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Quel tuo sorriso che mi rese simile agli angeli

(Fabio Piedimonte)

E ora? Ora che succede? Forse dovrei avere paura, ma sono tranquillo.
Triste sì, ma non spaventato: il mio unico rimpianto è che Sara non saprà
mai quanto l’ho amata.

Ero proprio arrabbiato l’altro ieri. La colpa è mia, lo so, che senso ha
andare dietro ad una ragazza con la quale sai di non avere nulla in comune?
Ero convinto di esserne innamorato, eppure mi ripetevo che con Serena non
volevo stare. Ha senso? Troppo diversi, due mondi separati. Spesso
eravamo usciti insieme, ma negli ultimi mesi era scomparsa e avevo
raggiunto il limite della sopportazione: non puoi ricevere duemila no di fila
senza esplodere. Ed io ero esploso. Ero arrabbiato, ora volevo solo
divertirmi, trovare una ragazza da portarmi a letto, possibilmente il prima
possibile. Basta amore, basta sentimenti, solo sesso.
Vivo... vivevo... in un paese della Puglia chiamato Rodi Garganico; si
trova sul mare, sulla costa nord del Gargano. Ieri mi sono messo in
macchina di buon mattino per raggiungere Peschici. Rodi è bella, ma
Peschici è piena di villaggi turistici che pullulano di ragazze in vacanza in
cerca di una sola cosa: divertimento, e non fatemi scendere nel dettaglio...
tanto le donne non sono così diverse dagli uomini, amano solo salvare le
apparenze. Il trucco per rimorchiare sta nell’arrivare abbastanza presto la
mattina e nel conoscere un paio di animatori. Gli animatori sono sempre
circondati da belle ragazze, inoltre, senza il loro aiuto sarebbe impossibile
entrare nel villaggio. Di prima mattina organizzano attività tipo
idrospinning, alle quali regolarmente partecipano quasi esclusivamente
ragazze: il campo ideale per un buon approccio, che deve essere cauto,
sempre per le apparenze: la ragazza non deve avere l’impressione che tu

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voglia da lei una sola cosa, anche se poi è esattamente ciò che vuole lei da
te, soprattutto in vacanza. Devi un po’ corteggiarla, un po’ farle capire che
ci tieni a lei, a com’è fatta, a com’è dentro.
E ieri Sara era lì a fare idrospinning. Un corpo eccezionale, un bel
viso, capelli neri lisci. L’istruttore è un mio amico ed è stato facile
convincerlo a farmi seguire la lezione. E che lezione! A metà ero
praticamente a pezzi, mentre lei continuava a pedalare senza il minimo
segno di fatica. A tre quarti mi sono arreso, sono sceso dalla cyclette e mi
sono buttato in acqua. Finita la lezione lei è andata a prendere un gelato –
ho scoperto nel corso della giornata che praticamente vive solo di gelati –
quale migliore occasione per un approccio? E come stile, viste le mie
performances atletiche, l’autoironico. Le donne vanno matte per l’uomo
ricco di autoironia, quello che sa prendersi in giro, senza però esagerare,
senza cadere nel patetico. Mi sono avvicinato a lei e ho cominciato a
scherzare su come avesse molta più resistenza di me. Lei è stata subito al
gioco e, per rincuorarmi, mi ha raccontato che era andata in palestra tutto
l’anno e che amava molto fare spinning. Le ho chiesto come si chiamava,
Sara. Bel nome. Abbiamo parlato di sport, di gelati, di Peschici, di Rodi.
Mi ha detto che era di Firenze, dove lavorava. Poi si è messa a prendere il
sole a bordo vasca e io mi sono fatto un bagno, esibendomi in improbabili
quanto dolorosi tuffi. Dopo un quarto d’ora di pavoneggiamenti acquatici
sono uscito dalla piscina tipo Nettuno che esce dalle acque: era giunta l’ora
di una azione diretta, che facesse capire a lei che mi interessava trascorrere
un po’ di tempo in sua compagnia e a me se c’era margine d’azione.

“Vado a farmi una passeggiata in spiaggia,” le ho detto. “Ti va di


venire?” Momento topico. Un sì vuol dire che posso proseguire con la mia
strategia, un no che mi devo ritirare.

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Mi sorride. “Ok.”
E vai! Insieme usciamo dal villaggio turistico e raggiungiamo la
spiaggia. Il mare è limpidissimo. Ci incamminiamo verso sud, e mentre
camminiamo parliamo di tutto. Lei mi racconta un po’ di cose di sé, io le
parlo di me. Dopo una mezz’oretta, facciamo marcia indietro e torniamo
verso il suo ombrellone.
Quando arriviamo è lei a prendere l’iniziativa. “Vado a fare un bagno,
vieni?”
Me lo chiede pure? Mi faccio audace. La prendo per mano e mi dirigo
verso il mare con lei. Inizialmente la stringo forte, poi lentamente riduco la
presa, fino a che le nostre mani si sfiorano solo. Vediamo come reagisce, se
molla la presa o meno. Siamo sul bagnasciuga.
“Ci tuffiamo correndo?” mi chiede.
Annuisco.
Stringe la mia mano e cominciamo a correre sollevando una nuvola
d’acqua. In mare scherziamo e giochiamo, anche se quando tento di
avvicinarmi troppo mi respinge. Cautela, non è ancora arrivato il momento.
Quando usciamo dal mare è ormai ora di pranzo, le chiedo se ha fame
e se vuole qualcosa: gelato. E vada, gelato anche per me!
Dopo pranzo ci stendiamo sui lettini, parliamo un po’ e ci appisoliamo
entrambi.
Quando mi risveglio lei sta giocando con la sabbia.
“Quand’ero piccola ero bravissima a fare i castelli,” si fa pensierosa,
poi sorride, “ne facciamo uno?”
“Dai, alla nostra età.”
“Ma sì, che te ne frega, ti va?”
Che tocca fare per portarsi a letto una ragazza! E cominciamo a
costruire. È veramente molto brava, ma anch’io me la cavo, sono pur

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sempre nato in una località marina. Dopo due ore siamo completamente
ricoperti di sabbia, e davanti a noi c’è un piccolo capolavoro: su una base
alta un metro abbiamo costruito un castello con quattro torri. Al castello si
arriva tramite una stradina in salita che passa attraverso un paio di
montagne. Nella vallata sottostante un po’ di casette. La gente si ferma a
guardare la nostra opera, alcuni turisti le fanno delle foto.
“Ora dobbiamo distruggerlo,” mi dice.
“Dopo tutta questa fatica?”
“Preferisci che lo faccia qualcun altro? Tanto quanto può durare?”
Ci sono dei bambini nelle vicinanze, va a parlare con loro, insieme
prendono la rincorsa e si buttano sul castello. Lo faccio anch’io.
“Bagno?”
“Ok”
E ci rituffiamo in acqua. Ora è molto meno restia al contatto fisico.
Per scherzo cerca di affogarmi dopo che l’ho schizzata. Oppongo resistenza
e la blocco abbracciandola. Lei non si ribella, anzi. Sento il profumo della
sua pelle, sensuale, goloso, divertente... una fragranza che richiama un
qualche frutto esotico: che voglia di mordicchiarla! Rimaniamo per alcuni
minuti accoccolati in acqua, e solo quando tento di baciarla si allontana.
Che stress le donne!
Decidiamo di cenare insieme, lei va a prepararsi in camera, io da uno
dei mie amici che lavora nel villaggio. La porto nel miglior ristorante di
Peschici, menù a base di pesce: insalata di mare, risotto all’astice, salmone,
frutta e immancabile gelato (sarà il quinto o il sesto da quando la conosco,
ve l’ho detto, potrebbe nutrirsi benissimo solo di gelati). Usciti dal
ristorante facciamo una passeggiata per la piccola città arroccata su un
promontorio: case basse bianche, vicoletti illuminati e tante bancarelle.
Comincia ad essere tardi ed è ora di concludere. Propongo una passeggiata

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romantica sulla spiaggia al chiaro di luna, anzi, al chiaro delle nuvole visto
che il cielo è coperto. Lei ci sta. Mentre camminiamo in riva al mare
comincia a piovere. Corre verso una tettoia, la blocco e sotto un diluvio
estivo la bacio. Lei risponde al mio bacio con una sensualità tutta sua,
mentre la pioggia ci bagna completamente. Raggiungiamo la tettoia, non
parliamo, continuiamo a baciarci, sono eccitatissimo, in ogni senso, ormai è
fatta. Mentre aspettiamo che spiova lei comincia a dirmi che quella era
stata una delle giornate più belle della sua vita, che non credeva nell’amore
a prima vista ma che era esattamente quello che le era successo, che ero
una persona diversa, speciale, sensibile, dolce, premurosa, piena di
attenzioni e con cui era piacevole parlare. Io, invece, non riuscivo a pensare
ad altro che al suo corpo. Spiove, torniamo verso il villaggio abbracciati.
Alla reception prende la chiave della sua stanza, sono eccitatissimo.
“Domani devo tornare a Firenze,” mi dice triste.
Meglio così, a me interessa solo stanotte.
“Ho il pullman alle nove e trenta,” esita un attimo, il suo sorriso si
riaccende, “passerai a salutarmi prima di partire?”
Che vuol dire? Mica ci staremo salutando qui?
Cerco di non mostrare troppo stupore per educazione. “Certo.”
“Mi dai il tuo numero di cellulare?” mi fa lei.
“Dai, domani mattina arrivo presto e facciamo tutto con calma,” non
voglio abbia il mio numero, e non voglio nemmeno sappia il mio cognome.
È perplessa ma non insiste. Un ultimo bacio, poi va in camera.

Sono arrivato a casa verso le due di notte. Se la mattina ero uscito


arrabbiato, ora lo ero anche in maggior misura. Mi sentivo frustrato, tradito
nelle aspettative: un’intera giornata sprecata.
Dalle due alle tre di notte ho pensato che tutte le donne sono delle

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grandissime... beh, non fatemelo dire ma ci siamo capiti, ti ingannano con il


loro sorriso per i loro fini più infami.
Dalle tre alle quattro ho pensato che di lei tutto si poteva dire tranne
questo, aveva deluso le mie aspettative, ma a ripensarci non mi aveva preso
in giro nemmeno un po’. Anzi, a dirla tutta, quello che aveva finto, quello
che si era presentato a lei manifestando chissà quale interesse solo per
portarsela a letto ero stato io.
Dalle quattro alle cinque ho cominciato a pensare a quel suo sorriso...
come lo avevo definito? Autorigenerante. Non pensate che fosse un sorriso
stupido. Non è semplice descriverlo, è come se tutte le esperienze
accumulate nel corso della sua vita l’avessero portata a capire che la sua
serenità poteva dipendere solo da lei. Più volte nel corso della giornata,
mentre parlavamo, le era capitato di toccare argomenti che la facevano star
male, si incupiva per qualche istante, poi un vabbè, e subito le tornava un
sorriso sincero.
Dalle cinque alle sei ho pensato a quanto avevamo chiacchierato. In
mesi di frequentazione con Serena avevamo parlato pochissimo, di che
potevamo parlare? Non avevamo nulla in comune. Con Sara abbiamo
parlato per cinque, sei ore quasi ininterrottamente. Vi capita mai di
conoscere una persona e di trovarvi a vostro agio con lei fin dal primo
momento? Vi capita mai di ridere e scherzare con lei per ore e ore, quasi
come se la conosceste da tutta la vita? Una cosa, poi, mi ha particolarmente
colpito: io sono logorroico (dovrei dire ero, in realtà non so che tempi
usare, è una situazione così particolare...), beh, lei parla più di me. Non mi
era mai successo di conoscere una persona con questa caratteristica. E
quando comincia un discorso è impossibile fermarla, peggio di me. Eppure
è stato così bello ascoltarla per tutto quel tempo. Poi c’è quel suo
“quindi?”; ogni tanto, quando dovevamo prendere delle decisioni, si

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fermava, mi guardava e mi diceva “quindi?” Lo avrà detto venti volte, vi


sembrerà una stupidaggine, ma ora lo trovo così dolce.
Dalle sei alle sette ho pensato a che tipo era: semplice, ma di una
semplicità genuina. Non le importava fare grandi cose, conta chi si è e
come si sta bene insieme più che quel che si fa. Sportiva, amante delle
lunghe passeggiate e del ballo. Ha fatto equitazione, ha suonato il piano ed
è anche una brava disegnatrice. Insomma, una persona ricca di sfumature e
di talenti, in grado di apprezzare le cose semplici. E i difetti? Ne ha, ne ha...
e mi piacciono anche quelli: come disse una volta una mia amica, non ci si
innamora mai veramente di una persona se non si amano anche i suoi
difetti.
Dalle sette alle otto ho cominciato a non capirci più niente. Serena era
come sparita dal mio cuore, e Sara bussava alla sua porta con forza. Che
parola ho usato poco fa? Innamorato? Ho cominciato a pensare alla nostra
passeggiata in spiaggia, alla pioggia, ai nostri baci, al suo profumo, alla sua
pelle calda, alle sue labbra, alle sue guance, al suo corpo. Lo desideravo
ancora, ma c’era qualcosa di diverso rispetto a prima, ora non mi sembrava
più un qualcosa da usare, ma quasi un tempio nel qual entrare in punta dei
piedi e con il massimo rispetto.
Alle otto e trenta ho accettato la verità: ero completamente pazzo di
lei.
Alle otto e trentuno mi sono ricordato che il suo pullman sarebbe
partito alle nove e trenta e che, se non volevo perderla, dovevo correre da
lei.
Alle otto e quarantacinque, dopo una notte insonne, senza essermi
lavato e dopo essermi vestito in fretta e furia, mi sono messo in macchina.
Si sa, la strada tra Rodi e Peschici è piena di curve e di scarpate, ed era
ancora umida della pioggia della notte prima. Così, ad una curva ho tirato

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dritto, sono finito giù da una scarpata e sono morto. Ok, è inutile stare a
fare speculazioni filosofiche o religiose a riguardo. La mia macchina era in
fondo alla scarpata in fiamme, mentre io, decisamente confuso, mi sono
ritrovato sul ciglio della strada. Non c’è voluto molto per realizzare cos’era
successo, e ora sono qui, come vi dicevo, non tanto spaventato per quello
che accadrà, quanto triste per il fatto che lei non saprà mai quanto in queste
poche ore l’ho amata. E del mio amore per te, Sara, non rimarrà traccia,
scomparirà nel nulla! Non potrò mai farti capire quanto sei stata speciale
per me, non potrò mai donarti tutte le attenzioni che vorrei, non potrò mai
farti diventare la regina del mio cuore. Anzi, forse mi odierai per averti
illuso e per essere scomparso nel nulla.

I mezzi di soccorso sono sul posto, si è formato un ingorgo. Sono


seduto (per quanto lo possa essere un... cosa sono? Un fantasma?) su un
sasso. I carabinieri controllano il traffico e hanno istituito un senso unico
alternato. Saranno le undici, non so, perché l’orologio che ho al polso non
segna più niente. Vedo un pullman arrivare da Peschici: è il suo pullman.
Mi avvicino, ho quasi paura di vedere se c’è e di vedere cosa sta facendo.
Magari sta chiacchierando tutta divertita con qualcuno, magari io sono così
preso da lei mentre lei mi ha già dimenticato. Salgo sul pullman, lei è
seduta vicino ad un finestrino rivolto verso l’entroterra, e non guarda verso
il mare, verso il luogo dell’incidente: ha gli occhi velati dalle lacrime. È
strano, mi sembra quasi di percepire le sue emozioni. No, non ha capito che
sono io la vittima dell’incidente. Sta piangendo perché non mi sono
presentato al nostro appuntamento, perché l’ho delusa, perché credeva che
io fossi diverso, mentre invece sono come tutti gli altri. Percepisco che
anche lei ha trascorso una notte insonne pensando a me. Mi avvicino a lei,
le metto una mano sul cuore e le do un bacio sulle labbra. La guardo

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intensamente, per un breve istante il suo sorriso autorigenerante sembra


ricomparire, è bellissimo. È un istante brevissimo quanto può essere breve
l’eternità.
Un tunnel.
Una luce alla fine del tunnel.
La certezza che il tuo sorriso mi ha aperto le porte del Paradiso.
Ti amo.

Fine

Per contattarmi: fabpie1@yahoo.it

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