
-12
-16
-20
/2
/4
=0
- /4
- /2
figura 2.7
33
I sistemi lineari
Capitolo I1
Pertanto il tracciamento della W (j ) sulla scala logaritmica pu venir ridotto a:
1) Tracciamento delle curve corrispondenti ai singoli fattori;
2) Composizione delle singole curve sommando i termini del numeratore e
sottraendo quelli del denominatore.
Per la costante K il diagramma di Bode di modulo una retta orizzontale di ordinata
20.log10 K, mentre la fase 0 in quanto K reale (Figura 2.7)
Per il fattore monomio j si ha:
M
20.log M
20.log
/2
/4
- /4
- /2
figura 2.8
34
I sistemi lineari
Capitolo I1
La pendenza della curva del modulo di 20 dB / decade, mentre la fase pari a 90, in
quanto il termine immaginario puro. Se la scala delle ascisse fosse espressa in ottave, la
pendenza del modulo sarebbe di circa 6 dB / ottava.
Per il fattore binomio si ha
20.log M
20.log 1
T2
arctg T
Il diagramma del modulo presenta due asintoti, le cui equazioni si determinano
facilmente trascurando T rispetto a 1 o 1 rispetto a T . Nel primo caso si ottiene che:
20.log M
20.log 1 0
Nel secondo
20. log M
20. log T
20. log
20. log T
La prima relazione in funzione del log , rappresenta una retta coincidente con lasse
delle ascisse, la seconda una retta inclinata di 20 dB / decade che interseca lasse delle ascisse
nel punto
log
cio per
log T
1
. A questa frequenza la differenza tra andamento asintotico e reale pari a
T
20. log 1 1
3dB
mentre gi una decade sopra o sotto la frequenza di rottura la differenza si riduce a 0,04 dB,
quantit che pu essere ritenuta trascurabile.
Per quanto riguarda la fase essa, con le stesse approssimazioni, vale 0, cio coincide con
lasse delle ascisse per
1/ T. Una buona approssimazione dellandamento reale si ha
connettendo con una retta i punti dei due asintoti che si trovano rispettivamente una decade
sotto e una decade sopra la frequenza 1/T (Figura 2.9)
Lo scostamento massimo tra andamento asintotico e reale in questo caso non supera gli
0,1 radianti in corrispondenza alle due frequenze 1/10 T e 10/T
35
I sistemi lineari
Capitolo I1
M (dB)
20
15
10
8
5
0
-5
-10
-15
-20
-25
1/T
/2
/4
- /4
- /2
figura 2.9
1 2
j
n
2
i
2
2
n
2
i
i
2
i
2
i
si ottiene che:
20. log M
20. log
2
arctg
1
relazioni in cui figurano i due parametri
n
2
2
n
36
2
2
n
4. 2 .
2
2
n
I sistemi lineari
Capitolo I1
Anche in questo caso nel diagramma del modulo possono essere messi in evidenza due
0 lasintoto coincide con lasse delle ascisse, mentre quando si pu
asintoti. Per
trascurare lunit nel termine 1
2
2
n
cio per
si ha:
20. log
che in funzione di log rappresenta una retta inclinata di 40 dB / decade (12 dB / ottava) che
interseca lasse delle ascisse nel punto
n.
C da notare landamento reale del modulo in questo caso dipende da
e lo
scostamento tra andamento reale e asintotico pu essere anche molto elevato in quanto al
tendere di a zero tale scostamento tende allinfinito.
figura 2.10
37
I sistemi lineari
Capitolo I1
Anche la fase presenta due asintoti, ambedue orizzontali, il primo coincide con lasse
a seconda che sia maggiore o minore di zero. Il
delle ascisse e laltro di ordinata pari a
raccordo tra questi due asintoti dipende tuttavia da .
Nella figura 2.10 sono riportati gli scostamenti dellandamento reale del modulo dal
diagramma asintotico e landamento della fase in funzione del valore di .
2.9) Esempi di diagrammi di Bode
Esempio 1
Si consideri il circuito in figura 2.11
R
i
vi
vu
figura 2.11
vi t
1
i t .dt
C0
R.i t
Derivando
dv i
dt
R.
di
dt
1
.i
C
e trasformando
s.Vi s
s.R.I s
38
1
.I s
C
I sistemi lineari
Capitolo I1
si ottiene:
Is
Ricordando ora che:
Vu t
s.Vi s
1
s.R
C
t
1
i t .dt
C0
e trasformando
Vu s
1
Is
s.C
si ottiene infine:
Vu s
1 s.Vi s
.
s.C 1
s.R
C
1 Vi s
.
C 1
s.R
C
Vi s
1 s.C.R
1
1 sCR
1
reale.
RC
Per quanto visto nellintroduzione ai diagrammi di Bode il diagramma di modulo avr
1
1
un punto di rottura alla pulsazione
con T
RC , mentre la fase sar nulla fino
T
i
1
alla pulsazione 1/10 RC e assumer un valore pari a /2 in ritardo per
(figura
10. R. C
2.12).
La caratteristica frequenziale quindi quella di un filtro passa-basso intendendo con tale
dizione un sistema che trasmette in uscita, in pratica senza attenuazione, tutti i segnali la cui
frequenza sia inferiore ad una particolare frequenza detta frequenza di taglio. Nel nostro caso
1
la frequenza di taglio ft
. Da quanto visto per i diagrammi di Bode, in
2 RC
corrispondenza alla frequenza di taglio lattenuazione di 3 dB. In altre parole un segnale alla
frequenza f t viene ridotto in uscita a 0,707 volte la sua ampiezza in ingresso.
e presenta un polo per s
39
I sistemi lineari
Capitolo I1
M (dB)
20 dB/dec
1/RC
1/10RC
10/RC
/4
/2
figura 2.12
Esempio 2
Un circuito molto simile a quello preso in esame quello di figura 2.13 che si ottiene
scambiando tra loro resistenza e capacit.
C
i
vi
vu
figura 2.13
R
R
1
sC
sCR
1 sCR
40
CR
s
1 sCR
I sistemi lineari
Capitolo I1
Come si vede in questo caso la funzione di trasferimento possiede uno zero nellorigine
1
. Il diagramma di Bode di modulo e fase si potr ottenere come
e un polo reale in s
CR
composizione (additiva) dei diagrammi relativi ai termini j , 1 j RC e del termine costante
CR. Si ottengono i diagrammi di figura 2.14
M (dB)
j
20 dB/dec
RC
j
RC
/2
/4
1/10RC
1/RC
10/RC
figura 2.14
Vu
Vi
R2
R2
1
.R 1
sC
1
R1
SC
R2
R2
R1
1 sCR 1
41
R 2 1 sCR 1
R 1 R 2 sCR 1 R 2
I sistemi lineari
Capitolo I1
R2
1 sCR 1
.
R 1 R 2 1 sC R 1R 2
R1 R 2
vi
R1
R2
vu
figura 2.15
Indicando con T1
R 1 . C e T2
Vu
Vi
R1
R 1 // R 2 .C si ha:
R2
1 s. T1
.
R 2 1 s. T2
con
T2
T1
1
e un polo reale in
T1
1
R2
. Il guadagno K
e il diagramma di Bode del modulo e della fase
T2
R1 R 2
pertanto quello riportato in figura 2.16.
s
M (dB)
20 log K
figura 2.16
42
I sistemi lineari
Capitolo I1
1
.
2 T2
A differenza della rete circuitale presa in esame precedentemente questa tuttavia non blocca
la tensione continua, cosa evidente dal fatto che in parallelo al condensatore posta una
resistenza. Lattenuazione massima dei segnali alle basse frequenze determinata dal valore
di K, cio dai valori prescelti per R1 e R2. Sotto un altro punto di vista si potrebbe dire che
lattenuazione dipende dalla distanza tra i due punti di rottura.
La caratteristica ancora quella di un filtro passa alto con frequenza di taglio f t
Esempio 4
Unulteriore rete di un certo interesse quella illustrata nella figura 2.17
R1
R2
vi
vu
C
figura 2.17
R2
R1
R2
1
sC
1
sC
1 sCR 2
1 sC R 1 R 2
1 sT1
1 sT2
con T1
T2
1
e un
T1
1
. In questo caso tuttavia il valore del polo (reale) inferiore a quello dello
T2
zero e pertanto i diagrammi di Bode di modulo e fase sono quelli riportati in figura 2.18.
Il comportamento quello tipico di un filtro passa basso, ma lattenuazione limitata a
R 2 / R 1 R 2 o se si vuole legata alla distanza tra le due frequenze di rottura.
Il valore dellattenuazione pu essere determinato come:
polo per s
lim
Vu j
Vi j
R2
R1 R 2
43
I sistemi lineari
Capitolo I1
M (dB)
4
2
figura 2.18
Esempio 5 - a
2.19).
vi
vc
figura 2.19
La corrente circolante :
Is
Vi s
R
sL
1
sC
sC
Vi s
s LC sRC 1
2
44
I sistemi lineari
Capitolo I1
Se si volesse studiare come varia la tensione ai capi del condensatore in funzione della
1
del
frequenza del segnale v i t applicato, dal prodotto di I s per la reattanza capacitiva
sC
condensatore si ottiene:
Vc s
Vi s
1
sC
. 2
sC s LC sRC 1
s LC sRC 1
questa una funzione di trasferimento che presenta ovviamente due poli che si possono
calcolare risolvendo lequazione
s2 LC sRC 1 0
Per valori di R opportuni i due poli diventano complessi coniugati. Pi precisamente per
L
R 2
ci si trova in tale condizione. Si possono in tal caso calcolare la pulsazione naturale
C
e il coefficiente di smorzamento
2
i
1
LC
2
i
i
2
i
2
i
s2
1
LC
Vc s
Vi s
lim
1
LC
j RC 1
45
I sistemi lineari
Capitolo I1
M(dB)
figura 2.20
L
i due poli sono complessi coniugati a parte reale
C
L
, lo smorzamento tende a -1 e n tende ad i . La curva
C
di risposta conserva le caratteristiche appena viste, ma la il picco di risonanza in
corrispondenza a n per la curva del modulo tende ad appiattirsi, mentre la transizione tra il
valore 0 e il valore - della curva di fase diviene via via pi graduale, facendosi sentire per
circa una decade sotto e una decade sopra la pulsazione naturale.
L
Quando R diviene maggiore di 2
i due poli diventano reali e distinti e il
C
comportamento diventa quello di un usuale filtro passa basso con due poli.
negativa. Via via che R tende a 2
Esempio 5 - b
Analoghe considerazioni si possono fare quando la tensione di uscita viene prelevata ai
capi dellinduttore. In questo caso la funzione di trasferimento
VL s
Vi s
s 2 LC
s 2 LC sRC 1
Si hanno in tal caso due zeri nellorigine e due poli con le stesse caratteristiche gi prese
in considerazione.
46
I sistemi lineari
Capitolo I1
La risposta in frequenza diventa quella di un filtro passa alto, con un picco di risonanza,
quando i poli sono complessi coniugati, tanto pi elevato quanto minore il valore del
coefficiente di smorzamento.
Esempio 5 - c
Se infine la tensione di uscita viene prelevata ai capi del resistore, come illustrato nella
si ottiene:
VR s
Vi s
sRC
s LC sRC 1
2
Si ha in tal caso uno zero nellorigine e due poli che in funzione del valore di R possono
essere complessi coniugati, reali coincidenti o reali distinti.
La risposta in frequenza assume le caratteristiche di quello che viene detto filtro passa
banda, intendendo con ci il comportamento di un sistema in cui lattenuazione cresce via via
che ci si allontani da una frequenza detta di centro banda.
I vari tipi di risposta assumeranno andamenti diversi a seconda di poli puramente
immaginari (figura 2.21)
M (dB)
-20 db/decade
20 dB/decade
figura 2.21
M (dB)
figura 2.22
47
I sistemi lineari
Capitolo I1
con un picco di risonanza meno pronunciato via via che il coefficiente di smorzamento
aumenta.
Infine quando i poli diventano reali, coincidenti o distinti si avranno andamenti
asintotici del tipo indicato in figura 2.23
M (dB)
p1
p2
figura 2.23
in cui lampiezza del pianerottolo orizzontale dipende dalla distanza dei due poli -p1 e -p2.
In tutti questi casi la fase passa da un valore pari a + /2 ad uno pari a - /2, in maniera
dipendente dal coefficiente di smorzamento nel caso di poli complessi coniugati, mentre nel
caso di poli reali essa pu venir determinata con le consuete regole di composizione.
M (dB)
B
3 dB
Ti
Ts
VM
f Ti
figura 2.24
0,707
VM
f Ts
Nel caso di sistemi passa banda si definiscono due frequenze di taglio, una inferiore e
laltra superiore. Sono esse le frequenze alle quali lattenuazione del segnale di -3 dB (0,707
volte il segnale di centro banda) (figura 2.24)
Si definisce infine banda passante B la differenza fTs - fTi.
48
I sistemi lineari
Capitolo I1
Esempio 6
Cos come esistono i filtri passa banda, cosi esistono anche gli elimina banda di cui un
esempio riportato nella figura 2.25
R
C
vi (t)
vu(t)
figura 2.25
Vu s
Vi s
s 2 LC 1
s 2 LC sRC 1
M (dB)
1
LC
figura 2.26
49
Dispositivi passivi
Capitolo 3
Capitolo 3
DISPOSITIVI PASSIVI
3.1) Generalit
Fino a questo momento i componenti presentati nei vari circuiti presi in considerazione
sono sempre stati considerati come elementi ideali. Ad esempio un resistore sempre stato
considerato un elemento dotato unicamente di resistenza, un condensatore una pura capacit e
un induttore una pura induttanza. In sostanza quindi tutti i componenti passivi presi in
considerazione fino ad ora presentavano una sola delle caratteristiche elettriche dei
componenti passivi reali. Dal punto di vista dei fenomeni energetici coinvolti, si sempre
considerato che in un resistore lenergia fosse associata alla dissipazione termica, nel
condensatore fosse associata al campo elettrico e nellinduttore al campo magnetico. Nella
realt non si riesce mai ad avere componenti perfetti, in cui lenergia sia associata ad uno solo
di questi fenomeni energetici.
Nella realt infatti qualsiasi componente presenta delle anomalie che alterano il
comportamento rispetto a quello ideale. necessario quindi rappresentare il componente,
nella maggior parte dei casi, con modelli pi sofisticati che tengono conto di queste anomalie.
In un componente reale uno dei tre fenomeni energetici dominante, ma anche gli altri
due sono presenti e possono essere visti come fenomeni parassiti indesiderati, che ne
disturbano il comportamento.
Tutto ci fa intuire che esistono per ciascun componente dei limiti di funzionamento,
oltre i quali il comportamento degenera in modo tale da impedirne limpiego.
3.2) Resistori
Si sa che, dato un conduttore a sezione costante S di lunghezza l, la sua resistenza :
l
S
50
Dispositivi passivi
Capitolo 3
Lp
Cp
figura 3.1
R( )
Rnom
figura 3.2
51
Dispositivi passivi
Capitolo 3
In altri casi, in particolare per resistori di basso valore, per i quali leffetto del polo
capacitivo si sposta verso frequenze molto elevate, si risente prima delleffetto induttivo e il
grafico di R / R no min ale assume un andamento crescente al di sopra di certe frequenze.
Obiettivo dei costruttori di componenti ovviamente quello di ridurre al minimo gli
effetti degli elementi parassiti.
Elementi resistivi di comune impiego sono:
1) Resistori fissi;
2) Resistori variabili (reostati e potenziometri);
3) Trasduttori resistivi (celle di carico, strain gauge, misuratori di pressione).
Reostati e potenziometri sono ambedue resistori variabili, realizzati tramite un contatto
strisciante sul corpo del resistore, tuttavia il loro inserimento nel circuito diverso. Nel caso
del reostato, il resistore inserito in serie tra generatore e carico, secondo quanto illustrato
nella figura 3.3
Rv
R L(carico)
Rv
figura 3.3
Rv
RL
Nel caso del potenziometro linserzione quello della figura 3.4 e il suo scopo di
variare la tensione applicata al carico.
52
Dispositivi passivi
Capitolo 3
Rv
RL
a.Rv
Vu
figura 3.4
Indicando con a. R v la frazione della R v inserita tra lestremit bassa del resistore
variabile e il cursore, si ha:
aR v R L
aR v R L
.V
con a 1
Vu
aR v R L
1 a Rv
aR v R L
Per R L
Vu
a. V
Per ottenere un legame sufficientemente lineare tra frazione inserita e tensione duscita
opportuno che R L sia molto maggiore di R v (figura 3.5).
Vu
V
=
L
R 'L
R L"
1
figura 3.5
53
Dispositivi passivi
Capitolo 3
Le resistenze appena viste sono variabili in funzione di unazione meccanica, ad
esempio con la rotazione di un asse che trascina il cursore. Se il dispositivo realizzato di
buona qualit esso pu allora venir utilizzato per misurare, ottenendo in uscita una tensione,
langolo di rotazione dellasse. Si ottenuto in tal caso un trasduttore, cio un dispositivo che
a partire da una grandezza fisica (nel caso specifico una rotazione rispetto un riferimento) sia
in grado di fornire in uscita una grandezza fisica diversa ad essa proporzionale (in questo caso
una tensione).
Trasduttori basati su resistenze sono ad esempio quelli in cui la variazione della
resistenza viene provocata dallapplicazione di una forza o di una pressione, come le citate
celle di carico, i sensori di pressione, ecc.
Sempre resistenze variabili, ma per effetto di agenti diversi che non quelli meccanici,
sono i termistori, i fotoresistori e i varistori.
Nei termistori la resistenza varia in maniera piuttosto cospicua con la temperatura,
diminuendo allaumentare di questultima. Analogamente nei fotoresistori la resistenza varia
in funzione dellenergia incidente, cio dellilluminazione. In ambedue i casi tuttavia il
legame tra causa agente ed effetto non un legame di proporzionalit.
Infine i varistori sono bipoli di tipo resistivo, la cui resistenza funzione della tensione
applicata. Per essi vale la seguente relazione
V
R V .I
Q
V
S
d
Se il dielettrico il vuoto, la costante dielettrica quella del vuoto, cio 0 = 8,86 pF/m,
mentre se il dielettrico diverso si ha una costante dielettrica che dipende dal materiale, ma
comunque maggiore di 0.
Tuttavia non esistono dielettrici perfetti e quindi si avranno delle correnti di perdita, di
cui si potr tener conto in un modello del condensatore tramite un elemento resistivo posto in
parallelo al condensatore stesso. Inoltre i collegamenti saranno dotati di una resistenza e da
uninduttanza proprie
Un possibile modello abbastanza semplice, che trascura la parte induttiva quello di
figura 3.6
54
Dispositivi passivi
Capitolo 3
Rs
Rp
figura 3.6
Rp e Rs sono gli elementi resistivi introdotti per tener conto dellenergia che si dissipa
rispettivamente nel dielettrico e nei conduttori. Non questo il solo modello possibile; per
esso tuttavia il comportamento in frequenza , secondo Bode, quello di figura 3.7
M (dB)
figura 3.7
55
Dispositivi passivi
Capitolo 3
resistenza propria del conduttore, sia una capacit parassita, rappresentabile in prima
approssimazione con un condensatore in parallelo.
Si sa che in un induttore
di
V L
dt
e se lavvolgimento formato da n spire di area S e la lunghezza dellavvolgimento l,
linduttanza L e
S
L n2. .
l
con
permeabilit magnetica del materiale su cui stato avvolto il filo. Nel caso del vuoto
=
= 1,256 H/m.
Alcuni materiali, detti ferromagnetici, hanno una permeabilit molto maggiore di quella
del vuoto e permettono quindi a parit di spire di ottenere valori induttivi notevolmente pi
alti. Disgraziatamente questi materiali, sottoposti a campi magnetici variabili danno luogo a
delle perdite, cio dissipano energia. Di questo fenomeno necessario tener conto nel modello
dellinduttore tramite una resistenza equivalente, tenendo anche presente che tali perdite
aumentano al crescere della frequenza, e che la permeabilit di molti materiali varia al variare
del campo magnetico.
In sostanza se si volesse descrivere con precisione un induttore reale con nucleo
ferromagnetico, si dovrebbe tener conto che le perdite crescono con la frequenza (in genere
con il quadrato di questultima), e che il dispositivo non affatto lineare in quanto
V
Li
di
dt
Oltre certi valori di campo poi, tutti i materiali ferromagnetici saturano. La loro
permeabilit differenziale diviene in pratica pari a quella del vuoto (figura 3.8)
tg =
tg =
H
figura 3.8
56
Dispositivi passivi
Capitolo 3
abbastanza evidente che in questa situazione molti sono i possibili modelli di un
induttore reale, pi o meno soddisfacenti. Uno di essi quello illustrato in figura 3.9 (modello
poco aderente alla realt in caso di nucleo ferromagnetico, in quanto lineare)
Rp
Cp
figura 3.9
con L elemento dominante, Rp resistenza che tiene conto delle varie perdite e Cp capacit
concentrata rappresentativa delle capacit distribuite dellinduttore reale.
Anche in questo caso al di sopra di una certa frequenza leffetto capacitivo e quello
resistivo dovuto alle perdite possono prendere il sopravvento. inoltre necessario, nel caso idi
nuclei ferromagnetici, porre una certa attenzione alla corrente circolante nellinduttore per
evitare fenomeni di saturazione.
Siamo quindi in presenza di un elemento che presenta una notevole discrepanza da
quello ideale. Si preferisce in questo caso, introdurre un coefficiente di qualit Q che possa
tener conto di quanto loggetto reale si avvicina a quello ideale. Esso definito come rapporto
tra la potenza accumulata nel campo magnetico (potenza reattiva PR) e quella dissipata
(potenza attiva PA). Il coefficiente di qualit, detto fattore di merito, ovviamente funzione
della frequenza e vale:
PR
PA
Rs ( )
figura 3.10
si ottiene:
57
Dispositivi passivi
Capitolo 3
Rs
R p( )
figura 3.11
si otterrebbe:
Rp
V.I
che determina sul piano V,I uniperbole. In scala logaritmica liperbole si trasforma nella retta
inclinata a 45. Nella zona tratteggiata di figura 3.12 il resistore potrebbe distruggersi. Altri
58
Dispositivi passivi
Capitolo 3
limiti possono essere un valore massimo di corrente, che determina il danneggiamento per
elettromigrazione, e quello di tensione, superando il quale si pu avere il danneggiamento per
scarica. Questi tre limiti determinano la SOA entro la quale deve venir mantenuto il campo
operativo del componente.
I
I max
1
SOA
Pd max (25 C)
Vmax
figura 3.12
Il diagramma della SOA tuttavia viene assegnato ad una ben precisa temperatura.
Allaumentare della temperatura ambiente la potenza massima dissipabile diminuisce. Per
riportarsi ad altre temperature di funzionamento vengono allora assegnate le curve di derating
il cui aspetto quello riportato nella figura 3.13
Pd
P0
TR
Tmax
Ta
figura 3.13
59
Dispositivi passivi
Capitolo 3
Poich ogni oggetto fisico avr una massima temperatura di funzionamento Tmax, a tale
temperatura la potenza dissipata dovra essere necessariamente nulla.
Vi poi una massima potenza dissipabile, caratteristica del dispositivo, che si pu
ritenere costante fino ad una certa temperatura di riferimento TR. Per temperature superiori a
TR la potenza decresce linearmente fino a ridursi a zero in corrispondenza a Tmax.
Vi sono infine dei coefficienti, chiamati coefficienti ambientali, che permettono di
valutare in che modo i parametri, che in prima approssimazioni vengono ritenuti delle
costanti, variano in funzione di una qualche caratteristica ambientale. In tabella 3.1 vengono
riportati alcuni di tali coefficienti.
Tabella 3.1
Coefficienti ambientali
Coefficiente di temperatura T:
RT
R0 1
T0
V0
Coefficiente di tensione v:
RV
R0 1
Coefficiente di invecchiamento :
Rt
R0 1
t0
60
I semiconduttori
Capitolo 4
Capitolo 4
SEMICONDUTTORI
1 Spin il nome comunemente dato al numero quantico magnetico di spin che viene indicato con M e che
S
pu assumere i valori
61
I semiconduttori
Capitolo 4
ancora ionizzato, pur contenendo un certo numero di cariche completamente neutro e non
in grado di cedere alcuna di queste sue cariche in modo da contribuire alla conduzione.
In un sistema nel quale gli atomi possono essere considerati isolati, quando cio la loro
distanza talmente grande da rendere nulla linterazione tra i singoli atomi, la situazione
energetica dei singoli elettroni pu essere almeno qualitativamente descritta dal diagramma in
figura 4.1 intendendo con energia 0 lenergia dellelettrone libero, cio sganciato dal nucleo
atomico e libero di muoversi.
In un reticolo cristallino tuttavia, lipotesi di atomo isolato viene a cadere e a causa
dellinterazione tra atomi vicini entra in gioco il principio di esclusione di Pauli secondo il
quale due elettroni con lo stesso spin non possono pi stare sullo stesso livello energetico e si
distribuiscono quindi su livelli distinti. A causa del grande numero di elettroni in un cristallo
gli elettroni si distribuiscono praticamente in bande di energia. Le bande di energia, entro le
quali si trovano i livelli energetici permessi, originatesi al ridursi della distanza interatomica,
come avviene nel caso di un reticolo cristallino, possono rimanere distinte, separate da una
banda vietata, che non contiene livelli permessi, oppure possono risultare parzialmente
sovrapposte.
atomo
atomo
figura 4.1
I semiconduttori
Capitolo 4
reticolo pi che al singolo atomo. Si noti che un elettrone con energia superiore o uguale a Ei
addirittura libero di muoversi al di fuori del reticolo.
energia potenziale
Eu
El
Ei
elettrone
vincolato
cristallo
figura 4.2
conduzione
per il silicio
E G = 1.12 eV
stato 2p
stato 2s
E G = Ec - Ev
Ev
valenza
d (distanza interatomica)
5.43 A
figura 4.3
63
I semiconduttori
Capitolo 4
Si ricordi che per ciascun livello in un atomo isolato possono risiedere al pi due
elettroni.
Quando due atomi vengono avvicinati, iniziano ad interagire tra loro e per rispettare il
principio di esclusione di Pauli, che vieta che nello stesso stato ci possano essere pi di due
elettroni, ciascuno stato si suddivide in due. Poich poi in un reticolo cristallino gli atomi che
interagiscono sono in numero estremamente elevato, si pu concludere che ciascuno stato si
trasforma in una banda energetica.
Nel grafico della figura 4.3 illustrato, in maniera qualitativa, il caso del silicio in cui i
quattro elettroni dello strato pi esterno realizzano un legame covalente con gli atomi
adiacenti. Siano ora gli stati 2p e 2s rispettivamente i livelli energetici di elettroni di
conduzione e di elettroni di valenza. Con il diminuire della distanza interatomica i due livelli
energetici si separano in bande, com illustrato nella figura 4.3. Ad una distanza di 5,43 ,
che la distanza interatomica in un cristallo di silicio, i due livelli degenerano in due bande di
energia permessa, separate da una banda proibita di ampiezza pari a 1,12 eV. Nella banda
inferiore, detta banda di valenza, tutti i livelli disponibili risultano occupati da elettroni, che
risultano vincolati e non possono contribuire quindi alla conducibilit elettrica del materiale.
Nella banda superiore che si dice di conduzione, i livelli permessi sono liberi e
possono venire occupati da elettroni in grado di trasportare una corrente elettrica. Un
elettrone, per potersi muovere e quindi contribuire al trasporto di corrente, deve quindi prima
passare dalla banda di valenza, dove vincolato, a quella di conduzione.
In altri casi, ad esempio nella grafite, materiale tetravalente come il silicio, il reticolo
cristallino ha una dimensione tale da portare le bande a toccarsi. In tal caso sufficiente un
modestissimo apporto energetico per trasferire un elettrone dallo stato energetico di valenza a
quello di conduzione.
In generale si possono distinguere tre situazioni (figura 4.4), che danno origine a tre
categorie di materiali:
La banda di conduzione e quella di valenza sono separate da un intervallo di
energia EG - energia della banda vietata o gap - di parecchi elettronvolt. Il
materiale in questione allora un isolante, perch in condizioni normali di
temperatura e a meno di forti sollecitazioni elettriche gli elettroni non possono
passare in banda di conduzione e quindi il materiale sostanzialmente non
conduce. questo il caso, ad esempio, dei comuni materiali isolanti usati nella
microelettronica, come il biossido di silicio (SiO2) in cui la banda vietata di
circa 8 eV o il nitruro di silicio (Si3N4) con un gap di circa 4 eV.
La banda di conduzione e quella di valenza sono parzialmente sovrapposte. In
questo caso basta un piccolo campo elettrico applicato perch gli elettroni
acquisiscano unenergia addizionale sufficiente a liberarli portandoli nella
banda di conduzione. Un tale materiale un conduttore. Questa e la
situazione tipica dei metalli.
La banda di conduzione e quella di valenza sono separate da un intervallo di
energia piccolo, dellordine di 1 eV. In questo caso il materiale un
semiconduttore. Ad esempio a 0 K nel Ge la banda proibita di 0,785 eV e
di 1,21 eV nel Si. A basse temperature i semiconduttori si comportano da
isolanti, almeno per campi elettrici applicati che non siano in grado di portare
gli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione. Tuttavia
allaumentare della temperatura una certa quantit di elettroni acquista energia
64
I semiconduttori
Capitolo 4
sufficiente per passare nella banda di conduzione, con un processo detto di
generazione. Gli elettroni che sono passati nella banda di conduzione lasciano
poi dei livelli liberi nella banda di valenza. La mancanza di elettroni nella
banda di valenza si dice lacuna. Sia gli elettroni nella banda di conduzione che
le lacune nella banda di valenza possono contribuire alla conduzione di
corrente elettrica.
banda di
conduzione
EG= 6 eV
elettroni
liberi
banda
proibita
banda di
valenza
banda di
conduzione
EG= 1 eV
lacune
banda di
valenza
figura 4.4
Per intendere meglio cosa significhi lacuna, necessario ricordare che lequilibrio che
stato descritto un equilibrio di tipo dinamico. Gli elettroni presenti nella banda di
conduzione ad una determinata temperatura sono in media in quantit costante, ma ci non
significa che lo siano istante per istante.
In altre parole pu accadere che un elettrone passi in un certo istante in banda di
conduzione e dopo essersi spostato sotto lazione di un campo elettrico, ricada nella banda di
valenza andando ad occupare una lacuna secondo il fenomeno della ricombinazione. In
sostanza quindi come se la lacuna si fosse spostata in direzione opposta al movimento
dellelettrone. Poich alla lacuna associata una carica elettrica positiva pari alla carica
dellelettrone, il fenomeno partecipa alla conduzione elettrica del materiale.
Si pu allora parlare di due portatori di carica, elettroni e lacune, di segno opposto, che,
muovendosi in direzioni opposte, sono responsabili delle correnti allinterno del
semiconduttore.
Un semiconduttore in cui le lacune nella banda di valenza sono in numero uguale agli
elettroni in banda di conduzione si dice intrinseco. Esistono dei metodi (drogaggio), per far s
che la conducibilit di un semiconduttore sia dovuta prevalentemente portatori di carica di un
solo tipo. Semiconduttori di questo genere si dicono estrinseci.
opportuno notare che poich lenergia della banda proibita dipende dalla distanza
interatomica, EG dipende dalla temperatura. A 0 K EG per il silicio vale 1,21 eV mentre a 300
K, (temperatura ambiente) si riduce a 1,12 eV.
Lentit della corrente dipende del numero di elettroni nella banda di conduzione e di
lacune in quella di valenza.
Riferendosi ad esempio alla banda di conduzione, si pu dimostrare che il numero di
stati possibili in cui un elettrone pu trovarsi funzione dellenergia con un legame di tipo
radice quadrata.
Non tutti gli stati tuttavia sono possibili e lo stesso discorso vale anche per le lacune
nella banda di valenza
65
I semiconduttori
Capitolo 4
Il numero di possibili stati occupabili da portatori di carica in banda di conduzione e in
quella di valenza riportato nel grafico (a) di N(E) della figura 4.5. Tuttavia, come si detto,
non affatto assicurato che questi stati siano popolati.
E - EF
N(E)
Ec
EF
F(E) . N(E)
0,5
0
F(E)
(1 - F(E)) . N(E)
Ev
(a)
(c)
(b)
figura 4.5
La distribuzione degli elettroni nei livelli permessi si ricava dalla statistica quantistica
ed descritta dalla funzione di Fermi - Dirac che definisce la probabilit f(E) di occupazione
da parte di un elettrone del livello di energia E, come riportato in figura 4.5 (b).
1
f E
1 e
E EF
kT
0,5
figura 4.6
66
F (E)
I semiconduttori
Capitolo 4
Ci sta ad indicare che tutti gli elettroni si trovano ad unenergia inferiore a EF; il livello
di Fermi quindi definibile anche come il limite superiore dellenergia che un elettrone pu
possedere allo zero assoluto.
Negli isolanti e nei semiconduttori il livello di Fermi cade nella banda vietata, mentre
nei metalli cade in una banda permessa. Si pu dimostrare che in un semiconduttore intrinseco
il livello di Fermi EF cade allincirca a met della banda vietata.
Al crescere della temperatura la forma diviene sempre meno spigolosa. Prendendo in
considerazione una temperatura superiore allo zero Kelvin, landamento sar del tipo riportato
in figura 4.7
E-E
E*
1
E
0,5
F(E)
figura 4.7
67
n 2i
I semiconduttori
Capitolo 4
4.3) I semiconduttori drogati o estrinseci
Per aumentare la conducibilit di un semiconduttore necessario aumentare la
popolazione dei portatori. Tale risultato pu venir conseguito contaminando il cristallo con
delle impurit, dette droganti, i cui atomi si comportano da impurit sostituzionali, occupando
il posto di un atomo del materiale base nel reticolo cristallino.
Fissando lattenzione su materiali semiconduttori tetravalenti, quali il germanio e il
silicio, le impurit comunemente usate sono materiali pentavalenti, quali il fosforo (P),
larsenico (As) e lantimonio (Sb) o materiali trivalenti quali il boro (B), lindio (In) o
lalluminio (Al). La quantit di drogante sempre molto moderata, dellordine di un atomo di
drogante ogni 108 atomi di materiale base. I semiconduttori drogati con materiali pentavalenti
prendono il nome di semiconduttori di tipo n, mentre quelli drogati con materiali trivalenti
vengono chiamati semiconduttori di tipo p.
Fissando lattenzione sui semiconduttori di tipo n, ci si pu rendere conto, sia pure in
maniera intuitiva, che dei cinque elettroni di valenza del materiale drogante solo quattro
partecipano ad un legame covalente, e quindi ad un legame forte, con gli atomi circostanti. Il
quinto elettrone, legato unicamente allatomo di impurit, pu essere reso libero con un
modesto apporto di energia, diventando pertanto un portatore di carica. Allelettrone liberato
rimane associato uno ione positivo, bloccato nel reticolo cristallino.
In modo analogo, quando il drogante un materiale trivalente, limpurit che si
inserisce nel reticolo cristallino tende a catturare un elettrone dagli atomi circostanti,
diventando uno ione negativo e generando una lacuna.
In altre parole i livelli energetici introdotti dai droganti nel modello a bande di energia
non subiscono gli effetti del principio di esclusione di Pauli. Nel silicio n, come illustrato
nella figura 4.8, si ha lintroduzione di un livello in pi che cade nella banda vietata del
semiconduttore intrinseco ed prossimo al limite inferiore della banda di conduzione di
questultimo (basta unenergia molto piccola ceduta allelettrone che si trova su tale livello
energetico perch passi in banda di conduzione).
reticolo cristallino
Intrinseco
Ec
EG
En
EF
EFn
EF
As
e-
Ev
Intrinseco
figura 4.8
In modo analogo il drogaggio di tipo p introduce nella banda vietata del semiconduttore
intrinseco, un livello energetico prossimo allestremo superiore della banda di valenza.
Il materiale tuttavia ha una concentrazione di impurit estremamente bassa e quindi pu
essere considerato ancora come materiale praticamente puro. Inoltre alle temperature normali
68
I semiconduttori
Capitolo 4
il drogante pu essere considerato totalmente ionizzato. Anzi anche a temperature
abbondantemente inferiori allo zero Celsius, questa ipotesi pu essere considerata
completamente soddisfatta.
Poich il numero di elettroni in banda di conduzione aumentato, e quindi aumentata
la probabilit di occupazione di un determinato livello di energia, evidente che il livello di
Fermi del materiale drogato EFn si spostato rispetto a quello EF del materiale intrinseco nella
direzione della banda di conduzione (figura 4.9). Lentit di tale spostamento data da:
EF
E Fn
EF
kT ln
N
ni
Ec
E Fi
EF
EF
E
EF
figura 4.9
opportuno inoltre far notare che nellespressione precedente, che permette di valutare
EF, con N si intende la concentrazione netta di impurit, cio la differenza tra numero di
donatori e di accettori; non quindi assolutamente necessario che il drogaggio sia effettuato
con un materiale di un unico tipo per ottenere un semiconduttore di tipo p o di tipo n.
Se il drogaggio molto elevato, 1019 o pi, il semiconduttore diviene degenere, cio
praticamente un conduttore, e il livello di Fermi taglia una delle bande permesse. In questo
caso lipotesi di completa ionizzazione del drogante pu non essere pi accettabile.
In un materiale drogato le concentrazioni n di elettroni e p di lacune sono legate, in
equilibrio termico, allo spostamento del livello di Fermi dalle relazioni conosciute sotto il
nome di equazioni di Schockley
69
I semiconduttori
Capitolo 4
n i .e
EF
kT
ni . e
EF
kT
e quindi
n 2i
n. p
K1e
K2
kT
ND
NA
n. p
n p
ND
NA
ND
NA
n i2
1
2
ND
p
ni
ni
NA
ni
NA
ND
2
70
NA
n i2
1
2
I semiconduttori
Capitolo 4
Landamento di p/ni e n/ni riportato nella figura 4.10 in funzione di (ND - NA)/ni
12
semiconduttore p
semiconduttore n
10
8
6
p
ni
n
ni
4
2
-10
-8
-6
-4
-2
(ND- NA )/ni
2
10
figura 4.10
ni
NA
cio se il materiale un materiale di tipo n, allora n p. In questo caso allora gli elettroni
costituiscono i portatori di maggioranza, le lacune quelli di minoranza. Se invece
ND
ni
NA
ND
NA
e di conseguenza
n i2
ND
n i2
NA
0 allora:
e di conseguenza
I semiconduttori
Capitolo 4
numero significativo. Di conseguenza il materiale si comporta quasi come il semiconduttore
intrinseco.
A partire dal limite superiore di tale zona, la ionizzazione dei donatori aumenta
rapidamente e con un modesto incremento di temperatura questi ultimi risultano tutti
ionizzati. La concentrazione n dei portatori maggioritari diviene pari a ND e molto maggiore
di ni. Tale situazione si conserva fino a qualche centinaio di gradi centigradi, quando ni prende
di nuovo il sopravvento e il semiconduttore riprende un comportamento simile a quello di un
semiconduttore intrinseco. Questa zona individuata nella figura 4.11 dal pianerottolo
pressoch orizzontale della curva (b).
Il comportamento in questa zona dettato dalle impurit e pu essere controllato
dosandole opportunamente. proprio questa zona che viene sfruttata per la realizzazione di
dispositivi in grado di modulare la corrente.
n (concentrazione di elettroni)
(b)
ni
semiconduttore intrinseco
T ( K)
figura 4.11
q . p.
Jn
q . n.
.E
72
.E
I semiconduttori
Capitolo 4
p e n descrivono quindi lattitudine dei portatori a spostarsi sotto lazione di un campo
elettrico e per tale motivo prendono il nome di mobilit rispettivamente di lacune e di
elettroni. La mobilit, in generale diversa per gli elettroni e le lacune, definita come il
rapporto tra la velocit assunta dalle particelle e il campo elettrico. La mobilit decresce
allaumentare della temperatura e del drogaggio. Poich campo elettrico e potenziale sono tra
loro, come noto, legati, si pu concludere che la densit di corrente, e quindi la corrente che
circola in un conduttore, ai cui estremi sia stata applicata una differenza di potenziale,
proporzionale a tale differenza di potenziale. In termini macroscopici si ottenuta la legge di
Ohm, relazione fondamentale per le correnti cosiddette di conduzione.
Nei semiconduttori tuttavia presente anche un altro fenomeno. Tale fenomeno, detto
diffusione, non legato al valore delle cariche n allintensit del campo elettrico, ma alla
loro distribuzione spaziale ed derivato dalla teoria dei gas. Sostanzialmente tale teoria
afferma che se vi sono due comparti, in uno dei quali vi un maggior numero di molecole di
gas che non nel secondo, si verifica un loro spostamento verso il comparto maggiormente
vuoto, finche non viene raggiunta una condizione di equilibrio. interessante notare che
quanto appena affermato, sia pure in maniera assolutamente qualitativa, non coinvolge in
alcun modo la nozione di carica ed quindi assolutamente slegato dal fatto che le particelle
prese in considerazione siano o no portatrici di una carica elettrica.
Si pu allora pensare che nel semiconduttore esistono delle zone in cui, per drogaggio
non uniforme, la quantit di portatori risulta punto per punto differente, dando luogo ad un
gradiente di concentrazione. In questo caso per diffusione si genera una corrente dipendente
dal gradiente, detta corrente di diffusione.
Facendo lipotesi che questo gradiente sia presente solo lungo un asse, indicato con x, le
densit di corrente di diffusione sono:
Jn
q. D n .
dn
dx
Jp
q. Dp .
dp
dx
(relazione di Einstein)
p.
.E
q. D n .
n
x
Dp .
p
x
(4.1)
I semiconduttori
Capitolo 4
concentrazione maggiore verso la concentrazione minore. Questo spiega i segni che
compaiono nellespressione della densita di corrente.
In assenza di campi elettrici la corrente si riduce alla sola componente diffusiva, in
assenza di gradienti di concentrazione alla sola componente conduttiva. Nel caso in cui il
semiconduttore sia di tipo p o di tipo n la corrente di conduzione si riduce poi praticamente a
quella dei soli portatori di maggioranza.
Dallespressione della corrente di conduzione
J
q. n.
p.
.E
.E
I
figura 4.12
I portatori di carica che si muovono entro il materiale con velocit v subiscono la forza
di Lorentz data da
F q. v B
dove q la carica (con segno) della particella.
74
[4.2]
I semiconduttori
Capitolo 4
Per effetto della forza F sia le particelle positive (lacune), che quelle negative (elettroni)
si addensano dallo stesso lato della piastrina. Infatti, se la corrente dovuta a lacune, leq.
[4.2] si scrive:
F q. v B
dove q e v sono prese con il segno positivo. Se la corrente dovuta a elettroni la [4.2]
diventa, poich la velocit delle particelle in questo caso ha verso opposto a quello della
corrente I.
F
q. v
La forza che agisce sia sugli elettroni che sulle lacune ha la stessa direzione, quindi
spinge le particelle dei due tipi dallo stesso lato della piastrina. Se la conduzione dovuta
prevalentemente a elettroni, un lato della piastrina si carica quindi negativamente, mentre se
dovuta a lacune lo stesso lato si carica positivamente. A un certo punto si arriva a una
situazione di equilibrio in cui la tensione Vh prodotta impedisce laccumulo di ulteriori
cariche. In questa situazione il campo elettrico prodotto dalle cariche accumulate esercita una
forza che bilancia la forza di Lorentz.
E. q
Vh
.q
d
q . v. B
[4.3]
Ricordando che la velocit dei portatori legata alla densit di corrente J da:
J
I
w. d
n. q. v
.v
[4.4]
dove con si e indicata la densit di carica e n il numero di portatori per unit di volume.
Ricavando v dalla 4.4 e sostituendola nella 4.3 si ha:
Vh
d
I. B
w . d.
v. B
e quindi
Vh
B. I
w.
75
I diodi
Capitolo 5
Capitolo 5
I DIODI
5.1) La giunzione p-n
Si consideri una barretta di materiale semiconduttore drogata ad esempio p, in cui esista
un gradiente non nullo nella concentrazione dei portatori di carica (nel caso esaminato lacune)
(figura 5.1)
p2
V1
V2
. p. E
q. D p .
dp
dx
VT .
Dp
dp
p
kT
.
q
p
Integrando lungo la barretta tra i due estremi di concentrazione p1 e p2 si ottiene:
76
I diodi
Capitolo 5
V2
V1
p2
VT .
p1
dp
p
VT . ln
p1
p2
77
I diodi
Capitolo 5
semiconduttore n
semiconduttore p
-----
lacune
-----
+
+
+
+
-----
---
---
elettroni
ioni donatori
zona svuotata
-W
+
+
+
+
ioni accettori
+W
X
n
figura 5.2
Queste cariche fisse danno luogo ad un campo elettrico e quindi ad una differenza di
potenziale nella zona di giunzione, che contrasta il fenomeno di diffusione. Leffetto
complessivo quello di realizzare nel momento del contatto una zona svuotata per effetto
delle correnti di diffusione, dopodich il sistema rimane in equilibrio. Ovviamente per
agitazione termica, o per qualsiasi altro motivo, nella zona di carica spaziale si possono
generare delle coppie elettrone - lacuna, ma, a causa del potenziale presente, queste cariche
migrano verso la zona n o la zona p lasciando in pratica la zona di svuotamento priva di
portatori di carica. Conoscendo il drogaggio, e quindi la densit della carica fissa, possibile
risalire al campo elettrico e alla differenza di potenziale, detto potenziale di contatto,
prodotta dalle cariche rimaste scoperte. La barriera di potenziale, che impedisce lulteriore
diffusione di cariche maggioritarie, non si oppone invece al passaggio delle cariche
minoritarie, che circolano liberamente, abbassando la barriera e quindi permettendo
unulteriore diffusione di cariche maggioritarie: si ha quindi un equilibrio dinamico tra
corrente di diffusione dei portatori maggioritari e corrente di conduzione, sollecitata dal
campo elettrico, dei portatori minoritari.
Rappresentando schematicamente quanto descritto, si ha, in condizioni di equilibrio, la
situazione illustrata in figura 5.3.
portatori lacune
zona
svotata
figura 5.3
78
portatori elettroni
I diodi
Capitolo 5
Nella zona di giunzione la distribuzione di carica ha qualitativamente un andamento del
tipo illustrato in figura 5.4, dovuta agli accettori negativi nella zona p e ai donatori positivi
nella zona n, che si trovano immediatamente ai lati della giunzione. La zona di carica spaziale
ha dimensioni dellordine del decimo di micron e allesterno di essa le cariche positive e
negative sono in pratica in equilibrio punto per punto.
lacune
elettroni
x
-W
Wn
figura 5.4
Integrando lungo lasse x la precedente distribuzione della densit di carica (divisa per
la costante dielettrica) si ottiene il campo elettrico, il cui andamento sar pertanto, sempre in
maniera qualitativa, quello indicato in figura 5.5.
E
lacune
elettroni
x
Wn
- Wp
figura 5.5
79
I diodi
Capitolo 5
V
p
lacune
n
elettroni
X
V0
figura 5.6
Si crea quella che viene detta barriera di potenziale, che si oppone ad ogni ulteriore
spostamento di portatori maggioritari da ciascuna zona a quella opposta. Lequilibrio
raggiunto tuttavia non statico, bens dinamico.
abbastanza ovvio che, fissando ad esempio lattenzione sul semiconduttore n, vi
possano essere in esso degli elettroni in banda di conduzione dotati di unenergia sufficiente a
raggiungere la zona p superando la barriera di potenziale, mentre allaltro lato della giunzione
gli elettroni minoritari della zona p sono favoriti dal campo elettrico a passare nella zona n.
Analogo discorso pu essere ovviamente fatto per le lacune, maggioritarie nella zona p e
minoritarie nella n.
Da quanto visto si ha quindi:
V0
VT ln
p1
p2
con p1 concentrazione delle lacune nella zona p e p2 concentrazione delle lacune in zona n.
n 2i
Poich p1 N A e p 2
ND
V0
VT .ln
NA .ND
n 2i
Se si chiude il circuito ovviamente non circola corrente. Nel modello a bande di energia
la situazione quella illustrata nella figura 5.7, in cui la creazione della giunzione fa s che i
livelli di Fermi di zona p e zona n vengono a coincidere.
In caso contrario si avrebbe un passaggio di elettroni dalla zona in cui il livello pi
alto a quella in cui pi basso.
80
I diodi
Capitolo 5
p
Ec
Ev
n
EF
p
Ec
EF
Ev
EF
giunzione
zone p e n separate
zone p e n unite
figura 5.7
Riportando sul medesimo grafico anche gli andamenti della densit di elettroni e di
lacune utilizzabili come portatori di carica, la situazione risulta quella di figura 5.8
elettroni
Ec
EG
EF
qV0
Ev
lacune
figura 5.8
dove con qV0 si indicato il salto energetico dovuto alla barriera di potenziale V0, con EC ed
EV i valori limite della banda di conduzione e di valenza e con EF il livello di Fermi.
81
I diodi
Capitolo 5
Come si vede dalla figura 5.8, solo alcune delle cariche maggioritarie sono in grado di
superare la barriera di potenziale, possedendo sufficiente energia. I portatori minoritari sono
invece favoriti nel passaggio.
Si visto daltra parte poco pi sopra che il potenziale di contatto vale:
V0
VT .ln
NA .ND
n 2i
kT
(k = costante di Boltzman, T temperatura assoluta e q carica dellelettrone)
q
detta equivalente in tensione della temperatura e a temperatura ambiente (300 K) vale circa
26 mV.
Si pu ora pensare di alterare il potenziale di contatto mediante lapplicazione di una
tensione esterna come indicato nella figura 5.9; ovviamente esistono due possibili situazioni,
dette di polarizzazione inversa, quando la tensione applicata dallesterno va ad aumentare la
barriera di potenziale V0, mentre quando questa viene diminuita si parla di polarizzazione
diretta.
dove VT
VD
VD
polarizzazione diretta
polarizzazione inversa
figura 5.9
82
I diodi
Capitolo 5
EG
EF
Ec
Ev
q.(V0 + V)
figura 5.10
A causa della polarizzazione esterna i livelli di Fermi della zona p e n non sono pi
allineati. aumentato il salto energetico e, se la tensione V sufficientemente elevata, la
corrente dei portatori maggioritari in pratica si annulla. Rimane, come illustrato, la sola
corrente dovuta ai portatori minoritari, che tuttavia assai modesta poich la loro
concentrazione molto bassa e permette di considerare in pratica il circuito come un circuito
aperto.
bene tuttavia ricordare che tale concentrazione dipende da ni che a sua volta dipende
dalla temperatura in maniera esponenziale.
Ad esempio nel silicio la corrente inversa, molto modesta alla temperatura ambiente,
cresce rapidamente raddoppiando ogni 10 11 C di incremento di questultima.
Oltre agli effetti descritti, landamento della polarizzazione inversa fa aumentare la
larghezza della zona di svuotamento. Ci fa s che nuove cariche, bloccate nel reticolo
cristallino rimangano scoperte; di conseguenza alla giunzione rimane associato anche un
comportamento capacitivo caratterizzato da una capacit di transizione, data da:
C
dQ
dV
con dQ variazione della carica spaziale dovuta alla variazione dV della tensione applicata.
83
I diodi
Capitolo 5
Polarizzazione diretta
Polarizzando invece la giunzione in senso diretto, in modo da diminuire la barriera di
potenziale, la zona svuotata si restringe ed in relazione al diagramma a bande si ottiene
landamento di figura 5.11.
Si vede che nel caso preso in esame un grande numero di portatori maggioritari di
ciascuna zona della barretta di semiconduttore si trova si trova ad energie tali da riuscire a
superare la barriera di potenziale.
Ec
E
Ev
q.(V0 - V)
figura 5.11
Un buon numero di portatori maggioritari di ciascuna zona viene pertanto iniettato nella
zona opposta ed ivi diffonde. Si ha un vistoso incremento della corrente per il cui calcolo
necessario osservare che nella barretta semiconduttrice la corrente rimane sezione per sezione
costante per il principio di continuit, ma a seconda della sezione variano le sue componenti,
siano esse di conduzione o di diffusione, dovute a elettroni o a lacune.
I portatori maggioritari di una zona vengono, infatti, iniettati nella zona opposta, dove
sono minoritari, ma in eccesso rispetto alle condizioni dequilibrio. In tale zona essi
diffondono ricombinandosi via via con i portatori maggioritari e dando origine lungo lasse x
ad un profilo di concentrazione di tipo esponenziale. La situazione descritta illustrata in
figura 5.12.
84
I diodi
Capitolo 5
J
lacune
elettroni
J pp
J nn
P
J np
elettroni diffusi
J pn
+Wn
-Wp
lacune diffuse
figura 5.12
J pn w n
Il primo termine, di difficile calcolo, tuttavia valutabile sulla base delle precedenti
considerazioni, poich:
J nn w n
J np
wp
Pertanto la densit di corrente totale si conosce non appena siano conosciuti i soli
termini di diffusione dei portatori minoritari ai lati della giunzione.
Ma
Jn
q. D n .
n
x
85
Jp
q. D p .
p
x
I diodi
Capitolo 5
e quindi sufficiente conoscere le concentrazioni di elettroni e lacune agli estremi della zona
di svuotamento.
Si ricordi ora che in un semiconduttore drogato la concentrazione di portatori, per le
equazioni di Schottky, sono, in condizioni di equilibrio, del tipo:
n
ni .e
EF
kT
ni .e
EF
kT
ni . e
VF
VT
np
n p0
ni . e
VF V
VT
ni . e
= n p0 . e
V
VT
VF
VT
n p0 . e
V
VT
n p0
Is . e
V
VT
86
I diodi
Capitolo 5
capacitivo, di cui si pu tener conto tramite una capacit detta capacit di diffusione, che in
polarizzazione diretta nettamente prevalente rispetto quella di transizione.
Dal comportamento descritto si intuisce che per rappresentare una giunzione in
polarizzazione inversa tramite un modello si deve ricorrere ad un generatore di corrente Is, in
quanto la corrente circolante indipendente dalla tensione applicata e che in parallelo a tale
generatore deve venir posto un condensatore di capacit pari alla capacit di transizione.
Il modello di una giunzione polarizzata direttamente invece dato da un bipolo non
lineare, con legame tensione-corrente esponenziale, in parallelo al quale si deve inserire la
capacit di diffusione.
C infine da osservare che se la tensione inversa applicata sale oltre un certo limite,
intervengono fenomeni di scarica. Se, infatti, il campo elettrico, che si sviluppa lungo la zona
di carica spaziale, particolarmente elevato si ha il fenomeno della moltiplicazione a
valanga. Se, infatti, si genera nella zona di carica spaziale una coppia elettrone-lacuna, i
portatori, accelerati dal campo elettrico, potrebbero acquisire unenergia tale da generare altre
coppie elettrone-lacuna per collisione con il reticolo cristallino. Si ha cio un fenomeno di
moltiplicazione dei portatori con un brusco innalzamento della corrente. Esiste anche un
secondo fenomeno, detto scarica Zener, in presenza di concentrazioni di droganti
particolarmente elevate, che tuttavia nei suoi effetti macroscopici risulta molto simile a quelli
della scarica a valanga. In polarizzazione inversa quindi una giunzione p-n ha la caratteristica
tensione-corrente di figura 5.13
I
VBR
V
I
figura 5.13
dove VBR detta tensione di scarica o tensione di breakdown. Sebbene in talune applicazioni
tale zona di scarica venga utilizzata, nelle normali applicazioni in polarizzazione inversa
necessario tenersi lontani dalla zona di breakdown.
5.2) I diodi
La giunzione p-n presa in esame al paragrafo precedente pu essere utilizzata per
realizzare dispositivi complessi, ma anche nella sua pi semplice espressione pu trovare
applicazione come elemento circuitale. Ci si trova in tal modo di fronte ad un elemento con
due morsetti, un bipolo cio, detto diodo, in cui i due materiali semiconduttori p ed n possono
87
I diodi
Capitolo 5
venir connessi ad un circuito esterno attraverso contatti ohmici applicati alle estremita della
barretta.
Questo elemento viene utilizzato come elemento non lineare, in quanto la sua
caratteristica tensione-corrente nettamente diversa a seconda della polarizzazione della
giunzione; in pratica il diodo conduce o meno a seconda del verso della tensione applicata. Un
tale dispositivo pu essere utilizzato ad esempio per compiti di rettificazione o per rivelare
segnali a valore medio nullo in cui linformazione sia contenuta nellinviluppo. In ambedue i
casi a partire da un segnale a valore medio nullo, sfruttando il fatto che il diodo conduce solo
quando polarizzato direttamente, si ottiene un segnale pulsante ma a valore medio non nullo.
I diodi tuttavia possono essere usati anche per altri scopi. Con semiconduttori
allArseniuro di Gallio o comunque con composti del Gallio, quando il diodo viene
polarizzato direttamente, il passaggio degli elettroni dalla banda di conduzione a quella di
valenza avviene con un unica transizione e con lemissione di un fotone nella banda
dellinfrarosso o della luce visibile. In questo caso linteresse non risiede nella funzione
rettificatrice, bens nella possibilit emissive del diodo che lo rendono una sorgente
economica ed affidabile di radiazione luminosa o infrarossa.
Ancora, polarizzando un diodo inversamente, si ha a disposizione qualcosa che si
comporta come un condensatore e il cui valore di capacita puo venir modificato in funzione
della tensione applicata ai morsetti. Si ha quindi un condensatore controllato in tensione che
trova larga applicazione in tutti gli apparati di radiocomunicazione. In polarizzazione inversa
la zona di giunzione poi notevolmente sensibile a tutte quelle sorgenti di energia che
possono generare coppie elettrone-lacuna. Pertanto il diodo in polarizzazione inversa potrebbe
venir utilizzato per realizzare rilevatori di forme di energia incidente, come ad esempio fotoni,
che tuttavia devono possedere delle energie ben precise per essere catturabili. Si parla in tal
caso di fotorivelatori o di fotodiodi e sistemandone un gran numero in forma lineare o in una
struttura a matrice si possono realizzare sensori lineari o bidimensionali per scopi di
esplorazione di immagini, come nelle applicazioni tipo telefax o per le videocamere. Ancora,
sfruttando il fatto che la corrente di perdita dipende fortemente dalla temperatura, si possono
realizzare sensori di temperatura.
Si vede pertanto che, sfruttando le diverse caratteristiche presenti nelle varie zone di
funzionamento, il diodo pu venir utilizzato per molti scopi.
Si riprenda ora la caratteristica del diodo (figura 5.14) riscontrata in precedenza e la si
associ al relativo simbolo comunemente usato per identificarlo.
I
I
anodo
polarizzazione
inversa
V
-VBR
catodo
polarizzazione
diretta
figura 5.14
88
I diodi
Capitolo 5
Con la convenzione indicata, cio considerando positiva la corrente entrante a uno dei
due elettrodi, detto anodo, e indicando con il simbolo, analogo a quello di una freccia, il senso
di circolazione delle correnti positive, quando la giunzione polarizzata direttamente, la
caratteristica tensione-corrente quella riportata nel primo quadrante del grafico di figura
5.14. Laltro elettrodo prende il nome di catodo del diodo. Con tali convenzioni, quando la
tensione applicata tale da rendere lanodo positivo rispetto al catodo, vi passaggio di
corrente, con un andamento esponenziale che passa per lorigine. In polarizzazione negativa
invece la corrente e praticamente nulla in quanto e data dalla sola corrente inversa di
saturazione, che nella scala adottata per le correnti dirette e alle normali temperature di
esercizio di solito non rappresentabile essendo di qualche nanoampere o picoampere a
seconda del materiale usato. Qualche altra caratteristica pu dipendere dal materiale, come ad
esempio la tensione di soglia (o di accensione) del diodo (V ), cio la tensione diretta alla
quale la corrente inizia a essere sensibile e a crescere rapidamente con la tensione.
Aumentando considerevolmente la polarizzazione inversa, si entra nella zona di scarica, a
valanga o Zener, in cui la corrente torna a salire bruscamente. In un diodo reale tuttavia
necessario tener conto di alcuni limiti. Considerando ad esempio la zona di polarizzazione
diretta, la corrente sale rapidamente in modo pressoch esponenziale. Tuttavia superato un
certo valore la corrente I, che scorre nel diodo, non pi limitata della leggi della giunzione,
bens dalla resistenza serie di quella parte di semiconduttore che non partecipa alla zona di
giunzione e che pu essere considerata una resistenza puramente ohmica. A questa poi si
sommano le resistenze dei contatti e dei reofori di collegamento. Pertanto la caratteristica del
diodo al di sopra di certi valori di corrente tende a diventare rettilinea anzich avere un
andamento esponenziale. Anche nella zona di breakdown la caratteristica pressoch
rettilinea. In ambedue le zone, poich vi circolazione di corrente, con una tensione ai capi
del diodo non nulla, vi una certa dissipazione di potenza. Si ha pertanto un riscaldamento
che, quando fosse eccessivo, potrebbe portare alla distruzione del dispositivo. Esiste di
conseguenza un limite sulla massima potenza dissipabile. Fissando lattenzione sui diodi al
silicio, si pu affermare che la tensione di soglia di circa 0,6 V. La tensione di scarica e la
dissipazione massima dipendono invece dalla sua realizzazione.
Per quanto riguarda la tensione inversa massima (VBR) questa pu andare da qualche
volt o qualche decina di volt, per i diodi che vengono utilizzati proprio in questa zona e che
prendono il nome di diodi Zener, a valori che raggiungono e superano abbondantemente il
migliaio di volt. In termini approssimati si pu affermare che quanto maggiore il livello di
drogaggio del semiconduttore e tanto minore la tensione di breakdown.
Per rilevare la caratteristica del diodo si pu ricorrere al circuito di figura 5.15 in cui la
resistenza R ha il duplice scopo di limitare la corrente nel circuito e permettere la misura della
corrente attraverso la caduta ai capi della resistenza stessa.
VR
I=
R
V
Va
figura 5.15
89
V
R
Va = tensione variabile
I diodi
Capitolo 5
Un diodo viene caratterizzato dal costruttore attraverso tutta una seria di parametri che
compaiono sui fogli caratteristici di cui riportato un esempio in figura 5.16.
I diodi
Capitolo 5
91
I diodi
Capitolo 5
Fra questi parametri particolare importanza hanno la corrente inversa di saturazione Is
(dellordine di 10-12 10-14 A), la resistenza diretta RS (dellordine di qualche decina di Ohm
per diodi per piccoli segnali e di valore via via decrescente man mano che la corrente diretta
massima del diodo aumenta), la capacit di transizione a tensione nulla CT, la tensione diretta
VF a diversi valori di corrente e la tensione di breakdown VBR.
Un particolare interessante assume poi il tempo di ripristino inverso cio il tempo
necessario, quando si passa dalla polarizzazione diretta a quella inversa, per rimuovere le due
falde di portatori minoritari ai due lati della giunzione. Tale tempo determina le caratteristiche
dinamiche del diodo.
Vi poi tutta una serie di parametri ausiliari, quali ad esempio i limiti massimi da non
superare, di evidente significato.
appena il caso di far notare che il comportamento del diodo influenzato dalla
temperatura. Allaumentare di questultima diminuisce la tensione di soglia, che nel campo di
temperatura previsto sar compresa tra circa 0,8 V alla temperatura minima e 0,5 V alla
temperatura massima. Il coefficiente di temperatura di circa -2 mV/C. Allo stesso modo la
corrente inversa di saturazione aumenta in modo esponenziale con la temperatura,
raddoppiando circa ogni 10 11 C di incremento di questultima.
Passando ad esempio da 25 C alla massima temperatura di 175 C si avr:
I s 175 C
I s 25 C .2
175 25
10
I s 25 C .215
100.10 9.32768nA
3,3mA
92
I diodi
Capitolo 5
I max
P max
VBR VR max
Pmax
figura 5.17
Per la massima potenza dissipabile ovviamente esiste una curva di derating, di cui un
esempio riportato in figura 5.18 e che ha lo stesso andamento e lo stesso significato di quella
gi vista in precedenza per i resistori.
Pd
P nominale
25
T max
Ta
figura 5.18
Un fatto da tenere poi in evidenza risiede nella constatazione che le capacit parassite
delle giunzioni limitano limpiego dei diodi alle alte frequenze.
Si prenda ad esempio in considerazione il circuito di figura 5.19, realizzato utilizzando
un LED, cio un diodo emettitore di luce, e un fotodiodo, cio un diodo polarizzato
inversamente in cui tuttavia un fotone incidente in grado di generare una o pi coppie
elettrone - lacuna nella zona di giunzione.
93
I diodi
Capitolo 5
R1
R2
+
vi
vu
LED
Vcc
figura 5.19
it
R1
VF
essendo VF la caduta diretta ai capi del diodo. Se tuttavia v(t) molto maggiore di VF, si pu
dire che in prima approssimazione:
vt
R1
it
Di conseguenza lemissione del LED legata al segnale dingresso Vi. Al lato ricevente,
la corrente dovuta alle coppie elettrone-lacuna generata dai fotoni incidenti legata
allemissione del LED. Di conseguenza la caduta ai capi di R2, tanto maggiore quanto
maggiore lemissione del LED, legata essa stessa alla tensione Vi. Raccogliendo quindi la
tensione Vu si trasferita linformazione legata alle variazioni di Vi al lato ricevente del
circuito.
vi
t
vu
t
figura 5.20
Se si suppone che lingresso sia unonda quadra la forma donda che si ottiene in uscita,
quando la frequenza sufficientemente alta, tuttavia quella di figura 5.20.
94
I diodi
Capitolo 5
Come si vede i fronti di salita e di discesa risultano arrotondati. A parte altri fenomeni,
che in questa sede non il caso di prendere in esame, questo fatto dovuto alla presenza delle
capacit di transizione e di diffusione dei due diodi ed in una certa misura alle capacit
parassite dei cablaggi e dagli altri componenti.
In prima approssimazione per rappresentare la situazione reale si dovrebbero inserire in
parallelo ai due diodi due condensatori, che danno luogo ad unattenuazione delle alte
frequenze contenute nel segnale, determinando in tal modo larrotondamento dei fronti.
5.3) Gli impieghi circuitali dei diodi.
a) Modelli dei diodi
Si gi visto in precedenza che la caratteristica di un diodo sostanzialmente
rappresentabile da un esponenziale nella zona di conduzione, coincide in pratica con lasse
delle ascisse nella zona di interdizione, mentre nella zona di scarica a valanga o Zener la
caratteristica assume un andamento subverticale e il diodo pu essere considerato come un
generatore quasi ideale di tensione.
Dallesame della caratteristica si evince che il diodo un componente altamente non
lineare e quindi difficilmente utilizzabile direttamente nel progetto di circuiti se prima non si
mettono a punto degli adeguati modelli, facilmente manipolabili, che ne descrivano il
funzionamento.
-V BR
valanga o
zener
interdizione
conduzione
figura 5.21
95
I diodi
Capitolo 5
Per quanto riguarda il diodo e prendendo in considerazione la sua caratteristica statica,
(in sostanza la sua caratteristica voltamperometrica ottenuta come successione di stati di
equilibrio stazionari) un primo modello che si pu mettere a punto un modello matematico.
VD
ID
Is. e
VD
VT
I s .e
VT
[5.1]
kT
q
Si ha quindi unespressione matematica che approssima con sufficiente precisione
landamento della caratteristica del diodo, con lesclusione della zona di scarica. Tale
espressione indica che la corrente che scorre nel diodo ID, in funzione della tensione VD
applicata ai suoi capi, sostanzialmente unesponenziale.
Se tuttavia si fosse interessati a rappresentare la sola zona di conduzione, per correnti
sufficientemente elevate rispetto a Is, in una zona cioe dove lunit pu essere trascurata
con VT
VD
figura 5.22
96
I diodi
Capitolo 5
Questo modello molto grossolano in quanto, soprattutto nella zona di conduzione si
discosta notevolmente dal comportamento reale.
Si possono mettere a punto modelli migliori. Si prenda in esame a tale scopo la zona di
interdizione, dilatando la scala delle correnti (figura 5.23).
ID
VD
figura 5.23
Si vede in tal caso che nella zona di interdizione la corrente non nulla, ma pari alla
corrente di saturazione inversa, anzi in un diodo reale questa corrente cresce leggermente al
crescere della tensione inversa. Per rappresentare questo comportamento con un modello si
pu ricorrere ad un generatore di corrente pari a Is (figura 5.24-a)
Is
Is
(a)
(b)
figura 5.24
Se poi si volesse anche tener conto della variazione della corrente inversa con la
tensione inversa sarebbe necessario collocare unopportuna resistenza in parallelo al
generatore (figura 5.24-b).
Il primo modello rappresenta il comportamento reale con una caratteristica orizzontale
distante dallasse delle ascisse -Is. Il valore scelto per Is potrebbe essere il valor medio della
corrente Is reale nella zona di interdizione.
97
I diodi
Capitolo 5
Nel secondo modello i due parametri Is e R possono essere scelti nel modo indicato in
figura 5.25.
ID
1
R = tg
VD
Is
figura 5.25
VD
figura 5.26
98
I diodi
Capitolo 5
VD
V
figura 5.27
Un circuito cos realizzato tale che per far passare il diodo ideale in conduzione
necessario applicare una tensione VD pari alla tensione di soglia V . Il comportamento
quindi molto pi simile al comportamento di un diodo reale.
Anche questo modello, per quanto gi utilizzabile in molti casi, non per
sufficientemente preciso. Per tener conto della resistenza interna di un diodo reale la
caratteristica potrebbe essere approssimata sempre con due tratti di retta come illustrato in
figura 5.28-a
I
VD
V
(a)
R
(b)
figura 5.28
1
tg
I diodi
Capitolo 5
Valori normali per i diodi al silicio sono V = 0,5 V ed R = 5 50
b) Il circuito OR
Si analizzer ora come questi modelli siano utilizzati. Si consideri a tale scopo il
circuito in figura 5.29, formato da due diodi uniti sul catodo e da una resistenza.
D1
D
Vu
V2
figura 5.29
100
I diodi
Capitolo 5
Se V1 = +V e V2 = 0 si pu ragionevolmente pensare che, poich non vi alcun
generatore di tensione negativa, non sia possibile che il catodo di D2 possa trovarsi a un
potenziale inferiore allanodo. Pertanto si pu ipotizzare D2 interdetto. Inoltre, essendo
lanodo di D1 alla tensione +V mentre il suo catodo riportato al potenziale di riferimento.
tramite la resistenza R, ragionevole pensare che D1 sia conduttore. Utilizzando come
modello il diodo ideale, il circuito si riduce allora a quello di figura 5.30.
+V
Vu = +V
0V
figura 5.30
+V.
Quando infine sia V1 che V2 sono pari a +V ragionevole supporre che ambedue i diodi
siano conduttori. Pertanto, sempre assumendo come modello il diodo ideale si ha ancora Vu =
+V.
Tutti i casi possibili sono riassunti in tabella 5.1
V2
Vu
+V
+V
+V
+V
+V
+V
+V
tabella 5.1
I diodi
Capitolo 5
Analogamente la presenza di una tensione +V sul catodo di D2 e 0 sullanodo, conferma che
D2 interdetto.
Ragionamenti analoghi permettono di confermare la validit di tutte le conclusioni della
tabella 5.1.
Ci si trova di fronte pertanto ad un circuito la cui uscita diversa da zero se e solamente
se o luno o laltro o entrambi gli ingressi sono diversi da zero.
Per questo motivo il circuito detto circuito OR e trova importanti applicazioni in
elettronica digitale.
Sebbene il modello utilizzato, quello del diodo ideale, permetta di individuare il
funzionamento del circuito tuttavia troppo semplice per mettere in luce altre caratteristiche
del circuito reale.
+V
Vu
0V
figura 5.31
Nella realt la tensione di uscita Vu non sar mai pari a +V a causa della caduta ai capi
del diodo quando circola una corrente. Se si fosse pertanto interessati a valutare questo aspetto
necessario utilizzare un modello di diodo pi complesso. Se ad esempio si utilizzasse il
modello realizzato con diodo ideale e batteria, la situazione di figura 5.30 si trasformerebbe in
quella di figura 5.31 e la tensione di uscita Vu diverrebbe pari a +V -V , pi vicina alla realt
di quanto non fosse quella ottenuta con il modello precedente.
Risulta allora evidente che se pi circuiti di questo tipo vengono connessi in cascata, la
tensione duscita tende a ridursi stadio per stadio, rendendo in pratica impossibile porre pi di
2 o 3 stadi di questo tipo in cascata.
Se si volessero infine ottenere informazioni sempre pi raffinate sul comportamento del
circuito OR sarebbe necessario utilizzare modelli sempre pi complessi. Nellambito dei
modelli presi in considerazione, la situazione di figura 5.30 corrisponderebbe allora al circuito
di figura 5.32, che utilizza sia per la zona di conduzione che per quella di interdizione i
modelli pi complessi tra quelli fin qui introdotti.
102
I diodi
Capitolo 5
V
R'
Is
R
+V
Vu
R"
figura 5.32
c) Il circuito tosatore
Si consideri il circuito di figura 5.33 e si voglia determinare la tensione di uscita vu in
funzione di quella di ingresso ve.
ve
Vp
vu
figura 5.33
Utilizzando il modello del diodo ideale immediato osservare che finch la tensione in
ingresso non raggiunge il valore Vp, il diodo rimane interdetto. Non circola quindi alcuna
corrente, su R non si ha alcuna caduta e di conseguenza vu = ve.
Quando tuttavia la tensione di ingresso (e di uscita) raggiunge il valore Vp, il diodo
passa in conduzione e nel modello considerato diviene un cortocircuito. La tensione di uscita
pertanto diventa uguale a Vp e ulteriori aumenti di ve non sono in grado di modificarla
facendo semplicemente aumentare la corrente che circola su R. La caratteristica tensione
duscita - tensione dingresso quindi quella riportata in figura 5.34 e nel tratto orizzontale di
v e Vp
.
questa caratteristica la corrente I, che circola su R, vale I
R
103
I diodi
Capitolo 5
Questo circuito viene chiamato circuito tosatore e pu venir impiegato per limitare al
valore massimo Vp lampiezza di un certo segnale, ad esempio per scopi di protezione di un
circuito pi a valle.
vu
Vp
ve
Vp
figura 5.34
ve
vu
Vp
figura 5.35
104
I diodi
Capitolo 5
V
ve
vu
Rd
Vp
figura 5.36
Se infine venisse utilizzato il modello che tiene conto della resistenza interna del diodo
(figura 5.36) ci si accorgerebbe che superata la tensione di ingresso Vp + V , la tensione non
rimane bloccata ad un ben preciso valore, ma cresce con ve, sia pure lentamente. La
caratteristica di trasferimento risulta quella di figura 5.37 ed quella che pi somiglia a quella
del circuito reale.
Vp + V
Vp + V
ve
figura 5.37
105
I diodi
Capitolo 5
Tuttavia il modello che si sta utilizzando un modello linearizzato, che nella zona di interesse
riduce il circuito a quello illustrato in figura 5.36.
Poich:
vu
ve .
Rd
R Rd
Vp
R
R Rd
V .
ve.
Rd
R Rd
Vp
V .
R
R Rd
Questa relazione mostra che se Rd > 0, come avviene sempre in un diodo reale, la
tensione vu cresce con ve.
Le informazioni ricavate sono in questo caso pi dettagliate che non nei casi precedenti.
tuttavia opportuno notare che, essendo ricorsi a un modello linearizzato, esse sono state
ottenute senza particolari difficolt, malgrado che il circuito di partenza reale fosse fortemente
non lineare.
d) Circuiti raddrizzatori a singola semionda
Il diodo semiconduttore trova largo impiego nei circuiti di raddrizzamento cio in quei
circuiti che permettono di convertire una tensione alternata, cio periodica sinusoidale a valor
medio nullo, in cui una tensione continua, che la forma usualmente impiegata per
lalimentazione delle apparecchiature elettroniche.
Il circuito pi semplice quello riportato in figura 5.38, dove R schematizza un
possibile utilizzatore, ve la tensione alternata in ingresso, e si vuole individuare la forma
della vu.
ve
figura 5.38
106
vu
I diodi
Capitolo 5
Utilizzando come modello il diodo ideale, non difficile intuire che il esso passer in
conduzione solamente durante le semionde positive della tensione di ingresso. Si ottengono
cio per la ve e la vu le forme donda di figura 5.39.
ve
figura 5.39
Si pu notare che il valor medio della tensione di uscita non pi zero, o, in altre
parole, che e presente una componente continua.
Se tuttavia si utilizza il modello che tiene conto della tensione di soglia V e si osserva,
espandendo la scala della tensione Ve, cosa avviene nel passaggio da interdizione a
conduzione ci si trova di fronte alla situazione di figura 5.40.
Il diodo cio non passa in conduzione nei punti di zero della tensione Ve, ma solo
quando questultima ha raggiunto il valore V .
vu , v e
figura 5.40
Si sa, da quanto visto in precedenza, che il diodo, una volta passato in conduzione, pu
venir rappresentato con un generatore di tensione continua V che si oppone alla tensione
applicata. In uscita pertanto, durante la conduzione si avr una tensione:
107
I diodi
Capitolo 5
vu
ve
Il risultato ottenuto ovviamente pi aderente alla realt che non nel caso precedente in
quanto il diodo simulato con maggior cura.
Tuttavia luso delluno o dellaltro modello dipende dal tipo di applicazione. Se ad
esempio si dovesse raddrizzare una tensione, quale quella della rete di distribuzione, di 220 V,
il trascurare lesistenza della V che di circa 0.6 V, non d luogo ad un sensibile errore.
Diverso invece il caso in cui la tensione da raddrizzare fosse di basso valore, ad esempio di
5 V, per il quale luso del modello diodo ideale introdurrebbe un errore dellordine del 10%.
Se poi si volesse analizzare il circuito con ancora maggiore precisione sarebbe
necessario ricorrere al modello che tiene conto anche della resistenza interna Rd del diodo. In
tal caso le forme donda di ingresso e uscita, sovrapposte per evidenziarne le caratteristiche
sarebbero quelle di figura 5.41.
ve , vu
figura 5.41
ve .
R
R Rd
V.
R
R Rd
ve
V .
R
R Rd
108
I diodi
Capitolo 5
i
R
Ve
VB
figura 5.42
i
V B+V
figura 5.43
ve
VB
e pertanto la resistenza R pu venir utilizzata per regolare il valore massimo della corrente di
carica.
109
I diodi
Capitolo 5
In questo esempio la tensione raddrizzata e la corrente che fluisce nel carico sono
ambedue grandezze pulsanti che solo in determinati intervalli di tempo assumono valori
diversi da zero. Nella fattispecie la batteria stessa che dal segnale pulsante ottiene una
quantit a valor medio non nullo, utile alla carica.
Molto spesso tuttavia la forma pulsante non adatta agli scopi che ci si propone ed
necessario ricavare tensioni o correnti il pi possibili costanti. In tal caso il circuito pu venir
modificato, inserendo una capacit in parallelo al carico (figura 5.44).
id
Ve
Vu
figura 5.44
vu
t
ve
figura 5.45
I diodi
Capitolo 5
Questa situazione si mantiene finch la tensione di ingresso non supera nuovamente
quella ai capi del condensatore, dopo di che il ciclo si ripete (figura 5.45). Si ha pertanto in
uscita una forma donda di tensione dotata di una certa ondulazione, che sar tuttavia tanto
minore quanto maggiore sar il valore di C.
La corrente che circola nel diodo data da impulsi di corrente durante il periodo di
conduzione del diodo, come illustrato nella figura 5.46. Tali impulsi di corrente servono a
ricostituire la carica che durante linterdizione del diodo scaricata sul carico R.
Poich il periodo di conduzione tanto minore quanto maggiore C, lampiezza di tali
impulsi direttamente correlata con il valore di C. Quanto esposto fa ovviamente riferimento
ad un ben particolare modello del diodo, tuttavia anche considerando altri modelli i risultati
non sarebbero molto diversi, come il lettore pu agevolmente verificare, se non per quanto
riguarda la forma donda della corrente. Se, infatti, si considerasse ad esempio il modello di
diodo dotato di resistenza interna nulla, landamento della corrente non sarebbe giustificabile
e la corrente circolante nel diodo si sarebbe dovuta rappresentare con un impulso di durata
infinitesima ed ampiezza infinita allistante in cui il diodo passa in conduzione.
vu
t
ve
id
t
figura 5.46
Il circuito descritto pu servire, come si detto, per realizzare degli alimentatori per le
pi svariate apparecchiature. Un altro suo uso tuttavia quello di voltmetro di cresta, in
quanto in grado di rilevare il valore di picco di una tensione periodica com evidente
dallesame fatto del suo funzionamento.
Ci si rende tuttavia conto come lutilizzo di modelli, che non siano il diodo ideale,
permettono di individuare con maggiore facilit tutte le cause di errore, cio tutte le cause che
fanno s che il valore della Vu non coincida con quello di picco di Ve.
111
I diodi
Capitolo 5
5.4) La retta di carico
Il metodo della retta di carico permette di calcolare per via grafica il punto di lavoro di
un diodo; permette cio di calcolare in che punto della sua caratteristica voltamperometrica il
diodo si porti quando viene alimentato da un generatore di tensione Va che abbia una
resistenza interna R.
Il metodo della retta di carico ha tuttavia validit generale e torna particolarmente utile
ogni volta che si abbia a che fare con dispositivi non lineari.
Si consideri in circuito di figura 5.47
Id
Va
Id
Vd
Vd
caratteristica
V = Va - R . I
d
d
figura 5.47
Il diodo, dispositivo elettronico non lineare, sia descritto attraverso la sua caratteristica
voltamperometrica, e sia connesso ad un circuito esterno rappresentato attraverso il suo
equivalente di Thevenin. Ci non fa perdere di generalit, in quanto qualsiasi circuito pu
essere sostituito per Thevenin da un generatore di tensione Va in serie con una resistenza R. Si
ricordi che Va la tensione che nel circuito reale si legge a vuoto tra i morsetti di uscita,
mentre R la resistenza che si vede tra gli stessi morsetti quando tutti i generatori di tensione
del circuito siano stati sostituiti con un cortocircuito e quelli di corrente con un circuito
aperto.
Connettendo questi due elementi circuitali dovr ovviamente accadere che la tensione
VD e la corrente ID del circuito esterno siano uguali a quelle del diodo.
Ora se semplice ottenere una relazione analitica tra VD e ID per la parte lineare del
circuito, ottenendo che
Vd
Va
R. I d
la cosa non altrettanto semplice per il diodo in cui il legame esponenziale ed soprattutto
abbastanza difficile risolvere le relazioni in VD e ID per ottenere il punto di lavoro del circuito.
La soluzione pu essere ottenuta per via grafica, riportando sul piano della caratteristica
del diodo, la curva caratteristica del circuito esterno, che in questo caso una retta passante
per i due punti V = Va, I = 0 e V = 0, I = Va/R, con coefficiente angolare -1/R (figura 5.48).
112
I diodi
Capitolo 5
Va
R
V d = V a - R.I d
Id
Vd
Va
figura 5.48
470 nF
Ve
10 k
1k
1k
Vu
figura 5.49
113
I diodi
Capitolo 5
opportuno allora introdurre il concetto di circuito equivalente per piccoli segnali, in
contrapposizione con quelli visti finora destinati a lavorare con segnali di ampiezza notevole.
Il circuito di figura 5.49 pu venir rappresentato come in figura 5.50, inserendo un
generatore di tensione continua di polarizzazione Vp.
I
Vp
R
v e(t)
vu
Id
Vp
Vd
Vp
figura 5.50
Retta di carico e punto di lavoro in continua del diodo sono riportati sul diagramma
voltamperometrico relativo, intendendo con punto di lavoro in continua il punto individuato
dalla tensione VD e della corrente ID del diodo quando presente il solo generatore di
polarizzazione Vp.
Se ora a Vp si somma il segnale ve(t) di piccola ampiezza, tale segnale far spostare il
punto di lavoro secondo quanto schematizzato nella figura 5.51.
I
i(t)
Vp
R
Vp
figura 5.51
V
ve(t)
La pendenza della retta di carico, infatti, non si modifica in quanto il carico sempre R;
quello che varia la tensione totale applicata al diodo che varier sinusoidalmente tra Vp +
ve(t) e Vp - ve(t). Tutto ci pu essere tenuto in considerazione supponendo che la retta di
carico si sposti parallelamente a se stessa, muovendosi sinusoidalmente nellintorno del valore
Vp .
114
I diodi
Capitolo 5
Di conseguenza il punto di lavoro si sposta lungo la caratteristica del diodo facendo
variare la corrente circolante.
Con metodi grafici o per via di calcolo si pu ottenere punto per punto la
corrispondenza tra tensione di ingresso e corrente di uscita, che ovviamente non sinusoidale
perch la caratteristica del diodo non rettilinea.
Tuttavia possibile ottenere un modello circuitale che permette di compiere tale
operazione in maniera molto semplice, ottenendo appunto il modello circuitale per piccoli
segnali del diodo.
Si osservi che se il segnale di ingresso ve(t) sufficientemente piccolo, il tratto su cui si
sposta il punto di lavoro sulla caratteristica pu venir approssimato senza grossi errori con un
tratto rettilineo. Si pu cio linearizzare la caratteristica del diodo nellintorno del punto di
lavoro confondendo la caratteristica con la sua tangente in tale punto (punto di lavoro in
continua, detto anche di riposo). In sostanza per una variazione di segnale sufficientemente
piccola attorno al punto di riposo, alla caratteristica non lineare del diodo pu essere sostituita
una sua approssimazione lineare.
Come modello circuitale del diodo si pu in tal caso considerare un generatore di
tensione Vg e una resistenza R come illustrato in figura 5.52
ovvio che i parametri di tale modello dipendono dal punto di riposo; essi cio variano
in funzione della polarizzazione.
I
R = 1/tg
Vp
R
Vp
figura 5.52
vd
id
115
I diodi
Capitolo 5
id
Is.e
vd
VT
(1)
si ottiene pertanto
id
vd
Is
.e
VT
vd
VT
id
VT
con
VT
kT
q
e quindi
VT
id
rd
che alla temperatura ambiente di 25 C, vale:
rd
26.10 3 .
id
ve (t)
figura 5.53
116
I diodi
Capitolo 5
Riassumendo, per utilizzare il modello per piccoli segnali, necessario:
1) Individuare il punto di lavoro in continua.
2) Nel punto di lavoro valutare i parametri del modello a piccoli segnali.
3) disegnare il circuito equivalente linearizzato che corrisponde, a piccoli segnali,
al circuito di partenza.
4) Calcolare, eventualmente per sovrapposizione degli effetti, le variazioni del
segnale duscita in funzione di quelle del segnale dingresso.
5.5) Modelli di dispositivi non lineari
Nel paragrafo precedente sono stati introdotti alcuni modelli che possono venir utilizzati
per studiare il comportamento del diodo, dispositivo fortemente non lineare; tale studio non
sarebbe facilmente affrontabile in maniera diversa. Il discorso ovviamente estendibile a tutti
i dispositivi non lineari, quali sono gran parte dei dispositivi elettronici.
Quando si utilizza un dispositivo non lineare un metodo per determinare il suo punto di
lavoro , come si visto, quello della retta di carico. Esso viene individuato dallintersezione
sul piano V-I della caratteristica non lineare del dispositivo utilizzato con la retta che
rappresenta la parte lineare del circuito, che secondo Thevenin pu sempre essere
rappresentata con un generatore di tensione VA in serie con una resistenza R (figura 5.54)
I
VA
R
R
I
VA
VA
figura 5.54
Questo metodo permette non solo di determinare il punto di lavoro, ma anche le sue
variazioni, se variano le condizioni di impiego. Tuttavia questo metodo ipotizza che la
caratteristica V-I sia conosciuta, o attraverso misure o perch fornita dal costruttore; ci non
sempre vero, anche perch prendendo diversi esemplari dello stesso componente ci possono
essere ampie tolleranze sulle sue caratteristiche.
Un altro metodo potrebbe essere quello del modello matematico, che ad esempio nel
caso del diodo ci dice che:
vd
id
Is . e
VT
vd
con
117
I s .e
VT
I diodi
Capitolo 5
VT
kT
q
Vp
figura 5.55
118
I diodi
Capitolo 5
Comunque sia, i modelli per ampi segnali tendono a rappresentare la caratteristica del
dispositivo in zone molto ampie, che comprendono anche i punti di rottura che nel modello
rappresentano punti di non linearit.
Per i diodi tuttavia, ed in generale per tutti i dispositivi elettronici, le caratteristiche
variano con la temperatura e quindi con la temperatura varieranno anche i parametri del
modello.
In un diodo, ad esempio, al variare della temperatura, la tensione ai suoi capi a corrente
costante varia diminuendo di circa 2 2,5 mV per ogni grado centigrado di innalzamento
della temperatura stessa. Anche nel modello, quindi, Vp deve variare della stessa quantit.
Se si prendono invece in considerazione i modelli per piccoli segnali, cio quelli che si
possono utilizzare quando si interessati ad una zona particolarmente ridotta della
caratteristica, il discorso pu essere diverso. In questo caso non si vuol sfruttare la
caratteristica non lineare del dispositivo, ma utilizzarlo come componente lineare, anche se, in
effetti, non lo .
In questo caso si linearizza la caratteristica nellintorno del punto di lavoro sostituendola
con la tangente nel punto di lavoro stesso. Nel caso del diodo, il comportamento analogo a
quello di una resistenza il cui valore
VT
id
rd
in serie con un generatore di tensione Vp, individuato dallintersezione con lasse delle ascisse
della tangente alla caratteristica nel punto di lavoro. Poich tuttavia linteresse si incentra sul
comportamento del dispositivo nellimmediato intorno del punto di lavoro, il comportamento
pu venir studiato prescindendo da questultimo; con il principio di sovrapposizione degli
effetti si potr porre Vp = 0 e studiare il comportamento del circuito solo in relazione alle
variazioni del segnale di ingresso, nelle quali linformazione contenuta.
Il modello a piccoli segnali del diodo si riduce in tal caso alla sola rd. E bene far
osservare tuttavia che questo modello sar una resistenza solamente se le frequenze in gioco
sono sufficientemente basse da far si che i fenomeni reattivi siano trascurabili. In altre parole
il modello una pura resistenza solo se le frequenze del segnale sono tali che tensione ai capi
del diodo e la corrente che lo percorre sono in fase tra loro.
A frequenze pi elevate tra queste due grandezze compare uno sfasamento. Di questo
fatto si pu tener conto inserendo una capacit (anchessa differenziale) in parallelo alla rd
(figura 5.56)
rd
Cd
figura 5.56
119
I diodi
Capitolo 5
Questa capacit data dalla somma della capacit di diffusione e della capacit di
transizione della giunzione ed ovviamente dipende dal punto di lavoro, come si gi visto
nellanalisi della giunzione p-n.
Nel caso dei diodi questa capacit normalmente trascurabile, in quanto in condizioni
di lavoro normali la rd sufficientemente bassa da rendere trascurabile leffetto di Cd, tranne
che per le frequenze pi elevate.
Se, infatti, si calcola limpedenza complessiva si ottiene che essa vale:
rd .
1
1 srd C d
1/Cd rd
figura 5.57
120
I diodi
Capitolo 5
Vp
R2
R1
1
2
= 100
= 2.2 k
R3 = 2.2 k
vA
R3
R4
vu
R4 = 100
o
= 25 C
=2
Vp = 10 V
figura 5.58
Per quanto detto, la prima operazione da fare quella di determinare il punto di lavoro
del diodo. Poich per tale punto di lavoro necessario considerare le condizioni in continua,
cio statiche, i due condensatori rappresentano due circuiti aperti e il circuito si riduce a
quello di figura 5.59-a.
Vp = 10 V
Vp = 10 V
R2
R2
2.2 k
2.2 k
2.2 k
R3
0.6 V
R3
riferimento comune
(a)
2.2 k
(b)
figura 5.59
Vp
R2
R3
10 0, 6
4 , 4.103
121
2 ,14 mA
I diodi
Capitolo 5
Determinata la Id, si pu costruire il circuito equivalente a piccoli segnali, e pertanto,
con un segnale di ingresso variabile nel tempo, di frequenza tale che i due condensatori
possano essere pensati come dei cortocircuiti, si ottiene il circuito di figura 5.60.
R1
rd
R2
vA
R3
Vp
R4
vu
figura 5.60
Poich ci che interessa sono le variazioni della vu in funzione delle variazioni di vA,
per il principio di sovrapposizione degli effetti il generatore Vp pu essere posto a zero, senza
alterare in alcun modo la soluzione per la parte variabile dei segnali. Daltra parte, se si
osserva appena con un po dattenzione il circuito reale, ci si accorge che il condensatore
introdotto tra Vp e luscita blocca tale tensione.
Il circuito si riduce pertanto a quello di figura 5.61
R1
v
rd
R2
R3
R4
vu
figura 5.61
La parte sulla sinistra della linea tratteggiata pu essere sostituita, secondo Thevenin dal
generatore equivalente (figura 5.62-a) in cui
ve
vA .
Re
2 , 2.103
2 , 2.103 100
0, 96 v A
100. 2, 2.10 3
100 2 , 2.103
96
122
I diodi
Capitolo 5
Re
rd
ve
96
(a)
(b)
figura 5.62
VT
id
2. 26.10
2 ,14.10
3
3
24
96
. ve
96 24 96
96
ve
0, 44. v e
0, 44. 0, 96. v A
0, 42. v A
24
96
vu
figura 5.63
123
I diodi
Capitolo 5
Alcuni diodi sono costruiti appositamente per lavorare in tale zona e per presentare una
tensione di breakdown sufficientemente precisa da poter fungere da riferimento di tensione.
Tali diodi prendono il nome di diodi Zener e il loro simbolo quello illustrato in figura 5.64.
figura 5.64
Vz
figura 5.65
I diodi
Capitolo 5
quella che si ha in conduzione diretta. Pertanto anche piccoli valori di corrente fanno
rapidamente salire la potenza che si dissipa e si deve quindi aver cura i non superare nelle
condizioni di lavoro il limite massimo previsto.
Le applicazioni dei Zener sono molteplici. Ad esempio essi possono venir utilizzati in
circuiti tosatori (o limitatori) evitando luso di generatori di riferimento (figura 5.66).
Vu
Vz
Ve
Vu
Ve
Vz
figura 5.66
IA
Iu
Iz
VA
RL
Vu
figura 5.67
I diodi
Capitolo 5
tensione Vu il pi possibile costante. Anzi, il circuito tale che anche eventuali variazioni di
RL non hanno, entro certi limiti, effetto su Vu.
Se, infatti, la tensione VA sufficientemente grande da portare il diodo a lavorare nella
zona di scarica, ai capi di questultimo si localizza la tensione VZ.
Nella resistenza R circola in tal caso una corrente pari a:
IA
VA
Vz
Una parte di questa corrente circoler sul carico RL, ed esattamente la frazione Vz/RL,
mentre la rimanente parte Iz circoler sul diodo Zener.
Se la tensione VA aumenta, cresce la IA, ma la Iu rimane in pratica costante, in quanto
costante rimane Vz. Ci significa che cresce la Iz. Cresce quindi la dissipazione nello Zener,
ma la tensione duscita Vu = VZ non si sposta, almeno finch il diodo rimane nella zona di
scarica. Un regolatore che lavori nel modo descritto prende il nome di regolatore in parallelo
o regolatore shunt.
La tensione di uscita tuttavia non rimane perfettamente costante in quanto la
caratteristica del diodo Zener nella zona di scarica non perfettamente verticale. Se quindi si
vuole conoscere in qualche modo la Vu vari in funzione delle variazioni della VA si pu
ricorrere al circuito equivalente per piccoli segnali.
Esempio
Per approfondire il discorso su questi regolatori si pu fare riferimento al circuito di
figura 5.68.
IL
Iz
VA
RL
Vz
VA = 8 .. 10 volt
R = 220
Vz = 5 volt
RL= 500
.
.
figura 5.68
Si vuole verificare che il circuito regoli veramente, qual la potenza dissipata dal diodo
Zener, ed inoltre si vuole trovare il coefficiente di regolazione, cio il rapporto tra le
variazioni della tensione di uscita e le corrispondenti variazioni della tensione dingresso,
supponendo che la resistenza dinamica nella zona di scarica sia di 3 .
126
I diodi
Capitolo 5
Per rispondere al primo quesito necessario verificare che la Iz non scenda mai al di
sotto del valore minimo assegnato dal costruttore. Ora il minimo valore di I pu essere
calcolato come:
I
VA
Vz
per
VA
8 volt
Vz
5 volt
e quindi:
I
8 5
13, 6 mA
220
max
5
500
10 mA
Iz
min
13, 6 10 3, 6 mA
Allo stesso risultato si poteva pervenire con il metodo della retta di carico, sostituendo
allinsieme circuitale formato dal generatore VA e dai resistori R e RL il generatore
equivalente secondo Thevenin Ve e Re, con:
Ve
VA .
RL
RL
Re
R. R L
R RL
5, 55 volt
Re
150
La corrispondente retta di carico interseca sul piano V-I la caratteristica del diodo Zener
V = Vz = 5 V nel punto di coordinate:
V
5 volt
Iz
3, 6 mA
Iz
10 5
220
22 , 7 mA
I diodi
Capitolo 5
Pd
5. 22, 7 113, 5 mW
ve
RL
vu
figura 5.69
R'
ve .
R'
R' R
rd
rd
3
223
0, 013
Una variazione della ve si ripercuote in uscita in misura di poco superiore alluno per
cento.
Poich VA pu variare tra 8 e 10 V, la massima variazione delluscita :
vu
10 8 .0,013 26 mV
128
I diodi
Capitolo 5
Il coefficiente di regolazione viene solitamente espresso in decibel. Nel caso che si sta
esaminando:
vu
ve
38 dB
dB
polarizzazione diretta
figura 5.70
Il diodo tunnel e stato impiegato per molti anni come commutatore ad elevata velocita
o come elemento attivo in oscillatori ad altissima frequenza. Oggi le sue prestazioni sono
superate da altri dispositivi piu moderni, tuttavia la sua importanza culturale e notevole in
quanto costituisce il primo componente di una classe di dispositivi basati su effetti
strettamente quantistici.
La figura 5.71 da ragione in maniera qualitativa del funzionamento del diodo tunnel.
129
I diodi
Capitolo 5
A causa dellelevato drogaggio il livello di Fermi taglia la banda di valenza in zona p e
quella di conduzione in zona n. Oltre a cio lestensione della zona di carica spaziale e molto
sottile. Leffetto tunnel, che e specifico della meccanica quantistica, cioe non trova
spiegazione in termini di fisica classica, si manifesta con il passaggio di elettroni attraverso
una barriera di potenziale anche se le particelle non possiedono energia sufficiente per il
superamento di tale barriera
Ec
Ev
polarizzazione diretta
EG
EF
stati liberi
polarizzazione inversa
stati pieni
figura 5.71
130
Capitolo 6
DISPOSITIVI ELETTRONICI ATTIVI
I
TRANSISTORI AD EFFETTO DI CAMPO
6.1) Generalit
Oltre ai diodi, presi in considerazione nel capitolo precedente, esistono in campo
elettronico altri dispositivi, detti attivi, che permettono di controllare con grande efficacia una
corrente. Questi dispositivi vengono utilizzati per lelaborazione di segnali, siano essi logici e
in altre parole capaci di assumere due stati soltanto, o analogici, cio variabili con continuit,
oppure vengono impiegati per regolare flussi di potenza elettrica, elaborando cio
dellenergia.
Per realizzare elaborazioni di tipo logico necessario avere a disposizione dispositivi
che si comportino come interruttori comandati da segnali elettrici, di dimensioni il pi ridotte,
molto veloci e che dissipino la minor quantit possibile di energia. Le piccole dimensioni
sono rese indispensabili dal fatto che le elaborazioni logiche richiedono in genere un gran
numero di dispositivi elementari; la tecnologia dei circuiti integrati a larga scala permette al
giorno doggi di posizionare su ununica superficie di qualche mm2, di solito di silicio,
qualche milione di elementi e risponde pertanto abbastanza bene a questa esigenza.
Daltra parte questa elevata densit di impaccamento su volumi ridottissimi pone grossi
problemi nello smaltimento del calore prodotto per dissipazione di potenza. Di conseguenza le
cose andranno tanto meglio quanto minore sar la potenza dissipata dal singolo dispositivo,
sia nel circuito di comando sia in quello di controllo. opportuno rimarcare che normalmente
lesigenza di basse dissipazioni contrasta con quella di alta velocit. Allaumentare della
velocit e a parit di altre caratteristiche la potenza dissipata aumenta. Di solito tra queste due
caratteristiche si sceglie un giusto compromesso in base alle esigenze da soddisfare.
In campo logico il componente ideale quindi un interruttore, comandato ad esempio in
tensione, che potrebbe venir rappresentato come in figura 6.1.
Iu
ingresso
Vu
uscita
figura 6.1
131
Iu
Valta
Vbassa
Vu
figura 6.2
La tensione V quella che comanda linterruttore; in altre parole il suo valore, superiore
o inferiore ad una determinata soglia, stabilisce se linterruttore chiuso o aperto. Se
linterruttore si chiude quando la tensione V alta si parla allora di logica positiva, nel
funzionamento opposto di logica negativa. La caratteristica voltamperometrica di questo
dispositivo ideale , riferendosi alla logica positiva, quella di figura 6.2.
Nelle applicazioni analogiche il dispositivo descritto non sufficiente, poich in questo
caso necessario regolare la corrente con continuit in funzione di un segnale elettrico di
comando. Inoltre per facilitare lanalisi e la sintesi dei relativi circuiti, ma soprattutto per
soddisfare alle esigenze per cui il circuito viene costruito, opportuno che il legame tra
grandezza di comando e grandezza comandata sia lineare. Questo aspetto apparir pi chiaro
nel seguito.
I = g mVi
VA - Vu
V
Vi
Vu = R . gm. Vi
figura 6.3
Poich il dispositivo che si sta considerando deve regolare la corrente nel circuito di
uscita, abbastanza intuibile che non sar lui a fornire la potenza a questo circuito, ma
semplicemente regoler in funzione del segnale di comando la potenza che da una fonte
esterna viene trasferita allutilizzatore. Pertanto chiamare questi dispositivi attivi sotto
certi aspetti improprio.
132
g m . Vi . R
k . Vi
h. I i
R. h. I i
k '. I i
133
Vi o I i
VA
figura 6.4
VA
Vu .I
Vu . I
e anche tale potenza dovr essere fornita dal generatore di alimentazione VA. Quindi
indicando la potenza fornita dallalimentazione con PA, si ha:
134
PD
PR
VA . I
Questo bilancio vale ovviamente in maniera istantanea, in quanto istante per istante
potrebbe cambiare I.
Nei casi di dispositivi non ideali sarebbe necessario mettere in bilancio le potenze
presenti nel circuito di comando; nel caso ideale esse sono invece nulle.
Ritornando al circuito di figura 6.3 si pu osservare che, oltre al vincolo gi citato per il
quale la corrente I non pu invertire il suo verso, esiste anche il vincolo secondo il quale la
caduta ai capi del dispositivo non pu invertire il suo segno. La zona di funzionamento
quindi limitata al primo quadrante.
Questa considerazione porta tuttavia ad unulteriore osservazione. Si supponga che la
tensione di comando sia un segnale a valore medio nullo. ovvio a questo punto che quando
Vi assume valori negativi, essa non pu venir amplificata in quanto si esce dalla zona di
funzionamento appena definita. Ci avviene tutte le volte che la dinamica del segnale tale da
far uscire il dispositivo attivo dalla zona di funzionamento corretto. Per ovviare a tale
inconveniente si pu pensare di sommare al segnale, ad esempio a valor medio nullo, una
componente continua in modo da spostare il punto di lavoro in maniera tale che la dinamica
del segnale sia contenuta tutta nel primo quadrante. Se linformazione che il segnale reca con
se contenuta tutta nelle variazioni, come nel caso di un segnale acustico, questa operazione
non d luogo ad alcun inconveniente, limitandosi a spostare il livello di riferimento, che non
d alcun contributo informativo. In caso contrario, come ad esempio per un segnale di
temperatura, necessario conoscere lentit dello spostamento introdotto o procedere a
posteriori ad unoperazione di taratura.
Con piccole modifiche il circuito di figura 6.3 pu venir trasformato in quello di un
amplificatore invertente (figura 6.5).
La tensione duscita viene in questo caso prelevata ai capi del dispositivo attivo e la
relazione ingresso-uscita diventa:
Vu
VA
R . g m . Vi
R
Vu
V
Vi
I = g mVi
figura 6.5
135
I
Vi = Von
Vi o I i = cost
Vi = Voff
VA
figura 6.6
anodo
catodo
figura 6.7
ovvio che polarizzando negativamente lanodo tale corrente viene a cessare in quanto
il campo elettrico tende a comprimere la nube elettronica a ridosso del catodo. Si ha quindi un
dispositivo che permette solo il passaggio unidirezionale della corrente e cio un diodo il cui
comportamento e simile a quello del diodo semiconduttore.
137
triodo
tetrodo
pentodo
figura 6.8
Si va dal triodo, con una sola griglia, al tetrodo con due, al pentodo con tre, e cos via
via allenneodo (figura 6.8).
Le caratteristiche V-I, di cui si riportano alcuni esempi in figura 6.9-a e 6.9-b, variano
da dispositivo a dispositivo.
Come si vede (figura 6.9-a) i triodi rappresentano abbastanza male un generatore di
corrente, in quanto la corrente che scorre tra anodo e catodo dipende in modo rilevante dalla
tensione applicata tra questi due elettrodi.
a) triodo
b) pentodo
figura 6.9
VGS
+
p+
gate
ID
2b
source
p+
gate
VDS
drain
+
figura 6.10
I due elettrodi assumono dei nomi ben precisi, malgrado non ci sia alcun motivo di
differenziarli tra loro, stante la perfetta simmetria del sistema descritto. Per la precisione,
lelettrodo da cui entrano nella barretta, che prende il nome di canale, i portatori di
maggioranza (elettroni) viene chiamato sorgente (source), mentre laltro elettrodo viene detto
collettore (drain). I portatori maggioritari permetteranno lo stabilirsi di una corrente tra
source e drain che dipender dalla resistenza della barretta.
Per controllare lintensit di questa corrente si ricava tutto intorno al canale una zona
fortemente drogata p, con diffusione di impurit trivalenti. Questa zona viene chiamata gate e
a questa zona, sempre mediante metallizzazione viene collegato un terzo elettrodo.
Polarizzando opportunamente la zona di gate possibile modificare le caratteristiche del
canale e controllare la corrente che fluisce nel circuito.
ovvio che tra gate e canale si realizzata una giunzione p-n, che giustifica il nome
assegnato al dispositivo. Per evitare che su questa giunzioni circoli corrente, durante il
funzionamento la polarizzazione del gate sar tale da portare tale giunzione nella zona di
interdizione, com illustrato nella figura 6.10.
139
Id
Vgs = 0
V'gs
V"
gs < V'
gs < Vgs
V"
gs
V
figura 6.11
Allora quando:
VGS
Vp
la corrente ID si annulla. Il valore Vp cui questo fenomeno ha luogo viene detto tensione di
pinch off, caratteristica propria di quel particolare transistore e si puo trovare tra i dati
140
gate
ID
source
drain
gate
figura 6.12
Infatti, la tensione VDS si distribuisce lungo il canale, facendo s che le zone pi vicine
al drain si trovino a potenziale pi alto rispetto a quelle vicine a source. Pertanto la
polarizzazione inversa e lampiezza della zona di svuotamento crescono al crescere di x.
Mantenendo costante la tensione VGS e facendo crescere la VDS si giunge nella
situazione in cui il canale si strozza. Si raggiunta cio una situazione di pinch off e tale fatto
avviene ad una tensione pari alla tensione di pinch off individuata a bassi valori di VDS.
Tenendo presente che la chiusura del canale si ha in corrispondenza allestremit del
gate pi vicina al drain, trascurando la caduta di tensione che si ha nel semiconduttore della
zona di drain che non fa parte del canale, si trova che la differenza di potenziale tra gate e
canale allestremit pi vicina al drain :
VGS
VDS
Poich tale differenza di potenziale in corrispondenza alla chiusura del canale pari a
Vp, si ottiene infine:
VDS
VGS
Vp
141
ID
inizio dello
strozzamento del
canale
pinch off
VGS = 0
VGS = -1 V
VGS = -2 V
VDS
figura 6.13
Da quanto esposto dovrebbe inoltre risultare evidente che, via via che aumenta la
polarizzazione inversa del gate, diminuisce la tensione del punto in cui il pinch off ha luogo.
tuttavia necessario tener conto che continuando a incrementare la VDS la differenza di
potenziale sulla giunzione p-n nella zona di strozzamento aumenta. Si giunge in tal modo alle
condizioni di scarica a valanga, e la caratteristica si impenna in maniera pressoch verticale.
La tensione VDS cui il breakdown ha luogo, sul piano VDS - ID, diminuisce al crescere
del valore assoluto di VGS, come illustrato nella figura 6.13.
In analogia a quanto gi visto per i diodi, sulle caratteristiche di un dispositivo reale
JFET possono essere individuate diverse zone di funzionamento.
In una prima zona, per valori bassi di VDS il dispositivo si comporta come una resistenza
funzione della tensione di comando tra gate e source VGS. Nella zona immediatamente
142
figura 6.14
Vi infine una terza zona che quella di interdizione cio quella che viene raggiunta
quando la tensione VGS supera la tensione di pinch off nella quale il dispositivo interdetto e
non circola alcuna corrente. Infine vi la zona di breakdown che di solito, anche se il
fenomeno non distruttivo, non viene impiegata nelle normali applicazioni. In figura 6.14
sono riportate le curve caratteristiche di un JFET reale.
Le regioni utili per le applicazioni analogiche sono quelle in cui il JFET si comporta
come un generatore di corrente pilotato, nelle quali il suo comportamento molto vicino a
quello dei dispositivi ideali visti al paragrafo precedente.
Le regioni utili per le applicazioni logiche sono evidentemente la regione di
interdizione, in cui il JFET si comporta quasi come un interruttore ideale aperto, e la regione
143
Questa curva pu essere identificata dai sui estremi. Uno dei punti, quello che
corrisponde allinterdizione del dispositivo, ha coordinate [Vp ( tensione di pinch off), 0],
mentre laltro estremo ha coordinate [0, IDSS] dove con IDSS si indicata la corrente drain source con gate cortocircuitato (shorted) con il source e quindi con VGS = 0.
ID
I
GS1
DSS
GS2
GS3
VGS
Vp
GS3
VDS
V*
DS
GS2
figura 6.15
VGS
I DSS . 1
Vp
Il legame tra grandezza di comando e grandezza comandata non quindi lineare, come
sarebbe desiderabile. Se quindi il dispositivo dovesse venir usato come elemento lineare le
escursioni lungo la caratteristica I D f VGS dovrebbero venir limitate ad un arco di curva
tale da poter essere approssimato da una retta senza eccessivi errori. Il dispositivo cio potr
venir considerato lineare solo a piccoli segnali.
144
I D VGS
ID
Ora nelle applicazioni lineari, come si anche visto nella discussione fatta riguardo i
dispositivi ideali, un dato di notevole interesse la transconduttanza, cio il rapporto tra
corrente duscita e tensione dingresso del dispositivo.
Considerando tuttavia che si far riferimento a modelli linearizzati per piccoli segnali,
tale transconduttanza dovr venir intesa come un parametro differenziale
ID
VGS
gm
Si ottiene pertanto:
gm
ID
VGS
I DSS
VGS
1
Vp
Vp
che permette di concludere che la transconduttanza per piccoli segnali dipende dal punto di
lavoro.
Per un dispositivo di questo tipo inoltre opportuno che lingresso si comporti come un
circuito aperto in modo da minimizzare la potenza dissipata nel relativo circuito.
Nella realt questa condizione abbastanza ben approssimata. Infatti, il circuito di
ingresso una giunzione p-n polarizzata inversamente e quindi lunica corrente circolante
quella inversa di saturazione IS della giunzione, che com noto, alle normali temperature di
esercizio molto piccola.
I simboli grafici utilizzati per i JFET sono quelli di figura 6.16.
appena necessario osservare che un JFET a canale p si ottiene da un materiale
semiconduttore drogato p anzich n e realizzando una giunzione con un diffusione n+. Il
145
JFET a canale n
JFET a canale p
figura 6.16
146
gate
drain
metallo
SiO2
SiO 2
SiO 2
n+
n+
Substrato p
VDS
+
S
VGS
G
metallo
SiO2
SiO 2
SiO 2
n+
n+
Substrato p
figura 6.18
147
Vgs
V < V"
gs < Vgs
gs < V'
T
V'gs
V"
gs
DS
Vgs = VT
0
V
figura 6.19
148
VGS
VT
il canale si strozza e, in modo analogo a quanto accade nel JFET, a partire da questo
punto la corrente di drain rimane praticamente costante allaumentare della VDS stessa.
Si noti che le caratteristiche sono fortemente influenzate dalla tensione di soglia VT
(tensione di threshold), che non va assolutamente confusa con la VT = kT/q introdotta a suo
tempo nello studio della giunzione p-n.
ID
VGS
VGS = VT
VDS
figura 6.20
149
(a)
(b)
figura 6.21
C0 W
. VGS
2L
VT . 1
VDS
tiene conto, come detto, del fatto che le caratteristiche non sono orizzontali. ha ovviamente
le dimensioni del reciproco di una tensione e i suoi valori sono di circa 1/30 1/40 V-1 .
Rimarchevole il fatto che il gate perfettamente isolato dal canale dello strato di
ossido e quindi si comporta in continua come un circuito aperto. Nel comportamento ad alta
frequenza si comporter invece come una capacit. Valori tipici per limpedenza di ingresso
sono resistenze maggiori di 1012 ohm e capacit dellordine di qualche picofarad.
6.3.2 - MOS a svuotamento
Oltre ai MOS ad arricchimento ne esiste una seconda categoria, quella sei MOS a
svuotamento.
In questo caso il canale gi preformato, da cui il nome di MOS a canale preformato
che viene anche dato a questi dispositivi.
Tra le due regioni n+ di drain e source viene creata unulteriore regione drogata
debolmente n, che permette il passaggio dei portatori maggioritari (elettroni) tra source e
drain. La struttura illustrata nella figura 6.22.
VDS
+
S
VGS
G
metallo
SiO2
SiO 2
SiO 2
n+
semiconduttore n
Substrato p
figura 6.22
151
n+
nulla.
Applicando una polarizzazione negativa al gate, il campo elettrico che si forma tra gate
e substrato tender a svuotare il canale stesso e la resistenza di canale aumenter e per
tensioni VDS 0 si avr il solito comportamento resistivo.
Quando la VDS cresce, a VGS costante, il campo elettrico lungo il canale non sar pi
uniforme e quando in prossimit del drain si raggiunge la tensione di pinch off il canale si
strozza; da questo momento in poi la corrente di drain diventa pressoch indipendente dalla
tensione drain - source VDS. Si raggiunta la zona di funzionamento rappresentabile con un
generatore di corrente.
Si in presenza di un dispositivo normalmente ON, che in assenza di polarizzazione di
gate si trova in condizione di conduzione, in contrapposizione con i MOS ad arricchimento
che sono normalmente OFF.
Nella figura 6.23 sono riportate le caratteristiche reali di un MOS a svuotamento, in cui
sono individuabili le solite tre regioni di funzionamento; la regione di comportamento
resistivo, quella di comportamento simile ad un generatore di corrente e quella di interdizione.
figura 6.23
figura 6.24.
Anche questa caratteristica ha un andamento quadratico e lespressione matematica
della f(VGS) molto simile a quella gi vista per i MOS ad arricchimento.
I campi di utilizzo dei MOS sono quelli dellelettronica logica LSI (integrazione a
larghissima scala), delle applicazioni di potenza soprattutto come interruttore, di cui una
buona approssimazione, mentre come amplificatore analogico usato prevalentemente nei
circuiti integrati analogici a larga scala.
La prima applicazione giustificata dal fatto che il MOS il dispositivo pi piccolo che
oggi si riesca a produrre. Permette quindi impaccamenti molto spinti in volumi ridotti,
152
arricchimento
interdizione
V GS
figura 6.24
Come interruttore permette con una certa facilita di controllare delle potenze
considerevoli nel circuito di drain, utilizzando potenze molto ridotte nel circuito di gate che
ha, come si visto, unimpedenza elevatissima. Ovviamente la struttura deve essere tale da
poter sopportare le correnti di lavoro, che possono arrivare al centinaio di ampere e le tensioni
in gioco che anchesse possono raggiungere qualche centinaio di volt. Come amplificatore
analogico invece poco utilizzato, tranne che come elemento integrato, anche perch pu
facilmente danneggiarsi. Infatti, a causa dellaltissimo isolamento del gate e della bassa
capacit tra gate e canale, per induzione elettrica potrebbero facilmente stabilirsi tra gate e
canale elevate tensioni. Poich lo strato di ossido, come si detto, estremamente sottile, esso
potrebbe facilmente perforarsi determinando la distruzione del dispositivo.
Caratteristiche desiderabili nelluso come interruttore sono una bassa resistenza RDS
source - drain in conduzione e una bassa corrente IDSS nello stato OFF.
Nelle applicazioni digitali una delle caratteristiche pi considerevoli lalta velocit.
Questa velocit aumenta quanto pi la R DS ON piccola e quanto minore la capacit di
ingresso. inoltre desiderabile avere una tensione di soglia VT la pi piccola possibile in
modo da poter utilizzare sorgenti di alimentazione di valore molto ridotto, fatto che gioca un
ruolo positivo anche sulla dissipazione totale di potenza.
6.3.3 - Simboli dei MOS
I simboli utilizzati per i transistori MOS a svuotamento, anche se non esiste una vera e
propria normalizzazione nel campo, sono quelli di figura 6.25.
canale n
canale p
153
D
G
figura 6.26
Esistono anche altri simboli alternativi per i MOS, dei quali si riportano alcuni esempi
nella figura 6.27-a,-b,-c,-d ed -e.
(a)
(b)
(c)
(d)
(e)
figura 6.27
154
Vi
g mVi
S
figura 6.28
155
rd
Capitolo 7
IL TRANSISTORE BIPOLARE A GIUNZIONE
7.1) Il transistore a giunzione (BJT)
Il transistore a giunzione BJT (Bipolar Junction Transistor) prende il suo nome dal fatto
che viene realizzato utilizzando due giunzioni p-n e che nel dispositivo la conduzione e
determinata, anzich dalle sole cariche maggioritarie, come nei JFET o nei MOS, anche dalle
cariche minoritarie delle diverse regioni semiconduttrici con cui il dispositivo formato.
Un transistore bipolare a giunzione viene ricavato formando in un cristallo
semiconduttore tre zone drogate p e n, alternativamente disposte in modo da formare due
giunzioni. Si possono quindi realizzare due tipi di transistori, com illustrato nella figura 7.1,
in cui lalternanza n-p-n oppure p-n-p. Da ci prendono il nome i transistor stessi che
vengono appunto chiamati transistori npn o pnp. Nel simbolo grafico, anchesso riportato in
figura, la freccia che identifica lanodo e il catodo del diodo formato da una di queste due
giunzioni, permette di identificare il tipo di transistore con cui si ha a che fare.
base
C
emettitore
collettore
E
base
C
emettitore
collettore
figura 7.1
Il comportamento dei due dispositivi duale; tutto quanto si pu dire per uno di essi
rimane valido anche per laltro tipo, purch si inverta il verso delle tensioni e delle correnti e
si tenga presente che nei semiconduttori di tipo n i portatori maggioritari sono gli elettroni,
mentre in quelli di tipo p sono le lacune.
Le tre regioni di cui un transistore a giunzione composto vengono individuate con
opportuni nomi; le due regioni esterne vengono chiamate rispettivamente emettitore e
collettore, quella intermedia base. Anche in questo caso non sembra esserci alcun motivo per
chiamare in modo diverso il collettore e lemettitore in quanto il dispositivo, cos come
descritto, appare perfettamente simmetrico. In realt la regione di emettitore e quella di
collettore sono differenti sia per geometria che per livello di drogaggio. Lemettitore quindi
non pu essere scambiato con il collettore, in quanto il comportamento del dispositivo
subirebbe delle drastiche alterazioni.
156
potenziale
Vo = potenziale di contatto
Vo
n
--------------+++++++++
n
++++++++++
n
figura 7.2
n
B
+
VBE
VCE
figura 7.3
++
++++++
++++++++++
++++++
++++++++++++
-p
--- -- - -- ---- --- --- --- - -- -- -- -- - -- -- -- -- -- - -- -- -- -- -- -- - -- -- -- -- -- -- -- -- -----------
potenziale
figura 7.4
158
++++++++++++
++
++++++++++++
++
++
++
+ + + + +
+ ++++++++++++++
159
IC
IE
ricombinazione
I EBO
ICBO
IB
V CE
VBE
>
V BE
V CE
figura 7.5
.I E
I CBO
. IE
Poich la ICBO alle normali temperature sempre molto piccola, nella maggior parte dei
casi pu venir trascurata.
Il valore di , sicuramente inferiore allunit, nella realt assume valori compresi tra 0,9
e 0,99 o pi.
160
0.9
7.1
Considerando poi il transistore come un nodo in cui confluiscono le tre correnti IE, IC e
IB con versi adottati come positivi per le correnti si pu scrivere:
IE
I B IC
IB
IC
I CBO
I CBO
1
IB
si ottiene:
IC
.I B
1 .I CBO
7.2
Il parametro
e detto guadagno di corrente del transistore, considerando come
variabile indipendente IB e variabile controllata IC e con i normali valori di dei transistori
reali assume valori compresi tra 10 e 400500. Si vede pertanto che
e che quando IB
1
>> ICBO la relazione (7.2) pu ridursi con ottima approssimazione a:
IC
. IB
Esiste cio una proporzionalit diretta tra corrente di base e corrente di collettore;
pertanto con una piccola corrente di base si pu controllare una corrente molto maggiore nel
circuito di collettore.
tuttavia interessante notare che quando la corrente di base si annulla, quella di
collettore non va mai a zero. A circuito di base aperto (IB = 0) in quello di collettore circola
una corrente, detta di perdita o di dispersione, pari a:
I CEO
1 .I CBO
Come si vede, questa corrente molto maggiore della corrente inversa di saturazione
ICBO del diodo base-collettore ed tanto maggiore quanto maggiore il guadagno
di
corrente.
161
VBE = cost.
V CE
figura 7.6
IE
IS . e
VBE
VT
come daltronde ci si poteva aspettare, dato che il diodo base-emettitore risulta polarizzato
direttamente e questa polarizzazione sufficiente per trascurare lunit nellespressione
I
IS . e
V
VT
162
I S .e
VBE
VT
IC
IB
da cui si vede che il legame tra la tensione VBE e le correnti IE, IB e IC , che differiscono tra
loro unicamente per un fattore di scala, un legame esponenziale. Per amore di precisione
necessario notare che e non sono in effetti delle costanti. In particolare dipende dal
valore di IC, assumendo un valore massimo in corrispondenza ad un ben preciso valore I C e
diminuendo via via che ci si scosta in ambedue i versi da esso. Tuttavia in prima
approssimazione questi due parametri possono essere ritenuti costanti.
Il legame tra grandezza di comando (VBE) e grandezza comandata quindi fortemente
non lineare e questo fatto risulta particolarmente scomodo, sia in campo applicativo a causa
delle distorsioni introdotte, sia quando per via di calcolo si volessero valutare le prestazioni di
un circuito. Si preferisce allora utilizzare come grandezza di controllo non la tensione VBE, ma
la corrente IB , che legata in modo pressoch lineare alla IE ed alla IC. In sostanza si
preferisce vedere il transistore come un dispositivo pilotato in corrente. La parametrazione
delle caratteristiche viene allora fatta per IB = cost. e non per VBE = cost.
IB
IC
VCE
figura 7.7
interessante a questo punto esaminare cosa accade quando si esce dalla zona attiva
portando la VCE a valori uguali o inferiori alla VBE. In questa situazione, se la VCE
sufficientemente bassa, anche la giunzione base-collettore passa in polarizzazione diretta. Si
consideri allora un transistore che lavori con una corrente di base costante IB, come illustrato
nella figura 7.7
Si vuole valutare qual la corrente IC nel circuito collettore-emettitore al variare della
VCE.
Quando VCE scende a valori inferiori a VBE, ci si pu rifare al modello del transistore
illustrato in figura 7.8
Le due giunzioni infatti, come gi stato fatto notare in precedenza, possono essere
viste come due diodi contrapposti.
Le tensioni ai capi della giunzione base-emettitore sar circa di 0,6 0,7 V, pari cio
alla caduta diretta di un diodo in conduzione. Se la VCE viene resa sufficientemente bassa
anche la giunzione base-collettore risulta polarizzata direttamente.
163
IC
C
I DE
B
VBE
E
VCE
I DE
figura 7.8
.I E
Per completare il modello sar quindi necessario inserire tra collettore e base un
generatore di corrente comandato di valore IDE, avendo indicato con IDE la corrente che
scorre nel diodo di emettitore, che tiene conto di quello che viene chiamato effetto
transistore. Utilizzando ora questo modello quando la giunzione base-collettore passa in
polarizzazione diretta e il relativo diodo passa in conduzione, si rende evidente che la corrente
costante di base IB si suddivide in una corrente che circola nel diodo di emettitore e una certa
aliquota che circola sul diodo di collettore.
La corrente di collettore allora diminuisce, in quanto alla corrente richiamata dal
generatore IE si somma con verso opposto questa aliquota di corrente fornita dalla base.
Quindi sul piano delle caratteristiche di collettore la corrente di collettore IC deve diminuire a
pari corrente di base IB.
Se poi si considera la struttura simmetrica del transistore, una corrente diretta sulla
giunzione di collettore richiamer, per effetto transistore, una corrente alla giunzione di
emettitore, cos come la corrente IDE alla giunzione di emettitore richiama una IDE a quella di
collettore. Il circuito equivalente completo sar allora quello di figura 7.9
In questo modello IDC la corrente che scorre nel diodo di collettore e si sono
differenziati i coefficienti
dei due generatori comandati, indicando con F (forward;
diretto) quello gi ben conosciuto e con R (reverse; inverso) quello ora introdotto. Questi
due coefficienti, a causa di come viene realizzato il transistore sono usualmente molto diversi
tra di loro con F >> R. A maggior ragione, quindi, la corrente di collettore deve diminuire e
man mano che la VCE diminuisce, cresce la IDC e quindi cala la IC.
164
IC
I DC
F
I DE
VCE
IB
I DC
I DE
figura 7.9
Riassumendo, al calare di VCE una porzione sempre maggiore della IB circola sul diodo
di collettore. Diminuisce quindi la corrente richiamata dal generatore FIDE e cresce quella
R IDC di verso opposto. Le caratteristiche allora assumono laspetto di figura 7.10.
IC
= cost.
VCE
figura 7.10
165
figura 7.11
IB > 0
166
2) Zona di saturazione
VBE > 0
IB > 0
Ic
ICEO
0.2
0.8
0.25
In conclusione, pur essendo possibile far lavorare il transistore nella zona inversa, le sue
caratteristiche sono nettamente diverse da quelle della regione attiva propriamente detta.
7.1.1 - Cenni costruttivi
I primi transistori prodotti, detti a lega, vennero realizzati fondendo localmente due
semiconduttori di tipo p e n in modo da ottenere una struttura del tipo illustrato nella figura
7.12.
167
B
figura 7.12
metallo
C
n
p+
base
collettore
emettitore
p+
n
p
figura 7.13
168
substrato
IC
IB
figura 7.14
IC
VA
R
P2
P1
figura 7.15
VA
140
120
100
80
60
40
20
VCE
169
VEarly
figura 7.16
Ritornando alle caratteristiche IC - VCE e alla retta di carico, rimane il quesito di come
possa controllare il valore di IB, che utilizzata come grandezza di comando. Si gi visto
170
IB =
VBE
V - VBE
figura 7.17
171
B
rb
E
E
figura 7.18
ron
rb
0,6 V
Vsat
V
0,01- 0.02 V
Vsat
figura 7.19
IB
rb
rc
B
C
figura 7.20
172
IB
VCE
VBE
figura 7.21
173
R.I
Va
Vi
Vu = Va - R.g m .V
I = g mVi
figura 7.22
Nel caso ideale la tensione di uscita Vu una funzione lineare della Vi ed una funzione
invertente in quanto al crescere di Vi diminuisce la Vu.
La caratteristica di trasferimento, cio la curva che lega Vu alla Vi, quindi
rappresentabile, come illustrato nella figura che segue, con una retta che interseca lasse
delle ordinate nel punto Va, quello delle ascisse nel punto Va / ( R gm) (figura 7.23).
Vu
Va
A=-g .R
m
A
Vi
Va
figura 7.23
174
g .R
m
R
Va
Rb
Vu
Vb
figura 7.24
175
IC
Va
R
I B = IB max
I = cost
B
IB = Ip
Va
IB = 0
VCE
figura 7.25
La scelta di un punto di lavoro che situato verso il centro della retta di carico quella
che permette di ottenere la massima dinamica per il segnale duscita Vu.
Se nel circuito si rappresenta anche la parte variabile del segnale di ingresso, esso
risulter modificato secondo lo schema di figura 7.26.
R
Va
RB
Vu
vi
VB
figura 7.26
VB
VBE
Rb
IC
VB
VBE
Rb
Va
176
R. I C
V
R
BE
= 0,6 - 0,7 V
R
C
IC
Va
BE
VB
figura 7.27
Va
2
. R.
VB
VBE
Rb
10 0,6 V
Rb
50
PL
150
VCE
7,5V, I C
VCE
2,5V, I C
2,5mA
7,5mA
PL
100
VCE
5V, I C
5mA
Si tenga presente che nella realt il rapporto tra il valore massimo di e il suo valore
minimo, pu essere superiore a 3 e quindi la situazione reale potrebbe essere ancora peggiore.
7.4) - Modelli per piccoli segnali
Esistono altri metodi per polarizzare il transistore in maniera adeguata. Essi tuttavia
verranno presi in considerazione in seguito.
Supponendo allora che il metodo adottato sia valido, si veda ora di valutare
lamplificazione dello stadio. Per ottenere questo risultato necessario rifarsi ad un modello
del transistore per piccoli segnali, cio un modello linearizzato messo a punto con alcune
considerazioni abbastanza semplici.
ID
VD
V
figura 7.28
Cos come ad ampi segnali il diodo stato approssimato con la caratteristica illustrata in
figura 7.28 , allo stesso modo a piccoli segnali pu essere rappresentato con una semplice
resistenza differenziale, ricavata dalla retta tangente nel punto di lavoro. I costruttori indicano
tale resistenza con il nome hie. tuttavia abbastanza comune trovare in letteratura tale
parametro indicato con r .
Alla porta di uscita il transistore pu ancora essere rappresentato con un generatore di
corrente, in parallelo al quale vi una resistenza che tiene conto del fatto che le caratteristiche
non sono perfettamente orizzontali.
Tale resistenza tuttavia ha un valore notevolmente elevato e nella maggior parte dei casi
pu venir trascurata.
Si ottiene pertanto il circuito equivalente di figura 7.29.
Il generatore di corrente viene di solito caratterizzato attraverso una transconduttanza gm
anzich attraverso , considerando quale grandezza di comando la tensione v che presente
ai capi di r . Daltra parte il modello lineare e tra v e iB vi proporzionalit.
178
IB
C
I c = g mv
rc
E
figura 7.29
Si ha allora:
v
r .iB
iC
gm . v
gm . r .i B
gm . r
. I B1
I C2
. I B2
179
iC
iB
IC2
I B2
I C1
I B1
. I B 2 I B1
I B 2 I B1
Ora gm rappresenta la variazione della corrente di collettore al variare della tensione VBE
nellintorno del punto di lavoro (per tensione VCE = cost., ipotesi ben realizzata nel caso di
piccoli segnali e ipotizzando un generatore ideale di corrente). Pertanto:
iC
VBE
gm
Ora si ha che
IC
.I E
gm
VBE
. IS . e VT
e quindi:
V
Infine poich
IS VBET
.e
VT
IC
VT
g m . r si ricava che:
r
VT
IC
Rb
gmv
vi
vu
figura 7.30
R. g m . v
e che
v
vi .
Pertanto
vu
gm .
r
r
Rb
Rb
. R. v i
Il termine
A
gm.
Rb
.R
Rb
.R
IC
VT
26 mV si ottiene
181
gm
che:
Supponendo che
5mA
26 mV
0, 19
A
V
100.
1
0,19
526
In definitiva quindi:
A
0,19.
526
.10 3
3
526 188.10
0, 53
Rb
C
Va
Vu
vi
figura 7.31
in cui il condensatore C ha come unico scopo quello di blocco per la continua, allora nel
circuito equivalente a piccoli segnali, la resistenza Rb verrebbe a trovarsi in parallelo a r . Si
avrebbe quindi che v = vi e quindi
vu
g m . R. v i
0, 19.103 . v i
190. v i
182
Vu
Va
I CO . R g m .
183
Rb
. R. v i
Capitolo 8
TRANSISTORI BJT. LA POLARIZZAZIONE
RC
VA
VBE
VB
figura 8.1
VB
VBE
RE
IC
184
VB
VA
RB
RC
R2
VB
Vi
R1
Vu
RE
figura 8.2
Questo partitore equivale per Thevenin ad un generatore VB in serie con una resistenza
equivalente RB, con
VB
VA .
R1
R1 R 2
RB
R1 . R 2
R1 R 2
ovvio che la tensione Vi presente sulla base del transistore in questo caso non
coincide con VB, in quanto su RB si ha una caduta di tensione RB IB, con IB corrente di base.
In questipotesi semplice calcolare il punto di lavoro del transistore. Si ha, infatti, che:
IE
Vi
VBE
VB
VCE
VA
RE
VA
VBE
RE
R C .I C
R1
R1 R 2
RE
IC
R E . IE
RC
3, 3k
R2
185
15k
RE
1k
VA
0, 7 V
VBE
si otterrebbe
RB
VB
15.10 3 . 3, 3.103
15.10 3 3, 3.10 3
15.
IE
VCE
2, 7 k
3, 3.103
V
15.10 3 3, 3.103
2 , 7 0, 7
A
1.103
IC
2, 7 V
2 mA
15V 6. 6V 2 V
6, 4 V
Il transistore lavora dunque in zona attiva in quanto la caduta ai suoi capi di 6,4 V.
Se inoltre si suppone che il valore nominale di
sia pari a 100, valore del tutto
ragionevole, si ottiene per la corrente di base IB un valore dellordine dei 20 A, che su RB d
luogo ad una caduta pari a:
R B .I B
2 , 7.103 . 20.10 6 A
54 mV
IE
I CBO
I B IC
IE
avendo indicato con ICBO la corrente inversa di saturazione della giunzione base - collettore.
Quando questa componente non viene trascurata si ha allora che
IB
IC
I CBO
IC
186
IC .
I CBO
da cui
IC
IB
. I CBO
si ottiene di conseguenza
IC
.I B
1 .I CBO
Si vede che alla corrente di collettore concorre una componente pari a ( + 1) ICBO, che
nei transistori a guadagno elevato pu essere una frazione non trascurabile; ci tanto pi
vero quanto pi la temperatura elevata, in quanto la ICBO raddoppia ogni 10 C di
incremento della temperatura.
A base aperta (IB = 0) circola quindi fra emettitore e collettore una corrente pari a
IC
1 .I CBO
che altro non se non la corrente ICEO definita precedentemente. opportuno notare che
questa corrente contribuisce a determinare il punto di lavoro e quando non trascurabile
rispetto IB fa s che il punto di lavoro stesso si sposti al variare della temperatura.
Tornando ora al circuito di polarizzazione a partitore e considerando la maglia di uscita,
si pu scrivere che, poich IE = IC + IB
VA
VCE
R E .I B
RE
R C .I C
Sul piano delle caratteristiche di collettore IC = f (VCE) questa relazione rappresenta una
retta, quando si trascuri il termine RE IB rispetto a RE IC. Essa interseca lasse delle ascisse nel
punto VCE = VA, quello delle ordinate per IC = VA / (RE + RC) ed ha un coefficiente angolare
pari a -1 / (RE + RC).
Si gi visto che nel circuito di base il partitore pu essere sostituito per Thevenin da
un generatore VB VA . R 1 / R 1 R 2 in serie con una resistenza R B R 1 .R 2 / R 1 R 2 .
Considerando la maglia di ingresso si ha allora:
VB
R B .I B
VBE
R E . IB
IC
(b)
IC
140 A
100 A
IC
IB
2,25 V
5,6 k
3,4 mA
VCE
9k
0,65 V
IB + I C
60 A
22,5 V
curva di
polarizzazione
20 A
1k
22,5 V
retta di carico
VCE
figura 8.3
22 , 5.
10
100
2 , 25V
RB
10. 90
100
9k
IB
VCE
8.1
65. I B 11, 9
188
13, 6 V
1, 4 mA
IC
26 A
La soluzione pu essere ovviamente ottenuta per via numerica risolvendo rispetto a VCE
e IB il sistema che si ottiene sostituendo nella (8.1) a IC la quantit IB, con pari al valore
nominale. Si ottiene il sistema di equazioni:
VCE
6, 6.55. I B I B
VCE
65. I B
22 , 5
11, 9
13, 5V
IB
24 , 7 A
IC
.IB
55. I B
1, 36 mA
Un aspetto interessante tuttavia risiede nel fatto che variazioni anche considerevoli di
spostano relativamente di poco il punto di lavoro. Si consideri, infatti, che assuma il valore
100. Il sistema di equazioni diventa allora:
12 , 8 V
VCE
661. I B
22 , 5
VCE
65. I B
11, 9
IB
14 , 6 A
IC
1, 46 mA
Come si vede, lunica quantit che considerevolmente cambiata IB, mentre VCE e IC,
che determinano il punto di lavoro sono variate di poco.
Il sistema di polarizzazione a partitore sembra dunque autostabilizzante rispetto alle
variazioni parametriche.
interessante allora valutare come tale circuito si comporti rispetto alle varie cause che
tendono a far variare la IC, spostando il punto di lavoro. Queste cause sono:
189
IC 3
(mA)
2
1
0
VBE(mV)
figura 8.4
Come noto questa curva si sposta verso sinistra di 2,5 mV / C (per IC = cost) al
crescere della temperatura.
Se si combina la:
VB
R B .I B
VBE
R E . IB
IC
.I B
1 .I CBO
VB
RB
RE .
.I CBO
RB
RE.
.I C
8 .2
190
IC
T >T
2
T1
transcaratteristica
C2
retta di carico di
pendenza
I C1
V'1
VB
V'2
figura 8.5
RB
RE .
.I CBO
RB
V1' dove:
R E .I CBO
RB
R E .I 'CBO
Lintersezione con lasse delle ascisse quindi funzione della temperatura e aumenta
allaumentare della temperatura.
Daltra parte la pendenza della retta di carico :
RB
RE.
IC
IC
I CBO
I CBO
evidente che quanto maggiore S tanto maggiore linstabilit termica del circuito.
Dellequazione (8.2) si ottiene:
1
S
1.
RB
RE
RB
RE
Da questa relazione si pu osservare che S compreso tra un valore pari a 1 per valori
RB / RE prossimi a 0 ed un valore pari a 1 + quando RB / RE tende allinfinito. Inoltre se 1 +
>> RB / RE si ha
RB
RE
S 1
Se quindi VBE e
S.
I CBO
IC
I CBO
IC
R B I CBO
.
R E IC
S'
Se ancora
IC
VBE
RB
e
RE
IC
VBE
RB
>> 1 si ottiene:
192
RE.
RE
1
RB
RE
S'
e di conseguenza
IC
IC
S'.
VBE
IC
VBE
R E . IC
Anche in questo caso, come nel caso precedente, il fattore dominante nella
stabilizzazione del punto di lavoro la caduta di tensione ai capi della resistenza RE. Tanto
maggiore questa caduta, tanto minore la variazione percentuale della corrente di collettore
dovuta a VBE e ICBO.
Se infine si deriva rispetto a si ottiene:
IC
S"
Ora
IC
. VB V ' VBE
RB RE.
1
IC
(8.3)
RB
RE .
.I CBO
RB
R E .I CBO
S"
I C .S
.
1
I C .S
.
.
1
S".
la variazione di , pari a 2 1.
Non chiaro quindi se nellespressione di S si debba usare per il valore 1, quello 2
o il valore medio tra di essi.
Questa incertezza pu essere superata se per il calcolo di S anzich la derivata si usano
le differenze finite:
dove
193
S"
I C2 I C1
2
RB
RB
RE.
RE.
1
1
1
2
1.
RB RE
RB RE. 2
IC
I C1
oppure
S"
Dove S2 il fattore di stabilit S
IC
I C1 .S 2
1
1. 2
IC
I CBO
per
2.
I C1
RB
.
RE
1
2
RB
.
RE
RB
,
RE
2
1
2
Per ottenere una buona stabilizzazione al variare di si deve quindi mantenere piccolo
il rapporto RB / RE. Inoltre per unassegnata dispersione del valore di (ad esempio con 2 /
1 = 3) il circuito utilizzante un transistore avente un elevato sar pi stabile di quello
usante un transistore con piccolo.
Tornando alla polarizzazione a partitore si supponga di avere a disposizione un
transistore che a 25 C abbia un guadagno di corrente compreso tra 36 e 90. Si supponga
inoltre che leffetto di ICBO a 25 C sia trascurabile. Si vogliono determinare i valori di RE, R1
e R2, sapendo che RC = 4 k , VA = 20 V e volendo che il punto di lavoro sia VCE = 10 V, IC =
2 mA. Quale ulteriore dato di progetto si voglia che la IC rimanga compresa tra 1,75 e 2,25
mA quando varia tra 36 e 90.
Dal circuito di collettore si ricava:
RC
RE
VA
IC
VCE
194
10
2
5k
I C1
36
1, 75ma
90
54
si ha:
0,5
54
1,75.S 2
36. 90 1
e quindi S2 = 17,3.
Sostituendo questo valore, che si ha in corrispondenza a
IC
S
si ricava che:
I CBO
17,3. 91 R B
91. R B
= 90 nellespressione di
VBE
RB
R E.
.I C
0,65
20,1 37
.1,75 3,43V
36
VA .
R1
R1 R 2
RB
R1 . R 2
R1 R 2
RB.
VA
VB
20,1.
195
20
117 k
3, 43
R 2 . VB
VA VB
117. 3, 43
20 3, 43
24 , 2 k
S'
I CBO
IC
VBE
S"
IC
sono stati ricavati come derivazioni parziali rispetto una delle tre variabili di interesse e
mantenendo costanti le altre due.
Se si desidera valutare la variazione totale della corrente di collettore entro un certo
campo di temperatura necessario calcolare il differenziale totale della
IC
f I CBO , VBE ,
si ha cio
IC
IC
I CBO
. I CBO
IC
. VBE
VBE
IC
1
RB
R E.
1
1
1 RB
1
.
RE
Si noti che se RE >> RB, M tende a 1. Sostituendo le espressioni dei fattori di stabilit
nellespressione del differenziale totale, si ricava:
IC
I C1
R B M 1 . I CBO
.
RE
I C1
M 1 . VBE
I C1 .R E
RB M2.
.
RE
1.
ICBO (nA)
VBE (V)
-65
1,95.10-3
25
0,78
25
55
0,60
175
33.103
100
0,225
mentre per il transistore al germanio il cui campo di impiego si pu ritenere compreso tra 65
C e + 75 C i dati corrispondenti siano:
TABELLA 8.2
T ( C)
ICBO ( A)
VBE (V)
-65
1,95.10-3
20
0,38
25
55
0,20
75
32
90
0,10
1
1 RB
.
1
RE
1
1, 65
1
55
0, 97 1
1 1,65 .
33.10
1,5.10
0,6 0,225
1,5.4,7
1 1,65 .
100 55
100.55
0,199mA
1
1, 65
1
25
0, 94
e ricalcolando si ottiene
I C2
65 0 C
I C1
2,65.10 9
1,5.10 3
0,78 0,60
1,5.4,7
2,65. 25 55 .0,94
25.55
65 0 C
0,118mA
I C1
I C2
317 A
198
0.131mA
I C2
65 0 C
0,159 mA
IC
I C1
I C2
290 A
IE
IE
I CBO
I C1
VBE
R E . I C1
VA
vi
VB
RE
vu
figura 8.6
199
IC
IC
0, 15
sapendo che:
VBE
150
650 50 mV
600
VA
20 V
con I C
1mA
150
250 C
1200
650 C
min
max
250 C
I CBO 25 0 C
50 nA
I CBO 65 0 C
3 A
250 C
Per il calcolo si ipotizzi che ICBO, VBE e provochino la stessa variazione percentuale di
IC (5%).
Si determini poi il rapporto RB / RE usando la relazione che fornisce la IC / IC per
effetto della .
1
RB M2.
.
RE
1.
R B 1200 150
.
R E 1200.150
da cui
RB
RE
7 , 56
200
0,05
il massimo valore di
1
7 , 56
1
150
minimo :
0, 95
RB
I
. CBO
RE
I C1
8,56.
3.10
I C1
0,05
e pertanto si ricava
I C1
0, 515mA
200 mV
Posto allora
0, 2
R E . I C1
0, 05
6, 65k
7 , 56. 6, 65 50 k
201
R B .I B
VBE
IB
I C .R E
0, 6.50
0, 65 4
375
4 , 73V
si ottiene
VB
e infine, risolvendo le equazioni
VB
VA .
RB
R1
R1 R 2
R1 . R 2
R1 R 2
e R2 = 211 k
si ottiene che R1 = 66 k
VCC
I
V CC
al carico
I C2
VCE2
T2
B
I B2
rb
I C1
I C1
I B1
VBE2 VBE1
(a)
I C1
T1
VCE1
VCE1
(c)
(b)
figura 8.7
202
. I ES . e
VBE1
VT
IC2
. I ES . e
VBE2
VT
VBE1 VBE2
VT
Daltra parte, considerando la maglia che comprende ambedue le giunzioni baseemettitore si ottiene:
VBE1
VBE 2
VBE
IR
VBE
si ha in definitiva
IC
. IR
VCC
VBE
VA
IC
203
VCE1
VA
Poich VCE 2 0, 7 V
VA . la corrente I C 2 IC e di conseguenza si ha IC1/IC2 > 1 e per
grandi valori di VCE1 tale differenza pu raggiungere e superare il 20%.
Esempio
Si voglia determinare il valore della resistenza R di figura 8.7a in modo da avere una
corrente IC = 5 mA. Assumendo VBE = 0,7 V, = 200, VCC = 15 V e VA
. si ottiene:
IC
5.10 3 A
e quindi
R
Se il valore di
200 15 0, 7
.
2 200
R
2 , 83k
100 15 0, 7
.
102 2, 83.10 3
4 , 95mA
5 4,95
.10 2
5
204
1%
Capitolo 9
R2
Rc
vi
R1
vi
vu
RE
figura 9.1
La capacit C inserita tra generatore e base del transistore ha come unica funzione
quella di blocco per la continua, in modo da poter trasferire sulla base il segnale vi senza
alterare i livelli di tensione che stabiliscono il punto di lavoro.
Si supporr pertanto che alle frequenze del segnale limpedenza del condensatore C sia
tale da poterlo considerare un cortocircuito. In base al transistore (figura 9.2) si ha quindi una
tensione pari alla somma della VE di polarizzazione e di vi = vi.
Poich quello che interessa la relazione tra le variazioni della tensione di base e quelle
della tensione duscita vu, e poich i modelli sono modelli linearizzati, tutte le componenti
continue possono essere poste a zero, sfruttando il principio di sovrapposizione degli effetti.
205
RB
VB
RE
figura 9.2
ve
RE
iC
RC
. ve
RE
RC .iC
RC
. vi
RE
r
vi
g mv
Rc
RB
RE
figura 9.3
206
vu
vi
R E . g m .v
iB
RE
. r .g m .v
r
vi
v .1
vi .
vi
r
RE.
R C .g m .v
R C .g m .
r
RE
.v i
e quindi:
A
vu
vi
RC.
g m .r
RE
RC
RE
VT
IC
1 .R E
R E .I C
0,5V 1V
.
IC
>> 1 allora
A
RC
RE
207
0, 5V 1V
26.10 3 V
.
IC
211k
R1
66 k
6, 65k
RE
IC
0, 6 mA
con
min
150
VA
20V
S tot
IC
IC
0, 15
6.65 .I C
10 V
si ottiene:
RC
10 k
1
6,65
1,6
150
6,65.10 3.151
Poich:
r
VT
IC
150.
26.10 3
0, 6.10 3
6, 5k
si ottiene:
A
1.10 3.
150
6,5.10 997,5.10 3
3
208
1,49
RC
R E.
si vede daltra parte che al diminuire di RE il guadagno cresce. Si pu pensare allora di porre
in parallelo a RE un condensatore C, che alle frequenze del segnale vi sia praticamente un
cortocircuito.
Tale posizione permette di giustificare il nome che si da a un amplificatore del tipo
descritto, cioe quello di amplificatore a emettitore comune. Il terminale di emettitore infatti
viene adottato come riferimento per la componente alternata del segnale di ingresso e di
quello di uscita.
In questo modo:
A
RC .
gm . RC
IC
.R C
VT
0,6ma
.10 4 ohm
26 mV
230
R2
C
vi
R1
RE
figura 9.4
209
vu
iB
C
i c = gmv
vi
vu
figura 9.5
vi .
r
RE
RR .iE
1
vU
RE.
1.
RE .
iC
.g m .r
RE.
RE .
. iC
RE.
1
.v i
r RE.
1
.v i
RE.
1.
RE.
.v i
vi
210
iE
e che
v
Quindi
Ai
iB . r
iE
iB
Se tuttavia la corrente di uscita, anziche essere presa coincidente con la corrente ie,
venisse considerata positiva quando entrante al morsetto E, come normalmente avviene,
lamplificazione di corrente assumerebbe la forma:
iE
iB
Ai
Esempio
Si consideri un inseguitore con RE = 1 k , VA = 10 V VCE = 5 V,
VCE
VA
RE .IE
si ricava:
IE
IC
VA
VCE
RE
Di conseguenza
211
5
1.103
5mA
= 100. Poich
r
vu
vi
5.10 3
26.10 3
IC
VT
gm
100
0,192
gm
RE.
1
r RE.
1
0.192 A / V
192
10 3 .101
521 101.10 3
0,995
101.102
521 101.102
vu
vi
, si otterrebbe:
0, 951
vi
vu
RE
RC
R1
R2
CB
VA
figura 9.6
La polarizzazione e il punto di lavoro vengono ancora calcolati con gli usuali metodi
illustrati al capitolo 8. La capacita C ha ancora il compito di separare le tensioni continue
dovute alla polarizzazione dalle componenti alternate vi del segnale. La capacita CB, che alle
frequenze di segnale deve presentare unimpedenza trascurabile rispetto a R1, consente di
considerare il terminale di base come riferimento per ingresso e uscita.
212
g mv
ii
C
i
RS
RE
RC
iC
vU
vi
B
Ri
R O'
RO
figura 9.7
r .i
vi
RS
gm.v
vi .
RS
gm.r .RS
RC .iC
gm . v . R C
213
in quella che
R C.
vu
vi
gm.RC.
.R S
Rs
.
O
gm . r . RS
1
RS
.R C
AV
RC
RS
ii
vi
RB
figura 9.8
vi
ii
RB.r
RB r
noto che r
/ g m . Con valori ragionevoli di
e IC si vede che r sempre
dellordine di qualche k ed di solito molto minore di RB. La precedente relazione pu
allora essere approssimata con
214
vi . 1 A
r
e quindi
Ri
vi
ii
r
RE.
1
1
r RE.
1
1 A
RE.
ii
r
vi
RE
vu
figura 9.9
R 'i
In molti casi si verifica che RB << Ri e quindi la precedente relazione diviene in via
approssimata
Ri
RB
Infine per lamplificatore a base comune si ricava dal circuito equivalente (figura 9.7)
che limpedenza di ingresso vale, avendo indicato con vin = -v la tensione di ingresso tra i
morsetti E e B:
215
r . ii
g m .v
r .i i
r .g m .v in
r .i i
.v in
Pertanto:
Ri
v in
ii
r
1
1
gm
In maniera del tutto analoga si definisce limpedenza duscita come il rapporto tra una
tensione ve applicata in uscita e la corrispondente corrente assorbita dalluscita.
Considerando allora la maglia di uscita dellamplificatore invertente (figura 9.10), in cui
si tenuto in conto anche della resistenza rC, che tiene conto del fatto che le caratteristiche di
collettore di un transistore in zona attiva non sono perfettamente orizzontali, si vede che,
poich il generatore di corrente indipendente da vu :
R c . rc
R c rc
vu
iu
Ru
iu
g mv i
rc
Rc
vu
figura 9.10
e se RC << rC allora
Ru
Rc
216
vu
figura 9.11
vu
A.v i
con A
RE.
1
r R E.
1
i cc
iB
g m .v i
vi .
1
r
gm
1 g m .r
.v i
r
.v i
Si ricava pertanto
vu
i cc
Ru
r .R E
RE.
r
1
1
1
.R E
RE
Rg
1 .R E
1 .R E
217
i cc
1
Rg
.v i
Ru
Rg
Rg
1
r
.RE
RE
1
Limpedenza duscita dellinseguitore di emettitore dipende quindi dallimpedenza
interna del generatore di segnale.
comune tuttavia che
Rg
RE
1
e quindi
Ru
Se poi R g
r e
Rg
si ottiene infine
Ru
1
gm
Infine per quanto riguarda lamplificatore a base comune e immediato osservare che
limpedenza di uscita RO tende allinfinito, mentre tenendo conto anche del carico di
collettore (R 'O ) essa coincide con RC .
9.5) Campo dimpiego
Tutte le considerazioni condotte fino a questo momento, in particolare quelle fatte in
relazione alla scelta del punto di lavoro, sono state svolte con riferimento alle caratteristiche
volt-amperometriche di collettore dei transistori, ma senza imporre alcun vincolo alla
posizione del punto di lavoro sul piano IC - VCE.
viceversa ovvio che esistono dei limiti insuperabili nello stabilire il valore di corrente
e di tensione del punto di lavoro, determinati dal fatto che si ha a che fare con dispositivi reali
e non con dispositivi ideali.
Con riferimento alle caratteristiche di collettore esistono diversi vincoli.
218
P max
I
Cmax
SOA
VCEmax
BVCE0
CE
figura 9.12
A causa di motivi, che non si ritiene utile approfondire in questa sede, linizio della
scarica si ha a tensioni che differiscono in funzione delle differenti condizioni in cui pu
trovarsi la giunzione base - emettitore. Tutte le caratteristiche di scarica tuttavia confluiscono
su ununica caratteristica verticale che individua la tensione di breakdown collettore
emettitore BVCEO.
Inoltre allaumentare della VCE la zona di svuotamento della giunzione di collettore
aumenta di spessore e si estende praticamente tutta nella zona di base, che e debolmente
drogata. Poich questultima estremamente sottile, la zona di svuotamento pu giungere fino
alla giunzione di emettitore dando luogo al fenomeno detto punch-through (perforazione).
In tal caso si ha un improvviso e notevolissimo aumento della corrente di emettitore, in
quanto la barriera di potenziale della giunzione base - emettitore si abbassa. Il fenomeno in
pratica sempre distruttivo.
Una di queste due cause impone quindi di limitare il valore massimo di VCE per ragioni
di sicurezza.
219
T j max
25 .K T
Tj
T .K T
VCE . I C
VBE . I B
Considerando tuttavia che in zona attiva VCE > VBE e che IC >> IB, con buona
approssimazione si pu dire che
PD
VCE . I C
Sul piano delle caratteristiche di collettore questa relazione rappresenta uniperbole che
ha per asintoti gli assi coordinati. Larea tratteggiata della figura precedente quindi unarea
interdetta, mentre quella rimanente costituisce la cosiddetta SOA (Safe Operating Area) al
cui interno il punto di lavoro pu venir scelto in piena sicurezza.
220
Vcc
Vu
Vu
Vi1
Vi2
(a)
Vi
(b)
figura 9.13
vu
vi
emettitore comune
vu
vi
collettore comune
vu
vi
base comune
figura 9.14
Nei paragrafi precedenti si e accennato al fatto che gli stadi elementari presi in esame
vengono molto spesso chiamati amplificatore a emettitore comune, a collettore comune e a
base comune.
Questa denominazione discende dal fatto che, essendo il transistore un dispositivo
dotato di tre elettrodi, uno di essi dovra necessariamente essere in comune tra la porta di
ingresso e quella di uscita, come e illustrato in figura 9.14
221
Collettore
comune
Base
comune
Amplificazione di corrente
buona
Amplificazione di tensione
buona
buona
Impedenza di ingresso
media
alta
bassa
alta
bassa
alta
Impedenza di uscita
buona
Ai
Ri
Av
Emettitore
comune
h fe
h ie
. RC
Rs r
O
1 .R E
.RC
Rs Ri
O
RC
RC
222
Base comune
1 .R E
Rs
Rs
1
RO
R 'O
Collettore
comune
Emettitore
comune con
resistenza di
emettitore
1 .R E
Ri
1
1
Ai
O
O
r
O
RC
Rs Ri
r
O
R E . RO
RE RO
RC
1
gm
RC
Rs
Ai
Ri
Av
Emettitore
comune
rc
. rc
Rc
R 'O
. RL
Rc
rB r
hie
O RL
R s rB r
rc
RO
RL
Emettitore
comune con
resistenza di
emettitore
rc R c
rc
r
rB
O . rc
Rc R E
rb
rc 1
RL
RE 1
OR E
R s rB r
RO Rc
1 R 'E
O
R s Ri
RL
Rc
RE
R 'E
rB r
rc
Base comune
1 .rc
RE
rc
R E . rc O 1 R c
rc R c R E
Rs
Collettore comune
Rs
O
rB r
1
R E RO
Rc
RL
rB r
R
1 O L
Rc
Rs
rc 1
RL
Ri 1
RL
Rc
ORs
R s rB r
RO Rc
Si ritiene pertanto opportuno riassumere in tabella 9.2 le relazioni fin qui ricavate con i
modelli semplificati, riportando in tabella 9.3 le relazioni esatte (dove con RL si e indicato il
parallelo di Rc e rc e con R 'E il parallelo di RE e rc).
Si lascia al lettore il compito di verificare le relazioni riportate in tali tabelle per
lamplificazione di corrente Ai.
223
I TRANSITORI BJT.
Capitolo 10
COMPORTAMENTO IN FREQUENZA
R2
Rc
Ci
vu
vi
R1
RE
figura 10.1
3 db
fi
figura 10.2
224
fS
log f
V1 .sin
V2 .sin
A V1 .sin
A V1 .sin
V2 .sin
V2 .sin
1
1
2
2
k.
sin
con
0.1. 2 ,....
poich
k.
sin t. cos k.
1k .sin t
tr
A V1sin
tr
225
V2 sin
tr
vu(t)
2
1,5
0,5
0
-0,5
60
120
180
240
300
360
420
480
-1
-1,5
-2
figura 10.3
Meno evidente il motivo per cui esiste un taglio ad alta frequenza. I modelli utilizzati
fino a questo momento non danno ragione del fenomeno e pertanto non sono adeguati.
necessario quindi realizzare modelli pi accurati che siano in grado di descrivere il
comportamento del transistore anche alle frequenze pi elevate.
necessario ricordare a questo punto che nella discussione relativa alle giunzioni p-n
era stato messo in luce come a ciascuna giunzione rimanevano associate due capacit, la
capacit di transizione CT per le giunzioni polarizzate inversamente e quella CD, capacit di
diffusione, per le giunzioni in polarizzazione diretta.
La prima era dovuta al fatto che, allaumentare della polarizzazione inversa, aumenta lo
spessore della zona svuotata (zona di carica spaziale), nella quale gli ioni accettori e donatori
bloccati al reticolo cristallino rimangono scoperti poiche in tale zona non vi sono portatori
maggioritari di carica. La capacita CT quindi analoga a quella di un condensatore piano di
superficie A, con A area della giunzione, con spessore del dielettrico pari allo spessore w
della zona svuotata
CT
A
w
Farad
Quando invece si ha a che fare con una giunzione in polarizzazione diretta, i portatori
maggioritari, ad esempio le lacune per il lato p, diffondono nel lato n. Pertanto nel materiale n
a ridosso della giunzione si ha una concentrazione di lacune (portatori minoritari) maggiore di
quella che si ha normalmente in condizioni di polarizzazione nulla. Questa densit in eccesso
226
CD
Poich tuttavia la Q = f(V) non una legge lineare, conviene passare al limite. Si ha
dQ
dV
CD
V V
CD
VT
rd
dove il tempo medio di vita dei portatori minoritari in eccesso. La costante = rd CD viene
chiamata costante di tempo di diffusione.
Valori tipici per le due capacit sono dellordine del picofarad per CT e della decina di
picofarad per CD.
Un modello completo per piccoli segnali di un transistore a giunzione, che lavori in
regione attiva, quindi quello illustrato in figura 10.4.
rb
C
g mv
rc
E
fig. 10.4
dove con c stata indicata la capacit di diffusione della giunzione base emettitore, che
polarizzata direttamente, mentre con c e indicata la capacit di transizione della giunzione
base collettore, polarizzata inversamente.
Nel modello presentato sono inserite anche le due resistenze rb e rc, che tuttavia
normalmente possono venir trascurate. La prima, rb, rappresenta la cosiddetta resistenza
della zona amorfa di base, in sostanza la resistenza ohmica del materiale di base che non
partecipa alla giunzione e la resistenza delle connessioni.
227
Ci
C
v
g v
RC
RE
vu
CE
figura 10.5
Si pu tuttavia osservare che i vari elementi reattivi introdotti, cio i condensatori, non
fanno sentire il loro effetto contemporaneamente.
Alle frequenze pi basse assumono importanza i condensatori CI e CE, mentre C e C
possono essere considerati dei circuiti aperti. In un campo di frequenze intermedio CI e CE
potranno essere considerate dei cortocircuiti, mentre C e C avranno ancora effetti
trascurabili. Infine alle frequenze pi alte assumono importanza C e C , mentre CI e CE si
comporteranno a maggior ragione come dei cortocircuiti.
Si potr quindi studiare il comportamento dello stadio alle diverse frequenze,
utilizzando modelli semplificati, ottenuti dal modello generale eliminando da esso gli
elementi il cui effetto trascurabile.
10.2.1 - Il guadagno di corrente in cortocircuito dellamplificatore invertente
Si consideri, con riferimento al modello appena introdotto, un amplificatore al cui
ingresso sia applicato un generatore di corrente iB e la cui uscita sia chiusa in corto circuito
(figura 10.6).
228
1
s.C
ic
g v
m
iu
figura 10.6
Si ha:
iB
1
r
s.C
1
r
s.C
g m .v
v gm
s.C
1 s
s.C
e
iu
Si ricava che:
iu
iB
1
r
gm
s.C
sC
1 s.r C
C
gm
(10.1)
ic
iB
1
z
1 s
229
guadagno
0. 05
A/V
19 , 5
pF
0, 5
pF
100
r C
gm
C
1
2.10 .20.10
0, 05
5.10 13
12
1011
2,5.10 7
rad / sec
rad / sec
2 , 5.109
rad / sec
fT
1
.
2
395
MHz
2,5.10 9
2,5.107
10 11
log
-10
-20
-30
-40
-32 dB
figura 10.7
230
1 s
1
che per
>>
d
T
fT
.f
2 .r C
gm
2 C
C
Il parametro fT, detto frequenza di transizione, dipende, come tutti gli altri parametri,
dalle condizioni operative. In pratica dipende dalla corrente nel punto di lavoro.
Osservando lespressione di fT = 0 f se ne pu dare unulteriore interpretazione. Essa
rappresenta il prodotto del guadagno di corrente di corrente per la larghezza di banda in
cortocircuito. In altre parole, assegnato un determinato transistore, si pu aumentare il limite
superiore di frequenza di utilizzo sacrificando il guadagno di corrente.
Questo risultato non un risultato particolare del guadagno di corrente del transistore a
giunzione. Per tutti i sistemi a polo singolo, con elevato guadagno, la frequenza alla quale il
guadagno diviene unitario data dal prodotto del guadagno a frequenza nulla e della
frequenza di taglio (-3 dB) del guadagno stesso.
10.2.2 - Il guadagno di tensione a bassa frequenza
Trascurando in bassa frequenza leffetto di C e C si ottiene il circuito equivalente di
figura 10.8
Indicando con ZE il parallelo di CE e RE
ZE
RE
s. C E
RE
1
s. C E
231
RE
1 s. C E . R E
ZS
si pu scrivere
iC
gm .v
vu
iB
ic
Ci
g mv
vi
R C . iC
Rc
vu
CE
RE
figura 10.8
e inoltre
v
r .iB
e quindi
g m . r .i B
iC
.i B
ZS
r .i B
v r .i B
iB
iB
g m .v .Z E
(10.2)
g m .v .Z E
.Z E
Zi
Si vede pertanto che limpedenza dingresso dello stadio non costante ma varia dal
valore r + (1 + ) R a frequenza nulla al valore r quando
, frequenza alla quale
Z E 0.
Combinando tra loro le equazioni i = g v e (10.2) e risolvendo per v /v si ottiene:
232
vu
vi
ZS
AV
.R C
r
.R C
1
.Z E
1
s.C i
1
s.C i .r
.R C
RE
1 s.C E .R E
RE
1
.
r 1 s.C E .R E
Normalmente si fa s che
= R C sia molto maggiore di
= C r e quindi la
precedente espressione pu essere approssimata, per valori i pulsazione superiore a 1/R C ,
con:
AV
A V0
1
1
s. C i . r
A V0 .
sC i . r
1 s. C i . r
RC
gm . Rc .
r
Si ha pertanto una funzione di trasferimento con uno zero nellorigine e un polo pari a
1/ C i . r . Il relativo diagramma di Bode illustrato in figura 10.9.
Si vede pertanto che pulsazioni inferiori a 1 / C r il guadagno dello stadio diminuisce
rispetto a quello A , che il guadagno che lo stadio presenta quando gli effetti di tutte le
capacit sono trascurabili.
Av(dB)
A vo
log
1
C .r
i
figura 10.9
233
fi
s.C . v u
RS
1
.v
r
s.C .v
RS
vi
RC
g mv
E
figura 10.10
e quindi
vi
RS
v .
1
RS
1
r
s.C
s.C
s.C .v u
vu
RC
cio
234
1
s. C
vu
vu
s.C
1
RC
s.C
vu
vi
As
RS
1 s. R .C
1 s.
R 1 g m .R C .C
C
gm
R C .C
10.3
s 2 .R .R C .C .C
RS . r
RS r
RS
altro non se non il guadagno dello stadio alle frequenze intermedie, quando leffetto di tutte
le capacit trascurabile e il circuito si riduce a quello gi studiato ai precedenti paragrafi. In
particolare, se R = 0 si ottiene
RC
r
gm . RC
As
A0
1 s. 1
1 a 1 .s a 2 .s 2
s
z1
A0
1 a 1 .s a 2 .s 2
1
RS
300
100
RC
600
0, 5
pF
gm
0, 05
19 , 5
A/V
pF
2000
235
As
1
con a1
1
p1
1
p2
A0
1 a 1 .s a 2 .s 2
s
s
.1
p1
p2
1
.
p1 . p 2
a2
Se p1 << p2 allora:
1
p1
a1
a2
1
p1 . p 2
a1
p2
cio
1
a1
p1
p2
a1
a2
1
a1
10,6.10 7
p2
a1
a2
6,16.10 9
11
1
p1
2
17 ,1
MHz
R C .C
1
1 R .g m .R C .C
236
1
2. . R C . C
La situazione secondo la quale uno dei poli e dominante abbastanza comune negli
stadi amplificatori. In tal caso, se p1 il polo dominante unapprossimazione della risposta in
frequenza :
As
A0
s
1
p1
A0
1 a 1 .s
A0
1 s.
1
2 fS
Z'
I2
I1
2
Z =
(a)
Z'
1-K
figura 10.11
I2
Z =
2
Z'.K
K-1
(b)
Due nodi (ad esempio i nodi 1 e 2 della figura 10.11a) siano interconnessi con
unimpedenza Z e si supponga di conoscere il rapporto
K
V2
V1
Z'
1 K
237
V1 V2
Z'
V1 K. V1
Z'
V1
Z'
1 k
V1
Z1
Nelle due condizioni, quindi, la corrente I1 che circola nel nodo 1 la stessa.
In modo del tutto simile si ottiene
Z'
1
1
K
Z2
k. Z'
K 1
Poich le due reti (quelle di figura 10.11a e 10.11b) sono rette dalle stesse equazioni di
nodo, tali reti sono equivalenti.
Per mezzo del teorema di Miller, appena dimostrato, possibile trasformare il circuito
equivalente dellamplificatore invertente. Se la corrente in C trascurabile, si ha che:
K
gm.RC
RS
vi
C (1+gmRC )
g mv
RC
1+gmRC
g RC
m
figura 10.12
Si ricordi tuttavia che questa trasformazione valida solo per frequenze inferiori a fT.
Il circuito ottenuto ha due costanti di tempo indipendenti, una associata alla capacit di
ingresso
CM
C . 1 g m .R C
1 g m .R C
g m .R C
238
con
r . RS
r RS
quella delluscita
RC.C
La prima di queste due costanti di tempo coincide con i primi due termini del
coefficiente di s della 10.3, la seconda con il terzo termine dello stesso coefficiente.
Normalmente
R .CM
R C .C
e quindi leffetto della costante di tempo nel circuito di uscita pu venir trascurato.
tuttavia necessario far notare che nel circuito equivalente ottenuto, detto modello
ibrido a unilateralizzato, non vi alcun percorso tra ingresso e uscita (nella realt e
presente il condensatore C ). Di conseguenza questo modello non pu essere utilizzato per il
calcolo dellimpedenza duscita ad alta frequenza, mentre si rivela adatto per la valutazione
dellimpedenza dingresso.
10.3) Risposta in frequenza dellinseguitore di emettitore
Per linseguitore di emettitore si possono fare considerazioni analoghe a quelle condotte
per lo stadio invertente.
Alle basse frequenze, lunico elemento da prendere in considerazione la capacit di
ingresso Ci, in quanto il circuito equivalente quello di figura 10.13.
iB
Ci
r
gmv
v
iE
vi
RE
vu
figura 10.13
r . iB
r.
239
vi
r
vu
1
s. C i
g m .v
i B .R E
As
Si visto che r + (
inseguitore e
1 .R E
1
s.C i
1 .R E
A0
1 .R E
1 .R E
O
il guadagno alle frequenze alle quali siano trascurabili gli effetti di tutte le capacit. Indicando
con Ri limpedenza dingresso si ottiene pertanto:
As
A0 .
1
sC i R i
A0.
sC i R i
1 sC i R i
1
2 CiR i
2 .r
1
O
1 .R E .C i
E
r
v1
vi
iL
gmv
CL
RE
C
Zi
Z'u
ZBC
figura 10.14
240
Zu
vu
v1
1
Z
s.C
1
Z
v
RS
g m . v1
vu
vu .
vu.
1
Z
1
RE
As
RS
con
a1
r . R E R S .C
RS r
1 O .R E
a2
RS. r
RS
1
r
.R E .C
O
.R E
R E .R S .r .C .C
RS
.R E
g m .v
gm
C
C .r
Con
gm
0.1
A/V
RE
1, 5
19, 5
RS
pF
0, 6
0, 5
pF
si ottiene:
a1
0, 566.10
a2
18
0, 0573.10
z1
5, 12.10 9
1
a1
1, 77.109
p2
a1
a2
9, 87.109
fS
1, 77.109
2
281
MHz
gm
2 .C
C
796
MHz
si vede che fS, p1, p2 e z1 sono dello stesso ordine di grandezza di fT e questa la frequenza
entro cui si pu ritenere valido il circuito equivalente utilizzato.
I risultati non sono particolarmente accurati. Tuttavia riescono a mettere in evidenza che
linseguitore di emettitore ha un limite superiore di frequenza nettamente pi alto di quello
dellamplificatore invertente. Con gli stessi valori circuitali, infatti, un amplificatore
invertente avrebbe una frequenza di taglio superiore pari a 4,37 MHz.
Limpedenza di uscita dello stadio pu essere ottenuta dal circuito equivalente secondo
Thevenin. La tensione di uscita a vuoto
vu
A s .v i
242
I SC
I1
1 .v i
.
RS
C .r
1 O
R S .r . C
C
1 s
1 s
RS
vu
I SC
R E . RS
RE
r /1
RS
. 1 s.r .R S . C
r /1
C / RS
. 1 a 1 .s
a 2 .s
Z'u . R E
., cio che limpedenza Zu data dal parallelo di Zu e
Z'u R E
RE, e che quandoR E
, Zu = Zu.
Con alcune manipolazioni si ottiene in definitiva che:
Si osservi poi che Z u
Zu
R S .r 1 s.r .R S . C
.
1 O 1 s.r .C / 1
C / RS
O
. 1 s.R S .C
1, 33.108
p1
3, 33.109
p2
5,17.10 9
243
|Z| dB
396
15,8
1,33.10
3,33.10
5,17.10
log
figura 10.15
Z BC
C
gm
O. RE .
1 s. r . C
1
2 . fT
O .RE .
1
1 s.
2 .f
1 s.
1 s.
1 s.
Zi s
.R E .
1 s.
s2.
.R E .C
.R E .
C
T
rB .C
.R E .
1 s.
.R E .C
244
s2.
rB .C
T
s2.
si ottiene:
.R E .
C
T
1
Zi s
150
s
1
.1
1,05.10 7
s
45.10 9
s
6,33.10 9
1,05.10
4,44.10
6,33.10
log
figura 10.16
C . 1 A0
la capacit di ingresso dello stadio inseguitore molto minore e in pratica non offre un carico
capacitivo ad un eventuale stadio che si trovi a monte.
Nellesempio che si sta trattando
A0
1 .R E
1 .R E
O
245
0,993
19,5. 1 0,993
0,136
pF
CM
0,136 0, 5 0, 636
pF
A0
0,1.1500
150
151. 0, 5 75, 5
pF
19 , 5 75, 5 95
246
pF
Capitolo 11
VGS2
VDS2
V DD
al carico
IR= I
D2
I D1
VDS1
VGS2 VGS1
figura 11.1
247
W
. VGS
L
k.
VT
sono gli stessi per i due MOS e pertanto se essi hanno lo stesso fattore di forma W/L, le due
correnti di drain ID1 e ID2 sono uguali.
Esaminando la relazione precedente si vede tuttavia che fissati i valori di VT e k,
diversificando i due transistori nel fattore di forma W/L si pu fare in modo che ID1 e IR siano
diverse.
W
L
W
L
I D1
IR
Anche per i transistori MOS si possono fare considerazioni analoghe a quelle fatte per i
transistori BJT a causa delleffetto Early. Infatti, anche in questo caso le caratteristiche di
drain non sono perfettamente orizzontali a causa della modulazione della lunghezza del canale
La resistenza R molto spesso viene realizzata con un MOS a canale n a svuotamento, o
con un MOS a canale p ad arricchimento.
Esempio
Si voglia determinare, per il circuito di figura 11.2, la corrente ID1 quando VDD = 6 V e R
= 20 k . In figura 11.3 sono riportate le caratteristiche di drain dei transistori utilizzati
ID( A)
6
300
250
5,5
200
150
4,5
100
50
3,5
3
V =2V
GS
VDS(V)
figura 11.2
Sul piano VDS - ID stata disegnata la curva a tratteggio, lungo dei punti VDS2 = VGS2.
Questa curva, intersecata con la retta di carico VD = 6 V, R = 20 k fornisce il punto di
lavoro di T2, nel quale ID2 = IR = 90 A.
248
V DD
ID
RD
R 1
V DS
RS
R2
figura 11.3
ID
pendenza = -
1
RG
B
A
I D1
I D2
VGG
figura 11.4
Le due curve a tratto continuo si riferiscano ai casi estremi possibili per dispersione dei
parametri o in corrispondenza alla temperatura massima e minima desercizio.
249
V DD
I GSS
VGG
ID
RD
GG
=V
DD
VDS
G
RS
R2
R1 + R2
R1 R 2
R1+ R2
figura 11.5
VGS
VGG
I D . RS
da cui
ID
VGG
RS
VGS
RS
Questa relazione rappresenta la retta di carico sul piano ID - VGS (figura 11.4) e
certamente si avr in tal caso:
I D1
ID
I D2
Poich la pendenza di questa retta pari a - 1/RS, se si vuole che la corrente ID rimanga
compresa tra due prefissati valori I D1 e I D2 , rimane fissato il valore di RS.
Lintercetta della retta di carico sullasse delle ascisse corrisponde al valore di VGG.
Questi risultati sono tuttavia validi solo quando si supponga che la corrente di gate IG sia
nulla. In realt nel circuito di gate scorre una corrente di saturazione inversa IGSS. Si possono
minimizzarne gli effetti scegliendo per RG un valore elevato, ma tale che la caduta RG IGSS
sia trascurabile rispetto VGG. opportuno tuttavia che RGG sia la pi elevata possibile, sia per
ridurre gli effetti di carico sugli eventuali stadi a monte, sia per ridurre la corrente che
attraversa R1 e R2.
250
A
-3
-2
V GG
-1
V GS
figura 11.6
4 0
.10
0 3
R1
R2
RG .
R 1.
VDD
VGG
100.10 3 .
VGG
VDD VGG
933.
251
28
3
933k
3
112 k
28 3
RD
RS .I D
VDS
R D .I D
28 8, 5 0, 75. 6
6
2 , 5k
gm
I DSS
.1
Vp
VGS
Vp
con k
W
. VGS
L
ID
k.
gm
2.k.
VT
. C0
., vale:
2
W
. VGS
L
VT
Si ricordi tuttavia che per un JFET a canale n Vp e VGS sono ambedue negative mentre
IDSS positiva, mentre per quelli a canale p Vp e Vgs sono positive, mentre IDSS negativa.
Inoltre |Vgs| < |Vp|. Pertanto VGS / Vp una quantit positiva minore dellunit, mentre IDSS / Vp
una quantit negativa. Pertanto la transconduttanza gm sempre positiva. Ricordando poi
che:
ID
I DSS . 1
252
VGS
Vp
ID
I DSS
g mo .
2. k .
W
. ID
L
La conduttanza duscita, che tiene conto della non perfetta orizzontalit delle
caratteristiche, dovuta alleffetto di modulazione della lunghezza del canale, :
g DS
1
rDS
ID
VDS
k.
W
. VGS
L
VT . 1
.VDS
vale:
g DS
.k.
W
. VGS
L
VT
.I D
.VDS
Tale relazione pu venir utilizzata anche per i JFET e pertanto la resistenza equivalente
duscita data da:
rDS
. VDS
.I D
Molto spesso tale resistenza viene valutata per VDS = 0, in quanto nelle normali
condizioni dimpiego VDS di pochi volt e il termine VDS trascurabile rispetto allunit.
Il circuito equivalente di un FET assume quindi la forma riportata in figura 11.7, in cui
sia gm che rd dipendono dal punto di lavoro..
253
g mvGS
rd
S
figura 11.7
v GS
vGS
S
figura 11.8
Il circuito cui si pu fare riferimento allora quello di figura 11.9a mentre in figura
11.9b riportato il relativo circuito equivalente.
Se luscita viene prelevata al drain si ha allora un amplificatore a source comune con
resistenza sul source; se RS = 0 si ha uno stadio a source comune. Se invece luscita
prelevata sul source si ha uno stadio a drain comune con resistenza sul drain o meno a
seconda che RD sia diversa o uguale a zero.
254
rD
RD
ID
vGS
v o1
vi
v o2
R'o2
(a)
v o1
v o2
RS
vi
RS
RD
R'o1
(b)
figura 11.9
rD . i D
. v GS
RS . i D
vi
rD
RD
Rs .iD
.R S
v 02
vale:
i D .R D
i D .R S
.R D
RD 1
rD
rD
RD
.R S
1
.R S
.R S
.v i
.v i
Pertanto il guadagno di tensione dello stadio a source comune con resistenza di source
AV
rD
.R D
RD 1
255
.R S
rD
.R S
R ' o1
R D . rD R S . 1
R D rD R S . 1
La resistenza di uscita R01 si puo considerare pertanto data dal parallelo della
resistenza di carico di drain RD e di
R o1
rD
RS. 1
rD . 1 g m .R S
v o2
i cc
R S . rD R D
R D rD 1
.R S
R o2
che per
rD
R o2
1
gm
Ponendo, nelle relazioni precedenti di AV, R01 e R01, a zero il valore di RS si ottengono
le corrispondenti quantit per lamplificatore a source comune.
256
Av
gm . R D
RD
1
rD
rD . R D
rD R D
R 'o1
R o1
rD
Av
R o2
Per
rD
rD
.R S
1
.R S
R 'o 2
R S || R o1
R o2
1
gm
R ' o2
1
gm
Risulta evidente lanalogia con le espressioni trovate per gli analoghi amplificatori
realizzati con BJT.
Questultimo risultato, daltra parte, era largamente prevedibile alla luce della
somiglianza tra i modelli del transistore a giunzione e quelli dei FET.
11.3) Comportamento alle alte frequenze degli amplificatori a FET
Alle alte frequenze necessario per i JFET e i MOSFET tener conto degli effetti
capacitivi associati vuoi alle giunzioni in polarizzazione inversa dei FET, vuoi alla capacit
formata dallo strato di dielettrico dalla regione metallica di gate e dal semiconduttore.
Questi effetti possono essere modellizzati con lintroduzione di tre capacit; la CGS,
capacit gate-source, la CGD, capacit gate-drain e quella drain-source CDS.
Il circuito equivalente per uno stadio a source comune diviene allora quello della figura
11.10.
257
RS
vGS
g vGS
CGS
RD
rD
C DS
vo
figura 11.10
v GS .
v GS . g m
1
RS
s.C GD
s.C GS
vo .
s.C GD
1
RL
s.C GD .v o
s.C GS
s.C DS
Av
vo
vS
C GD
gm
A vo
1 a 1 . s a 2 . s2
1 s.
con
a1
R S .C GS
a2
R S . 1 g m .R L
R S .R L . C GS .C GD
R L .C GD
C GS .C DS
R L .C DS
C DS .C GD
Supponendo, ad esempio, che CGS = 3 pF, CGD = 1 pF, CDS = 1,5 pF, RS = 300
e RD = 20 K , valori del tutto realistici, si ottiene:
a1
73. 9 n sec
a2
258
34. 2 n sec 2
, rD = 80
p1
p2
a1
a2
Si ha inoltre uno zero per Z = gm / CGD = 2 . 109 rad /sec. p1 quindi un polo dominante e
la funzione di trasferimento pu venir approssimata con una funzione a singolo polo in cui la
frequenza di taglio vale:
f tH
1
2 . a1
2.15 MHz
La soluzione trovata si discosta da quella esatta per meno del 1%. Utilizzando il
teorema di Miller, con k = gm RL = Avo, si pu ricavare il circuito unilateralizzato di figura
11.11.
Si vede immediatamente che la capacit CGD, pur essendo dello stesso ordine di
grandezza di CGS e CDS quella che produce i maggiori effetti in quanto viene riportata in
ingresso moltiplicata per un fattore approssimativamente pari al guadagno a centro banda
dello stadio.
RS
CGD (1 + gm RL )
C GS
C DS
vS
gm RL
g m v GS
RL
CGD
1 + gm RL
figura 11.11
Per quanto riguarda limpedenza di ingresso essa prevalentemente capacitiva con una
capacit di ingresso pari a
Ci
C GS
C GD . 1 g m .R L
RS G
vS
C GS
R L = rD || Rs
C GD
rD
C DS
g m vS
Rs
vo
D
figura 11.12
Con queste posizioni possono essere riutilizzati i risultati gi ottenuti per linseguitore
di emettitore.
Si ottiene
C
A VO . 1 s. GS
gm
Av
1 a 1 .s a 2 .s 2
con
a1
a2
R S . C GD
RS R L
1 gm .R L
R S .R L
. C GD .C GS
1 g m .R L
R L . C DS
1 gm . R L
C GD .C DS
C GS .C DS
f tH
2 . R S .C GD
1
C GS
gm
C DS
Per quanto riguarda limpedenza di ingresso Zi (s) e quella di uscita ZO (s) si ha:
Zi s
1 g m .R L . 1 s.R L . C DS C GS / 1 g m .R L
1
||
s.C GD
s.C GS . 1 s.R L .C DS
Zo s
1
.
gm
1 s.R S . C GD
g m . 1 s.
C GS
C GS
. 1 s.C GD .R S
gm
260
Amplificatori
Capitolo 12
Capitolo 12
GLI AMPLIFICATORI PLURISTADIO
12.1) Gli amplificatori
Nei paragrafi precedenti sono stati presi in considerazione alcuni amplificatori
elementari realizzati con un unico elemento attivo. Nella realt un amplificatore ottenuto
molto spesso interconnettendo tra loro diversi stadi del tipo preso in esame per ottenere le
volute caratteristiche di guadagno, banda passante, impedenza dingresso e di uscita. Da
adesso in avanti, pertanto, non ci si occuper pi di come sono realizzati internamente i
singoli stadi, ma si fisser lattenzione sulle caratteristiche globali di un amplificatore.
Come amplificatore si pu intendere un circuito che riceve un segnale di ingresso E e lo
elabora fornendo in uscita un segnale U.
U f (E)
Generalmente, anche se non necessariamente, f una funzione lineare. Di solito, poi, la
potenza disponibile alluscita molto maggiore di quella presente allingresso.
Va
Ia
Zg
V
Iu
Ii
Vu
Vi
ZL
figura 12.1
Va . I a
una parte viene fornita poi al carico ZL, mentre una parte pi o meno grande si dissipa
allinterno dellamplificatore sotto forma di calore.
Il rapporto
261
Amplificatori
Capitolo 12
PL
Pa
dove con PL si indicata la potenza fornita al carico, viene detto rendimento
dellamplificatore e come in tutte le macchine che trasformano energia non mai unitario e
pu essere anzi considerevolmente inferiore allunit.
Un modello dellamplificatore, nellipotesi di unilateralit, supponendo cio che le
grandezze di uscita dipendano da quelle dingresso, ma non sia vero il viceversa, pu essere
ottenuto secondo lo schema della figura 12.2.
amplificatore reale
Iu
ZL
Vu
Vi
modello
Ii
Vi
Zu
Zi
A Vi
Iu
Vu
ZL
figura 12.2
A maggiore chiarimento, unilateralit sta ad indicare che una qualsiasi variazione delle
grandezze presenti in ingresso d luogo ad una corrispondente variazione delluscita. Al
contrario, qualsiasi variazione delle condizioni di lavoro delluscita, ad esempio una
variazione dellimpedenza di carico ZL, che d luogo ad una variazione sia di Vu che di Iu, non
ha alcun effetto sulle grandezze dingresso.
La maggior parte degli amplificatori elettronici, soprattutto quando sono realizzati a pi
stadi, soddisfano abbastanza bene questa condizione.
Il funzionamento dellamplificatore reale, visto dalle porte dingresso e di uscita, pu
essere raffigurato con un modello, che permette poi di studiare il comportamento
dellamplificatore quando esso viene inserito in un sistema pi complesso.
Per quanto riguarda la porta dingresso un buon modello pu essere ottenuto ricorrendo
ad unimpedenza Zi che fornisce il legame tra tensione di ingresso e corrente circolante.
Per la porta duscita il modello pu essere ricavato ricorrendo al teorema di Thevenin,
sostituendo luscita dellamplificatore con un generatore di tensione comandato dalle
grandezze in ingresso, in serie con unimpedenza equivalente Zu, che limpedenza che si
vede dai morsetti di uscita.
Il modello cos ottenuto rappresenta, nellipotesi di linearit e di unilateralit, il
funzionamento dellamplificatore visto dalle porte e pu venir utilizzato quando si voglia
analizzare come si comporta lamplificatore quando viene inserito in un sistema piu
complesso.
262
Amplificatori
Capitolo 12
Il generatore di segnale dingresso pu essere sia un generatore di tensione che di
corrente. La variabile indipendente, cio la grandezza da amplificare, pu cio essere in una di
queste due forme. In modo analogo, la grandezza da prelevare alluscita, cio la variabile
dipendente, pu essere sia una tensione che una corrente. Si possono quindi avere quattro tipi
di amplificatore.
12.1.1- Amplificatore di tensione
Il primo tipo un amplificatore di tensione (figura 12.3), per il quale sia la grandezza
di ingresso che quella di uscita sono due tensioni. In tal caso il legame che si vorrebbe
ottenere tra tensione dingresso Ve e tensione duscita Vu :
A v . Ve
Vu
AMPLIFICATORE DI TENSIONE
Vu = A v Ve
ZG
Ve
Ii
Vi
Iu
Zu
Zi
V = V
u
e
Vu = A v Ve
A Vi
Zi
ZG+ Zi
. Av.
se
Zi
Vu
ZL
ZL
ZL+ Zu
oo
Zu
figura 12.3
263
Amplificatori
Capitolo 12
interessante notare che nelle condizioni ideali, cio con Zi
e Zu = 0, la potenza
nel circuito dingresso nulla, mentre quella erogata dal generatore comandato al lato uscita
si dissipa tutta nel carico ZL.
12.1.2 - Amplificatore di transconduttanza
Nel caso in cui la variabile dingresso sia una tensione e quella di uscita sia una
corrente, ci si trova in presenza di quello che viene chiamato amplificatore di
transconduttanza.
AMPLIFICATORE DI TRANSCONDUTTANZA
I u = G mVe
ZG
Ve
Ii
Vi
Iu
Zi
GmV i Zu
Zi
V = V
u
e
ZG+ Zi
I u = G mVe
se
. G m.
Zi
Vu
ZL
Zu
ZL+ Zu
oo
Zu
oo
figura 12.4
G m . Ve
264
Amplificatori
Capitolo 12
12.1.3 - Amplificatore di corrente
AMPLIFICATORE DI CORRENTE
I u = Ai I e
Ii
Ie
ZG
Iu
Vi
Zi
= I
e
I u = Ai I e
Ai I i
ZG
ZG+ Zi
se
. Ai .
Zi
Vu
Zu
ZL
Zu
ZL+ Zu
e
oo
Zu
figura 12.5
AMPLIFICATORE DI TRANSRESISTENZA
Vu = R mI e
Ii
Ie
ZG
Iu
Zu
Vi
Zi
V = I
u
Vu = R mI e
Rm I i
ZG
. R m.
e Z + Z
G
i
se
Zi
figura 12.6
265
Vu
ZL
ZL
Z L+ Z u
Zu
Amplificatori
Capitolo 12
Si ha infine lamplificatore di transresistenza per il quale la variabile di ingresso una
corrente e quella duscita una tensione (figura 12.6).
ovvio che in questo caso lamplificazione Rm ha le dimensioni di una resistenza
essendo il rapporto tra una tensione e una corrente.
Lamplificatore reale approssimer nel suo comportamento quello ideale se le
impedenze di ingresso e di uscita saranno ambedue trascurabili rispettivamente rispetto a
quella ZG del generatore di segnale e quella ZL di carico.
12.2) Caratteristiche di un amplificatore reale.
Stabilito che si possono avere quattro tipi fondamentali di amplificatore, conveniente a
questo punto esaminare quali siano le principali caratteristiche di un amplificatore reale su cui
conviene puntare lattenzione, quando se ne debba scegliere uno per una particolare
applicazione. Esse possono essere elencate come segue:
a) Tipo di amplificazione e di impedenze di ingresso e di uscita
Lesame di queste caratteristiche permette di stabilire con quale tipo di amplificazione
tra i quattro possibili si ha a che fare e quanto questamplificatore approssimer nel suo
comportamento quello di un amplificatore reale.
b) Dinamica di ingresso
La dinamica di ingresso indica lintervallo di ampiezza del segnale di ingresso entro il
quale lamplificatore pu essere considerato ancora un dispositivo lineare, tale cio che il
legame tra segnale di ingresso e di uscita sia un legame di proporzionalit.
Per un dispositivo reale ci verificato solo su un intervallo di ampiezze limitato,
uscendo dal quale intervengono fenomeni di saturazione o di interdizione.
c) Massima potenza di uscita
Questo dato legato a come lamplificatore realizzato. opportuno ricordare che la
potenza fornita al carico in pratica prelevata totalmente dallalimentazione, ma una certa
aliquota di potenza si dissipa allinterno dellamplificatore stesso. Questa potenza si traduce in
calore, che fa salire la temperatura dei componenti in maniera tanto pi marcata quanto
minore la conducibilit termica verso il mondo esterno. Per non pregiudicare la vita dei
componenti e per garantire una sufficiente affidabilit allapparecchiatura necessario quindi
limitare la potenza dissipata e di conseguenza limitare la massima potenza in uscita. questo
un dato caratteristico di ciascun amplificatore, di notevole importanza in relazione
allutilizzazione particolare
d) Banda passante
questo un parametro estremamente importante. Si gi visto nei paragrafi precedenti
che i vari stadi, che formano un amplificatore, hanno una risposta in frequenza sicuramente
limitata verso le alte frequenze a causa delle caratteristiche intrinseche dei dispositivi attivi e
possono avere delle limitazioni sulla risposta anche alle basse frequenze, se laccoppiamento
tra stadio e stadio realizzato tramite condensatori o se in parallelo alla resistenza di
emettitore della polarizzazione a partitore viene connessa una capacit. facilmente intuibile
che in un amplificatore formato da pi stadi, ciascuno con banda passante limitata, la banda
passante totale sar inferiore a quella del singolo stadio.
266
Amplificatori
Capitolo 12
Con riferimento al diagramma di Bode di un amplificatore, riportato in figura 12.7, si
definisce banda passante lintervallo di frequenza compreso tra la frequenza di taglio
inferiore fi e quella superiore fs.
A dB
A0
3 dB
fi
fs
log
figura 12.7
opportuno tuttavia far notare che esistono anche altre definizioni di banda passante;
usuale, infatti, parlare di banda a -6 dB intendendo con questo lintervallo di frequenza
compreso tra i punti che si trovano 6 dB sotto il guadagno di centro banda A0. Allo stesso
modo si definisce la banda a -1 dB.
Le due frequenze di taglio vanno tuttavia considerate in modo diverso. La frequenza fi,
infatti, determinata da scelte progettuali e puo venir spostata verso il basso semplicemente
aumentando il valore di capacit dei condensatori utilizzati o addirittura si pu portarla a
coincidere con lo zero, accoppiando i vari stadi in continua ed eliminando le capacita di bypass di emettitore.
La frequenza di taglio superiore invece determinata dalle capacit parassite dei
dispositivi attivi e dipende quindi dai componenti utilizzati.
Con transistori bipolari a giunzione si possono realizzare amplificatori il cui estremo
superiore di banda pu giungere a qualche Ghz. Se si volesse superare questo limite di
frequenza necessario utilizzare transistori ad effetto di campo di tecnologia particolare, che
come materiale semiconduttore utilizzano anzich il silicio larseniuro di gallio, in cui la
mobilit dei portatori maggioritari superiore, o altri materiali analoghi. In tal caso si pu
giungere a frequenze superiori di taglio di qualche decina di Ghz. Per andare ancora pi in
alto si usano dispositivi completamente diversi, cui non si ritiene opportuno in questa sede
accennare.
e) Slew rate
Lo slew rate indica la massima velocit di variazione della tensione in uscita, misurata
in volt/microsecondo o V/ sec.
Se, infatti, si applica allingresso di un amplificatore un gradino di tensione ideale, tale
cio che la transizione tra i due valori di tensione avvenga in un tempo nullo (condizione
ovviamente ideale e impossibile fisicamente.- figura 12.8), si osserva che in uscita il gradino
risulta deformato nel senso che la transizione tra i due livelli di tensione avviene in un tempo
che per quanto piccolo non mai nullo (figura 12.9).
267
Amplificatori
Capitolo 12
t
figura 12.8
Vu
t
figura 12.9
268
Amplificatori
Capitolo 12
In prima approssimazione si pu supporre che lamplificatore reale possa venir
rappresentato con un amplificatore ideale senza limitazioni superiori di banda in serie con un
filtro RC passa basso (figura 12.10).
R
Amplificatore
figura 12.10
v
90 %
10 %
tr
figura 12.11
0, 35
fs
Amplificatori
Capitolo 12
In sostanza, finch il funzionamento dellamplificatore lineare un aumento
dellingresso determina un aumento delluscita, cresce la pendenza del tratto di transizione tra
i due livelli del gradino e il tempo di salita rimane costante.
Quando intervengono fenomeni di non linearit la pendenza del tratto di raccordo
diventa costante e indipendente dallampiezza del segnale di ingresso e tale pendenza
rappresenta lo slew-rate.
f) Rumore
In alcuni tipi di amplificatore assume particolare importanza il rumore che
lamplificatore stesso genera. necessario, infatti, tener conto che allingresso
dellamplificatore perviene dallesterno un segnale, che certamente affetto da una certa
quantit di rumore. Lamplificatore, non essendo in grado di distinguere tra segnale utile e
rumore, amplificher allo stesso modo ambedue ed in pi sovrapporr un rumore proprio
generato internamente.
In effetti, qualsiasi componente, come ad esempio una semplice resistenza, sede di un
rumore di natura termica (rumore termico). Infatti, in tutti i materiali, che si trovino a
temperature superiori allo zero Kelvin, vi unagitazione termica dei portatori liberi di carica,
che fa si che agli estremi del componente si localizzi una tensione, a valor medio nullo, ma
istante per istante diversa da zero. Dato quindi un resistore R, se si misura con uno strumento
a valore efficace la tensione di rumore presente ai suoi capi, si pu verificare che:
e 2n
K. T. R. B
270
Amplificatori
Capitolo 12
Dp
f
figura 12.12
a) Offset e derive
Queste due caratteristiche riguardano essenzialmente gli amplificatori per grandezze
continue, cio quegli amplificatori che non hanno una banda inferiormente limitata. Questi
amplificatori sono quindi in grado di amplificare grandezze che variano anche molto
lentamente. Di conseguenza la loro struttura tale che anche qualsiasi spostamento del punto
di lavoro di uno stadio, per qualsiasi causa avvenga, provoca una variazione della grandezza
di uscita, indistinguibile dalle variazioni dovute al segnale di ingresso.
Si consideri, infatti, un amplificatore per grandezze continue cui sia applicato un
determinato segnale di ingresso Vi in corrispondenza al quale sia presente in uscita la tensione
Vu (figura 12.13).
vi
>
vu
figura 12.13
Amplificatori
Capitolo 12
Vu
v nu
Ve
vne
figura 12.14
Lamplificatore per grandezze continue pu quindi essere visto come un circuito che
trasforma variazioni del segnale di ingresso attorno al valore di riferimento Vne in variazioni
proporzionali secondo il coefficiente A della tensione di uscita attorno al livello di riferimento
Vnu.
Se ora si prendono in considerazione n amplificatori nominalmente identici, oppure si
verificano le caratteristiche dello stesso amplificatore man mano che il tempo passa, ci si
accorge che le caratteristiche di trasferimento che si ottengono non coincidono con quelle fin
qui prese in esame. Sia allora la caratteristica riportata a tratto e punto in figura 12.15 una di
queste. Applicando pertanto a questamplificatore la tensione nominale vne si ottiene
ovviamente in uscita una tensione diversa da vnu.
La differenza
vu
v nu
v u off
Amplificatori
Capitolo 12
Vu
offset di uscita
offset di ingresso
vuu
vu
vue
ve
Vi
figura 12.15
Se si vuole riportare luscita al suo valore nominale necessario agire sul segnale di
ingresso portandolo al valore ve. La differenza
ve
v ne
v e off
A. v e off
Amplificatori
Capitolo 12
sono compensabili in quanto dipendono da parametri difficilmente osservabili e controllabili.
Unica misura che si pu pensare di adottare quella di ripetere frequentemente loperazione
di taratura.
12.3) La controreazione
Nei paragrafi precedenti stato pi volte messo in luce come i dispositivi elettronici
attivi siano poco precisi e non garantiscano affatto una ripetibilit delle prestazioni. Questo
fatto si riflette su tutte le strutture che con i dispositivi attivi vengono realizzate, impedendo di
fatto che possa venir realizzato, ad esempio, un amplificatore le cui caratteristiche siano
stabilite entro tolleranze molto strette.
Si ricorre allora al principio della controreazione o reazione negativa secondo la quale
luscita dellamplificatore viene confrontata con luscita desiderata e leventuale differenza,
che rappresenta lerrore, viene riportata allingresso e utilizzata per correggere lerrore stesso.
Si supponga di voler realizzare una certa caratteristica di trasferimento tra una
grandezza E (tensione o corrente che sia) e unuscita che sia pari a U = k E.
E-E'
+
-
Amplificatore
A
E'
1/k
figura 12.16
274
Amplificatori
Capitolo 12
In sostanza la controreazione si riduce a riportare in ingresso unopportuna frazione
delluscita sottraendola allingresso stesso e ad elaborare tale differenza con un amplificatore
di sufficiente guadagno.
altres evidente che poich, fisicamente, amplificatori di guadagno infinito non
esistono, lerrore sar piccolo quanto si vuole, ma mai nullo.
Con riferimento alla figura precedente si pu scrivere che:
U
A.
A. E E '
A. E
U
k
A
.U
k
A.E
cioe'
U
E
A
A
1
k
k
1
k
A
1
allora
U
E
-E
A
k
1/k
figura 12.17
Amplificatori
Capitolo 12
Il rapporto A/k viene usualmente identificato con il simbolo T. Il fatto che il guadagno
di anello sia negativo sta ad indicare che la reazione realizzata negativa. facilmente
intuibile che si pu realizzare anche una reazione positiva, quando il guadagno danello
maggiore di zero. Come la reazione negativa tende a minimizzare lerrore, cos la reazione
positiva tende ad aumentarlo.
Una condizione interessante risiede tuttavia nel fatto che il guadagno complessivo del
sistema, pari a
U
E
AR
1
T
e quanto maggiore T tanto maggiore la precisione ottenuta rispetto alla funzione desiderata
Ad
Esempio
Si supponga di voler ottenere un guadagno k=10. Operando senza controreazione e
supponendo che gli amplificatori abbiano unimprecisione massima del 10% si sarebbero
ottenuti sistemi il cui guadagno risulta compreso tra 9,9 e 10,1.
Se invece si ricorre alla controreazione e si utilizzano amplificatori il cui guadagno
nominale sia pari a 104, il guadagno del sistema complessivo sar compreso tra:
AR
10
1
1
9000
10
min
e
AR
max
1
1 0,0111
10
1
1
11000
10
276
9 ,989
1
1 0, 0091
9 , 99
Amplificatori
Capitolo 12
Pu sembrare a prima vista che quanto esposto sia un puro gioco di parole in quanto la
precisione viene pur sempre a dipendere dalla precisione del blocco 1/k. necessario tuttavia
tener presente che gli elementi maggiormente imprecisi sono quelli attivi e quindi il
guadagno dellamplificatore che non pu venir assicurato con la necessaria precisione, mentre
il blocco 1/k, che il pi delle volte pu venir realizzato con puri componenti passivi, pu
facilmente raggiungere la precisione richiesta.
Ulteriore vantaggio della controreazione risiede nel fatto che la distorsione si riduce
con laumentare del guadagno di anello. Gli elementi attivi utilizzati negli amplificatori non
sono, infatti, elementi perfettamente lineari e vengono in prima approssimazione considerati
tali solo a piccoli segnali. Pertanto lamplificazione nella realt varia al variare del segnale di
ingresso. Poich tuttavia la controreazione tende a rendere lamplificazione del sistema
complessivo largamente indipendente dallamplificatore utilizzato, purch il suo guadagno sia
sufficientemente elevato, le distorsioni introdotte dal blocco amplificatore avranno
uninfluenza molto meno marcata sulluscita rispetto al caso in cui la controreazione non
viene utilizzata. La riduzione dellordine di 1/T.
Infine la controreazione allarga la banda passante, sempre per gli stessi motivi.
Quando, infatti, lamplificatore, per effetto dei poli e degli zeri agli estremi della banda,
presenta una riduzione dellamplificazione A, se lamplificazione danello T rimane
sufficientemente elevata, il guadagno del sistema in pratica non ne risente.
Poich la frequenza di taglio si ha quando lamplificazione si riduce rispetto a quella
nominale di 3 dB, cio quando lamplificatore :
1
A no min ale
2
il taglio nel sistema reazionato, la cui amplificazione :
Ak
k
1
1
T
277
Amplificatori
Capitolo 12
Z ing
Zi . 1 T
Z out
Zu
1 T
Ii
vR
I'i
ve
Zi
figura 12.18
Ve
Zi
VR
Ora
VR
1
Vu
k
1 k
.
. Ve
k 1 k
A
278
Ve .
1
1
1
T
Amplificatori
Capitolo 12
e quindi
1
Ve . 1
I 'i
1
Zi
1
T
Ve .
1 T
Zi
Z ing
Zi . 1 T
Ve .
1
1
T
Ve .
k. T
1 T
Ve .
A
1 T
I cc
Zu
1
.Vu
k
Ve
.A
Zu
In definitiva
Zout
Vu
I cc
Zu
1 T
Zi
1 T
Z out
Zu . 1 T
279
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Capitolo 13
LAMPLIFICATORE OPERAZIONALE
13.1) L'amplificatore operazionale
Nella maggior parte delle applicazioni di elettronica analogica il blocco di
amplificazione A della struttura reazionata viene realizzata con dispositivi realizzati il piu'
delle volte in tecnica integrata, detti amplificatori operazionali.
Un amplificatore operazionale e' un dispositivo lineare ad alto guadagno che viene
utilizzato in unione a componenti esterni per ottenere la desiderata caratteristica di
trasferimento. Esso e' normalmente dotato di due ingressi denominati rispettivamente ingresso
invertente e ingresso non invertente, intendendo con questo che i segnali presentati
all'ingresso invertente si presentano all'uscita ruotati di fase di 180 mentre quelli che sono
applicati all'ingresso non invertente escono in fase. I due morsetti di ingresso
dell'amplificatore operazionale sono ambedue separati dal livello di riferimento delle tensioni,
da quella cioe' che comunemente viene chiamata massa. La risposta di frequenza, la rotazione
di fase dei segnali e la caratteristica di trasferimento del sistema complessivo formato da
amplificatore operazionale e componenti esterni sono determinate proprio da questi ultimi,
che vengono inseriti sia sulle linee di ingresso che in reazione.
In termini ideali un amplificatore operazionale, rappresentato dal simbolo di figura 13.1,
e' un amplificatore di tensione per grandezze continue con un guadagno estremamente elevato;
nel caso ideale addirittura si considera che un amplificatore operazionale abbia un guadagno
che tende all'infinito. L'amplificatore operazionale reale ha invece un guadagno compreso
normalmente tra 103 e 106.
+
Vi
-
Vp
Vu
Vn
figura 13.1
La tensione Vi viene normalmente applicata tra i due ingressi e si puo' quindi affermare,
con riferimento al livello di tensione di massa, che l'operazionale amplifica la differenza delle
tensioni applicate ai morsetti di ingresso. Se, infatti, si indica con A l'amplificazione cui
ciascun segnale viene sottoposto si ha, tenendo conto della rotazione di fase introdotta
dall'ingresso invertente e avendo indicato con Vn la tensione applicata a quest'ultimo e con Vp
quella applicata all'ingresso non invertente
280
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Vu
A.Vp
A.Vn
A. Vp
Vn
A.Vi
A d .Vi
E' opportuno infine richiamare l'attenzione sul fatto che il valore di Ad e' largamente
variabile tra un esemplare e l'altro dello stesso tipo di amplificatore. Il costruttore di solito
garantisce solamente un valore minimo di amplificazione.
Anche per lo studio dell'amplificatore operazionale e' necessario far riferimento ad un
modello, in quanto l'effettiva realizzazione circuitale puo' utilizzare fino ad un centinaio di
elementi attivi, di solito transistori bipolari a giunzione. Il modello cui si fa riferimento e'
simile a quello di tutti gli amplificatori di tensione introdotto ai capitoli precedenti.
Alle basse frequenze, cioe' alle frequenze alle quali tutti i fenomeni reattivi sono trascurabili,
il modello assumera' la forma di figura 13.2, mentre alle frequenze piu' elevate le due
resistenze ri e ro di ingresso e di uscita vanno ovviamente sostituite con impedenze in modo
da tener conto anche dei fenomeni reattivi.
Ii
Vi
ro
ri
Vu = A d .Vi
A d Vi
figura 13.2
281
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Vu
k.Ve
Ve
Vu
Vi
R2
R1
VR
figura 13.3
Ve
VR
+
Vi
ro
ri
Vu
A d Vi
R2
Ve
VR
figura 13.4
Vi
282
VR
R1
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
si ha:
Tenendo poi presente che, trascurando in prima approssimazione la caduta ai capi di ro,
Vu
Ad
Vi
Vu
k
con
R1
R2
R1
Ve . k .
k
Ad
R2
k.Ve
R1
R1
.Ve
L'amplificazione dipende quindi solo dalle due resistenze inserite nell'anello di reazione;
dipende cioe' solo da parametri passivi che possono essere conosciuti con precisione anche
notevole. Non ha invece alcuna importanza il valore dell'amplificazione Ad, a patto che essa
sia sufficientemente elevata.
Si prenda ora in considerazione la caratteristica di trasferimento di un amplificatore
operazionale (figura 13.5), cioe' l'andamento della tensione di uscita in funzione delle tensione
di ingresso.
Vu
Vu max
Vi
Vu min
figura 13.5
283
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Si vede che il legame lineare tra tensione di uscita e tensione di ingresso si estende su
una dinamica di ingresso molto limitata in quanto il guadagno dell'amplificatore e' molto
elevato e al di sopra di un valore massimo di tensione di uscita, prossimo di solito alla
tensione di alimentazione, normalmente bilanciata, interviene il fenomeno della saturazione.
L'intervallo di utilizzo dell'amplificatore risulta allora limitato all'intervallo di tensioni
di uscita compreso tra Vu min e Vu max. Le corrispondenti tensioni di ingresso, nella zona di
funzionamento lineare, sono allora molto piccole. Se ad esempio si avessero:
Vu
min
10 V
Vu
max
10 V
Ad
105
che sono valori del tutto ragionevoli per un amplificatore operazionale, le corrispondenti
tensioni di ingresso si troverebbero comprese nellintervallo tra -100 V e +100 V.
Facendo riferimento ad un caso ideale in cui si ipotizza che il guadagno Ad tenda
all'infinito, si puo' pensare allora che, finche' l'amplificatore operazionale lavora in zona
lineare, la tensione di ingresso sia nulla.
Alla luce di queste considerazioni si puo' riprendere in esame il circuito equivalente
dell'amplificatore operazionale (figura 13.2). Con un guadagno molto elevato, al limite
tendente all'infinito, si ha:
Vi
Vu
Ad
ma, se la tensione Vi e' nulla, purche' ri non sia a sua volta nulla, la corrente di ingresso
Ii
Vi
ri
anche se la resistenza di ingresso e' di piccolo valore. Unica ipotesi importante e' che il
guadagno Ad sia molto elevato.
Le considerazioni appena fatte permettono di introdurre il concetto di cortocircuito
virtuale, Poiche' Vi
0 i due terminali di ingresso appaiono come se fossero cortocircuitati,
tuttavia con guadagni Ad molto elevati anche la corrente Ii e' molto piccola, e nel caso di un
amplificatore operazionale ideale di guadagno infinito e' nulla.
In altre parole la porta di ingresso si comporta per quanto riguarda la tensione come un
cortocircuito, mentre per quanto riguarda la corrente essa si comporta come un circuito aperto.
La relativa caratteristica volt-amperometrica coincide con l'origine degli assi. Ovviamente il
cortocircuito virtuale e' una pura concettualizzazione, tuttavia risulta di indubbia utilita' in
quanto permette di semplificare notevolmente l'analisi circuitale degli amplificatori
operazionali.
A titolo di esempio si riprenda in considerazione l'amplificatore non invertente di cui si
e' gia' trovata in precedenza l'espressione del guadagno. Dal concetto di cortocircuito virtuale
si sa che:
Vi
Ii
284
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
VR
R1
. Vu
R1 R 2
VR e di
R1
. Ve
R1 R 2
Si e' ritrovata quindi la stessa relazione che era gia' stata ricavata in precedenza, ma in
questo caso ci si rende immediatamente conto che la resistenza di ingresso ri ha una scarsa
influenza sul risultato ( nel caso di un amplificatore operazionale ideale di guadagno infinito il
valore di ri, purche' non nullo, non avrebbe assolutamente alcuna importanza).
Il modo di procedere che sfrutta il concetto di cortocircuito virtuale e che e' stato
presentato nell'esempio appena svolto, puo' venir impiegato con qualsiasi configurazione
circuitale, rendendo piu' semplice e piu' spedita l'analisi del circuito.
Si prendano ora in esame le impedenze di ingresso e di uscita dellamplificatore in
configurazione non invertente. Dallesame del circuito riportato in figura 13.6
k=
Ii
+
Vi
Z ing
ri
R1 + R 2
R1
I2
ro
I
I1
A d Vi
R2
Ve
Z out
R1
figura 13.6
Ve
Ii
285
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Vi
Vu
Ad
Ii
Vi
ri
Vi
A d .ri
k.
Ve
1
1
T
k.Ve
k
1
.A d .ri
Ad
Ve
Ad
1
.ri
k
Ve
Ii
ri . 1
Ad
k
ri . 1 T
Ad
k
10 4
10 5. 1 10 4
10 9
286
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
V
I
Zout
I1 I 2
avendo indicato con I1 la corrente che si chiude attraverso le resistenze R1 e R2 e con I2 quella
che entra dal morsetto di uscita dellamplificatore. Ora
I1
'
1
V
R2
'
V A d .Vi
r0
Vi
V.R 1'
R 1' R 2
si ricava in definitiva:
V A d .V.
r0
R 1'
R 1' R 2
V.
1 T'
r0
R 1' R 2
V
I
r0
1 T'
287
r0
1 T
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Il valore tipico di r0 per un amplificatore operazionale di medie caratteristiche e
dellordine della cinquantina di ohm. Nelle stesse condizioni dellesempio precedente e cioe
con k = 10 e Ad = 105 si ottiene:
Z out
50
1 10 4
5.10
Ve
Vu
R2
figura 13.7
R1
R1 R 2
R1
e quindi Vu = Ve.
Il medesimo risultato si sarebbe potuto raggiungere ponendo R2 = 0. In effetti il voltage
follower viene normalmente realizzato utilizzando ambedue i provvedimenti secondo lo
schema di figura 13.8.
288
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Ve
Vu
Vi
figura 13.8
ZL
Ve
figura 13.9
Avviene molto spesso nella pratica che un trasduttore (ad esempio di posizione, di
temperatura o di altro tipo) si comporti come un generatore la cui impedenza interna e dello
stesso ordine di grandezza o addirittura superiore a quella del carico cui deve venir applicata
la tensione da esso prodotta. E ovvio che una connessione diretta tra trasduttore e utilizzatore
darebbe luogo ad errori di entita inaccettabile, che oltre tutto verrebbero a dipendere dal
valore dellimpedenza di carico. Tutta la corrente di carico dovrebbe inoltre essere fornita dal
trasduttore stesso.
Si puo allora pensare di inserire tra carico e trasduttore un inseguitore di tensione.
Lelevatissima impedenza di ingresso di questultimo, pari a:
Z ing
Zi . 1 A d
fa si che il trsduttore lavori in condizioni che in pratica sono quelle di circuito aperto, mentre
limpedenza di uscita, pari a
289
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
r0
1 Ad
Zout
e lo stesso guadagno dello stadio pari a 1 (con un errore dellordine di 1/Ad) garantisce che al
carico risulti applicata proprio la tensione Ve. In piu la corrente che fluisce nel carico viene
fornita dallamplificatore; la potenza necessaria cioe non deriva piu dal generatore di
segnale, ma viene prelevata dallalimentazione.
c) Lamplificatore di transresistenza.
Per amplificatore di transresistenza si intende un amplificatore che riceve come segnale
di ingresso una corremte Ie e fornisce in uscita una tensione Vu tale che:
Vu
k.I e
+
Vi
ro
ri
Vu
A d Vi
Ii
A
IZ
Z
Ie
figura 13.10
Z.I
IZ
Ii
290
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Tenendo presente lipotesi di cortocircuito virtuale, per la quale Ii = 0 si ottiene che la
corrente Ie = - IZ e poiche anche Vi per la stessa ipotesi e nulla si ha in definitiva:
IZ
Vu
Z
e di conseguenza
Vu
Z.Ie
Per quanto riguarda limpedenza di ingresso si puo osservare che sempre in base
allipotesi di cortocircuito virtuale la tensione del punto A e sempre nulla qualsiasi sia la
corrente Ie. Questo comportamento viene identificato dicendo che A e una massa virtuale e
porta alla conclusione che limpedenza di ingresso e nulla.
Volendo determinare questa impedenza con maggior precisione si puo osservare che la
tensione nel punto A e pari a Vi e che Vi =Vu/Ad. Pertanto
Zing
Vi
Ie
Vu
A d .I e
Vu
A d .I Z
Z
Ad
Si riconferma una volta di piu che la reazione negativa tende a far avvicinare le
caratteristiche del sistema reale a quelle di un amplificatore ideale.
d) Lamplificatore invertente.
Una semplice modificazione circuitale dellamplificatore di transconduttanza, in cui al
generatore di corrente Ie di ingresso sia sostituito un generatore reale formato da un generatore
di tensione Ve in serie con unimpedenza Z1, secondo lo schema riportato in figura 13.11,
permette di ottenere un amplificatore di tensione invertente.
ro
ri
A d Vi
Z1
Z2
Ve
figura 13.11
Z 2 .I e
291
Vu
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Ve
Z1
Ie
e in definitiva
Z2
.Ve
Z1
Vu
Z2
.Ve
Z1 Z G
Fino a questo momento si tuttavia sempre supposto, sia pure implicitamente, che tutte
le impedenze Z che comparivano nei vari circuiti fossero delle semplici resistenze. Tuttavia
tale ipotesi non e affatto necessaria e, infatti, le relazioni trovate in precedenza non sono
affatto condizionate dal supporre che le impedenze siano puramente resistive. Ci significa
che unopportuna scelta di Z1 e Z2 permette di realizzare qualsiasi funzione di trasferimento.
Si prenda allora in considerazione un amplificatore nella configurazione invertente in
cui limpedenza Z1 sia una semplice resistenza R1, mentre quella Z2 sia formata dal parallelo
di una resistenza R2 e un condensatore C, come illustrato in figura 13.12.
ro
ri
A d Vi
R1
Ve
R2
figura 13.12
292
Vu
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Z2
R2
s.C
R 2 s.C
R2
1 s.C.R 2
si ottiene:
Vu
Ve
R2
1
.
R 1 1 s.C.R 2
1
C.R 2
20 log
R2
R1
1
C.R 2
log
figura 13.13
Il sistema si comporta quindi come un filtro passabasso con frequenza di taglio pari a:
f
1
2 .R.C
293
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
ro
ri
A dVi
Vu
R1
R2
Ve
figura 13.14
s.C.R 2
1 s.C.R 1
1
C.R 1
1
2 .C.R 1
294
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
dB
20 log
R2
R1
log
1
C.R 1
figura 13.15
Zr
Ve
Zi
Ir
Ii
Vu
+
figura 13.16
Ricorrendo al concetto di massa virtuale e facile dimostrare che anche in tal caso
Vu
Zr
.Ve
Zi
295
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
quando con Z si siano indicate le transimpedenze dei due quadripoli, cioe il rapporto tra la
loro tensione di ingresso e la corrente che si ricava in corrispondenza in uscita. Nel nodo A
infatti si ha:
Ii
Ir
Ve
Zi
ma I i
Ir
Vu
Zr
Vu
figura 13.17
1
. i.dt
C 0
V0
dove V0 la tensione ai capi del condensatore allistante iniziale (t=0). Ma, sempre per le
stesse considerazioni gi fatte in precedenza e che ormai dovrebbero essere familiari, la
corrente I fornita al condensatore
I
Ve
R
Vu
1
. Ve .dt
R.C 0
V0
296
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Alle medesime conclusioni si pu giungere ancora pi rapidamente utilizzando la
trasformata di Laplace e supponendo che le condizioni iniziali siano VC = 0, come
normalmente avviene.
In termini di trasformate, la funzione di trasferimento dellamplificatore invertente
Z2 s
.Ve s
Z1 s
Vu s
Ma Z1 s
R e Z2 s
1
. Si ottiene perci
s.C
1 1
. .Ve s
R.C s
Vu s
Si ricordi ora che moltiplicare per 1/s nel dominio della variabile s coincide con
lintegrare nel dominio del tempo. Quindi antitrasformando si ottiene
t
1
. Ve .dt
R .C 0
Vu
R 1
. .Ve s
L s
k.
dVe
dt
Ie
C.
dVe
dt
Infatti
297
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Vu
R. I e
R . C.
dVe
dt
Ve
C
Vu
figura 13.18
Zi
Z2
Z2
Z1
Vu s
R.C.s.Ve s
ma moltiplicare per s nel dominio di s equivale a derivare nel dominio del tempo. Perci
Vu
R .C.
dVe t
dt
ovvio che anche in questo caso un derivatore pu essere realizzato utilizzando per Z1
una semplice resistenza R e per Z2 uninduttanza L. In questo caso
Vu
L dVe
.
R dt
298
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
A dB
log
CR
figura 13.19
Ora i segnali con cui si ha normalmente a che fare sono sempre a banda limitata, mentre
i rumori, inevitabilmente presenti, hanno uno spettro, che nel caso del rumore bianco
uniforme. Il derivatore quindi tende ad esaltare le componenti ad alta frequenza del rumore,
peggiorando in uscita il rapporto segnale/disturbo.
e) Lamplificatore di transconduttanza
Si gi visto in precedenza che lamplificatore di transconduttanza quello in cui la
relazione ingresso-uscita
Iu
k . Ve
Un amplificatore di questo tipo pu venir realizzato osservando che per sottrarre alla
tensione di ingresso Ve un segnale che sia proporzionale alla corrente di uscita, secondo il
principio della controreazione, necessario convertire la corrente Iu in una tensione ad essa
proporzionale. Tale operazione pu venir facilmente realizzata facendo circolare la Iu su
unapposita resistenza. Lo schema circuitale che cos si realizza e che fa uso di un
amplificatore operazionale quello di figura 13.20 dove con ZL si indicato il carico cui la
corrente Iu deve venir fornita.
Iu
Ve
Vi
ZL
VR
figura 13.20
299
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Secondo il principio del cortocircuito virtuale sullingresso invertente dellamplificatore
operazionale non circola corrente e di conseguenza
R. I u
VR
Poich anche Vi = 0
Ve
VR
R. I u
e quindi
Iu
Ve
R
IC
RB I B
IE
VB
VE
RE
figura 13.21
300
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
infatti, possibile utilizzare il concetto di cortocircuito virtuale in quanto n la tensione, n la
corrente di ingresso sono nulle, e soprattutto perch il guadagno dellelemento amplificatore
non talmente alto da poter essere considerato con buona approssimazione infinito. Tuttavia
gli effetti sono analoghi e le variazioni della corrente di collettore risultano notevolmente
ridotte rispetto a quelle che si avrebbero in assenza di controreazione.
f) Lamplificatore di corrente
In un amplificatore di corrente la relazione ingresso uscita e
Iu
k.Ie
Iu
A
IR
R2
Ie
ZL
R1
figura 13.22
IR
R1
.I u
R1 R 2
Di conseguenza
Iu
R1
R2
R1
. Ie
301
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
Anche limpedenza di ingresso quella di un amplificatore di corrente ideale. La
tensione al punto A sempre nulla, qualsiasi sia la corrente Ie, poich il punto A una massa
virtuale. Limpedenza di ingresso di conseguenza nulla.
opportuno rilevare che gli ultimi due tipi di amplificatore illustrati, quello di
transconduttanza e quello di corrente, hanno ambedue gli estremi del carico fuori massa, e in
alcune applicazioni pratiche questo fatto pu costituire un problema. Esistono tuttavia delle
realizzazioni modificate, che non verranno prese in esame, ma che si possono facilmente
reperire su qualsiasi manuale applicativo degli amplificatori operazionali, che permettono di
superare tale inconveniente.
13.3) Il sommatore analogico.
Malgrado che le caratteritiche dellamplificatore invertente non siano ottimali quale
amplificatore di tensione, da esso viene derivato un certo numero di interessanti applicazioni,
una delle quali e il sommatore analogico.
Con tale nome viene indicato un amplificatore dotato di n ingressi alluscita del quale si
raccoglie le tensione
n
Vu
i 1
a i .Vi
Z.I e
I1
I2
..... I n
+
V1
Z1
V2
Z2
Vn
Zn
Ie
Vu
Z
figura 13.23
302
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
V1
Z1
Ie
V2
Z2
....
V3
Z3
Vu
i 1
Il circuito sommatore e estremamente semplice e viene utilizzato tutte le volte in cui sia
necessario eseguire la somma pesata di diverse grandezze di ingresso.
13.4) Lamplificatore differenziale.
Si consideri la seguente configurazione circuitale (figura 13.24):
Vin
R1
R2
Vout
-
Vin
R3
R4
figura 13.24
La tensione di uscita Vout si puo ricavare a partire dalle due tensioni di ingresso Vin e
Vin per sovrapposizione degli effetti, ponendo di volta in volta a zero una delle due tensioni di
ingresso e calcolando il contributo alla tensione di uscita dovuto allaltra tensione.
Utilizzando il concetto di cortocircuito virtuale e considerando il contributo dovuta a
Vin e ricordando inoltre che limpedenza di ingresso dellamplificatore non invertente tende
allinfinito, si ricava:
Vout
Vin .
R2
R R4
. 3
R1 R 2
R4
Vout
Vin .
R4
R3
303
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
R4
. Vin
R3
Vout
Vin
Ad
A cm
mentre con rapporto di reiezione di modo comune (CMRR) si intende la sua misura in
decibel.
CMRR
20.log10
Ad
A cm
Nel caso ideale ovviamente sia il CMR che il CMRR tendono allinfinito.
E necessario rilevare che la struttura circuitale presa in considerazione, di assoluta
semplicita, presenta tuttavia delle notevoli carenze rispetto alle caratteristiche di un
amplificatore differenziale ideale. In primo luogo le impedenze di ingresso sono abbastanza
basse e diverse tra di loro. Quella vista dallingresso non invertente e, infatti,
approssimativamente pari a R1 + R2, mentre quella vista dallingresso invertente e R3 = R1.
Affinche il guadagno differenziale sia quello che e stato ricavato in precedenza e quindi
necessario che le impedenze interne delle sorgenti di segnale siano molto basse e al limite
nulle.
Quando poi queste impedenze non fossero uguali tra di loro il CMR ne risulterebbe
compromesso. Vi e inoltre la necessita di una scelta molto accurata delle resistenze del
circuito pena una degradazione molto rapida del CMR stesso. Luscita di modo comune e,
infatti (ponendo Vin Vin Vin ):
V0 cm
Vin .
R2
R
R4
. 3
R1 R 2
R4
R4
R3
Supponendo che una delle resistenze, ad esempio R2, differisca dalle altre tre delluno
per mille, si ottiene ponendo R2 = 0,999 R, con R valore delle rimanenti resistenze:
V0 cm
Vin . 0,9994998 1
304
0,0005Vin
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
con un CMRR pari a 66 dB, che non e certo un valore soddisfacente.
13.5) Amplificatori non lineari
Partendo sempre dallamplificatore di transresistenza, si possono realizzare anche
amplificatori il cui legame in ingresso/uscita sia non lineare.
Un caso tipico quello dellamplificatore logaritmico in cui
k 1 .log k 2 . Ve
Vu
Si noti che k2 deve avere le dimensioni del reciproco di una tensione in quanto
loperatore logaritmico opera su numeri reali puri. Di conseguenza k1 dovr avere le
dimensioni di una tensione.
Per realizzare un amplificatore di questo tipo sar necessario ricorrere a qualche
elemento circuitale in cui il legame tra tensione e corrente sia di tipo logaritmico. Ora la
giunzione pn proprio un elemento di questo tipo. Infatti, in un diodo la caduta diretta
legata alla corrente da una relazione del tipo:
VD
ID
. VT
IS . e
IS .e
VD
. VT
e quindi
VD
.VT . ln
ID
IS
. VT .ln
Ie
Is
. VT .ln
Ve
R. I S
. VT
k2
1
R. I S
la prima con le dimensioni di una tensione, la seconda con le dimensioni del reciproco di una
tensione, come si voleva.
305
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
D
R
Ve
Vu
Ie
figura 13.25
1 ln k 22 .V1 .V2
.e
k2
306
k 2 .V1 .V2
Lamplificatore Operazionale
Capitolo 13
V1
Amplificatore
logaritmico
k 1 ln k 2V1
+
V2
Amplificatore
logaritmico
k 1 ln k 2V2
Ve
Amplificatore
antilogaritmico
figura 13.26
307
Vu = k 1 e
k 2 Ve
Capitolo14
+
Vi
-
V1
Vu
V2
figura 14.1
V1 V2
Ci si rende conto cioe che lamplificatore operazionale, cosi come e stato introdotto,
e esso stesso un dispositivo differenziale.
14.2) Guadagno differenziale e guadagno di modo comune.
Quanto esposto al paragrafo precedente puo essere piu convenientemente
rappresentato osservando che:
308
V1
V2
V1
V2
V1
V1
V1
V2
V2
Il circuito di figura 14.1 puo allora essere sostituito da quello di figura 14.2, che agli
effetti esterni e ovviamente equivalente.
V1 -V2
G1
V2 -V1
G2
Vu
V1 +V2
G3
figura 14.2
Si noti che il segnale fornito dal generatore G3 viene applicato ad ambedue gli ingressi;
in altre parole e un segnale comune ai due ingressi dellamplificatore operazionale. Per tale
motivo il generatore G3 viene detto generatore di modo comune e il segnale del generatore
G3 viene chiamato tensione o segnale di modo comune e indicato con il simbolo Vc.
Il segnale V1 V2 viene invece chiamato tensione o segnale di modo differenziale e
indicato con il simbolo Vd.
Lamplificatore differenziale puo quindi, sulla base delle definizioni appena introdotte,
essere rappresentato dalla configurazione circuitale di figura 14.3, in cui sono stati evidenziati
i due generatori di modo differenziale e quello di modo comune.
Vd
2
Vd
2
Vc
figura 14.3
309
Vu
A 1 .V1
A 2 .V2
Vd
2
Vc
Vu
Vd .
V2
Vd
2
Vc
si ottiene in definitiva:
A1
A2
Vc . A 1
A2
A d .Vd
A c .Vc
Ac
con
Ad
A1
A2
A1
A2
Si ricordi ora che A1 altro non e se non lamplificazione tra ingresso non invertente e
uscita, cosi come A2 e quella tra ingresso invertente e uscita.
A1
Vu
V1
A2
V2 0
Vu
V2
V1 0
A d .Vd
A c .Vc
A d .Vd . 1
A c Vc
.
A d Vd
Si vede pertanto che luscita di un amplificatore operazionale reale sara tanto piu
prossima a quella di in amplificatore operazionale ideale quanto minore e il termine
310
Ad
Ac
20 log
Ad
Ac
+
Vi
V1
A c Vc
ri
ro
Vu
A d Vi
Vc =
V2
figura 14.4
311
V1 + V2
2
Vi
Voff
V u min
figura 14.5
Vo
2
Vo
2
figura 14.6
312
Vu
IB
Io
2
I B2
I B2
IB
IB
Io
2
I B1
I B2
con
Io
I B1
313
Ii
ro
ri
Vi
Vo
Vu
A d Vi
figura 14.7
A d .Vo
+
IB + Io /2
IB - Io /2
Vo
ro
Vi
A dV i
figura 14.8
314
Vu
10-3 V
Io = 10-14
10-6 A
IB = 10-14
10-6 A
Ve
Vu
~
figura 14.9
315
IB2
I B1
Vu
Ve
figura 14.10
Poiche Vu = Vc o poiche
I B1
dV
dt
C.
C.
dVu
dt
10 7 .2 0,2
R3
Ve
+
IB + Io /2
Vi
ro
i
A dV i
IB - Io /2
Vo
R1
R2
figura 14.11
316
Vu
R3
+
r
Vi
Vo
ro
i
Vu
A dV i
R2
R1
figura 14.12
R1
R2
R1
.Vo
VU 2
IB
I o / 2 .R 3 .
317
R1
R2
R1
R3
R3
IB + Io /2
V = - R 3 .( IB+ Io /2 )
figura 14.13
Il contributo alluscita dovuto al generatore IB2 =IB Io/2 puo venir calcolato
osservando che poiche lamplificatore lavora in zona lineare su ri non circola corrente per
lipotesi di cortocircuito virtuale e sempre per la medesima ipotesi lingresso invertente si
trova a potenziale nullo anche sulla resistenza R1 non circola corrente. Di conseguenza
lintera corrente IB2 circola su R2 e pertanto:
VU 3
R 2. IB
Io / 2
La tensione duscita dovuta a tutti gli offset e data dalla somma di questi tre contributi
VUoff
Vo .
R1
V0
R1
R2
R1
R2
R1
IB. R 2
IB
R 3.
Io
R
R2
.R 3 . 1
2
R1
R1
R1
R2
Io
. R2
2
IB
Io
.R 2
2
R 3.
R1
R2
R1
Si sono in tal modo messi in luce tre contributi dovuti rispettivamente alla tensione
doffset, alla corrente IB di polarizzazione e a quella Io di offset. Le tre quantita tuttavia sono
conosciute solo nei loro valori massimi e anzi, per quanto riguarda Vo e Io, non se ne conosce
nemmeno il segno. Di conseguenza, quando si vuol valutare quanto accade nella peggior
condizione di funzionamento possibile, e' necessario sommare i valori assoluti dei tre
contributi.
Per minimizzare la tensione di offset di uscita si puo allora pensare di minimizzare i
coefficienti relativi a ciascun contributo. Non e certamente possibile pensare di modificare il
coefficiente di Vo, in quanto il rapporto (R1 + R2)/R1 e il desiderato guadagno di tensione
dellamplificatore. Giocando allora sul parametro R3 e prendendo in considerazione il
coefficiente di IB, si vede che ponendo:
R3
R 1 .R 2
R1 R 2
cioe scegliendo per R3 un valore pari a quello del parallelo di R1 e R2, il fattore
moltiplicativo di IB si annulla. La tensione totale di offset in uscita si riduce a:
318
VUoff
Vo .
R1
R2
R1
R 2 .I 0
Per ridurre ulteriormente tale tensione si puo pensare di ridurre al minimo il valore di
R2, aggiustando poi il guadagno agendo su R1.Non e tuttavia possibile scendere
eccessivamente con il valore di R2; se, infatti, esso e troppo basso lamplificatore
operazionale risulta troppo caricato. Esso cioe dovrebbe fornire una corrente alla serie di R1 e
R2 superiore a quelle che sono le sue possibilita.
Tutte le considerazioni fatte per gli offset valgono anche per le derive, che come si e
accennato piu sopra, sono molto piu pericolose degli offset stessi. Gli offset, infatti, sono
compensabili e molti amplificatori operazionali prevedono opportuni morsetti di ingresso che
permettono di eseguire tale operazione sommando in qualche stadio dellamplificatore
operazionale unopportuna tensione in modo da azzerare luscita quando il segnale di ingresso
e nullo. Per le derive cio non e possibile in quanto esse variano in funzione di un certo
numero di parametri e non sono prevedibili a priori.
Tuttavia, poiche le deve possono essere trattate in modo formalmente identico agli
offset, i provvedimenti individuati, cioe utilizzare un resistore R3 di valore pari a quello del
parallelo di R1 e R2 e nel contempo minimizzare per quanto possibile R2, giocano un ruolo
favorevole anche nei confronti delle derive.
14.5) Risposta in frequenza e stabilita.
Unulteriore caratteristica secondo la quale un amplificatore operazionale reale
differisce da uno ideale e la banda passante. Tutte le considerazioni che sono state fatte fino a
questo momento non hanno fatto alcun riferimento alla banda passante dellamplificatore
operazionale, ma esso, anche se non presenta una frequenza di taglio inferiore, in quanto puo
trattare segnali continui, ha sicuramente una frequenza di taglio superiore, al di sopra delle
quale le sue caratteristiche, e in modo particolare lamplificazione Ad, decadono rapidamente.
Una domanda che allora ci si puo legittimamente porre e: in che modo la limitazione
superiore di frequenza influisce sulle caratteristiche del sistema reazionato in cui
lamplificatore operazionale viene inserito? In altre parole ha interesse individuare fino a che
frequenza sono validi i risultati ottenuti fino a questo momento.
Il legame ingresso-uscita di un amplificatore operazionale, che fino a questo momento si
e supposto essere Vu = Ad.Vi, e tale solo se la frequenza del segnale di ingresso e
sufficientemente bassa. In realta il diagramma di Bode dellamplificazione differenziale ha in
funzione della frequenza un andamento che qualitativamente e riportato in figura 14.14.
Si vede che la funzione di trasferimento presenta un certo numero di poli, ciascuno dei
quali introduce un punto di rottura nellandamento del diagramma di modulo. Un
amplificatore operazionale e di solito realizzato con tre stadi e il diagramma di figura 14.14
rappresenta proprio una funzione di trasferimento dotata di tre poli, i cui effetti si sentono alle
pulsazione p1, p2 e p3 rispettivamente. Si nota che lamplificazione una volta che si sia
superata la pulsazione p1 diminuisce rapidamente. In sede di progetto si ha cura di
mantenere i tre poli sufficientemente separati.
319
dB
Ad0
p2
p1
p3
log
figura 14.14
A do
20 dB/decade
T
h
log
Ad
log
figura 14.15
320
Ad s
1 s.
1
h
Ve .
R1
R2
R1
Ve .
Ve .
1
1
T
k
1
k
Ad
Ad
k
A d0
.
k
1
1
s
h
321
T0 ..
1
1
s
h
k
s
1 T0 1
che con alcune semplici manipolazioni puo essere messo nella forma:
A
1
1
T0
s
T0
h.1
1 T0
1Hz.10 6 / 10 10 5 Hz
A do
R2
R1
Vu
A = 1+
Ve
R2
R1
fT
fh
ft
figura 14.16
322
.T0
A0
k
/k
Vu
Vi
-
R2
R1
Ve
figura 14.17
che:
Vi
Ve .
R2
R2
R1
Vu .
R2
R1
R1
K'
Ad
k=
R 1 + R2
k' = -
1/k
R1
R2
R 1 + R2
figura 14.18
323
Vu
do
T
1+
R2
R1
Ao
f
fT
f
figura 14.19
ft
fT
1MHz
R1
R2
R1
ft
fT
k
500kHz
324
dVu
dt
max
ingresso
uscita
t
figura 14.20
0,16.
k
.SR
fT
Vm .sin 2 .f .t
2 .f .Vm . cos 2 .f .t
f .Vm
Se si eccede tale valore la forma donda viene distorta e tende a divenire unonda
triangolare, la cui pendenza dei fianchi e determinata dal valore dello slew rate relativo alle
due transizioni della tensione di uscita.
Lespressione appena trovata evidenzia che esiste una relazione tra frequenza e
ampiezza. Se si vuole operare ad alte frequenze lampiezza del segnale deve essere
opportunamente contenuta.
Si consideri a titolo di esempio un amplificatore operazionale il cui slew rate sia pari a
0,5 V/ sec e si esamini quale sia il suo comportamento in corrispondenza alla frequenza di
transizione, supposta di 1 MHz. Si ottiene in tal caso che Vm = 80 mV.
Risulta allora evidente perche la frequenza di transizione sia anche chiamata larghezza
di banda a piccoli segnali. Se si eccede il limite calcolato la forma donda verra seriamente
distorta, tanto piu quanto maggiore e lampiezza del segnale.
Se invece si vuole ottenere dallo stesso amplificatore la massima potenza di uscita,
supponendo che la massima ampiezza del segnale di uscita sia di 10 V, allora la massima
frequenza del segnale dovra venir limitata a:
f
0,5.10 6
2 .10
SR
2 .10
8kHz
La frequenza cosi determinata viene detta, per ovvi motivi, larghezza di banda a piena
potenza (full power bandwidth FPB). In generale
FPB
SR
2 .Vmax
Per riuscire a capire perche lo slew rate abbia un valore limitato si puo far riferimento
al circuito di figura 14.21, che puo essere considerato rappresentativo della maggior parte
degli amplificatori operazionali, realizzati, come si e gia detto, con tre stadi in cascata.
Di solito lo stadio di ingresso e un amplificatore di transconduttanza (ingresso in
tensione e uscita in corrente) in cui la corrente di uscita Io1 e approssimativamente
proporzionale alla tensione differenziale di ingresso Vp Vn secondo il parametro
transconduttanza gm1.
I 01
g m1 . Vp
326
Vn
Cc
Io1
Vn
Vo
g m1
Vp
a 2 >>1
Vi
a 1 =1
amplificatore operazionale
Io1
Io1(sat)
(Vp -Vn )
-Io1(sat)
figura 14.21
I o1 sat
SR
Cc
Vo 2
1
. I o1 t .dt
Cc 0
1
. g m1 . Vp
Cc 0
Vn .dt
Vn
Vi .sin t
327
g m1
.sin
.C c
1
.g m1 .Vi . cos t
.C c
Di conseguenza
A
Vp
Vo
Vn
g m1
2 .f .C c
g m1
2 .C c
e infine eliminando Cc dallespressione dello slew rate che e stata trovata in precedenza si
ottiene finalmente:
SR
I o1 sat
.2 .f T
g m1
328
Capitolo 15
Amplificatore
A(s)
U/K
1/k
figura 15.1
Si e gia visto che qualora lamplificazione A(s) sia una semplice costante e sia
sufficientemente grande, tale che
U
E
k
1
1
T
con
A
k
In sostanza, quando al segnale dingresso viene sottratta una frazione del segnale
duscita, se il guadagno danello e sufficientemente elevato, il legame tra ingresso e uscita
non dipende piu da A(s), ma semplicemente dalla caratteristica di trasferimento del blocco di
reazione.
Nellesaminare tuttavia le caratteristiche della risposta in frequenza di un qualsiasi
amplificatore si e visto che al di sopra di una certa frequenza, detta frequenza di taglio
lamplificazione diminuisce, e ovviamente anche il blocco A(s) ha un comportamento di
questo genere. Ad esempio nel trattare gli amplificatori operazionali si e messo in luce che,
essendo tali amplificatori realizzati di solito con tre stadi in cascata, la loro funzione di
trasferimento presenta tre poli.
329
S1
A(s)
-
S2
P
1/k
figura 15.2
330
A ( ) .Vi
inferiore allunita,
le medesime operazioni porterebbero ad una diminuzione della tensione duscita Vu, che con
il trascorrere del tempo tenderebbe ad annullarsi. E intuitivo che la velocita con cui la
tensione duscita tende a zero e tanto maggiore quanto piu il modulo del guadagno danello
e inferiore allunita. Se al contrario T fosse maggiore dellunita le operazioni descritte
porterebbero ad un incremento della tensione duscita, che a sua volta porterebbe ad un
aumento dellampiezza del segnale presente in P, facendo si che luscita diverga, tendendo
rapidamente allinfinito.
Sulla base delle considerazioni fatte per valutare la stabilita del sistema utilizzando i
diagrammi di Bode e necessario:
Valutare il guadagno danello T(s) e tracciarne i diagrammi di Bode di modulo e
fase.
Individuare la frequenza f alla quale lo sfasamento introdotto dal guadagno danello
riporta il segnale di reazione in fase con quello dingresso. E necessario cioe
individuare la frequenza alla quale lo sfasamento del segnale di reazione e nullo
rispetto a quello dingresso.
Valutare il modulo di T a tale frequenza. Se il modulo e inferiore a 1 il sistema e
stabile.
Si dice margine di guadagno la misura in dB di T alla frequenza f . Poiche il
guadagno danello per un sistema stabile e inferiore allunita e pertanto la sua misura in dB
e negativa il margine appena definito rappresenta in pratica di quanti dB si puo aumentare T
prima di portare il sistema la margine di stabilita. Esso misura in sostanza la distanza del
sistema in esame dallinstabilita.
Il criterio esposto, che da buoni risultati nellanalisi di circuiti impieganti amplificatori
operazionali controreazionati, permette tuttavia di condurre lanalisi di stabilita anche in una
forma duale, che anzi e quella che viene piu comunemente impiegata.
In tal caso anziche cercare la frequenza alla quale il sistema introduce una rotazione di
fase tale da riportare il segnale di reazione in fase con quello dingresso, sindividua invece
quella frequenza alla quale il guadagno danello e pari a 1. Questa ricerca e particolarmente
semplice in quanto e individuata nel diagramma di Bode di modulo dallintersezione di T
con lasse delle ascisse (0 dB). In corrispondenza a questa frequenza si valuta poi lo
331
To
30
20
10
100
10
0
-10
-45
-20
-90
-30
-135
-40
-180
1000
margine di fase
-225
figura 15.3
332
log
figura 15.4
Tale risposta, come si e gia visto in precedenza, altro non e se non quella di un
sistema con due poli complesso-coniugati in corrispondenza a vari valori del fattore di
smorzamento. Con un margine di fase dellordine dei 60 la risposta e del tipo 2, con un
piccolissimo incremento del guadagno rispetto a quello in banda in corrispondenza della
pulsazione naturale.
Con un margine di fase di 45 invece lincremento passa a 3 dB e se il margine si riduce
ulteriormente questo incremento aumenta tendendo allinfinito via via che il margine di fase
tende a zero.
A questo comportamento nel dominio della frequenza si accompagna un analogo
comportamento nel dominio del tempo.
Si supponga infatti di applicare in ingresso un segnale a gradino di tipo ideale, cioe un
segnale a gradino con tempo di salita nullo. Il contenuto spettrale di un segnale di questo tipo
occupa lintero asse delle frequenze, con unampiezza che e inversamente proporzionale alla
frequenza (la trasformata di Laplace di un gradino e 1/s).
Lamplificatore tuttavia ha una banda limitata e quindi nel segnale duscita le
componenti di frequenza piu elevata vengono attenuate, dando pertanto luogo ad un segnale
con un tempo di salita non nullo. Tuttavia in presenza di un margine di fase ridotto le
componenti, la cui frequenza si trova in prossimita della pulsazione naturale, risultano
333
risposta ideale
t
figura 15.5
334
polo dominante
20 dB/decade
log
poli naturali
figura 15.6
Esistono, come e gia stato fatto notare al capitolo precedente, anche amplificatori
operazionali privi di compensazione interna a polo dominante. Sono in tal caso presenti degli
opportuni terminali che permettono di eseguire la compensazione collegando reti circuitali
esterne realizzate con resistenze e condensatori il cui valore viene calcolato applicazione per
applicazione.
Questi amplificatori sono certamente piu scomodi da utilizzare, ma hanno il vantaggio
di permettere tecniche di compensazione diverse da quella a polo dominante, ottenendo in tal
modo unottimizzazione delle prestazioni caso per caso.
15.2) Gli oscillatori sinusoidali.
Molto spesso ci si trova nella necessita di generare segnali con forma donda
sinusoidale. Si puo pensare allora di sfruttare il fenomeno dellinstabilita di un amplificatore
per conseguire tale risultato.
Si e gia visto infatti che se il guadagno di anello e pari a 1 e lo sfasamento totale e
nullo o multiplo di 360 il sistema diventa instabile e in uscita si ha un segnale periodico di
335
or
336
or
f
f
figura 15.7
337
fo
R1
Vu
C
C
figura 15.8
2R 1
1
Hz 1kHz
2 .10 .158.10 3
9
338
e i due diodi
21
3,1
10
Vu
158 k
1 nF
158 k
1 nF
figura 15.9
C
R
C
R
figura 15.10
339
1
2 . 6 .RC
lo sfasamento introdotto dalle tre resistenze R e dai tre condensatori C e pari a 180 . Per
realizzare la reazione positiva ottenendo in tal modo un oscillatore e allora necessario
riportare la tensione di reazione al morsetto invertente dellamplificatore operazionale.
Alla frequenza f o lattenuazione introdotta dalla rete di reazione e pari a 1/29 e quindi
devessere soddisfatta la condizione
R2
29 R 1
figura 15.11
Come ogni altro sistema meccanico, anche il cristallo di quarzo, quando viene lasciato
libero dopo esser stato sottoposto a deformazione, ha una sua propria frequenza di
oscillazione, funzione delle sue dimensioni e del modo in cui e stato tagliato. Il sistema
complessivo, cristallo ed elettrodi, si comporta allora come un dispositivo elettromeccanico
che presenta una sua propria frequenza di risonanza; di particolare importanza vi e pero il
fatto che il relativo fattore di merito e estremamente elevato e quindi la risonanza presenta un
picco molto aguzzo e stretto. Lordine di grandezza del fattore di merito di un cristallo di
340
L
C
C'
figura 15.12
reattanza induttiva
fs
fp
reattanza capacitiva
figura 15.13
341
C.C'
C C'
342
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Capitolo 16
ALIMENTATORI E CONVERTITORI.
16.1) Gli alimentatori.
La gran parte dei circuiti elettronici richiede una sorgente dalimentazione in corrente
continua. Poiche' l'energia elettrica viene distribuita in forma alternata, quando non si vuole
ricorrere ad un'alimentazione a batteria, possibili solo nei circuiti a bassa potenza, e'
necessario ricorrere a circuiti di conversione da alternata a continua ed e' spesso necessario far
uso di sistemi di regolazione che permettono di stabilizzare l'ampiezza della tensione continua
che si ottiene.
Un alimentatore pertanto puo' essere visto come la cascata di un certo numero di stadi,
ciascuno dei quali assolve una specifica funzione, come illustrato in figura 16.1.
AC
Trasformatore
Rettificatore
Filtro
Regolatore
DC
fig.16.1
Lo stadio trasformatore, che in alcuni casi puo' mancare, e' utilizzato per portare il
livello della tensione alternata al valore piu' opportuno in relazione agli scopi che ci si
propone. Se ad esempio la distribuzione c.a. fosse a 220 V e la tensione c.c. da produrre fosse
di 5 V, sarebbe opportuno che l'ampiezza dell'alternata fosse ridotta dai 220 V originari a
tensioni dell'ordine dei 7 10 V.
Lo stadio rettificatore converte la tensione alternata sinusoidale in una tensione
unidirezionale pulsante. Lo stadio di filtro elimina, per quanto possibile, le componenti
alternate dalla tensione pulsante presente in uscita dal rettificatore. Infine lo stadio regolatore
serve a rendere la tensione continua d'uscita indipendente dalle variazioni del carico e della
tensione alternata dingresso.
Nel seguito non verra' preso in considerazione lo stadio trasformatore, che di solito
viene realizzato con un trasformatore statico con un opportuno rapporto spire.
16.1.1) I rettificatori.
a) Rettificatore a semionda.
Qualsiasi dispositivo atto a convertire una tensione sinusoidale (e quindi a valor medio
nullo) in un tensione unidirezionale a valor medio non nullo viene detto rettificatore. Per
assolvere questa funzione si prestano particolarmente bene i diodi semiconduttori.
343
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Il circuito base del rettificatore a singola semionda e' illustrato in figura 16.2.
v
ingresso
a.c.
vi
RL
figura 16.2
Il funzionamento e' intuitivo, ma e' ovvio che per un corretto funzionamento il valore di
picco della tensione dingresso v i Vm .sin ( t ) , pari a Vm, deve essere maggiore della
tensione di soglia V del diodo. Se tale ipotesi e' realizzata e se la Vm e' abbastanza superiore
a V non si commettera' un grande errore se nelle considerazioni che seguiranno si
considerera' nulla la tensione di soglia del diodo.
Detta allora Rf la resistenza diretta del diodo e trascurando la corrente inversa, si puo'
scrivere, avendo indicato con
t:
i
I m sin
0
2
Im
Vm
Rf RL
1
. i.d
2 0
Im
1
. I m .sin .d
2 0
R L .I cc
RL.
Im
Se si volesse tuttavia misurare la tensione media Vcc' ai capi del diodo, sarebbe
necessario tener conto che Rf non e' costante, ma in polarizzazione inversa tende, in prima
approssimazione, all'infinito. Pertanto:
'
cc
1
.
2
R f .I m .sin .d
Vm .sin .d
344
. I m .R f
Vm
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
. I m .R f
Im R f
Im R L
RL
La tensione media ai capi del diodo e' quindi uguale e opposta a quella ai capi del
carico.
Se anziche' sul valor medio si fissa l'attenzione sul valor efficace della corrente, si
ottiene:
1
. i2d
2 0
I eff
e tenendo presente che per
I eff
1
2
2 i = 0 si ottiene in definitiva:
1
1
. I 2m .sin 2 .d
2 0
1
1
. I 2m . 1 cos 2 .d
2 0
2
1
2
Im
2
R L . I eff
RL.
Im
2
Vcc
I cc 0
Vcc
Vm
Vcc
I cc
RL
Rf
si ha:
Vm
e poiche' Vcc
RL
R f .I cc
R L . I cc si ottiene in definitiva:
Vcc
Vm
R f . I cc
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Rf
V=
I cc
Vm
RL
Vcc
figura 16.3
Rf
2I m
I eff
Im
2
Vcc
2. I m . R L
dove Vm e' ancora il valore di picco della tensione alternata di ingresso e Im=Vm/(Rf+RL). Si
noti che il valor medio continuo dell'uscita e' il doppio rispetto a quello del rettificatore a
singola semionda.
Operando analogamente a quanto gia' fatto in precedenza e' immediato ricavare che:
Vcc
2 Vm
R f . I cc
Il modello di Thevenin e' quindi ancora valido, con l'unica osservazione che la tensione
a vuoto raddoppia.
346
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Im
t
i1
Vm
i
RL
Vac
Im
Vo
Vm
i2
i
Im
I cc
figura 16.4
Per i due rettificatori presi in considerazione puo' essere interessante valutare quale sia
l'effetto della tensione di soglia V . Ci si riferisca allora al circuito equivalente di fig. 16.5
Ci si rende immediatamente conto che la corrente i e' diversa da zero per un intervallo di
tempo inferiore al semiperiodo.
arcsin
V
2
Vm
vi , i
V
Rf
diodo
ideale
Vm
i
vi
RL
vo
t
1
figura 16.5
347
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
La corrente media del rettificatore a singola semionda diviene allora
I cc
Vm
Rf
RL
cos
2
2
V
Rf
RL
I cc
2 Vm
cos
Rf RL
V
Rf
RL
348
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Vac
D1
D2
D4
D3
RL
Vo
figura 16.6
Vac
C
RL
Vo
figura 16.7
349
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Vcc
Vac
figura 16.8
i
ingresso
a.c.
ic
i1
RL
vi
vo
figura 16.9
vi
t
2vm
vi - v o
figura 16.10
350
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Pertanto nei semiperiodi successivi, e con l'ipotesi che gli elementi circuitali siano ideali
in modo che la carica presente su C non possa disperdersi, poiche' la tensione V ai capi del
diodo e':
V
vi
V0
Vm sin t Vm
interdizione
vo
ripple
figura 16.11
I j
V j
Z j
V j .
j CR L
RL
I m sin
con
351
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Im
Vm
1
R 2L
C2
arctg CR L
vo
Vr
Vr /2
Vm
Vm
t2
t1
T1
Vcc
T2
figura 16.12
I cc . T2
C
352
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Si noti inoltre che quanto maggiore e' C e tanto piu' T2 tende al semiperiodo T/2 della
sinusoide di ingresso. Quindi si puo' scrivere in via approssimata che:
I cc .T
2.C
Vr
I cc
2.f .C
Vm
I cc
4. f . C
dal rettificatore
L1
R1
L2
C
dal rettificatore
al carico
R2
al carico
figura 16.13
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
dalla temperatura. Infatti, i rettificatori fin qui presi in considerazione sono influenzati anche
dalla temperatura in quanto con le sue variazioni variano le caratteristiche dei dispositivi
semiconduttori usati.
Un circuito che approssima con il suo comportamento quello di un alimentatore regolato
ideale e' il regolatore parallelo realizzato con un diodo Zener e gia' preso in considerazione in
precedenza.
Lo svantaggio di un tal tipo di regolatore tuttavia risiede nel fatto che lo Zener deve
essere in grado di sopportare una corrente superiore alla corrente massima di carico e che
quindi in tutte le condizioni di funzionamento la dissipazione del circuito non sara' affatto
trascurabile.
Una realizzazione migliore si puo' ottenere ricorrendo al circuito controreazionato di
figura 16.14.
Q1
transistore serie
ro
amplificatore
differenziale
R1
,
Vo
Vdc
Vo
alimentazione
non regolata
Vr
R2
Vo
tensione di
riferimento
RL
Carico
rete di reazione
figura 16.14
Da un esame anche superficiale si nota che una frazione della tensione di uscita, ricavata
tramite il partitore realizzato con le resistenze R1 e R2, viene confrontata con una tensione di
'
riferimento VR. Il segnale differenza V0 , ricavato con l'uso di un amplificatore differenziale di
guadagno Av, pilota il transistore serie Q1 e regola la corrente fornita al carico.
Poiche' Q1 lavora come inseguitore di emettitore il suo guadagno di tensione e'
approssimativamente unitario (V0' V0 ) e poiche'
V0'
A v V0
R2
R1 R 2
VR
si ottiene che:
V0
VR
Av
1 Av
354
R2
R1 R 2
V0
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Se si sceglie Av in modo che A v
R2
>>1 allora
R1 R 2
V0
R 2 R1
R2
VR
C'e' da osservare che lo svantaggio di un tale tipo di regolatore risiede nel fatto che Vo
dev'essere di almeno un paio di volt inferiore alla minima tensione Vdc fornita dal rettificatore
nelle piu' critiche condizioni di funzionamento. Un vantaggio viceversa si ha osservando che
l'uscita Vo puo' essere facilmente modificata semplicemente cambiando il rapporto R2+R1/R2.
Si osservi inoltre che il compito di Q1 e' unicamente quello di amplificare in corrente, poiche
quella disponibile all'uscita dell'amplificatore differenziale non e' di solito sufficiente ad
alimentare il carico RL.
Per qualsiasi corrente di carico IL>0 una frazione della potenza fornita dall'alimentatore
non regolato, pari a
Vin
V0 .I L
V0
R0 . IL
V0
. T Sv . Vcc
T
R 0 . I L ST . T
V0
Vcc
R0
IL , T 0
V0
IL
ST
Vcc , T 0
V0
T
Vcc , I L 0
355
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Regolatore
monolitico
Vin
(ceramico)
(tipicamente 0,33 F)
Vo
(tantalio)
>1 F
figura 16.15
Il regolatore descritto viene realizzato per un'ampia gamma di tensioni di uscita di cui i
valori standard sono 5, 6, 8, 12, 15, 18 e 24 V. Per un corretto funzionamento essi richiedono
una tensione minima tra ingresso e uscita dell'ordine dei 2 V, sono protetti internamente
contro il cortocircuito e il sovrariscaldamento e i coefficienti di regolazione sono tipicamente
Sv
3.10
R0
30 m
ST
1 mV / C
Per maggiori dettagli si rimanda il lettore ai fogli caratteristici e alle note tecniche
applicative forniti dai costruttori.
16.3) Alimentatori stabilizzati a commutazione.
Il regolatore serie preso in considerazione al paragrafo precedente, pur fornendo ottime
prestazioni per quanto riguarda la stabilita' della tensione di uscita e l'ondulazione residua,
presenta tuttavia tre notevoli inconvenienti.
1) La tensione di ingresso deve sempre essere maggiore di quella di uscita e
quindi, come e' gia' stato fatto osservare, quanto maggiore e' tale differenza
tanto maggiore sara' la dissipazione sul transistore serie a parita' di corrente di
carico. La regolazione serie e' quindi per sua natura non troppo efficiente. Se ad
esempio la tensione di ingresso fosse di 10 V e la tensione di uscita dovesse
essere 5 V il rendimento sarebbe il 50%, ma scenderebbe ad un modestissimo
25% quando a parita' di tensione di uscita quella di ingresso salisse a 20 V.
2) Per mantenere alta l'efficienza i circuiti che richiedono diversi valori di tensione
di alimentazione, come ad esempio 15 V per l'alimentazione di amplificatori
operazionali e + 5 V per l'alimentazione di una parte digitale, richiederebbero
per ciascuna di queste tensioni un rettificatore e una sezione di filtro con un
aggravio dei costi, che molto spesso risulta inaccettabile.
356
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
3) Vi sono situazioni, ad esempio quando l'alimentazione viene fornita da una
batteria, nelle quali per conseguire l'obiettivo esposto al punto precedente,
sarebbe necessario ricorrere a sistemi di conversione in corrente continua per
ottenere tutte le tensioni necessarie.
Tutti questi inconvenienti possono essere evitati ricorrendo ai regolatori a
commutazione (switching) la cui struttura di principio e' riportata in figura 16.16.
Vin
Vref
Regolatore di
riferimento
onda triangolare
v
amplificatore di
errore
vm
PWM
vB
vA
Vo
uscita regolata
modulatore di durata
di impulsi
RL
R2
R1
figura 16.16
Come si puo' notare si ha ancora a che fare con un sistema controreazionato in tensione
in cui una frazione della tensione di uscita, pari a
V0
R1
R1 R 2
vm
T
vm
v
2T
Vo
-V
vo
T1
-Vo
figura 16.17
357
T2
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
L'errore viene messo a confronto con una tensione triangolare v tramite un comparatore,
come riportato in figura 16.17.
Si ottiene in uscita, come si vede nella stessa figura, una forma d'onda rettangolare in
cui la durata degli impulsi di uscita e' funzione della tensione di errore vm. Il circuito descritto
prende il nome di modulatore di durata di una portante impulsiva. Piu' esattamente si ottiene
un'onda rettangolare vo il cui duty cycle (rapporto pieno-vuoto) varia linearmente con vm.
L'onda triangolare, infatti, puo' venir rappresentata come:
vt
vt
4V
.t
T
2V
T
4
per
4V
.t
T
T
4
per
T
4
3T
4
T
2
T1
T
. vm
2V
Vref
V0 .
V0
Vref 1
e quindi
R2
R1
La tensione di uscita pertanto e' indipendente sia dal valore della tensione di
alimentazione che dalle variazioni della corrente ci carico, ma viene a dipendere unicamente
dalla costanza della tensione di riferimento Vref. E' ovvio tuttavia che anche in questo caso
dev'essere soddisfatta la condizione Vin>V0.
Il vantaggio principale di questo modo di operare, che a prima vista potrebbe sembrare
piuttosto complesso, e' che utilizzando quale interruttore di potenza un transistore commutato
tra interdizione e saturazione si puo' ridurre considerevolmente la dissipazione totale del
regolatore. Nelle due condizioni operative, infatti, o e' molto piccola la corrente circolante
358
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
(nello stato di interdizione si riduce alla corrente di perdita del transistore) o e' molto piccola
la tensione che cade ai capi dell'interruttore (nello stato di saturazione coincide con la tensione
Vces di saturazione del transistore, pari a pochi decimi di volt). Per la verita' vi e' anche una
certa aliquota di potenza che si dissipa durante i transitori di commutazione, ma se la
frequenza non e' eccessivamente elevata e la frequenza di transizione FT del transistore e' alta
rispetto alla frequenza del segnale, la dissipazione in transitorio puo' in prima
approssimazione venir trascurata.
L'effettiva realizzazione dell'interruttore di potenza e' riportata in figura 16.18 e utilizza
oltre al transistore (normalmente un transistore composito in connessione Darlington) anche
un diodo.
Vin
PWM
vo
vB
0 < V0 < V in
RL
vA
B
IL
Vo
vB
D
RL
PWM
A
vA
figura 16.18
359
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
Vin
L.
V0
dI L
dt
L.
IL
t
V0
IL
Con queste ipotesi la corrente di carico IL e' approssimativamente pari a quella che
circola nell'interruttore serie e quindi la corrente massima che l'alimentatore a commutazione
puo' fornire e' pressocche' uguale alla massima corrente di collettore del transistore utilizzato.
La capacita' C e' utilizzata per ridurre ulteriormente l'ondulazione di V0 e va scelta in
modo tale che
2
LC
Per i regolatori a commutazione esistono anche altre topologie che non quella presa in
esame. Ad esempio una che supera il vincolo che la tensione di uscita sia dello stesso segno di
quella di ingresso e in valore assoluto minore e' quella illustrata in figura 16.19.
IL
Vin
Vo > 0
Vo > Vin
L
C
PWM
RL
figura 16.19
Nell'ipotesi che V0 sia maggiore di Vin, durante l'intervallo il diodo D e' interdetto. Di
conseguenza il loop di reazione e' aperto e la capacita' C si scarica sul carico RL. Se la
costante di tempo C.RL e' scelta in modo da essere notevolmente maggiore di , la variazione
di V0 e' piccola e al limite trascurabile. Durante lo stesso intervallo di tempo la tensione ai
capi dell'induttanza L vale Vin e quindi
Vin
L.
dI L
dt
Vin
. dt
L
360
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
che integrata permette di dire che nell'intervallo la corrente IL aumenta della quantita':
Vin
.
L
IL
D
Vo < 0
+ Vin
PWM
IL
figura 16.20
I L (t 0 )
si deduce che il circuito deve chiudersi attraverso il diodo D e che la corrente IL va a caricare
la capacita' C. In condizioni di regime la tensione ai capi di C all'istante T dovra' essere uguale
a quella presente all'istante t = 0.
Allo stesso modo anche la corrente che circola sull'induttanza L nell'intervallo Tdovra' diminuire della stessa quantita' (Vin. )/L di cui era cresciuta durante l'intervallo .
Pertanto il valore istantaneo della tensione di uscita v0 pari a
v0
Vin
L.
dI L
dt
sara' maggiore di Vin in quanto dIL/dt e' minore di zero, confermando l'ipotesi iniziale.
Infine per ottenere una tensione di uscita negativa a partire da una Vin positiva (o
viceversa) si puo' ricorrere alla struttura circuitale di figura 16.20.
Con considerazioni analoghe a quelle appena condotte e' facile verificare, sia pure in
maniera qualitativa, il funzionamento del circuito.
361
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
16.3) Convertitori in corrente continua accoppiati a trasformatore.
PWM1
vA1
D1
1/n
SW1
PWM
Vin
vA
SW
PWM2
Vo
vB
Vp1
Vs1
RL
V s2
Vp2
D2
vA2
figura 16.21
1
v
PWM
vA1
Q3
Q1
V osc
Oscillatore
A1
Flip - Flop
vA
SW1
vQ
A2
v A2
Q2
Q4
SW2
2
V in
V osc
(a)
vA
(b)
v
(c)
vQ
(d)
vA1
(e)
v A2
(f)
figura 16.21
362
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
I due interruttori SW1 e SW2 sono controllati dalle forme d'onda va1 e va2 ricavate dal
modulatore principale PWM secondo l'arrangiamento circuitale di figure 16.22, in cui sono
riportate anche le principali forme d'onda di interesse.
Come si puo' vedere i due interruttori SW1 e SW2 vengono chiusi per un uguale
intervallo di tempo, ma quando uno di essi e' chiuso l'altro e' aperto e viceversa. In pratica
quindi ciascuno di essi lavora ad una frequenza che e' la meta' di quella fornita dal modulatore
PWM.
Le forme d'onda presenti nei vari punti di interesse sono riportate in figura 16.22.
Dalla curva (d) si vede che la tensione primaria del trasformatore e' data da:
-Vin quando SW1 e' chiuso e SW2 e' aperto
vp1=vp2 =
vA
(a)
vA1
SW1 chiuso
SW2 aperto
(b)
vA2
SW1 aperto
SW2 chiuso
(c)
vp1= v p2
(d)
vB
(e)
figura 16.22
363
Alimentatori e convertitori
Capitolo 16
riportato in figura 16.21 (e). Il filtro LC provvede poi ad estrarre la componente continua Vo
che viene applicata al carico RL e corrisponde al valore medio di VB.
Esistono ovviamente anche altre configurazioni circuitali che non quella presa in esame.
In particolare, quando si usano per realizzare il trasformatore materiali magnetici a ciclo
disteresi rettangolare, e' abbastanza semplice realizzare convertitori autoscillanti con
rendimento di conversione notevolmente elevato. Per maggiori dettagli tuttavia si rimanda a
testi specialistici su tale argomento.
364
Capitolo 17
ic
iB
vc
vi
VBB
figura 17.1
Applicando in queste ipotesi un segnale Ib' di tipo sinusoidale, la tensione ai capi del
carico e la corrente che vi circola saranno anch'esse sinusoidali e la potenza duscita sara':
P
2
R L . I ceff
Vceff . I ceff
dove con Vceff e Iceff si sono indicati i valori efficaci di vc' e ic'. Tenendo presente che :
I ceff
Im
2
I max I min
2. 2
Vceff
Vm
2
Vmax Vmin
2. 2
e che :
365
Vm .I m
2
RL.
I 2m
2
Vm2
2.R L
Vmax
Vmin . I max
8
I min
E' tuttavia necessario notare che i dispositivi attivi con cui si ha a che fare non sono
affatto lineari, contrariamente a quanto e' stato ipotizzato. L'ipotesi di linearita' e' accettabile
solamente quando iB' e' piccola rispetto a IB, cioe' quando la caratteristica del dispositivo puo'
essere sostituita con la retta tangente ad essa nel punto di lavoro.
Quando invece i segnali sono di notevole ampiezza, l'ipotesi non e' piu' accettabile e il
segnale di uscita viene deformato subendo quella che e chiamata distorsione di non
linearita'.
Tale fenomeno e' illustrato in figura 17.2 in cui l'andamento a tratto continuo
rappresenta un'uscita ottenuta in condizioni di piccolo segnale (compreso tra i punti A e B
sulla retta di carico), mentre quella punteggiata e' l'uscita in corrispondenza ai segnali di
grande ampiezza (compresi tra i punti C e D), quando in particolare si va ad interessare
regioni della caratteristica prossime alla zona di interdizione o a quella di saturazione.
Vc
interdizione
Vc
A
punto di
lavoro
zona attiva
B
D
t
Ic
saturazione
figura 17.2
Per rendersi conto dell'effettivo significato della distorsione di non linearita' si supponga
si supponga che il legame tra i ,b e i ,c anziche' essere lineare ( i ,b = G. i ,c ) sia descrivibile da una
relazione di tipo quadratico, che altro non e' se non lo sviluppo in serie della relazione i ,c =
f( i ,b ) troncato al secondo termine. Si abbia cioe'
i 'c
G1 . i 'B G 2 . i 'B
366
Ricordando che:
cos2 t
1
2
1
cos 2 t
2
i c'
Ic
Ic
B0
B1 .cos t B2 .cos 2 t
in cui
B0
G 2 . I 2BM
2
B1
G 2 . I BM
B2
G 2 . I 2BM
2
ic
ic
ic
I max
Ic
I min
Ic
B0
B1 B2
I c I c B0 B2
I min I c B0 B1
B2
Il sistema di queste tre equazioni risolto rispetto alle incognite B0, B1 e B2 permette di
affermare che:
B1
I max
I min
B0
B2
I max
367
I min
4
2. I c
D2
t I 2m2 .cos2
t 2. I m1 . I m2 .cos
t.cos
Della quantita' in parentesi i primi due termini possono essere ridotti, come e' gia' stato
fatto vedere, nella somma di una quantita' costante e di una quantita' cosinusoidale di
pulsazione doppia. Per il terzo termine e' immediato osservare che
cos
t. cos
cos
.t
cos
2
.t
G 1 .i B
G 2 .i 2B
G 3 .i 3B
G 4 .i 4B ....
Ic
Bo
Alla distorsione di non linearita contribuiscono anche termini di seconda, terza, ., iesima armonica. I coefficienti Bi possono venire determinati con una procedura analoga a
quella utilizzata nel caso della distorsione di seconda armonica.
Si definisce distorsione di i-esima armonica la quantita:
Di
Bi
B1
Alla frequenza della fondamentale nel carico si dissipa una potenza pari a:
P1
B 2i
.R L
2
368
B12
2
B 22
2
B 32
2
1 D 22
...
D 23
.... .P1
D 32 ....
e pertanto:
P
1 D 2 .P1
E tuttavia bene far osservare che tassi di distorsione armonica anche notevolmente
elevati producono modesti incrementi della potenza totale trasferita al carico. Se infatti D
fosse ad esempio pari al 10% si otterrebbe:
P
1 0,01 .P1
369
iC
iC
Vcc
ic
caratteristica di
trasferimento
uscita
Im
iB
vi
IB
iB
iB
eccitazione
figura 17.3
370
Ic
Vm
Vcc
2
25%
371
Vcc
Q1
vi
i2
Q2
Q2
i1
i1
v o vi
i2
iL
iL
vo
Q1
-Vcc
-Vcc
(a)
(b)
figura 17.4
I principali vantaggi che si ricavano risiedono nel fatto che il rendimento aumenta
notevolmente, consentendo di gestire maggiori potenze sul carico, e soprattutto che in assenza
di segnale di ingresso la potenza dissipata e trascurabile.. Come svantaggi si possono citare la
maggior distorsione che non quella di un amplificatore in classe A e la necessita di avere
alimentazioni molto ben regolate.
Indicando ancora con Vm e Im i valori di picco di tensione e corrente nel carico, la
potenza di uscita e:
Vm .I m
2
2.
I m .Vcc
Vm
.100
4 Vcc
.
.100 78%
Il rendimento pertanto e oltre tre volte superiore a quello di uno stadio amplificatore in
classe A.
Si noti che in un amplificatore in classe B la dissipazione di collettore e al limite nulla
in assenza di segnale di ingresso e va via via aumentando al crescere di questultimo. Da un
altro punto di vista si puo dire che in uno stadio in classe A il valore medio della corrente di
372
Pa
2 Vcc .Vm
.
RL
Vm2
2.R L
2.Vcc
.R L
Vm
RL
2.Vcc / . Pertanto:
2.Vcc2
Pc max
.R L
Vcc e vale:
Vcc2
2.R L
Pmax
e quindi
Pc max
Pmax
0,4Pmax
Pmax
0,25
4.Pmax
e in assenza di segnale di ingresso tale potenza dovrebbe venire dissipata totalmente nei
transistori dello stadio finale. E evidente pertanto la superiorita degli stadi in classe B
rispetto a quelli in classe A.
Il miglioramento ottenuto dal punto di vista della dissipazione si paga tuttavia con una
maggior distorsione.
373
Ic
B0
e di conseguenza
i1
Ic
B0
B1 . cos t
Ic
B0
B 2 . cos 2 t
B 3 . cos 3 t
B1 . cos t B 2 . cos 2 t
....
....
Ora poiche
iL
i1 i 2
2. B1 . cos t B 3 . cos 3 t
....
si ottiene in definitiva che, almeno finche i due transistori sono di identiche caratteristiche, lo
stadio e affetto solamente da distorsione di armonica dispari, in quanto le componenti di
armonica pari si annullano vicendevolmente. A questo aspetto positivo degli stadi a simmetria
complementare in classe B si sovrappone tuttavia una sorgente di distorsione ben piu
rilevante, dovuta alla non linearita delle caratteristiche di ingresso dei due transistori.
i
i B1
Q
vB2
vB1
V
Q
i B2
0
vB
figura 17.5
374
50
75
100
125
150
175
figura 17.6
PD max
175
42
4 C
Per asportare il calore prodotto e tuttavia necessario che tra involucro e ambiente si
stabilisca uno scambio termico. Non e quindi sufficiente prendere in considerazione la sola
resistenza termica tra giunzione e involucro, ma e necessario valutare anche la resistenza
termica tra involucro e ambiente, la cui capacita termica puo essere considerata infinita e
quindi si puo ritenere a temperatura costante Ta.
Per facilitare lo scambio termico verso lambiente si ricorre molto spesso a dissipatori di
calore, cioe a strutture realizzate con materiali a buona conduzione termica, generalmente
metalli, che facilitino la trasmissione del calore verso lambiente sia per conduzione che per
convezione e per irraggiamento. Molto spesso per diminuire la resistenza termica del
dissipatore si ricorre alla ventilazione forzata e in alcuni casi addirittura al raffreddamento con
liquidi refrigeranti.
376
T jc
R tjc
Tc
PD
R tcd
T cd
Td
T da
R tda
Ta
figura 17.7
dove con Rtjc si e indicata la resistenza termica giunzione - involucro, con Rtcd la resistenza
termica involucro - dissipatore e con Rtda quella dissipatore - ambiente. Tj, Tc e Td sono
rispettivamente le temperature di giunzione, involucro e dissipatore.
Si ricava immediatamente che:
Tj = Tjc + Tcd + Tda + Ta
cioe:
Tj = PD.(Rtjc + Rtcd + Rtda) + Ta
Questa semplice relazione permette di valutare quale debba essere la massima resistenza
termica di un dissipatore una volta che si conoscano Tjmax, Ta, Rtjc, Rtcd (resistenza del giunto
termico tra involucro del dispositivo e dissipatore) e sia stata valutata la potenza PD che si
dissipa.
Si consideri ad esempio il transistore la cui curva di derating sia quella di figura 17.xx,
supponendo che esso dissipi una potenza pari a 20 W. La temperatura ambiente sia di 35 C,
la resistenza termica e, come si e visto di 4 C/W e la resistenza termica Rtcd sia di 0,7
C/W.
Dalla curva di derating si deduce poi che la massima temperatura di giunzione e 200
C. Con questi dati si ottiene:
Tjmax = 200 C = 20 W . (4 C/W + 0,7 C/W + Rtda C/W) + 35 C
da cui si ricava che la massima resistenza termica del dissipatore e
377
378
I quadripoli
Appendice
Appendice
I QUADRIPOLI.
a.1) Quadripoli e generatori comandati.
Lutilizzo di bipoli passivi e la loro interconnessione portano ad introdurre in maniera
del tutto naturale i quadripoli (o doppi bipoli). In generale un quadripolo puo venire
schematizzato come in figura a.1. I versi delle grandezze dingresso e duscita vengono di
solito convenzionalmente assunti come positivi secondo quanto indicato in figura a.1 (b).
I2
I1
bipolo
uscita
ingresso
Quadripolo
V1
quadripolo
(b)
figura a.1
(a)
V2
(a)
kV1
V1
V2
(d)
m 1
k amplificazione di
corrente
(c)
R I
kI 1
k amplificazione di
tensione
I1
(b)
V2
V1
I2
Gm I1
Gm transconduttanza
R m transresistenza
Figura a.2
379
I quadripoli
Appendice
In figura a.2 (a) sono riportati lo schema e le relazioni che caratterizzano un generatore
di tensione comandato di tensione. Sono ovviamente possibili anche tutte le altre
combinazioni, riportate rispettivamente in figura a.2 (b), (c), (d), di generatore di corrente
comandato in corrente, di generatore di tensione comandato in corrente e di generatore di
corrente comandato in tensione. Il fattore di comando assume rispettivamente il nome e il
significato damplificazione di tensione, di corrente, di transresistenza e di transconduttanza.
Ovviamente il prefisso trans sta ad indicare che la grandezza in questione e una grandezza
di trasferimento ingresso-uscita.
I generatori dipendenti reali si ottengono da quelli ideali tendo conto della loro
resistenza dingresso e duscita. In figura a.3 e riportato un generatore di tensione reale
comandato in tensione collegato ad un generatore di segnale in ingresso e ad un carico in
uscita. Lamplificazione tra la tensione Es fornita dal generatore di segnale in ingresso e la
tensione duscita dipende in tal caso dal carico RL collegato alla porta duscita e dalla
resistenza interna Rs del generatore di segnale.
Rs
R2
V1
Es
R1
kV1
V2
RL
figura a.3
V2
Es
R1
RL
.k.
R1 R s R L R 2
380
I quadripoli
Appendice
Es
R1
RL
R 1 + Rs
R L+ R2
Figura a.4
I quadripoli oltre che in cascata possono essere connessi in tutta una varieta daltri
modi. Prime tuttavia di descrivere le varie connessioni e opportuno vedere come i quadripoli
possono venire caratterizzati. Si consideri pertanto nuovamente il quadripolo di figura a.1 (b).
Esso puo venire caratterizzato dal legame tra le correnti e le tensioni alle porte dingresso e
duscita. Secondo le grandezze scelte come variabili indipendenti e dipendenti, tale legame
viene espresso da due equazioni, individuate da volta in volta da una diversa matrice. Se, ad
esempio, si assumessero come variabili indipendenti le tensioni, le equazioni del quadripolo
sarebbero:
I1
y 11 .V1
y 12 .V2
I2
y 21 .V1
y 22 .V2
y 21
I1
V1
I2
V1
y 12
V2 0
y 22
V2 0
I1
V2
V1 0
I2
V2
V1 0
I quadripoli
Appendice
duscita. E tuttavia opportuno far notare che la definizione dei parametri del quadripolo e le
condizioni di misura in cortocircuito sono relative al segnale. Di conseguenza la
caratterizzazione per segnali variabili nel tempo realizzera la condizione di cortocircuito
chiudendo luscita o lingresso su un condensatore di valore tale da poter essere considerato
alla frequenza di misura dimpedenza trascurabile.
Gli elementi delle matrici rappresentative risultanti da una procedura di misura si
presentano come numeri complessi dipendenti dalla frequenza e possono venire rappresentati
in grafici che ne forniscono la parte reale e la parte immaginaria. Spesso e possibile a partire
da una particolare struttura circuitale calcolare sulla base dei valori dei singoli componenti le
espressioni dei parametri della matrice nella forma di rapporto di polinomi della variabile
complessa s.
a.3) Connessioni parallelo, serie, cascata.
In figura a.5 e illustrata la connessione in parallelo sulla porta duscita di due
quadripoli. Si vede immediatamente che tale connessione impone luguaglianza delle tensioni
duscita, mentre le rispettive correnti vengono sommate.
V2
V2'
I2
I '2
V2"
I "2
,
I1
,
I2
'
,
V1
,
V2
I"
2
I"
1
V1"
I2
"
V2
V2"
figura a.5
La connessione in parallelo sia della porta dingresso che di quella duscita da origine
ad un quadripolo la cui matrice caratteristica e ottenuta come somma delle matrici dei due
quadripoli di partenza.
In figura a.6 e riportata invece la connessione serie sulla porta duscita di due
quadripoli.
382
I quadripoli
Appendice
,
I1
,
I2
'
,
V1
I2
,
V2
I "2
I"
1
"
V1"
V2
V"
2
figura a.6
I '2
V2
V2'
I "2
V2"
La connessione serie sia della porta dentrata che di quella duscita da origine ad un
quadripolo caratterizzata da una matrice dimpedenze costituita dalla somma delle matrici
dimpedenze dei due quadripoli di partenza.
Questi due semplici esempi fanno intuire che per descrivere il quadripolo risultante da
una qualsivoglia connessione e opportuno scegliere di volta in volta la descrizione matriciale
piu idonea a seconda della connessione.
Unaltra connessione possibile e quella in cascata. In figura a.7 e illustrata tale
connessione per due quadripoli, in cui la porta duscita del primo viene connessa a quella
dingresso del secondo.
,
I1
,
V1
,
I2
'
I"
2
I"
1
,
V2
V1"
figura a.7
383
"
V"
2
I quadripoli
Appendice
V2'
V1"
I '2
I1"
1
R1
y 12
k
R2
y 21
y 22
I1
V1
R2
1
R2
I2
k.V1
R1
V2
figura a.8
I2
1
.V1
R1
k
.V1
R2
1
.V2
R2
384
I quadripoli
Appendice
I1
I2
k.V1
R2
R1
V1
R2
V2
figura a.9
E facile verificare che tale circuito si comporta esattamente come quello precedente,
cioe fornisce ai morsetti duscita la stessa tensione a vuoto e presenta la stessa impedenza
duscita. E immediato rendersi conto che il circuito presenta la stessa matrice dammettenze.
In particolare
I2
y =
21
I2
V1
V2 = 0
=-
k
R2
k.V 1
R2
R2
I2
y22 =
I2
V2
V1 = 0
=-
1
R2
R2
V2
385