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I Fortini

Collana delle opere vincitrici


del Premio Franco Fortini

I Fortini, 3
Enrico Maria Di Palma. - Dalla parte di Huscar
a cura di Gianmario Lucini
Grafica: CFR - Immagini: Eleonora Prado

Edizioni CFR
Via Amonini, 9 - 23020 Piateda (SO)
www.edizionicfr.it

ISBN 978-88-97224-34-1
2

Enrico Maria Di Palma

Dalla parte di Huscar


(poesie)

CFR Febbraio 2012

Introduzione
Inizia con una poesia poco conciliata - direi piuttosto disincantata - la
prima raccolta che Enrico Maria Di Palma decide di pubblicare. Forse
non lavrebbe mai fatto se, per consapevolezza o per gioco, non avesse
tentato la sorte del Premio Fortini, nel quale si piazzato in un onorato
terzo posto pari-merito nella classifica, guadagnando perci la
pubblicazione.
Io per voglio sperare che non sia lunico giovanissimo ad avere in
serbo versi simili, cos lucidi e cos invidiabili, anche da poeti ben pi
carichi di anni. Ma soprattutto, al di l del verso preciso e ben curato,
c una robusta poetica, e anzi un robusto pensiero o visione del
mondo, che torrenzialmente fluisce nei versi, poesia dopo poesia, con
un ritmo emotivo e unintensit sempre pi incalzanti. Non siamo
daccordo, dunque, con quello che egli dice della sua poesia, quasi a
schernirsi, proprio nella prima poesia, in esergo: qui c solo sfarzo / di
favole vuote / immote radici spinate / seccate / morte. Cominciamo bene,
verrebbe da dire, e con una sana nota di ottimismo. Ma si continua, in
crescendo anche col ritmo e la prosodia, sulla medesima nota, quella del
disincanto per una comunicazione sempre pi difficile, peraltro vuota o
segnata da una gioia da gregge / imposta, pilotata, impertinente, in uno sfondo
metropolitano che pare essere (dai riferimenti) quello milanese, nel
quale siamo qui per fare, non pensare. E dunque: In questa capillare, nuova,
strenua / strinata vita da rete sociale / cosa cerchi ancora?, si chiede il poeta.
Ossia, che cosa ci sta a fare il poeta che egli denigra (sar pronto a
indiarti / labilit del vate e solo questa) accusando il suo ruolo inetto,
pronto a colludere col vuoto prospettive pur di essere voce nel vuoto di
voci, di modo che ignora-disaccorda-unisce, / si indedalisce e pasce, con lo stilo,
/ un grottesco infante, di nome Amore. E ancora: ignoro il senso / della
resurrezione della carne / lidea della fenice / che si sbrinza e rinverdisce, / ch
niente si crea e tutto si distrugge / anche la testa / anche il cuore / che fugge.
Proseguendo nella lettura il tono non migliora, anzi, si fa pi concitato,
pi scandito, pi preciso, come una clava che picchia e spezza, ma mai
noioso, mai assillante o autistico. Se infatti cerchiamo in questi versi la
rassegnazione, restiamo fortemente delusi. Non , questo giovane, il
poeta dellabbandono, del lasciamo perdere, della fuga, ma soltanto del
nascondimento, del rifiuto di scrivere poesie da dare in pasto ai dementi
che sarebbe come dare caramelle agli asini -, ossia alla cultura di

massa, visceralmente disprezzata. una tattica, la sua, non una


rinuncia, e lo spiega molto bene con questi versi: Ma niente, non c niente
/ che pungoli il garrese / come lo stilo intinto di midollo, / spugnosit di spirito /
spremuta nella metrica / estetica dignit del poeta! / Non cura n dilania /
ma placa col furore / il sapore dinutile / la vana cecit / siamo invincibili, almeno
su un foglio / qui non esiste voglio, / ma un maglio per distruggere la notte. //
Scappa dallorrido pasto, canzone, / nascondersi non basta / nellora dellerumneo
pavore. questa una dichiarazione di poetica, che in pochi versi esprime
corposissime intenzioni tematiche, prosodiche, estetiche. La scelta per
la poesia colta, fatta con rigore e il rigore c, nei versi di Di Palma,
cos come lattenzione esasperata alla parola, senza disdegnare lemmi
arcaici (come erumneo pavore) o neologismi (come sbrinzare, ossia
larte di rollare il tabacco o laltra erba). Non per questo, peraltro, la
sua scrittura appare difficile da interpretare: , anzi, molto chiara ed
esplicita, senza misteri o ermetismi.
Ci troviamo, pertanto, di fronte a una poesia dove dal verso molto
raffinato e molto personale, solo in parte debitore al linguaggio della
musica, e forse da controllare meglio in talune costruzioni gergali un
po disinvolte anche se, a rigore, non ci stanno poi tanto male
nellorizzonte complessivo della lingua e del senso, ma ci sembra
conferiscano al (raffinatissimo) stile una nota un po equivoca -.
Lultima sezione della raccolta, intitolata Viale Monza, Calibro 18 (Viale
Monza probabilmente la via nella quale abita il poeta-studente) si
compone di due spezzoni di un poemetto che il poeta ha ancora in
itinere. Troviamo un monologo iniziale, esilarante e amaro, nel quale il
poeta racconta un fisicissimo risveglio mattutino, e di una seconda
parte, che descrive una fantastica e irreale passeggiata per Milano. Viene
in mente, Joyce, in qualche modo, e i pensieri scardinati di Mister Blum
che si aggira per una Dublino irreale. Questa sezione stacca, mi sembra,
dalle precedenti cinque, per lintensit espressiva e per lo spessore,
anche se le tematiche non sono dissimili. Di Palma cerca insomma di
costruire un poema sulluomo moderno, sul senso di vuoto, di inanit.
di precariet e di insignificanza, nel quale si dibatte la nostra esistenza
inurbata e stordita dagli anestetici della cultura di massa.

La reazione un ritorno al corpo, alla fisicit, alla decostruzione di tutti


gli intellettualismi che dissacrano gli ultimi barbagli di libert mentale e
ci consegnano a un sub-umanesimo sempre pi becero e vuoto. C
leco della politica, della cronaca, delloggidiano.
In conclusione, mi sento di affermare, con sicurezza che siamo di
fronte a una poesia gi forte, gi adulta, altro che giovanile e tanto
meno esordiente. Sar pure opera prima, ma di tutto rispetto, a
prescindere dallet del poeta. Qui ci troviamo di fronte a un rarissimo
caso di poeta gi esperto e completo, a soli 24 anni e ci dispiace
soltanto non poter addentrarci nellanalisi testuale, perch vogliamo
essere cauti, riservandoci un esame pi approfondito magari alla
seconda pubblicazione (mi accontenterei che sia allaltezza di questa,
anche se certo non mi sentir deluso se sar migliore) e valutare con pi
calma i segnali di qualit, pur evidenti ma ancora da mettere alla prova,
che il poeta ha generosamente profuso nella sua scrittura. Intanto, ci
sentiamo soddisfatti per questo lavoro, che io considero preludio a
qualcosa di ancor meglio, che in futuro leggeremo.

tutta colpa vostra.

Mi chiedi perch serrato, chiuso,


questo cercare nostro
e in quale posto tetro vadano a finire
le mie parole morte
e perch non spalanco le porte
di questi segreti
e se sono sorti
da un qualche finto porto sepolto
non porto ma orto
inviolato, prezioso perch prezioso
quello che contiene
che strenuamente mantiene
ignoto, con rampanti inarcature
su un baratro consunto,
un pomario barbogio e stanco,
strinato dai tuoi sguardi circospetti
non domandare, non cercare
leuforbia, lilatro o lo sparzio,
qui c solo sfarzo
di favole vuote
immote radici spinate
seccate
morte.

10

Gli dei del traffico


Al Due-teste

Sono la piaga ingraziosita


il purulento mare dumori
lalterit
che stiracchia luomo
con mano da Kshatriya
e lo discarna
lo disbrama
(grama la consolazione del cuore)
mentre si tesse esecranda
la trama morbosa di suoni a spirale
metro dopo metro
diaspro su diaspro
- spocchiosa caduta stridente zappeggia lordito
a due crocchi dal morto
sussurra bizzarre angosce
indiarsi
la vita scagliando sul foglio.

11

Non parlare ti prego


non dare adito a quella parte di me
che sa che rimarrebbe delusa
dallalito o dallaccento milanese
rimani a sottolineare
il tuo santAgostino
a toccarti il naso
a guardare il telefono
non rovinarti coi fatti
muta sei bellissima
le mani il santo il fiocco
parlano per te
io, per me
continuo a stemperarmi
nella trivella dei lavori in corso
negli odori di cannella
di qualche studentessa spenta
o nella luce fiacca della biblioteca
nei peruviani della metro
(tetro presagio metrico)
nella citt che grida
ed muta
come te
muta.

12

Vai, lento e con tanta lena truce


trucidare, Achille, i figli di Troia
devi, tracannarne il tragico sangue,
forse il trito e ritrito ossario, stridulo
ti chiama, Patroclo triste e tremante,
dallOrco trapana il cervello spento
trama lugubri ritorni nei sogni,
non pensare, strappa loro le carni
taratantara dici tu, o terribile
uomo-mostro-artiglio-e-rostro veloce
con denti digrignanti e sentenziosi:
sei la mano del fato, sei la gru
foriera di migrazioni finali,
la tua, la sua, quella del mondo
che non capisce, zittisce; per loro
passa uno squillo tremulo di tromba
soltanto, un lontano tallone eroso,
cavalli che corrono e piano scartano
un corpo esanime, in cerchi continui,
uguali, terreni, sottili, eterni.

13

Io, tu e il pavone di Ejzestein


sui gradini ruvidi di qualche monastero
questo rammento dellestate.
Le soste
per il caff ghiacciato
le metafisiche
abbrustolite sotto il sole
Voltaire, Jacques Breil, Casanova
e un cielo di faville infinite
finiti istanti dilarit
nella canicola che il corpo sfianca.

14

Gi chimera
questa nyx imbestialita
sfavillio livido alogeno e tungsteno
(meno importa, adesso,
il senso di marea)
sinsinua
afrore adolescente di cricchi coscienziali,
di chi indaga-accorda-disunisce
oh schizotopico mondo
dei miracoli notturni.

15

Discorsi, dedali di dolci diavoli


intavolati allombra di tettoie
incoltriscono la spera, ci illudono
che sia scremata, candida, leggera:
cos scegli la luce e non le tenebre
orango spettinato e consenziente
cos ti illudi, eludi senza tema
che la flotta di Vega si appressa, ormai
che in croce c un Iguana accattivante
solo di notte ti gela la fine,
ma poco dura la sua penna tempra
sembra braccarti una gioia da gregge
imposta, pilotata, impertinente
lozio appiccato, lo zelo repente
spernacchia ogni dubbio e blatera ardente
che siamo qui per fare, non pensare.

16

Rond Veneziano
sul mio petto mattiniero
ottano darchi infiammabili
la combustione sulle rotte degli ermeneuti
come lacrime strizzate di bambina;
parlami
degli strali infingardi
in questa humus amorosa
che incuneano lUomo,
sono spaziotempocausaeffetto
sono affettuosi difetti della mente
sono cariche batteriche congenite
sono la sonora sensazione di sete.

17

In questa capillare, nuova, strenua


strinata vita da rete sociale
cosa cerchi ancora? Credi allamore?
Ancora a scosse di strade sconnesse
ambisci dopo che sciami di dubbi
thanno calcato la mano nel capo
liberandolo da vortici ed erpici
privandolo di nomi e facce e alibi?
Allarga le braccia e taccia ora il cuore
lo avr, il suo tempo di straripare
tu affonda la proda, prova e riprova
a cucirti le palpebre e sgarrarti
gli ormeggi logori, ormai tutto facile
un cenno e sar pronto a indiarti
labilit del vate solo questa,
come un Orfeo che istiga al tracollo,
cos sgambetta gli stinchi severi
di vipere mozze e mefistofeliche
e cos ignora-disaccorda-unisce,
si indedalisce e pasce, con lo stilo,
un grottesco infante, di nome Amore.

18

Aspersione
la prima pioggia d'autunno
nasconde il sole luteo
e gemma il cielo
come un pizzo bianco-nero.
Con serafica puerizia
si pu cogliere tutta la fine del mondo
mentre fuori
al mattino
tutto ancora albume.

19

Ignoro se Alice o Beatrice


in paesi delle meraviglie,
o se Euridice, in Tartari
terranei e rupestri
sia tu,
ignoro il senso della platonica
avversione al darti un volto,
e ignoro il senso storto
di questa improvvisata liturgia
celebrata su muretti dei Murazzi,
aspersioni di Moretti
e mistiche antifone
con nomi di dee e di mitiche
meretrici fenice;
ignoro il senso
della resurrezione della carne
lidea della fenice
che si sbrinza e rinverdisce,
ch niente si crea e tutto si distrugge
anche la testa
anche il cuore
che fugge.

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Ogni epoca ha il suo protocollo escatologico


le sue teologiche burocrazie
le peripezie per ingraziarsi leone di turno
e questo diurno grasso,
gibbone tecnocratico
o bonzo metropolitano
ha i suoi dei del traffico
la citt un altare
su cui sacrificare vacche
e ceste di limoni odorosi
eliminando i limini esistenti
fra contingente e trascendente
pacificando gli animi
con olimpiadi di cilindrata
colossei di clacson
cattedrali substradali
cos si nutrono i nuovi
pagani fuori dal pago,
pagando abbonamenti per le esecuzioni capitali
con ghigliottine dimpazienza
e la tendenza a inquisire
le quisquiglie pseudologiche
della brigata Ludd
e nemmeno la notte, che frombola vangeli
e squaderna salmi
trova pace
n buio.

21

22

Tempus interiectum
Mihimet

Credo
Lira di un dio che non esiste
(acciambellato strepita nel nulla)
si abbatter, forse,
sul capo di un giovane materialista
striscer lungo la spina dorsale
e striglier i gangli e le sinapsi
per trovare almeno un posticino.
Ho inventato un dio
che parla col sorriso
e con acqua-salata-dagli-occhi
che somatico mi abbraccia
e mi stimola la pelle
ho inventato un dio che non sa di essere un dio
e per questo in lui credo
come credo nella terra
e nei riflessi rintronati
delle mie percezioni.
Ho inventato il dio dellimperfetto
della paura

23

della masturbazione mentale


dei capelli mossi
delle mani bellissime
delle note esalate
e per questo in lui credo,
perch non immagina nemmeno
questa mia venerazione
che stringe le interiora
e mobilita le fibre.
E per questo in lui credo
perch salvezza qui,
nella mia finitudine,
oltre luomo
ma non oltre la terra.

24

Poesia per N. D.
Sta alzando il cubito
la bavosa ragione
incubare, non ne vale pi
la pena
se le fondamenta sono felci
accidiose e cascanti
e il soffio del meriggio
le sbatacchia noncurante.
Forse meglio
Ninetto
che zompa e derapa,
col sorriso di chi
non abbisogna di esegesi
o tavole sinottiche.

25

Pendio Agnano
Donna Petra la tetra
al bivio bivacca
e vende sigarette di contrabbando
gutturando prezzi
emanando olezzi,
pezzi di vita arrancata
fra guerrieri traci
e vaiasse oscene.
Uno studente scende
con Berkley sotto al braccio
in mezzo a stracci elettorali
su case popolari, bassi salari
altari di lucenti refurtive
e fughe metafisiche.
Ritagli dacciaieria nel panorama su Bagnoli
acciaccata costa sofferta
Petra osserva:
sbuffi biossidi
bionda aurora da combustione,
nel tramonto industriale
lo studente repente
intanto sceso
e nulla vede,
se non ragazzi lividi
madidi
che scordano la citt
scommettendo sulla pelota.

26

Fugamundi
Ceso sarmento di sdegno odorante
gi Compieta sappressa per la tua
domestica Liturgia delle ore,
non c pi stirpe-gente-tronco-schiatta
a innervarti.
Beato il ramo che teme il suo ceppo
benedetto sia il lignaggio suo;
dove ormai rinsecchi, al secolo smorto,
non pi un refolo, non un gretto vento
a toccarti.
Lo spazio dun chiostro a perimetrare
il genotipo: sotto il ramo reciso
un passo scricchiola, un altro reverte.
E non c inchiostro che colmi misura
tanto vasta.
Non la Corsica dorsuta n il Carso,
non limpietrata Riviera Ligure,
non la Parigi dai viali accidiosi
n la bella gente dAppennino
posso amare.
Con altra voce ormai, con altro vello
ritorner poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prender 'l cappello,
ma quale fonte
quale vello
che voce
rimane?

27

h5n1
Uscire dal corpo
osservare la gente
che aspetta.

28

Dcadanse
Il silenzio degli agnelli
nei bagni incipriati di discoteche
e gli olocausti di deodoranti
su petti rasati e scolpiti,
i mitici zompi coreutici
di succose, infette ninfette,
scornano il mio incerto
materialismo cosmico,
il veltro virtuoso di vuoti valori
che scorrazza sui miei nervi
soprattutto ora
che non c pi il referente
e repente anche il trascendente
si svende
potrei invocare la danza
della decadenza
ma non intonsa questa terra
anzi avvezzata alla cancrena
non verdeggia
e non si frena
non rallenta
nel suo moto entropico,
decadendo
non si ferma.

29

Valencia
Io non mi divincolo
un'antenna a scaraventare il mondo
pi in alto.
Echi di asfalto e catrame
catrame
e poi il cielo
rosa e arancio
in un accordo di nona.
E' una nuova mitologia urbana:
fluida aspirazione all'assoluto
Ma il vento cancrena
e sentore di bruciato
siamo solo ritagli
di una terra malsana.

30

Nostratica
Fraseggi contingenti
su genti ormai morte
civilt sorte
dai collassi precedenti
spenti nugoli di speranze
oltranze di interventi
atti a riaccendere
gli stanchi sentimenti civili
i bianchi pensieri senili
di pace amore libert
e dove sta
questa strana El-Dorado
dove i monili
pallidi di questa salvezza
dov la bellezza
che spruzza gelo o ardore
solo odore
escatologico
si sente
fuga di gas
giramento di testa
molesta sensazione
di fine.

31

Dalla parte di Huscar


Poco ricordo
se non i tre corvi sulla strada
tra Poirino e Pralormo
e intorno laria delle settetrequarti
il cielo rotto in parti diseguali
gli occhi stanchi
un gioco di funzioni
di fruizioni alcoliche,
Sei gi stato
ad Arles?,
mi chiedeva lalga nera
sulla ripida salita darancio,
sulla riva
dalla parte di Huscar;
con un passo in setteottavi
stavo imparando
il nome degli alberi
quercia leccio ontano lauro fico
mi stupivo del balcone
senza ringhiera
e del mucchio di mattoni
a carponi uscivo dalla notte
ci facevo a botte
mi fotte lumido
che entra nella camicia
il cielo che canta contento
lombra di un ossesso lontano
la tanta ammirazione
in persone sconosciute
le bevute a imbuto
lutero
le implicazioni delle azioni
le conseguenze le coincidenze,
li hai visti
gli Alyscamps?;

32

la via sapeva di Kebap


e intralciava con inciampi bianchi
il cammino per la veglia.

33

34

Laccio Ego-statico

A Mirn

Se ti fermi, a tratti, nel ricordare


i gesti troppo vuoti dei poeti,
nel fenderti il petto al suono riarso
di fiati e figure e anafore e foni,
se cerchi pi polpa, palpitazione,
appagante precisione del cuore
primigenia pressione, nuovo amore,
passione per puttane o meretrici,
sadica disillusione tattende
e qui stender Noia la sua tenda
Frustrazione sua tovaglia torta,
qui si cercano le non-rime chiocce
qui si strappano le ciocche, si torcono
i colli, aspri si spremono i midolli.

35

Giorni di gelo grondante e beato


di glorie giambiche e lugubri giuggiole
legioni di gigli in gabbie di labbra
lampeggia gi la prima nera vera
Giobbe, sbrecciando la gobba di Giano
sgrezzando dal fango il mio gorgoglio
folgora lorgoglio, balla al governo
di una nave di carne e voglie, Me
occhio vacuo di bove, gioie vuote
beata bambola, alito di Giove
ora sono un uomo di un nuovo genere:
grato a un Dio, per la sgraziata storia
senza cabale o gabole o bambagie
di una vita che, paziente, attende bolgia.

36

I tuoi muri dalabastro, il nostro


ligustro castrato
lastro
astratto ministro
di luci e visioni,
li incastro nella lastra della mia memoria
come mastro cesellatore
latore di venture
mostro sul desco denso
monaco perso e terso
di patogeni amori
irriducibile allunit platonica
allatomica ragione
o anche solo
a una concretizzazione.

37

Non so se fra fronde


e fratte e guglie di cemento
il viso tuo ravviso,
o se morte di cornacchia
attanaglia gli occhi miei impalliditi,
o se sfiniti, secchi mirti
marretiscono il cuore
e muore ragione
e crepa misura
e supero con salti da Salii
lassennata grata della significazione.
Come landa andalusa
che elastica si slancia e contrae
ellittica
i tuoi lembi diatopici
e i lombi sintramano,
il viso ti si slaccia
in limbi inventati ti conduce
sparisce.

38

Belle labbra di burro


bocca di cobla
bolla che balla sei
dentro casa di bambola
alba che sboccia
roccia che scalpita
in gongolanti ansimi
sismici abbracci
di mani deboli
emboli insani
ora afferrami i fianchi
i seni stanchi
i glutei bianchi
rincari i tuoi baci
ti cibi dei mendaci
miei ritardi
prendi zolle di pelle
con zappe fatte dunghia
ti succhia il mio
movimento energia
ancora un attimo
soltanto un attimo
stridono i tendini
stenditi adesso qui, vicino a me

39

Con smania di mani


lambisco le tue membra,
stamane limmane manto
del mondo che mena la finta
parata delle maschere mute
ho smerigliato, ho smembrato,
sar Publio Decio Mure,
le tue mura dincertezza assedier
attinger dal mantice
tutto il mana necessario
mavventer sul tuo esercito
di sprezzatura armato
ammanettato
repente morir
ci sacrificher
entrambi
ai morti dei Mani.

40

Tu, Matelda, su matasse di miele


il passo lieto posi
stesso masso di lana
dove lamine di mente si stagliano
non pi lo spoglio studio
ancora non salvezza
sei prodezza dei pruriti dellanima
di spruzzi di disprezzo
di lezzo meditato
tu, Matelda, nella morbida stanza
dove danzano i vezzi
di mondi in collisione
nellumido umore che schiavi non fa,
dove moschetti morti
ritorti nelle viscere
scavano botole dincomprensione
sul ciglio di un bastione,
mimbocchi dossessione.

41

E credi tu che queste sere


sibilline, ci rendano ferrati
nei giochi della vita
ch sfeltrito laccio ego-statico
sangue costretto in un giro di carne ?
Tu non sai come sfilacciare
i gridi dei grilli strazianti,
non sai stare in piedi e pi chiedi
pi stridi di luce molesta
ti resta il mio braccio da zombie
te lo regalo
fanne anche cattivo uso
tanto gi morto

42

cosa da bar di periferia


farsi gettare sulle scapole questa cenere bianca
farsi leggere negli occhi lago che da dentro scava
e lacera
e ingravida il cervello di nuove Odissee
di capitoli di romanzi non scritti
di moralismi di nuova lega
e collegare le foto fra loro, le frasi
cucirle con quellago e farle passare in prima serata
con la voce da annunciatore televisivo
che ti tiene sveglio coi suoi libri sibillini
da leggere e contestualmente dimenticare
da ingoiare come fossero unapocalisse
lecceit in circolo questa caffeina di onice
e venti di anice
non bastano a fare finta
che sia tutto cos chiaro
lineare
esiziale.

43

Camena mia zoppa,


la sento sotto al piede
la zeppa che tha falciato
- pietra dinciampo
o fisiologico cedimento
dun quarto det zeppa ci sembra la testa
di cavallette e labbra,
al letto vorrei legarti
e tirartele fuori
zappandoti il cranio
e capire se erpicare
cos forte
possa aiutare
a carpire di te qualche zolla.

44

Cresce un odio
di tipo non reattivo
cha ama masticare
tendini e talloni
e creare intercapedini
tra me e un altro me
fatto di sorrisi
e buoni propositi
lo senti?
Squittisce nei cori
della mia solitudine, stasera
trapela nelle pause della penna
che si ferma a pi riprese
e a pi riprese si cancella
odio di tipo non reattivo
si cela fra gli spazi dei denti
che si illuminano se rido
nel grido
dellocchio spento
che fissa il cielo il foglio il muro
la mola che lo storpia e lo sfaccetta
ha le tue sembianze, il tuo profumo
la tua causa che leffetto,
odio di tipo non reattivo
e scrivo
per non farlo reagire.

45

Sintorva lo spazio tremante


del mio bacchico savoir faire
straripano cose talmente nuove
che sostantivarle vale quanto superarle
e un nome non so ancora dar loro
come loro non sa guardarsi lucente
ci provo con lalloro
di queste rime non rime
mi hanno detto che le emozioni
fanno cos, escono
e non si fanno rattrappire
nella propria solitudine
quando da soli, chini, neri, cani,
ci si mormora che tutto va bene
che la lontananza non male
che dentro c tanto spazio per archiviare tutto
tutto, tutto, un tutto troppo grosso
senza nome
anchesso cane e nero e chino e solo
opaco, non come loro
e solo ora
dallangoscia esce di scena
strisciante lo scudo del saggio
solo ora questa lorca
a pezzi faccio, per me,
la penna
che ha sempre bevuto
la mia cosa
ora espello
tutto

./.

46

in tutti i sensi
tutto.

47

Tre dita scrivono


e tutto il corpo soffre,
figurandomi il tuo corpo miniato
linvidiato mistero acarnario
larcano scranno inumano,
e dipingendomi in bocca
il seno tuo porfirogenito,
i tuoi occhi e le tue glosse di glicine
che dal capo rubricano il viso
e squadernano il riso
tre dita scrivono
e tutto il corpo muore,
per le lacune dei tuoi sguardi
per la speranza che mordi,
dilaceri, sbrandelli
per il tuo ductus incerto
per lerto sentiero e il divelto
sentimento sporco
per il torto
che cha storto lanima
e sfascicolato
- maldestro stazionario la vita.

48

Canzoni

Ai miei Lari

Scrivente, non scrittore


non autore, ma agente
del Caos, che prende metri, iuncture,
iatture, profezie
e li getta in un baratro
di nivea cellulosa e di inchiostro
in un impasto denso
e col suono melenso
di contoidi accordati
sulla stessa frequenza,
sillabando, dividendo, erigendo
mausolei gi in rovina
o petrosi amboni paleocristiani,
fricassea di nobili
nomi, messi alla burchia
in epiche notturne e personali,
bibbie post-nucleari
sillogi logorroiche

49

che condannano lanima a procombere;


fuggi lo stemma bifido
sciogli quella sciarada
questa mala mescianza
lascia, alliscia i pensieri
i fieri desideri di una vita
che non sappia riflettere
o ideare nuove mitologie.
Il frangiflutti soltanto loblio
che lascia asciutti e sani,
con mani pulite e pensieri inani.

50

Neri cani andalusi


sono le notti viscide
che ci contengono, scuoiano, squartano
e le loro pance atre
glocchi rendono innocui,
ad andare a tentoni ci costringono
non esiste guinzaglio
che li azzoppi o li fermi
infermi soggiaciamo
dimeniamo le mani
per trovare un muro o un appiglio certo
porgono solo zanne
sovra la gente che quivi sommersa.
Perversi i miei pensieri
stasera come allora,
buonora di vendetta al gusto sangue
grandine rossa, neve
fango, gole, magoni
macumbe, maledizioni, sermoni
allindirizzo ignoto
dun volto senza faccia,
una caccia frustrante
inappagante, inane
niente, oltre che zanne nella mia carne
sarebbe meglio, adesso,
una resa da Galata morente.
Ma niente, non c niente
che pungoli il garrese
come lo stilo intinto di midollo,
spugnosit di spirito
spremuta nella metrica
estetica dignit del poeta!
Non cura n dilania
ma placa col furore
il sapore dinutile

51

la vana cecit
siamo invincibili, almeno su un foglio
qui non esiste voglio,
ma un maglio per distruggere la notte.
Scappa dallorrido pasto, canzone,
nascondersi non basta
nellora dellerumneo pavore.

52

Bereshit il Caos e una fumante


sigaretta, e voragini di noia
e la soglia senza fine e la voglia
di trovarsi una donna da una notte
e via, per riempire il non-tempo eterno
per ritagliarsi unora da demiurgo
ma luniverso un locale banale
senza materia, nessuna maniera
di rimorchio, solo morchia dessenza
assenza di ogni sfogo
un solo pensiero, il sesso, lossesso
lo stesso da secoli, senza senso
un sasso in seno, un basso sogno, un segno.
larchitomica masturbazione
lonanismo sacro, la gemmazione:
questa la soluzione alla divina
formativit, allovviet creativa
del fatale inconsapevole artefice
ch non si diventa ciechi, ma dei.
E poi si solve e cade in bianca falda
predicendo la morte di Dumuzi
linvisibile maest di Kehper
la brama di Tarpeia
il martire Lino, il martire Cleto
tonsura sul capo: di fronte o dietro?
E miliardi di altri inutili orgasmi.
Poi prende il cosmo, a mo di fazzoletto
zuppo di dei ed essenze malate
e comincia lincesto degli incesti.

53

Gli amanti di Kokoschka


nel lamento del vento,
io che ti racconto di Columchille
che col dito a candela
conta i versi dei salmi
colmi di strani tropi
a ogni mucca il suo vitello, a ogni libro
la sua copia, e ti parlo di assassini
assuefatti allhashish e allomicidio,
dellaccidioso Stige
che pernicioso scorre nelle vene
Pape Satn aleppe!
delle teppe che percorrono le vie
e delle mie speranze
di dimenticare il tempo che muore
ha cambiato colore
il mio volto da Inca
dopo lo scontro di Huanucopampa
ora bianco e verdastro
ulceroso e sinistro,
come sistro tentenna
sotto il cielo terso di Rapanui,
lapide compagna di Makemake
trivellata da canti in Rongorongo;
e ti pongo domande
e ti mostro teorie di dei
compresse dentro vasi
ricolmi di canfora e formalina
tinformo sulla fine
del mondo come noi lo conosciamo.

54

Anagogica

Allo psicopompo

Tu non lo sai
ma il mondo attorno a te si rarefa
proprio da te si diparte,
si dipana il sopracciglio di dio
tu non lo vedi
foriera di apocalissi
ma si squaglia la luce
nel tuo inutile andare
e pi il tuo passo calca
pi solca laratro il campo aspro
alla ricerca di unoggettivazione
della visione estatica
ma pi ci prova
pi trova il varco vacuo inaccessibile
la chiave invisibile
la morte possibile
luomo passibile
di essere niente pi che un errore di natura.

55

Seguir i grossi segni


senza sospetti o stenti
senza strappi nel silenzio
senza stimoli interposti
Fosti un segnale
di gnosi alla fragola
di fragrante estasi
di tisica grazia
con baci di tosse
percosse
scossa delle scosse
su un massiccio di pelle
Ora per imbelle fermezza
si spezza ogni orgoglio
il soglio dellego si sfalda
si spalma una citt
una qualsiasi
ai miei occhi
con stocchi di luce
una strana Esperia che spera
la sua stessa sparizione
fra lampioni e lamponi
di persone in grumi
brume di coscienze e discendenze
presenze
che non vedono
i draghi
che sono paghi
gi
della propria perpetua dissolvenza.

56

Sinestesie avanguardistiche
in campo lungo post-moderno:
posteri antropofagi che succhiano
i resti della pasta del giorno prima,
e rimano con ansia da nazireo
pubblicit omeriche
profetici slogan
libri-paga sacri di sette clandestine.
Tutto vibra in unisteria sociale,
tutto connesso, correlato, intricato
siamo animali a-sociali
incollati gli uni agli altri
in gabbie batterie grattacieli
castelli di carte di credito
e non una novit
e non modernit
solo che il piano inclinato
sappressa alla fine
e capicolliamo pi veloci.
Me ne sarei accorto,
ma eri per me
il filtro per guardare il mondo
in un modo meno storto,
la lente focale sullunico punto
dove ancora non cerano sfregi
apocalittici o fregi con Palladi
morenti o greggi di zombi dallalito
di fast food.

57

Che fai stasera in cielo, luna monca?


te ne stai zitta e ritta
con le anfetamine di stelle a tenerti in piedi
e spii i miei mocassini da millenni
mentre masticano lasfalto
e come mastice mi tengono qui,
in questo mondo anoressico
- che cupo rifiuta ogni apporto proteico
e spinge noi enzimi tristi
allharakiri sentimentale tu che sei vicina ai piani alti
agli architetti
ai santi
agli scommettitori universali
non la vedi questa piaga
che, non paga, mi scava la faccia?
E dire che le avevo prestato
il cielo viola di Milano
e la mia mano scheletrica
e lermetica penna doca della mia delusione
il cuore in comodato duso
usucapione dellanima
lei fra tutte queste facce da Cthulu
lei e la sua aulentissima rosa di carne
i suoi neuroni che non stanno
fermi o buoni
lei, lo ber di quelle notti
lei, ora non pi
ora la luce
lodio
il mondo anoressico
ci possono sbrinzare
a me e a te, luna monca
stanotte.

58

Mi prese un senso di straziante


normalit, quando sotto ai tetti
del Liquidambar
hai cestinato
le nostre quattro o cinque rivoluzioni
per una frale voglia
da giorno feriale
nella frattale speranza
di stilettare la fiera che mi porto
dentro, aizzarla contro la fiera
persistenza dellego
fu sul cinquantotto
che capii di dover avvisare i cronomanti
cambiare i libri di storia
segmentare una nuova era
quella degli epitaffi su facebook
delle cornucopie di romitaggio
in malchiuse stanze di collegio
dei flussi dincoscienza
della scienza imperfetta
(ch la retta via ormai era perduta)
solo nellultima fase rem
che ogni tanto rammento il ratto
che stato sferrato
alla mia vita
e alla tua,
spiga di segale
o boscimana trib
che fu.

59

60

Viale Monza Calibro 18


Appunti per un poemetto in cinquequarti
A Charles Darwin

I.
Gettare una rete a maglie slargate
squadrettare il tutto
fluttuante flebile flusso
freddo primigenio
amaro di bocca impastata
fili lucidi che liquidano laria
spazzole raschiano strade
puzze di mondo in narici tappate
coniugare declinare concordare
devo dare
un segno
segmentare il reale
marted giorno di guerre campali
c da placare con qualche sacrificio
il dio delle soglie
che mi conceda una morte
lenta e soffusa
che non mi obblighi a rialzarmi
a perpetrare linganno supremo
a perpetuare la farsa della vita
sotto la coperta di placenta si sta bene
si sta
una lastra di ardesia sulla testa
nella testa
un esercito di propositi ci marcia sopra
compatto e fiero
lo scaccio con una mano fatta di sonno

61

lo schiaccio
ma ormai ha lasciato solchi perbenisti
trincee disgraziate di impazienza
mi vogliono umanizzare
evolvere
erigere
tranciare il coccige
far lasciare questo covo di cotone esistenziale
sbocciare
sboccare
li ignorer qualche secolo
fino a quando il senso di umanit
non prender il sopravvento
adesso per esempio
adesso inizio a essere
come braccia sulla fronte
gambe fetizzate
dita
petto (batte)
culo
che ha voglia di evacuare
il pi anti-estetico degli istinti
ribolle
mi smorfia
mi accovaccia
stringo e sfriggo
trattengo
fingo
penso a come mi chiamo
letichetta sulla fronte
lasservaggio al mondo
una spada sulla spalla
nella spalla
brucia di pensieri
il lavoro lo studio lamore la famiglia gli amici
il vino i libri la metro lattualit la lavatrice
la birra fatta in casa
il lampadario di Cluny nel duomo di Milano

62

gli ombrelli da due euro dei marocchini


le offerte sullo scatolame allesselunga
le varianti dautore nel manoscritto di Troyes
e la pancia che spinge lo sterco, sprezzante
un piede sul bordo
un occhio sul limes
cazzo, che schifo svegliarsi
pilastri di schifo
a strapiombo sul letto
inarcano un ponte davorio
schiena, ecco
qualcosa scarmigliato
i capelli
la luce di fuori
il lavaggio delle strade
le profezie
gli agnelli sgozzati
la nausea
la voglia di andare al cesso
scuoto
uso le preposizioni
da, a
dal letto al pavimento
da gi a su
da steso a seduto
e le spazzole
le spazzole
le spazzole
martellano il cervello
scosse sussultorie del capo
la pressione che appiana
le divergenze ideologiche
la coprolalia
queste cose alla Joyce
non ora di salpare
non ancora
niente fughe metafisiche
defecare

63

lavarmi i denti
le ascelle
questi i progetti
e fra il dire e il fare
un breve corridoio buio
lo percorrono le gambe
io le seguo
e dopo la fuga fin troppo fisica
mi appoggio al lavandino
liscio bianco freddo
scricchiola
mi doso
accendo la piccola luce
e c uno che mi fissa
di fronte
ha una fronte
un mento, una bocca che sbava di sonno
un occhio spento
unocchiaia
cose scarmigliate
i capelli, esatto
mi ricorda me stesso di qualche secondo fa
che sia davvero lio di qualche secondo fa
che ha viaggiato in avanti nel tempo
per vedere come sarebbe stato dopo qualche secondo?
Mi prende per il culo?
Mi prendi per il culo?
Lo prendo per il culo?
Mi prendo per il culo.
il gioco generazionale
di guardarsi a uno specchio
ci che mi ha ingannato.
La prima bestia che ha sbattuto
il muso contro lacqua tremula
si capita? Si domandata?
Quante anime si sono guardate
negli anni
se gli specchi potessero parlare

64

altro che i muri


direbbero i sogni, le ambizioni
le anoressie, i narcisismi
gli egocentrismi, gli assolutismi
le frenesie, le allergie
le dermatiti, i punti neri
i pensieri, le autocommiserazioni
i pianti, i santi
la storia delluomo
nello specchio
in questo specchio.
E io, scimmia glabra
a scarmigliare
la mia barba
a grattugiarla
schermaglie tra le dita
nella savana nera,
quanti millenni sprecati
a costruire torri
atte a dimostrare
la loro stessa inutilit,
linutilit del gesto
di aprire un tubetto
di spazzolare
spazzolare
spazzolare
per unetichetta sociale
per la presunta igiene orale
per prescrizione culturale.
Mi detergo senza decisione
per convenzione acquisita
ma lo faccio bene
con lo zelo dellaguzzino
che tagliuzza il teste reticente
mi copro
scopro la vergogna
abbottono
scolletto

65

allaccio
straccio sulle scarpe
bello imbellettato
imbelle anello
della catena evolutiva
prima carponi
poi eretto
poi impotente
metto gli arnesi del mestiere
nella bisaccia e la bisaccia
mi metto di sbieco
poi una cappa
una sciarpa che scappa dal collo
la annodo e mi preparo
alla stizza esistenziale
di vedere la luce
quella vera
la gente
quella finta
il migliore dei mondi possibili.

66

II.
Milano non una citt
una percezione atomica
di cemento e guglie
di ragazze alte e con le labbra sottili
di tacchi spinosi
di rose senza petali
senza estensione
senza intensione
lestinzione
delle specie sub-umane
perpetrata da affaristi
e modelle intenzionate a perdere qualche taglia;
Milano me la guardo
la vedo alla prima briciola di asfalto
ne ascolto il canto di sirene melodioso
del mezzo per la pulizia stradale
mi inibisce la striscia tratteggiata della strada
sto ritto e inebetito al bordo
le macchine fendono il guardo
viale Monza infinito si impossessa del mio orizzonte
la mandorla nellocchio di un cinese
due monti di vetro
due cartelloni colorati
due termometri sfasati
macellerie islamiche
le scale umorali della metro
le lecco coi piedi senza volutt
il bavero serrato, la barba che maschera
lo sdegno per la vita
degli altri e mia
nascosto
accostato
alla parete
mi immergo nel limbo della linea rossa
sottile e insettivora

67

incontrare una formica Regina


guardarla di nascosto
e continuare a raccogliere i pezzi di cervello
che mi cadono di continuo
mi chiedo dove gli zingari
abbiano imparato a suonare cos bene
il canone di Pachelbel
un pavimento soffice di barocco
si stende sotto i piedi
gli occhi come se fossero chiusi
vedono giardini allinglese
pittoreschi e freschi di muschi e felci
ruscelli coperti
ma solo un tubo che perde
e mi gocciola sulla spalla
solo lumidit di novembre
che si presa Milano e la metro
e le anime di noi formichine;
ci stipiamo ammassate
ammantate dai nostri pensieri
ognuna coi suoi cazzi e i suoi paradigmi
modi di processare le informazioni
visioni del creato
progetti di vita
strutture etiche ed estetiche
formativit alterne
ci irretiamo a vicenda
stringiamo legami
ci complichiamo indissolubilmente
io non ci tengo a farlo
ma basta guardarli
e il gioco delle empatie fatto.
E non ho il diritto
di almanaccare tutti
di sanzionare brutti tagli di capelli
cattivi gusti in fatto di fidanzati
libri in formato digitale
ma mi inzuppano gli occhi

68

mi costringono a prendere parte


e posizione
senza soluzione
di continuit
la santit di stare fermo immobile
e di non farsi trascinare
di tenere i piedi saldi
la mano stretta intorno al tubo
non voglio stare in questa rete
non voglio
ma quattro o cinque fermate si pu resistere
si pu insistere e stringere
i denti
il rosario fatto di ossa della mano
falange
falangina
falangetta
falange
falangina
falangetta
falange
falangina
falangetta
e lo strepito quando il mio cervello
rattrappito
lo capisce
si, lo capisce
capisce che forse
anche per gli altri cos
proprio cos
il buio lo specchio la mandorla il tubo la rete il rosario
si
allora si
far cos
mi omologher
non penser
chiuder
ogni velleit intellettuale

69

e rivoluzionaria
sar la formichina pi formichina di tutte
star bello dritto in piedi
saluter
sorrider
pianger
andr ogni giorno incontro al mio fade-out
mi addormenter
mi sveglier
penser per qualche minuto di uscire dal formicaio
poi mi calmer
continuer
a tenere la bocca socchiusa,
che la vita una scusa
per scriverci qualcosa su.

70

Sommario

Introduzione

Gli dei del traffico


Sono la piaga ingraziosita
Non parlare ti prego
Vai, lento e con tanta lena truce
Io, tu e il pavone di Ejzestein
Gi chimera
Discorsi, dedali di dolci diavoli
Rond Veneziano
In questa capillare, nuova, strenua
Aspersione
Ignoro se Alice o Beatrice
Ogni epoca ha il suo protocollo escatologico

11
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21

Tempus interiectum
Credo
Poesia per N. D.
Pendio Agnano
Fugamundi
h5n1
Dcadanse
Valencia
Nostratica
Dalla parte di Huscar

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23
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26
27
28
29
30
31
32

Laccio Ego-statico
Se ti fermi, a tratti, nel ricordare
Giorni di gelo grondante e beato
I tuoi muri dalabastro, il nostro
Non so se fra fronde
Belle labbra di burro
Con smania di mani
Tu, Matelda, su matasse di miele

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35
36
37
38
39
40
41

71

E credi tu che queste sere


cosa da bar di periferia
Camena mia zoppa,
Cresce un odio
Sintorva lo spazio tremante
Tre dita scrivono

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43
44
45
46
48

Canzoni
Scrivente, non scrittore
Neri cani andalusi
Bereshit il Caos e una fumante
Gli amanti di Kokoschka

49
49
51
53
54

Anagogica
Tu non lo sai
Seguir i grossi segni
Sinestesie avanguardistiche
Che fai stasera in cielo, luna monca?
Mi prese un senso di straziante

55
55
56
57
58
59

Viale Monza Calibro 18


I.
II.

61
61
67

Sommario

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2012


da Universal Book S.r.l Rende (CS)
per conto di CFR Editore

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