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Benito Marino, History & Philosophy Teaching

2.3 PUBBLICHE VIRT


Cos ogni parte era piena di vizio, ma il tutto era un paradiso. Adulate in pace, e temute in guerra, [le api viziose] erano stimate dagli stranieri; e prodighe di ricchezza e di vite, facevano da contrappeso a tutte le altre api. Tali erano le benedizioni di quello stato: i loro delitti contribuivano a farle grandi; e la virt, che dalla politica aveva appreso mille trucchi astuti, grazie alla sua felice influenza, aveva stretto amicizia con il vizio; e da allora anche il peggiore dell'intera moltitudine faceva qualcosa per il bene comune. Questa era l'arte politica, che reggeva un insieme di cui ogni parte si lamentava. Essa, come l'armonia nella musica, faceva accordare nel complesso le dissonanze. Le parti direttamente opposte si aiutavano a vicenda, come per dispetto; e la temperanza e la sobriet servivano l'ubriachezza e la ghiottoneria. La radice del male, l'avarizia, vizio dannato, meschino, pernicioso, era schiava della prodigalit, il nobile peccato; mentre il lusso dava lavoro ad un milione di poveri, e l'odioso orgoglio, ad un altro milione. Perfino l'invidia e la vanit, servivano l'industria. La loro follia favorita, la volubilit nel nutrirsi, nell'arredamento e nel vestire, questo vizio strano e ridicolo, era divenuta la ruota che faceva muovere il commercio. Le loro leggi e i loro abiti erano ugualmente soggetti a cambiamenti, perch ci che in un momento era ben fatto, dopo mezzo anno diventava un delitto. Ma mentre cambiavano cos le loro leggi, continuando a cercare e correggere difetti, con l'incostanza ponevano rimedio a manchevolezze che la prudenza non avrebbe potuto prevedere. Cos il vizio nutriva l'ingegnosit, che insieme con il tempo e con l'industria aveva portato le comodit della vita, i suoi reali piaceri, agi e conforti, ad una tale altezza, che i pi poveri vivevano meglio di come vivessero prima i ricchi; e nulla si sarebbe potuto aggiungere. 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38 40 42 44 46 48 50

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1-14. La virt aveva, dunque, stretto amicizia con il vizio (r. 12). Mandeville commenta cos questi versi: Si pu dire che la virt stringe amicizia con il vizio quando della gente buona e laboriosa, che mantiene la famiglia ed educa bene i figli, paga le tasse, ed in diversi modi utile alla societ, ricava la sua sussistenza da qualcosa che dipende in modo determinante o molto influenzato dai vizi di altri; senza con questo rendersi colpevole o complice di tali vizi se non per via di commercio, come un farmacista rispetto ad un avvelenamento, o un coltellinaio rispetto ad un assassinio. Cos, il mercante che invia grano o tessuti all'estero, per comprare vini e brandy, incoraggia il prodotto e le manifatture del suo paese; un benefattore della navigazione, accresce le entrate delle dogane, ed arreca molti benefici al pubblico. Tuttavia non si pu negare che il suo principale sostegno sono la dissipazione e l'ubriachezza: infatti, se nessuno bevesse pi vino di quello di cui ha bisogno o che la sua salute richiede, quella moltitudine di mercanti di vino, osti, bottai, ecc., che fa mostra di s in questa fiorente citt si troverebbe in miseria. Lo stesso pu dirsi non solo dei fabbricanti di carte e di dadi, che sono i servitori diretti di una legione di vizi, ma dei merciai, tappezzieri, sarti, e molti altri, che morirebbero di fame in sei mesi, se l'orgoglio e il lusso fossero d'un tratto banditi dalla nazione (B. de Mandeville, La favola delle api, cit., pp. 54-55). La logica conseguenza di questo ragionamento che anche il peggiore dell'intera moltitudine faceva qualcosa per il bene comune (rr. 13-14). Mandeville riconosce che ci potrebbe sembrare a molti un curioso paradosso, ma non ha dubbi sulla sua rispondenza alla realt. Che beneficio la societ pu ricevere dal ladri e dagli scassinatori? Essi, ammette Mandeville, danneggiano sicuramente il consorzio umano e i governi dovrebbero far qualcosa per estirparli e renderli innocui. Ma poi aggiunge: se tutti fossero completamente onesti e nessuno mettesse le mani o il naso nelle cose altrui, met dei fabbri della nazione si troverebbe senza lavoro; e sia in citt che in campagna possiamo vedere ovunque una quantit di manufatti (ora usati sia per ornamento che per difesa), che non sarebbero mai stati inventati, se non avessimo dovuto difenderci dai ladruncoli e dai rapinatori {Ivi. p. 55). Anche il furto contribuisce alla ricchezza e al progresso della nazione: se un avaro scrive Mandeville di cattivo carattere che ha una fortuna quasi di centomila sterline e ne spende solo cinquanta l'anno, pur non avendo parenti cui lasciare in eredit la sua ricchezza, viene derubato di cinquecento o mille ghinee, certo che non appena questo denaro comincia a circolare, la nazione si giover di questo furto, e ne trarr lo stesso beneficio reale che se un arcivescovo avesse lasciato la stessa somma al pubblico. Tuttavia la giustizia e la pace della societ richiedono che colui o coloro che hanno derubato l'avaro siano impiccati, anche se fossero una mezza dozzina (Ivi, p. 56). 15-18 L'ordine sociale non il risultato di un

calcolo razionale, ma del complesso gioco fra le contrastanti passioni individuali. Gli uomini non perseguono razionalmente i propri fini, ma, vivendo in societ secondo i propri bisogni, implicitamente si adeguano alle regole e alle convenzioni comunitarie. La societ, dunque, non vista da Mandeville come una realizzazione delle volont degli uomini: in ci egli, distaccandosi dai teorici del contrattualismo, inaugura una linea di pensiero che sar successivamente svolta da D. Hume, A. Smith e A. Ferguson (di quest'ultimo si veda il Saggio sulla storia della societ civile, Vallecchi, Firenze, 1973, pp. 127-202). Utilizzando un'immagine di A. Smith, possiamo affermare che nella societ c' una mano invisibile che, agendo all'insaputa degli individui, riconduce ad unit e armonia le contrastanti attivit, producendo progresso e benessere per l'ntera collettivit. Nella Teoria dei sentimenti morali (6a ed. del 1790) Smith, infatti, scrive che i ricchi, sebbene realizzino soltanto i propri scopi, tuttavia sono condotti da una mano invisibile a fare quasi la stessa distribuzione delle cose necessarie alla vita che sarebbe stata fatta se la terra fosse stata divisa in parti uguali fra tutti i suoi abitanti, e cos, senza volerlo, senza saperlo, fanno progredire l'interesse della societ, e offrono mezzi alla moltiplicazione della specie (A. Smith, Teoria dei sentimenti morali, Rizzoli, Milano, 1995, p. 376). 19-22. Nel commentare questi versi, Mandeville adduce l'esempio della prostituzione. Chi potrebbe immaginare egli scrive che le donne virtuose, senza saperlo, promuovano o avvantaggino le prostitute? Oppure (ci che sembra un paradosso ancora pi grande) che l'incontinenza aiuti a difendere la castit? E tuttavia non c' niente di pi vero. Un giovane vizioso, dopo aver passato un'ora o due in chiesa, a un ballo, o in un qualsiasi raduno in cui vi siano molte belle donne vestite nel modo pi attraente, avr l'immaginazione pi accesa che se avesse passato quel tempo votando al municipio, o camminando in campagna in mezzo al gregge di pecore. La conseguenza che cercher di soddisfare l'appetito che si risvegliato in lui; e se trova che le donne oneste sono rigide e inaccessibili, naturale pensare che si affretter a rivolgersi ad altre pi compiacenti. Chi avrebbe mai sospettato che questo per colpa delle donne virtuose? Esse non pensano davvero agli uomini quando si vestono, povere care, e cercano soltanto di apparire pulite e decenti, ciascuna secondo la sua condizione. Sono ben lungi dall'incoraggiare il vizio, e penso che sarebbe una grandissima fortuna per uno stato se il peccato della impurit potesse esserne del tutto bandito: ma temo che sia impossibile. Le passioni di alcuni sono troppo violente per essere piegate da una legge o da un comando; e in tutti i governi saggio sopportare inconvenienti minori, per evitarne maggiori, Se le cortigiane e le prostitute venissero perseguite con il rigore che vogliono alcuni sciocchi, quali sbarre o chiavistelli sarebbero in grado di salvare

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l'onore delle nostre mogli e figlie? Infatti, non soltanto le donne in generale sarebbero indotte in maggiori tentazioni e il tentativo di irretire l'innocenza delle vergini apparirebbe anche ai pi temperanti pi scusabile di ora; ma alcuni uomini diventerebbero violenti, e lo stupro diventerebbe un delitto comune. Dove, come spesso accade ad Amsterdam, sbarcano tutti insieme sei o settemila marinai, che per molti mesi non hanno visto altro che persone del loro sesso, come si pu pensare che le donne oneste potrebbero camminare per strada senza essere molestate, se non vi fossero sgualdrine disponibili a prezzi ragionevoli? Per questa ragione, i saggi governanti di una citt bene ordinata tollerano un certo numero di case in cui si possono pubblicamente prendere in affitto delle donne, come dei cavalli in una scuderia (Ivi, pp. 63-64). Su questo argomento Mandeville riconosce il suo debito nei confronti di P. Bayle (di cui v. Pensieri sulla cometa, Laterza, Roma-Bari, 1979, pp. 308310). 23-26. L'avarizia unanimemente considerata come la radice di ogni male perch tutti sono danneggiati dalla mancata circolazione del denaro. Chi ammassa ricchezze impedisce agli altri di accedervi. Mandeville, per, riconosce anche all'avarizia un ruolo positivo nella societ. L'avarizia egli scrive pur causando tanti mali, tuttavia necessaria alla societ, per raccogliere e ammassare ci che stato buttato e sparso dal vizio opposto. Se non fosse per l'avarizia, la prodigalit presto resterebbe senza risorse; e se nessuno guadagnasse e mettesse da parte pi in fretta di quanto spende, pochissimi potrebbero spendere pi in fretta di quanto guadagnano, Che sia schiava della prodigalit, come ho detto, provato dai tanti avari che vediamo ogni giorno penare e faticare, risparmiare e ridursi alla fame, per arricchire un erede sciupone. Sebbene questi due vizi sembrino opposti, essi spesso si aiutano l'un l'altro (Ivi, p. 66). La prodigalit, invece, definita nobile peccato perch identificata con quel vizio amabile e di buona natura che fa fumare i camini e sorridere tutti i mercanti (Ivi, p. 67). Mentre l'avaro dannoso per tutti, eccetto che per il proprio erede, il prodigo una benedizione per l'intera societ (Ivi, p. 67). 26-28. Circa il lusso, Mandeville nelle note a questi versi scrive: Se lusso (come a rigore dovrebbe essere) tutto ci che non immediatamente necessario alla sussistenza dell'uomo come creatura vivente, allora al mondo non si trova altro che lusso, perfino tra i selvaggi nudi; e anche di questi improbabile che ve ne sia ancora qualcuno che non abbia fatto dei progressi sul suo precedente modo di vivere, e che, nella preparazione dei cibi, nella costruzione delle capanne, o in altro modo, non abbia aggiunto qualcosa a ci che prima bastava. Tutti diranno che questa definizione troppo rigorosa, e anch'io lo credo: ma se ci scostiamo di un pollice dalla sua severit, temo che non sapremo dove fermarci. Quando la gente ci dice che desidera soltanto mantenersi fresca e pulita non

si capisce che cosa abbia in mente. Se usassero tali parole nel senso letterale e autentico, potrebbero essere presto accontentati, senza troppo costo o fatica, purch non manchino d'acqua. Ma questi due piccoli aggettivi sono di significato cos ampio, soprattutto nel linguaggio di certe signore, che nessuno potrebbe individuare fin dove si estendano. Anche le comodit della vita sono cos diverse e numerose che nessuno pu dire che cosa la gente intenda per esse, a meno di non sapere che genere di vita conduca. Riscontro la stessa oscurit nelle parole decenza e convenienza, e non potrei comprenderle se non conoscessi la condizione della persona che le usa. La gente pu andare in chiesa insieme, pu essere quanto si vuole della stessa opinione, ma io credo che, nella preghiera per il pane quotidiano, il vescovo includa diverse cose cui il sagrestano non pensa. (...) un'idea comune che il lusso sia rovinoso per la ricchezza dell'intero corpo politico, come lo per quella di ogni singola persona che se ne rende colpevole, e che la frugalit nazionale arricchisca un paese nello stesso modo in cui quella meno generale accresce la propriet delle famiglie private. Confesso che sebbene abbia visto uomini di intelligenza molto superiore alla mia sostenere tale opinione, non posso fare a meno di dissentire da loro a questo riguardo (Ivi, p. 71). Secondo il pensiero di Mandeville, il lusso e l'orgoglio sono i due pi grandi fattori di ricchezza della societ, in quanto alimentano il commercio e la circolazione del denaro. Neil'indossare vestiti d seta ben lavorata, anzich una stoffa rozza e ordinaria, le persone orgogliose e amanti del lusso, pur non intendendo perseguire altro che la soddisfazione delle proprie passioni, favoriscono tuttavia il bene pubblico, in quanto consentono lo sviluppo dell'industria dell'abbigliamento e danno lavoro a pi gente. C' di pi: nulla contribuisce a incrementare il commercio quanto l'orgoglio. Infatti, gli abiti, che in origine servivano per nascondere le nudit e difendere i corpi dalle intemperie, sono presto diventati, grazie al nostro sconfinato orgoglio, strumenti di ornamento della persona. Quale che sia la nostra opinione, sostiene Mandeville, il mondo ha da tempo deciso la questione: un bell'aspetto importante, le belle piume fanno belli gli uccelli, e la gente, se non conosciuta altrimenti, viene di solito onorata in base ai vestiti e ai suoi altri ornamenti (Ivi, p. 82). 29-42. L'invidia quella ignobile passione che provoca in noi sofferenza e dolore a causa di ci che consideriamo essere una felicit esclusiva degli altri. Essa deriva dall'amor di s, che costituisce la fonte primaria di ogni altra passione. Scrive a tal proposito Mandeville: come noi pensiamo tutto il bene di noi stessi, cos, con uguale ingiustizia, spesso pensiamo tutto il male del nostro prossimo; e quando veniamo a sapere che altri godono e godranno di ci che riteniamo non meritino, ci affliggiamo e ci adiriamo contro la causa di questa afflizione. In secondo luogo, che desideriamo sempre il nostro bene, ognuno secondo il suo giudizio e le sue inclinazioni, e

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quando vediamo qualcosa che ci piace e di cui siamo privi in possesso di altri, proviamo dolore per essere senza la cosa che ci piace. (...) L'invidia quindi un composto di dolore e di ira, e i gradi di questa passione dipendono soprattutto dalla vicinanza o dalla lontananza del suo oggetto, per quanto riguarda le sue condizioni. Se uno che costretto ad andare a piedi invidia un uomo importante che mantiene una carrozza e sei cavalli, non mai con molta violenza, e non prova la sofferenza che pu provare un uomo che, a sua volta, mantiene una carrozza, ma pu permettersi soltanto quattro cavalli. I sintomi dell'invidia sono numerosi e difficili da descrivere come quelli delia peste. A volte si presenta sotto una forma, altre volte sotto una del tutto diversa. La malattia molto frequente fra le belle (donne) e i segni di essa sono evidenti nelle opinioni e nelle critiche reciproche. Potete spesso trovare questa facolt, in alto grado, nelle donne giovani e belle. Spesso si odiano mortalmente a prima vista, senza altro principio che l'invidia; e potete leggere questo disprezzo, e questa avversione irragionevole nel loro modo di fare, se non hanno appreso molto bene l'arte di dissimulare. Nella moltitudine rozza e ineducata questa passione si presenta a viso aperto, soprattutto quando invidiano gli altri per i loro beni di fortuna. Insultano quelli che stanno meglio, mettono allo scoperto le loro colpe, e cercano di gettare cattiva luce anche sulle loro azioni pi lodevoli (...). Gli uomini di lettere che soffrono di questo disturbo manifestano sintomi del tutto diversi. Quando invidiano qualcuno per i suoi talenti e la sua erudizione, la loro prima preoccupazione di nascondere attentamente la loro debolezza, cosa che in genere cercano di fare negando e sminuendo le buone qualit che invidiano. Esaminano con attenzione le sue opere, e si dispiacciono per ogni bel passo che trovano in esse: cercano soltanto gli errori, e non si augurano piacere maggiore che trovare un grosso sbaglio. Nelle loro critiche sono capziosi e severi, fanno di una pietruzza una montagna, non perdonano neppure l'ombra di un errore, e ingrandiscono invece l'omissione pi insignificante in uno sbaglio madornale (Ivi, pp. 88-89). 43-47. Mandeville sostiene che, di fatto, gli uomini pongono al vertice delle loro preferenze i piaceri e gli agi della vita, anche se molto spesso lo negano in teoria. Nella storia, infatti, i saggi di ogni tempo (in particolare gli Stoici e i cristiani) hanno respinto recisamente l'idea che il sommo bene consistesse nel piacere sensuale; ma nella pratica tutti gli uomini perseguono prevalentemente tale fine. Mandeville in ci sembra aderire ad una teoria cara a P. Bayle che, ad esempio, scriveva: L'uomo, sia pure una creatura razionale quanto vi piace, ma certo che non agisce coerentemente con i suoi princpi (...). L'uomo conclude quasi sempre a favore dei propri desideri sregolati (Pensieri sulla cometa, cit., 136, pp. 254-255). Scrive Mandeville: Sarei pronto a glorificare la fortezza e il disprezzo delle ricchezze come Seneca, e scriverei in difesa della povert il doppio di quello

che lui ha scritto, per un decimo delle sue propriet. Potrei indicare la strada per il suo summum bonum con la stessa esattezza con cui so indicare la strada per casa mia; potrei dire alla gente che per liberarsi di tutti i vincoli mondani e purificare la mente, devono spogliarsi delle passioni, come si tolgono i mobili da una stanza che si vuole pulire a fondo (...). La mia teoria, riguardo a tutto questo, perfetta; ma la pratica molto difficile, e se venite a vuotarmi le tasche, mi togliete il cibo quando sono affamato, o anche soltanto accennate a sputarmi in faccia, non so dirvi quanto sar filosofico il mio comportamento (B. de Mandeville, La favola delle api, cit., p. 100). 47-49. Nel lusso Mandeville scorge un fattore di progresso dell'umanit che, grazie alla ragione e all'esperienza, ha migliorato enormemente le condizioni di vita. Dalle caverne, capanne, tuguri, tende e baracche con cui ha iniziato l'umanit, siamo giunti a case calde e ben costruite, e le abitazioni pi umili di una citt sono degli edifici regolari, progettate da persone versate nelle proporzioni e nell'architettura. Se gli antichi bretoni e galli uscissero dalle loro tombe, con quale stupore guarderebbero alle immense strutture ovunque edificate per i poveri! Se potessero vedere lo splendore del Chelsea College, del Greenwich Hospital (a Londra) o Des Invalides a Parigi, che li supera tutti, e la cura, l'abbondanza, il fasto e lo spreco con cui vengono trattate, in quei palazzi sontuosi, delle persone del tutto prive di mezzi, quelli che una volta furono i pi ricchi e pi potenti del paese avrebbero ragione di invidiare i pi poveri di oggi (Ivi, pp. 113-114).

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