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La festa di San Martino- Fraine (Ch)

(la “Chechaucc’ d’ sant’ Martuin’”)

Il giorno 11 novembre alcuni paesi dell'Abruzzo tra cui Fraine , celebrano la festa di
S Martino.
I ragazzi dei vari rioni chiamano a raccolta le persone, attirandone l’attenzione con
qualche tamburo vecchio, campanacce, padelle e ferraglia messa assieme con del ferro
filato (trascinata da squadre), e altri strumenti simili rumorosi, portando lumi dentro
delle zucche vuote, andando in giro strepitando più che mai innanzi alle case di coloro
che alla finta processione sono in obbligo di donare qualche dolce, fiasco di vino o
pezzo di salsiccia o salamino per far onore al Santo.
Le mascherate anche in altri luoghi vengono fatte per San Martino e sono da
considerarsi il saluto al principio del ciclo invernale.
L'elemento distintivo di questa festa è certamente la zucca svuotata, lavorata in
modo da rappresentare un volto spettrale nella quale viene collocata una candela accesa .
Il fare chiasso e girare mascherati costituiscono altri elementi significativi di questa
ricorrenza.
Cerchiamo di ricostruire la simbologia relativa alla zucca per capirne l’utilizzo in
una festa, quale è quella di San Martino. In molti luoghi (soprattutto nel centro-sud) l’11
novembre è considerata la ricorrenza della festa dei cornuti, cioè delle persone le cui
consorti hanno commesso adulterio. Non risulta ben chiaro cosa c’entra San Martino, e
per quale motivo è diventato in Italia nella tradizione/superstizione popolare il protettore
dei “cornificati”.
Bisogna innanzitutto indagare per quale motivo viene utilizzata la zucca quale
simbolo dell’adulterio e quale valore culturale e simbolico essa possiede.
Apparentemente sembra non ci sia alcuna connessione.
Però c’è da dire che il termine dialettale Cucuccia (chechoccia) (in frainese
(chechaucc’) deriva certamente da cucutia da cui
Cucurbita.
Cucurbita (zucca) è tradotta successivamente in
«infamis adulterio», cioè “persona disonorata dall'adulterio”.
Si può quindi affermare che, nella cultura medievale, alla
zucca fu attribuito un preciso significato con una forte
valenza simbolica. La zucca, tra l’altro, ha sempre rappresentato nel medioevo il
simbolo della fecondità femminile oltre che, probabilmente, per le svariate forme in cui
sono reperibili in natura le cucurbitacee, anche quello dell’organo sessuale maschile.
Presumibilmente le leggende popolari hanno poi portato ad una deriva culturale che,
in modo più pagano che cristiano, ha accostato San Martino alle corna ed all’adulterio e
di lì la probabile nascita di quella più nota narrante che S. Martino l'Eremita portava in
giro a spalla la propria sorella per evitare che questa avesse rapporti con fidanzato; ma la
sorella, con la scusa di dover provvedere a un urgente bisogno fisiologico, riuscì a farsi
mettere a terra dal fratello e, recatasi dietro una siepe, si accoppiò con il fidanzato che lì
l’attendeva. Il Santo, in seguito, la riprese sulle spalle e continuandola a portare in tal
modo, percepì l’aumento di peso e realizzò cìò che i temerari amanti avevano combinato
sotto il suo naso.
Torniamo ora invece alla tradizione abruzzese e cerchiamo di scoprire altro.
Le candele accese all'interno della zucca certamente rievocano qualche episodio. Per
capirci di più dobbiamo spostarci in una cittadina abruzzese Atessa in provincia di
Chieti.
Un antico codice dal titolo “Origo fundationis Athyssae” sembra riporti che San
Martino si ritirò in eremitaggio in una grotta presso la Maiella e che, prima di
abbandonare Atessa, comandò al popolo di celebrarlo portando nella sua grotta una
torcia. Di qui possiamo desumere che le candele accese nella simbolica “caverna”
scavata nella zucca potrebbero rappresentare un richiamo alla tradizione originaria
atessana dell'accensione del cero nella dimora del Santo Eremita. Qualcun altro afferma
che l’accensione dei fuochi nelle caverne deriva da usanze rituali di cerimonie primitive.
Il fracasso, suonare i campanacci e trascinare “Stagnarole” per le strade del paese è
una tradizione riscontrabile anche in altri popoli del nord-europa. Sembra che, anche in
alcune piccole comunità svizzere, in primavera o autunno (in alcuni giorni) gruppetti di
ragazzi percorrevano le strade rumoreggiando con campanacci e schiocchi di staffili con
il probabile scopo di scacciare lupi e poi spiriti del male e streghe, (almeno questa pare
l’interpretazione più verosimile).. È facile che con il tempo si sia miscelato il sacro con
la superstizione e che nella festa di S. Martino le scampanate siano poi state introdotte
per scacciare dal paese gli spiriti maligni. La vicinanza di tale festa a quella di
commemorazione dei defunti avvalora questa ipotesi. Poiché modi simili di festeggiare
accomunano diversi popoli europei, è lecito supporre che le varie usanze siano scaturite
da una fonte comune che alle origini aveva la funzione di opporsi alle forze oscure della
natura. A tale scopo, in alcune comunità vengono anche portati in giro fantocci
dall’aspetto spaventoso per allontanare probabilmente gli spiriti.
A volte i giovani si suddividono in gruppi (generalmente uno per ogni quartiere o
rione) che girano per le strade del paese ciascuno con il proprio fantoccio..
Gli incontri sono in realtà degli scontri in cui ciascun gruppo tenta l’aggressione e la
distruzione dell’altrui fantoccio quasi a voler affermare la propria forza dominante
necessaria per tener lontano qualsiasi forza negativa del male e per allontanare le
proprie paure ed incertezze .
Ora, non essendoci più timore per gli spiriti, la festa si è evoluta e conservata come
solo divertimento e tradizione.
La datazione storica di queste tradizioni attesta
in modo chiaro che l’attuale ricorrenza di Alloween
è “figlia” di questa bizzarra festa e pertanto da
ritenersi di origine europea (con un po’ di orgoglio
campanilistico direi Abruzzese).
Tradizione particolarmente suggestiva anche
a Scanno dove la notte del 10 Novembre vengono
accese le “Glorie di San Martino” che sono delle
cataste di legna molto alte che vengono innescate
dal fuoco e da esso poi avviluppate e distrutte.
Anche in questa bella cittadina abruzzese,
come a Fraine, è in uso il tradizionale rumoreg-
-giare utilizzando tutti gli arnesi possibili e in
particolar modo trascinando i “ferri vecchi”.

(Duilio MARTINO)

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