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Giornate di Studio NFA

Villa La Pietra, 29 giugno-1 luglio 2009

Università e Ricerca:

Sono attuabili in Italia le best practices internazionali


in tema di reclutamento e incentivi alla ricerca?

Fulvio Ortu
Università Bocconi
Brain Drain/No Brain Gain

● Brain drain: un numero sempre maggiore di


studenti/ ricercatori italiani emigrano
■ ormai a tutti i livelli della filiera educativa: ancorchè
per ora piccolo, cresce in maniera consistente il
numero di studenti italiani che vanno all’estero per
l’undegraduate!

● No brain gain: il numero di studenti/ricercatori


formatisi all’estero e interessati a svolgere attività di
ricerca e didattica in Italia è esiguo
Perchè è importante?

● Il fattore fondamentale per la qualità di un sistema


universitario è la qualità dei docenti
● La competizione fra sistemi universitari si fa sulla
capacità di attrarre i migliori ricercatori
■ Non più solo il sistema anglosassone/europeo
■ Il caso Cina: quest’anno più di 20 università cinesi
erano attive sul job market di economics and finance
■ Package offerto da alcune di queste per un primo
impiego (assistant professor): 50,000 euro!!
■ Ancorchè tutte statali, forte competizione fra le
università cinesi su tutte le dimensioni, remunerazione
compresa (ex. Xiamen vs Shanghai Jao Tong)
Dov’è il sistema italiano nella competizione
internazionale?
● Quasi inesistente: sul job market di economics/finance/
management per contare la nostra presenza bastano le dita
di una mano, non dissimile in altre discipline
● Inoltre, anche i players nazionali che si avventurano hanno
non poche difficoltà ad essere competitivi
● Quali sono (alcuni fra) i motivi di ciò?
● Si potrebbe fare qualcosa anche a legislazione vigente?
● Cosa suggerire in termini di policy, se si è disposti a
intervenire sulla legislazione (e sempre ammesso che al
Paese interessi davvero un sistema universitario competitivo
internazionalmente)?
Alcuni fra i motivi della nostra scarsa
competitività

● Forti barriere all’ingresso (ma per certi aspetti può


essere una scusa….more on this later)
● Forte mancanza di chiarezza nei meccanismi di
progressione di carriera
● Totale assenza di un sistema (cultura?) di incentivi
■ all’interno delle singole università, anche quando un
sistema di incentivi sarebbe implementabile anche a
legislazione vigente
■ nel rapporto fra le l’autorità centrale e le singole
università
Esempi

● Il (famigerato) sistema dei concorsi e la sua interazione con il


valore legale del titolo di studio
■ dal punto di vista della competitività internazionale, è come
giocare a volley una mano legata dietro la schiena
● Un sistema di remunerazione totalmente slegato da ogni
indice di produttività, e dipendente unicamente dalla anzianità
in servizio
■ Per i più curiosi: si vedano le tabelle stipendiali e.g. al sito
www.univ.trieste.it/intra/stipendi/?file=storico_doc.html
■ Il dramma nel dramma: la curva salariale cresce in maniera
vertiginosa con l’età
– lo stipendo iniziale di un ricercatore è di circa 22.000 Euro lordi
(confronta con la Cina…)
– al massimo dell’anzianità un professore ordinario può arrivare ad
uno stipendio (lordo) di più di 134.000 Euro/anno!!
Si può fare qualcosa a legislazione vigente?

● Prima di parlarne, alcuni necessari warnings


■ anche se porterò essenzialmente esempi di quanto
cerchiamo di fare in Bocconi, non ci sentiamo in alcun
modo i primi della classe (e siamo anche ben consci
di non esserlo sotto molti aspetti…)
■ il fatto di essere una Libera Università (nel senso
legale del termine) aiuta, ma in parecchi casi non è
essenziale
■ potrei non aver capito bene alcuni dettagli tecnico/
legali, e in quel caso la responsabilità è solo mia
personale
Reclutamento dei docenti: livello junior

● Dal 2000 non bandiamo più concorsi da ricercatore


universitario (ci paiono altamente subottimali per entrambe le
parti)
● Contemporaneamente, siamo diventati attivi sul job market
internazionale
● Inizialmente offrendo contratti a tempo determinato
(co.co.co/pro, legge Biagi)
● Remunerati però molto meglio dei ricercatori
● Tradeoff di base: miglior remunerazione iniziale contro
possibilità di fare miglior screening in base alla produttività
realizzata (meccanismo di tenure, more on this later)
Reclutamento dei docenti: livello junior

● Problema tecnico ma importante: i docenti assunti in questo modo non


erano ‘visibili’ al fine dei requisiti minimi ministeriali
■ ogni corso di laurea triennale/biennale per avere valore legale deve
avere un numero minimo di docenti assunti per concorso
■ questo rischiava di rendere impraticabile la nostra strategia nel lungo
periodo
● Uno fra i provvedimenti della legge 230/05 (cd Legge Moratti) ci ha
consentito di risolvere questo problema
■ è stata introdotta la figura del Ricercatore a Tempo Determinato
■ essendo un contratto a tempo determinato, ci permette di rendere il
meccanismo di conferma (tenure) ‘mordente’
■ è una figura ‘visibile’ a livello ministeriale, e quindi non penalizza dal
punto di vista dei requisiti minimi
Gestione della Carriera

● I contratti che offriamo devono avere un credibile


meccanismo di conferma a tempo indeterminato (tenure)
● Nell’attuale situazione dei concorsi universitari è pressocchè
impossibile offrire tale meccanismo, e quindi essere
competitivi a livello internazionale
● Sarebbe ottimale un meccanismo di idoneità nazionale a
lista aperta, e poi chiamate dirette degli atenei
● Per intanto, agli assitant professor che soddisfano i nostri
criteri di conferma offriamo un contratto di lavoro a tempo
indeterminato (possibile in quanto libera università)
● Questo è l’unico punto che differenzi le università statali da
quelle libere: le politiche descritte in precedenza sono
invece possibili per tutte, a data legislazione
Meccanismi di incentivazione alla ricerca
● Altro problema fondamentale: incentivare i docenti
a continuare a fare ricerca anche dopo aver
ricevuto un contratto a tempo indeterminato
(conferma in ruolo, tenure)
● Il meccanismo di remunerazione attuale (anzianità)
non va certo in questa direzione
● Noi agiamo con tre leve, che si traducono in
remunerazione esplicita (soldi) e implicita (sconti
alle ore di didattica):
■ premi (monetari) alla ricerca
■ dedicazione prioritaria alla ricerca
■ fondi di ricerca
Meccanismi di incentivazione alla ricerca

● Sono tutti basati su un sistema ‘a punti’, con i punti che si


guadagnano pubblicando su riviste che appartengono ad
una lista approvata dal Consiglio di Facoltà
■ I premi alla ricerca incrementano il reddito
■ La dedicazione prioritaria alla ricerca è uno sconto alle ore di
didattica
● Questo tipo di politiche, di nuovo, sono implementabili da
tutte le università, le statali quanto le libere
● L’evidenza che abbiamo avuto in questi anni è che la
l’output di ricerca è aumentato, ma…
■ Il problema della endogeneità è ovvio quanto serio
■ Vi è una certa quantità di bargaining sulla definizione della
lista delle riviste che non sempre porta a risultati ottimali
Qualche commento di policy generale
● Nel sistema universitario italiano, si compongono due problemi che ne
accuiscono le carenze
■ la maggior parte degli atenei non prendono iniziative attuabili anche a
legislazione vigente che vadano nella direzione di efficienza e competitività
■ manca un meccanismi di incentivazione (e punizione!) nel finanziamento degli
atenei (allocazione del Fondo di Finanziamento Ordinario: che fine ha fatto il
CIVR, ad esempio?)

● Il tradeoff da sfruttare: maggior libertà nelle scelte degli atenei (comprese le


decisioni sulle tasse universitarie….) contro una politica di allocazione delle
risorse che premi davvero, e in maniera forte, gli atenei virtuosi
● Un semplice esempio: una lista di idoneità aperta e chiamate dirette degli atenei
da questa lista senza cambiare il modo in cui è allocato l’FFO potrebbe rivelarsi
una iattura, ma…
● Liste aperte, chiamate dirette assieme a chiare indicazioni sul fatto che chiamare
docenti scientificamente produttivi avvantaggerà gli atenei in termini di FFO,
mentre chiamare docenti scientificamente improduttivi li punirà severamente,
potrebbe rivelarsi un meccanismo molto positivo
Qualche commento di policy generale
● Una forse facile obiezione può risiedere nel dire che, anche volendo, e anche
sapendo che sarebbero premiate, alcune università non sono in alcun modo in
grado di attrarre i migliori docenti (problema di endogeneità, di nuovo)
● Questo è forse dovuto al focus eccessivamente generalista di molte delle nostre
università
■ Serve che ogni università offra tutta la filiera trienni/bienni/PhD?
■ Non sarebbe in certi casi utile che alcune università si ‘specializzassero’, ad
esempio offrendo forti trienni, ma magari pochi bienni e non i PhD?
■ Data la scarsità delle risorse (capitale fisico ma soprattutto capitale umano), è
molto probabile che una maggior specializzazione degli atenei possa portare a
guadagni di efficienza
● In quest’ottica, inoltre, l’annoso dilemma troppe università/poche università
sarebbe rivisto da tutta un’altra prospettiva….
Università pubbliche, università private e uno
sguardo al futuro
● Cina: un sistema (quasi) puramente statale, nel quale però le università
si fanno concorrenza, come testimoniato in precedenza
■ non necessariamente, quindi, un sistema universitario

eminentemente pubblico deve eliminare la concorrenza fra atenei


● India: un sistema pubblico accanto al quale si sta formando sempre più
un sistema educativo privato, tipicamente sotto la spinta di grandi gruppi
indistriali, e.g.
■ Indian School of Business di Hyderabad, ora ben 15a nel ranking del
Financial Times, con Tata alle spalle
■ oppure Trinity International Business School, che il gruppo RPG
Enterprises sta costruendo a Kalkota

● Quasi sempre queste realtà cercano partners occidentali per crescere


(e.g. Kellog, Wharton, LBS per ISB): giocare un ruolo in questo è
seconde me importante per un Paese

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