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ISBN 88-7953-038-0
BERLUSCONI
“Milano è la città in cui un certo Berlusconi di 34 anni costruisce “Milano 2”, cioè mette su
un cantiere che costa 500 milioni al giorno. Chi glieli ha dati? Non si sa. Come è possibile
che un giovanotto di 34 anni come questo Berlusconi abbia un “jet” personale con cui
raggiunge nei Caraibi la sua barca che sarebbe poi una nave oceanografica? Noi saremmo
molto curiosi, molto interessati a sapere dal signor Berlusconi la storia della sua vita: ci
racconti come si fa a passare dall'ago al milione o dal milione ai cento miliardi”
Nell’autunno del 1993, mentre col collega Mario Guarino lavoravamo alla revisione e
all’aggiornamento del nostro libro Berlusconi. Inchiesta sul signor Tv, il Cavalier
Berlusconi divulgava una delle sue tante amenità attraverso le pagine dì uno dei suoi
compiacenti settimanali: “Fondare un nuovo partito? Ho sempre dichiarato il contrario e
questa è la ventesima volta che lo ripeto. Ma anche stavolta qualcuno farà finta di non aver
sentito” 1 .
Pochi mesi dopo, cioè nel gennaio 1994, mentre ultimavamo la nuova edizione del
nostro libro-inchiesta, previa sceneggiata “amaro calice” lo scaltro Cavaliere “scendeva in
campo” ufficialmente, alla guida del partito-setta FININVEST (detto, con fantasiosità da
spogliatoio calcistico, “Forza Italia”) e alleato coi neofascisti, con l’obiettivo di conquistare
il potere politico alle elezioni del successivo 27-28 marzo.
Rispetto alla travagliata prima edizione (marzo 1987), la nuova edizione di Berlusconi.
Inchiesta sul signor Tv, edita nel febbraio 1994, conteneva nuove e gravi notizie in merito ai
trascorsi berlusconiani e all'oscuro divenire del gruppo FININVEST 2 , e la sua pubblicazione
coincideva 3 con l'inizio di una importante campagna elettorale che vedeva l'imprenditore
craxiano candidato alla presidenza del Consiglio. Mentre il nostro libro-inchiesta si attestava
ai primi posti delle classifiche dei best seller librari, e mentre editori tedeschi, francesi,
spagnoli, scandinavi trattavano i diritti di edizione nei rispettivi
Paesi, aveva luogo una campagna elettorale nel corso della quale la grande stampa nazionale
si occupava diffusamente del “nuovo” candidato no 1 alla guida del Paese. Così, quotidiani e
settimanali informavano i propri lettori-elettori che il Cavaliere ama il risotto, detesta le mani
sudaticce, ha cinque zìe suore e adora la sua mamma, calza scarpe coi rialzo per avere più
statura, e cela le sue rughe in Tv con una calza di nylon posta sull’obiettivo, mentre la sua
fedele segretaria Marinella lo segue sempre dappresso con un beauty-case contenente make
up capace di tamponare le crudezze del vero sulla faccia finta del Magnetico Cavaliere;
oppure, gli si dedicavano intere pagine di forbite “analisi” e dotte dissertazioni sociologiche.
Una sceneggiata pseudo-informativa, rivelatrice dell'imminenza di un nuovo regime nel
nome e nel segno di un premier già affiliato a una setta massonica segreta sciolta a norma di
legge, riconosciuto colpevole di falsa testimonianza da un Tribunale della repubblica, già in
1
Cfr. "Epoca", 19 ottobre 1993. In realtà, la cupola FININVEST era da mesi "segretamente" mobilitata alla preparazione di 'Forza
Italia" e al lancio della candidatura a capo del governo del suo messianico leader, in previsione delle elezioni politiche anticipate
della primavera 1994.
2
Tra l'altro, si indicava nella Banca Rasini (partner di Berlusconi nelle sue prime avventure edilizie degli anni Sessanta-Settanta)
uno dei crocevia della "mafia dei colletti bianchi" radicata a Milano e dedita al riciclaggio dei capitali sporchi. Vi veniva
ricostruita l'ambigua genesi romana del gruppo Fininvest, all'ombra di due fiduciarie della Banca Nazionale del Lavoro controllata
dalla Loggia P2. Venivano rivelati i contatti dei due gemelli Dell’Utri con esponenti di Cosa Nostra, e di Marcello Dell’Utri col
boss Vittorio Mangano. Vi si narravano le scorribande berlusconiane in terra di Sardegna per il tramite del prestanome Romano
Comincioli, tra loschi affaristi, malavitosi e speculazioni edilizie. Veniva riportata la sequela di assegni a vuoto e cambiali
“protestate” a firma di Fedele Confalonieri nel periodo 74-79, e venivano evidenziate sospette “coincidenze” tra la Fininvest e il
corrotto giudice Diego Curtò. Soprattutto, veniva rivelato come le misteriose holding che detengono il capitale Fininvest non
siano 22, bensì almeno 38.
3
Una pura coincidenza, per l'appunto: nell'estate dei 1993, la piccola e coraggiosa Kaos Edizioni ci aveva proposto la riedizione
dei nostro libro-fantasma, aggiornato e ampliato, e a gennaio avevamo ultimato il lavoro.
affari col mandante di un tentato omicidio4 , legatissimo al supercorrotto Bettino Craxi, e
organico alla banda politico-affaristica Dc-Psi; nel nome e nel segno del capo di un gruppo
plurinquisito per corruzione e gravi reati fiscali, dall’oscuro passato azionario e finanziario, e
sul quale gruppo gravano concreti sospetti di collusione con Cosa Nostra.
La sera del 10 febbraio 1994, sono stato invitato alla trasmissione Tv dì Rai 3 “Il Rosso e il
Nero” per parlare del libro. Subito dopo il mio intervento, il soggetto della nostra inchiesta
ha fatto una concitata irruzione via telefono nello studio televisivo. Nel corso del suo
vaniloquio 5 , ha tra l’altro affermato di avere querelato il nostro libro: ciò è falso, poiché si è
limitato a intentare, nel 1987, una semplice azione civile per “risarcimento danni” (!) a
tutt’oggi ancora pendente presso il Tribunale di Roma; poi, nel tentativo di screditarmi
presso i telespettatori, ha sostenuto che sarei già stato “condannato dai Tribunali italiani”:
anche questa essendo una falsità, ho provveduto a citare il Cavaliere in Tribunale.
All’indomani della trasmissione di Rai 3, le reti del tycoon si sono precipitate a lavare
l’onta di lesa maestà. Dal Tg di “Italia 1”, l’avvocato Dotti ha svolto un’estemporanea
arringa in difesa del suo Sommo Cliente, definendo Inchiesta sul signor Tv “libro di ingiurie
e di calunnie e di diffamazioni nei confronti dei dottor Berlusconi”6 . La stessa sera, dal podio
dì casa Berlusconi “Radio Londra”, il maestoso trombone della Fininvest Giuliano Ferrara
(ex megafono della banda craxiana) non ha trovato di meglio che definirmi “diffamatore di
professione” (ne risponderà pure lui in Tribunale).
Che il Padreterno della Fininvest fosse destinato a diventare un “Intoccabile” del Potere,
l’avevamo compreso fin dal 1986, quando al solo annuncio della prossima pubblicazione del
nostro libro inchiesta venimmo fatti oggetto di pressioni, minacce, diffide.
Dapprima, il clan berlusconiano tentò di corromperci offrendoci denaro e altro in cambio dei
diritti del libro (che così non sarebbe mai stato pubblicato). La Fininvest diffidò poi tutta la
stampa italiana dallo scriverne, querelò a raffica interviste e articoli inerenti il libro (ma mai
il libro stesso, che infatti non è mai stato querelato), e mise in atto pressioni di vario tipo
sugli Editori Riuniti (editori della la edizione) affinché non venisse pubblicato. Così, la
nostra Inchiesta sul signor Tv venne edita dagli Editori Riuniti con sei mesi di ritardo sui
tempi previsti; e a dispetto dell’immediato successo, dopo due ristampe nell’arco di due
mesi, la casa editrice del Pci lo eliminò dal catalogo, e il libro risultò irreperibile.
Alcuni anni dopo, la vicenda del nostro libro è riemersa nell'ambito dell’inchiesta
“Mani pulite”. Il 9 settembre 1993, i quotidiani informavano che, in seguito alle
dichiarazioni dell'imprenditore librario Flavio Di Lenardo (secondo il quale vi sarebbe stato
un accordo tra la FININVEST e il Pci, avente tra l’altro per oggetto il nostro libro e un
contratto di Publitalia con l’URSS), “oggi su quel libro il Pm Tiziana Parenti vuole vederci
chiaro... Sta indagando sui presunti finanziamenti illeciti al Pci, ed è su questo che il Pm
vuole sentire come teste il “Signor tv” e Fedele Confalonieri... È probabile che Berlusconi
sarà sentito a metà ottobre” 7 .
4
Cioè il faccendiere sardo Flavio Carboni, condannato in primo grado quale mandante dell'attentato al vicedirettore del Banco
Ambrosiano Roberto Rosone
5
“Questo signore... vedo che sì fa anche la barba, e quindi la mattina si alza, fa la barba, si guarda nello specchio... è bell'e
rovinata la giornata ... ”: è uno degli "argomenti" che l'intrepido Cavaliere ha sviluppato per replicare al mio, intervento televisivo.
6
E perché mai, allora, l'onorevole avvocato Dotti non è stato incaricato dal suo onorevole dottor Berlusconi di sporgere quercia?
7
Cfr. "Corriere della Sera", 9 settembre 1993, sotto il titolo Berlusconi testimone nell'inchiesta sulle mazzette rosse (occhiello:
“"Confalonieri voleva bloccare un libro scomodo, offri denaro a un editore vicino al PCI". La Fininvest: è tutto falso”).
Non è dato sapere se il Pm Parenti abbia poi “sentito” il teste Berlusconi per le “mazzette
rosse” e i maneggi intorno al nostro libro; è invece certo che lo ha “sentito” per potere
diventare, quattro mesi dopo, deputata berlusconiana.
Negli Stati Uniti, sempre decantati (a proposito e a sproposito) quale compiuto esempio di
“democrazia avanzata”, i mass media esercitano il ruolo di “controllori” del potere politico.
Nell'ambito dì questa essenziale funzione, la stampa Usa “viviseziona” il Presidente e i suoi
ministri e collaboratori, sondandone il passato e vigilandone il presente, fin dal momento
della loro candidatura (l’accanimento è tale che sì arriva a frugarne perfino il letto...).
Dopo Berlusconi. Inchiesta sul signor Tv, e dopo l'avvento dei rappresentanti della
FININVEST (con contorno di neofascisti) ai vertici dello Stato, ho ritenuto doveroso, come
giornalista libero, proseguire e approfondire 1Inchiesta sui trascorsi del presidente del
Consiglio Berlusconi, non diversamente da come avrebbe fatto la stampa “anglosassone” nei
leggendari Stati Uniti. Consapevole come sono che né negli Usa, né in alcun'altra
democrazia occidentale, potrebbe mai accadere che un oscuro miliardario arrivi a insediarsi
al vertice del potere politico mediante il monopolistico controllo, diretto e indiretto, dei mass
media.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Denaro a Lugano, tangenti a Milano
***
1
Comando compagnia di Monza della Guardia di Finanza, rapporto dell'11-9-1971
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
fragorose rotte degli aerei che decollano dal vicino aeroporto di Linate - nessuno al
mondo costruirebbe abitazioni in un luogo simile.
Il giorno dopo, 26 settembre 1968, la società Edilnord Centri Residenziali sas di Lidia
Borsani & C. acquista dal conte Leonardo Bonzi, pagando la somma di oltre 3
miliardi di lire, l’area di 712.000 metri quadrati situata a Segrate, comprensiva delle
convenzioni edilizie col Comune per la costruzione di 2,5 milioni di metri cubi di
“opere di urbanizzazione primaria e secondaria” 3 .
2
Il piccolo istituto di credito (un solo sportello a Milano), già con Berlusconi nella precedente operazione immobiliare
di Brugherio, nel 1981 verrà indicato dalla Criminalpol come uno dei crocevia della “Mafia dei colletti bianchi”
radicata a Milano: pericolosi boss mafiosi dediti allo spaccio, all’usura, e al riciclaggio di denaro sporco, risulteranno
correntisti della Rasini. Cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, Berlusconi. Inchiesta sul signor Tv, Kaos Edizioni, Milano 1994,
pagg. 49-51.
3
“La transazione è preceduta da inquietanti retroscena: mentre i Bonzi erano in trattative con vari interlocutori
interessati, le "villette civetta" [che essi avevano costruito sull'area] erano state oggetto di atti vandalici accompagnati
da intimidazioni e minacce, sì che i Bonzi si erano affrettati a concludere l'affare con la Edilnord, lasciando cadere altre
offerte”; G, Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pag. 45.
4
Nel febbraio 1973 nascerà un'altra misteriosa “società svizzera” berlusconiana intestata a prestanome: la Italcantieri
srl, costituita dal praticante notaio Renato Pironi (in rappresentanza della Cofigen Sa di Lugano) e dalla "casalinga"
Elda Brovelli (in rappresentanza della Eti Ag Holding di Chiasso).
5
L’esclusiva cittadella su misura dei ceto medio verrà pubblicizzata con gli slogan “Milano 2: una città firmata”, e “I
bambini di Milano 2 sono più sani, più sicuri, più liberi, più allegri”. Più concretamente, anni dopo il pragmatico
Berlusconi dirà: “Per l'Edilnord ho disegnato perfino le fogne. Pensavo: se ho sbagliato, si sveglieranno tutti nella
merda”.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Il 12 maggio 1969, dopo il parere favorevole della Commissione edilizia, il sindaco
di Segrate - il socialista “autonomista” 6 Renato Turri - approva il nuovo piano di
lottizzazione dell'area ex Bonzi proposto dalla Edilnord; del resto, già dal precedente
30 aprile il sindaco Turri ha cominciato a firmare le prime licenze edilizie alla
Edilnord Centri Residenziali sas. Ma il 16 settembre 1969, la Giunta provinciale
amministrativa respinge la delibera del 12 maggio; il Consiglio comunale segratese,
revocando la delibera del sindaco, ripristina la convenzione originaria, e perdipiù
limitatamente alla sola parte dell'area in origine a destinazione residenziale (cioè
485.964 mq) - per la Edilnord e per i suoi piani speculativi è un grave smacco.
6
La corrente “autonomista” dei Psi milanese è capeggiata da Bettino Craxi, futuro segretario dei Psi e padrino politico
di Berlusconi.
7
Dichiarazione dell'arch. Mario Piazza, cit. in "L'Espresso", 16 settembre 1984.
8
La Direzione generale urbanistica dei Lavori Pubblici scrive tra l'altro: “In merito alla convenzione Conte Bonzi, si
osserva che tale insediamento comprometterebbe le possibilità di ampliamenti a livelli intercomunali del Parco Lambro
verso Vimodrone e Segrate e la possibilità di creare una vasta fascia continua a verde ed attrezzature”.
9
“Il Mondo”, 13 marzo 1975.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
(Dc-Psi, sindaco il democristiano Gianfranco Rosa, vicesindaco e assessore
all’Urbanistica l'ex sindaco Psi Renato Turri), e il 29 marzo 1972 “in una sola seduta
il Consiglio comunale di Segrate approva tutto: la nuova Convenzione [proposta dalla
Edilnord] e le necessarie varianti del Piano regolatore generale e del piano di
fabbricazione. Rimane sempre in sospeso la questione della Giunta provinciale
amministrativa [organo burocratico, NdA], che ha il potere di bloccare tutto e che già
in passato è stata poco favorevole. Niente paura: pochi giorni dopo, esattamente il lo
aprile 1972, la Giunta provinciale amministrativa cessa di avere competenza sulla
materia perché essa viene trasferita alla Commissione regionale di controllo [organo
politico, Nd,4], che in poche settimane approva ogni cosa senza modifiche e senza
inutili discussioni” 10 .
Nella sala del Consiglio comunale di Segrate sì parla di appartamenti in regalo
a socialisti e democristiani, e del regalo di una villa in Svizzera. Secondo Umberto
Dragone (all'epoca capogruppo del Psi nel Consiglio comunale di Milano), la
Edilnord paga alla Dc e al Psi milanesi tangenti tra il 5 e il 10 per cento
sull'ammontare dell'operazione Milano 2. “Vengono concesse alla Edilnord licenze
edilizie in cambio di sostanziose somme di denaro... Qualche appartamento arredato
[di Milano 2] pare sia stato dato gratis ad assessori e tecnici Dc e socialisti. E’ certo
che questo regalo lo ha avuto un tecnico del Psi che vive a Milano 2 con una
fotomodella 11 . “L'Edilnord ha ottenuto la revisione dell’originaria Convenzione
ereditata dal Bonzi, sottoscrivendo il 29 marzo 1972 una vantaggiosissima
Convenzione che legittima ogni sua mira speculativa: si è significativamente appena
iniziata la campagna elettorale per le politiche del maggio, e i gruppi politici dei vari
partiti appetiscono, più del solito, finanziamenti e sovvenzioni... [Nella società
Edilnord] vi sono gli interessi del Monte dei Paschi di Siena, serbatoio e feudo del
potente gruppo democristiano capeggiato da Andreotti, e di finanziamenti svizzeri
della Aktiengesellschaft für Immobilienlagen in Residenzzentren Ag, leggi Banca
Rasini... Berlusconi capeggia l'Edilnord sas” 12 .
Alcuni consiglieri comunali dell'opposizione, e lo stesso capogruppo Dc Filippo
Accinni, denunciano alla Procura della Repubblica il sindaco Rosa e il vicesindaco
Turri per “l’uso continuato di un Programma di Fabbricazione non conforme a quello
vigente, e di un Piano Regolatore generale non conforme a quello in itinere; rilascio
di licenze edilizie in contrasto col P.d.F. veramente vigente; formazione di delibere
consiliari con allegati e facenti parte integrante i citati strumenti urbanistici irregolari;
occultamento di atti pubblici”. Il capogruppo consiliare democristiano Filippo
Accinni rassegnerà le dimissioni dalla DC “in segno di polemica” per le corruttele 13 .
Scossa dal turbine di polemiche sintetizzate nell’esposto-denuncia dei consiglieri
comunali, la giunta Dc-Psi rassegnerà le dimissioni, e a partire dal maggio 1974
l'amministrazione comunale di Segrate verrà affidata a un commissario prefettizio.
10
“L’Espresso”, 16 settembre 1984,
11
“L’Espresso” , 10 aprile 1977
12
Denuncia presentata dall'avvocato Giuseppe Melzi alla Procura della Repubblica di Milano nel dicembre 1973.
13
Accinni dichiarerà “I profitti ricavati da transazioni come le convenzioni e le licenze edilizie erano una rilevante, se
non la primaria, fonte di finanziamento dei partiti politici. Questa corruzione politica ha permesso alle compagnie
immobiliari di muoversi liberamente”.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Con la truffaldina delibera della Giunta comunale segratese Dc-Psi del marzo 1972,
grazie alla quale “con un colpo di mano la nuova Giunta [ha portato l'area edificabile
della Edilnord] dagli iniziali 400.000 metri quadrati a 700.000” 14 , la speculazione
edilizia di Milano 2 può dispiegarsi secondo i piani di Berlusconi e dei suoi anonimi
finanziatori. La stessa Giunta esecutiva del Piano intercomunale milanese, che a suo
tempo aveva espresso parere negativo circa la lottizzazione della zona (ritenuta “di
importanza strategica dal punto di vista intercomunale”), l’8 giugno 1972 ratificherà
il fatto compiuto: “Non si può che tener conto dell'esistente, e garantirne il
completamento al miglior livello possibile” 15 .
Forte dei capitali che affluiscono dalla Svizzera, dietro lo schermo societario prima
della cugina e poi della zia-prestanome, protetto dal potere politico milanese (DC e
PSI), il palazzinaro Silvio Berlusconi appalta la costruzione materiale della “cittadella
satellite” ad alcune note imprese edili (le quali spesso subappaltano a loro volta i
lavori a piccole imprese e a cottimisti, ricorrendo anche al “lavoro nero”); colui che
diverrà celebre come “costruttore di città”, in realtà non costruisce nulla: compra aree
con capitali “svizzeri”, ottiene licenze, e dopo averne appaltata la realizzazione si
occupa della commercializzazione degli immobili.
E’ proprio con la vicenda di Milano 2 (che segue il Centro residenziale di
Brugherio 16 e precede Milano 3) che Berlusconi esprime per la prima volta il suo
vero, formidabile talento di “persuasivo interlocutore” del potere politico: non tanto e
non solo di sindaci e assessori locali, ma anche e soprattutto delle segreterie
provinciali dei partiti di governo - essenzialmente DC e PSI e le loro “correnti”
interne che si sostentano di tangenti ricavate principalmente dall’edilizia (licenze e
appalti). E sono ancora i “contatti eccellenti” col potere politico, anche attraverso il
sodalizio con un losco prete spretato, che consentiranno a Berlusconi di risolvere il
grave inconveniente che grava sulla sua ambiziosa speculazione segratese: le rotte
aeree dei velivoli che, decollando dal vicino aeroporto di Linate, transitano con
fragore sul cielo di Milano 2, e rischiano di comprometterne la commercializzazione.
14
“Il Mondo”, 13 marzo 1975
15
All'epoca, direttore dell'ufficio tecnico dei Pini è l'architetto "socialista" Silvano Larini, legatissimo a Bottino Craxi.
Sarà proprio Larini a organizzare il primo incontro fra Berlusconi e Craxi.
Nel 1993, dopo un lungo periodo di latitanza, Larini finirà in carcere nell’ambito dell'inchiesta giudiziaria "Mani
Pulite": confesserà di essere stato per lunghi anni il collettore di tangenti pagate da imprenditori e da lui consegnate
nell'ufficio milanese di Craxi.
16
Il Centro Edilnord di Brugherio era stato edificato da Berlusconi con forniti dalla Finanzierungesellschaft fur
Residenzen Ag di Lugano (legalmente rappresentata dall'avvocato svizzero Renzo Rezzonico).
Cosi come accadrà in occasione della speculazione di "Milano Y, anche l'edificazione dei Centro Edilnord di
Brugherio era stata accompagnata da abusi e polemiche: “[Edoardo Teruzzi, geometra] ha tirato su [a Berlusconi] le 18
torri di Brugherio, occupandosene prima da assessore [democristiano] all'Urbanistica, poi da capocantiere, facendo
filare a tempo di record i duecento muratori che nella fretta anziché fermarsi a costruire fino al quinto piano (come
stabiliva la licenza edilizia) sono saliti fino all'ottavo. Tre piani abusivi per ogni torre? "Abusivi... non esageriamo, è
stato un malinteso che si è risolto subito con una ammenda da 200 milioni e offrendo al Comune la costruzione gratuita
di un asilo" [dichiara Teruzzi, oggi attivista di "Forza Italia"]”; in P. Corrias, M. Gramellini, C. Maltese, 1994. Colpo
grosso, Baldini & Castoldi, Milano 1994, pag. 47.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
La convenzione stipulata nel 1963 dal conte Bonzi col Comune di Segrate era
comprensiva di un'area di 46.000 mq che il conte aveva venduto, nel 1966, a un
oscuro Centro assistenza ospedaliera Monte Tabor di don Luigi Maria Verzé; nel
luglio 1967, il compiacente sindaco segratese Turri aveva poi rilasciato a don Verzé
licenza edilizia per la costruzione sull'area di una clinica geriatrica privata (“Ospedale
San Raffaele”). La losca vicenda della clinica segratese e del suo spregiudicato
promotore don Verzé si salda subito con quella di Milano 2 e del suo spregiudicato (e
occulto) promotore Berlusconi, dando luogo a uno scandalo nello scandalo a colpi di
abusi, irregolarità, e soprattutto collusioni politiche.
Don Luigi Verzé (prete “interdetto” dalla Curia milanese il 26 agosto 1964 con “la
proibizione di esercitare il Sacro ministero”17 ) aveva potuto acquistare l'area del
conte Bonzi grazie a un finanziamento statale di 600 milioni ottenuto attraverso i suoi
stretti legami con alcuni leader della Dc romana 18 ; lo scaltro don Verzé intendeva
edificare la sua clinica privata attraverso ulteriori finanziamenti statali che gli
sarebbero pervenuti grazie agli stessi politici 19 . Berlusconi, per ovvie ragioni, vedeva
con estremo favore il sorgere di una clinica ospedaliera nei pressi di Milano 2; ma
soprattutto, all'ombra dell'iniziativa “cattolico-umanitaria” di un don Verzé cosi ben
introdotto nella Dc romana, sarebbe stato più facile per la Edilnord risolvere il grave
problema delle fragorose rotte aeree nel cielo della zona. Dunque, la Edilnord si
assume il compito di "costruire" la clinica del prete spretato (si occupa cioè di
appaltarne la costruzione alle imprese edili che edificheranno Milano 2).
La costruzione della clinica “Ospedale San Raffaele” è oscura fin dall'inizio:
“Non è stato possibile rilevare la data di inizio dei lavori”, scriverà in un rapporto la
17
Definito “prete-manager”, e descritto come “un prete atipico che viaggia su auto di lusso con radiotelefono, che non
veste abitualmente la tonaca e nemmeno clergyman, che si attornia di segretarie tanto efficienti quanto di gradevole
aspetto” ("Panorama", 14 maggio 1989), don Luigi Maria Verzé riuscirà a costruire un vero e proprio impero di cliniche
private proprio a partire dalla vicenda segratese del San Raffaele; ma la sua proverbiale spregiudicatezza lo porterà più
volte nelle aule dei tribunali.
18
I 600 milioni erogati a don Verzé dallo Stato erano parte di uno stanziamento di 2 miliardi e 136 milioni; il resto della
somma che gli era stata destinata dai potenti amici della Dc romana non aveva potuto essergli erogata perché la nuova
legge ospedaliera approvata nel 1968 subordinava i finanziamenti a requisiti che l'iniziativa privata di don Verzé non
possedeva.
I "requisiti" che la progettata clinica democristiana invece aveva, erano espressi in un apposito depliant pubblicitario:
“È innanzitutto l'ospedale per il medico, prima ancora che per l'ammalato... perché il medico possa realizzare se stesso
come maestro e professionista di un'arte sacra... Quanto all'ammalato, il San Raffaele lo accoglie e lo tratta come
un’entità bio-psico-spirituale che, ammalandosi, ha acquisito il diritto di un trattamento privilegiato e individuale... Per
entità bio-psico-spirituale si intende che nel San Raffaele incombe l'obbligo di riconoscere, in ogni momento,
l'ammalato come un tutto organico, composto di fisico, di valore psico-intellettuale e di anima praeternaturale, tutti
invisibilmente impegnati nella nuova situazione patologica... La lotta contro la malattia è un corpo a corpo tra uomo e
UOMO ... ”.
19
La certezza delle ingenti sovvenzioni pubbliche alla sua iniziativa era il necessario presupposto dell'intera operazione
- buona parte delle somme sarebbe poi finita nelle casse della "costruttrice" Edilnord.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Guardia di Finanza. Ma la cerimonia della “posa della prima pietra” avviene il 24
ottobre 1969 alla presenza del sindaco socialista di Milano Aldo Aniasi - è l’avvio di
una sequela di irregolarità, abusi, colpi di mano e manovre sotterranee, che la coppia
di affaristi Berlusconi-don Verzé attuerà nel segno di “sinergici” interessi speculativi.
Nel 1970, don Verzé muta il suo Centro di assistenza ospedaliera in “Fondazione
religiosa Centro San Romanello del Monte Tabor”, e nel consiglio di
amministrazione della Fondazione trovano posto politici e imprenditori legati alla Dc;
il 15 aprile 1971 il governo del Dc Emilio Colombo riconosce “la personalità
giuridica” della Fondazione, che dunque può essere ammessa a fruire degli
stanziamenti previsti dal Piano regionale ospedaliero. Ma l'assessore alla Sanità della
Regione Lombardia, il De Vittorio Rivolta, poiché il privatistico “ospedale” di don
Verzé è estraneo al piano ospedaliero lombardo, nega alla Fondazione i finanziamenti
del Fondo nazionale ospedaliero. Dopo pressioni, minacce, e tentata corruzione20 ,
l'intraprendente don Verzé e i suoi protettori politici romani trovano il modo di
aggirare l'ostacolo.
Il 25 luglio 1972, con apposito decreto, il ministro della Sanità (il Dc Athos
Valsecchi) e il ministro della Pubblica Istruzione (il Dc Oscar Luigi Scalfaro)
riconoscono alla rudimentale clinica privata di don Verzé l'attestato di “Istituto di
ricovero e cura a carattere scientifico”: ancorché platealmente truffaldino (verrà
definito “un atto di pirateria politica”, dal momento che il sedicente ospedale non è
neppure funzionante), il prestigiosissimo riconoscimento elargito dai due ministri Dc
consente allo spretato affarista democristiano di beneficiare di finanziamenti e
agevolazioni varie, e soprattutto sottrae la sua iniziativa "ospedaliera" alle
competenze della Regione. Nel ricorso subito inoltrato, la Regione Lombardia chiede
infatti l'annullamento del decreto ministeriale perché viziato da “eccesso di potere per
difetto di istruttoria, erronea valutazione della realtà, illogicità, sviamento”, e nega
che la clinica di don Verzé possa essere qualificata "Istituto a carattere scientifico": si
tratta di un espediente “strumentale rispetto al perseguimento di finalità diverse... 1
fini perseguiti [dall'iniziativa di don Verzé] sono completamente diversi da quelli
assunti a base del decreto di riconoscimento” 21 .
20
Le pressioni di don Verzé sull'assessore Rivolta sono di vario tipo. Dapprima burocratiche: “Fin dal 1969 erano stati
iniziati i lavori per la costruzione [della clinica],.. 1 lavori rimasero in seguito sospesi per la interruzione del
finanziamento che lo Stato aveva a suo tempo promesso e poi demandato alle scelte della Regione... La spesa prevista
ammonta a 980 milioni... Se il predetto lotto non verrà ora incluso nell'elenco degli Ospedali lombardi da rifinanziare
con la legge in itinere, il primo lotto, già pronto, del San Raffaele rimarrà una bella costruzione incompleta e sterile ai
fini ospedalieri” (lettera del settembre 1971); poi minacciose: “Poiché so, avendone le prove, che il nostro lavoro è
voluto da Dio, e che Dio non si lascia irridere, la consiglio, di non molestare oltre” (lettera dei novembre 1973). Né
manca la tentata corruzione - la promessa di una tangente del 5 per cento sull'erogazione - che porterà a un'intricata
vicenda giudiziaria in seguito alla quale don Verzé verrà condannato in primo grado appunto per tentata corruzione.
21
Scrive in una lettera all'Unità" l'assessore regionale alla Sanità Rivolta: “Se l'Ospedale San Raffaele ha dovuto
imboccare - purtroppo con successo, finora - la strada del riconoscimento interministeriale di "Istituto scientifico" è solo
perché ha trovato la strada normale (la strada cioè della classificazione e dei riconoscimento come Ente ospedaliero)
ripetutamente sbarrata dalla volontà dell'assessorato alla Sanità di non pregiudicare con decisioni settoriali e con
suggestioni privatistiche la definizione del piano ospedaliero lombardo... [Cosi] i promotori dell'iniziativa hanno
creduto opportuno aggirare l'ostacolo ricorrendo a Roma”.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
intanto, dopo che in precedenza la Commissione edilizia segratese aveva respinto JI
progetto per l'edificazione di un secondo lotto ospedaliero perché privo di benestare
del medico provinciale e dei Vigili del Fuoco, nello stesso luglio 1972 la clinica si
vede negata l'agibilità perché “il sistema degli scarichi delle acque non è conforme
alle disposizioni del Consorzio di vigilanza igienica, ed è priva di camera mortuaria”.
Il 14 giugno 1973, il rettore dell’Università Statale di Milano, il democristiano
Giuseppe Schiavinato, sottoscrive una truffaldina convenzione tra la Facoltà di
Medicina e il sedicente “Ospedale San Raffaele” - un nuovo, proditorio atto di
“pirateria politica” tutto interno alla Dc e mosso da interessi economico-clientelari.
“L'obiettivo manifesto del Verzé è di procedere alla costruzione di altri due mostruosi
immobili per una volumetria [equivalente a] più dei doppio di quella prevista dai
piani urbanistici locali... Lo strumentale aggancio all'Università, aggiunto all'abnorme
riconoscimento ministeriale di "Istituto scientifico", potranno ulteriormente sottrarre
la Fondazione e la sua struttura edilizia in territorio milanese ai controlli regionali e a
qualunque altro controllo imposto dalla legge. A questo preciso scopo concordato, il
Rettore Schiavinato [firmando la convenzione ha offerto [a don Verzé], a fondo
perduto, finanziamenti, strumenti, strutture, docenti e personale, prostituendo le
esigenze didattiche degli studenti alla speculazione dei gruppi clericali amici” 22 .
Il 21 settembre 1973, un'ordinanza dei sindaco di Segrate interrompe la costruzione
del secondo lotto della clinica perché platealmente abusivo: “Nell’ordinanza, dopo
aver considerato che la Fondazione dell'ospedale “ha presentato un progetto di
costruzione di ampliamento del secondo lotto dell'ospedale medesimo e che lo stesso
non è risultato, all'esame della Commissione edilizia comunale, meritevole di
approvazione”, si ingiunge la “sospensione immediata dei lavori edili abusivamente
intrapresi”. Circa il motivo per il quale è stata avviata la costruzione del secondo
lotto dell'ospedale senza l'autorizzazione prevista, don Verze’ afferma che “secondo
accordi verbali presi con le autorità di Segrate, e di cui possiamo fornire
testimonianze, ci fu detto di iniziare pure i lavori e che la autorizzazione sarebbe
giunta in un secondo tempo”” 23 . Nell'occasione, l'ineffabile prete “sospeso” dichiara
22
Denuncia alla Procura della Repubblica inoltrata da un gruppo di studenti della Facoltà di Medicina (14 ottobre
1973), In un comunicato-stampa, gli studenti precisavano: “La convenzione dell'Università Statale con il San Raffaele è
praticamente nulla sia in base alla legge ospedaliera che afferma che l'Università può assumere rapporti solo con enti
ospedalieri o comunque con enti pubblici, sia perché anche qualora il San Raffaele si configurasse come ente pubblico
avrebbe trasgredito il Piano regolatore regionale che ne vietava la costruzione stessa; esso è quindi un edificio abusivo.
Inoltre la convenzione è in contrasto con lo schema legislativo di convenzione in quanto lascia all’Università tutti gli
oneri e gli aggravi finanziari e al San Raffaele solo le “ buone intenzioni “ e i benefici economici. Ciò stabilito possia-
mo oltretutto rilevare che il San Raffaele contravviene alle condizioni previste per un ospedale dalla legge del
12-2-1968 mancando dei più elementari servizi: pronto soccorso, camera mortuaria, rete fognaria adeguata, personale
competente”.
23
"Corriere della Sera", 27 settembre 1973. A riprova degli strettissimi legami di don Verzé con i boss della Dc romana,
in data 8 febbraio 1974 il ministro della Sanità Luigi Gui (futuro protagonista dello scandalo Lockheed) scrive al
Comune di Segrate una subdola lettera che, riferendosi all'ordinanza, precisava: “Senza minimamente voler sindacare le
ragioni che sono alla base dell'ordinanza [di sospensione dei lavori di ampliamento del San Raffaele], questo Ministero
- cui, come è noto, è demandata la vigilanza sugli Istituti di cura a carattere scientifico - rappresenta a codesto Comune
il contributo di considerevole rilevanza sociale che, nell'ambito dell'assistenza ospedaliera, la Fondazione Centro San
Rornanello dei Monte Tabor apporta alla comunità, nonché il notevole interesse che l'Istituto riveste per l'impulso
dell'attività scientifica e per lo sviluppo del settore didattico-universitario”.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
alla stampa: “Non siamo lo specchietto delle allodole, come qualcuno vuol vederci, di
una grossa società immobiliare [cioè l'Edilnord, N.d.A.]. Siamo solo un ospedale che
vuole portare a termine il suo programma per funzionare sempre meglio”.
Nella seconda metà degli anni Sessanta, l'aeroporto milanese di Linate aveva
registrato un forte incremento del traffico aereo: se nel 1961 dall'aerostazione
decollavano 35 aerei al giorno, nel 1967 i decolli erano già 63 (dei quali 33 di jet), e
due anni dopo erano saliti a 75 (con 65 jet) 24 . 1 potenti e fragorosi aviogetti
decollavano lungo l'asse Sud-Nord, e l'incremento dei decolli aveva determinato un
progressivo aumento dell'inquinamento acustico a danno dei circa 10.000 residenti
nella fascia orientale del Comune di Segrate e degli abitanti dei comuni limitrofi.
Il 24 luglio 1969, la Direzione generale dell'Aviazione Civile (Civilavia) aveva
emanato una prima direttiva di regolamentazione dei corridoi di decollo da Linate;
con la sigla “Notam” 25 e il numero d'ordine “AIII/69”, la disposizione stabiliva che
subito dopo il decollo gli aerei procedessero dritti lungo la rotta Sud-Nord, per poi
virare a un'altezza di 3.600-5.000 metri (a seconda del tipo di aeromobile) dal punto
di stacco: in tal modo, i jet evitavano gli abitati di Segrate, San Felice, Vimodrone,
Cologno e Brughiero, e sorvolavano la disabitata zona verde del conte Bonzi posta
oltre il confine orientale del Comune di Segrate.
L'area Bonzi sorvolata dal luglio 1969 è da qualche mese di proprietà della Edilnord
Centri Residenziali che intende costruirvi una cittadella. Secondo la Convenzione di
Chicago sulla Aviazione civile (che tra l'altro definisce le “servitù aeroportuali”), tale
area - posta proprio sull'asse della pista n° 36 di Linate, e a pochi chilometri
dall'aerostazione - dovrebbe essere considerata “inabitabile” e destinata a “zona
verde”; anche per questa ragione, nel 1967 il Piano Intercomunale Milanese si era
chiaramente pronunciato contro la lottizzazione urbanistica dell’area Bonzi 26 .
Ma Berlusconi sembra ritenere la grave questione un problema ininfluente, e alla fine
del 1970 l’edificazione di Milano 2 procede spedita sotto il costante fragore dei jet
che sorvolano l’area ridicolizzando lo slogan commerciale di Milano 2 “un'oasi di
pace ai confini della città”. In realtà, è già operante il sodalizio Edilnord don Verzé,
attraverso il quale, al più presto, si potrà “ripulire” il cielo della zona dal micidiale
inquinamento acustico: in quale Paese al mondo sarebbero ammessi decolli aerei a
ridosso di un ospedale?
24
All'epoca, Linate disponeva di una sola pista, la n° 36, la cui testata Sud era abilitata all'atterraggio strumentale - era
l’unica disponibile per il traffico dei jet.
25
Da "Notice Io Air Men" ("Avviso agli aeronaviganti").
26
In un esposto alla Pretura di Monza, il Comitato antirumore
“L'esistenza delle servitù aeronautiche, rese operanti con ordine del generale comandante della 1 Regione Aerea in data
12 aprile 1962 e ribadite dalla Legge n° 58 del 4-2-1963, dimostra chiaramente che gli aerei hanno a disposizione per il
decollo e l'atterraggio una fascia di territorio di lunghezza complessiva di 20 km giacente sull'asse della pista
dell'aeroporto Milano-Linate”, fascia relativa a tutta l'area Bonzi-Edilnord e oltre.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Milano 2 conta circa 200 abitanti, quando, il 24 giugno 1971, il duo Berlusconi-don
Verzé inoltra al ministero dei Trasporti una petizione: primi firmatari lo stesso don
Luigi Verzé e Maria Bossi vedova Borsani (zia di Berlusconi e sua prestanome nella
Edilnord), la petizione sollecita “immediati provvedimenti” per salvaguardare la
quiete dei “cittadini” 27 di Milano 2, e dei “degenti” dell'Ospedale San Raffaele “che
inizierà la sua attività nel luglio 1971 e che nel prossimo futuro raggiungerà la
potenzialità di 600 letti”.
Con inopinata e sospetta tempestività, la direzione di Civilavia asseconda le
“futuribili” esigenze del potente binomio Edilnord San Raffaele: il 15 dicembre 1971,
emanai “Notam A267/71” (che entrerà in vigore il successivo 15 gennaio):
“l’Avviso” dispone un dirottamento del corridoio di uscita da Linate, allontanandolo
“di circa 700 metri dal limite orientale della zona interessata (“San Romanello”)” 28 .
Coi nuovo “Notam”, la rotta diretta a Nord evita le zone di proprietà della Edilnord
con le sue poche centinaia di residenti, ma determina un aggravio dell'inquinamento,
acustico ai danni delle decine di migliaia di abitanti dei comuni di Segrate,
Vímodrone, Cologno e Brughiero.
Disposto quale semplice “aggiustamento tecnico”, il repentino dirottamento
conseguito dal duo Berlusconi-don Verzé suscita la protesta dei piloti associati
all’ANPAC (il maggiore sindacato autonomo di categoria) e della direzione
dell’ALITALIA: le nuove procedure di decollo, infatti, comportano una drastica
diminuzione dell'altitudine di virata dal punto di stacco dal suolo, con conseguente
riduzione dei margini di sicurezza. Civilavia deve quindi rivedere le disposizioni, e il
30 marzo 1972, col “Notam A107/72”, recepisce le obiezioni dei piloti e della
compagnia di bandiera nazionale.
Solo un mese dopo, al fine di “stabilizzare” in via definitiva la delicata questione
delle rotte da Linate, Civílavia, con il “Notam A128/72” (in vigore dal 25 maggio),
allontana ulteriormente il corridoio di decollo dall'area Milano 2-Ospedale San
Raffaele stabilendo che gli aerei seguano una rotta di 010° in direzione Est fino
all'attitudine di 2.000 piedi (poco più di 600 metri).
Ma la nuova disposizione “ispirata” da Berlusconi-don Verzé danneggia gravemente
la tranquillità acustica degli abitanti di Segrate, e nel comune, a giugno, si forma il
Comitato antirumore segratese (Cas). Il Cas promuove una petizione popolare,
raccogliendo oltre 3.000 firme in calce a una serie di richieste, prima fra tutte il
ripristino delle rotte in vigore fino al 1971. Il successivo 15 settembre 1972, una
rappresentanza del Consiglio comunale di Segrate si reca a Roma, presso la direzione
di Civilavia, e ottiene una sensibile modifica della quota di virata, ratificata dal nuovo
27
La petizíone-istanza, che ha la tipica impronta berlusconiana, arriva tra l'altro a dare per acquisiti elementi allo stato
inesistenti: “Il quartiere residenziale Milano 2 ospiterà, entro un anno, circa 500 famiglie, con la presenza quindi di
circa 2.000 persone con una notevole percentuale di bambini...” - Berlusconi non si perita di invocare, per salvaguardare
i propri affari speculativi, la Famiglia, e i Fanciulli...
28
In Sentenza dei Pretore di Monza, 30 marzo 1974, che precisa: “t necessario chiarire che il "San Romanello" [ ... ]
non è che l'ospedale "San Raffaele", e che la ,,zona interessata" è quella dove sorsero detto ospedale, prima, e "Milano
2" poi”.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
“Notam A282/72” del 26 settembre 1972 29 ; nel cielo di Segrate e dei comuni della
fascia settentrionale torna la quiete, ma la berlusconiana Edilnord prepara la reazione.
Il 13 settembre 1972, gli sparuti abitanti di Milano 2 vengono allertati con un
manifesto-appello da adunata: “A tutti gli abitanti di “Milano 2” - L'Edilnord, nel
reciproco interesse, chiede "una mano" per risolvere alcuni dei problemi che
intralciano “il cammino” di Milano 2. Il problema più attuale è quello del passaggio
degli aerei sopra il nostro quartiere. A Segrate si è da tempo costituito un "Comitato
Antirumore" [ ... ]. Dobbiamo a nostra volta formare un Comitato Antirumore per
sostenere che detti aerei debbano seguire una rotta leggermente spostata (8°) ad Est,
come è avvenuto per un certo periodo [ ... ]”. A ottobre, prende forma il nuovo
strumento di pressione berlusconiano: coi pomposo appellativo di “Comitato
intercomunale antirumore” (CIA), animato e guidato da un ambiguo personaggio
come Marcello Di Tondo 30 il berlusconiano CIA riesce a formare un gruppo di
pressione che vede momentaneamente alleati otto comuni dell'hinterland
settentrionale (Brughiero, Vimodrone, Cernusco sul Naviglio, Cologno Monzese,
Cassina de'Pecchi, Carugate, Bussero e Pessano con Bornago) - una lobby
eterodiretta il cui reale obiettivo è la salvaguardia della multimiliardaria speculazione
edilizia della “svizzera” Edilnord.
A Roma, il berlusconiano CIA ha un esplicito santo in paradiso nella persona del
deputato Dc Egidio Carenini (futuro “fratello” di Berlusconi nella Loggia P2, e
intimo amico del Venerabile maestro Licio Gelli). E a Roma, il 13 marzo 1973, la
direzione di Civilavia convoca un vertice dedicato alla questione delle rotte da
Linate: vi prendono parte l'on. Carenini, esponenti del Cia, i direttori dei quattro
ospedali dei comuni settentrionali, funzionari del ministero della Difesa responsabili
dei controllo aereo, dirigenti dell’Alitalia, e don Luigi Verzé in persona 31 . Secondo
un esponente del Comitato antirumore segratese, nel corso di tale riunione vengono
utilizzate carte topografiche per Segrate e Pioltello risalenti al 1848, per Milano 2
29
Nell'occasione, Civilavia procede ancora per approssimazione, e il nuovo "Notam" dovrà essere ulteriormente
modificato meno di due settimane dopo la sua entrata in vigore: il 22 ottobre 1972verrà emanato il "Notam A314/72",
che sposterà la quota di virata da 2.000 a 3.000 piedi per evitare la possibile rotta di collisione con gli aerei in "rnancato
avvicinamento" all'aeroporto bergamasco di Orio al Serio.
30
il profilo di Marcello Di Tondo verrà cosi ricostruito in un documento prodotto agli atti processuali: “Democristiano,
[-] apparteneva alla corrente di Forze Nuove [il cui leader è il futuro "referente berlusconiano" Carlo Donat-Cattin,
Nd,41 [ ... ]. Prova una forte, e pubblicamente espressa, stima nei confronti di Silvio Berlusconi, del quale ammira il
fiore all'occhiello Milano 2, e in uno dei migliori appartamenti di Milano 2 Di Tondo ha avuto il privilegio di
risiedere[...]. Alla fine degli anni Sessanta, Di Tondo si era stabilito in un appartamento di quattro stanze nel centro
residenziale di Brughiero [realizzato da Berluscon4 Nd,41. Si fece presto conoscere a Brughiero, e venne eletto
consigliere comunale. Nell'estate del 1972 [ ... ], Di Tondo aveva lasciato Brughiero (e da allora il suo appartamento è
rimasto sfitto) e si era trasferito a Milano 2 [ ... ]. Avvalendosi delle conoscenze sviluppate a Brughiero (per anni, tutti
hanno continuato credere che Di Tondo risiedesse a Brughiero; ancora oggi [19741 il suo indirizzo di Milano 2 non
compare sull'elenco telefonico, e lui stesso dà sempre l'indirizzo del suo luogo di lavoro), Di Tondo costituì il Comitato
intercomunale antirumore ... ”. Proprio per queste sue caratteristiche, Di Tondo verrà ribattezzato 'Tassassero al seguito
(di Berlusconi)".
31
Fra le varie stranezze della losca vicenda, vi è il fatto che ai piloti dell’ALITALIA era stata consegnata una mappa
aerea della zona circostante Linate (datata 25-5-1972), con tutta la zona di Milano 2 contrassegnata dal simbolo "H"
(ospedale): l’espediente era teso a indurre i piloti a evitare tutta l'area di proprietà della Edilnord (e non il solo Ospedale
San Raffaele).
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
(edificata solo al 25 per cento) complete come se la cittadella fosse già stata ultimata.
I risultati del vertice romano si concretizzano il successivo 30 agosto, quando
Civilavia emette il “Notam A235/73” (che entra in vigore il 15 settembre, previa
parziale modifica il 7 settembre): la nuova rotta di decollo ha la prioritaria cura di
evitare l'area di Berlusconi-don Verzé, e stabilisce una direttrice lungo la “radiale
244”, che passa dritta sopra il municipio di Segrate aggravando cosi l'inquinamento
acustico anche nel cielo di Pioltello, Limito e San Felice.
Per la berlusconiana Edilnord è una vittoria sul campo, celebrata da un volantino
diffuso dalla cosiddetta “Associazione dei residenti di Milano 2”: “[ ... ] I risultati
della lunga e difficile azione sono facilmente constatabili, e vanno a premiare gli
sforzi di chi ha creduto ed aiutato l'impegno civile dei Comuni e delle Ammini-
strazioni Ospedaliere che si sono battuti per raggiungere gli attuali risultati” 32 . Ma la
vittoria berlusconiana è a scapito anzitutto degli otto comuni settentrionali che pure si
erano “alleati” al Cia: in seguito al “Notam A235/73”, essi accusano la
Edilnord-Milano 2 di strumentalizzazione per interessi di parte. Penalizzati dal nuovo
provvedimento sono anche i piloti aerei, i quali esprimono la loro ostilità alle nuove
direttive di decollo (quelli dell'Alitalia segnalano la pericolosità della virata "a
coltello" necessaria per rispettare la “radiale 244”, mentre quelli dell'Air France e
della Klin affermano trattarsi di una rotta praticabile solo per decolli a vuoto, con
aeromobili di piccola stazza, e in condizioni metereologiche pressoché perfette). La
vicenda assume sempre più i connotati dello scandalo - la stampa locale scrive di
““Dirottamenti” aerei coi sistema della mafia” 33 .
IL 2 agosto 1973, l'avvocato Raffaele Della Valle inoltra alla Pretura di Monza un
esposto con il quale, premesse alcune considerazioni di ordine generale sulla “politica
urbanistica quantomeno imprevidente” che ha consentito insediamenti come quello di
Milano 2 in zone originariamente comprese nel piano di volo “degli aerei in partenza
da Linate”, denuncia “un vero e proprio bombardamento del frastuono dei jet, dalle
primissime ore dei mattino a notte inoltrata, nel territorio del Comune di Brughiero”,
e chiede al Pretore di procedere “giudizialmente a carico dei responsabili per il reato
previsto e punito dall'art. 659 Cp.” 34 .
Nell'ottobre 1973, il Comitato antirumore segratese inoltra un esposto alla
magistratura in merito al dirottamento dei voli in partenza da Linate, e sollecita
un'inchiesta relativa agli “strumenti urbanistici predisposti negli ultimi anni dal
Comune di Segrate, con specifico riferimento all'insediamento chiamato "Milano 2",
e circa le autorizzazioni concesse perfino per la costruzione di un "Istituto di ricovero
e cura" San Raffaele [benché la zona fosse gravata da servitù aeree]”. Una mozione
32
Cit. in "L'Eco del Sud Milano", 2 ottobre 1973.
33
Cfr.”Lambrosiano”,13-20 dicembre 1974, che ricostruisce la cronologia, e denuncia le responsabilità politiche, della
vicenda.
34
L'avvocato Della Valle, nell'occasione, rilascia anche sferzanti dichiarazioni alla stampa: tra l'altro, denuncia A grave
nocumento [ricevuto da un assai rilevante numero di cittadini] ad esclusivo vantaggio di ben noti complessi immobiliari
nel frattempo sorti e non si sa bene quanto legittimamente” (cfr. 'T Giorno", 5 dicembre 1973).
Vent'anni dopo, l'avvocato Della Valle verrà ingaggiato dal partito-Fininvest, alla corte dell'artefice del “ben noto
complesso immobiliare sorto non si sa bene quanto legittimamente”,
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
assembleare firmata dal Comitato segratese (e approvata all'unanimità dalla
cittadinanza), chiede “che il ministro della Pubblica Istruzione e quello della Sanità
revochino congiuntamente la qualifica di “Istituto a carattere scientifico” accordata al
sedicente Ospedale San Raffaele... E’ infatti noto a tutti i Segratesi che il suddetto
Istituto, sorto in aperto contrasto con la programmazione ospedaliera regionale, non
svolge né attività ospedaliera né attività di ricerca scientifica, ma esercita una mera
attività di ricovero di mutuati e solventi [come] una casa di cura privata... Altrettanto
nota a tutti è la funzione di specchietto per le allodole" che tale Istituto ha giocato
nella questione del cambiamento delle rotte degli aerei... L'assemblea dei cittadini di
Segrate invita pressantemente la Procura della Repubblica di Milano a dare corso alle
indagini necessarie per accertare quali reati siano stati commessi in tutti i fatti
connessi con l'insediamento del quartiere "Milano 2" e con i cambiamenti delle rotte.
Questo, al fine di impedire che gli abitanti di Segrate siano vittime di un incredibile
sopruso destinato a far arricchire squallidi personaggi dalla smodata vocazione
speculativa”.
Ma la Edilnord prosegue il suo incessante lavoro manipolatorio. Verso la fine del
1973, viene fatto circolare un,ponderoso “studio scientifico” sul problema delle rotte:
attribuito al prestigioso Politecnico di Milano, “l’inparziale" studio indica nell'ultimo
“Notam” del 1973 la “soluzione ottimale” dell’inquinamento acustico a Segrate -
soluzione che, manco a dirlo, è quella vagheggiata dalla berlusconiana “immobiliare
svizzera” Edilnord. L'inganno durerà solo qualche mese: la presidenza del Politecnico
scoprirà che lo studio era stato commissionato dalla stessa Edilnord, con “incarico
privato”, a un gruppo di docenti dell'Istituto capeggiati dall'ing. Giovanni Da Rios - i
docenti coinvolti nella truffaldina iniziativa si vedranno costretti, per evitare
l'espulsione dall'Istituto, a pubbliche scuse e a eliminare dallo studio pro-Edilnord
ogni riferimento al Politecnico.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Il silenzio è d’oro
Le vicende che a partire dal 1968 e fino a metà anni Settanta accompagnano il
sorgere della "città satellite" Milano 2 danno luogo al più grave scandalo urbanistico
che si sia mai verificato nell'hinterland milanese. L'operato di una strana società
edilizia come la Edilnord (anonimi capitali svizzeri, un enorme potere finanziario, e il
vero promotore, tale Silvio Berlusconi nascosto da prestanome) finisce sulle pagine
locali dei quotidiani milanesi insieme alle scorrerie di don Luigi Verzé, approdando
poi nelle aule dei tribunali.
I mille volti della speculazione edilizia: a Segrate, 50. 000 persone ci rimettono la
salute con lo spostamento dei corridoi aerei, titola "il manifesto" nell'agosto 1973:
“La Edilnord è riuscita a mobilitare gli abitanti dei paesi limitrofi a "Milano 2" ed è
andata a Roma alla testa di un finto "Comitato intercomunale antirumore" a contrat-
tare le rotte aeree... Il terreno [dove sorge "Milano 2] è stato acquistato per un tozzo
di pane, e gli appartamenti vengono venduti [dalla Edilnord] a prezzi astronomici ...
”.Per portare avanti la speculazione che si chiama Milano 2", prima rendono sordi i
Segratesi con i jet, ora li vogliono appestare con un immondezzaio: “Ci sono dentro
tutti, la Regione, i democristiani e anche i socialisti... Ma la più sporca di tutte l'ha
fatta il Vaticano che, con l'aiuto economico delle banche svizzere, ha appoggiato
l'operazione "Milano 2" con l'insediamento nella zona dell'Ospedale San Raffaele
[...]. Intorno al villaggio di lusso "Milano 2" si sta "purificando" tutto, per garantire
che nulla turbi il pacifico insediamento dei "cittadini di prima classe". C'è ad esempio
una questione di fognatura: da oltre vent'anni nella zona adiacente quella che avrebbe
ospitato “Milano 2” c'è il deposito di immondizie dell’Amministrazione nettezza
urbana. E’ evidente che questo deposito verrà spostato d'autorità, su questo non ci
sono dubbi. Quel che invece resta da discutere è “dove” lo si deve trasferire, visto che
la zona è ormai tutta abitata ... ” 35 .
Il settimanale “Il Mondo” del 4 ottobre 1973, sotto il titolo Le rotte di cemento,
scrive: “In un Paese come l'Italia, distribuendo qualche bustarella è possibile riuscire
a spostare le rotte aeree [dallo scalo di Linate Appurarlo non è certo facile, perché i
protagonisti di tali vicende amano la discrezione [...]. Un'inchiesta del Pretore di
Monza ha preso le mosse [dai rumori delle rotte] ma si è presto estesa al tema-tabù
delle licenze edilizie e della speculazione sulle aree fabbricabili... Per ora al centro
delle indagini [c’è] “Milano 2”, un complesso residenziale ultramoderno costruito
alla periferia della città dalla società Edilnord, ufficialmente controllata da una
35
Le roventi denunce del “Manifesto” erano firmate da Tiziana Maiolo, la quale in quegli anni indossava il tailleur
comunista allora di gran moda , dopo successive peregrinazioni partitiche segnate da un maniacale furore arrivistico e
da una divorante ambizione, la mania di potere della “pannellata” Maiolo troverà nuovo lenimento, vent’anni dopo,
proprio al servizio dello <speculatore> Berlusconi.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
finanziaria svizzera [...]. Nel dopoguerra, spiegano gli urbanisti, per ottenere
dall'amministrazione comunale le licenze edilizie era necessario ungere le casse dei
partiti... Negli anni Sessanta, per ottenere le licenze i costruttori dovevano versare
una tangente nelle casse dei partiti che controllavano la Giunta […]. Nelle immediate
vicinanze dell'aeroporto di Linate sta nascendo (Milano 2), una piccola città di 9 mila
abitanti che sarà ultimata nel 1975... Dei 2.500 appartamenti previsti, finora ne sono
stati costruiti circa un terzo, e ne sono stati venduti circa 600; l'operazione, quindi, è
in una fase estremamente delicata. Secondo il "Comitato antirumore" di Segrate, la
Edilnord sarebbe riuscita a far deviare le rotte degli aerei che decollano da Linate, per
poter continuare a vendere i propri appartamenti: che sono passati da 130 mila lire al
metro quadrato, a 280 mila lire [...]. Alcuni anni fa, sul territorio di "Milano 2", è
stato costruito un "ospedale" in mezzo ai prati, retto da don Verzé, un curioso prete
spretato... Questo "ospedale", secondo gli abitanti di Segrate, avrebbe permesso
all'Edilnord di ottenere da Roma il recente mutamento delle rotte aeree: infatti, nelle
carte di volo fornite ai piloti dell’ALITALIA, la macchia nera della lottizzazione di
"Milano 2" reca la scritta “Hospital” come se l'intera area fosse zona ospedaliera
anziché un colossale condominio di lusso Ma probabilmente la verità non verrà mai a
galla”
Nel dicembre del 1973, il quotidiano socialista "Avanti!" informa: “II Pretore di
Monza che sta conducendo l'inchiesta [sul dirottamento dei voli aerei da Linate] ha
chiesto alla Procura della Repubblica di Milano di incriminare [per corruzione, abuso
e omissione di atti d'ufficio] il rettore dell'Università Statale Giuseppe Schiavinato,
l'assessore regionale all'Ecologia Filippo Bertani, il sindaco di Segrate Gianfranco
Rosa, e il direttore dell'Ospedale San Raffaele don Luigi Verzé. Nel corso
dell'inchiesta, infatti, il magistrato ha rilevato una serie di irregolarità nella
costruzione della clinica che si trova nel territorio del Comune di Segrate e che è stata
costruita dopo una convenzione tra l'Università di Stato e il Verzé”.
Il “Corriere della Sera” del 18 aprile 1974 scrive: “Un presunto tentativo di
corruzione nei confronti dell'assessore regionale alla Sanità Vittorio Rivolta è oggetto
di un'inchiesta giudiziaria da parte della Procura della Repubblica. La magistratura ha
inviato nei giorni scorsi un avviso di procedimento a don Luigi Maria Verzé, direttore
dell'ospedale San Raffaele di Segrate, per informare il religioso che sul suo conto
sono in corso accertamenti a proposito di illecite attività che sarebbero state svolte in
relazione alle richieste di finanziamenti per il nosocomio. In pratica, la Procura della
Repubblica sta cercando di stabilire se corrisponde al vero che don Verzé, in
occasione di un incontro avuto con Rivolta, abbia sollecitato un contributo di circa
due miliardi di lire da parte della Regione a favore del San Raffaele (promettendo
all'assessore) in cambio il 5 per cento dell'intero importo, vale a dire qualche cosa
come cento milioni”.
In data 25 giugno 1974, il quotidiano “Il Giorno” informa che “il pretore milanese
Francesco Dettori ha inviato un avviso di procedimento a 14 ex consiglieri del
Comune di Segrate (che è attualmente retto da un commissario prefettizio) per il reato
di omissione di atti d'ufficio; la notifica dice testualmente: 'Per aver indebitamente
omesso di adottare le controdeduzioni alle proposte di modifica del Piano regolatore
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
generale del ministero dei Lavori Pubblici entro 90 giorni dalla comunicazione di
dette proposte, pervenuta il 2 febbraio 1971". E una grana grossa [...] che investe tutta
la storia del Piano regolatore di Segrate in barba al quale sono nati e cresciuti i centri
residenziali [...]. Una perizia sulla( convenzione stipulata tra il Comune e l'Edilnord )
concluse che nell'operato dell'ex sindaco Renato Turri potevano ravvisarsi gli estremi
per il reato di abuso di autorità in atti d'ufficio; la Giunta presentò un esposto alla
Procura: è li che dorme ... ”.
Nell'edizione dei 27 giugno 1974, 1l Giorno" scrive: “II commissario prefettizio,
dottor Ajello, si è rifiutato di rilasciare le 3 licenze (le ultime) richieste dall'impresa
costruttrice di Milano 2, perché sono in contrasto con le norme di rispetto cimiteriale.
Il cimitero è quello di Lambrate: per tre lati confina col territorio del Comune di
Milano e per un lato con quello di Segrate. La zona di rispetto è di 200 metri: i
costruttori di Milano 2, che sorge nel lato segratese, avrebbero voluto ridurla a 100
metri, ma ciò non è possibile. La società Edilnord ha criticato il commissario
prefettizio [e poiché il commissario è irremovibile, la Edilnord ha stabilito che] in
mancanza delle licenze, non [consegnerà] in tempo utile gli edifici scolastici.
Risultato: disagio della popolazione di Milano 2, perché si dovrebbe addivenire
all'adozione dei doppi turni, eccetera. A questo punto la vertenza si fa calda: c'è
qualcuno che ha proposto -per constatare la buona fede della società costruttrice - di
eseguire una verifica delle cubature finora realizzate a Milano 2 e che dovrebbero
ammontare - secondo la convenzione - a un milione e 400.000 metri cubi: secondo
quel qualcuno potrebbero saltare fuori differenze sconcertanti, sia per la parte
quantitativa (il numero dei metri cubi oltre la prima soletta) sia per l'aspetto
qualitativo (cioè l'accorgimento tecnico con cui si sarebbe saltato il "fosso" della
delibera comunale)”.
Il settimanale milanese “L 'Ambrosiano”, nel dicembre del 1974, scrive: “La vita del
villaggio residenziale “Milano 2” continua a interessare le cronache giudiziarie. 1
cittadini di Segrate accusano la Edilnord di aver ottenuto, con abusi e irregolarità, il
dirottamento degli aerei in decollo da Linate dal cielo di "Milano 2" a quello di
Segrate. Inoltre, i clienti di "Milano 2" accusano la stessa Edilnord di aver alterato,
con incrementi fino al 61 per cento, i prezzi di acquisto [degli appartamenti, espressi
in franchi svizzeri] a suo tempo stipulati: cosi, mentre il Tribunale non ha ancora
chiuso il capitolo del “dirottamento all'italiana”, ecco aprirsi una nuova vicenda che
difficilmente si concluderà fuori dalle aule giudiziarie. Nello scandalo di “Milano 2”
sono coinvolti i partiti politici che vanno per la maggiore, uomini politici di grosso e
piccolo calibro, e perfino un prete spretato, direttore della clinica San Raffaele che è
lo specchietto per le allodole al servizio della Edilnord”.
Il "Corriere della Sera" del 12 febbraio 1975 scrive: “L'ex sindaco di Segrate, il
democristiano Gianfranco Rosa, il legale rappresentante della Edilnord Giorgio
Dall'Oglio [fratello della prima moglie di Berlusconi, N.d.A.], e il direttore dei lavori
della stessa Edilnord, sono stati indiziati di reato in relazione a una serie di illeciti
edilizi. Il primo dovrà rispondere di abuso continuato in atti d'ufficio, mentre gli altri
due hanno ricevuto mandati di comparizione per “uso di licenza edilizia illegittima”
Il Comune di Segrate aveva stipulato un accordo con l'impresa di costruzioni
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Edilnord (a capitale svizzero), e per approvare la convenzione vennero modificate
(dalla sola Giunta, senza cioè presentarle al Consiglio) le previsioni del Piano
regolatore generale e del Piano di fabbricazione vigente. (La costruzione di Milano 2)
avrebbe cosi usurpato anche parte del terreno destinato ad ampliare il "polmone
verde" del Parco Lambro [ ... ]. 1 rappresentanti della Edi1nord si sono sempre difesi
affermando di aver avuto regolare licenza edilizia, ma il pretore Francesco Dettori ha
emesso gli avvisi di reato in base all'art. 31 della "Legge ponte", secondo la quale le
imprese edili e i loro direttori dei lavori sono tenuti a conoscere la normativa edilizia
e le disposizioni di legge in materia urbanistica”.
Il “Corriere d'Informazione” del 20 marzo 1975 scrive: “II commissario
prefettizio dottor Ajello, che sostituisce il sindaco di Segrate, ha sospeso la
concessione delle licenze di abitabilità nelle nuove case di Milano 2 Questo significa
che al momento gli abitanti di Milano 2 non hanno la sicurezza di ottenere la
promessa esenzione fiscale venticinquennale sugli immobili, che è subordinata,
appunto, alla classificazione delle case: se venissero giudicate abitazioni di lusso, per
i proprietari si profilerebbe il pagamento di tasse per un ammontare non trascurabile.
Toccati nel lato debole - il portafogli - gli abitanti del quartiere più chiacchierato
Lombardia hanno reagito, gettando cosi benzina sul fuoco polemiche che
coinvolgono interessi politici oltre che economici. Il chiasso che si è creato intorno al
caso di Milano 2 non giova certo alla chiarezza (né favorisce il compito del pretore
Francesco Dettori, incaricato dell'inchiesta). E forse proprio per questo il magistrato
ha sospeso l'esecuzione dell'ordinanza che la scorsa settimana aveva redatto e con la
quale intendeva mettere sotto sigillo le case sorte in luogo delle fabbriche grazie alla
variante (oggetto delle indagini) al programma di fabbricazione”.
Il 20 giugno 1975, il "Corriere della Sera" informa che “la Pretura penale ha deciso di
trasmettere alla Procura della Repubblica tutti gli atti relativi al generale Paolo Moci,
il direttore generale dell'Aviazione civile che è il responsabile delle rotte imposte agli
aerei. Tale decisione è stata presa a conclusione di un processo, avvenuto alla Terza
sezione penale davanti al Pretore Massimo Amodio, nel quale il generale Moci - era
imputato del reato previsto dall'articolo 659 del Codice penale. “Predisponendo
[nuove] rotte e orari di decollo e di atterraggio degli aerei - diceva la denuncia -
aveva organizzato l'esercizio di un mestiere rumoroso, in violazione dei regolamenti
comunali dei comuni di Segrate, San Donato, San Giuliano e Pioltello”. La denuncia
accennava anche a manovre speculative, intese ad aumentare il valore dei terreni sui
quali è sorto il quartiere di “Milano 2” [ ... ]. E’ stata proprio la parte civile, nel corso
della udienza, a adombrare il sospetto di irregolarità che andrebbero oltre le dirette
responsabilità del direttore generale dell'Aviazione civile. La parte civile ha
accennato anche a possibili abusi di ufficio e ha ipotizzato il reato di interessi privati
in atti di ufficio, commesso a favore della società immobiliare che ha costruito
“Milano 2””.
Sul quotidiano “Il Giorno”, l'inviato Giorgio Bocca dedica alle vicende Segratesi un
pungente articolo, pubblicato nell'edizione del 13 giugno 1975 sotto il titolo Milano
Uno Due Tre: “Storie di astuzie, corruzioni, raggiri, guadagni giganteschi. Tutto
risaputo, sperimentato: i comitati locali che nascono battaglieri, decisi a fare i conti in
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
tasca al padrone amministratore e dopo due anni sono già addomesticati. Il filantropo
che costruisce un ospedale come il San Raffaele che, combinazione, servirà
egregiamente alla campagna vendite... I comuni della periferia milanese hanno
impiegato gli ultimi vent'anni a fare piani regolatori, allo scopo unico, si direbbe, di
trattarli e di modificarli: le grandi immobiliari se li comprano e se li manipolano,
fanno eleggere consiglieri i loro uomini e procedono sempre per vie indirette. Sono
disposte a offrire una scuola per avere in cambio una modifica che vale cento scuole.
Mandano avanti i genitori e i bambini del paese da corrompere, li fanno dimostrare in
piazza con i cartelli... Le immobiliari ti fregano, regolarmente; ti fanno pagare ciò che
ti avevano promesso in regalo, calcolano a loro comodo gli aumenti dei costi,
costruiscono dove nel plastico c’erano erbe e acque... “Un nuovo modo di abitare”
come si legge nei depliant, ma il vecchio modo di speculare sui terreni, sulle case,
sulle ambizioni... E poi qui c'è don Luigi Maria Verzé arrivato [ ... ] a fondare
l’ospedale San Raffaele, quello che allontana gli aerei e nel quale si curano non solo i
malanni fisici ma anche le “anime praeternaturali” ... ”.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
Giustizia e misericordia
36
Sentenza del Pretore di Monza Nicola Magrone del 30 marzo 1974,
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
allo stesso succedersi dei fatti, sembra che i sospetti [ ... ] abbiano un certo
fondamento... [È opportuna] un’approfondita analisi da parte del competente giudice
in merito ad eventuali fatti di corruzione o di interesse privato in atti d’ufficio...
Perché è certo che [la modifica delle rotte] portò rumorosità su paesi densamente
abitati; ed inoltre perché si sospetta che mutamento delle rotte e conseguente
inquinamento acustico furono conseguenza di illeciti di grandi proporzioni implicanti
responsabilità di pubblici amministratori” 37 .
Ma nessuno degli strascichi giudiziari scaturiti dallo scandalo Milano 2-San Raffaele
(dalle denunce a carico dei ministri Valsecchi e Scalfaro e del rettore Schiavinato, a
37
Nella sentenza, il Pretore di Milano cita la deposizione del teste Guido Provera (“Mi è stato detto che la Regione
Lombardia riceveva molteplici telefonate da Roma perché venisse approvato il "Notam" dei settembre 1973”), e fa
riferimento a un documento “in cui si espone un aumento dei prezzi di vendita praticati dalla EdiInord per
l'insediamento di "Milano 2": tali prezzi da 140 mila lire al mq del '70-71, balzano fino a 290 mila lire al mq nel
settembre 1973, quindi proprio nel momento in cui prendeva efficacia [il nuovo] "Notam"”.
38
Nel maggio 1989, "Panorama" pubblicherà il seguente ritratto dell'esimio don Verzé: “Sei comunicazioni giudiziarie
a medici e responsabili [dell'Ospedale San Raffaele] per omicidio colposo (la morte di un paziente rimasto per 30 ore
senza diagnosi e cure adeguate)... La sentenza del Tribunale di Milano che ha definitivamente annullato le rette di
favore stipulate [dal San Raffaele] con la Regione, condannando l'assessore compiacente... Nel 1976, don Verzé viene
condannato a tre mesi di arresto per i lavori di ampliamento dell'Ospedale avviati senza licenza edilizia... [e proprio] in
materia di abusi edilizi che don Verzé ha avuto più frequentemente a che fare con la legge: da anni, per esempio, si
trascina un contenzioso con gli abitanti di Milano 2 che si considerano "scippati” come spiega Silvio Fontanelli,
consigliere indipendente al Comune di Segrate, di una strada che avrebbe dovuto costeggiare il quartiere e che non verrà
mai realizzata perché su parte di quel terreno sono stati eretti nuovi edifici dell'ospedale. "Costruzioni abusive",
specifica Fontanelli, "che anche dopo l'ultima ordinanza del pretore sono ancora li. Quando si hanno i santi in Paradiso
tutto è possibile"”.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
quelle riguardanti i sindaci Rosa e Turri e la stessa Edilnord) approderà a sentenze di
condanna definitive. Tra archiviazioni, stralci, rinvii a giudizio, ricorsi, assoluzioni,
prescrizione di reati, perfino lo spretato don Verzé si vedrà risparmiata (per
intervenuta prescrizione) la condanna subita in primo grado per "tentata corruzione".
Del resto, il regime Dc-Psi è già operante, la prassi delle tangenti è già regola,
l'impunità per le corruttele polifico-affaristiche è già garantita; gli anni di “Mani
pulite” sono ancora molto lontani.
Solo un ventennio dopo, infatti, le inchieste giudiziarie di “Mani pulite”
scoperchieranno “Segratopoli”, rivelando il vermicaio di corruttele, scandali edilizi,
mazzette e appalti truccati, all'ombra del Comune di Segrate. Decine di
amministratori e costruttori finiranno in carcere: tra essi, il corrotto sindaco craxiano
Renato Turri (arrestato sulla scia di una decina di ordini di cattura); verrà arrestato
per corruzione anche il costruttore Antonio D'Adamo (già dipendente e prestanome
della Edilnord negli anni di Milano 2). Berlusconi, da parte sua, sarà assiso alla
presidenza del Consiglio, capo di un governo che emanerà un “condono edilizio” e
che tenterà di varare un decreto “salva-ladri” per sottrarre i corrotti al carcere.
***
Nei primi anni Novanta, a distanza di un ventennio dagli scandali Segratesi che
hanno accompagnato il sorgere di Milano 2, la berlusconiana Edilnord (ormai
intestata al fratello Paolo, mentre Silvio è il nuovo presidente del Consiglio della
“nuova" Repubblica italiana) riguadagna le cronache giudiziarie, nell'ambito dell’ in-
chiesta "Mani pulite", per numerose altre vicende di speculazioni edilizie
accompagnate da corruzioni e collusioni con esponenti politici - speculazioni e
corruzioni risalenti agli anni Ottanta del regime detto "Caf'
(Craxi-Andreotti-Fininvest).
Una di esse in particolare ha avuto per scenario Pioltello, paese dell'hinterland
milanese situato in prossimità di Milano 2 e a suo tempo coinvolto nella vicenda del
“dirottamento” dei voli aerei-.
“Michele Rossetti, già sindaco socialista di Pioltello, in carcere per corruzione [una
tangente di 800 milioni pagata dalla Edilnord per ottenere l`edificabilitá di un
terreno, N.d.A.], ha raccontato che nel febbraio 1988, dopo avere portato a Roma,
nelle casse del PSI nazionale, 200 milioni ricevuti su ordine di Paolo Berlusconi, fece
il viaggio di ritorno a bordo del Gulf Stream privato di Silvio Berlusconi, in
compagnia dell'attuale presidente del Consiglio e di Fedele Gonfalonieri [...]. E, una
volta atterrati, Silvio Berlusconi ordinò che il sindaco di Pioltello venisse
accompagnato da un'auto della Fininvest in municipio, dove era atteso per presiedere
il Consiglio comunale: l'auto era quella di Carlo Bernasconi, amministratore delegato
della Silvio Berlusconi Communications, anche lui a bordo del Gulf Stream. Né con
Berlusconi senior né con Confalonieri il sindaco Rossetti parlò di tangenti. I rapporti
in tema di quattrini ha spiegato di averli sempre tenuti con Sergio Roncucci,
infaticabile elemosiniere della Fininvest. Fu Roncucci a chiedere al Cavaliere di
riportare a Milano l'amico Rossetti dopo la sua "missione" in via del Corso. Messo a
confronto nei giorni scorsi con l'ex sindaco - che da circa un mese è detenuto in
carcere - Roncucci ha confermato. Non si sa, invece, se il factotum della Fininvest
40
“L’Espresso”, 10 aprile 1977.
IL PRIMO MIRACOLO ITALIANO
abbia confermato il resto del racconto dell'ex sindaco. Rossetti ha sostenuto che i
soldi dell'Edilnord gli vennero versati su indicazione del senatore craxiano Antonio
Natali, e che lo stesso Natali gli ordinò di passare la prima tranche al cassiere
nazionale del partito, Vincenzo Balzamo, e la seconda tranche al segretario regionale
Sergio Moroni” 41
Intanto, a Segrate è scoppiata “Segratopoli”, con raffiche di arresti: “Gli scandali
edilizi e le mazzette transitate sugli appalti e le concessioni edificatorie all'ombra del
palazzo comunale di Segrate continuano a rivelarsi un vero e proprio pozzo di San
Patrizio. E’ un'inchiesta senza fondo [...]. Dopo la decapitazione del potente PSI del
sindaco Renato Turri (fedelissimo di Bettino Craxi), che ha collezionato una decina
di ordini di arresto scontando in carcere più di 180 giorni di detenzione preventiva,
[altri assessori e funzionari del Comune di Segrate sono finiti in carcere] a conferma
che il sistema delle mazzette era diffuso a 360 gradi all'interno del vecchio Consiglio
comunale segratese [...]. E un terremoto giudiziario che negli ultimi dodici mesi
[1993-94, Nd,A] ha portato in carcere ben 32 persone tra politici e imprenditori” 42 .
41
“Il Giorno”, 2 ottobre 1994.
42
La Repubblica", 25 maggio 1994. 11 19 maggio precedente, "La Stampa" ha scritto: “Paolo Berlusconi (fratello del
presidente del Consiglio) ha ammesso di avere ordinato al manager della Edilnord [Roncucci di pagare i vertici del
Comune di Pioltello per ottenere l'edificabilità dell'area "Bica", passata da verde agricolo a terziario. Gli 800 milioni
vennero versati in due tranche. Duecento milioni a testa, nel marzo '88, andarono a Michele Rossetti, allora sindaco
socialista del Comune, e a Antonio Soravia, capo ufficio tecnico dello stesso Comune. La stessa cifra venne versata ad
entrambi anche alla fine dell'89”.
In merito alle corruttele della Edilnord emerse con l'inchiesta "Mani pulite", cfr., cap. I maniscalchi del Cavaliere",
pagg. 217.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
***
Da molti ritenuta un Paese solido e ordinato, forte della sua storica neutralità bellica e
di un’operosità improntata alla più rigida etica calvinista, la Confederazione elvetica
deve le sue fortune al ruolo di storico “paradiso della finanza” e “cassaforte” di
capitali provenienti da tutto il mondo - capitali in gran parte “sporchi”.
Affidata alla retorica turistica la rinomata produzione di orologi e cioccolata, la
floridissima economia svizzera è originata da un sistema bancario mastodontico, la
cui articolazione è ormai tale da soverchiare le stesse strutture
politico-amministrative del minuscolo Paese alpino (nel 1991, le tre maggiori banche
elvetiche potevano vantare da sole un giro d’affari complessivo di circa 17 volte
superiore al bilancio dell’intera Confederazione). Dunque, la rilevanza strategica
della Svizzera negli scenari finanziari internazionali è di assoluta preminenza, al
punto che “delle 1.000 holding americane che controllano le ditte statunitensi e le
loro
succursali in tutto il mondo, 600 hanno sede in Svizzera” 1
1
Cfr. J. Ziegler, Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto, Mondadori, Milano 1976, pag. 44. Ziegler è docente di
Sociologia all'Università di Ginevra, deputato, membro della Commissione esteri del Parlamento della Confederazione.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
6
"Corriere della Sera", 31 gennaio 1994
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
Nel 1963 nasce a Milano la Edilnord S.a.s. di Silvio Berlusconi & C.; nella società,
che ha per obiettivo la realizzazione di un centro residenziale a Brugherio, il
ventisettenne “Signor Nessuno Berlusconi é il “socio d’opera”, cioè si limita ad
apportare il proprio impegno (e per le sue prestazioni, come è scritto nell’atto
costitutivo, verrà compensato con l’1 per cento degli utili), il socio che apporta i
capitali è la finanziaria svizzera Finanzierungesellscbaft für Residenzen Ag,
domiciliata a Lugano.
Il 29 settembre 1968, in vista del progetto “Milano 2”, nasce a Milano una
nuova “Edilnord” italo-svizzera: la Edilnord Centri Residenziali S.a.s. di Lidia
Borsani & C. 7 ; la “socia d’opera” è la Borsani, mentre il socio finanziatore che
apporta i capitali è la Aktiengeseilschaft flir Immobilienlagen in Residenzzentren Ag,
società svizzera costituita a Lugano solo dieci giorni prima, il 19 settembre 1968 8 .
Sia la FinanzierungeselIscbaft ftir Residenzen, sia la AktíengeselIschaft fúr
Immobilienlagen in Residenzzentren, sono legalmente rappresentate dall’avvocato
ticinese Renzo Rezzonico, un avvocato d’affari votato al più ferreo segreto
professionale. Le due finanziarie elvetiche risultano controllate dalla Discount Bank
Overseas Limited, società con sede a Tel Aviv (Israele) e filiali anche a Lugano,
Ginevra e Milano 9 . È dietro lo “schermo fiduciario” della controllante Discount Bank
Overseas che si celano i veri promotori-finanziatori della Finanzierungesellschaft e
della Aktiengesellschaft.
La società Edilnord S.a.s. di Silvio Berlusconi & C., ultimata la realizzazione
del deludente Centro residenziale di Brugherio 10 , verrà posta in liquidazione, con
effetto 1° gennaio 1972, unitamente alla finanziatrice svizzera
Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag. Anni dopo, un costruttore milanese
legato alla prima Edilnord S.a.s., Giovanni Botta, dichiarerà: “Non chiedetemi se
Berlusconi ha guadagnato con il centro di Brugherio. Non fatemi queste domande,
7
Nel sospetto ruolo di accornandatari-prestanorne della società, a Lidia Borsani succederanno la zia di Berlusconi
Maria Bossi vedova Borsani, e il dipendente della società Antonio D'Adarno. Molti anni dopo, nel 1993, ormai
costruttore in proprio, D'Adamo, forgiatosi alla scuola edilizia berlusconiana, verrà arrestato perché accusato di
corruzione, nell'ambito dell'inchiesta "Mani pulite".
8
Nell'atto costitutivo, la finanziaria risulta gravata da "vincolo estero", può cioè operare soltanto fuori dai confini della
Confederazione elvetica.
9
“I soci della Discount Bank sono numerosi, e sparsi in tutto il mondo. Si tratta degli americani Morton P. Hjman e
Raphael Recanati, dei francesi Jean Frangois Charrey e Hemi Klein, dei greci Maurice Nissim e Elía Molho, dei
milanesi Henry Cohen, Aaron Benatoff e Franco Saminí, degli israeliani Oudi Recanati e Joseph Assaraf, dello svizzero
Jean Píerre Cottier” ("Avvenimenti", 9 febbraio 1994); Cottier (responsabile delle filiali svizzere della Discount Bank)
siede anche nel consiglio di amministrazione della Privat Kredit Bank.
10
“L'edificazione del centro residenziale di Brugherio da parte della Edílnord non si rivelerà l'affare sperato: sarà infatti
solo grazie ai massicci acquisti di appartamenti da parte del Fondo previdenza dei dirigenti commerciali che l'iniziativa
non si trasformerà in un fiasco [ ... ]. Il bilancio finale di liquidazione [della Edílnord sas] è risibile: gli utili degli ultimi
anni ammontano complessivamente a poco più di 4 milioni di lire, che uniti al capitale sociale e al fondo
accantonamento imposte portano a 13,2 milioni, depositati presso la Banca Rasini”; G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit.,
pagg. 40 e 48.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
***
Il 2 febbraio 1973 nasce a Milano la società svizzera Italcantieri srl; i soci sono due
finanziarie di diritto elvetico - la Cofigen Sa di Lugano, e la ETI Holding Ag di
Chiasso - legalmente rappresentate da due prestanome: il praticante notaio Renato
Pironi 14 , e la “casalinga” Elda Brovelli. “Braccio, esecutivo dei progetti edilizi
berlusconiani, e canale collettore dei misteriosi finanziamenti provenienti dalla
Svizzera” 15 la Italcantieri, società a capitale interamente svizzero, annovera nel suo
consiglio di amministrazione Luigi Foscale, zio di Berlusconi 16 .
11
G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pag. 39.
12
La Aktiengeselischaft ha infatti apportato il capitale sociale iniziale (50 mila franchi svizzeri), e interamente
sottoscritto i successivi aumenti di capitale: 600 milioni di lire nel 1974, e due miliardi nel 1975.
13
Le due fiduciarie appartengono al parabancario della Banca Nazionale del Lavoro, all'epoca controllata dalla Loggia
P2. Tra gli altri, dello schermo della fiduciaria Servizio Italia si avvalgono il bancarottiere mafioso e piduista Michele
Sindona, il faccendiere Flavio Carboni, il bancarottiere piduista Roberto Calvi, e il Venerabile maestro Licio Gelli;
Berlusconi risulta essersi affiliato alla Loggia massonica segreta P2 in quello stesso gennaio 1978.
14
Pironi, oggi titolare di un avviato studio notarile, sostiene di avere prestato il proprio nome nella Italcantieri “per
semplice compiacenza verso il notaio che me lo aveva chiesto”, e di non avere avuto alcuna parte reale o ruolo attivo
nella società.
15
G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pag. 49.
16
Nel luglio 1975, la Italcantieri srl muterà la propria ragione sociale in "società per azioni", eleverà il capitale sociale a
mezzo miliardo di lire, e a Foscale subentrerà Silvio Berlusconi in persona, il quale assumerà la presidenza del consiglio
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
Doninelli (moglie di Ercole) in nome e per conto della Aurelius Financing Company
Sa di Chiasso.
“Parte da qui il gioco delle scatole cinesi: la Aurelius, fondata l’11 aprile del
1962, ha un capitale sociale di 50 azioni, come la Eti. E, come nella Eti, Doninelli e
Ballinari detengono una azione a testa. Il pacchetto di maggioranza, 48 azioni su 50, è
in mano allo svizzero Angelo Maternini e all’italiano Dino Marini, che agiscono per
conto della Interchange Bank. E il gioco delle scatole prosegue ... ” 20 .
La Interchange Bank era stata fondata nel luglio 1956, con un capitale sociale
di 400 mila franchi svizzeri. Tra i soci fondatori (svizzeri, italiani e venezuelani), tre
nomi interessanti: il costruttore milanese Botta, lo svizzero Alfredo Noseda
(coinvolto in uno dei primi scandali finanziari elvetici per esportazione di capitali e
frode fiscale), e “L’italiano di Caracas” Angelo Maternini; nel 1957, nella compagine
azionaria della Interchange Bank era entrato un secondo “finanziere di Caracas”
Remo Cademartori, che ne aveva assunto la presidenza dopo aver sottoscritto
l’aumento di capitale sociale a un milione di franchi svizzeri; successivamente, erano
entrati il cittadino svizzero residente a Corno Umberto Naccaroni (1959), il duo
Ercole Doninelli-Arno Ballinari (1961), e infine, nel 1965, due nuovi “venezuelani”
residenti a Caracas: W. Gerry William Rotenburg Schwartz e Abramo Merulan,
“Quando conferisce i capitali che, di passaggio in passaggio, arriveranno alla
Italcantieri di Berlusconi, nel 1973, la Interchange Bank è già in liquidazione. La
procedura, avviata nell’ottobre del 1967, si prolungherà fino al 15 dicembre 1989,
data della definitiva liquidazione della società. A gestire la liquidazione saranno
Pierfrancesco e Pierluigi Campana, Guido Caroni, Enzo Tognola; personaggi,
l’ultimo in particolare, che appartengono all’area politico-finanziaria di Gianfranco
Cotti, potente ex parlamentare della Democrazia Cristiana svizzera e dirigente della
Fimo, la chiacchierata finanziaria di Ercole Doninelli, un altro dei finanziatori
nascosti di Berlusconi” 21
Come la Cofigen Sa ha il suo “uomo forte” nel finanziere Tito Tettamanti, cosi la
ETI Holding Ag è nel nome e nel segno del finanziere, Ercole Doninelli 22 e della sua
Fimo 23 finanziaria svizzera fondata nel 1956 (con la quale ha a che fare lo stesso
Tettamanti).
“La Fimo è clamorosamente finita sotto inchiesta in Italia nel 1989, quando il
ragioniere milanese Giuseppe Lottusi venne colto sul fatto a riciclare, per conto della
società svizzera, i soldi della mafia colombiana 24 . I magistrati italiani sospettano che
20
"Avvemmenti”, 9 febbraio 1994. La brillante inchiesta pubblicata dal battagliero settimanale è firmata da Michele
Gambino Christopher Helti.
21
Ibidem.
22
Facoltoso e spregiudicato avvocato d'affari svizzero, politicamente legato a organizzazioni anticomuniste di estrema
destra, Doninelli è deceduto nel 1988.
23
“Volete far passare i vostri personali “fondi neri" attraverso la frontiera ítalo-Svizzera? Telefonate allo
0041-91-430101 e non resterete delusi. Da quasi quarant'anni, infatti, la Fimo si occupa di far arrivare denaro (o altro)
da un mittente che nessuno deve conoscere, a un destinatario che vuole restare segreto” ("Avvenimenti", 9 febbraio
1994).
24
In un rapporto del novembre 1992 inviato ai vertici della Confederazione elvetica dalla Polizia cantonale ticinese, si
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
tramite i canali del narcotraffico giungessero in Svizzera anche una parte dei ricavi
delle tangenti pagate ai politici italiani. La Fimo è sotto inchiesta anche in Francia,
per riciclaggio di denaro sporco, e in Belgio, per la bancarotta fraudolenta della Pibi
Finance di Jean Verdoot, morto misteriosamente a Ginevra all’inizio del ‘93 dopo un
incontro con i vertici della Fimo (che da parte loro negano l’incontro). Inoltre la Fimo
è sotto inchiesta per bancarotta fraudolenta in diverse procure del Friuli e del Veneto
per il crac delle società legate alla Sirix Intervitrum e al gruppo Cofibel francese e
Pibi Finance belga. Per lo stesso motivo è stata aperta un’inchiesta anche in Olanda,
dato che alcune società del gruppo si trovano in quella sede. La Fimo è accusata di
aver partecipato al riciclaggio delle tangenti Enimont, delle tangenti ENI, delle
tangenti IRI, è coinvolta collateralmente nelle inchieste sulla Sanità, nel caso
KolIbrunner, nel caso Fidia, nelle tangenti della Carlo Gavazzi [ ... ]. Uno dei
fiduciari dell’area Fimo, Giancarlo Tramezzani, è morto in circostanze misteriose il
17 settembre 1993, a poche ore dall’arrivo in Ticino [del magistrato] Antonio Di
Pietro, che indagava sui risvolti elvetici dell’affare Enimont” 25 .
La Fimo ha sede al n° 89 di via San Gottardo, a Chiasso, presso lo studio legale
Doninelli 26 . Una società collegata alla Fimo, la Fidinam, ha gli uffici al n° 2 di
boulevard Royal al Lussemburgo: nello stesso edificio ha sede una importante società
del gruppo FININVEST, la Silvio Berlusconi Finanziaria 27 .
L’ambigua finanziaria elvetica Fimo estende i suoi tentacoli affaristici anche in
Italia: non solo mediante società collegate 28 , ma anche attraverso una stranissima
legge: “[ ... ] li 15 ottobre 1991 viene arrestato a Milano il quarantanovenne Giuseppe Lottusi” il quale, con un solo
viaggio settimanale in Svizzera e mediante contatti telefonici dall'ufficio della sua società Interpart Finanziaria, nella
milanese Piazza Santa Maria Beltrade, ha riciclato 57 milioni di narcodollari e 15 miliardi di lire per conto del clan
mafioso dei Madonia; prosegue il rapporto: “II denaro, nascosto nei carichi di frutta, risaliva la penisola italiana e
giungeva al mercato ortofrutticolo di Milano; in seguito veniva consegnato a tale signor Rossi che è poi risultato essere
il Lottusi. Questi faceva capo, per le operazioni di riciclaggio, alla piazza finanziaria svizzero-italiana e, in particolare,
alla Fimo di Chiasso”. Per le sue attività di riciclaggio dei proventi dei narcotraffico, nel marzo 1993 Lottusi verrà
condannato dal Tribunale di Palermo a vent'anni di carcere.
25
"Avvenimenti", 9 febbraio 1994. “La versione ufficiale venne rivista almeno quattro volte. Per uccidersi come
pretende il referto ufficiale, Tramezzani avrebbe dovuto possedere la freddezza e la lucidità necessari per spararsi
ripetuti colpi di fucile-mitragliatore alla testa senza mai sbagliare la mira... Per gli inquirenti svizzeri, dato che è stata
trovata una lettera, il caso è chiaro: suicidio” (Ndem).
26
Fino a qualche anno fa, aveva sede in via San Gottardo 12, stesso recapito dello studio dell'avvocato Elio Fiscalini. 1
due professionisti, soci nella Firno cosi come in numerose altre società, erano anche parenti per via di Laura Fiscalini,
moglie di un Doninelli. 1 rispettivi eredi nascono figli d'arte: associati agli studi paterni, formano la più influente
dinastia di avvocati d'affari della Confederazione.
27
“La Silvio Berlusconi Finanziaria Sa Société Anonyme era stata fondata il 23 dicembre 1987 nello studio del notaio
Mare Eíter con la ragione sociale di Finanziaria d'Investimento International Sa. li capitale sociale iniziale non superava
i 40 mila dollari ed era stato sottoscritto per un dollaro da Giovanni Vittore e per fi resto dalla Fininvest spa. Fin
dall'origine, alla presidenza della società di diritto lussemburghese viene nominato Giancarlo Foscale, cugino di Silvio
Berlusconi, Livio Gironi è l'amministratore delegato. Nell'89 la società cambia nome e acquisisce la ragione sociale
attuale. Il capitale sale gradualmente a cento miliardi di lire. Nell'ultirna assemblea registrata al Tribunale di
Lussemburgo - quella del 30 dicembre '92 - si approva un bilancio del '91 singolarmente ricco (67 miliardi di utile) e
appaiono le firme di Foscale e di due manager finanziari: Ubaldo Livolsi e Alfredo Zuccotti, per il quale i magistrati
milanesi hanno spiccato un ordine di custodia cautelare”; L’Espresso 5 agosto 1994.
28
Nel 1969 Doninelli e il fido Ballinari hanno fondato a Milano la Socirni, Società Costruzioni Industriali Milano;
amministratore, fino al settembre 1993, ne è il presidente della Fimo Elio Fiscalini. La Socimi (costruzione di armi
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
“Fimo italiana”. La Fimo italiana, intestata ad anonimi, opera nel Nord Italia, a
Chiasso, nel Liechtenstein, e i suoi legali rappresentanti e prestanome riconducono
alla Interchange Bank di Chiasso, e a finanziarie del giro Lottusi-Doninelli; vi è
connessa una ragnatela di case d’arte e gallerie che si estende da Milano a Como,
dall’Alto Lario a Lugano e a Londra 29 .
“Chissà se un giorno Antonio Di Pietro riuscirà nell’impresa di leggere l’intera
storia finanziaria di una società svizzera che si chiama Fimo e che nella storia
giudiziaria [italiana] è apparsa due volte: nel 1991, in una storia di riciclaggio di soldi
dei trafficanti di droga italiani; nel 1993, nella ripulitura e spedizione in Italia delle
tangenti pagate a Dc e Psi all’estero. Il magistrato di “Mani pulite” ci sta provando e
negli ultimi mesi ha chiesto più volte di avere accesso ai conti di transito di questa
società. Se riuscirà a leggere tutta la documentazione bancaria della Fimo, potrebbero
arrivare molte sorprese. Non solo si capirebbero meglio i movimenti dedicati al
riciclaggio di narcolire o i trucchi per riportare in Italia i miliardi delle mazzette ai
politici, ma anche per alzare qualche velo sulla storia, mai raccontata per intero, di
come Silvio e Paolo Berlusconi hanno messo insieme la loro fortuna. Storia che
comincia nei lontani anni Settanta, quando i loro interessi erano tutti diretti al
mattone e dell’impero televisivo Fininvest non c’era ancora nulla. 1 due fratelli,
infatti, sono stati a lungo soci del primo presidente della Fimo che nei documenti
della società compare come il primo dei responsabile: Ercole Doninelli da Meride in
Mendrisio. La società dove si trovano insieme i Berlusconi e Doninelli (naturalmente
attraverso il possesso di altre società) è la Italcantieri srl che fino al 1991 resta nel
gruppo Fininvest e poi viene ceduta, assieme a tutte le altre attività edilizie, al fratello
Paolo [ ... ]. Doninelli appare proprio attraverso la Eti Ag costituita il 24 aprile 1969 i
cui soci erano lo stesso Doninelli, sua moglie Stefania e Arno Ballinari. L’intreccio
societario non è finito, perché i Doninelli nella ETI Ag rappresentano anche gli
interessi della Aurelius Financing Company Sa di Chiasso” 30 .
Nel consiglio di amministrazione della Fimo ticinese il 9 febbraio 1993 entra
Valentino Foti, nato a Fürci Siculo (Messina) e residente a Milano. Attraverso la sua
finanziaria Valfin, nel 1989 Foti aveva conteso a Silvio Berlusconi la Villa Belvedere
di Macherio (messa all’asta dalla Provincia di Milano); successivamente, Foti è finito
in carcere, in Belgio, perché coinvolto in uno scandalo finanziario.
***
Ma il 7 ottobre 1968 (cioè pochi giorni dopo la costituzione della Edilnord Centri
pesanti, carrozze ferroviarie, autobus) il 28 maggio 1992 è stata dichiarata insolvente dal Tribunale di Milano e
successivamente posta in amministrazione controllata con decreto del ministero dell'Industria. Sulla società grava il
sospetto di traffico di armi, e i magistrati di "Mani pulite" la accusano di avere pagato 13 miliardi di tangenti al
socialista Sergio Radaelli.
29
Pare che il commercio delle opere d'arte si presti ottimamente al riciclaggio e ad altro: Sergio Vaccari, sospettato di
avere organizzato il "suicidio" del banchiere piduista Roberto Calvi a Londra, era commerciante d'arte...
30
“L’Espresso”, 11 febbraio 1994.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
Residenziali sas di Lidia Borsani & C.), a Lugano, la Discount Bank Overseas
Limited aveva dato origine a una società “gemella” della Edilnord, la luganese
Telecineton Sa, col medesimo fiduciario Renzo Rezzonico, e con scopo sociale attivi-
tà nel settore televisivo.
Il 22 ottobre 1979, la Telecineton aveva mutato denominazione sociale,
assumendo quella di Open Sa; il successivo 12 novembre, a Milano, nasceva la
berlusconiana Canale 5 Music srl. Il 6 marzo 1980, la Open Sa mutava nuovamente
nome trasformandosi in Open Service Sa; nel consiglio di amministrazione figurava
Giancarlo Foscale (cugino di Berlusconi). Il 23 ottobre 1986, la luganese Open
Servíce Sa, elevando il capitale sociale a un milione di franchi, diverrà Fininvest
Service Sa, “una società che oggi riveste il ruolo di capofila del gruppo Berlusconi in
Svizzera: il 94 per cento del pacchetto azionario è posseduto dalla Fininvest Servizi
spa di Milano, mentre il restante 6 per cento è dell’antico fondatore, la Discount
Overseas Bank” 31 . In pratica, l’originaria Telecineton approderà, diciotto anni dopo,
nel gruppo Fininvest.
Dunque, entrambi i filoni delle attività berlusconiane - sia quello edilizio, sia
quello televisivo - hanno avuto dirette radici e connessioni in terra elvetica. E in
Svizzera sono celati sia l’identità degli originari promotori, sia la provenienza di
capitali impiegati.
31
"Avvenimenti", 12 ottobre 1994. Paolo Fusi e Michele Gambino firmano l'articolo che rivela la connessione Canale
5-Telecineton.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
Milano in Svizzera
Nella notte del 14 febbraio 1983, nel corso di una massiccia operazione delle forze
dell’ordine con epicentro Milano, vengono arrestati decine di “insospettabili”
esponenti della criminalità organizzata.
“Nella notte di San Valentino è scattata la più imponente operazione degli
ultimi anni contro la mafia e la camorra. Nella rete non sono caduti semplici picciotti,
ma per la prima volta i "colletti bianchi", quei personaggi insospettabili con posizioni
di rilievo nell’economia lombarda - come hanno detto i magistrati - smascherati
attraverso le indagini patrimoniali e i controlli bancari della Guardia di Finanza. Il
blitz si è sviluppato contemporaneamente a Milano, a Roma, a Palermo e in altre
città. Le cifre parlano chiaro: 130 fra ordini e mandati di cattura emessi, 200
perquisizioni, decine di denunciati, sequestrati beni immobili, società, azioni, bloccati
assegni e conti correnti per diverse centinaia di miliardi [ ... ]. Solo a Milano i
provvedimenti restrittivi emessi sono 52, dei quali 30 eseguiti, 70 i provvedimenti di
sequestro, 164 le persone denunciate. L’accusa che viene contestata è quella indicata
all’articolo 416 bis del Codice penale. Un comunicato della Procura della Repubblica
di Milano meglio specifica che il reato addebitato è quello di “appartenenza ad
associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie interminabile di
delitti contro la persona, quali omicidi e sequestri, contro il patrimonio, quali
estorsioni e ricettazioni, contro l’amministrazione della giustizia, quali
favoreggiamento, contro la pubblica amministrazione, quali corruzione, di delitti di
detenzione e porto d’armi, di delitti legati alla gestione e al controllo delle bische
clandestine, e di delitti comunque diretti alla acquisizione del controllo e della
gestione di attività economiche e alla realizzazione di profitti e vantaggi ingiusti”. È
stata individuata una organizzazione che in stretto contatto con i clan della Sicilia
Occidentale, della Campania, degli Stati Uniti e dei Canada aveva il compito di
riciclare i denari provenienti dai traffici di droga e dai rapimenti in attività
apparentemente legali e in particolar modo in società immobiliari, società
commerciali, società finanziarie e società di import-export [ ... ]. Le indagini hanno
poi consentito di delineare la mappa di un numero considerevole di società collegate
a esponenti mafiosi e camorristici. Fra le persone catturate figurano Luigi Monti,
Antonio Virgilio, Romano Conte, Carmelo Gaeta, Antonio Enea, Giovanni Ingrassia,
Claudio Giliberti [ ... ]. Ma accanto troviamo nomi di boss conosciuti. È il caso di
Giuseppe Bono, palermitano, fratello di Alfredo Bono detenuto all’Ucciardone.
Ordine di cattura hanno ricevuto inoltre Gaetano Fidanzati, Alfredo Bono, Vittorio
Mangano, Ugo Martello detto “Tonino”, mafiosi noti e da tempo in carcere [ ... ]. In
moltissime banche di Milano, in due giorni, gli inquirenti hanno sequestrato conti
correnti, libretti di risparmio, titoli di credito, azioni facenti capo a individui e
imprese sospettate di collusioni con la mafia. Il punto di partenza dell’inchiesta risale
a circa due anni fa e al rapporto fatto dalla Criminalpol il 12 aprile 1981. Da allora si
sono sviluppati accertamenti in Italia e all’estero che hanno coinvolto anche l’Fbi e la
Dea. È stato cosi possibile identificare i boss internazionali di Cosa Nostra e i loro
“amici” in Venezuela, in Canada, negli Stati Uniti, in Francia e, per finire, in Italia. e
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
stato possibile risalire ai canali del riciclaggio e del traffico di valuta. È stato
possibile acquisire agli atti la certezza di incontri al vertice fra esponenti della mafia e
della camorra avvenuti a Milano, a Roma, in Svizzera, nel Nord Europa e negli
Usa” 32 .
Nel rapporto Criminalpol dell’aprile 1981 che ha dato origine alla “operazione
San Valentino”, veniva ricostruita la criminosa ragnatela affaristica tessuta dalla
“mafia imprenditoriale” e dalla cosiddetta “mafia dei colletti bianchi” a Milano,
attraverso decine di “società commerciali” dedite al riciclaggio di denaro sporco, e in
rapporti con ambienti bancari e finanziari svizzeri: tra gli altri, con la Banca della
Svizzera Italiana (Mendrisio, Lugano e Zurigo), il Credito Svizzero (Bellinzona,
Chiasso e Zurigo), la Bankverem Schweízerischer (Chiasso), la Banque Société
Alsacienne (Zurigo), la HandIess Bank (Zurigo), la Banca Hutton (Lugano), la Banca
Rolmer (Chiasso), l’Unione Banche Svízzere; tra le società finanziarie: con la
Finagest Sa (Lugano), la Copfinanz (Breganzona), la Traex Co. (Lugano), la Sogenal
(Zurigo).
Alcuni dei boss colpiti da mandato di cattura risultano tra l’altro correntisti
della Banca Rasini 33 piccolo istituto di credito milanese (un solo sportello a Milano)
del quale Luigi Berlusconi (padre di Silvio) era stato per molti anni funzionario, e il
cui titolare, Carlo Rasini, era stato tra i finanziatori delle primissime iniziative
edilizie di Silvio Berlusconi 34 . Presso la stessa Banca Rasini era affluita buona parte
dei capitali “svizzeri” destinati alle attività edilizie berlusconiane.
Ma il rapporto Criminalpol dell’aprile 1981 si occupava a lungo del boss
mafioso Vittorio Mangano, e citava il berlusconiano Marcello Dell’Utri per i suoi
sospetti contatti con lo stesso Mangano, definito nel rapporto “pericolosissimo
pregiudicato, schedato mafioso, coinvolto, interessato o cointeressato in imprese
commerciali e finanziarie con vorticosi volumi di affari su scala nazionale e
intenzionale” 35 .
32
"Corriere della Sera", 16 febbraio 1983.
33
“Sul conto corrente n° 6861 acceso da Antonio Virgilio presso la Banca Rasini, transitano tra il 28 febbraio 1980 e il
31 maggio 1982 operazioni per circa 50 miliardi di lire. Inoltre, nel periodo febbraio 1981-novembre 1982, la Rasini
sconta a Virgilio 135 effetti per oltre un miliardo di lire; parte degli effetti (esattamente 360 milioni) proveniva da una
gioielleria di piazza di Spagna a Roma, "riconosciuta" (secondo la requisitoria del Pubblico ministero nel troncone
romano del procedimento contro la "mafia dei colletti bianchi") "essere strumento di riciclaggio in favore di Giuseppe
Bono". Anche sul conto corrente n° 6410 presso la Banca Rasini transitano notevoli e "ingiustificati" importi: il conto è
intestato a Luigi Monti, socio di Virgilio in tutta una serie di società, ma anche in operazioni che portano alla loro
incriminazione”; cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cít., pag. 50.
“La flagrante connivenza della Rasini con Monti e Virgilio rientra nel novero dei più vasti rapporti che la banca
intrattiene con esponenti della "mafia dei colletti bianchi", e con personaggi a essa mafia attigui, come il costruttore
Silvio Bonetti (condannato per il crac della Concordia a 9 anni di reclusione). Il comune tornaconto è tale che a un certo
punto il malavitoso "giro" manifesta alla Rasini la "disponibilità a trattare l'acquisto del pacchetto azionario di controllo
della banca dal 51 al 73 per cento sulla base di una valutazione dell'intero pacchetto di lire 40 miliardi” (Ibidem, pag. 5
1). L'operazione di compravendita della banca non andrà in porto, ma è un fatto che la Rasini risulterà particolarmente
compiacente con i correntisti mafiosi: il suo direttore generale, Antonio Vecchione, verrà rinviato a giudizio per
“violazione dei doveri inerenti al pubblico esercizio del credito”.
34
La Rasini, nei primi anni Sessanta, aveva garantito a Berlusconi una sostanziosa fideiussione per l'acquisto di un
terreno in via Alciati, a Milano.
35
La vicenda dei rapporti tra Mangano, Dell'Utri e Berlusconi verrà diffusamente trattata nel capitolo "L'amico siciliano
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
In seguito al fallimento della sua finanziaria svizzera Sasea Holding Sa (un crac da
4,5 miliardi di franchi svizzeri - circa 5 mila miliardi di lire), nel novembre 1992 il
faccendiere italiano Florio Fiorini finisce nel carcere ginevrino di Champ Dollon per
bancarotta.
Fiorini, nel 1980, era stato il direttore finanziario dell’Eni che, in combutta con
Bettino Craxi e col bancarottiere piduista Roberto Calvi, aveva propiziato
l’operazione piduista “conto Protezione” mediante un finanziamento dell’Eni per 220
miliardi di lire al Banco Ambrosiano. Ma Craxi e la Loggia P2 non sono stati i soli
punti di contatto tra Fiorini e Berlusconi: “Florio Fiorini è sempre andato fiero dei
suoi rapporti di amicizia con Silvio Berlusconi. A partire dal 1989, quando si mise in
39
Dichiarazione rilasciata dal funzionario all'Autore nel luglio 1994, senza tuttavia esibire alcun documento o ulteriori
dettagli probatori.
40
Cfr. F. Forgione, P. Mondani, Oltre la cupola, Rizzoli, Milano 1994, pag. 195.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
testa di fare affari nel settore dei mass media (Odeon Tv, Pathé cinema, Mgm),
Fiorini usò quei rapporti come una specie di biglietto da visita in un mondo che gli
era sconosciuto e che gli è poi risultato fatale. Ai tempi d’oro della sua Sasea, quando
Hollywood sembrava a portata di mano, non si contano le interviste in cui Fiorini
dava per imminente l’intervento al suo fianco dell’amico Berlusconi. Da parte sua la
Fininvest di Berlusconi partecipò, in veste di finanziatore, alla disastrosa scalala alla
Mgni tentata da Fiorini in coppia con Giancarlo Parretti. Un appoggio che è
puntualmente ricordato dall’ex patron di Sasea nelle sue deposizioni ai giudici” 41 . E
mentre “l’amicizia” Fiorini-Berlusconi andava cementandosi, Fiorini era legato
anche al boss mafioso (residente a Lugano) Michele Amandini 42 attraverso la
finanziaria Blax Corporation di Vaduz (nel “paradiso fiscale” del Liechtenstein).
Oggi, dal carcere ginevrino dove è detenuto, Fiorini invia alla magistratura
periodici “memoriali” nei quali ricorre spesso il nome di Silvio Berlusconi.
41
“Il Mondo”, 13 giugno 1994. “Il prezzo d'acquisto definitivo di Mgm” ha dichiarato Fioriffi ai magistrati di Ginevra
in un interrogatorio dei 12 ottobre 1993, "fu di 1.312 milioni di dollari". Secondo il racconto dell'imputato 862 milioni
di dollari furono forniti direttamente dal gruppo Crédit Lyonnais. In particolare Mgm aveva raggiunto un accordo per
cedere i diritti di trasmissione dei film della sua biblioteca. Tra gli acquirenti secondo Fiorini c'era anche Fininvest
Spagna. 11 Crédit Lyonnaís di New York, ha fatto mettere a verbale l'ex patron di Sasea, "scontò il contratto d'acquisto
di Fininvest Spagna per 66 milioni di dollari". Per quanto riguarda altri 160 milioni di dollari forniti dal Crédit
Lyonnais, Fiorini precisa che erano in parte garantiti da un "impegno della Fininvest a comprare azioni Mgm per 50
milioni di dollari". Un impegno che deve essere caduto nel vuoto: non risulta che la Fininvest abbia mai comprato una
partecipazione azionaria della casa cinematografica dei leone ruggente. E, infatti, in un successivo interrogatorio lo
stesso Fiorini ha fatto notare che in seguito il Crédit Lyonnais rinunció a far valere le garanzie fornite da Fininvest. In
quelle convulse giornate dell'ottobre del 1990, che videro Parretti e Fiorini conquistare la Mgm, anche la Popolare di
Novara allora guidata da Piero Bongianino fece la sua parte. Dei 112 milioni di dollari che rappresentavano l’impegno
diretto (in seguito destinato ad aumentare notevolmente) di Sasea Holding nell'operazione, circa 50 milioni di dollari
(oltre 70 miliardi di lire) furono forniti dall’istituto piemontese. Un prestito, ha confermato Fiorini ai giudici, che era
garantito dalla stessa Fininvest” “bidem).
Per la vicenda Mgm/Fininvest, cfr. pagg. 244-48.
42
“Nella recente maxi-inchiesta antimafia chiamata Nord-Sud, Amandini [è risultato] affiliato a un'organizzazione
mafiosa che fa capo alle famiglie calabresi ffisediate a Milano: le famiglie Morabíto, Sergi e Papalia. Amandini è
personalmente coinvolto nel traffico d'eroina e in alcuni sequestri di persona”; '11 Mondo", 18 aprile 1994.
Amandim è stato in affari anche col faccendiere sardo Flavio Carboni, a sua volta in affari con Berlusconi.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
Attualmente il gruppo Fininvest è assai radicato in terra elvetica. “Non si tratta solo
della parte “evidente” del gruppo, vale a dire il “Punto Milan Estero” di via Besso a
43
"Corriere della Sera", 6 marzo 1994.
SEGRETI ITALIANI IN TERRA ELVETICA
***
46
"Panorama", 9 luglio 1994.
47
Secondo i magistrati di "Mani pulite", il padrino politico di Berlusconi ha tessuto negli anni una ragnatela di conti
bancari cifrati, intestati a prestanome, dove confluivano le tangenti riscosse: oltre che in Svizzera (Giorgio Tradati), in
Lussemburgo (Mauro Giallombardo), alla Bahamas (Giancarlo Troielli), a Hong Kong (Troielli e Agostino Ruju).
IL GRANDE IMBROGLIO
Il secondo “miracolo italiano” del millantato self made man Silvio Berlusconi è una
faccenda le cui radici affondano nella cronaca nera. Per compiersi, la magia
berlusconiana no 2 - un raggiro multimiliardario - si avvale dell’estro compiacente di
un versatile uomo d’affari e dì mondo: l’avvocato della cupola Fininvest Cesare
Previti.
Ma per cogliere appieno questo nuovo “miracolo” nel suo mirabolante
divenire, occorre conoscere nel dettaglio gli antefatti che lo hanno reso possibile.
***
Nella sontuosa residenza romana dei marchesi Casati Stampa (attico e superattico con
giardini pensili, in via Puccini 9), la sera di domenica 30 agosto 1970 vengono
rinvenuti, chiusi dentro un salone, tre cadaveri: quello del marchese Camillo Casati
Stampa di Soncino, quello di sua moglie Anna Fallarino,
studente Massimo Minorenti. Dinamica e movente della tragedia sembrano subito
chiari: il marchese, in preda a un raptus dì gelosia, imbracciato uno dei suoi fucili da
caccia avrebbe sparato più colpi alla marchesa e al di lei amante, quindi avrebbe
rivolto l’arma su di sé e si sarebbe suicidato. L’indomani, lo scandalo "blasonato"
campeggia sulle prime pagine dei quotidiani nazionali.
Il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, nato a Roma nel 1927,
discendente dall’omonima famiglia patrizia lombarda dalla quale aveva ereditato
cospicue proprietà, studi in un collegio svizzero, in prime nozze aveva sposato la
ballerina napoletana Letizia Izzo, e dall’unione era nata la figlia Annamaria.
Conosciuta Anna Fallarino, moglie di un amico, il marchese Camillo aveva ottenuto
dalla Sacra Rota l’annullamento del proprio matrimonio (gennaio 1959), e alla Izzo
aveva riconosciuto, a titolo di “liquidazione”, la somma di un miliardo di lire e la
proprietà della cappella-tomba dei Casati Stampa 1 .
Anna Fallarino, nata a Benevento nel 1929, procace ex modella, era stata
sposata in prime nozze con l’imprenditore romano Giuseppe Drommi, amico
d’infanzia del marchese Camillo; nell’aprile del 1959 aveva anch’essa ottenuto dalla
sempre compiacente Sacra Rota l’annullamento del matrimonio 2 e il 21 giugno 1961
il suo nuovo matrimonio religioso col marchese Camillo (preceduto, l’anno prima, da
una unione civile in Svizzera) l’aveva consacrata legittima marchesa Casati Stampa
di Soncino.
Il venticinquenne romano Massimo Minorenti, figlio di un ex funzionario
1
“Voglio la cappella di famiglia dei Casati: sono nata tra i poveri, e voglio finire sottoterra tra i ricchi”, sembra avesse
dichiarato Letizia Izzo, che morirà per un tumore nel giugno del 1965.
2
Il doppio annullamento da parte della Sacra Rota dei precedenti matrimoni di Camillo Casati Stampa e della Fallarino
darà luogo, dopo la tragica morte dei marchesi, a vivaci polemiche, e perfino a un'interrogazione parlamentare; Quanto
spese Camillo Casati per annullare il suo matrimonio?, titola "La Stampa" dei 15 settembre 1970, in un articolo dove si
adombrano sospetti sul Tribunale ecclesiastico per la celerità con la quale aveva accordato il doppio annullamento.
IL GRANDE IMBROGLIO
3
Alessandro Casati, zio di Camillo, nel 1924 era stato ministro dell'Istruzione nel governo Mussolini, dal quale si era
poi dimesso in posizione critica verso il regime. Nel 1943, aveva rappresentato il Partito liberale nel primo Cln; nel
1944-45, era stato ministro della Guerra nei due governi Bonomi, quindi deputato della Costituente e senatore di diritto
dal 1948 al 1953. Era morto a Arcore nel 1955.
4
Fonte dell'Autore.
5
“Non lontano da Roma, il marchese aveva acquistato di recente dalla Ruspoli "La Luparella", una vasta area adibita a
riserva di cinghiali. che l'intera isola di Zannone, presso Ponza, gli apparteneva: il marchese vi aveva fatto costruire una
villa e un'abitazione per il guardiano”; '11 Giorno", 5 settembre 1970.
IL GRANDE IMBROGLIO
A partire dalla metà di settembre del 1970, dunque, l’ingente patrimonio dei Casati
Stampa di Soncino, in seguito alla morte del marchese Camillo e della marchesa
Anna, è giuridicamente amministrato dal senatore Giorgio Bergamasco, che è il
tutore della
minorenne marchesina Annamaria. Nato a Milano nel 1904, di professione avvocato,
Bergamasco era stato eletto senatore per il Partito liberale nel 1958; rieletto nel
1963 e nel 1968, ha fatto parte della Commissione Finanze e Tesoro del Senato, e in
Parlamento presiede il Gruppo liberale al Senato.
Il ruolo di protutore della giovane ereditiera dei Casati Stampa (cioè il legale
della minore e suo rappresentante nel caso di un conflitto di interessi tra essa e il
tutore) è esercitato dall’avvocato Cesare Previti. Nato a Reggio Calabria nel 1934, a
Roma fin dal 1949, figlio del commercialista missino Umberto Previti, lui stesso di
orientamento fascista 8 , Cesare Previti disattende dunque il mandato dei Fallarino, e
assiste l’ereditiera Annamaria. Da tempo - e non è dato sapere per quali circostanze -
l’avvocato Previti è in rapporti con l’ancora anonimo palazzinaro milanese Silvio
Berlusconi..
L’ereditiera minorenne Annamaria, da parte sua, è duramente provata e
gravemente scossa dalla tragedia familiare, ed è stretta d’assedio dalla stampa e
braccata dal business giornalistico che è sorto intorno allo scandalo dei Casati
Stampa 9 . Cosi, con tutte le incombenze burocratico-fiscali e amministrative legate
all’eredità nelle mani della coppia Previti-Bergamasco, la marchesina lascia subito
l’Italia e si rifugia alle Seychelles (dove acquisterà e gestirà un albergo) 10 . La reale
cura degli affari legati all’eredità Casati Stampa è virtualmente nelle mani del
protutore Previti: l’anziano tutore Bergamasco, infatti, si limita alla gestione
burocratica, ratificando con la sua firma le decisioni assunte dall’avvocato Previti
nella sua veste di avvocato-protutore della marchesina 11 .
Tre mesi dopo la cessazione della sua tutela legale, il ministro Bergamasco
ríacquisisce dunque la piena disponibilità del patrimonio dei Casati Stampa; e non
più implicitamente in quanto tutore della minore, bensì per esplicito mandato
dell’ereditiera
ormai maggiorenne. Annamaria Casati, nel luglio 1973, sposerà Pier Donà Dalle
Rose, e prenderà residenza in Brasile, a Brasilia; la gestione e la cura dei suoi
interessi, in Italia, è affidata a un ministro della Repubblica esperto fiscalista,
affiancato da un “avvocato di fiducia” figlio di un noto commercialista.
16
Il "Mandato generale" prevedeva in modo esplicito la facoltà per il senatore Bergamasco di “acquistare, vendere,
permutare beni mobili e immobili.,. emettere assegni e cambiali... accendere ipoteche... cedere e riscuotere crediti_
rappresentare la mandante presso qualsiasi Commissione o Autorità fiscale... accettare eredità con o senza beneficio
inventario, addivenire a inventari, denuncie di successione, discuterne i valori, concordare o prorogare le relative tasse,
addivenire a dilazioni di pagamento delle stesse prestando all’Amministrazione Finanziaria dello Stato le opportune
garanzie, mediante pegni o ipoteche ... ”.
IL GRANDE IMBROGLIO
Nella stessa primavera del 1974, l’“acquirente”, cioè il costruttore milanese Silvio
Berlusconi, si insedia nella sontuosa villa di Arcore dei Casati Stampa, prendendo
possesso di tutto quanto vi è contenuto. Ma non paga i 500 milioni annunciati
dall’avvocato
Previti: li pagherà nel tempo, in comode e indefinite rate annue coincidenti per
scadenze ed entità con le scadenze fiscali di Annamaria Casati verso l’Erario.
Berlusconi non si intesta la villa e i circostanti terreni di Arcore dei quali è
entrato in possesso grazie all’avvocato Previti (il rogito verrà stipulato solo sei anni
dopo, nel 1980). Infatti, Previti comunica alla sua assistita che l’acquirente
Berlusconi è in attesa di non meglio precisate pratiche burocratiche edilizie, che non
è opportuno per il momento stipulare l’atto notarile, e che insomma è meglio per tutti
lasciare per ora le cose come stanno. Cosi, di anno in anno, fino al 1980, le proprietà
di Arcore di cui Berlusconi dispone e usufruisce a partire dalla primavera 1974
continueranno a risultare intestate ad Annamaria Casati, e la stessa continuerà, per
ben sette anni, a pagare le relative tasse di proprietà, tasse “risparmiate” dal Magico
Imprenditore Berlusconi grazie all’avvocato Previti. Benché sia arduo conciliare gli
interessi della sua assistita con quelli, avversi, del palazzinaro milanese, e come si
vedrà anche con i propri, Previti riuscirà nella prodezza...
Ma Previti e Berlusconi intendono comunque cautelarsi rispetto a un “affare”
che, in quanto privo di rogito notarile, risulta troppo precario. Cosi l’avvocato
romano, nella stessa primavera 1974, vola a Brasilia dalla sua cliente, e riesce a
ottenere la firma di Annamaria Casati in calce a una delega, congiuntamente intestata
allo stesso Previti e a Berlusconi, che li nomina “amministratori” della tenuta e dei
beni di Arcore.
Nell’estate del 1974, dunque, Berlusconi abita stabilmente la villa di Arcore con
IL GRANDE IMBROGLIO
annesso parco, e benché non abbia ancora pagato la pur modesta somma pattuita con
Previti, ne dispone già come di sua proprietà. Ma nella villa, con Berlusconi, si sono
insediati anche Marcello Dell’Utri 17 , e il pluripregiudicato boss di Cosa Nostra
Vittorio Mangano 18 .
Poco tempo dopo, nel Palazzo Soncino di Milano, dove hanno sede gli uffici che
amministrano il patrimonio Casati Stampa, allo storico e anziano ragionier Lorenzo
Saracchi viene affiancato tale Egidio Lo Baido, originario di Palermo. Lo Baido si
muove negli uffici amministrativi di Palazzo Soncino con molta sicurezza e
disinvoltura, assumendo ben presto un ruolo dirigente. Fatto è che le abitazioni dei
Casati Stampa situate a Cinisello Balsamo (Milano) vengono affidate in locazione a
un gruppo di siculo-calabresi, i quali nel tempo, attraverso pressanti avvertimenti,
intimidazioni e minacce rivolti in puro stile mafioso all’amministrazione dei Casati,
riusciranno infine a divenire “legittimi proprietari” delle abitazioni.
Secondo una testimonianza 19 , all’inizio del luglio 1975 la villa di Arcore è
presidiata da “gorilla” armati di fucili a canne mozze; all’interno, Berlusconi e Previti
sono guardati a vista da altri ceffi siculo-calabresi armati. Il precedente 26 giugno, la
sede delle attività berlusconiane, nella milanese via Rovani, era stata oggetto di un
misterioso attentato dinamitardo.
Ciò che l’ereditiera non può sapere, è che il suo legale avvocato Previti siede nel
collegio sindacale (insieme al padre Umberto) della Immobiliare Idra srl costituita il
precedente maggio 1977: e cioè parte della società cui due anni dopo verranno
intestati la villa e i circostanti terreni di Arcore, ed è la società dove approderanno
anche tutti i superstiti beni terrieri di Arcore dei Casati Stampa. Né Annamaria Casati
può sospettare che l’anno dopo sarà vittima di una prima truffaldina transazione i cui
beneficiari risulteranno essere Silvio Berlusconi e i soci occulti delle sue attività.
IL GRANDE IMBROGLIO
Il 30 luglio 1979, a nove anni dalla morte dei marchesi Casati Stampa, il notaio di
fiducia di Berlusconi, Guido Rodeva, registra l’atto di deposito di una “scrittura
privata di permuta registrata in data odierna, recante scambio di immobili in Cusago e
azioni tra Annamaria Casati Stampa di Soncino e la Immobiliare Coriasco spa con
sede in Milano”.
Nel documento vi è scritto: “Tra i signori: senatore Giorgio Bergamasco
[procuratore generale della signora Annamaria Casati Stampa di Soncino in Donà
Dalle Rose] e il ragionier Giuseppino Scabini impiegato 22 , amministratore unico e
legale rappresentante della Immobiliare Coriasco spa] si stipula quanto segue: la
signora Annamaria Casati Stampa [rappresentata dal senatore Bergamasco trasferisce
a titolo di permuta alla Immobiliare Coriasco spa che, allo stesso titolo, acquista:
appezzamenti di terreni con sovrastanti fabbricati, sia rustici che urbani, compresi nel
comune di Cusago, della superficie catastale complessiva di circa 246.60.63 23 . La
Immobiliare Coriasco spa [rappresentata dal ragionier Scabini] trasferisce a titolo di
permuta alla signora Annamaria Casati Stampa [ ... ] no 800.000 azioni della Cantieri
Riuniti Milanesi spa del valore nominale di L. 1.000 ciascuna. I beni immobili
permutati dalla signora Annamaria Casati Stampa alla Immobiliare Coriasco spa
hanno un complessivo valore di L. 1.700.000.000. Egualmente le no 800.000 azioni
di cui sopra costituenti parte del capitale sociale della Cantieri Riuniti Milanesi spa [
... ] hanno il valore di L. 1.700.000.000, per cui non si fa luogo a conguaglio” 24 .
Sette anni prima, quelle medesime proprietà di Cusago erano state denunciate
all’Erario da Bergamasco e Previti per un valore di 367 milioni; ora, i due
professionisti le cedono a una società “berlusconiana” per l’ipotetico controvalore di
1,7 miliardi sotto forma di “azioni” di un’altra società “berlusconiana”. Promotore e
artefice primo dell’assurda transazione è Cesare Previti, il quale è si l’avvocato di
fiducia della venditrice marchesina Casati Stampa, ma al tempo stesso, e all’insaputa
della sua assistita, ha diretti interessi nel gruppo berlusconiano del quale le società
“acquirenti” sono parte.
La Immobiliare Coriasco e la Cantieri Riuniti Milanesi, infatti, sono società
22
Uno dei tanti prestanome di cui é costellato il nascente impero berlusconiano.
23
Si tratta di oltre 246 ettari, pari a 2.466.000 metri quadri - un'estensione che rappresenta poco meno di un quarto
dell'intero territorio comunale (e Cusago è comune di media estensione). La mastodontica "cessione" é comprensiva
dello stesso abitato di Cusago con il centro storico e piazzette e stradine; il magnifico Castello (riconosciuto fin dal
1912 monumento nazionale, e sottoposto dal 1964 anche a vincolo ambientale); le tenute agricole di Cusago di Sotto,
Corte del Rumi, Podere S. Antonio, Podere Stampa; una sessantina di fabbricati rurali, alcuni dei quali di grandi
dimensioni; e decine di boschi, seminativi, prati, stagni per la pesca, rogge e canali di irrigazione. Considerando la nuda
superficie (quindi escluso il valore degli edifici sia urbani sia colonici), la Immobiliare Coriasco "paga formalmente"
questo ben di Dio di terreni 690 lire al metro quadro - come si vedrà, l'anno dopo finirà per pagarne realmente il 50 per
cento, cioè 345 lire al metro quadro...
24
Nell'atto viene inoltre precisato: “A proposito dei terreni trasferiti in permuta alla Immobiliare Coriasco spa,
quest’ultima dichiara di ben conoscere la destinazione urbanistica e le loro possibilità edificatorie come risulta dal
programma di fabbricazione adottato con delibera del Consiglio Comunale di Cusago del 28 settembre 1963 approvata
dalla G.P.A. il 20 marzo 1964 con provvedimento n. 90929 e dal Ministero dei Lavori pubblici il 21 luglio 1964”.
IL GRANDE IMBROGLIO
appartenenti al nascente gruppo Fininvest, gruppo nel quale hanno ruoli-chiave sia
l’avvocato Cesare Previti, sia suo padre, il commercialista Umberto Previti 25 . La
Immobiliare Coriasco spa è una delle più ambigue società berluscomane: sede a Ciriè
(provincia di Torino), e “gemella” della Immobiliare Romano Paltano spa (anch’essa
con sede a Ciriè, dal 1975 amministrata da Marcello Dell’Utri) dalla quale il 12
maggio 1978 era nata la Cantieri Riuniti Milanesi spa 26 .
***
Intanto, la vicenda dei terreni di Cusago ex Casati Stampa registra importanti novità.
La Immobiliare Coriasco ne vende alla Cantieri Riuniti Milanesi una parte, destinata
a un nuovo insediamento residenziale per 122.470 metri cubi edificabili. La seconda
società subentra alla prima nel piano di lottizzazione, e il 15 novembre 1989 la
Cantieri Riuniti Milanesi firma col Comune di Cusago la relativa convenzione
urbanistica: essa prevede la costruzione di un complesso di edifici su tre piani in
condomini raggruppati “a schiere” formanti “corti”; nella parte centrale
dell’insediamento, case unifamiliari “a schiera” con giardino, e all’estremità orientale
ville “binate” con ampio giardino privato (è prevista anche la dotazione di una piscina
e di un campo-giochi).
Il piano di lottizzazione viene puntualmente approvato a maggioranza dalla
giunta comunale Dc, col voto contrario dell’opposizione di sinistra, secondo la quale
“l’arnimmstrazione democristiana non governa Cusago, ma spadroneggia in questo
nostro povero paese facendo il bello e il cattivo tempo a proprio piacimento senza
tener conto delle esigenze dei cittadini... Si deve approvare e basta, senza fiatare, che
poi a tutto penserà il nostro caro sindaco, purché non vengano toccati gli interessi
della Coriasco... Il sindaco ragionier Luigi Cairati si arrabbia soprattutto quando si
parla di tutela dell’ambiente e dei beni storici, di sviluppo dei servizi sociali, perché
queste non sono voci economicamente utili per le immobiliari” 28 .
La speculazione berlusconiana a Cusago trasformerà in edificabili buona
parte dei terreni agricoli e delle aree verdi ex Casati Stampa. Dichiara un consigliere
comunale: “In Monzoro, una frazione di Cusago, c’era un’area verde che era parte
dell’acquisto Coriasco. Doveva rimanere verde, ma ci hanno costruito sopra delle
case in cooperativa, come al solito assegnate agli amici”. Ancora oggi sono in corso
iniziative immobiliari di varie società che fanno capo alla Fininvest (col “marchio”
Milano Visconti) sulle aree cusaghesi dell’eredità Casati Stampa acquisite nel 1979
dalla Coriasco a 345 lire al metro quadro; e gli edifici costruiti vengono venduti fra i
3 e i 4 milioni al metro quadro 29 .
A Cusago è convinzione diffusa che il “regista sul campo” della locale speculazione
edilizia sia l’avvocato Cesare Previti (coadiuvato da Enrico Hoffer, architetto
28
Il sindaco di Cusago, oltre all'impegno di amministratore pubblico, svolge attività professionale per la Fininvest, e più
precisamente per la Standa.
29
Un professionista locale, il geometra Antomo Bozzi, il 30 marzo 1994 ha inviato all'Ufficio tecnico del Comune di
Cusago il seguente esposto: “La zona industriale a sud del centro abitato di Cusago è completamente satura di nuovi
edifici industriali, commerciali e terziari, non ancora occupati, ai quali edifici si aggiungono molti altri capannoni ed
edifici che, causa la sfavorevole congiuntura, sono stati immessi sul mercato anche da note ed importanti ditte che
hanno cessato recentemente la propria attività produttiva e commerciale... Risulta pertanto non favorevole alla
collettività cusaghese la ventilata espansione a sud della zona industriale... Sia in Cusago contro (Milano Visconti) che
alla frazione Monzoro il territorio comunale e pure saturo di edifici residenziali, che sono posti in vendita ad alto prezzo
(specificatamente Milano Visconti), il che non consente concrete possibilità ai cittadini di Cusago interessati ad
acquistare o affittare appartamenti di residenza; e pertanto non si ritiene necessario l'ulteriore sviluppo di aree agricole
che sono pure vincolate al Parco sud Milano. Se venisse ampliata la zona residenziale (espansione Milano Visconti),
non si otterrebbe alcun vantaggio per la popolazione locale, in quanto si aggraverebbero le necessità delle strutture
sociali (scuole, servizi, ecc,) alle esigenze di residenze dormitorio….>
IL GRANDE IMBROGLIO
Nel 1994, a Cusago, nella piazza Soncino (di fronte al castello visconteo appartenuto
ai Casati Stampa e finito alla Coriasco), viene avviata dalle imprese berlusconiane
una ampia "ristrutturazione" che nei fatti è una nuova edificazione: infatti, i vecchi
fabbricati rustici risultano completamente demoliti (tra questi, vi era l’abitazione del
padre del sindaco, che in cambio si è fatto costruire una comoda palazzina), e dunque
le licenze rilasciate per “ristrutturazione” sarebbero in realtà una commedia.
Il progetto della “ristrutturazione” è firmato dall’architetto Roberto Rizzini, che
è sì il tecnico progettista dell’edilizia Fininvest, ma è anche l’estensore del Piano
regolatore di Cusago, nonché membro della Commissione edilizia.
IL GRANDE IMBROGLIO
Il 2 ottobre 1980, a quasi sette anni dall’effettiva cessione dei beni, viene sottoscritto
il rogito per la villa di Arcore e circostanti terreni. Ancora sotto la sapiente regia
dell’avvocato Previti nel versatile ruolo di legale di fiducia della lontana “cedente”
Annamaria Casati Stampa e di sodale affaristico dell’“acquirente”
Berlusconi-Fininvest, viene stipulato l’atto di compravendita repertato al n° 36110
del notaio milanese Guido Rodeva.
“La signora Annamaria Casati Stampa di Soncino in Donà Dalle Rose
[rappresentata dal procuratore senatore Giorgio Bergamasco] vende alla Società
Immobiliare Idra srl (rappresentata dal signor Giovanni Dal Santo 30 , amministratore
unico della società] che acquista” la villa di Arcore e i circostanti possedimenti terrie-
ri (oltre 200 mila mq); “Il prezzo della presente vendita è stato convenuto in
complessive lire 500 milioni che la parte venditrice dichiara di aver prima d’ora
ricevuto dalla parte acquirente alla quale rilascia corrispondente quietanza” - firmato:
Giorgio Bergamasco (procuratore, a nome della “venditrice”) e Giovanni Dal Santo
(amministratore, per conto della “acquirente”).
La valutazione di 500 milioni di lire “già pagate” per la tenuta e la principesca
villa di Arcore (nell’atto notarile disinvoltamente definite “casa di abitazione con
circostanti fabbricati rurali e terreni a varia destinazione”) è un macroscopico
imbroglio, anche sotto l’aspetto del danno all’Erario. Infatti, subito dopo, la Cassa di
Risparmio delle Provincie Lombarde riterrà la villa di Arcore una garanzia congrua
per erogare un finanziamento di 7 miliardi e 300 milioni (fideiussione
dell’Immobiliare Idra in favore della Cantieri Riuniti Milanesi), mentre il Monte dei
Paschi di Siena, con quella stessa garanzia, accorderà un ulteriore finanziamento di
680
milioni alla Immobiliare Idra. Del resto, secondo una conoscente della marchesina
Casati, “la somma di 500 milioni è il valore della sola Via Crucis del Luini, in 14
quadri che pendevano nella quadreria della villa accanto a un Tintoretto e a un
Tiepolo ... ” 31 . Nel bilancio 1980 della Immobiliare Idra si leggerà che la società ha
acquistato “una villa con parco, di notevole valore e prestigio, sita in Arcore, al
prezzo storico di mezzo míliardo”.
La “acquirente” Immobiliare Idra srl era stata costituita a Roma nel maggio
1977, e nel suo collegio sindacale figuravano sia Umberto Previti, sia Cesare Previti;
il 28 giugno 1979, nel collegio sindacale della società era rimasto solo Previti senior -
il dimissionario Previti junior, il mese successivo, sarebbe stato impegnato nella
prima parte del berlusconiano “miracolo italiano” avente per oggetto i cespiti più
ghiotti del patrimonio Casati Stampa situati a Cusago e di proprietà della sua assistita.
L’atto notarile del 2 ottobre 1980, che sancisce ufficialmente l’acquisizione di
30
Commercialista berlusconiano con funzioni di prestanome, e di procacciatore di prestanome; cfr. G. Ruggeri, M.
Guaríno, op. cit,
31
Fonte dell'Autore. A proposito della pinacoteca, secondo L'Espresso" “per anni Annamaria Casati Stampa cercherà di
rientrare in possesso almeno di un ritratto di Anna Fallarino Casati, opera di Pietro Annigoni, ma non vi riuscirà”.
IL GRANDE IMBROGLIO
una parte del patrimonio Casati Stampa di Arcore da parte del gruppo Fininvest (villa
e tenuta delle quali, come si visto, Berlusconi già dispone di fatto e personalmente da
circa sette anni), è stato preceduto di pochi giorni da una provvidenziale
“coincidenza”: il 12 settembre, infatti, il Comune di Arcore aveva deliberato la
destinazione urbanistica di una parte oggetto della compravendita.
Con questa sfacciata “transazione”, il poliedrico avvocato Previti arriva a
eguagliare i più mirabolanti sortilegi di matrice berlusconiana: aliena una parte del
patrimonio della sua assistita Annamaria Casati in favore di una società Fininvest
nella quale è parte suo padre e nella quale è stato parte lui stesso.
32
Alcune superfici minori (mappali 116-117-118-120-181 del foglio catastale 14, e mappale 50 del foglio 10) non
hanno, all'epoca, destinazione agricola, ma si è già visto come sia agevole mutarne comunque la destinazione a
lottizzazione edilizia, e infatti, nel 1994, parte di questi terreni diverranno edificabili,
IL GRANDE IMBROGLIO
(cioè 357 lire al metro quadro), somma non già in denaro bensì sottoforma di cartacee
“azioni” della vacua e oscura Infrastrutture Immobiliari spa, azioni del tutto prive di
valore certo e che saranno anzi fonte di grane per la vittima del raggiro; beneficiaria
del “regalo” è una società del gruppo Fininvest, gruppo del quale l’avvocato Previti è
parte.
La Immobiliare Idra è uno degli anfratti più oscuri tra le molte oscurità che
caratterizzano il divenire dell’impero Fininvest. La società viene costituita a Roma il
4 maggio 1977 (pochi mesi prima della affiliazione di Berlusconi alla Loggia P2)
dalle due stesse fiduciarie - Servizio Italia spa e Saf spa - della Banca Nazionale dei
Lavoro che originano la Fininvest; la BNL è controllata da banchieri affiliati alla
Loggia P2 34 , e gli stessi piduisti controllano le due fiduciarie dietro le quali si celano
i promotori della Immobiliare Idra. La società nasce con un capitale di un milione
(verrà elevato a 900 l’anno successivo), risulta amministrata dal prestano me
Giovanni Dal Santo, e nel suo collegio sindacale figura, oltre a Cesare Previti, suo
33
Sulle terre di Arcore vivevano da molti anni alcune famiglie di contadini legati ai Casati Stampa da vincoli reciproci;
nel tempo, i diritti e i doveri si erano intrecciati, determinando per i conduttori dei fondi un diritto di prelazione o di
buonuscita. Ma le società berlusconiane che nel 1980 acquisiscono la proprietà delle terre non intendono onorare tali
vincoli: cosi, i contadini sono costretti a ricorrere al tribunale.
Luigi Penati, Gaetano Gariboldi, Luigi e Carlo Teruzzi, citano al Tribunale di Milano l'Immobiliare Idra srl; le parti
raggiungeranno un accordo extragiudiziale.
Più aspro è lo scontro che oppone i contadini di Arcore all'Immobiliare Briantea. occorreranno alcuni anni per comporre
la vertenza. “Nel corso del 1985”, scriverà la società in sede di bilancio annuo, “sono state definite avanti la sezione
Agraria del Tribunale di Monza le più grosse pendenze con i contadini occupanti i terreni di proprietà sociale”; la
Immobiliare Briantea sarà costretta a pagare indennizzi in denaro, e a cedere ai contadini parte dei terreni (133.000 mq,
sui 700.000 acquisiti).
34
Cfr. capitolo "Grande Fratello dei potere occulto pagg. 117-147.
IL GRANDE IMBROGLIO
Informata dell’avvenuto rogito dei 2 ottobre 1980 relativo alla villa di Arcore e
terreni circostanti, ma posta anche di fronte al fatto compiuto del secondo e
sbalorditivo atto notarile di “permuta” di tutte le superstiti proprietà terriere,
Annamaria Casati revoca il mandato all’avvocato Previti, e nomina suo procuratore
generale e suo nuovo legale di fiducia l’avvocato Ferdinando Carabba dello studio
Carnelutti.
Dal lontano Brasile, Annamaria Casati tutto desidera fuorché tornare alla
ribalta delle cronache giornalistiche e nelle aule dei tribunali italiani. Cosi, insiste
presso l’avvocato Carabba perché risolva al più presto il residuo strascico delle
“permute”. “Da atti pubblici risultava che per due transazioni su tre Annamaria era
entrata in possesso di strane azioni di oscure società, e lei temeva di venire coinvolta
in fallimenti, o in dissesti, o anche peggio ... ”, ricorda un amico di famiglia 38 . Le
preoccupazioni della marchesina Casati Stampa per le strane permute con ignote
società vengono espresse a Berlusconi, il quale alzando le spalle risponde: “Non c’è
niente di cui ci si debba preoccupare, e in ogni caso io sono in grado di sistemare
tutto. Tutto ha un prezzo: basta pagare ... ” 39 .
su un lato dei parco e dove ha sepolto suo padre disponendo fin d’ora che un giorno
vi riposerà lui stesso accanto ai fidi Gonfalonieri e Dell’Utri [ ... ]. In fondo al parco
c’è la pista di atterraggio dei suoi due elicotteri [ ... ]. Berlusconi va molto fiero dello
studio che gli ha progettato l’amico architetto Claudio Dini, uno degli inquisiti di
Tangentopoli. Questo locale rompe completamente con gli ambienti monastici o
barocchi o settecenteschi della villa [ ... ]. Tutte le serate finiscono nell’ampio locale
che ai tempi dei marchesi Casati era la grande sala da ballo e che ora viene chiamata
la sala della musica, poiché vi troneggia un pianoforte. Non di rado il patron della
Fininvest si lancia in motivetti anni Sessanta o improvvisa un duetto con
Confalonieri, come ai bei tempi quando avevano creato un complesso musicale” 40 .
Piantonata a vista da decine di guardie del corpo che proteggono giorno e notte
questa specie di Buckingham Palace della Brianza, Villa San Martino di Arcore
rappresenta nei fatti il vero, grande “miracolo italiano” di Berlusconi, non a caso
emblema del suo potere: grazie al talento dell’avvocato Previti, il Superimprenditore
nel 1974 è riuscito a impossessarsi di una multimiliardaria reggia, con pinacoteca e
parco e terreni, sborsando a rate nell’arco di anni (e dunque sottraendosi per armi alle
relative tasse di proprietà, né pagando alcun “affitto”) il prezzo equivalente a un
appartamento del centro-cíttà.
Nel 1994, intervistato da Giorgio Bocca 41 l’ineffabile avvocato Previti dichiara: “[Ho
conosciuto] Berlusconi molto tempo fa, negli anni Settanta 42 . Allora curavo gli
interessi della contessa Casati Stampa 43 , ricorda quella poveretta che fu uccisa con il
suo amante dal marito, Camillo Casati Stampa? Rimase una figlia, Annamaria,
giovanissima [ ... ]. La Annamaria non voleva stare in quella villa dalle tragiche
memorie, volle che la vendessi. Provai con dei brianzoli, degli speculatori che prima
o poi l’avrebbero lottizzata. In quei giorni avevo avuto un lavoro dalla Edilnord di
Silvio e gli dissi: “Berlusconi, lei deve farmi un grande piacere”. “Si, e quale?”. “Mi
comperi la villa San Martino dei Casati Stampa, ad Arcore”. “Ma avvocato cosa me
ne faccio di una villa, io sto in città, in viale San Gimignano, ho i miei affari in città”.
“Venga a vederla”. Andammo a vederla e alla fine lui mi fece una proposta
tipicamente sua: “Me la lasci provare, ci sono le vacanze di Pasqua, ci vado per
qualche giorno e la provo”. La provò e non se n’è più andato”.
40
"L'Espresso", 31 ottobre 1993.
41
Cfr. G. Bocca, Il sottosopra, Mondadori, Milano 1994, pagg. 195-96.
42
Previti, invece, conosce Berlusconi fin dalla fine degli anni Sessanta, come lui stesso ha confermato alla "Stampa"
l'11 maggio 1994.
43
Previti, invece, tutelava gli eredi Fallarino nella contesa con Annamaria Casati per l'eredità.
IL GRANDE IMBROGLIO
Non è dato sapere né come né quando Berlusconi sia entrato in contatto con loro, ma
è certo che Previti padre e figlio hanno avuto un ruolo-cardine nell’ambiguo divenire
del gruppo Fininvest, e oggi Cesare Previti siede stabilmente al vertice della cupola
berlusconiana.
Umberto Previti (nato nel 1901 a Reggio Calabria, romano ) è l’ultimo degli
amministratori che si sono succeduti alla Edilnord 44 , l’oscura società a capitale
“svizzero” che lo stesso Umberto Previti nel gennaio 1978 ha posto in liquidazione,
previa vendita a Milano 2 spa (nuova intestazione della Immobiliare San Martino,
fondata da anonimi nel 1974 e amministrata da Marcello Dell’Utri) di tutto il
costruito e il costruendo della “città satellite” Milano 2. E’ ancora Umberto Previti
che nella sua veste di amministratore della neocostituita Fininvest Roma il 30 giugno
1978 (5 mesi dopo l’affiliazione di Berlusconi alla Loggia P2) ha proposto di
elevarne il capitale sociale da 20 milioni a 50 miliardi 45 . Del resto, Previti è interno al
parabancario della Banca Nazionale del Lavoro (all’epoca controllata dalla Loggia
P2) - Bnl Holding - le cui fiduciarie Servizio Italia e Sfa sono all’origine del gruppo
Fininvest celando Identità dei veri promotori 46 .
Cesare Previti nel 1975 sedeva nel collegio sindacale della romana Fininvest srl (e nel
1977 in quello della neocostituita Immobiliare Idra srl) - una presenza che sembra
essere a tutela di precisi interessi. Negli anni Ottanta, il suo nome comparirà al
vertice di numerose società del gruppo Fininvest (nel consiglio di amministrazione
della Standa, di Euromercato, di Mediolanum Factor, alla vicepresidenza della
Fininvest Comunicazioni e della Rti), mentre il suo personale potere andrà
consolidandosi di pari passo. Come avvocato civilista, Previti assiste il palazzinaro
andreottiano Gaetano Caltagirone 47 alle prese con un crac multimiliardario, e il
44
Si tratta della società già intestata prima alla cugina e poi alla zia di Berlusconi, e finanziata dalla
Finanzierungesellschaft Fr Residenzen e dalla Aktíengesellschaft Fr Immobilienlagen in Resídenzzentren (entrambe con
sede a Lugano). Umberto Previti ne viene nominato socio accomandatario il 6 dicembre 1977 proprio con il compito di
liquidare la società.
45
“Illustrando gli obiettivi dello sbalorditivo megaaùmento, Prevíti parla degli insediamenti residenziali di Milano 2 e
Milano 3, del centro commerciale all'ingrosso di Lacchiarella, di Tv commerciale, di trasporti aerei, di servizi
finanziari... Viene quindi deliberato l'aumento del capitale sociale a 50 miliardi, ma al momento i due soci [le due
fiduciarie piduiste della piduista Bnl, Nd,41 ne versano solo 18: l'intera somma viene data in finanziamento a "terzi", i
quali "terzi" altri non sono che la Fininvest spa di Milano, e utilizzata per acquisire il controllo di Milano 2 spa, di
Italcantieri, e di altre società”; cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pag. 102.
46
Secondo Nerio Nesi (ex presidente della Bnl), il ricorso allo schermo delle fiduciarie per l’intestazione di azioni
societarie è perché “vi sono soci che non gradiscono apparire”. Della fiduciaria Servizio Italia, in quegli stessi anni, si
avvalgono per coprire i loro traffici anche il Venerabile maestro Licío Gelli, il bancarottiere piduista e mafioso Michele
Sindona, il bancarottiere piduista Roberto Calvi, e il losco faccendiere Flavio Carboni. “t assodato che Servizio Italia,
formalmente Bnl, è pienamente controllata dalla Loggia P2, e che dietro il suo schermo si celano anche società e
interessi di ogni sorta”; cfr., G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pagg. 106-08.
47
Quale difensore di Caltagirone (dichiarato fallito coi suoi fratelli in seguito al crac del suo spregiudicato impero
edilizio, e coinvolto nello scandalo Italcasse), l'avvocato Previti “strappa alla Corte di Cassazione un verdetto
considerato degno di figurare tra la giurisprudenza del diritto societario, ottenendo la conferma della distinzione, ai fini
giuridici, tra società e persone fisiche” ("il manifesto", 21 aprile 1994).
IL GRANDE IMBROGLIO
craxiano Enrico Manca coinvolto nello scandalo P2 48 ; ricopre per anni l’incarico, si
dice per conto del Psi craxiano, di vicepresidente della Selenia (azienda bellica statale
del gruppo IRI), e allaccia molte relazioni eccellenti 49 . Grazie al suo sodale
Berlusconi, conosce anche Bettino Craxi, del quale diviene anch’egli un assai intimo
amico 50 .
Benché il suo nome non comparisse negli elenchi degli affiliati alla Loggia P2 51
Cesare Previti era in contatto col Venerabile maestro Licio Gelli - un rapporto, quello
tra i due, rimasto sempre supersegreto, e casualmente emerso solo nel 1988: “Ore
13,40 del 23 maggio 1988. Gli uomini della Digos di Arezzo fermano un’auto che sta
entrando a Villa Wanda, residenza di Licio Gelli. È la prassi, dopo che il Venerabile
il 17 febbraio è stato finalmente estradato dalla Svizzera: nessuno può incontrarlo
senza essere identificato. E quel giorno, sul brogliaccio della Digos, compare
l’annotazione “Avvocato Cesare Previdi, Roma. Senza documenti”. Pochi mesi dopo,
esattamente il 10 settembre, la stessa persona viene identificata mentre va di nuovo a
visitare Gelli presso l’hotel Continentale di Arezzo, uno dei luoghi dove il Gran
maestro della P2 teneva i suoi incontri. Ma chi è questo misterioso personaggio? Da
una ricerca presso la Cassazione non risulta a Roma nessun avvocato Cesare Previdi,
ma solo un avvocato Cesare Previti. Proprio lui, l’ex vicepresidente della Fininvest,
da anni tra i più stretti collaboratori di Silvio Berlusconi, l’uomo che favori l’acquisto
della villa di Arcore [ ... ]. Era lui a incontrare Gelli, già condannato per la strage
dell’Italicus e sotto inchiesta in numerose Procure Sul nome non dovrebbero esserci
dubbi, anche perché nel tabulato della Digos gli errori sui nomi sono molto frequenti.
Inoltre, sotto le indicazioni delle due visite, vi è una strana sigla:
48
Benché il suo nome fosse incluso nell’elenco di affiliati alla Loggia P2 sequestrato al Venerabile maestro dai
magistrati milanesi, Manca, assistito dall'avvocato Previti, “fu scagionato dal Tribunale di Perugia dall'accusa di
appartenenza alla Loggia; e, nel 1985, in una causa civile, ottenne la condanna di Ernesto Galli Della Loggia al
risarcimento dei danni (50 milioni). L'anno dopo, la leggenda vuole che sia proprio Previti a suggerire a Berlusconi di
fare a Bettino Craxi il nome di Manca quale presidente della Rai; é storia, invece, l'incontro Berlusconi-Manca-Biagio
Agnes il 4 febbraio 1987 a casa Previti per trattare la pax televisiva fra Rai e Fininvest”; "L'Espresso", 20 maggio 1994.
49
“Gli anni Ottanta sono stati per Prevíti di grande successo, con il seguito di simboli vistosi: ai primi posti nella
graduatoria dei contribuenti romani, una torre spagnola ristrutturata per le vacanze all’Argentario, uno yacht di 29 metri
all’ancora. Sono anche gli anni in cui l'avvocato, il cui cuore ha sempre battuto per. la destra missina, ha cominciato a
sentirsi anche in sintonia coi potente protettore politico di Berlusconi, Beffino Craxi. E tra i suoi migliori amici egli
annovera altri uomini di legge che sono stati aperti estimatori craxiani, come il giudice Renato Squillante”;
"L'Espresso", 22 aprile 1994.
“Previti é un maestro nell'arte di tenere contatti. Amico di Filippo Verde, ex capo di gabinetto di Giuliano Vassalli alla
Giustizia ed ex giudice del Tribunale civile di Roma (bocciò fra l'altro le pretese di Carlo De Benedetti sulla Sme),
nonché di Renato Squillante, capo dei Gip di Roma. [Previti] ha assistito la Fininvest in molte vicende
chiave”;”L’Espresso", 20 maggio 1994.
50
“Di Craxi sono amico, un'amicizia mutuata da Silvio Berlusconi il quale, come me, non l'ha mai rinnegata. Ci
vedevamo a casa di Berlusconi, il presidente [Berlusconi] e io andavamo con la famiglia, Craxi portava anche i nipotini.
Poi a Capodanno. Una volta fu lui a invitarmi a Capiago, vicino a Corno... Ci diamo del tu” ("Panorama", 9 luglio
1994).
51
E’ tuttavia noto come gli elenchi di affiliati alla P2 sequestrati dalla magistratura nella villa aretina di Gelli siano stati
ritenuti dalla Commissione parlamentare di inchiesta parziali e incompleti.
IL GRANDE IMBROGLIO
Nei primi giorni di maggio del 1994, durante la formazione del governo Fininvest,
solo il veto del Presidente della Repubblica impedisce a Berlusconi di nominare
l’avvocato Cesare Previti ministro dell’Interno, e in subordine ministro di Grazia e
Giustizia (il neo-senatore Previti dovrà “accontentarsi” della poltrona di ministro
della Difesa - dalla quale può comunque controllare il Servizio segreto militare,
l’Arma dei Carabinieri, e le pingui commesse di armamenti) 53 .
Sotto le luci della ribalta del potere, l’avvocato-entità della Fininvest,
neo-ministro nel gabinetto del suo sodale affaristico assiso alla Presidenza del
Consiglio, ha modo di dichiarare: “Si. Ero protutore della marchesa Casati. Lei aveva
deciso di vendere la villa di Arcore a delle persone che a me non piacevano. Cosi ho
detto a Silvio di non farsi scappare questa casa, che era molto bella e stava meglio in
mano sua che in mano altrui” 54 .
Intanto, un’anziana signora romana, Giovanna Ralli, denuncia di essere vittima di una
disinvolta operazione che ha per protagonista Clelia Previti (sorella di Cesare, e figlia
di Umberto) attraverso una strana società previtiana, e per oggetto un immobile della
Ralli situato sulle scogliere dell’Argentario, a Punta Maddalena -una splendida torre
spagnola, per il cui acquisto Clelia Previti ha rilasciato alla Ralli 700 milioni di
cambiali parte delle quali finite in protesto 55 . La Ralli si rivolge al neo-ministro
52
"L'Europeo", 30 luglio 1994. Nel corso di un’intervista a "La Stampa" dell'11 maggio 1994 (cioè precedente la
notizia dei suoi incontri con Gelli rivelati” dall’Europeo" alla domanda se avesse fatto parte della P2,
l'avvocato-ministro Previti aveva dichiarato: “La risposta è no. Io da bambino ho imparato a detestare due parole:
massoneria e mafia... Divento una belva, quando dicono che stavo nella P2”; è dunque probabile che l'avvocato
calabro-romanesco si recasse ad Arezzo da Gelli onde manifestargli personalmente la sua atavica avversione per la
parola "massoneria" e anche quella per la parola "mafia" (termine anch'esso non estraneo al Venerabile maestro)...
53
Secondo il piano "politico" della cupola berlusconiana, la presa dei potere attraverso il partito-setta “Forza Italia”
avrebbe dovuto tradursi nell'insediamento di Berlusconi alla presidenza del Consiglio, di Marcello Dell'Utri al
ministero dell'Interno, e di Cesare Previti al ministero di Grazia e Giustizia.
54
“La Stampa” 11 maggio 1994.
55
Il neo-ministro della Difesa Cesare Previti “ha ricevuto l'accorata lettera di una signora romana, Giovanna Ralli, che
lo prega di intervenire perché Clelia Previti, sorella di Cesare, paghi i 700 milioni stabiliti dal contratto di acquisto di
un'incantevole torre spagnola che troneggia sulle scogliere dell’Argentario(... ). La richiesta di aiuto [della venditrice
Ralli) entra nei particolari: "Purtroppo, a partire dal mese di novembre, le cambiali ipotecarie che [Clelia Previti] ha
firmato all'atto del rogito (in tutto ne restano 36 per un totale di circa 700 milioni) vengono regolarmente protestate e
sono senza esito tutte le azioni intraprese dal mio avvocato"(…). La signora Clelia Previti ha acquistato la torre che
domina Punta della Maddalena [ ... ]. Ma anche Cesare Previti è ospite fisso dell'Argentario: possiede un veliero di 29
metri, il Barbarossa, ormeggiato nel porto turistico di Cala Galera ( ... ). Clelia Previti decise di acquistare la splendida
dimora di Punta della Maddalena nel 1992. Lo fece con due contratti stipulati a luglio e a settembre nello studio del
notaio Franco Ventura Si decise che l’immobile sarebbe stato Intestato a una società di cui la Previti era amministratore
unico, la Baguette srl, con sede in via Marianna Dionigi a Roma. Il prezzo fu fissato in poco più di 900 milioni, parte da
pagare in contanti, parte in cambiali ipotecarie. La signora Ralli chiese ed ottenne che le cambiali emesse dalla
Baguette, società con capitale di 20 milioni di lire, venissero avallate con la firma di Clelia Previti e del marito,
l'avvocato (oggi cancellato dall'albo) Pasquale Michienzi [ ... ]” 1 due ottennero la cortesia che sull'immobile acquistato
la signora Ralli iscrivesse solo un'ipoteca di secondo grado a garanzia del pagamento dei 600 milioni di cambiali.
L'ipoteca di primo grado, Invece, fu iscritta dalla Milano centrale mutui spa, una finanziaria milanese; da questa società
la Baguette di Clelia Previti aveva ottenuto un mutuo di 500 milioni a fronte di una ipoteca di soli 600 milioni. Gli
IL GRANDE IMBROGLIO
ultimi ostacoli furono superati alla fine di novembre del 1992, quando scadde il termine entro il quale il ministero dei
Beni Culturali poteva esercitare il diritto di prelazione. A questo punto Clelia Previti poté finalmente entrare nel suo
mini castello di Punta della Maddalena. Giovanna Ralli, invece, passò solo pochi mesi di tranquillità. Poi, quando vide
che le prime cambiali [finivano in protesto] decise di capire cosa fosse la Baguette srl e chi fossero realmente i suo
debitori, Clelia Previti e suo marito. Scopri che la società aveva come amministratore unico la Previti dal gennaio 1992,
mentre prima si erano alternati alla guida una certa Patrizia Tordi, Umberto Previti (il padre), Carlo Michienzi ; che la
ragione sociale era "il commercio e lavorazione di minerali metallici e oggetti preziosi, l'acquisto, la vendita, la
permuta, la detenzione di oreficeria e gioielleria, il commercio anche per conto terzi di mobili e soprammobili, le
operazioni finanziarie". A leggere i bilanci non si cavava granché; l'unica proprietà registrata, per un valore di un
milione e 300 mila lire, era un terreno e, comunque, la società risultava protestata da altre persone. La signora Ralli
scopri anche altri curiosi aspetti della vita della coppia Michienzi Previti. Solo poche settimane dopo aver acquistato la
torre i due tornarono dal notaio Ventura e costituirono un fondo patrimoniale, figura giuridica che permette di
raccogliere tutte insieme le proprietà di una famiglia destinandole al sostentamento di essa stessa; nel fondo finirono un
appartamento che si trova nel cuore di Roma, al numero 20 di via della Croce, e due cantine di uno stabile di via
Marianna Dionigi. Nessun creditore può rivalersi contro un fondo, a meno di non riuscire a dimostrare che non serve
affatto allo scopo per il quale é stato creato, ma è solo uno schermo anticreditori [ ... ], Anche a cercare di rivalersi
sull'appartamento di via della Croce, [per la creditrice Ralli c'era poco da ricavare: la Banca Nazionale del Lavoro
vantava una ipoteca di 2 miliardi e 100 milioni a fronte di un prestito di 700 milioni [...]”; "L'Espresso", 13 maggio
1,994.
Il 29 luglio 1994, "L'Espresso" informa che la vicenda si è chiusa con una transazione tra la Ralli e il Michenzi
56
“Il Mondo”, 4 luglio 1994.
57
“Il conto FF 2927 era stato aperto nel 1985 presso la sede di Ginevra della Trade Development Bank. Ufficialmente
intestato all'avvocato Kostenbaum, apparteneva in realtà a Giancarlo Rossi. L'agente di cambio di Roma utilizzava quel
conto quasi sempre come punto di transito delle sue operazioni finanziarie o, come è avvenuto nel caso delle tangenti
fino a qui accertate, lo prestava come parcheggio per operazioni effettuate da suoi amici e conoscenti. La struttura
finanziaria svizzera di Rossi era però assai più articolata. Al conto FF 2927 si era affiancato nel 1992 anche il conto LL
417023, sempre presso la stessa banca di Ginevra. E su quest'ultimo operavano due conti deposito, il Seaford Holding
Incorporated e il Telda Finance Sa, due società di diritto panamense, intestate a Maria Celeste Meschini e Lucio Rossi,
rispettivamente madre e padre dell'agente di cambio. In relazione continua con questa struttura finanziaria, il cui
beneficiario unico era Giancarlo Rossi, c'erano anche tutti i conti personali dei suoi clienti, i quali preferivano che i loro
denari restassero su conti propri e che di volta in volta venissero utilizzati dall'agente di cambio per operazioni e
investimenti” ("L'Espresso", 8 luglio 1994).
IL GRANDE IMBROGLIO
hanno scoperto anche altro sull’oscuro faccendiere: “Sei banche sparse fra New York
e Lugano. Due società off-shore domiciliate a Panama. Altrettanti conti cifrati su cui
è passato un migliaio di miliardi. E tre magistrature che indagano: quella di Ginevra
per riciclaggio, quella di Roma per concorso in corruzione e quella di Milano per
violazione della legge sul finanziamento dei partiti. Brutta storia quella del signor
Giancarlo Rossi, professione agente di cambio, finito a San Vittore lo scorso 21
giugno. Una storia in cui compaiono vecchie conoscenze di Tangentopoli. Per
esempio il finanziere Sergio Cusani e l’ex responsabile delle relazioni esterne del
gruppo Ferruzzi, Luigi Bisignani [ già affliato alla P2, N.d.A.], finiti nel mirino di
Mani pulite per la tangente Enimont. E anche Francesco Pacini Battaglia, quello della
Karfínco di Ginevra, da cui transitavano le mazzette pagate a Psi e Dc dalle società
dell’ENI. Ma è una storia, quella di Rossi, in cui oltre a quattrini, tangenti e conti
svizzeri forse c’è anche dell’altro. Quando l’agente di cambio è stato arrestato, nella
ventiquattro ore aveva delle carte che Antonio Di Pietro non s’aspettava di trovare [
... ]. Dalla valigetta di Rossi è spuntato uno strano fascicolo d’appunti “riguardanti il
Sismi (il servizio segreto militare) e l’Organizzazione centrale della Difesa”. Cosa se
ne faceva di quei nomi e di quegli organigrammi l’agente di cambio Rossi? “Al
riguardo dichiaro che io ho ottimi rapporti con l’attuale ministro della Difesa Previti”
ha detto a Di Pietro. “Mi sono documentato sull’organigramma della Difesa per
parlarne con Cesare Previti, per scambiare con lui opinioni e dare le mie valutazioni”.
Una spiegazione quantomeno singolare 58 .
“L’arresto dell’agente di cambio romano Giancarlo Rossi [ ... ] sta creando più di un
imbarazzo al governo Berlusconi. t stato lo stesso operatore di Borsa a rivelare i suoi
rapporti con Cesare Previti, ministro della Difesa [ ... ] al sostituto procuratore
Antonio Di Pietro. Previti ha replicato dicendo di avere visto Rossi occasionalmente e
di non aver mai fatto affari con lui. La realtà è un po’ più complicata. Stefano Prevíti,
figlio del ministro, avvocato come il padre, ha lavorato per il recupero crediti della
Fincom, controllata fino al 1989 dalla famiglia Lefebvre d’Ovidio, e dallo stesso
Rossi attraverso una quota minoritaria intestata alla sorella Stefania. C’è di più. In
occasione delle ultime elezioni politiche Rossi ha svolto durante la campagna
elettorale attività a favore di due candidati. Uno è il suo ex socio e agente di cambio
Fabrizio Sacerdoti [già] segretario amministrativo della Dc romana quando Vittorio
Sbardella ne era il leader incontrastato [Sacerdoti è stato eletto deputato nella lista
“Forza Italia”]. L’altro candidato di Rossi era proprio Previti. Lo studio legale
dell’attuale ministro della Difesa era uno dei recapiti ufficiali di Rossi a Roma [ ... ].
Le relazioni Rossi-Previti, per quanto inquadrate in un rapporto fra professionisti, non
sembrano proprio occasionali. E’ stato Rossi per esempio a presentare Previti a
Fabrizio Cerina, titolare dei gruppo bancario-finanziario in liquidazione Attel. E alla
luce di alcune circostanze non sono casuali i rapporti fra società di Rossi e società
appartenenti al gruppo Fininvest. Nel dicembre 1993 la Cofiniab di Rossi ha
58
“Panorama”, 9 luglio 1994.
IL GRANDE IMBROGLIO
comprato appunto per 3,3 miliardi di lire un immobile dalla Edilnord di Paolo
Berlusconi” 59 .
Benché l’ineffabile ministro Previti “smentisca” e minacci querele (“E’ una
montatura polilico-giornalistica!”), già i contatti telefonici di Rossi, nel periodo che
precede il suo arresto, risultano illuminanti: “Previti viene chiamato [da Rossi] cinque
volte: sul suo cellulare, nell’abitazione romana, e persino a Porto Santo Stefano,
sull’Argentario. Con numeri diversi, Rossi chiama anche 11 volte il ministero della
Difesa. Ma ministri e ministeri non finiscono qui. Rossi cerca Alfredo Biondi,
responsabile della Giustizia (sia nella sua città, Genova, sia sul cellulare), Francesco
D’Onofrio (ministro della Pubblica Istruzione), e più volte i ministeri dell’Interno,
della Giustizia, oltre alla Banca d’Italia e al Vaticano. Nell’elenco nelle mani di Di
Pietro compare anche una chiamata a un numero intestato a Silvio Berlusconi, via
Santa Maria dell’Anima 31/A, l’abitazione romana del presidente del Consiglio. Con
uomini legati a Berlusconi e al suo gruppo, Rossi ha avuto rapporti frequenti:
compaiono infatti chiamate a Antonio Tajani, portavoce del premier, a Fininvest
comunicazioni, Publitalia e alla Diakron, la società che sforna i sondaggi per “Forza
Italia”” 60 .
Nel settembre 1994, la cupola berlusconiana decide di dotare il partito-setta “Forza
Italia” di un “segretario politico”. Il candidato naturale alla pseudo-carica al vertice
dello pseudo-partito è il suo creatore Marcello Dell’Utri; ma il personaggio è ormai di
quelli pubblicamente “bruciati” per via delle numerose vicende giudiziarie nelle quali
è coinvolto, e per le sue notorie frequentazioni mafiose. Per cui, il “segretario” del
partito-setta Fininvest non può che essere l’altra entità della Fininvest:
l’avvocato-ministro Previti. Eletto all’alta carica da due soli “voti”: quello di
Berlusconi, e quello di Dell’Utri 61 .
Intanto, il contumace Bettino Craxi (supercorrotto ex segretario del Psi, e ex
padrino politico della setta berlusconiana), dal suo dorato rifugio di Hammameth
conferma al “New York Times” che anche la Fininvest è stata parte attiva della
maxicorruttela politico affaristica della cosiddetta “Tangentopoli” 62 . Previti, che sul
59
“Il Mondo” 11 luglio 1994.
60
"Panorama", 6 agosto 1994. Nell'agenda del faccendiere “ci sono tutti i recapiti telefonici dell'ex squalo
democristiano Vittorio Sbardella, accanto ai numeri -dodici in tutto tra abitazione, ufficio, telefonino, ministero, villa al
mare - dei ministro della Difesa Cesare Previti. Vi si possono trovare i vecchi e nuovi telefoni dell'ex sottosegretario Dc
alle Partecipazioni Statali Paolo Del Mese e qualche pagina più avanti i cinque numeri privati e pubblici del ministro del
Tesoro Lamberto Dini e quelli dei sempreverde Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Ma non ci
sono solo politici. Ci sono i numeri dell'ex procuratore capo di Roma Vittorio Mele e quelli, mai cancellati, di alcuni
uomini di finanza caduti in rovina con Tangentopoli: l'ex vicepresidente della Comit Vincenzo Palladino e l'ex
presidente della Consob Bruno Pazzi. E poi nomi di rango di militari e agenti dei servizi segreti: quello del latitante del
Sisde Michele Finocchi e del suo ufficio di copertura intestato all'arabo Bey El Hady Salma, il capo di Stato maggiore
dei Carabinieri e il comandante della Guardia di Finanza, i generali Alessandro Vannucchí e Carlo Berlenghi”
("L'Espresso, 8 luglio 1994).
61
Protesta solo, con debita moderazione, la candida Tiziana Parenti detta Tittí: “II segretario [di "Forza Italia"] non può
essere imposto... Berlusconi non può decidere per tutti nominando Previti, il capo devono eleggerlo
democraticamente gli iscritti... lo non ho capito questa storia di Previti: chi lo ha nominato?” ("La Stampa", 12
settembre 1994).
62
Indro Montanelli ha dichiarato in proposito: “Che Berlusconi sia stato un finanziatore di Craxi lo sanno tutti, [ma] i
IL GRANDE IMBROGLIO
magistrati non sono riusciti a trovare le impronte digitali, le prove... Evidentemente, Berlusconi è stato furbo”.
63
Cfr. "La Stampa", 29 settembre 1994.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
In effetti, “Op” rilevava quella che è stata una delle reali costanti dell’avventura
1
Esemplare, in questo senso, il ruolo di "Op" nell'ambito della vicenda relativa al sequestro e all'uccisione di Aldo
Moro. Cfr. S, Flanfigni, La tela del ragno, Kaos Edizioni, Milano 1993.
2
“Op”, 12 dicembre 1978. Particolarmente sibillina risulta la frase “senza nemmeno inviare un cesto di rose alla signora
Conte, a titolo di ringraziamento”.
3
Cfr. capitolo, "Segreti italiani in terra elvetica pagg. 49-75.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
“Una delle cose che ci aveva maggiormente insospettito era il fatto che la Standa,
dopo la compravendita, fosse rimasta nel centro pagando un canone all’Inadel”,
spiega Adriano Papa, segretario del partito della Quercia di Desenzano e primo
firmatario della denuncia. “Quando a Roma è scoppiato il caso dei palazzi d’oro
acquistati proprio dall’ex parlamentare socialista Nevol Querci, a quell’epoca
commissario straordinario dell’ente assistenziale, abbiamo sottoposto il caso alla
magistratura”. E cosi, tra gli atti in mano ad Ascione, è finito anche un interrogatorio
di Querci davanti a Di Pietro. L’ex socialista, arrestato nell’ottobre del ‘92, il 14
dicembre aveva dichiarato: “L’Inadel ha effettuato una serie di compravendite
immobiliari con un ristretto gruppo d’imprenditori, tra cui Paolo Berlusconi. Tali
imprenditori, circa una ventina, venivano privilegiati nella ricerca del contraente da
cui acquistare l’immobile in cambio di un contributo alla segreteria nazionale [del
Psi]” 5
Nell’aprile 1994, anche la Procura di Milano, dopo averlo arrestato, dispone il
rinvio a giudizio di Paolo Berlusconi per corruzione: secondo l’accusa, “avrebbe
versato tangenti del 5 per cento all’ex funzionario Cariplo Giuseppe Clerici, a sua
volta inquisito, per sbloccare la vendita di tre palazzi di Milano 3 al Fondo pensioni
della banca. Un affare da 22 miliardi, con mazzette per 1.227 milioni, 60 dei quali
pagati in nero attraverso fatture false” 6 .
Del resto, Silvio Berlusconi aveva già manifestato la sua fatale attrazione per le
banche e per i Fondi pensione, e esplicitato la sua cronica insofferenza per la Legge e
i Codici (“Lacci e lacciuoli”), fin dagli anni Settanta, quando aveva bersagliato di
iracondi strali la legge sull’equo canone citando ad esempio un suo business col
Fondo pensioni della Banca d’Italia: “Costruiarno un villaggio per conto del Fondo
pensioni della Banca d’Italia; il Fondo pensioni propone affitti sui cinque milioni
l’anno Arriva l’equo canone: gli affitti, ope legis, sono dimezzati, e i pensionati della
Banca d’Italia devono regalare due milioni e mezzo per ogni alloggio ... ” 7 .
***
Pecorelli era consapevole dei pericoli insiti nella sua “attività giornalistica”: in
una nota di “Op” del settembre 1976, intitolata Avviso a futura memoria, aveva
accennato a minacce ricevute, e aveva indicato nel "Biscione, 8 colui che avrebbe
potuto riservargli violenze di tipo fisico. D’altro canto, dopo le sue polemiche
“dimissioni” dalla Loggia P2 9 , Pecorelli manteneva col Venerabile maestro un
5
“la Voce”, 2 aprile 1994.
6
"Corriere della Sera", 30 aprile 1994. Nel corso dell'interrogatorio del precedente 15 febbraio, Paolo Berlusconi aveva
ammesso i versamenti illeciti, e le false fatturazioni.
7
In G. Bocca, No grazie “, La Repubblica", 17 maggio 1979.
8
Secondo Sergio Flamigni, é uno degli appellativi coi quali Pecorelli si riferiva a Giulio Andreotti; il "Biscione" è
anche il 1ogo" dei gruppo Fininvest.
9
Pecorelli, in data 18 maggio 1977, inviò al Venerabile maestro la seguente lettera “Caro Licio, ho atteso invano una
tua comunicazione riguardo Fratello Gigi. All'atto di sollecitare il Tuo autorevole intervento, ti avevo anche
rappresentato la mia
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
11
Domanda di autorizzazione a procedere contro d senatore Giulio Andreotti “per omicidio volontario, aggravato dalla
premeditazione, nei confronti di Carmine Pecorelli , in concorso con ignoti e con Gaetano Badalamenti, Giuseppe Calò,
Stefano Bontate , Ignazio Salvo, Antonino Salvo”, Roma 8 giugno 1993, pagg. 82-3.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
Alla fine di gennaio 1979, il “fratello” Silvio Berlusconi era stato di nuovo oggetto
delle attenzioni di “Op”. Secondo Pecorelli, in quel periodo il costruttore milanese
stava brigando per insediarsi alla guida della più importante Cassa di risparmio del
mondo, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde:
“Stupore e incredulità nel inondo bancario per la candidatura del cavaliere del
lavoro Silvio Berlusconi alla presidenza della Cariplo. Viviamo in tempi modesti e
nonostante per le nomine si continui a promettere il primato della competenza, si
finisce sempre per mandare alla Consob un Pazzi qualunque. Ma affidare al primo
che capita anche lo scettro della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, a
Milano sarebbe considerato un affronto. Con tanti imprenditori, con tanti valenti
manager su piazza, ci si chiede perché tanta smania di salire sul gradino più alto in un
imprenditore che al suo attivo vanta una sola opera di spicco, il complesso
immobiliare Milano 2. Dunque Berlusconi è un candidato senza speranza? Non è
detto: controlla il 12,5 per cento delle azioni del “Giornale” di Montanelli e di
recente ha dichiarato di voler accentuare la sua presenza nel settore giornalistico. A
qualcuno potrebbe venire in mente di premiare il suo impegno politico 12 .
Uno dei capisaldi tattici per l’attuazione del corruttivo “Piano di rinascita” elaborato
dalla P2 tra il 1975 e il 1976 14 prevedeva infatti l’infiltrazione della Loggia nel
sistema bancario; ma a prescindere dai suoi obiettivi politico-strategici, il presente
della Loggia piduista era essenzialmente caratterizzato sul versante affaristico 15 . Nel
12
“Op”, 30 gennaio 1979.
13
Cit. in "La Stampa", 26 marzo 1994.
14
Si trattava di un articolato progetto volto a modificare l'assetto politico nazionale in senso autoritario (Repubblica
presidenziale), mediante la corruzione di partiti e organizzazioni sindacali, attraverso l'infiltrazione e il controllo dei
mass media, e tramite l'istituzione di una catena televisiva privata con il contemporaneo smantellamento della RAI-TV.
15
“I campi di attività [della Loggia di Gelli] erano essenzialmente quattro: tangenti prelevate su affari conclusi da enti e
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
1978, il Venerabile maestro aveva già acquisito alla sua Loggia segreta il controllo
del Banco Ambrosiano (la più importante banca privata italiana), della Banca
Nazionale del Lavoro (la più importante banca di interesse nazionale), e del potente
Monte dei Paschi di Siena 16 . Per il tramite dell’affiliato Silvio Berlusconi (anche in
rapporto al nascente gruppo Fininvest), la Loggia piduista intendeva assumere inoltre
il controllo della Cariplo, la più importante cassa di risparmio del mondo 17 .
Nel suo tentativo di insediarsi al vertice della Cariplo, il rampante Cavaliere
tessera P2 1816, oltre ad avvalersi del suo già stretto sodalizio col segretario del Psi
Bettino Craxi (a sua volta interessato al controllo del sistema bancario), oltre a
cercare benemerenze in casa Dc (presso l’allora ministro del Tesoro Andreatta, ma
soprattutto presso Andreotti e Fanfani), oltre a essersi munito di un proprio
quotidiano ("Il Giornale" di Montanelli), utilizzava i mezzi di comunicazione di cui la
Loggia P2 già disponeva. Come ad esempio il più diffuso e autorevole quotidiano
nazionale, diretto dal piduista Franco Di Bella, gestito dai piduisti Angelo Rizzoli e
Bruno Tassan Din, finanziato dal piduista Roberto Calvi del Banco Ambrosiano.
Nell’edizione di venerdì 4 agosto 1978, il “Corriere della Sera” ospitava un inopinato
articolo firmato "Silvio Berlusconi"18 ; sotto il titolo Chi guida la politica creditizia?
Programmazione e sistemi bancari, “L’aspirante banchiere” dissertava di politica
creditizia sulle ali della sua prosa da ragioniere commercialista, e concludeva
enigmatico: “Ci si domanda attraverso quali canali potranno filtrare le istruzioni
industrie pubbliche, controllo del credito bancario, illecite esportazioni di valuta, collocamento degli adepti al vertice
delle rispettive carriere Il sistema delle tangenti sugli appalti, sui contratti di commesse, sulle licenze e sulle
autorizzazioni, sui mutui accordati da Istituti di credito pubblici, sulle deliberazioni del governo in materia di prezzi,
tariffe e crediti agevolati [ ... 1. 1 prelievi avvengono di fatto alla luce del sole, sulla base di percentuali prestabilire. E
gli esattori li motivano con la finalità di finanziare partiti e correnti di partito”; cfr. E. Scalfari , Da Sindona a Gelli, in
L'Italia della P2, Milano 198 1, pag. 18.
16
Secondo l'ex senatore Sergio Fiamigni, “i trattamenti di favore riservati a Berlusconi dai banchieri piduisti Cresti (dei
Monte dei Paschi di Siena), Ferrari (della Bnl), Calvi (dei Banco Ambrosiano), trovano una logica solo nell'ambito della
fratellanza massonica. Sono proprio i rapporti tra affiliati alla P2 - Berlusconi e Cresti - che determinano quella
situazione che il Collegio dei sindaci del Monte dei Paschi di Siena ha definito l'esistenza di un comportamento
preferenziale accentuato una situazione di estremo favore nei confronti dei Berlusconi"; nella relazione del Collegio
sindacale dei Monte dei Paschi di Siena si parla anche di finanziamenti per Telemilano. Dei resto, Berlusconi ha avuto
rapporti anche con Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din, affiliati anch'essi alla P2, e lo stesso Tassan Din ebbe a
dichiarare alla Commissione P2 che Gelli sollecitò questi rapporti al fine di stabilire una collaborazione nel campo della
Tv”.
17
Un esempio dei maneggi gelliani intorno ai vertici delle Casse di risparmio è in questa lettera inviata “AI carissimo
Fratello Licio Gelli” dal massone Augusto De Megni in data 31 luglio 1979: “Caro Licio, la Banca d'Italia di Massa ha
proposto quale Presidente della Cassa di Risparmio di Carrara il Dr. Giorgio Rocca (Commercialista esercente in
Massa), e quale vicepresidente il nostro Fratello Avv. Angelo Ricci, Více-Pretore Onorario dal 1972, attualmente
dimissionario (iscritto al Partito Liberale Italiano) ed esercente la professione di Legale come Civilista a Carrara.
Occorrerebbe ottenere la inversione delle cariche, e cioè l'Avv. Ricci a Presidente e il Dr. Rocca a Vice-Presidente [..J.
Ti ringrazio per quanto potrai fare e Ti abbraccio fraternamente”.
Il Venerabile maestro, il 13 novembre 1979, scrive al De Megni quest'altra lettera: “Caro Augusto, in riferimento alla
tua del 29 ottobre scorso, ti informo che il Comitato del Credito non si è ancora riunito per deliberare le nomine al
vertice degli Istituti bancari: perciò, al momento, non posso dirti niente in merito alla Presidenza della Cassa di
Risparmio di Loreto a cui aspira il
Dott. Fanini. Come saprai, c'è un'infinità di Banche - tra cui ben 95 Casse di Risparmio - con Presidenze vacanti. Non
resta, allo stato attuale delle cose, che aspettare che il Comitato si riunisca”.
18
E’ da notare come l'articolo non fosse preceduto o seguito da alcuna nota redazionale, né pubblicato quale “lettera" o
"intervento", bensì come se il suo autore fosse un giornalista del "Corsera",
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
All’inizio del 1979, dunque, l’ex piduista Mino Pecorelli “disturbava” una sotterranea
manovra di potere rivelando che il palazzinaro Silvio Berlusconi (“il primo che
capita”) era “smanioso” di insediarsi al vertice della Cariplo; e dopo avere
sottolineato l’inadeguatezza del personaggio, l’editore-dírettore di “Op” concludeva,
col suo tipico linguaggio allusivo: “A qualcuno potrebbe venire in mente di premiare
il suo impegno politico”.
Pecorelli era assai bene informato circa i retroscena del correttivo connubio
politica-banche. La CARIPLO era il cardine dell’Iccri (Istituto centrale delle casse di
risparmio italiane, più noto come Italcasse), e a fine gennaio 1978 “Op” si apprestava
a pubblicare clamorose rivelazioni in merito allo scandalo
Sir-Andreotti-Caltagirone-Arcaini-Italcasse : “Op” n° 5 (in uscita il 6 febbraio 1979,
19
poche settimane prima che Pecorelli venisse assassinato) avrebbe dovuto avere in
copertina una foto di Andreotti e il cubitale titolo Gli assegni del Presidente 20 .
Pecorelli era anche a conoscenza di come nella sporca vicenda che si apprestava a
rivelare nei suoi più scabrosi dettagli, fossero direttamente e indirettamente coinvolti
il faccendiere italo-svizzero Fiorenzo Ravello (alias Florence Ley Ravello) e i boss
mafiosi Giuseppe “Pippo” Calò e Domenico Balducci, i quali erano in stretti rapporti
col faccendiere Flavio Carboni, a sua volta in affari con Berlusconi attraverso il
prestanome-Fininvest Romano Comincioli 21 .
19
L'anno prima, nel suo ancora misterioso "memoriale" dalla "prigione" brigatista, Aldo Moro aveva accennato alla
vicenda nell’ambito di un suo veemente attacco a Andreotti: “l’avvilente canale dell'Italcasse, che si ha torto di ritenere
meno importante o più inestricabile di altri, la singolare vicenda dei debitore Caltagirone che tratta sul mandato politico,
la successione dei direttore generale [dell'Italcasse, NdA], lo scandalo delle banche scadute e non rinnovate dopo otto o
nove anni, le ambiguità sul terreno dell'edilizia e dell’urbanistica, la piaga di appalti e forniture. E lo sconcio
dell'Italcasse? E le banche lasciate per anni senza guida qualificata, con la possibilità anche di esposizioni indebite….
un intreccio inestricabile ... ”.
20
L'intervento del clan andreottiano indusse Pecorelli a non pubblicare la prevista copertina né il relativo articolo.
Scriverà in proposito la magistratura romana: “[ ... ] Si può allo stato ritenere che nelle settimane antecedenti
all'omicidio [di Pecorelli NdA) un gruppo di persone vicine al Senatore Andreotti (i magistrali Vitalone e Testi, l'on.
Evangelisti) si sia attivato per scongiurare la pubblicazione di un articolo di pesanti accuse contro il primo. Il
pagamento di una somma di denaro, per l'epoca non modesta, ebbe luogo il giorno antecedente all'ornicidio da parte
dell'on. Evangelisti [ ... ]. Vi sono elementi che fanno ritenere che gli assegni indicati da Pecorelli [ ... ] e ai quali faceva
riferimento la copertina soppressa siano stati negoziati personalmente dal Senatore Andreotti[…] Pecorelli era a
conoscenza della ricezione degli assegni da parte del Senatore Andreotti [ ... ] e di questo intendeva scrivere.
Badalamenti confidò a Buscetta che il Senatore Andreotti era molto preoccupato, perché avvertito da Pecorelli
dell'intenzione di rendere pubbliche delle "porcherie" che lo avrebbero danneggiato politicamente. Degli assegni
suddetti, per un importo totale di circa 1.400.000.000 del 1976, 6 (per lire 55.000.000) furono incassati
dall'amministratore di una società nella quale aveva interesse di fatto Domenico Balducci, appartenente alla Banda della
Magliana e legato a Giuseppe Calò. Detta società era interessata nel piano di salvataggio del Gruppo Caltagirone, anche
attraverso Ley Ravello, a sua volta collegato - oltre che a Domenico Balducci -anche a Giuseppe Calò”; cfr. Domanda
di autorizzazione a procedere contro.. Andreotti, cit., pagg. 89-90.
21
“II pieno e diretto coinvolgimento di Romano Comincioli, e dunque di Berlusconi, nelle iniziative di Flavio Carboni,
è tutt'altro che episodico. Insieme, il prestanome di Berlusconi e il faccendiere sardo combinano affari con Ravello, con
Calò, e con altri mafiosi (Sardegna, Siracusa), e anche con un altro protagonista delle cronache giudiziarie, Francesco
Pazienza. Lo spregiudicato faccendiere sardo offre al rappresentante di Berlusconi gioielli ricettati, e il rappresentante di
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
23
Cfr. M. Pirani, Quel Berlusconi l'è minga un pirla, La Repubblica 15 luglio 1977. Nel corso della stessa intervista,
Pirani gli domanda: “Come pensa di impegnarsi a favore di queste forze?”, e l'intervistato risponde: “Non certo pagando
tangenti ... ”.
24
“Il Giorno", 12 febbraio 1994.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
Cinque settimane prima di venire ucciso, Pecorelli era tornato a occuparsi della
vicenda Berlusconi-Cariplo-Italcasse; col titolo Berlusconi lupo di mare per la
Cariplo, “Op” del 13 febbraio 1979 scriveva: “Festa grande a Cap d’Antibes il 27
dicembre. Il costruttore milanese, creato cavaliere del lavoro nell’ultima infornata di
Leone Giovanni, ha invitato nel suo yacht il fior fiore della stampa lombarda,
rappresentata da Nutrizio, Di Bella e Montanelli. Tra caviale sorrisi e champagne, si
sarebbe parlato della presidenza della Cariplo e del modo più acconcio per assicurarsi
la successione a Giordano Dell’Amore, il cui prestigio è stato giudicato troppo scosso
dalla vicenda Italcasse”.
trascurato un’occasione per manifestarmi la sua riconoscenza. Risposi che poteva fare
assegnamento su di me e che mi sarei messo subito in azione, iniziando una
penetrante campagna presso quei gruppi di potere che avrebbero potuto orientare
buona parte dell’elettorato a vantaggio di Giovanni Leone. Il giorno prima delle
elezioni, nella mia qualità di segretario organizzativo della Loggia massonica P2,
scrissi al senatore Leone per confermargli che avevo mantenuto pienamente
l’impegno assunto con il collega Venturi [ ... ]. L’avv. Venturi mi espresse più di una
volta i suoi personali ringraziamenti e quelli entusiastici del neo-presidente. In epoca
successiva, il Gran Maestro Lino Salvini e io fummo ricevuti al Quirinale.
L’accoglienza del Presidente Leone fu quanto mai cordiale, anzi calorosa. In quella
occasione gli consegnammo, ritenendolo la sola autorità dello Stato competente a
riceverlo, un progetto di riforma costituzionale che avevo denominato “Schema R”. Il
Presidente ascoltò con interesse la mia esposizione, quindi ci assicurò che avrebbe
preso visione del progetto [ ... ]. Mi espresse il suo compiacimento per lo spirito di
collaborazione che mi animava e mi invitò a tenermi in contatto con il suo segretario
particolare, dott. Nino Valentino, per ogni altra futura eventualità” 26 .
Il Di Bella che, secondo Pecorelli, il 27 dicembre 1978 si trovava ospite dello yacht
del piduista Berlusconi a Cap d’Antibes, era il direttore del “Corriere della Sera”
Franco Di Bella, da poche settimane anche lui effettivo nei ranghi della Loggia P2
(tessera 1877, codice massonico E. 19.78, data affiliazione 10 ottobre 1978).
Deponendo in veste di testimone nell’ambito del processo P2 presso la Corte
d’Assise di Roma, il 3 novembre 1993, Berlusconi sosterrà di essersi affiliato alla
setta gelliana ritenendola una “normale” Loggia massonica, anche perché
“rassicurato” sul conto del Venerabile maestro dall’amico Franco Di Bella, il quale
infatti “conosceva, stimava e apprezzava” Licio Gelli; ma soprattutto, il tycoon della
Fininvest ribadirà la stravagante tesi di essere entrato nella P2 per compiacere il suo
caro amico Roberto Gervaso: “II motivo principale [della mia affiliazione alla P2] è
stato l’insistenza di Roberto Gervaso, che è un mio carissimo amico... Lui aveva
bisogno di scrivere sul “Corriere della Sera”, e voleva rendersi utile [alla Loggia]27 ...
Ci fu anche un altro motivo, diciamo così, pratico: Gervaso mi andava dicendo che
Gelli era molto introdotto presso le autorità politiche argentine, e che in Argentina si
doveva sviluppare una grande serie di lavori pubblici. lo allora ero presidente di un
Consorzio per l’edilizia industrializzata ... ”.
Il controllo da parte della P2 del più diffuso quotidiano italiano -controllo dapprima
finanziario, e quindi editoriale - risaliva al 1977, e aveva visto protagonista della
manovra, insieme al Venerabile Gelli e al banchiere Roberto Calvi, lo stesso
Berlusconi. In un suo libro autobiografico, Di Bella scriverà: “Un giorno [settembre
26
L. Gelli, La Verità, Demetra, Lugano 1989, pagg. 271-74. Le "indiscrezioni" di Pecorelli prendevano costantemente
di mira anche il presidente Leone; all'indomani dell'omicidio Pecorelli, emergerà come da ambienti del Quirinale
fossero stati effettuati tentativi di "comperare" il silenzio di "Op% ma senza successo poiché -secondo la stampa - gli
avversari di Leone "pagavano di più".
27
Gervaso risulta essersi affiliato alla Loggia P2 il 26 gennaio 1978 (tessera 1813), cioè lo stesso giorno che vi si affiliò
Berlusconi. La versione fornita ai giudici dal tycoon della Fininvest è quindi implausibile.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
1977, NdA] venne a trovarmi a Bologna Silvio Berlusconi. Non mi legavano allora a
Berlusconi vincoli di particolare familiarità [ ... ]. Silvio Berlusconi, cointeressato
nell’editoriale del “Giornale nuovo” di Indro Montanelli, mi fece presente che, come
coeditore, avrebbe dovuto sperare in un mio rifiuto [ad accettare la direzione del
“Corriere della Sera”, NdA] perché il suo giornale avrebbe avuto sicuramente
maggiore spazio di diffusione con un “Corriere” tutto a sinistra [quello diretto da
Piero Ottone, NdA]. Ma un “Corriere” che fosse riportato su una via meno radicale
gli premeva più dei suoi personali interessi” 28 .
Il giornalista piduista Roberto Gervaso, da parte sua, scriveva al Venerabile
maestro (padrino del “Corriere della Sera”) una lettera del seguente tenore: “Caro
Licio, [ ... ] al "Corriere" stanno succedendo cose molto gravi. Il Barba [l’editore
piduista Angelo Rizzoli, NdA], a dispetto di tanti discorsi [ ... ], ha imposto a Di Bella
l’assunzione di quelli che sono, forse, i due radical-chc più rappresentativi della
nostra cultura: Enzo Siciliano [ ... ] e Alberto Arbasino [ ... ]. Io, caro Licio, credimi,
a questo punto non capisco più niente. Ho il timore che il Barba ci stia prendendo
tutti per i fondelli. Dice una cosa, e fa l’opposto [ ... ]. Ho chiesto a Di Bella di farmi
collaborare al “Corriere” [ ... ]. t bene che tutti capiscano che blandire i nemici non
serve a niente. Restano nemici. Bisogna premiare gli amici. [ ... ]. Oggi Di Bella
parlerà della mia collaborazione con Tassan Din e il Barba. Vedi di fare, se puoi, una
telefonata a Tassan Din, affinché non mi metta i bastoni tra le ruote [ ... ].
T’abbraccio, tuo Roberto”.
Stando alla nota di “Op”, oltre a Di Bella (direttore del più importante quotidiano
nazionale) e a Nino Nutrizio (direttore del quotidiano lombardo “La Notte”) a Cap
d’Antibes il piduista “aspirante banchiere” Berlusconi, intenzionato a scalare il
vertice della Cariplo, ospitava anche Indro Montanelli, direttore-fondatore del
quotidiano milanese “Il Giornale nuovo”.
Del “Giornale nuovo”, Berlusconi nella primavera del 1977 era divenuto azionista col
12 per cento delle quote, primo passo verso la progressiva acquisizione del controllo
del quotidiano. Un’acquisizione non imprenditoriale, bensì dichiaratamente
politica 29 ; un’acquisizione di potere finanziariamente assai onerosa 30 ma connessa al
“Piano” piduista di progressiva infiltrazione e conquista dei mass media, non a caso
condotta in parallelo anche dal Venerabile maestro in persona: “Montanelli mi
illustrò le difficoltà del suo “Giornale” e mi pregò di fargli avere un finanziamento da
qualche istituto dì credito [ ... ]. Provvidi presentandolo al Banco Ambrosiano che gli
28
F. Di Bella, Corriere segreto, Rizzoli, Milano 1982, pag. 278. In pratica, il piduista Berlusconi si occupava della
direzione del piduista "Corriere della Sera” pur essendo l'editore del concorrente '11 Giornale"...
29
In una lettera al "Corriere della Sera" (10 dicembre 1993), Berlusconi confermerà: “Nella seconda metà degli anni
Settanta, quando il Pci di Berlinguer iniziava la sua lunga marcia nella consociazione politica con la Dc, forte anche
adora di successi elettorali e di una quantità di applausi opportunisti, entrammo nell'editrice del "Giornale" di
Montanelli”.
30
I bilanci del "Giornale nuovo" risulteranno sempre gravemente passivi, con un deficit esponenziale di anno in anno: il
presunto "magico imprenditore" non riuscirà a compiere alcun miracolo...
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
Montanelli verrà indotto a lasciare la direzione del “Giornale” nel gennaio del
1994, reo di non voler schierare il quotidiano a sostegno della candidatura politica del
suo editore-padrone 33 ; nell’occasione, l’anziano direttore dichiarerà: “C’erano già
stati [negli anni Ottanta, NdA] degli stridori, tra di noi, quando [Silvio Berlusconi]
pretendeva che “Il Giornale” si schierasse con Craxi [ma io] non volevo legare le
sorti del giornale a un partito” 34 .
31
"Panorama", 24 maggio 1992.
32
“Il Mondo” 1 agosto 1980. In un appunto datato 7 luglio 1980 e rinvenuto tra le carte sequestrate al Venerabile
maestro a Castiglion Fibocchi, Gelli registrava il contrasto fra Montanelli e Berlusconi, e annotava: “Stiamo cercando di
rimediare perché la cosa èassai grave in quanto sappiamo che Montanelli è legato all'Avvocato di Torino”.
33
Nel 1992, la proprietà dei "Giornale" è stata intestata da Berlusconi al fratello prestanome Paolo, allo scopo di
aggirare il dispositivo anti-concentrazione della già compiacente legge Manuni.
34
“L’Unità”, 10 gennaio 1994.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
Associati a delinquere
Licio Gelli diviene Gran maestro della Loggia massonica “coperta” Propaganda 2 il 9
maggio 1975; Bettino Craxi viene eletto alla segreteria del Psi il 15 luglio 1976 35 .
Non a caso, è tra il 1975 e il 1980 che la Loggia gelliana dispiega la sua corruttiva
opera di infiltrazione nei gangli vitali dello Stato e nell’ambito dei mass media; non a
caso, è nella seconda metà degli anni Settanta che Bettino Craxi si consolida al
vertice del Psi come nuovo “uomo forte” dei potere politico nazionale, mentre la
destra democristiana, dopo la morte di Aldo Moro, assume la leadership della Dc. E
non a caso, è tra il 1975 e il 1980 che si pongono le basi del gruppo
politico-affaristico Fininvest, ed è in quello stesso periodo che Berlusconi esce allo
scoperto, affacciandosi alla ribalta dell’imprenditoria nazionale in forza dei suoi
legami di potere.
Benché ufficialmente affiliato alla Loggia massonica segreta in data 26 gennaio 1978
(tessera 1816, codice E 19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, versamento per quote ‘78
L. 100.000 con ricevuta no 104 del 5-5-78) 36 , i contatti di Berlusconi col Venerabile
maestro e con gli ambienti piduisti erano antecedenti.
Infatti, il segreto “Piano di rinascita” elaborato dalla P2 tra il 1975 e il 1976
conteneva un preciso riferimento all’attività di Berlusconi, là dove prevedeva la
necessità di introdurre nell’ordinamento una “nuova legislazione urbanistica
favorendo le città satellite” (e il primo e il solo costruttore italiano alle prese con
14città satellite" era per l’appunto Berlusconi con Milano 2). Inoltre, fin dal luglio
35
L'elezione di Craxi (esponente della corrente autonomista) a segretario dei Psi in sostituzione di Francesco De
Martino è resa possibile dal voto della stessa corrente demartiniana guidata dal leader Enrico Manca. Il nome di Manca
risulterà negli elenchi della Loggia P2 (tessera 2148, codice E.15.80); nel "Piano di rinascita" piduista il nome di Craxi
era espressamente indicato quale possibile referente della Loggia gelliana e dei suoi disegni autoritari. Nella primavera
del 1994, Craxi e Gelli verranno rinviati a giudizio e condannati in primo grado per concorso in bancarotta fraudolenta
in relazione al crac del Banco Ambrosiano del piduista Roberto Calvi (il quale finanziava il Psi anche attraverso il conto
svizzero "Protezione").
36
Berlusconi verrà riconosciuto colpevole di falsa testimonianza (sentenza della Corte d'Appello di Venezia, maggio
1990) per avere posticipato al 1981 la data della sua affiliazione alla loggia gelliana, data che la Commissione
parlamentare d'inchiesta aveva invece accertato essere quella dei 26 gennaio 1978, come indicato negli elenchi del
Venerabile maestro.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
1977 Berlusconi aveva espresso tesi e concetti politici totalmente coincidenti con i
“presupposti politici” indicati nel segretissimo “Piano” piduista, esplicitando
l’utilizzo dei suoi mass media (“Il Giornale nuovo” e “Telemilano”) in chiave di
strumento politico “anticomunista” esattamente come indicato nel “Piano” della
Loggia segreta 37 .
La stessa genesi del gruppo Fininvest si sviluppa all’ombra della Loggia
massonica segreta. Il 21 marzo 1975 viene costituita a Roma la Fininvest srl (che il
successivo 11 novembre viene trasformata in “spa” e trasferita a Milano): l’identità
dei suoi promotori è occulta perché coperta dallo schermo di due fiduciarie - Servizio
Italia spa e Società azionaria fiduciaria spa 38 - facenti capo alla Banca Nazionale del
Lavoro, istituto di credito infiltrato e controllato dalla Loggia P2. L’8 giugno 1978, le
due fiduciarie Bnl costituiscono la Fininvest Roma srl. Il 26 gennaio 1979, la
Fininvest Roma srl delibera l’incorporazione per fusione della Fininvest spa di
Milano; il successivo 28 giugno, la Fininvest Roma srl assume la nuova
denominazione di Finanziaria di Investimento-Fininvest srl, e trasferisce la propria
sede sociale a Milano.
L’occulto divenire del gruppo Fininvest e le scorribande berlusconiane e
gelliane nei segreti meandri del credito bancario si avvalgono di coperture e
complicità ai massimi livelli. La Loggia P2 non controlla -soltanto il vertice della
Banca Nazionale del Lavoro 39 e le due fiduciarie Bnl che danno origine alla
37
Il “Pìano” prevedeva infatti “l'immediata costituzione di una agenzia per il coordinamento della stampa locale e della
Tv via cavo da impiantare a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo dei Paese”, e la
corruzione di giornalisti ai quali “affidare il compito di "simpatizzare" per gli esponenti politici” acquisiti ai disegni
della Loggia. Berlusconi, nel '77, dichiarava la sua intenzione di “mettere a disposizione” degli esponenti della destra
Dc i suoi mass media.
38
“Servizio Italia è presente in tutte le vicende dei bancarottiere mafioso e piduista Michele Sindona. Della Capitalfin di
Nassau (esotico "paradiso fiscale” una delle “casseforti" sindoniane, presidente è Alberto Ferrari, ai tempi anche
presidente della Bnl; segretario è Gianfranco Graziadei, che è anche direttore generale di Servizio Italia - Ferrari e
Graziadeí risulteranno entrambi affiliati alla Loggia segreta P2. Gli editori piduisti Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din
operano attraverso Servizio Italia. I maneggi piduisti con la casa editrice Rizzoli e il "Corriere della Sera" si avvalgono
di Setvizio Italia. La miliardaria operazione speculativa con la Savoia Assicurazioni da parte della Loggia P2 è curata da
Servizio Italia, così come i traffici di Gelli con 217 mila azioni Italimmobiliare. Il Venerabile maestro della Loggia P2
scrive all'affiliato Tassan Din indirizzando non già al suo domicilio privato o presso la Rizzoli, bensì presso la sede di
Servizio Italia. Nel luglio 1982, pochi giorni prima dei suo arresto in relazione alla morte dei banchiere piduista Roberto
Calvi, il faccendiere Flavio Carboni disporrà l'intestazione fiduciaria delle sue società a Servizio Italia... t dunque
assodato che Servizio Italia, formalmente Bnl, èpienamente controllata dalla Loggia P2, e che dietro il suo schermo si
celano anche società e interessi di ogni sorta.
“Quanto alla Società azionaria fiduciaria, negli anni in cui essa concorre, con Servizio Italia, a creare le fondamenta del
gruppo Fininvest, l'età media dei suoi dirigenti è prossima agli 80 anni [ ... ]. Risulta dunque del tutto implausibile
l’attribuzione a un gruppo di funzionari ottuagenari degli ambiziosi e avveniristici progetti che sottendono la nascita del
gruppo Fininvest: progettazione, costruzione, commercializzazione di "città satellite" e annessi servizi, ma anche
trasporti aerei privati, attività parabancarie, televisione commerciale... t evidente che 1a mente", il "centro propulsore"
dei grandioso programma "a tutto campo" è altrove, e precisamente nella Loggia massonica segreta Propaganda 2 e nel
suo “Piano” per il controllo politico-economico del Paese”; G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pagg. 107-08.
39
Tra i piduisti insediati ai vertici della Bnl e agli ordini del Venerabile maestro, sei controllavano tutta l'attività
operativa della banca: Mario Diana (responsabile del Servizio titoli e Borsa, tessera P2 1644 col grado di "maestro"),
Bruno Lipari (direttore centrale delle filiali, tessera P2 1919 col grado di "maestro"), Gustavo De Bac (direttore centrale
per gli affari generali, tessera P2 1889 col grado di “apprendista” Gianfranco Graziadei (amministratore delegato, e
direttore generale di Servizio Italia, tessera P2 1912 coi grado di “maestro” Alberto Ferrari (già direttore generale della
Bnl, e infine responsabile del settore estero, tessera P2 1625 col grado di “maestro” e Raffaele Guido (responsabile
relazioni esterne).
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
Nel 1980, il fratello piduista costruttore di “città satellite” (Milano 2) è alle prese con
speculazioni edilizie in Sardegna, dove intende edificare Olbia 2. Suo
rappresentante-prestanome è il funzionario Fininvest Romano Comincioli, il quale è
in società - in nome e per conto di Berlusconi - col faccendiere Flavio Carboni (a sua
volta in traffici col banchiere piduista Roberto Calvi).
È per via della progettata speculazione a Olbia 2 che il nascente gruppo
Fininvest allaccia rapporti col “fratello” Armando Corona, futuro Gran maestro della
massoneria italiana (verrà eletto al vertice del Grande Oriente d’Italia nel marzo
1982). “Conobbi il Carboni nel gennaio 1981”, dichiara il Gran Maestro Corona al
Tribunale di Milano nel 1982; “All’epoca io ero presidente dell’Assemblea regionale
sarda [ ... ]. Il Carboni mi parlò appunto di questa sua attività e mi disse che intendeva
presentarmi il signor Berlusconi Silvio, imprenditore milanese, che aveva interessi
con lui e che era orientato a operare in Sardegna. In effetti successivamente il
Carboni venne con il predetto Berlusconi ed entrambi mi dissero che avevano dei
grossi progetti per la Sardegna. Preciso che dai termini con i quali si esprimevano
traspariva chiaramente una comunanza di interessi, nel senso che apparivano soci nel
progetto del quale parlavano. Dissero in particolare che avrebbero voluto costruire
una seconda Olbia, Olbia 2”.
Secondo Emilio Pellicani (segretario-factotum di Carboni), “il periodo in cui Corona
inizia a prendere dei soldi da Carboni parte dal 1980, quando lui era ancora
presidente della Regione sarda. In quella occasione credo che abbia avuto da parte di
Carboni dei finanziamenti provenienti dal gruppo Berlusconi per l’operazione Olbia 2
[ ... ]. Carboni mi disse di aver già “bonificato” varie persone della Sardegna, tra cui
l’onorevole Corona, per circa 300 milioni, 200 dati all’on. Corona, e altri ad altre
persone... Lo so, perché ci furono addebitati 500 milioni che furono portati da Fedele
Confalonieri tutti in contanti a Cagliari mentre Carboni, Berlusconi e Corona erano a
Cagliari. Confalonieri [portò] 500 milioni in contanti [dentro una] valigetta
ventiquattr’ore”. Secondo il braccio destro di Carboni, altri 150 milioni (prelevati il
14 maggio 1981) sono serviti a corrompere i politici sardi: in questo caso ne avreb-
bero beneficiato la segreteria del presidente della Regione Angelo Roich per
“l’operazione Sardegna-Berlusconi”, e altri “politici sardi sempre in relazione alla
40
Cfr. Quel Berlusconi… “La Repubblica” 15 luglio 1977.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
41
Audizione di Pellicani presso la Commissione parlamentare P2, seduta dei 24 febbraio 1983 (Atti, tomo XXI, pag.
478). Roich smentirà ogni suo collegamento col progetto Olbia 2.
42
Nel gabinetto, gli stessi ministri Adolfo Sarti (Grazia e Giustizia) e Enrico Manca (Commercio Estero) risultavano
coinvolti nello scandalo. Rassegnarono le dimissioni perché affiliati alla P2 il capo di Stato maggiore della Difesa
Giovanni Torrisi, e i capi dei servizi segreti Giuseppe Santovito e Giulio Grassini.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
della Sera) confermerà: “Gelli era molto amico di Berlusconi, e in diverse occasioni
mi disse di fare degli accordi con lui sia nel settore della televisione che dell’editoria.
lo conoscevo Berlusconi direttamente, e questi in verità mi fece riferimento alla
opportunità di un accordo nel quadro anche dei contatti che lui aveva con Gelli”.
Al termine dei suoi lavori, la Commissione parlamentare d’inchiesta stabilirà
che la Loggia P2 “si è posta come motivo di inquinamento della vita nazionale
mirando ad alterare in modo spesso determinante il corretto funzionamento delle
istituzioni secondo un progetto che mirava allo snervamento della democrazia... Tale
organizzazione, per le connivenze stabilite in ogni direzione e a ogni livello, e per le
attività poste in essere, ha costituito motivi di pericolo per la compiuta realizzazione
del sistema democratico”. La Loggia P2 verrà dichiarata sciolta a norma di legge.
Il Venerabile maestro Licio Gelli (latitante dal marzo 1981, arrestato in Svizzera nel
settembre 1982, evaso dal carcere ginevrino di Champ Dollon nel settembre 1983,
costituitosi in terra elvetica nel settembre 1987 e subito estradato in Italia) verrà
inquisito dalla magistratura per numerosi e gravissimi reati: omicidio Pecorelli;
concorso in bancarotta per il crac del Banco Ambrosiano, e quale mandante
dell’omicidio Calvi; costituzione di capitali all’estero; cospirazione politica;
cospirazione militare; spionaggio; interesse privato in atti d’ufficio; rivelazione di
segreti di Stato; finanziamento di gruppi armati a scopi eversivi; associazione sov-
versiva con finalità di strage; depistaggio di indagini; calunnia; millantato credito;
associazione a delinquere; truffa aggravata...
Nel dicembre 1988, il piduista Berlusconi - ormai potentissimo tycoon legato a
doppio filo al potentissimo Bettino Craxi - dichiara polemico: “Sono sempre in attesa
di conoscere quali fatti o misfatti siano effettivamente addebitati a Licio Gelli”43 .
L’interessata "attesa" del tycoon piduista per le vicende giudiziarie del suo
Venerabile maestro verrà parzialmente appagata poco tempo dopo: nel 1992, Gelli
verrà condannato a 19 anni di carcere per concorso nella bancarotta del Banco
Ambrosiano; nel 1994, verrà condannato a 10 anni nell’ambito del processo per la
strage di Bologna del 2 agosto 1980 (“calunnia aggravata da finalità di terrorismo”);
ancora nel 1994, verrà condannato a 17 anni di reclusione dalla Corte d’Assise di
Roma per vari reati connessi alla vicenda della Loggia P2.
43
"Corriere della Sera", 15 dicembre 1988.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
Il venerabile Berlusconi
Nell’ambito della inchiesta sulla massoneria “deviata” condotta dalla Procura della
Repubblica di Palmi, il 23 marzo 1994 (a quattro giorni dalle elezioni politiche) il
sostituto procuratore Maria Grazia Omboni dispone l’acquisizione degli elenchi dei
candidati nel partito-setta “Forza Italia”. Alcuni agenti della Digos eseguono l’ordine
del magistrato presso la sede romana del partito-Fininvest, suscitando la furente
reazione del suo messianico leader: “È una provocazione contro la libertà degli
italiani... Queste cose avvengono solo nei Paesi totalitari... La situazione in Italia sta
degenerando e trasformando una democrazia in uno Stato giustizialista e
poliziesco” 44 .
Ventiquattro ore dopo, il Pm Omboni viene convocata al cospetto della prima
commissione del Consiglio superiore della magistratura per "giustificare" il proprio
operato. “Per quattro ore la Omboni ha raccontato dei voti che alcune Logge coperte
della massoneria avrebbero dirottato su candidati di Forza Italia Ha rivelato
l’esistenza di una Loggia coperta che già sta lavorando per garantirsi appalti e
commesse per l’Anno Santo del Duemila. Ha accennato a un contributo di 100
milioni versato da Berlusconi all’ex ministro degli Esteri, il socialista Gianni De
Michelis”, scrive il settimanale “L’Europeo”. “La Omboni sostiene di avere deciso il
blitz a Forza Italia dopo avere ricevuto due rapporti dalla Digos, di Cagliari e di
Roma. E primo, datato 23 marzo, proverebbe gli stretti legami tra massoneria e
partito di Berlusconi. “La Digos di Cagliari”, ha detto la Omboni, "ci ha comunicato
che il potente gruppo massonico, che fa capo all’ex gran maestro del Grande Oriente
d’Italia Armando Corona, appoggia il partito ‘Forza Italia’. Lo provano alcune
intercettazioni telefoniche. In una, un certo Locatelli rassicura cosi Corona: ‘Tutti i
fratelli sono coinvolti, un mucchio di loro amici stanno organizzando club di Forza
Italia’. li rapporto della Digos riferisce poi di una conversazione tra un medico
(rimasto senza nome) e Ketty Corona, figlia dell’ex Gran maestro. Forza Italia, spiega
il medico, incontra qualche difficoltà nella raccolta delle firme per la presentazione
delle liste a Carbonia. ‘Avvisa tuo padre’, dice il misterioso dottore a Ketty, ‘e digli
di chiamare tutti i fratelli della zona, di mobilitarli, di muoverli, altrimenti non ce la
facciamo’”. La Omboni commenta: “Questi sono i dati dai quali già emergevano
buone ragioni per pensare che la massoneria, al di là della sua sbandierata apoliticità,
fosse impegnata nel sostenere alcune forze politiche in maniera del tutto occulta.
Apparentemente i massoni non vogliono occuparsi di politica, né interferire nelle
scelte elettorali dei fratelli. In realtà, e ciò emerge da molti atti processuali, vi sono
inviti a votare questo o quel candidato, non tanto perché appartenente ad un certo
partito bensì perché massone”. E l’ipotesi di lavoro su cui si basa la maxi-indagine
avviata dall’ex procuratore di Palmi Agostino Cordova, che vede indagate oltre 400
persone in tutta Italia, viene sintetizzata dalla Omboni con queste parole: “Secondo la
44
Nel coro delle vibrate proteste del partito-Fininvest per il puntuale operato del Prn Omboni, si distingue l'aspirante
onorevole berlusconata Tiziana Maiolo. Ottenuta l'agognata poltrona con l'elezione alla Camera, la Maiolo conferirà
adeguato spessore alla sua missione politica proclamando: “Bisognerebbe circoscrivere la prostituzione in zone lontane
dal centro cittadino, in aree apposite”.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
45
“L'Europeo”, 6 aprile 1994.
GRANDE FRATELLO DEL POTERE OCCULTO
Nel governo di destra scaturito dalle elezioni politiche del 27-28 marzo 1994 e
guidato dal piduista Berlusconi, trova posto, quale ministro dei Trasporti, l’ex
democristiano e neo-neofascista Publio Fiori, il cui nominativo era presente negli
elenchi P2 (tessera 1878, codice E. 19.78, data affiliazione 10 ottobre 1978). Alla
presidenza della Commissione Affari costituzionali della Camera, la maggioranza
governativa (formata dal partito-Fininvest con neofascisti e leghisti) insedia Gustavo
Selva, indicato negli elenchi piduisti con tessera 1814, codice E. 19.78, data di
affiliazione 26 gennaio 1978 (cioè lo stesso giorno nel quale si era affiliato il
“fratello” Berlusconi).
All’importante dicastero degli Esteri, il presidente del Consiglio piduista
nomina l’ex “aspirante piduista” Antonio Martino, a proposito del quale Sergio
Flamigni conferma: “Tra i documenti sequestrati al Venerabile maestro vi era la
domanda di affiliazione alla Loggia segreta firmata da Antonio Martino e inoltrata a
Gelli poco prima che scoppiasse lo scandalo. Le aspirazioni piduiste del
berlusconiano professor Martino forse rientrano nella tradizione della sua famiglia: il
nome di suo padre – l’on. Gaetano Martino - era infatti compreso nell’elenco dei
massoni iscritti alla P2 e restituiti al Grande Oriente nel 1975, elenco consegnato da
Salvini e Gelli ai giudici di Firenze che indagavano sul delitto del magistrato romano
Vittorio Occorsio”.
Nella disputa che si accenderà per la carica di presidente dei deputati di “Forza
Italia”, si fronteggeranno le candidature degli onorevoli Alessandro Meluzzi e
Umberto Cecchi, entrambi affiliati alla massoneria.
50
F. Forgione, P. Mondani, op. cit., pag. 131.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Nella cupola dell’impero Fininvest, Marcello Dell’Utri non è, come scrive la stampa,
“il numero 3”, né “uno dei dirigenti”: è il numero Uno bis. Là dove Berlusconi è il
Padreterno, Dell’Utri è lo Spirito Santo - un potentissimo Belzebù nell’ombra, la cui
ombra è speculare alla 1uce" berlusconiana. Non a caso, Dell’Utri è stato il primo
amministratore della prima pietra societaria del futuro gruppo Fininvest (Immobiliare
San Martino, 1974); non a caso, rimarranno sempre nelle sue mani le chiavi della
cassa dell’impero (Publitalia ‘80, l’aorta finanziaria della Fininvest); e non a caso,
Dell’Utri sarà l’ideatore-regista-organizzatore del partito-setta “Forza Italia”.
Nell’artistica tomba-mausoleo fatta erigere da Berlusconi nei giardini della villa di
Arcore, infatti, è stato previsto anche il sacro loculo che ospiterà le spoglie del
Belzebù della Fininvest quando egli passerà a miglior vita.
Marcello Dell’Utri è stato - insieme all’altra entità della cupola Fininvest, Cesare
Previti - uno dei crocevia nell’oscuro divenire del gruppo politico-affaristico che ha
in Berlusconi il rappresentante ufficiale, ed è soprattutto attraverso l’ambigua figura
di Dell’Utri e il suo enigmatico ruolo che sull’impero Fininvest si staglia l’ombra di
Cosa Nostra.
***
Sul conto di Dell’Utri fino ai primi anni Settanta si hanno notizie lapidarie: nato a
Palermo l’11 settembre 1941 (come il fratello gemello Alberto), laureato in legge, ha
lavorato per un breve periodo in una banca siciliana. Non è dato sapere quando e
perché Dell’Utri abbia lasciato Palermo per Milano, né quando abbia avuto luogo il
suo incontro con Berlusconi e in quali circostanze lo stesso Berlusconi, a domanda di
un magistrato, avrà modo di non rispondere dichiarando reticente: “Conosco
Dell’Utri fin da quando eravamo ragazzi” 1 .
Stando a una testimonianza priva di riferimenti temporali, Dell’Utri avrebbe
svolto un’opera di mediazione tra Cosa Nostra e Berlusconi avendo la mafia
appuntato la sua criminosa attenzione sul giovane costruttore milanese con minacce
estorsive 2 . Secondo altre voci (allo stato prive di riscontri), intorno a metà degli anni
Sessanta le prime cosche mafiose radicate a Milano e in Lombardia e attive nel
settore edilizio-immobiliare avrebbero progettato un sequestro di persona ai danni di
Berlusconi: la vicenda avrebbe poi avuto una qualche soluzione proprio grazie a
Dell’Utri 3 .
1
Deposizione resa al G.I. Giorgio Della Lucia in data 26 giugno 1987.
2
Nel corso di una deposizione resa al Tribunale di Milano in data 5 maggio 1978, il finanziere in odore di mafia Filippo
Alberto Rapisarda dichiara: “Marcello Dell'Utri mi disse che [la sua conoscenza di noti boss mafiosi era dovuta al fatto
che aveva funto da mediatore] tra coloro che avevano fatto estorsioni e minacce al Berlusconi e il Berlusconi stesso [..J.
Il Dell'Utri mi disse anche che la sua attività di mediazione era servita a ridurre le pretese di denaro dei mafiosi”.
3
Fonte dell'Autore.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
In data 2 dicembre 1974, due mesi dopo avere assunto la carica di amministratore
4
Al momento, la sua residenza ufficiale è nella milanese via Arcimboldi 2; ma, come si vedrà più avanti, Dell'Utri di
fatto abita ad Arcore, nella villa dei marchesi Casati Stampa occupata da Berlusconi.
5
Si è già visto come le due fiduciarie, e la stessa Banca Nazionale del Lavoro, risulteranno controllate da affiliati alla
Loggia massonica segreta P2.
6
“Due mesi dopo la sua costituzione presso il solito recapito romano di Salita San Nicola da Tolentino, la Fininvest sri
aumenta il proprio capitale sociale dagli originari 200 milioni a 2 miliardi, dopodiché, l'11 novembre 1975, si trasforma
da “srl” in "spa" e trasferisce la sua sede sociale a Milano”; cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pag. 101.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
della romana Immobiliare San Martino, Marcello Dell’Utri risulta essere anche
l’amministratore unico della Immobiliare Romano Paltano spa (società proprietaria
delle tenute agricole Muggiano e Romano Paltano situate nel comune di Basiglio, a
sud di Milano, sulle quali sorgerà poi la berlusconiana Milano 3).
Benché fondata a Milano nel 1949, la Immobiliare Romano Paltano spa aveva
sede a Ciriè (Torino) fin dal 1952; è con l’assunzione da parte di Dell’Utri della
carica di amministratore che la sede sociale viene riportata a Milano, presso lo studio
del commercialista Walter Donati, in via Sacchi 3 (mentre a Torino, in via Donati 12,
rimane attiva ancora per qualche tempo una sede secondaria). Questo singolare
andirivieni di sedi, e la loro stessa ubicazione, richiama assai da vicino prassi
analogamente strane proprie di varie società appartenenti al boss mafioso Vito
Ciancimino, le quali fanno la spola tra Milano, Torino e altre località piemontesi
minori - ben altro che una semplice coincidenza, come si vedrà.
A Ciriè, la Immobiliare Paltano risultava essere inattiva; evidenziava nei suoi
bilanci 25 milioni in immobili (terreni e cascine), che dati in affitto le rendevano 5
milioni l’anno. Dopo la nomina di Dell’Utri, all’inizio del 1975 la sede viene
riportata a Milano, e mutato lo scopo sociale: “La società ha per oggetto l’acquisto, la
costruzione, la vendita, l’amministrazione di beni immobili” (il trasparente
riferimento è al nuovo centro residenziale berlusconiano che sorgerà col nome di
Milano 3). L’anno successivo, il capitale sociale verrà elevato da 12 a 500 milioni, e
il Monte dei Paschi di Siena (ormai infiltrato dalla Loggia massonica P2) rilascerà
una fideiussione di 3 miliardi in favore del Comune di Basiglio per garantire le opere
di urbanizzazione promesse dalla società. Il 25 maggio 1977 si registrerà un nuovo
aumento di capitale: un miliardo di lire. L’anno dopo, il 12 maggio 1978, la società
muterà nuovamente: si trasformerà in Cantieri riuniti milanesi, con la sede trasferita
in via Rovani 2, quartier generale della Fininvest: a quel punto, di nuovo, Marcello
Dell’Utri uscirà di scena, per comparire subito dopo nell’ambito di alcune società del
giro mafioso di Vito Ciancimino e dei suoi "amici" palermitani.
8
Deposizione resa al G.I. Renato Massobrio in data 3 agosto 1982.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Nell’estate del 1974 (poche settimane prima che Dell’Utri divenga amministratore
dell’Immobiliare San Martino, e pochi mesi prima che assuma la carica di
amministratore della Immobiliare Romano Paltano), un pericoloso pregiudicato
proveniente da Palermo si insedia nella residenza di Berlusconi, la villa ex Casati
Stampa di Arcore: si tratta del boss Vittorio Mangano, che sei anni dopo un rapporto
della Criminalpol di Milano definirà “pericolosissimo pregiudicato, schedato
mafioso, dalla spiccata personalità criminale” 9 .
La presenza di Mangano nella berlusconiana villa di Arcore a partire dall’estate
1974, è una vicenda oscura e nebulosa (sono incerte perfino le date che scandiscono i
fatti) con la quale ha stretta attinenza Marcello Dell’Utri. Il quale Dell’Utri in quel
periodo è in “rapporti non solo di dipendenza ma anche di amicizia con il
Berlusconi”, essendone “il suo assistente ed abitando addirittura nella villa [di
Arcore] di sua proprietà” 10 . Dunque, nell’estate del 1974, nella villa di Arcore ex
Casati Stampa risiedono Berlusconi, il suo sodale e presunto “assistente” Dell’Utri, e
il boss mafioso Vittorio Mangano.
Secondo una deposizione di Berlusconi al Tribunale di Milano, il merito della
vicenda sarebbe stato il seguente: “[Avevo] bisogno, ad Arcore, di un fattore, più
precisamente di un responsabile della manutenzione dei terreni e della cura degli
animali, cioè cavalli avendo in animo di impostare una attività di allevamento di
cavalli [ ... ]. Avendo bisogno di un responsabile per la cura della suddetta attività,
chiesi a Dell’Utri Marcello di interessarsi anch’egli di trovare una persona adatta, ed
egli mi aveva appunto presentato il Mangano Vittorio come persona a lui conosciuta,
più precisamente conosciuta da un suo amico [di Palermo]. Il Mangano si era
sistemato con la sua famiglia ad Arcore e cioè nella mia villa, ex villa Casati, e
ricordo che poco tempo dopo, dopo un pranzo avvenuto nella villa, uno dei convitati,
il signor Luigi D’Angerio, era stato vittima di un sequestro di persona casualmente
sventato dall’arrivo [dei Carabinieri]. Nell’ambito delle indagini seguite a questo
sequestro emerse che il Mangano Vittorio era un pregiudicato. Non ricordo come il
rapporto lavorativo del Mangano cessò, se cioè per prelevamento da parte delle Forze
dell’ordine o per suo spontaneo allontanamento; ricordo comunque che qualche
tempo dopo fu tradotto in carcere. Non conoscevo il Mangano prima che me lo
presentasse il Dell’Utri Marcello. Tengo a precisare che non è che Dell’Utri mi abbia
9
Rapporto "0500/C.A.S./Criminalpol" della Questura di Milano datato 13 aprile 1981, dove tra l'altro è scritto: “Dalle
indagini [ ... ] è emersa una vasta ed agguerrita associazione per delinquere di stampo mafioso che è riuscita negli anni a
conquistarsi una riconosciuta egemonia nell'ambiente criminale. Gli associati, gente senza scrupoli e remore, sempre
pronta e capace, qualora la necessità dei momento lo richieda, alla consumazione dei delitti più efferati, sono riusciti a
penetrare, servendosi spesso di prestanome e teste di legno, nei centri motori dei potere economico e finanziario della
città [ ... ]. I settori che si sono dimostrati maggiormente influenzati dagli interessi mafiosi [a Milano] sono [ ... ]
l'edilizia, le società commerciali in genere, quelle immobiliari e finanziarie in particolare La gamma dei delitti di natura
mafiosa preferibilmente consumati sono [ ... 1 traffico di droga, traffico d'armi, riciclaggio di denaro sporco,
esportazione di valuta [ ... ]”.
10
Deposizione resa da Marcello Dell'Utri al G.I. Massobrio in data 3 agosto 1982.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
direttamente proposto il Mangano Vittorio, ma fu una mia scelta su una rosa di nomi
che mi si prospettavano. Non feci preventivamente indagini su Mangano Vittorio, e la
mia scelta cadde su di lui in quanto mi diede l’impressione di una persona a posto e
competente” 11 .
Secondo il settimanale “L’Espresso”, Mangano “venne arrestato il 27 dicembre
1974 e trasferito da Arcore in un carcere siciliano: ma in cella restò meno di un mese
perché il 22 gennaio del 1975 tornò libero. Il suo peregrinare tra denunce, condanne,
processi, arresti e scarcerazioni continuò senza soste [ ... ]. Nella stagione milanese,
forse quando ancora lavorava [per Berlusconi] ad Arco re, accadde qualcosa che solo
anni dopo finì in un rapporto della polizia con tanti interrogativi: una lettera di
minacce a Berlusconi, il cui contenuto è sconosciuto e, subito dopo (26 giugno 1975),
una bomba a via Rovani, negli uffici-residenza di Milano della Fininvest. Si legge in
un rapporto della Direzione centrale della polizia criminale nella parte dedicata ai
rapporti tra Mangano, Dell’Utri e Berlusconi: “All’epoca le indagini non portarono
ad alcun esito, anche perché nessuno informò gli inquirenti che lo stabile era di
Berlusconi, ma lo dichiararono di proprietà della Società generale attrezzature
sas”” 12 .
Secondo il settimanale “Avvenimenti”, “a Milano (dove soggiornava al
lussuoso Hotel Duca di York) Mangano rischiava il foglio di via dalla Questura a
causa dei suoi precedenti penali e della mancanza di un lavoro che ne giustificasse la
presenza in Lombardia”: dunque, il lavoro ad Arcore, alle dipendenze di Berlusconi
con mansioni di “stalliere”, sarebbe stato il provvidenziale espediente volto a
garantire al boss mafioso la presenza a Milano e la copertura alla sua criminosa
attività - infatti, “il licenziamento [di Mangano da parte di Berlusconi] arrivò solo nel
1980, pochi giorni prima del suo arresto per traffico di stupefacenti e altri reati” 13 .
“Interrogato dal G.I. di Palermo, in data 10 luglio 1980, il Mangano dichiarava
che: in Arcore si serviva della scuderia “Garcia Pepito” per custodire i cavalli da lui
acquistati e che faceva poi trasportare a Boccadifalco (Palermo), dove li vendeva.
[Ma] non sapeva indicare alcun nominativo di acquirenti, né l’esatto luogo, in
Boccadifalco, dove erano custoditi... [Il Mangano dichiarava inoltre] di essere
sorvegliato speciale da tre anni, con divieto di soggiorno a Milano” 14 .
Secondo il boss Giovanni Ingrassia, “il Mangano si occupava del settore dei
cavalli in Milano, dove ne aveva fatto comprare a Berlusconi e li aveva anche allevati
durante la sua residenza ad Arcore... [E quando Ingrassia aveva manifestato
l’intenzione di svolgere un’attività nel settore televisivo] il Mangano aveva detto di
11
Deposizione resa da Berlusconi al G.I. Giorgio Della Lucia il 26 giugno 1987. La deposizione berlusconiana è priva
della collocazione temporale dei fatti, coinvolge Dell'Utri ma non troppo, e si conclude con un “non ricordo” che ha del
grottesco: H teste “non ricorda” se un suo collaboratore, residente nella sua villa, sia stato "prelevato" dalle Forze
dell'ordine nella villa stessa, o se l'arresto del Mangano sia avvenuto altrove dopo un suo spontaneo allontanamento.
Sette anni dopo, nel 1994, Berlusconi "ricorderà" di avere "licenziato" il Mangano...
12
"L'Espresso", 8 aprile 1994.
13
"Avvenimenti", 23 marzo 1994.
14
Cit. in sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio del G.I. Felice Isnardi, 25 marzo 1985.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
18
“Ai magistrati milanesi che indagavano sui grandi traffici della mafia al nord, quel dialogo [sui "cavalli"] apparve
sospetto. Dalla sua stanza all'Hotel Duca di York, a Milano, Mangano aveva telefonato anche a casa di Totuccio
Inzerillo, H capomafia tra i primi a cadere nella guerra tra i clan di Palermo. Da un'altra intercettazione di polizia,
Mangano dice a Inzerillo: "Allora dimmi, per quei cavalli che cosa faccio?”. "Come sono, arabi?”. “Purosangue.
Costano 170 milioni. L'hai capito il discorso?”. Questo gergo, secondo polizia e magistratura, in realtà mascherava un
grosso traffico d'eroina”; cfr. "Panorama", 22 ottobre 1984.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
23
Dal rinvio a giudizio firmato dal G.I. Felice Isnardi.
24
“Sul conto corrente no 6861 acceso da Antonio Virgilio presso la Banca Rasini, transitano fra il 28 febbraio 1980 e il
31 maggio 1982 operazioni per circa 50 miliardi di lire. Inoltre, nel periodo febbraio 198 1-novembre 1982, la Rasini
sconta a Virgilio 135 effetti per oltre un miliardo di lire; parte degli effetti (esattamente 360 milioni) proveniva da una
gioielleria di piazza di Spagna a Roma, "riconosciuta" (secondo la requisitoria del pubblico ministero nel troncone
romano del procedimento contro la "mafia dei colletti bianchi") "essere strumento di riciclaggio in favore di Giuseppe
Bono [noto boss mafioso, NdA] ". Anche sul conto corrente no 64 10 presso la Banca Rasini transitano notevoli e
"ingiustificati" importi: il conto è intestato a Luigi Monti, socio di Virgilio in tutta una serie di società, ma anche in
operazioni che portano alla loro incriminazione”; cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pag. 50.
25
La Rasini, nei primi anni Sessanta, aveva garantito a Berlusconi una sostanziosa fideiussione per l'acquisto di un
terreno in via Alciati, a Milano.
26
Cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pag. 51. L'operazione di compravendita della banca non andrà in porto, ma è un
fatto che la Rasini risulterà essere stata compiacente, rispetto ai correntisti mafiosi: il suo direttore generale, Antonio
Vecchione, verrà rinviato a giudizio per “violazione dei doveri inerenti al pubblico esercizio del credito”.
27
Cancemi, all'epoca, era a capo del mandamento di Porta Nuova (in sostituzione di Pippo Calò, detenuto), e faceva
parte della Cupola palermitana.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
un interesse della Fininvest nel campo immobiliare a Palermo, senza però citare
uomini o società impegnate. Il secondo, sempre con [Marcello Dell’Utri] a far da
protagonista, a proposito di ospitalità e riunioni offerte da Dell’Utri in una sua villa in
Lombardia. Forse, ha aggiunto Cancemi, a casa Dell’Utri potrebbero essere stati
ospitati anche dei latitanti. E per questo il primo obiettivo [degli inquirenti] è stato
quello di ordinare i riscontri delle cose dette da Cancemi, dunque verificare
l’esistenza di una villa e sondare i mafiosi indicati dal pentito come ospiti di casa
Dell’Utri” 28 .
***
In merito alla misteriosissima vicenda del boss mafioso Vittorio Mangano insediato
nella sua villa di Arcore, Berlusconi nel marzo 1994 troverà modo di fornire una
nuova versione in aperto contrasto con quanto aveva affermato al Tribunale di
Milano sette anni prima (quando aveva dichiarato di “non ricordare” come fosse
finito il suo rapporto con lo “stalliere” mafioso insediato nella sua villa di Arcore): “
[Mangano] lo licenziammo non appena scoprimmo che si stava adoperando per
organizzare il rapimento di un mio ospite” 29 ; ma ciò che il disinvolto presidente del
Consiglio in pectore evita comunque e accuratamente di chiarire, è il perdurare
perlomeno a tutto il 1980 dei rapporti e degli incontri tra il suo sodale Marcello
Dell’Utri e il potente boss mafioso presuntamente “licenziato” anni prima.
Nello stesso marzo 1994, anche Dell’Utri offre una sua nuova versione 30 della
scottante vicenda: “Ho conosciuto Mangano nella Palermo anni Sessanta: ero
allenatore della Bacigalupo, squadra di calcio giovanile. Era una specie di tifoso.
Commerciava cavalli. Me ne ricordai nel 1975. Mi ero trasferito a Milano (1961), ero
diventato assistente di Berlusconi (1973). Mi incaricò di cercare una persona esperta
di conduzione agricola. Così chiamai Mangano. Rimase ad Arcore due anni. E si
comportò benissimo. Trattava con i contadini, si occupava dei cavalli. Ma la notte di
Sant’Ambrogio del 1975, dopo aver cenato con noi, il principe di Santagata fu
sequestrato vicino ad Arcore. C’era una nebbia terribile. L’auto dei rapitori andò a
sbattere. E il principe riuscì a fuggire. Le indagini lanciarono sospetti su Mangano,
svelarono che non aveva un passato immacolato. Fu allontanato. Poi finì in carcere.
Mi telefonò anni dopo: voleva vendere un cavallo a Berlusconi [ ... ]. Poco dopo
arrivò la polizia. Intercettavano le telefonate, pensavano a linguaggi cifrati: giri di
droga”.
28
"L'Espresso", 25 marzo 1994.
29
“Corriere della Sera” 20 marzo 1994. Della nuova versione berlusconiana, è da rilevare il plurale (“lo licenziammo”,
“scoprimmo”), e colpisce la mancanza di qualsiasi riferimento al notorio fatto che il Mangano - a prescindere dal
ventilato “rapimento di un ospite” - fosse un pericoloso esponente di Cosa Nostra, buon amico dei suo cosiddetto
"assistente" Dell'Utri.
30
Intervista al "Corriere della Sera", 21 marzo 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
31
La prima Inim-Internazionale Immobiliare spa era stata costituita a Milano il 14 dicembre 1973 come System Press
spa da due prestanome (Silvana Tomba e Carlo Marucchi); il 23 aprile 1974, la società aveva assunto la denominazione
di Inim spa, e l'anno dopo aveva elevato il proprio capitale sociale da 20 milioni a mezzo miliardo, aumento sottoscritto
dalla romana Figeroma-Fiduciaria di gestione spa per conto dei boss mafioso Vito Ciancimino. Amministratore unico
era il messinese Angelo Caristi, direttore generale Filippo Alberto Rapisarda: con l'avvento della Figeroma spa, l'Inim
aveva costituito un consiglio d'amministrazione formato da Caristi, Rapisarda, e dal costruttore siciliano, legato al clan
Ciancimino, Francesco Paolo Alamia.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
33
La Bresciano era una solida azienda edile (costruzioni stradali) con 400 dipendenti, in crisi di liquidità ed esposta con
la Cassa di Risparmio di Asti per quasi 10 miliardi, ma con all'attivo cospicui crediti verso enti statali, una notevole
capacità
produttiva, e un consistente patrimonio immobiliare. Nel luglio 1977, la Cassa di Asti aveva siglato un accordo col
Rapisarda: il gruppo Inim rilevava la Bresciano, e la Cassa si impegnava a erogare nuovi crediti, a fronte dei quali
Rapisarda garantiva il rilancio dell'azienda di Mondovì.
34
La Venchi Unica, già parte dell'impero societario dei bancarottiere mafioso Michele Sindona, era stata dichiarata
fallita dal Tribunale di Torino. Nel febbraio 1978, una nuova società del gruppo Inim - Venchi Unica Duemila - aveva
rilevato
l'azienda dolciaria dalla curatela, impegnandosi a garantire gli oltre mille posti di lavoro e il rilancio dell'attività.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Alla guida del gruppo Inim-Sofin erano stati posti Francesco Paolo Alamia e Filippo
Alberto Rapisarda 35 , con la regia occulta (ma non troppo) del boss mafioso Vito
Ciancimino. “Alamia e Ciancimino dispongono di centinaia di miliardi [che
utilizzano per rilevare attività fallimentari]. Sulla provenienza [degli ingenti capitali]
si fanno molte ipotesi. Una di queste ipotesi è che i miliardi arrivino dall’estero
[provenienti] dai boss che fanno traffici internazionali e che hanno bisogno di
riciclare i loro guadagni [ ... ]. I mafiosi pagherebbero il denaro, pulito in Svizzera, al
30 per cento del suo valore” 36 . Era convinzione diffusa che l’Inim fosse un gruppo
originato dal clan dei siciliani capeggiato da Vito Ciancimino e appoggiato da potenti
esponenti politici Dc della corrente andreottiana: “Non un solo “cervello”, ma più di
uno: a Palermo, a Roma, a Milano, e anche all’estero. Nomi grossi, gente importan-
te”, ammetterà, nel 1979, il latitante Filippo Rapisarda.
Nell’intrico mafioso del gruppo Inim-Sofin formato dal clan dei cianciminiani,
Marcello Dell’Utri vi era entrato ufficialmente nel marzo 1978, con la carica di
consigliere di amministrazione della Inim sas. Stabilendo la sua residenza privata nel
palazzo di via Chiaravalle dove il gruppo aveva sede, Dell’Utri aveva poi assunto
altre cariche di primo piano nello scabroso arcipelago societario del giro
finanziario-immobiliare gestito dal duo Alamia-Rapisarda: presidente del consiglio di
amministrazione della Cofire, rappresentante legale delle "controllate" Immobilnord
spa e Immobiliare Concordia srl, e consigliere e amministratore delegato della
Bresciano spa 37 ; suo fratello, Alberto Dell’Utri, aveva assunto la carica di
amministratore delegato della Venchi Unica Duemila. Nel 1979, l’improvvisa
interruzione dei flussi finanziari aveva determinato il fallimento a catena di molte
società del gruppo, e aveva poi fatto emergere la natura malavitosa del gruppo
Inim-Sofin e la dedizione alla criminalità finanziaria dei suoi gestori. Il fallimento
con bancarotta della Venchi Unica Duemila 38 , e della Bresciano 39 , avevano inoltre
35
"Nativo di Villabate (Palermo), laureato in ingegneria, democristiano, già consigliere del Comune di Palermo retto
dal sindaco Ciancimino, impegnato in attività edilizie, Francesco Paolo Alamia viene nominato presidente dei gruppo il
18 febbraio 1976, e coi suo avvento H gruppo Inini sborsa “70 miliardi per acquistare società di Milano e Torino e
aumentarne il capitale... Investe circa 120 miliardi per costruire palazzi in ogni parte d'Italia... Eppure, l'ing. Alamia
dichiara di non avere una lira [ ... ]. Ciancimino ha confermato di essere il "cervello" delle operazioni condotte da
Alamia. Dunque, dietro il giovane ingegnere di Villabate c'è Vito Ciancimino e H suo gruppo politico-speculativo”
(“L’Espresso”, 19 marzo 1978).
Filippo Alberto Rapisarda (di Sommatino, Caltanissetta), nel 1975, quando è nel gruppo Inim, ha un certificato penale
lungo una decina di pagine, con una permanenza in carcere di oltre cinque anni: decine di processi (e molte condanne)
per assegni a vuoto, concorso in truffa, bancarotta fraudolenta, atti osceni, sottrazione di minorenne, porto abusivo
d'armi, appropriazione indebita, truffa continuata.
36
“L’Espresso”, 19 marzo 1978.
37
Nella Bresciano, Marcello Dell'Utri dal 2 febbraio 1978 è consigliere, dal successivo 8 marzo amministratore
delegato, e dal 29 maggio anche presidente del consiglio d'amministrazione.
38
Il fallimento della Venchi Unica Duemila porterà a un processo per bancarotta fraudolenta a carico di Alamia,
Rapisarda, Alberto Dell'Utri e Giorgio Breffani. “Secondo gli ultimi conteggi fatti dal curatore, la bancarotta
fraudolenta sarebbe di oltre un miliardo, tutti soldi usciti dalle casse della Venchi Unica prelevati materialmente da
Alberto Dell'Utri, passati nelle mani di Rapisarda, e poi finiti chissà dove” (“La Stampa”, 20 ottobre 1981).
39
Al fallimento della Bresciano (3 gennaio 1980), segue una vicenda giudiziaria intricatissima. 11 conflitto che
nell'ambito della bancarotta oppone Rapisarda e la Cassa di Risparmio di Asti approda al Tribunale di Milano, e viene
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reso evidente la strumentalità del loro “salvataggio” da parte del gruppo finanziario
mafioso.
La versione di Dell’Utri in merito al suo ingresso nel gruppo Inim dei cianciminiani
di Palermo sarà costellata di inverosimiglianze: “[Nel 1977] ebbi nuovamente un
contatto col Rapisarda [che] aveva ormai assunto il concordato Facchin & Gianni,
che era la più prestigiosa impresa immobiliare di Milano. Il Rapisarda [ ... ] mi parlò
di sue proprietà in quel di Peschiera Borromeo, mi portò a visitarle, e poi mi propose
di collaborare con lui nella Bresciano (società di costruzione che aveva da poco
rilevato); mi disse che se avessi accettato mi avrebbe dato il 5 per cento delle azioni
della società [ ... ]; disse anche che la Bresciano aveva lavori in Siria [ ... ], io [andai
in Siria] e constatai che in effetti l’impresa Bresciano stava lavorando in Siria. Man
mano che il Rapisarda mi faceva le sue proposte io ne parlavo con il dottor
Berluscon4 col quale ero quotidianamente in contatto. Faccio notare che il Rapisarda
mi aveva proposto uno stipendio all’incirca doppio di quello che mi dava il
Berlusconi. Debbo dire che il Berlusconi, persona molto esperta, manifestò subito
grande perplessità [per la proposta di Rapisarda, ma alla fine] mi suggerì lui stesso di
provare ad accettare, promettendomi che, se la cosa non fosse andata bene, mi
avrebbe ripreso con sé: cosa che in effetti è poi avvenuta. Fu così che entrai alle
dipendenze del Rapisarda” 42 . E ancora: “Fu alla fine del 1977 che io entrai alle
dipendenze del Rapisarda. Nel 1978 divenni amministratore delegato della Bresciano.
Faccio ancora notare che per consiglio del dottor Berlusconi, a un certo punto,
vedendo che le cose non erano chiare, consigliai al Rapisarda di assumere come
consulente tal ing. Garofalo Giuseppe affinché egli compisse una sorta di
“radiografia” dell’impresa [ ... ]. Di fatto, chi amministrava la Bresciano era il
Rapisarda: io ero amministratore solo di nome; egli mi lasciava autonomia soltanto
per le piccole cose di routine [ ... ]. Mi resi conto immediatamente che [alla
Bresciano] non vi erano dirigenti all’altezza della situazione; i lavori erano in corso
ma a rilento; la società aveva continue necessità di sovvenzioni, che provenivano da
banche e dallo stesso Rapisarda, che non so dove attingesse ai fondi [ ... ]. Il
Rapisarda avrebbe voluto che io gli conferissi procura generale anche con riferimento
alla Bresciano, ma io non volli dargliela e ciò incrinò i nostri rapporti [ ... ]. Quando
la Bresciano venne dichiarata fallita, nel gennaio 1979 [in realtà, nel gennaio 1980,
NdA], ovviamente cessai dalla mia carica [di amministratore] e ritornai - non subito,
peraltro - da Berlusconi” 43 . “Faccio presente che io ero il firmatario quale
amministratore della domanda di amministrazione controllata [per la Bresciano], ma
in realtà tutto era già stato deciso dal Rapisarda [ ... ]. lo al momento non mi rendevo
conto, non essendo esperto in materia [ ... ]. Preciso che il Rapisarda era un
“incantatore”, nel senso che riusciva a imporre la sua visione a tutti” 44 .
L’equivoco intreccio Dell’Utri-Rapisarda-Bresciano-Berlusconi assume tratti
grotteschi nella versione che ne darà lo stesso Berlusconi al Tribunale di Milano - una
mera “questione salariale” e “carrieristica” riguardante il suo improvvido e maldestro
“segretario personale”: “Marcello Dell’Utri lo conosco fin da quando eravamo
42
Deposizione resa al G.I. Massobrio in data 3 agosto 1982.
43
Ibidem.
44
Deposizione resa al G.I. Della Lucia in data 3 giugno 1987.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
ragazzi, e ricordo che dopo che era venuto a lavorare con me mal sopportava di
svolgere esclusivamente attività di segretariato personale e di assistente a tutto quello
che atteneva casa di Arcore, mentre avrebbe desiderato fare una esperienza dirigen-
ziale e comunque attivarsi avendo una certa sfera di iniziative nel campo
tecnico-professionale. Fu per questo, come egli ebbe a dirmi, che quando gli fu
offerto dal Rapisarda di andare a lavorare da lui con un ruolo di dirigente egli accettò
di buon grado, e non soltanto perché avrebbe percepito il doppio di ciò che prendeva
lavorando da me. Tuttavia, dopo l’andamento negativo della sua esperienza nel
gruppo societario del Rapisarda fui io stesso a dirgli di ritornare da me. Non so se
subito o successivamente venne determinato il settore in cui egli avrebbe nuovamente
operato, sta di fatto che lo ritrovai più maturo, tant’è che io gli affidai un incarico
all’interno di Publitalia ‘80, che è la concessionaria di pubblicità del nostro gruppo 45 .
Mi si chiede se Dell’Utri Marcello, prima e dopo l’esperienza lavorativa presso il
gruppo Rapisarda, avesse una esperienza di amministratore nel senso di una capacità
di amministrare autonomamente un’impresa, e rispondo che né prima, né dopo
l’esperienza lavorativa presso il gruppo Rapisarda il Dell’Utri mi risulta avesse una
simile esperienza e capacità 46 . Non ricordo quanto effettivamente percepisse il
Dell’Utri all’epoca in cui smise di lavorare presso di me, ma mi riservo di consultare
la documentazione eventualmente in mio possesso e comunicarlo [ ... ]. Posso
precisare che le entrate del Dell’Utri, a quanto mi consta provenienti dall’attività
lavorativa, erano esclusivamente quelle derivantigli dallo stipendio che gli davo, e
ribadisco comunque che dal Rapisarda avrebbe preso più del doppio di quello che
prendeva da me” 47 .
Diversamente dalle fuorvianti amenità berlusconiane, l’ingresso di Dell’Utri nel
gruppo mafioso Inim con funzioni dirigenziali è una vicenda oscura e densa di
sospetti. Sospetti che si appuntano ad esempio sulla questione dei terreni di Peschiera
Borromeo della Facchin & Gianni acquisiti dal gruppo Inim e finiti, nel bel mezzo
della vicenda Bresciano, alla Cassa di Risparmio di Asti. Dichiarerà Rapisarda al
magistrato: “[Quando il boss Cirtà mi invitò ad assumere i fratelli Dell’Utri] sapevo
che il Berlusconi aveva chiesto di rilevare la Facchin & Gianni [ma occorrevano] 12
miliardi e non se n’era fatto niente perché il Berlusconi offriva soltanto 6/7 miliardi
con un acconto solo di 300 milioni in quanto non aveva mezzi” 48 ; ma di tutto questo,
il supposto “ex segretario personale” di Berlusconi, Dell’Utri, nulla avrebbe saputo:
“Io dei terreni di Peschiera Borromeo della Milano Parco Est sapevo che c’erano
45
Dopo il biennio nel gruppo Inim, Dell'Utri ritorna infatti nel gruppo Fininvest, dapprima in posizione defilata, quindi,
dal 3 ottobre 1983, come consigliere delegato della più importante società Fininvest, Publitalia '80. t evidente il
tentativo di Berlusconi di "minimizzare" il ritorno di Dell'Utri, e di "giustificare" (“lo ritrovai più maturo”) l'importante
ruolo che assume.
46
Berlusconi tace al magistrato che Dell'Utri era già stato amministratore di due società (Immobiliare San Martino e
Immobiliare Romano Paltano), e cerca di accreditare la tesi di un Dell'Utri "incapace" e sprovveduto.
47
Deposizione resa al G.I. Della Lucia in data 26 giugno 1987.
48
Deposizione resa al G.I. Della Lucia in data 5 maggio 1987
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
nell’agosto di circa dieci anni fa [circa 1977] che fui contattato personalmente da un
funzionario della Cassa di Risparmio di Asti, che venne ad Arcore proponendomi
l’acquisto di proprietà terriere in Peschiera Borromeo. Ricordo di essermi [poi] recato
ad Asti, nella sede della Cassa di Asti, nell’agosto di una decina di anni fa,
[dopodiché] dieci-quindici giorni dopo, anzi non posso precisare dopo quale tempo,
risposi definitivamente che non ero interessato all’acquisto dei terreni. Tengo a
precisare che in realtà non ci fu mai un mio interesse reale all’acquisto di quei
terreni: mi sembrava infatti che l’iter di approvazione degli strumenti urbanistici
fosse ancora di lunga durata 51 , così almeno mi sembra di ricordare; tuttavia ricordo
che per motivi diplomatici e cioè per evitare di deludere funzionari di istituti bancari
e chi me li aveva presentati di cui non ricordo il nome, atteggiai il mio
comportamento nel senso di dare l’impressione di un mio possibile interessamento
futuro” 52 ; ma i troppo labili e sfuggenti “ricordi” di Berlusconi non persuadono il
magistrato, che, spazientito, verbalizza: “L’Ufficio fa presente [al teste Berlusconi]
l’importanza processuale in ordine alla circostanza delle trattative svoltesi o meno
con la Cassa di Asti per l’acquisto dei terreni siti in Peschiera Borromeo [ ... ] e invita
il teste a essere preciso sul punto, posto che pur non emergendo allo stato degli atti un
suo concreto interesse quale parte privata nel procedimento penale [a carico di
Rapisarda-Dell’Utri], tant’è che viene sentito come testimone, la risposta in ordine al-
la questione dell’esistenza o meno di trattative circa l’acquisto di terreni di Peschiera
Borromeo appare essenziale nel presente procedimento ed eventuali reticenze o
imprecisioni sul punto da parte del teste potrebbero fare scattare la necessità di
indagini anche nella direzione del gruppo societario facente capo a detto teste, posto
che un’operazione di acquisizione da parte della Cassa di Asti dei terreni è
configurato allo stato degli atti come attività di bancarotta fraudolenta e tale
operazione si è svolta in corrispondenza cronologica col distacco di Marcello
Dell’Utri dalla dipendenza del gruppo societario di Berlusconi e ad operazione
compiuta il rientro dello stesso Dell’Utri alle dipendenze del gruppo Berlusconi
medesimo[…]. Si invita pertanto il teste a rispondere con la massima precisione e
chiarezza” - e il teste Berlusconi dichiara: “Il tempo passato è notevole [ ... ], non
essendo in grado di fornire attualmente risposte precise alle domande rivoltemi, mi
sembra corretto esperire sulle agende che riguardano quel periodo un’indagine rapida
51
L'indice di edificabilità dei terreni di Peschiera Borromeo, in rapporto al Piano regolatore del Comune, era stato
oggetto di strane manovre. Ad esempio, il 12 dicembre 1977 la Cassa di Risparmio di Asti aveva inviato a Rapisarda
una lettera di valutazione subordinata alla postilla “se il Piano Regolatore Comunale preserverà la volumetria
attualmente prevista”; l'indomani, 13 dicembre, il sindaco di Peschiera Borromeo, in una lettera indirizzata al
Rapisarda, confermava la volumetria...
52
La elusiva deposizione berlusconiana è smentita anche da un rapporto interno alla Cassa di Risparmio di Asti datato
19 ottobre 1978: “Il dottor Berlusconi ha in questi giorni formulato le seguenti offerte per l'acquisto [dei terreni di
Peschiera Borromeo]: 1) stipula di un contratto condizionato all'approvazione da parte della Regione dei piani
convenzionati con indice volumetrico di almeno 350 milioni di metri cubi; 2) stipula del contratto definitivo, dopo
l'approvazione di cui sopra, alle seguenti condizioni: a) prezzo L. 10 miliardi pagabili con mutui 10-15 anni al tasso del
12 per cento; b) in alternativa, prezzo L. 14 miliardi pagabili con mutui durata anni 20 al tasso dei 7 per cento [ ... I. Si
ritiene inoltre di segnalare che da parte di altre imprese sono pervenute offerte a condizioni di prezzo più vantaggiose di
quelle esposte [ma] la trattativa più reale resta quella col dottor Berlusconi”.
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[ ... ]. A memoria d’uomo, per quello che posso ricordare, la nostra società non mi
sembra, al riguardo, abbia fatto offerte precise di prezzo d’acquisto dei terreni di
Peschiera Borromeo [ ... ]. Escludo che Marcello Dell’Utri si sia interessato presso di
me per caldeggiare o per farmi offerte o in ogni caso per fare da tramite per la vendita
dei terreni di Peschiera Borromeo a me o al mio gruppo [ ... ]. Durante la fuoriuscita
del Dell’Utri dal mio gruppo societario, i rapporti tra me e il Dell’Utri non furono
continuativi e posso immaginare per una specie di pudore derivante dal fatto che io lo
avevo sconsigliato di intraprendere quella attività, cioè quella del Rapisarda; il
Dell’Utri non mi tenne al corrente di cose che riguardavano la sua attività lavorativa
con il Rapisarda” 53 .
In data 18 febbraio 1987, Filippo Alberto Rapisarda inoltra una denuncia contro
ignoti per minacce che avrebbe ricevute: “Sospetto che [tali] minacce possano
provenire [tra gli altri] dai fratelli Bono, o da Virgilio Antonio ultima direzione da cui
proviene la ,minaccia di cui alla mia denuncia è dal gruppo Berlusconi per le denunce
da me fatte nei confronti di Dell’Utri Marcello e Alberto” 54 . Dopo il crac della
Bresciano e della Venchi Unica Duemila, infatti, i Dell’Utri e Rapisarda si
palleggiano le responsabilità penali in un ambiguo gioco delle parti.
Il successivo 13 novembre, Rapisarda ha modo di fornire al magistrato la
seguente deposizione sul conto di Marcello Dell’Utri: “Al ristorante “Il Viceré” [di
Milano] andavano a mangiare una quantità di palermitani e siciliani, e tra questi vi
era anche Marcello Dell’Utri, e il Dell’Utri era già frequentatore e amico del Brucia
Domenico [e aveva] stretti contatti con quel giro di siciliani, tant’è vero che veniva
spesso nei suoi uffici della Bresciano in via Chiaravalle un suo amico, che il Dell’Utri
ebbe modo di presentarmi, e che poi seppi dai giornali che era Ugo Martello. Ricordo
che quando costui si recava negli uffici di Dell’Utri, si chiudeva negli uffici stessi del
Dell’Utri a confabulare, e mi ricordo che quando il Dell’Utri mi presentò come suo
amico quell’uomo che poi seppi essere il ricercato Ugo Martello, mi disse che si
trattava di un suo carissimo amico, che la sua società era rimasta creditrice della
Venchi Unica Duemila, che si trattava di una persona di tutto rispetto, e che quindi
quel debito della Venchi Unica Duemila verso la società del suo amico "o fallimento
o non fallimento, andava pagato, se non si voleva incorrere in dispiaceri". lo risposi a
Dell’Utri che non era possibile pagare un creditore a preferenza di altri, e gli dissi che
se lo voleva fare, poiché l’amministratore
ra suo fratello Alberto, dicesse a lui di pagare, io non ne volevo sapere. A proposito
53
Deposizione resa al G.I. Della Lucia in data 26 giugno 1987. Il successivo 6 luglio, dopo avere "consultato le agende”
Berlusconi scrive una lettera al “Dottor Della Lucia”, e tra i vari “se ben ricordo”, “eventuale interesse”,
“fortunosamente reperito”, argomenta: “Devo far presente che, a nove anni di distanza, non sono in grado di ricordare
se gli appuntamenti e i colloqui telefonici [con i funzionari della Cassa di Risparmio di Asti] annotati nell'agenda si
siano effettivamente tenuti [o se se ne siano tenuti solo alcuni]; né, a fortiori, posso ricordarne il contenuto. Mi sento co-
munque di escludere - in ciò confortato anche dalla circostanza che non risultano agli atti dei mio Gruppo né studi, né
progetti, né rilievi riguardanti il terreno in questione - che sia stata da me avanzata un'offerta di acquisto dell'area di Pe-
schiera Borromeo, vuoi alla Cassa di Risparmio di Asti vuoi ad altri”.
54
Deposizione resa al G.I. Della Lucia in data 5 maggio 1987.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
di quell’uomo che anni dopo, a seguito del suo arresto, seppi dai giornali essere Ugo
Martello, ricordo che dopo la presentazione fattami dal Dell’Utri, lo vidi frequentare
assiduamente gli uffici di Dell’Utri [quando era] amministratore della Bresciano [ ...
]. Tra i frequentatori abituali del ristorante "Il Viceré" di Brucia Domenico, vi era una
persona da me conosciuta da oltre venticinque anni, di nome Bosco Emanuele, e
costui spesso lo avevo visto insieme a pranzo insieme con Ugo Martello, Mingiardi
Salvatore detto Turi, con Bono Alfredo e con tutta la malavita siciliana che
frequentava il ristorante di Brucia Domenico. Nel ristorante del Brucia ci andavano
spesso Marcello Dell’Utri e Ugo Martello, che erano intimi amici tra loro e amici del
Brucia. Il Dell’Utri si vantava anche di essere amico di Marchese Filippo di Palermo,
e offrì a Caristi di dare la copertura dei Marchese per le filiali di Palermo e di Catania
della Inim, nel senso di avere una protezione da parte di quei personaggi. Seppi poi,
quando ero all’estero, che in appartamenti del palazzo di piazza Concordia 1, in
Milano, all’epoca in cui a Milano era rimasto Dell’Utri Marcello a gestire quello che
era rimasto del gruppo Inim, erano andati ad abitare Bono Alfredo, Emanuele Bosco
e Mongiovi Angelo, e un ragioniere della famiglia mafiosa di Raffadali” 55 .
“Quando Dell’Utri Marcello lavorava negli uffici di via Chiaravalle”, dirà
ancora Rapisarda, “venivano frequentemente e abitualmente a trovarlo Ugo Martello,
Stefano Bontate, Teresi Domenico e Cinà Gaetano che, praticamente, era di casa
nell’ufficio di Marcello Dell’Utri [ ... ]. Negli ultimi mesi del 1978 incontrai in piazza
Castello Mimmo Teresi e Stefano Bontate che mi invitarono a prendere un caffè
insieme a loro, e il Teresi nella circostanza mi disse che stava per diventare socio di
Berlusconi Silvio in una società televisiva privata dicendomi che ci volevano 10
miliardi e mi chiese un parere, tra il serio e lo scherzoso, se era un buon affare.
Ritengo che Caristi Angelo sappia qualcosa in merito alla società tra il Berlusconi
Silvio e Mimmo Teresi. Mi risulta che il Teresi e lo Stefano Bontate operassero
insieme nelle imprese immobiliari e negli affari in genere. Successivamente ricordo
che Caristi Angelo, responsabile amministrativo della Inim, reparto filiali, mi disse
che Dell’Utri Marcello gli aveva offerto la protezione di Filippo Marchese al fine di
fargli acquisire immobili sulla piazza di Palermo. lo dissi al Caristi di tenersi però
lontano da quella gente trattandosi di mafiosi molto pericolosi” 56 . Rapisarda, ai
tempi, era proprietario dell’emittente Milano Telenord, e intratteneva stretti rapporti
col boss Vittorio Mangano, a sua volta interessato all’emittenza televisiva. Rapisarda
aveva costituito la Milano Telenord srl il 14 gennaio 1977, e secondo alcune voci
avrebbe a lungo cercato di associare Berlusconi al suo progetto televisivo.
Un rapporto del Nucleo operativo dei Carabinieri di Pistoia datato 25 aprile 1983
accertava che “Francesco Paolo Alamia faceva parte, con compiti dirigenziali e
organizzativi, di un illecito sodalizio che traeva profitto da attività edilizie ed
immobiliari ove confluivano ingenti somme di dubbia provenienza [ ... ]. Da qui il so-
spetto che le stesse attività imprenditoriali servissero da copertura per riciclare il
55
Deposizione resa al G.I. Della Lucia in data 13 novembre 1987.
56
Deposizione resa al G.I. Della Lucia in data 5 maggio 1987.
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57
“112 ottobre 1976, in Milano, nella via Correggio, personale di questo ufficio ha tratto in arresto per detenzione di
armi ed altro tale Vio Walter, nato a Venezia il 17 gennaio 1955. Nella circostanza si accertava che l'appartamento era
stato locato al Vio da Gioveneo Giovanni, il quale risultava locatario di altri due appartamenti, uno in via Saldini 30,
ove abitava, l'altro in "Milano 2" occupato dalla madre di Turatello Francesco a nome Luigia, che si faceva chiamare
Giovenco Luigia”.
58
“La Repubblica” 13 marzo 1985.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
59
Al crac del gruppo Inim seguirà un'intricata sequela di rinvii a giudizio, denunce, azioni giudiziarie, processi,
sentenze, ricorsi, appelli (molti dei quali ancora pendenti a tutta l'estate 1994), che vedranno coinvolti Rapisarda, i
Dell'Utri, la Cassa di Risparmio di Asti, e alcuni magistrati (come il G.I. dei Tribunale di Milano Giorgio Della Lucia,
sottoposto a procedimento disciplinare da parte del Consiglio Superiore della Magistratura nell'ottobre 1993).
60
Cfr. Richiesta di autorizzazione a procedere per associazione di stampo mafioso a carico di Giulio Andreotti,
avanzata dalla Procura della Repubblica di Palermo in data 27 marzo 1993.
I legami tra Cosa Nostra e Logge massoniche coperte, documentati da numerose inchieste giudiziarie, hanno portato
molti boss mafiosi ad affiliarsi alla massoneria in un criminoso sodalizio, perlopiù di tipo finanziario. Ancora nel 1991,
ad esempio, nelle banche di Arezzo infiltrate dai massoni, il Venerabile maestro Licio Geni ha potuto negoziare assegni
per centinaia di milioni senza che le operazioni, presso la Banca Toscana, venissero segnalate all'autorità di Polizia
come stabilito dalle norme antiriciclaggio, e “pochi giorni dopo il sequestro dei conti di Gelli, sulla credibilità del
sistema bancario aretino è arrivata la seconda mazzata. L'operazione Unigold ha portato in carcere Gustavo Delgado
Upegui, cassiere di Pablo Escobar Gaviria, boss di Medellin ucciso l'anno scorso, e un gruppo di imprenditori orafi
aretini e vicentini che aiutavano i colombiani a ripulire il denaro della droga” ("Il Mondo", 7 febbraio 1994).
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
61
"Anipe" n° 32, 8 settembre 1979; "Anipe" n° 7, 23 febbraio 1980.
62
Il boss Alfredo Bono (esponente della "mafia finanziaria" milanese), presso l'ufficio di via Chiaravalle 7/9, a Milano
(dove aveva sede il gruppo Inim e dove avevano la residenza privata il Rapisarda e i fratelli Dell'Utri), disponeva di un
recapito telefonico "segreto": 6070351, ufficialmente intestato alla società Beni immobili briantei srl amministrata dai
prestanome Yvette Grut, Francesco La Rosa e Filippo Rapisarda.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Milano). Da Caracas, il giro mafioso si attiva tra l’altro per tentare di salvare il
salvabile dell’ex gruppo Inim, con particolare interesse per la parte dei terreni di
Peschiera Borromeo ex Facchin & Gianni intestati alla Milano Santa Maria al Bosco
spa (altra società del gruppo); ma i maneggi intorno alle spoglie dell’ex impero
finanziario-immobiliare, con andirivieni di commercialisti e boss da Milano a
Caracas, non sortiscono alcun esito: tutto è ormai nelle mani dei Tribunali di Torino e
Milano.
Dalla latitanza, Rapisarda dichiara all’“Espresso”: “Quello della Inim era un
progetto ambizioso fallito soprattutto per colpa di feroci contrasti tra fazioni
politiche. Ciancimino non era il cervello dell’Inim, era qualcosa di più... Di cervelli
non ce n’era uno solo, ma più d’uno: erano a Palermo, a Roma, a Milano, e anche
all’estero. Nomi grossi, gente importante... Il gruppo doveva essere costituito da
molte aziende, l’obiettivo era di dare vita a un gruppo molto forte in alternativa ad
altri gruppi del Sud e del Nord... Chi erano i finanziatori dell’Inim. [non lo posso
dire]: io tengo alla mia vita, quelli là mi troverebbero anche in capo al mondo”.
Un nuovo rapporto redatto dalla Criminalpol in data 28 marzo 1985, intitolato
“Indagini su esponenti del crimine organizzato facenti capo al gruppo mafioso
Cuntrera-Caruana ed a Rapisarda Filippo Alberto” scriverà: “In relazione ad una serie
di reati fallimentari [riguardanti la Venchi Unica Duemila e la Bresciano spa, NdA]
venne colpito da ordine di cattura, assieme al Rapisarda, anche il suo autista Dell’Utri
Alberto. Costui è il fratello gemello di Dell’Utri Marcello, collegato al boss mafioso
Mangano Vittorio e uomo di fiducia di Berlusconi Silvio e di Rapisarda Alberto”;
attribuendo al Rapisarda un ruolo dirigenziale e di primo piano nell’ambito della
criminalità organizzata nazionale e internazionale e un ruolo cardine nella mafia
“imprenditoriale” il nuovo rapporto Criminalpol imputerà al pluripregiudicato
faccendiere siciliano di avere fornito falsi passaporti ad alcuni responsabili di
sequestri di persona a scopo estorsivo, favorendone l’espatrio in Venezuela dove essi
avevano riciclato parte delle somme dei riscatti nell’acquisto di immobili.
Il crac del gruppo Inim. è di ingenti dimensioni. La sola Bresciano risulta debitrice
verso la Cassa di Risparmio di Asti per un’esposizione di 33 miliardi, e nei suoi conti
vi è un ulteriore passivo di circa 10 miliardi.
Nell’aggrovigliata contabilità della Venchi Unica Duemila, viene accertato un
ammanco di L. 807.050.837. Tra l’altro, assegni di clienti della Venchi Unica
Duemila (amministrata da Alberto Dell’Utri) risultano finiti su un conto personale di
Alberto Dell’Utri 63 , mentre un assegno della Venchi Unica Duemila risulta incassato
da Marcello Dell’Utri. Un assegno di L. 10 milioni, tratto da uno dei conti bancari
della Bresciano, datato 10 luglio 1978, risulta incassato dal boss mafioso Gaetano
63
La perizia dei Tribunale appurerà che assegni di clienti della Venchi Unica Duemila per L. 38.778.961 erano finiti sul
conto corrente 35815, presso l'Ibi di Roma, intestato ad Alberto Dell'Utri. Dopo avere ripetutamente negato il fatto,
Dell'Utri dichiarerà al Tribunale: “Ammetto di avere prelevato somme di cui agli assegni e ai documenti bancari
mostratimi e di cui alla elencazione analitica del perito... [Al Tribunale di Torino mentii] in quanto in quel clima di
terrorismo [negavo] qualsiasi accusa mi venisse mossa. Era un clima tale per cui mi sembrava di dover andare incontro
all'ergastolo”.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Cinà.
Quando il Tribunale revoca il mandato di cattura a carico di Rapisarda, il
finanziere torna in Italia e inoltra al Tribunale di Milano una raffica di esposti e
denunce (in particolare contro la Cassa di Risparmio di Asti), una delle quali a carico
dei fratelli Dell’Utri. “[Nella denuncia di Rapisarda, tra l’altro] è descritto un
movimento di denaro di L. 29 milioni tra la Venchi Unica Duemila (amministrata da
Alberto Dell’Utri) e la Bresciano (amministrata da Marcello Dell’Utri) attraverso cui
vennero distratti L. 8 milioni personalmente dall’Alberto Dell’Utri. Dai documenti
indicati e allegati [alla denuncia] emerge in modo evidente che Marcello Dell’Utri si
prestò e cooperò all’occultamento ed alla distrazione della somma, facendo risultare
entrati alla Bresciano solamente 21 milioni, avendone però ricevuti 29 [ ... ]” 64 . I
termini della contesa sono evidenti: i due Dell’Utri affermano che la loro carica
societaria di amministratori delle due società fallite era una canca puramente formale,
e che essi erano in sostanza dei prestanome-paravento del Rapisarda 65 ; il Rapisarda
sostiene l’esatto contrario lamentando di essere stato perfino "licenziato" dai due
Dell’Utri, e arriva a denunciare di essere fatto oggetto di anonime “minacce” dietro le
quali sospetta esservi “il gruppo Berlusconi per le denunce da me fatte nei confronti
di Dell’Utri Marcello e Alberto” 66 . A sua volta, Marcello Dell’Utri denuncia
Rapisarda per truffa.
Il conflitto Rapisarda-Dell’Utri nelle aule di Giustizia si protrae - non troppo
cruento - parallelo al lentissimo e complicatissimo iter dei vari fascicoli giudiziari. “I
due fratelli gemelli Alberto e Marcello Dell’Utri, amministratore delegato il primo
della Venchi Unica Duemila spa ed il secondo della Bresciano spa, agivano in modo
del tutto autonomo e indipendente dal Rapisarda: per essere esatti bisogna dire che
erano del tutto incontrollabili e si erano apertamente ribellati, insieme ad Alamia e
Caristi. Il Rapisarda non aveva più, nel 1978, alcun potere di interferire nel loro
operato, tanto che proprio in quel periodo costoro provvidero addirittura ad
estromettere [il Rapisarda] dal gruppo Inim, giungendo persino a "licenziarlo" quale
direttore generale, revocandogli tutte le procure nelle varie società. Essi posero in atto
una serie di comportamenti lesivi per le società e lesivi per il Rapisarda, dei quali,
forse, ebbero successivamente a pentirsi [ ... ]” 67 .
In effetti, il gioco delle parti sembra avere registrato - come sostiene Rapisarda - un
qualche successivo "pentimento" dei suoi ex soci fratelli Dell’Utri, ristabilendo tra gli
antagonisti un saldo rapporto di rispetto. Il 14 ottobre 1989, infatti, la moglie di
Marcello Dell’Utri, Miranda Ratti. ha tenuto a battesimo Cristina Elisabetta
64
Memoria difensiva, nell'interesse di Rapisarda, presentata dall'avv. Paola Mora al Tribunale di Milano in data 27
novembre 1992.
65
Cfr. la deposizione di Marcello Dell'Utri al G.I. Massobrio, 3 agosto 1982.
66
Cfr. la deposizione di Rapisarda al G.I. Della Lucia, 5 maggio 1987.
67
Memoria difensiva presentata dall'avv. Paola Mora, legale di Rapisarda, al Tribunale di Milano in data 27 novembre
1992.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Rapisarda, figlia di Filippo Alberto. Uno dei club milanesi di “Forza Italia” (il
partito-setta creato dai gemelli Dell’Utri) avrà sede nel covo dell’ex gruppo Inim e ex
abitazione dei Dell’Utri, in via Chiaravalle 7/9. Secondo "Il Mondo", invia
Chiaravalle 7/9, nel 1993 Rapisarda e i Dell’Utri discutono “dell’opportunità di crea-
re un network televisivo in Argentina” 68 ; inoltre, il “delinquente abituale” Rapisarda,
forte di un certificato penale ormai lungo 12 pagine, nel 1993-94 è un assiduo
frequentatore della “casa romana di Alberto Dell’Utri, in via Guido d’Arezzo, ai
Parioli. Il gemello di Marcello [ ... ] usa presentare ai suoi ospiti il Rapisarda come
finanziere e imprenditore attivo nel campo del trasporto aereo [ ... ]. Il salotto romano
di Alberto Dell’Utri, responsabile di “Forza Italia” per la Capitale, svolge una
funzione importante nei rapporti diplomatici del gruppo Fininvest” 69 .
Da parte sua, Silvio Berlusconi, tra il 1989 e il 1991, ha spostato dalle sue tasche a
quelle di Marcello Dell’Utri la somma di L. 3 miliardi e 441 milioni, sottoforma di
magnanime “donazioni” (in quanto tali sottratte alla tassazione Irpef). E nel settembre
1991, intervistato sul tema “La mafia a Milano” 70 Berlusconi dichiara: “Io il fiato
della mafia non lo avverto”; benché la criminalità organizzata radicata in Lombardia
abbia ormai fatto di Milano la vera capitale "imprenditoriale" di Cosa Nostra 71 ,
Berlusconi dichiara: “[Non sono] in grado di sapere se H negoziante [milanese] è
attanagliato dalla mafia [ ... ]. Non credo che il vero problema [di Milano] sia la
pressione mafiosa”.
Nel marzo 1994, le cronache registrano nuovi sviluppi nell’intrico giudiziario seguito
al crac della Bresciano spa amministrata da Marcello Dell’Utri: “Dopo quasi due anni
di udienze, si è concluso con un’assoluzione generale il processo che ha visto di
fronte il finanziere Filippo Alberto Rapisarda e la Cassa di Risparmio di Asti. Ieri 46
amministratori e dirigenti della banca, avvocati, commercialisti, imprenditori e
funzionari della Banca d’Italia sono stati assolti da reati come falso in bilancio,
estorsione e bancarotta perché i fatti ad essi attribuiti non sussistono. Il Tribunale di
68
"Il Mondo", 2 aprile 1994.
69
Ibidem.
70
“La Repubblica” 24 settembre 1991.
71
L'avvenuto insediamento di Cosa Nostra a Milano e nell'hinterland alla fine degi anni Ottanta risulta
quotidianamente evidente da innumerevoli episodi di macro e micro delitti legati a estorsioni, racket, spaccio di
stupefacenti, regolamenti di conti, attentati, rapine, omicidi; l'infiltrazione mafiosa arriverà a provocare la caduta della
giunta comunale craxiana in seguito allo scandalo detto Duomo Connection mentre lo stesso ministro dell'Interno
denuncia ufficialmente che la metropoli lombarda è assediata da Cosa Nostra e dalle cosche affaristico-criminali. Il
"Corriere della Sera" del 7 luglio 1990, sotto il titolo Finanzieti alleati della mafia - L'allanne lanciato dal presidente
della Camera di commercio milanese, ha scritto: “La necessita di un controllo sui movimenti di denaro era stata fatta
presente già da qualche anno al mondo politico, con un pressante allarme, dal giudice palermitano Giovanni Falcone, il
quale aveva segnalato come nei "computer delle banche e delle organizzazioni finanziarie [milanesi] viaggiassero
liberamente i narcodollari della mafia'
Gerardo D'Ambrosio, coordinatore del pool antimafia milanese, ammette che "è mancata e sta mancando una grande
mobilitazione delle forze di polizia che dovrebbe essere pari a quella spiegata per combattere e vincere il terrorismo
tenendo anche conto che Milano è vicina alle frontiere e crocevia dei riciclaggio internazionale" Come fermare la lunga
mano della mafia sulla città? La pista degli appalti truccati, tangenti, affari sporchi con enti pubblici, non porta lontano.
..”.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Milano ha anche disposto la restituzione dei beni sequestrati nell’ambito della causa:
un milione e 300 mila metri quadrati di terreni nel comune di Peschiera Borromeo, in
provincia di Milano, e 30 miliardi in contanti bloccati all’istituto di credito
piemontese. La conseguenza dell’assoluzione dei dirigenti della banca piemontese e
dei loro consulenti è la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Rapisarda e del
suo collaboratore più stretto: Marcello Dell’Utri, attualmente al vertice del gruppo
Fininvest e in passato amministratore delegato della società di costruzioni Bresciano
spa prima del fallimento, avvenuto nel gennaio 1980. 1 due sono accusati di un crac
per circa una decina di miliardi dell’epoca. Il collegio della Prima sezione penale del
Tribunale di Milano ha disposto di procedere nei confronti di Rapisarda e Dell’Utri.
Lo stesso Pm, al termine della requisitoria, aveva chiesto l’assoluzione generale del
vertice della Cassa di Asti [ ... ]. Tra gli attori del processo vi è Diego Curtò: nel
luglio 1992 Curtò concesse il sequestro di beni della banca richiesto da Rapisarda” 72 .
Si apprende inoltre che Rapisarda e sua moglie sono indagati dalla Procura di Brescia
per corruzione dei giudici Della Lucia e Curtò.
Intanto Marcello Dell’Utri dichiara: “Rapisarda lo conosco bene. Molti
dicevano che fosse un mafioso, ma io non l’ho mai creduto. Le voci nascevano dal
fatto che il suo socio Francesco Alamia era consigliere comunale della corrente di
Ciancimino. Ma io sono certo che lui non ha frequentato Ciancimino, e neppure l’ha
mai visto ... ”; quanto alle accuse rivoltegli dal Rapisarda di essere stato un assiduo
frequentatore di boss mafiosi, Dell’Utri dichiara: “Tutte falsità totali... Rapisarda mi
ha confessato di essersi inventato tutto” 73 .
L’8 aprile 1994, H nome di Marcello Dell’Utri risulta iscritto nel registro degli
indagati della Procura milanese, insieme a quello di Rapisarda e Francesco Paolo
Alamia. “Concorso in bancarotta fraudolenta aggravata, l’ipotesi di reato contro
Dell’Utri e gli altri. La vicenda su cui sta indagando il magistrato Francesco Prete
prende il via dal fallimento della Bresciano sas di Mondovi e fa riferimento alla
sentenza con cui il Tribunale, il 17 marzo scorso, ha assolto i vertici della Cassa di
Risparmio di Asti, in un primo tempo indicati come i responsabili del crac. Il
vorticoso giro di miliardi della società inizia nel 1976. La Bresciano sas non riesce a
rientrare nel debito di oltre 10 miliardi accumulato nei confronti della Cassa di
Risparmio di Asti. Il fallimento è alle porte, ma il finanziere Rapisarda si offre di
salvare la situazione. In cambio, però, vuole nuove aperture di credito dalla banca.
Esautorati i Bresciano, al vertice della società c’è adesso Marcello Dell’Utri. Ma la
situazione, 3 anni dopo, peggiora. Il buco iniziale di 10 miliardi non solo non è
ripianato, ma i debiti, nel’79, ammontano a ben 33 miliardi. Rapisarda fugge
all’estero. Latitante in Venezuela, ospite della famiglia Cuntrera, indicata ai vertici
del traffico internazionale di droga, Rapisarda comincia a preparare il terreno per
rientrare in Europa. Quando lo fa ha un solo obiettivo: dare l’assalto alla Cassa di
72
“1a Repubblica", 18 marzo 1994. Lo stesso Dell'Utri nel processo si era costituito parte civile, chiedendo alla Cassa di
Risparmio di Asti un risarcimento danni di 6 miliardi. Il tentativo del duo Rapisarda-Dell'Utri era stato quello di
addossare le responsabilità del crac Bresciano alla Cassa di Asti e ai suoi dirigenti.
73
Intervista al "Corriere della Sera", 21 marzo 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Risparmio di Asti. Ma dopo la sentenza del 17 marzo la “patata bollente” torna nelle
mani dei manager della Bresciano sas. Prima di tutto Filippo Rapisarda, indicato
come amministratore di fatto, poi Marcello Dell’Utri, amministratore effettivo
dell’azienda” 74 .
Anche la sede del club “Forza Italia” situata nel famigerato palazzo di via
Chiaravalle 7/9, a Milano, trova spazio nelle cronache giornalistiche del marzo 1994:
“Quindici giorni fa Rapisarda ha messo a disposizione di Forza Italia i locali dove
proprio Dell’Utri tiene vibranti prolusioni [è in corso la campagna elettorale, NdA]”,
scrive La Repubblica”. “Ma i locali di Rapisarda non appartengono affatto a
Rapisarda. Secondo una sentenza della Cassazione di tre anni fa, lo ~tabiIe di via
Chiaravalle deve essere restituito al curatore del fallimento [di una delle società del
crac del gruppo Inim] dal cui patrimonio venne fatto sparire poco prima dei
fallimento. Nonostante la Cassazione, H curatore non èancora riuscito a farsi ridare lo
stabile. La sede di via Chiaravalle, insomma, è stata offerta a Forza Italia da un
signore [Rapisarda] che non risulta avere alcun titolo su di essa” 75 ; e ai cronisti che
gliene chiedono conto, Marcello Dell’Utri risponde: “La sede? Che cazzo ne so!
Chiedetelo a Rapisarda”.
74
“La Stampa”, 9 aprile 1994. li successivo 19 aprile, il "Corriere della Sera" informa: “La Procura di Brescia, che è
competente a indagare sui magistrati milanesi, ha spedito un avviso di garanzia a Giorgio Della Lucia, ex giudice
istruttore e oggi consigliere di Corte d'Appello. Tre i reati ipotizzati: abuso d'ufficio, falsificazione di perizia e
corruzione per atti giudiziari. L'inchiesta riguarda la stessa vicenda che ègià costata al magistrato una punizione
disciplinare: l'anomala conduzione delle indagini sulle società Venchi Unica e Bresciano, fallite alla fine degli anni '70,
quando erano controllate dal finanziere Filippo Alberto Rapisarda e dagli attuali dirigenti di Publitalia Alberto e
Marcello Dell'Utri. In concorso con Della Lucia sono inquisiti anche Curtò e Rapisarda: il Pin Ascione indaga su un
sequestro di beni da 100 miliardi concesso dal giudice al finanziere. E su una perizia 'Voro" ordinata da Della Lucia a
Paolo Brecciaroli: 750 milioni per valutare le cause del crac”.
75
“la Repubblica”, 26 marzo 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Tra la fine del 1993 e i primi mesi del 1994, Marcello Dell’Utri esce suo malgrado
dal discreto cono d’ombra rappresentato dalla carica di amministratore delegato di
Publitalia (la "cassaforte" della Fininvest), e la sua figura e il suo ruolo cominciano a
rivelare più precisi contorni. Del resto, la contingenza lo richiede: il crollo del
craxismo e del regime Dc-Psi priva la Fininvest dell’indispensabile “copertura”
politica, protezione ancor più indispensabile in rapporto alla grave situazione
finanziaria del gruppo berlusconiano oppresso da qualche migliaio di miliardi di
debiti.
Attivando in forma semi-clandestina la capillare struttura di Publitalia (nel cui
ambito il gemello Alberto è direttore della nevralgica sede romana), Marcello
Dell’Utri organizza nel volgere di poche settimane lo pseudo-partito “Forza Italia”
(cioè lo strumento attraverso il quale, anche grazie ai suoi networks televisivi, la
Fininvest arriverà a conquistare il potere politico nazionale). L’obiettivo
dell’avventura politica è palese e articolato: salvare dal crac il gruppo Fininvest,
salvaguardandone così anche gli innumerevoli segreti finanziario-azionari e gli
occulti interessi che vi sono sottesi; occupare direttamente il vuoto di potere lasciato
dal crollo del regime Dc-Psi (all’ombra del quale e solo grazie al quale il gruppo
Fininvest ha potuto costituirsi e prosperare); stroncare l’inchiesta della Procura della
Repubblica di Milano (“Mani pulite") che ha determinato il crollo del regime
Craxi-Andreotti-Forlani e che ormai rischia di smascherare molte delle corruttive
pratiche dello stesso gruppo Fininvest e i suoi intrichi societari e finanziari nazionali
e internazionali 76 .
76
In una sua inchiesta ("La rete estera dei Biscione') pubblicata dal "Corriere della Sera" dei 5 agosto 1994, Ivo Caizzi
scrive: “La Silvio Berlusconi Finanziaria S.A. (Sbf), una holding domiciliata nel paradiso fiscale di Lussemburgo,
spunta a sorpresa come la "cassaforte" all'estero dove la Fininvest custodisce un patrimonio di società finora
sconosciuto alle cronache [ ... ]. Le holding di Lussemburgo consentono anche di tutelare eventuali azionisti anonimi.
[...] Berlusconi fin dall'inizio si è servito di società estere, come le regole del business internazionale gli consentono. Al
pari di tanti suoi colleghi lombardi di quegli anni è partito dalla Svizzera... Ma, alla fine degli anni Ottanta, con
l'affievolirsi del segreto bancario nella Confederazione, ha seguito l'esempio di vari grandi gruppi ed è ricorso alle
holding in Lussemburgo. Nella vicenda Telepiù, la pay tv di cui la Fininvest ha una quota, è apparsa la lussemburghese
Cit, che vari giornali hanno sospettato sia stata creata per celare la proprietà dei 25 per cento di Telepiù (poi ceduta al
finanziere Johann Rupert), che la legge italiana vietava a Berlusconi di possedere. Inoltre la Cit è nata nell'orbita della
Banque Internationale Luxembourg (Bil), dove sono di casa tanti italiani amanti dell'anonimato [ ... I. U Sbf nasce il 23
dicembre '87 come Finanziaria d'Investimento International (capitale 40 mila dollari). Ha sede al 26 boulevard Royal,
dove c'è la Banca di Roma International, diramazione lussemburghese dell'istituto... che è tra i finanziatori dei gruppo
Fininvest [ ... ]. La Finanziaria d'investimento l' l. settembre '89 viene ridenominata Silvio Berlusconi Finanziaria. Il
capitale sale a 50 milioni di dollari e nasce una rete di controllate con sede anche in altri paradisi fiscali. Viene
sottoscritto il 100 per cento della Principal Network, domiciliata a Tortola nelle Isole Vergini Britanniche, e di Rete
Europa International di Londra, più il 33,3 per cento della Tricom di Parigi. Viene acquistata la società panamense Omc
Corporation che, secondo il bilancio Sbf, a Panama non è tenuta a ufficializzare i rendiconti della sua attività [ ... ]. E
entra nell'orbita della Sbf la Rete Europa International N.V., domiciliata nel paradiso fiscale delle Antille Olandesi, a
Curagao. Già tutte queste società, che sembrano un po' delle “scatole cinesi” rendono arduo seguire nei dettagli -
leggendo il bilancio della Sbf - i movimenti di denaro all'interno delle controllate, o i rapporti con gli eventuali partner
d'affari. Ma l'espansione continua. Nel'90 la Sbf si allarga a Tortola nelle Isole Vergini Britanniche, con la Principal
Television e la Principal Communications. Rileva il 54 per cento della Euroloterie di Lussemburgo, il 20 per cento di
Ediciones Musicales Cinco di Madrid, e il 100 per cento delle londinesi Sport Image International, Libra Commu-
nications, News & Sport Television, Leopard Communications e Rete Italia U.K. La crescita nei centri protetti da un
rigido segreto bancario tocca anche Malta, che negli ultimi anni è stata scoperta dagli italiani come paradiso fiscale.
News & Sport Time, Scarmiore e Lion Communicatíons hanno sede a La Valletta. Nel '91 il capitale della Sbf viene
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
***
“Tg5”, vanifica di fatto le richieste che i magistrati hanno inoltrato al Gip per
l’arresto di Dell’Utri e dei cinque coinvolti nella vicenda.
Nel rapporto della Guardia di Finanza che ha attivato i magistrati è scritto tra
l’altro: “Gli elementi acquisiti inducono a ritenere fittizie le prestazioni di cui alle
fatture n. 74 e n. 88 emesse dalla società Panam srl [di Lorenzo Onorati] nei confronti
di Publitalia ‘80 spa... E’ evidente come la società Panam è stata utilizzata
nell’operazione come soggetto di comodo al quale intestare le fatture. Le indagini
svolte nei confronti di tale società hanno messo in luce come la stessa manchi di
concreta organizzazione produttiva, risulti priva di personale dipendente o di
collaboratori. Non ha alcuna sede effettiva, ha radicalmente disatteso gli obblighi
fiscali, è stata utilizzata per la produzione di filmati pornografici e per l’emissione di
fatture fittizie nel settore pubblicitario”. Nel giro di pochi giorni, gli inquirenti hanno
individuato ‘Tondi neri" Fininvest per circa 20 miliardi.
La magistratura milanese indaga sulla “contabilità segreta della Valcat, una
piccola società di cui Valerio Ghirardelli [ex manager di Publitalia, e attuale direttore
generale di Telepiù] è titolare. Un gruppo di esperti è al lavoro per rendere leggibili le
memorie dei computer e i dischetti sequestrati nella sede della Valcat. Una parte del
materiale, superprotetto elettronicamente, è stata inviata per la traduzione negli Stati
Uniti, al produttore del computer. Ma già da quello che è stato esaminato dai tecnici
italiani appare chiaro che la Valcat funzionava da “cartiera” per conto della Fininvest.
Produceva cioè “carte”, fatture, per giustificare movimenti di denaro altrimenti non
spiegabili e far quadrare bilanci zoppicanti. Ghirardelli è accusato di falso in bilancio
e frode fiscale, in compagnia di altri gestori di “cartiere” (come Romano Luzi, l’ex
maestro di tennis di Silvio Berlusconi, poi diventato titolare della Conaia srl) e
dell’amministratore delegato di Publitalia, Marcello Dell’Utri. Ora gli esperti
incaricati dalla Procura di Milano hanno estratto dai computer della Valcat una
contabilità a dir poco confusa: fatture emesse per cifre diverse da quelle indicate
ufficialmente, oppure intestate a società diverse del gruppo Fininvest (per esempio
Rti invece che Publitalia). Esistono anche fatture doppie (ossia due documenti diversi
registrati con lo stesso numero). Secondo quanto i giudici stanno accertando, la
contabilità miliardaria della Valcat e delle altre “cartiere” Fininvest serviva, fra
l’altro, a occultare pagamenti fuori bilancio a Dell’Utri e ad altri dirigenti di
Publitalia, oppure nascondeva regalie, sempre in nero, ai manager di aziende (per
esempio Swatch, Seat, De Cecco) che decidevano grossi investimenti pubblicitari
sulle reti Fininvest” 79 .
79
“L’Europeo”, 31 agosto 1994.
80
I furibondi strali berlusconiani si rivolgono in particolare verso il Pm Gherardo Colombo, definito “un comunista”.
L'avversione di Berlusconi per il valente magistrato è del tutto comprensibile: fu per iniziativa di Colombo (e di altri
magistrati milanesi) che nel 1981 venne scoperchiata la Loggia P2, la banda gelliana alla quale Berlusconi era
segretamente affiliato.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
82
“La Stampa”, 3 maggio 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
risponde: “Guardi che se lei continua con questo tono, io sono costretto a chiamare i
carabinieri” 83 .
Il primo tentativo di scardinare il pool dei magistrati milanesi avviene, nel puro stile
berlusconiano, attraverso la lusinga: il presidente del Consiglio incaricato, il 7
maggio 1994, offre al magistrato-simbolo di “Mani pulite” Antonio Di Pietro, una
poltrona di ministro nel costituendo governo 84 . E poiché il magistrato declina
l’invito, il governo Fininvest procederà altrimenti, a norma di decreto-legge.
Il 13 luglio, un decreto-legge del governo Berlusconi (detto per l’appunto
“Decreto salva-ladri”) vieta l’arresto cautelativo per i reati di corruzione,
concussione, peculato e ricettazione, e soprattutto per quelli di bancarotta fraudolenta,
falso in bilancio, frode fiscale, e limita inoltre la libertà di stampa in merito agli
“avvisi di garanzia”. È il primo passo del governo-Fininvest per stroncare le inchieste
di "Mani pulite" che stringono d’assedio il gruppo Fininvest, e per ledere l’autonomia
della magistratura.
Scriverà il giurista Guido Neppi Modona: “La “Disciplina della custodia cautelare”
(art. 2) è la parte del decreto in cui l’impudenza e la protervia del governo nel
privilegiare la nuova categoria degli imputati eccellenti emergono con maggiore
evidenza. La possibilità di ricorrere alla custodia in carcere è in primo luogo esclusa
per tutti i delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, concussione,
corruzione, abuso d’ufficio, ecc.), nonché per quelli tipici della criminalità economica
e dei “colletti bianchi” (bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, frode fiscale,
ricettazione, truffa in danno dello Stato, di enti pubblici, o per ottenere contributi,
agevolazioni e finanziamenti pubblici). Questi reati possono evidentemente essere
commessi solo da persone inserite nei circuiti del potere economico e politico:
l’ombrello protettivo non copre quindi solo gli attuali imputati di Tangentopoli, ma
tutti coloro che sono stati o saranno in grado di sfruttare la loro posizione e le loro
entrature sociali per trarne illeciti profitti in danno della collettività [ ... ]. Addirittura
oltraggiosa è la macroscopica disparità di trattamento tra un bancarottiere che ha
distratto centinaia di miliardi ed il ladruncolo di strada che si è impossessato di poche
migliaia di lire: il primo esente dalla custodia in carcere anche se ha già in tasca il
biglietto aereo per le Baliamas, il secondo destinato a finire in galera se, come assai
probabile, vi è il pericolo concreto che continuerà a scippare” 85 .
Il proditorio decreto-Fininvest darà origine a uno scandalo dall’eco
83
Episodio riferito da “Prima comunicazione”, maggio 1994.
84
La pelosa manovra verrà così commentata dal costituzionalista Gustavo Zagrebelsky: “Ma i giudici non possono stare
sullo stesso piano dei politici e stabilire con loro patti, da potenza a potenza. Questi sarebbero patti di collusione o di
compromissione. t quel che stava per accadere con l'offerta da parte dei presidente dei Consiglio incaricato al magistrato
Di Pietro. Se fosse stata accolta, in primo luogo, si sarebbero portati in dote al nuovo governo H credito e i meriti
acquisiti per mezzo di un'azione giudiziaria, strumentalizzandoli fuori della magistratura. Il governo avrebbe
indebitamente acquisito un plusvalore capace di alterare a suo favore l'equilibrio con la magistratura stessa. In secondo
luogo si sarebbe posto un precedente nel senso dell'omologazione dei magistrati più in vista all'indirizzo governativo,
nella speranza di un incarico ministeriale: una violazione dell'indipendenza non con minacce, ma con lusinghe” (“La
Stampa” 10 maggio 1994).
85
“1a Repubblica", 16 luglio 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
I quotidiani di domenica 20 marzo 1994 informano che in seguito alle confessioni dei
mafiosi pentiti Totò Cancemi e Gioacchino La Barbera, le Procure distrettuali
antimafia di Caltanissetta, Palermo, Catania e Firenze stanno svolgendo indagini sul
conto di Silvio Berlusconi e dei fratelli Marcello e Alberto Dell’Utri.
“L’inchiesta incrociata sui vertici della Fininvest ha il suo epicentro in Sicilia,
laddove Totò Cancemi ha compiuto una lunga carriera criminale da semplice soldato
della "famiglia" di Porta Nuova a rappresentante della Commissione provinciale di
Palermo. Il mafioso ha confessato ai giudici e ai carabinieri del Raggruppamento
operativo speciale (Ros) i legami che stringono Marcello Dell’Utri e alcuni esponenti
di Cosa Nostra. Un elenco lunghissimo, composto non da uomini d’onore qualunque
ma dai capi, dai sottocapi e dai consiglieri di due delle più importanti “famiglie” di
Palermo: quella di Porta Nuova e quella di Santa Maria dei Gesù. Girolamo
“Mimmo” Teresi è il primo personaggio della lista fatta dal pentito Totò Cancemi.
Mimmo Teresi era il più fidato amico di Stefano Bontate e suo consigliori. Furono
uccisi entrambi, nel 1981, a distanza di un mese. Gli altri due nomi citati da Cancemi
sono quelli di Pietro Lo Jacono e di Ignazio Pullarà, una volta capidecina di Bontate e
poi passati nelle fila dei Corleonesi di Riina. Ma Totò Cancemi parla anche della sua
“famiglia” e, soprattutto, del "punto di riferimento" che aveva in Lombardia: Vittorio
Mangano [ ... ]. Mangano è stato stalliere ad Arcore (nella tenuta di Berlusconi) nella
seconda metà degli anni Settanta. [Secondo Cancemi] nella "tenuta" tra Monza e
Milano trovarono rifugio Ciccio Mafara (un boss ucciso nei primi anni Ottanta nella
guerra di mafia) e, durante la latitanza, i fratelli Grado e Contorno, anche loro uomini
d’onore di Santa Maria del Gesù. Gli investigatori hanno ritenuto che si trattasse di
Totuccio Contorno. Ma il pentito ha spiegato: “No, non sono io. Credo che sia
Giuseppe Contorno... In quegli anni lui aveva interessi a Milano con i Pullarà,
Ignazio e Giovambattista”. Le rivelazioni di Totò Cancemi non si fermano però alle
amicizie e alle frequentazioni mafiose di Marcello Dell’Utri. Il boss svela i retroscena
del grande affare del centro storico [di Palermo]. Parla degli investimenti che Silvio
Berlusconi avrebbe fatto in attesa del secondo “grande sacco” della città, quello che
la mafia stava preparando dai tempi di Lima e Ciancimino, Calò e Buscetta. Totò
Cancemi indica espressamente l’acquisto di immobili da parte del Cavaliere. E poi fa
entrare in scena un misteriosissimo personaggio che avrebbe fatto da intermediario, a
Palermo, nell’affare centro storico”. Il pentito lo chiama “il ragioniere”. Sarebbe stato
“il ragioniere”, in nome e per conto di Berlusconi, a trattare direttamente
l’operazione. Sarebbe stata, dunque, la mafia a favorire l’ingresso in Sicilia del
Cavaliere per spartire la "torta" del grande risanamento di uno dei centri storici più
belli d’Europa? Su tutte queste dichiarazioni del pentito di Porta Nuova sono in corso
investigazioni in tutta la Sicilia occidentale. Indaga la Procura antimafia di Palermo,
ma anche quella di Caltanissetta dove Cancemi - per la prima volta - ha deciso di
vuotare il sacco sulle stragi mafiose dell’estate 1992. Sono investigazioni partite alla
fine dello scorso febbraio e concentrate soprattutto nella città di Palermo. Si cercano
anche società in qualche modo legate a Marcello Dell’Utri e a suo fratello Alberto,
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
società costituite negli ultimi anni a Palermo. Più complessa e articolata l’inchiesta
dei magistrati della Procura antimafia di Catania. Anche lì s’indaga sullo staff del
Cavaliere, seguendo le tracce di un fiume di soldi. L’inchiesta era cominciata
indagando sul "tesoro" di Benedetto “Nitto” Santapaola e dei suoi fedelissimi
prestanome. 1 giudici hanno trovato collegamenti con alcune società di Alberto
Dell’Utri, il fratello di Marcello. Collegamenti che hanno lasciato una traccia:
intercettazioni telefoniche. Questa di Catania è una investigazione difficilissima, gli
esperti partono da centinaia di migliaia di dollari, i proventi del riciclaggio della
“Santapaola spa”” 86 .
“Secondo alcune indiscrezioni, confermate in ambienti giudiziari, la Direzione
distrettuale antimafia di Palermo (Dda) indaga su Dell’Utri in relazione ad una
vicenda di riciclaggio di denaro proveniente dal traffico internazionale di stupefacenti
affidato da Cosa Nostra direttamente o indirettamente all’amministratore delegato di
Publitalia [ ... ]. Il quadro che fa Cancemi ritrae un Marcello Dell’Utri abbastanza in
confidenza con alcune ‘1amiglie" di Cosa Nostra, e precisamente quelle di Santa
Maria del Gesù e quella di Porta Nuova. Il pentito parla di "gite" milanesi (nella villa
di Dell’Utri) di uomini come Stefano Bontate, Mimmo Teresi, Pietro Lo Jacono, i
fratelli Pullarà e i cugini Grado. L’altro collaboratore, La Barbera, sembra sia stato un
po’ più generico. Ha detto di [ ... ] poter affermare che nell’ambito di Cosa Nostra
Berlusconi veniva considerato amico [ ... ]. Pietro Marchese ha raccontato che la
mafia, a suo tempo, intervenne per salvare dal sequestro il figlio di Silvio Berlusconi
che fu portato fuori dall’Italia [ ... ]. Cancemi parla dei rapporti tra Fininvest e Cosa
Nostra, ipotizzando una sorta di "patto" insorto dopo che la mafia aveva avviato una
campagna di taglieggiamento nel settore della grande distribuzione in Sicilia. Il boss
racconta di un’estorsione che, nel tempo, sarebbe divenuta un tacito accordo (con
pagamento di circa 600 milioni all’anno) per avere una specie di esclusiva. La storia
dell’inchiesta sugli attentati alla Standa di Catania non è nuova e la Procura di
Catania avrebbe accertato molte circostanze che proverebbero l’esistenza di una vera
e propria “guerra di mafia” per accaparrarsi la piazza della grande distribuzione
nell’Isola [ ... ]” 87 .
“I magistrati sembrano intenzionati a ricostruire l’intera carriera dei due
Dell’Utri: da quando hanno lasciato la Sicilia per insediarsi a Milano, fino all’ascesa
ai massimi vertici dell’impero del Cavaliere. Ci sono già testimonianze che
inquadrano le pericolose amicizie di Marcello Dell’Utri e la frenetica attività di
Alberto, suo fratello gemello. Di Alberto si sta occupando soprattutto, ma non solo, la
Procura antimafia di Catania. I magistrati vogliono capire le ragioni del vorticoso
nascere e morire di società che ad Alberto Dell’Utri farebbero riferimento. Società
che, in alcuni casi, si intersecherebbero con i canali di riciclaggio predisposti da un
86
“La Repubblica”, 20 marzo 1994. Il boss pentito Gioacchino La Barbera, da parte sua, ha tra l'altro dichiarato agli
inquirenti: “Sono stato contattato da alcuni uomini della Fininvest, tra la fine del '92 e l'inizio del '93, quando avevano
necessità di installare nella zona di Palermo dei ripetitori Tv. Dovevo occuparmi del movimento terra. Non avevo le
macchine adatte. E quel lavoro non lo feci io”.
87
“La Stampa”, 20 marzo 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Il 12 aprile 1994, l’ex magistrato Tiziana Parenti, detta Titti la Rossa (neo-onorevole
eletta nelle liste del partito creato dai Dell’Utri), preda di un estemporaneo sussulto di
arguzia dichiara: ““Forza Italia” è a rischio mafia... La rapidità con cui è cresciuto
questo movimento può farci temere un pericolo concreto di infiltrazioni mafiose... In
“Forza Italia” ci sono nomi che suonano come campanelli d’allarme ... ” 90 . Le
88
“la Repubblica”, 21 marzo 1994.
89
“1a Repubblica” 23 marzo 1994.
90
"La Stampa", 13 aprile 1994. Nel corso della campagna elettorale, il leader della Rete e sindaco di Palermo Leoluca
Orlando aveva dichiarato: “I mafiosi stanno aprendo e sponsorizzando, in Sicilia, club ““Forza Italia””. La candidata di
““Forza Italia” Tiziana Parenti era stata fotografata in compagnia del figlio del boss Antonio Fameli (agente
immobiliare condannato per un omicidio mafioso).
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
risponde uno dei massimi conoscitori di Cosa Nostra, Pino Arlacchi: “Per cogliere un
certo tipo di inquinamento in “Forza Italia” basterebbe guardare all’entourage di
Silvio Berlusconi, agli uomini forti della sua "azienda". I nomi allarmanti che
l’onorevole Parenti non ha pronunciato mi sembrano quelli dei fratelli Dell’Utri... Ho
trovato i nomi dei Dell’Utri in un rapporto di polizia [dove] non si parlava di leasing
o Tv. Si parlava di riciclaggio, riciclaggio di denaro sporco... La polizia stava
indagando su un reticolo di “riciclatori” che operavano a Milano nella seconda metà
degli anni Settanta e avevano collegamenti, da una parte con Vito Ciancimino in
Sicilia, dall’altro con i Cuntrera-Caruana in America Latina... Non è un mistero che
in tanti Paesi del Sud, in zone ad alto tasso di inquinamento mafioso, sono sorti
numerosi club di “Forza Italia” sospetti, e che durante la campagna elettorale
esponenti mafiosi hanno appoggiato in maniera più o meno occulta candidati di
“Forza Italia””.
Il 17 aprile 1994, la stampa informa: “È il primo indagato della Seconda
Repubblica. Ilario Floresta, 53 anni, imprenditore, eletto alla Camera dei Deputati per
il movimento ““Forza Italia”: il suo nome è iscritto nel registro degli indagati di
Catania. Ad avviare l’indagine su Floresta sono stati i magistrati della Direzione
Antimafia di Catania, che nei giorni scorsi hanno arrestato un cugino e collaboratore
dell’esponente di ““Forza Italia” [ ... ] ” 91 .
Nell’ambito dell’inchiesta dei magistrati milanesi di “Mani pulite" per le mazzette
pagate dalla Fininvest ad alcuni ufficiali e sottufficiali della Guardia di Finanza
(primavera-estate del 1994), emerge la testimonianza del maresciallo Giuseppe
Capone, il quale ha dichiarato agli inquirenti che il collega maresciallo Francesco
Nanocchio (coinvolto, come Capone, nello scandalo) avrebbe affermato in due
occasioni: “Se Nitto Santapaola e la mafia lo abbandonassero, Silvio Berlusconi
sarebbe spacciato” 92 .
Il successo elettorale del partito di Dell’Utri alle elezioni politiche dei marzo 1994 (in
Sicilia, ““Forza Italia” si afferma quale primo partito, col 33 per cento dei voti) e la
formazione del governo Berlusconi, pongono la setta politico-affaristica Fininvest
91
"Corriere della Sera", 17 aprile 1994.
92
"Panorama", 6 agosto 1994.
93
“L’Europeo”, 31 agosto 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
nelle condizioni di poter correre ai ripari rispetto a una questione - quella dei pentiti
di mafia e delle indagini antimafia - che potrebbe risultarle esiziale. Del resto, già
prima del voto, quando la stampa aveva informato delle prime ammissioni del boss
Totò Cancemi e delle indagini delle Procure siciliane, Berlusconi aveva dichiarato
guerra ai pentiti di mafia e alla legge che li tutela (“Basta coi pentiti... La legge è da
rifare”).
Nei primi giorni di aprile 1994, la strategia Fininvest viene espressa, al suo
massimo grado di autorevolezza, dal neo-senatore avvocato Cesare Previti, candidato
alla poltrona di ministro della Giustizia. Previti tuona contro “l’uso distorto dei
pentiti”, e dichiara: “Non mi meraviglierei se in qualche Procura, da Palermo a
Milano, si inducesse qualche mafioso pentito di dubbia affidabilità a coinvolgere
esponenti Fininvest o di Forza Italia...” 94 ; quindi enuncia un progetto di "riforma" che
finirebbe per assoggettare la magistratura al controllo del potere politico. E’ l’avvio
ufficiale della campagna berlusconiana volta a delegittimare la legislazione antimafia,
a smantellare gli apparati statali che combattono Cosa Nostra, e a imbrigliare la
magistratura.
Mentre la campagna berlusconiana si dispiega, l’esperto antimafia Pino
Arlacchi dichiara: “Vedo in Forza Italia massoni riciclati e strani personaggi del
vecchio sistema. Leggo che si vuole buttare all’aria la legislazione sui pentiti.
Raccolgo voci di un azzeramento indiscriminato dei vertici di tutta la struttura
antimafia [ ... ]. Temo che si voglia passare un colpo di spugna su dieci anni di lotta
alla criminalità organizzata... Vedo che è incominciata, da un giorno all’altro, una
violentissima campagna d’opinione contro i pentiti. Inspiegabile, se si pensa ai
successi che questa strategia, ricalcata sull’esempio degli Stati Uniti, ha consentito:
sostengo che un pentito di un certo peso può far risparmiare cinque-dieci anni di
indagini; aggiungo che senza Tommaso Buscetta staremmo ancora qui a domandarci
che cos’è la mafia e se esiste davvero. E mi chiedo anche: possibile che si usi una tale
potenza di fuoco contro l’anello più debole della catena, contro l’ex criminale che ha
deciso di collaborare con la giustizia?... Tutto questo gran vociare mira in realtà a
intimidire e delegittimare non solo l’ex mafioso, ma soprattutto chi lavora con lui:
poliziotti, investigatori, magistrati... Penso che si tratti di una “manovra di
prevenzione”. Ci sono decine di processi aperti, di dibattimenti avviati che devono
concludersi presto con condanne e conferme di accusa gravissime. E poi ci sono
indagini partite in tutt’Italia proprio sulla scorta delle rivelazioni di pentiti che vanno
tutte in una sola direzione: il rapporto tra la mafia e la criminalità del Nord” 95 .
Poco tempo dopo, Arlacchi avrà modo di ribadire: “Questa campagna di
intimidazione ha due obiettivi precisi: impedire che vengano toccati i meccanismi di
94
L'onorevole Tiziana Parenti (prossima presidente della Commissione Antimafia) conferma solerte: “Non possiamo
lasciare l'amministrazione della giustizia nelle mani dei pentiti”.
Anche il ministro della Giustizia uscente, Giovanni Conso, dichiara che “la legge sui pentiti deve essere rivista”, e
anche questo è comprensibile: il ministro Conso è il responsabile del primo "Decreto salva-ladri" (governo Amato), e
secondo Marceno Dell'Utri e Filippo Rapisarda, Conso, nel 1976-78, era un assiduo frequentatore della sede del gruppo
Inim, in via Chiaravalle 7/9.
95
Intervista a "L'Espresso", 22 aprile 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
riciclaggio del denaro sporco, i rapporti tra Cosa Nostra e pezzi importanti
dell’economia e della finanza nazionale e internazionale; evitare che si accendano i
riflettori sui collegamenti tra mafia e centri di potere occulto come la massoneria
deviata”; ma Arlacchi ribadirà anche: “Dietro questa polemica sui pentiti c’è un
aspetto ancora più grave: si vogliono colpire i singoli magistrati, i singoli
investigatori [ ... ]. Si vuole evitare che si celebrino i processi, che i mafiosi vengano
condannati. Attualmente, grazie alle dichiarazioni dei collaboratori e ai riscontri
effettuati da giudici inquirenti e polizia giudiziaria, abbiamo un tasso di condanne che
supera l’80 per cento. C’è un’intera lobby mafiosa ma anche politico-giudiziaria in
allarme. E così si tenta di far celebrare i processi in un clima generale di discredito
(lei pentiti... La strategia vincente da parte dello Stato in questi ultimi due anni aveva
tre punti cardine: la legislazione premiale, la creazione di strutture investigative
specializzate, l’appoggio incondizionato e totale dell’opinione pubblica. Tutti questi
punti sono stati colpiti nelle ultime settimane” 96 .
Il 25 maggio 1994, a Reggio Calabria, dove si svolge il processo per l’omicidio del
giudice Antonio Scopelliti, l’imputato Totò Riina (il "Boss dei boss" catturato grazie
ad alcuni pentiti, dopo 19 anni di latitanza) rilascia dichiarazioni che suscitano grande
clamore: “La legge sui pentiti deve essere abolita [perché] i pentiti si inventano
tutto... lo sono un po’ come il "caso Tortora"”; e dopo essersi scagliato contro
l’isolamento carcerario cui è sottoposto a norma dell’articolo 41 bis del regolamento
penitenziario per i mafiosi (“Vivo isolato in carcere da sedici mesi... Mi trattano
come un cane, ma nemmeno i cani vivono come vivo io: sono isolato”), il proclama
del superboss corleonese diviene più “politico”: “Sono i comunisti che portano avanti
un particolare disegno... Ci sono i Caselli 97 , i Violante 98 , e questo Arlacchi 99 che
scrive libri... Ecco, secondo me il nuovo governo [Berlusconi] si deve guardare dagli
attacchi dei comunisti” 100 .
96
Intervista al “Corriere della Sera” il giugno 1994. Perfino il settimanale filogovernativo "Panorama" arriva a scrivere:
“Si può continuare ad attaccare, senza dati di fatto ma solo sulla base di pregiudizi, magistrati come quelli della
direzione antimafia che al 31 marzo scorso avevano istruito ben 153 procedimenti penali con oltre 2.127 imputati? Si
può continuamente parlare di revisione della legge sui pentiti senza specificare né come né perché deve essere fatta e
soprattutto senza chiedere lumi proprio a coloro che da anni la applicano con successo? [ ... I. Tutto questo non può che
allarmare chi crede davvero nella guerra senza quartiere alla Piovra” (28 maggio 1994).
97
Gian Carlo Caselli, Procuratore della Repubblica di Palermo.
98
Luciano Violante, parlamentare Pds e ex presidente della Commissione Antimafia.
99
Pino Arlacchi, sociologo' studioso del fenomeno Cosa Nostra, neo-deputato del Pds, e "padre" della Dia (Direzione
investigativa antimafia).
100
Si noti come le parole di Riina coincidano con le dichiarazioni rilasciate da Berlusconi nel precedente marzo
(inattendibilità dei pentiti di mafia, e sconfessione della legge che li tutela; il "complotto comunista" guidato dal
"comunista" Violante per le indagini antimafia sul conto del vertice Fininvest); anche Marcello Dell'Utri, come Riina, si
è dichiarato vittima di un nuovo "caso Tortora" per le indagini antimafia che lo riguardano. Si vedrà poi come anche la
questione dell'abolizione dell'articolo 41 bis chiesta da Riina verrà sollevata dall'interno dei partito-Fininvest "Forza
Italia".
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
“E la prima volta che un mafioso di alto livello si permette una audacia come
questa”, commenta Pino Arlacchi. “Perché lo fa adesso? Si vede che si sente più
sicuro... Ora poi è entrato direttamente in una tematica politica... Sono segnali lanciati
alle forze di governo, come per indicare che mafiosi e governo hanno gli stessi
nemici ... ”.
Scrive Paolo Franchi sul “Corriere della Sera”: “Primo: abolire la legge sui pentiti.
Secondo: mettere in scacco il complotto “comunista" che la sottende, e che avrebbe
per protagonisti Gian Carlo Caselli, Luciano Violante, Pino Arlacchi, additati
pubblicamente come bersagli. Questo è il messaggio che il governo e decine di
milioni di italiani si sono incredibilmente visti recapitare da un’aula di giustizia, a
mezzo Tv, da Totò Riina. Se qualcuno nutriva ancora dei dubbi, adesso può esserne
certo: il sensorio politico di Cosa Nostra è quanto mai vigile. Per anni, in particolare
dal luglio del ‘92, quando all’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio fu
varato il superdecreto antimafia, Cosa Nostra ha subito colpi durissimi. Adesso
avverte che qualcosa può cambiare a suo vantaggio, che la macchina da guerra
apprestata per combatterla può andare in panne. E si muove di conseguenza. Da cosa
abbia tratto la convinzione che sia giunta l’ora di tornare all’attacco è presto detto.
Sono settimane che la legislazione sui pentiti è oggetto di polemiche politiche assai
più che giuridiche. E in queste polemiche uomini [dei governo Berlusconi] ed
esponenti della maggioranza [cioè di “Forza Italia”, NdA] si sono addentrati in
forme per nulla rassicuranti. Ora presentando la legislazione in questione come un
mostro giuridico da abbattere in nome di elementari principi garantisti, ora asserendo
viceversa che si tratta di ritoccarne solo questo o quell’aspetto. Ora dando ad
intendere di considerare i magistrati più impegnati nella lotta alla mafia come degli
avversari, ora cercando invece di assumerli come interlocutori[ ... ]” 101 .
Nella notte di sabato 2 luglio 1994, una catena di attentati incendiari colpisce le filiali
standa ubicate a Roma , Firenze, Modena, Milano, Brescia, Trento; il precedente 24
maggio, analoghi attentati avevano raggiunto i supermercati Standa di Aosta e Ivrea.
La sequela di attentati, dunque, colpisce la catena di grandi magazzini della Fininvest
da Roma fino a tutto il Nord Italia, escludendo quelli situati nelle regioni del Sud. La
stampa ipotizza una “azione terroristica” di matrice politica; ma altri avanzano il
sospetto di possibili “avvertimenti” e “solleciti” rivolti da Cosa Nostra al governo
Berlusconi.
Quattro anni prima, tra il 19 gennaio e il 16 febbraio 1990, alcuni attentati
incendiari avevano colpito i magazzini Standa di Catania e Paternò (il pentito Claudio
Saverio Samperi, ex affiliato al clan mafioso di Nitto Santapaola, si autoaccuserà per
l’attentato del 19 gennaio alla sede centrale della Standa a Catania). Da allora, le
filiali dei grandi magazzini Fininvest situate nelle province siciliane non avevano più
registrato azioni delittuose; il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, nel marzo 1994,
aveva dichiarato: “Anche i bambini sanno che in Sicilia la Standa è cogestita [dalla
Fininvest] a Catania con Santapaola, e a Palermo con Riina”.
101
“Corriere della Sera”, 26 maggio 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
102
Testo dell'intercettazione telefonica - Pino: “So che tu sei impegnato in una questione che riguarda "amici miei"”.
Messineo: “'Na questione pesante ... ”. Pino. “Eh, pesante... ma hai avuto incarico dal Tribunale?”. Messineo: “No...
ancora no, io c'ho per ora invece un incarico di parte... che... sono lì per non accettare eventualmente, perché ... ”. Pino:
“Ninì ... ”. Messineo: “Ignazio Mornino vuole... fare... farmi nominare come perito giudiziario”.
103
Testo dell'intercettazione telefonica - Pino: “Domani mattina ci vediamo qua, Nicoletta”. Nicoletta: “Domani
mattina?”. Pino: “Domani verso mezzogiorno”. Nicoletta: “Verso mezzogiorno? Eh, va bene! Sarò da lei. Anche perché
... ”. Pino: “Sì”. Nicoletta: “Una... una cosa strettamente... quella persona con la quale ci siamo incontrati ... ”. Pino:
“Sì, Totò (detto in tono sommesso)”. Nicoletta: “Quando eravamo da lei con Nicola”. Pino: “Sì”. Nicoletta: “Eh... ha
già detto che praticamente siamo lì lì per fallire”.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
Il testo del decreto legge sulla custodia cautelare frettolosamente predisposto (prima
varato, e poi ritirato) dal governo Berlusconi il 14 luglio 1994 col primario scopo di
contrastare l’azione dei magistrati di “Mani pulite”, contiene una norma (art. 9)
ritagliata su misura per Cosa Nostra - un quotidiano titola infatti: Nel decreto
salva-ladri un regalo anche alle cosche 105 . Nel decreto legge, dello stesso luglio, che
contempla il condono edilizio, l’art. 6 stabilisce la soppressione delle vigenti norme
di legge che prevedono la sospensione e la cancellazione dall’Albo costruttori delle
imprese edili colluse con la mafia; ma l’intero dispositivo - come verrà documentato
e denunciato dalla Lega ambiente - “è un regalo alla mafia” 106 . Intanto, alcuni
parlamentari di “Forza Italia” si dichiarano favorevoli all’abolizione dell’articolo 41
bis del regolamento carcerario che prevede l’isolamento dei boss mafiosi detenuti,
dando inizio a una campagna contro il dispositivo antimafia.
Il 5 agosto 1994, la rappresentante di “Forza Italia” Tiziana Parenti (non più
turbata dalle possibili infiltrazioni mafiose nel suo “partito”) assume la presidenza
della Commissione parlamentare Antimafia già presieduta da Luciano Violante. Il 21
agosto, il responsabile dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Di Maggio,
viene indotto dal governo a lasciare il suo incarico, forse perché contrario
104
"Avvenire", 23 marzo 1994.
105
“1a Repubblica”, 16 luglio 1994. Scrive H quotidiano: “Mentre i giornalisti dovranno tacere, all'indagato è invece
ora assicurato il diritto, ove ne faccia richiesta, di essere avvisato entro tre mesi dall'inizio dell'inchiesta che il pubblico
ministero sta svolgendo indagini nei suoi confronti e per quali reati. Soprattutto nei confronti della criminalità
organizzata, uno dei punti forza del Codice era la possibilità di svolgere indagini in segreto, per evitare che gli indagati
potessero inquinare le prove, intimidire o far scomparire i testimoni. Sotto questo punto di vista, gli effetti della nuova
disciplina saranno devastanti: decorsi tre mesi dall'inizio delle indagini, l'indagato potrà sempre sapere, non importa se
sono in corso delicatissime intercettazioni telefoniche o ambientali, ovvero il pubblico ministero sta per disporre una
perquisizione domiciliare o l'esame di un testimone d'accusa di importanza fondamentale [ ... ]. Neppure i più pericolosi
boss mafiosi o i politici più corrotti avrebbero mai osato sperare che sarebbe stato lo stesso governo a dare loro via
libera per inquinare o eliminare le prove d'accusa”.
106
Secondo Enrico Fontana (autore dei libro bianco La mafia del cemento), “oltre il 75 per cento di tutte le case abusive
costruite nell'ultimo decennio, si è concentrato al Sud. E proprio nelle regioni meridionali l'abusivismo edilizio è stato e
continua a essere uno dei mezzi preferiti dalla criminalità organizzata per riciclare il denaro guadagnato con la droga e
con i sequestri. Tanto più che con il condono tutto il patrimonio abusivo entra a pieno titolo nel mercato legale, e il suo
valore è destinato a raddoppiare”; cfr. "La Stampa", 23 settembre 1994.
L’AMICO SICILIANO DEGLI AMICI SICILIANI
L’estate 1994 è cruciale anche per il redivivo “finanziere” in odore di mafia Filippo
Alberto Rapisarda, il quale accarezza un ambizioso progetto “siciliano”: la
costruzione di un aeroporto nell’isola più esclusiva dell’arcipelago delle Eolie,
Panarea. Nell’attesa di attuare il suo progetto, il pluripregiudicato “delinquente
abituale” amico e sodale dei Dell’Utri si è scoperto una vocazione politica
-naturalmente, nel partito-setta “Forza Italia”; e ospita nella sua villa di Panarea
(planatovi con un elicottero privato) il vertice Fininvest nella persona del ministro
della Difesa Cesare Previti.
107
“Panorama” 9 settembre 1994.
108
“L’Europeo", 7 settembre 1994. Conferma Pino Arlacchi: “La Dia è stata ridimensionata: Gianni De Gennaro è stato
tolto da un'operatività diretta, immediata e molto incisiva contro la mafia e contro la grande criminalità. Va in un posto
formalmente più elevato ma che è un sostanziale suo ridimensionamento come investigatore di punta” ("Corriere della
Sera", 27 agosto 1994).
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Prestanome di famiglia
Cariplo Roberto Mazzotta, e Bettino Craxi (entrambi amici e sodali di vecchia data
del fratello Silvio). “Il fratello minore Paolo Berlusconi ammette di avere attinto, per
pagare le tangenti, nel pozzo dei fondi neri dell'Edilnord, società edile che fino al
1992 faceva parte a pieno titolo della Fininvest controllata da Silvio Berlusconi che
fu poi passata, per ragioni di opportunità, sotto il controllo di Paolo” 8 .
Il 6 marzo 1994, l'attività intestata al fratello di Silvio riguadagna le cronache
giudiziarie, ancora una volta per tangenti e corruzione: “Manette per Sergio
Roncucci, ex dirigente della Fininvest e capo delle relazioni esterne della Edilnord di
Paolo Berlusconi. Il manager è stato arrestato l'altra sera attorno alle 22 dalla Guardia
di Finanza, che l'ha portato nel carcere di Monza su ordine del pool di magistrati che
da quattro anni indagano sull'edilizia nera di Milano e provincia. Il reato ipotizzato è
la corruzione. Roncucci, secondo l'accusa, avrebbe versato tangenti per circa un
miliardo, concordate tra l'88 e il '90, per sbloccare un piano di lottizzazione
presentato dalla società Europea Golf del gruppo Edilnord. Obiettivo: convincere gli
amministratori e i tecnici comunali di Pieve Emanuele (un centro al confine con
Basiglio, dove ha sede “Milano 3”) a dare via libera al progetto di ristrutturazione del
castello medievale di Tolcinasco, con cascinali e impianti sportivi tra cui un green
con 36 buche” 9 ; all’arresto di Roncucci, il fratello di Silvio Berlusconi ammette
subito il versamento delle tangenti 10 .
Alla fine di marzo 1994, la Procura di Brescia inquisisce il fratello di Silvio
Berlusconi per corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai
partiti, in relazione a un sospetto business immobiliare, avvenuto a Desenzano del
Garda nel 1991, tra la berlusconiana Cantieri riuniti milanesi (gruppo Fininvest) e
l’Inadel (Istituto assistenza dipendenti enti locali) guidato dal craxiano Nevol
Querci 11 .
8
“L’Unità”, 30 aprile 1994.
9
“Corriere della Sera”, 6 marzo 1994.
10
“Il gruppo Fininvest è totalmente estraneo al sistema delle tangenti”, aveva pubblicamente dichiarato il fratello Silvio
nel dicembre 1993; dopo l'arresto e le ammissioni dei Paolo, il Silvio dichiarerà: “Fu costretto [Paolo, a pagare tangenti]
da una situazione di necessità. Era impossibile sottrarsi a questa richiesta, avrebbe danneggiato irreparabilmente
l'azienda”.
11
“Paolo Berlusconi [è] indagato dal magistrato di Brescia insieme all'ex parlamentare Psi Nevol Querci. Precise le
ipotesi di reato contestate ai due: corruzione e finanziamento illecito dei partiti. [ ... ] Tangenti dietro la compravendita
di un centro commerciale Standa di Desenzano, in provincia di Brescia? Certo, ai giudici non è sfuggita la differenza -
qualcosa come nove miliardi - tra l'acquisto e la successiva vendita del centro commerciale. Riassumendo: l'acquisto
dell'immobile da parte della Cantieri riuniti milanesi di Berlusconi junior dalla società costruttrice (la Garfin spa)
avviene nel marzo'89 per 11 miliardi tondi. Due anni dopo, nel luglio del '91, lo stesso immobile della Standa viene
ceduto dall'ancora società del gruppo Fininvest per 20 miliardi all'Inadel, l'Istituto di assistenza ai dipendenti degli enti
locali, che a quel tempo era guidato dal parlamentare socialista Nevol Querci. Cosa nascondono quei 9 miliardi di
differenza: qualche tangente a Dc e Psi? Mario Casaccia, uno degli ispettori del Secit, 007 del fisco, stende un rapporto
e conclude che l'aumento non sarebbe giustificato dal valore dell'immobile. Quanto basta [al magistrato] per vederci
chiaro. Tanto più che almeno in un paio di occasioni l'ex commissario dell'Inadel, Querci, arrestato nell'ottobre del 1992
a Roma, ha raccontato ai giudici romani ma anche milanesi che nel periodo in cui lui fu alla guida dell'Istituto, tra il
1988 e il 199 1, furono effettuati investimenti immobiliari per quasi 4.000 miliardi e che gli imprenditori che vendettero
gli immobili all'Inadel versarono contributi a Dc e Psi”; “La Stampa”, 2 aprile 1994.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Nel maggio 1994, la Procura di Milano muove una nuova accusa di corruzione
aggravata a carico di Paolo Berlusconi per una tangente di 800 milioni pagata agli
amministratori del Comune di Pioltello (nei pressi di Milano) nel 1988, e grazie alla
quale la Edilnord aveva ottenuto l’edificabilità di alcuni terreni agricoli di sua
proprietà 12 . Il fratello minore di Silvio ammette i fatti addebitatigli dai magistrati. La
vicenda - esemplare per scenari e metodi - vede naturalmente coinvolto anche il Psi e
il suo segretario Bettino Craxi 13 .
Nel luglio 1994, il fratello del presidente del Consiglio viene arrestato 14 con l'accusa
di avere ripetutamente corrotto la Guardia di Finanza: centinaia di milioni di mazzette
per eludere e addomesticare i controlli dei finanzieri presso tre società del gruppo
Fininvest (Mondadori, Videotime e Mediolanum).
Paolo Berlusconi non - può non ammettere le bustarelle (già confessate dai
militari corrotti), ma ai magistrati parla di presunte “imposizioni” dei finanzieri, e si
dichiara vittima di “altrui pretese concussive”. Le ulteriori ammissioni di Paolo ai
magistrati sono un capolavoro di inverosimiglianza degno della migliore verve del
fratello Silvio (i magistrati le definiranno “molto poco convincenti”), ma offrono
comunque un sintomatico scorcio degli imbrogli che hanno accompagnato il divenire
del gruppo Fininvest negli anni Ottanta: “La Edilnord”, dichiara infatti Paolo
Berlusconi, “si è occupata di vendere immobili nei primi anni Ottanta anche a privati
con i quali si raggiungeva un accordo: nel prezzo veniva indicato un corrispettivo
12
“La vicenda riguarda l'area Bica, un terreno vincolato a verde agricolo sul quale, nel 1980, la Montedison voleva
trasferire i suoi impianti chimici. La popolazione si ribellò. E nel 1981 il terreno passò nelle mani della Fininvest, che
presentò uno studio di fattibilità per portarvi una parte degli studi televisivi di Canale 5 e di Retequattro. Il Comune
accolse il progetto e scattò la variante al Piano regolatore da verde agricolo a terziario. A quel punto, afferma Roncucci,
il sindaco Michele Rossetti (Psi) e il capo dell'ufficio tecnico Antonio Soravia chiedono un miliardo per non ostacolare
l'iter della pratica [ ... ]. A fine 1987 il Comune approva il piano, a marzo 1988 Roncucci, su indicazione di Berlusconi
jr, consegna 200 milioni a testa al sindaco Rossetti e al funzionario: al primo per strada, al secondo nel quartier generale
del Biscione in via Paleocapa. Ma interviene la Regione e blocca tutto con un vincolo paesistico. là il Comune a
presentare ricorso, su pressioni di Roncucci, e a vincerlo. A Rossetti e Soravia arrivano altri 200 milioni a testa. 1 soldi,
spiega il factotum del Biscione, me li dava un dirigente Edflnord, Angelo Pellegrini, che li prelevava dalle risorse
extra-contabili del gruppo”; 9a Repubblica", 19 maggio 1994.
13
“"Ho ricevuto i 200 milioni - racconta Rossetti - nella sede della Fininvest in via Paleocapa a Milano. Entrando,
Roncucci mi ha presentato Fedele Confalonieri e Aldo Brancher. Poi, nel suo ufficio, mi ha dato la busta. La tangente
era stata concordata a mia insaputa da Antonio Natali. Fu lui a dirmi di portarla a Brescia da Balzamo, che poi invece
mi convocò a Roma. In febbraio o marzo dell'88 sono partito da Linate con i soldi, che ho consegnato a Balzamo in via
del Corso. Alle 20.30 avevo consiglio comunale a Pioltello, ma Roncucci mi aveva già offerto il passaggio in aereo".
L'ex sindaco propone anche "un riscontro": "Mi ha portato a Ciampino nel pomeriggio un giornalista della Rai, Paolo o
Carlo Musumeci. Sull'aereo, un Gulfstream mi pare, c'erano Fedele Confalonieri, il manager Bernasconi e Silvio
Berlusconi. All'arrivo, il Cavaliere ha chiesto a Bernasconi di accompagnarmi in auto a Pioltello. In seguito Natali,
complimentandosi, mi ha promesso di portare Craxi e le TV Fininvest a Pioltello per la mia campagna elettorale. li
comizio c'è stato: era il 6 o 7 maggio". Tre settimane dopo il Psi conquista Pioltello con il 34,7 per cento. Roncucci nel
confronto ha confermato anche "regalie" minori: inviti al Teatro Manzoni con Paolo Berlusconi e consorte, biglietti per
San Siro, magliette del Milan e un forno a microonde per tutti i consiglieri "tranne uno dell'opposizione"”; "Corriere
della Sera", 25 maggio 1994.
14
L'arresto di Paolo Berlusconi è preceduto dal mandato di cattura (27 luglio) e da alcuni giorni di latitanza.
La sera dei precedente 24 luglio, nella villa di Arcore, aveva avuto luogo il noto "vertice" tra il capo del governo Silvio
Berlusconi, i ministri-Fininvest Cesare Previti e Gianni Letta, il presidente della Fininvest Fedele Confalonieri, Paolo
Berlusconi e il suo avvocato Oreste Dominioni, e l'avvocato Guido Viola (difensore del direttore finanziario della
Fininvest Salvatore Sciascia, le cui confessioni porteranno appunto all’incriminazione di Berlusconi junior); secondo il
magistrato Antonio Di Pietro, la "riunione" era stata un tentativo di inquinare le prove concordando una versione da
riferire all'autorità giudiziaria.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
inferiore a quello reale in modo da risparmiare sulle tasse. In questo modo abbiamo
avuto la possibilità di creare un fondo extra contabile di alcuni miliardi, circa tre, che
abbiamo potuto utilizzare per pagare anche quelle dazioni di denaro che non
potevano essere iscritte in bilancio... La parte in nero da parte degli acquirenti veniva
consegnata esclusivamente in contanti [e] veniva depositata presso la cassaforte
dell'ufficio della Edilnord 15 ... All'interno del gruppo Fininvest io, oltre che essere
direttore generale e consigliere delegato, avevo anche cariche in diverse società
operative. In pratica, sopra di me nella scala delle decisioni vi era solo Silvio
Berlusconi mentre i top manager avevano ampia autonomia e riferivano
contestualmente sia a me che a Silvio Berlusconi. Naturalmente con Silvio
Berlusconi trattavano più propriamente le questioni strategiche del gruppo, mentre
per tutto ciò che riguardava i problemi di gestione che essi potevano avere,
rapportavano a me... Solo io potevo gestire questi fondi neri, e nessun dirigente delle
varie società ne era a conoscenza... Ero io che autonomamente ho deciso di costituire
questo fondo nero”. E a precisa domanda del magistrato, Paolo Berlusconi risponde:
“Non posso escludere che siano state pagate [dal gruppo Fininvest] altre tangenti
[alla Guardia di Finanza] per altre verifiche”.
A sua volta, il capo del gruppo Fininvest e presidente del Consiglio in carica,
soccorre il fratello Paolo e sé medesimo mediante un'intervista pubblicata dal
prestigioso quotidiano inglese “Herald Tribune”: bontà sua, ammette le bustarelle
Fininvest pagate ai finanzieri per addomesticare i controlli fiscali, ma a suo dire si
sarebbe trattato di somme “estorte” al fratello Paolo dai voraci finanzieri, e comunque
di somme “ridicolmente piccole” 16 , e in ogni caso lui, Silvio, non ne ha mai saputo
assolutamente nulla - le bustarelle da centinaia di milioni sarebbero state pagate ai
finanzieri talmente in segreto da essere versate a sua insaputa, e senza che lui ne fosse
nemmeno informato né prima né dopo 17 .
18
“L’Espresso”, 25 marzo 1994.
19
La notizia delle donazioni berlusconiane è riportata da “Il Mondo” (21 febbraio 1994), che commenta: “I più famosi
fiscalisti sono concordi: la donazione presenta indubbi vantaggi fiscali. Soprattutto se si tratta di titoli di Stato. Ma
attenzione, avvertono: la donazione è evasione quando c'è un rapporto di lavoro”.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Scandali nell'etere
radiotelevisivo nazionale. Quella delle frequenze è da anni una battaglia campale, una
lotta silenziosa che travalica la stessa questione strettamente televisiva, data l'enormi-
tà e la molteplicità degli interessi in gioco - una contesa nell'ambito della quale la
Fininvest ha mosso e muove i suoi egemonici tentacoli senza esclusione di colpi.
tentativo della Fininvest di spostare i ripetitori dalla vecchia antenna alla nuova è
palesemente fuori legge. Il secondo comma dell'articolo uno della legge 422 del 27
ottobre 1993 recita: “L’atto di concessione consente esclusivamente l'esercizio degli
impianti e dei connessi collegamenti censiti in base alla Mammì”. Il censimento in
questione ha individuato la vecchia antenna Fininvest. Poi è entrata in vigore un'altra
legge specifica, e anche in base a questa il punto di irradiazione delle reti Fininvest
coincide con la vecchia antenna. Di fronte a questi dati inequivocabili, se le emittenti
Rti-Fininvest dovessero trasmettere dalla nuova antenna, l’Escopost compartimentale
sarebbe obbligata a disattivarla, come è già accaduto di recente all'antenna di
un'emittente privata sul monte Lussari (Tarvisio), oscurata d'autorità: il titolare aveva
commesso un abuso spostandola di alcuni metri perché nel vecchio sito era disturbata
dai canali Fininvest e Rai. Un fatto analogo è accaduto anche a Piancavallo, nei pressi
di Aviano in Friuli: Carabinieri e agenti Escopost sono intervenuti mettendo i sigilli a
una stazione privata. Quando accadono simili abusi, si alterano tutti gli equilibri a
livello regionale e perfino nazionale. Il groviglio di interessi, per cifre miliardarie, è
incredibile. Nell'estate del 1994, la Procura torinese ha disposto l'arresto di un
ispettore del Cctt, Biagio Del Monaco, per piccoli "favori" di questo genere a
emittenti radiofoniche locali; anzi, proprio da questo episodio trae origine il ciclone
che si è abbattuto sul Circolo costruzioni del Piemonte con l'incarcerazione di
Giuseppe Mazzocchi. Posso dire che il sostituto Enrica Gambetta di Torino si avvale
nelle indagini della collaborazione del nostro Ezio Babuder, capo ispettore della
direzione compartimentale di Trieste... IL certo: se la Fininvest manderà in onda i
programmi dalla nuova antenna di Chiampore, verrà oscurata”.
Ma le certezze di Farinelli “in nome della Legge” non considerano che la
Fininvest sa porsi al disopra della Legge, ovvero è in grado di mutarne i dispositivi a
proprio piacimento - come e più di sempre oggi che Berlusconi è alla guida del
governo. Così, a metà settembre 1994, l'ing. R. Gigantino, capo della IV divisione del
ministero delle Poste, dispone che “le emittenti che hanno concessioni regionali [e
cioè soltanto Fininvest e Rai NdA] possono effettuare eventuali spostamenti di
antenna che ritenessero necessari purché non creino disturbi alle altre emittenti” - la
disposizione non è neppure firmata dal ministro, ma da un qualunque e zelante
dirigente centrale del ministero...
networks sui dodici previsti, la Fininvest manteneva di Telepiù il solo dieci per cento
(quota massima prevista dalla legge) e intestava formalmente le rimanenti azioni a un
gruppo di “amici” 23 .
Nell’ottobre 1994, mentre secondo insistenti voci i magistrati di “Mani pulite”
avrebbero ormai acquisito le prove del truffaldino raggiro della Fininvest in
violazione della Mammì, Berlusconi (divenuto presidente dei Consiglio proprio
grazie alla sua proditoria occupazione dell'etere) dichiara: “Non capisco quale fatto
possa trovarsi che sia condannabile da un punto di vista morale e penale... Quella
legge Mammì ci ha fatto una violenza imponendoci di vendere il 90 per cento delle
quote di Telepiù. [Ecco perché] mi sono rivolto ad amici cui ho chiesto la cortesia di
sottoscrivere [le restanti azioni], amici cui abbiamo dovuto frettolosamente
intestarle... Non riesco a capire perché dei giudici possano impegnarsi in questa
direzione, e mi sono venuti dei dubbi molto gravi, sui quali lavorerò nei prossimi
giorni”. Ma intanto, sottobanco, il disinvolto “signor Tv” ha già provveduto a
modificare la legge a suo uso e consumo 24 .
I magistrati di “Mani pulite” sono arrivati a indagare sulla vicenda di Telepiù
in seguito alle inchieste per la corruzione all'interno della Guardia di Finanza
milanese; secondo un sottufficiale della GdF, reo confesso, vi sarebbe stato un
23
“La storia ufficiale recita che Telepiù viene costituita a Milano come società a responsabilità limitata il 20 ottobre '90
e acquista dalla Fininvest le società che in precedenza avevano occupato nell'etere le frequenze ancora libere. Il capitale
iniziale di 10 miliardi viene suddiviso tra la società Rti dei gruppo Fininvest e altri nove soci, tutti amici di Berlusconi: i
produttori cinematografici Mario e Vittorio Cecchi Gori, gli editori Leonardo Mondadori, Luca e Pietro Formenton, e
Pietro Boroli, il re delle acque minerali Bruno Mentasti, il petroliere Massimo Moratti, l'immobiliarista Renato Della
Valle, il finanziere Mario Rasini, e Luigi Koelliker”; "L'Espresso", 7 ottobre 1994.
24
“E’ una storia molto indicativa della disinvoltura con cui il presidente dei Consiglio tratta in prima persona le
questioni in cui ha un diretto interesse. Tutto comincia, il 23 febbraio 1994, quando l'allora presidente dei Consiglio
Carlo Azeglio Ciampi, accogliendo una sollecitazione del Garante per l'editoria, stila un decreto che precisa alcuni
obblighi dei gestori di imprese editoriali e di radio e tele diffusione, abrogando alcune norme, ritenute troppo
macchinose o superflue. Il decreto decade perché il Parlamento, sciolto per le elezioni, non ha il tempo per convertirlo
in legge. Ciampi lo reitera il 28 aprile, ma anche stavolta H decreto non viene convertito. Intanto Berlusconi diviene
capo del governo e il 10 luglio, di concerto con il ministro delle Poste e vicepresidente dei Consiglio Giuseppe
Tatarella, ripropone il decreto per una terza volta. Vengono le vacanze e, ancora una volta, il decreto decade. Ma
inopinatamente, subito dopo lo ritirano e lo trasferiscono alla Camera dei deputati il 6 settembre 1994. Il fatto è che il
testo del decreto non è più uguale al precedente. Ne differisce in un punto decisivo: là dove Berlusconi brillantemente
cancella le conseguenze di ogni irregolarità che possa aver commesso a proposito di false dichiarazioni sulla proprietà
delle sue reti, sui suoi eventuali soci e sui bilanci delle sue aziende televisive. La chiave dell'inghippo è in quattro righe
aggiunte all'articolo 6, quello in cui Ciampi elencava le norme da abrogare a proposito di bilanci. Nel testo Ciampi
l'articolo aveva due commi. Nell'ultimo testo Berlusconi-Tatarella ne ha un terzo che recita: "Per il mancato o irregolare
adempimento, nel periodo anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto, degli obblighi previsti dalle
disposizioni abrogate non si fa luogo all'applicazione delle relative sanzioni". Ora, se si pone mente al fatto che il
Garante dell'editoria, di fronte a dichiarazioni false in materia di bilanci, di composizione societaria e quant'altro può
comminare sanzioni anche gravi, fino a revocare o sospendere le concessioni alle aziende o ai singoli operatori scoperti
a dichiarare il falso, ecco che questa forma di amnistia sui generis decretata da Berlusconi può avere un'incidenza forte
sulle indagini giudiziarie o amministrative in materia. E non occorre una particolare malizia per ricordare che su
Berlusconi pende sempre la spada di Damocle degli accertamenti su Telepiù, dove da anni egli è sospettato di aver
posseduto sottobanco - in aperta violazione della legge Mammì -una quota superiore al 10 per cento consentitogli.
Sempre nell'articolo 6, il nuovo decreto Berlusconi reca un'altra aggiunta rispetto al testo di Ciampi: abroga l'articolo
30, comma 6 della Mammì, quello che regolava le sanzioni a carico dei trasgressori della legge. Anche qui, niente male:
non si era ancora visto un presidente dei Consiglio che emana con la propria firma decreti miranti non solo a
disciplinare il settore dove egli stesso opera da imprenditore, ma addirittura a escludere ogni punizione per gli illeciti
del passato”; "L'Espresso", 7 ottobre 1994.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
25
Per la vicenda, cfr. pagg. 233-236.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Guardie e ladri
Preda di uno dei suoi periodici raptus di munifica prodigalità, nel maggio del 1989
Silvio Berlusconi regala, sotto forma di “donazione””, la somma di mezzo miliardo:
non all’Opera Pia Bartocci, bensì a un ancora anonimo manager della Fininvest (già
regolarmente, e si presume lautamente, stipendiato) di nome Salvatore Sciascia. Il
fortunato beneficiario si impegnerà subito a fondo per corrispondere alla generosa
regalia padronale, come le cronache di “Mani pulite” provvederanno a dimostrare.
31
“la Voce” 15 maggio 1994. Le "entrature" e i metodi di Sciascia risultano vieppiù adeguati alle regalie padronali con
l'emergere del suo operato: “t uno spaccato sulle attività della Fininvest, ricostruito dalle Fiamme Gialle attraverso i
documenti sequestrati nell'ufficio di Salvatore Sciascia, responsabile dei servizi fiscali del gruppo [ ... ]. La vicenda più
importante è quella della fusione tra Ame e Amef e dei costi fiscali dell'operazione. Una nota di Sciascia a Giancarlo
Foscale, all'epoca amministratore delegato del gruppo, parla dello studio sull'argomento dei superispettori del Secit. E
recita: "Per scongiurare una eventuale approvazione da parte del ministro, occorre un intervento deciso". Cinque giorni
dopo, un promemoria viene consegnato da Sciascia all'onorevole Psi [craxiano] Franco Piro, della Commissione
Finanze. Interviene anche lo studio Tremonti, che prepara alcuni emendamenti sottoposti a Piro. "Il 13 settembre '91
Sciascia ha trasmesso via fax a Gianni Letta una comunicazione "riservata" con la quale confermava l'opportunità "che
vengano riproposti al Senato gli emendamenti... Le unisco il testo degli emendamenti concordato con il prof.
Tremonti---. Per i rimborsi Iva della società Sodif [del gruppo Fininvest] vengono mossi funzionari di tutti i livelli.
Infatti la richiesta era stata bloccata a Roma perché risultava un debito della società di oltre nove miliardi. Dopo una
raffica di contatti, tutto si sblocca ... ”; “Corriere della Sera” 15 maggio 1994. Secondo i magistrati milanesi, alcuni
manager del gruppo Fininvest sono riusciti a “penetrare in modo fortemente illecito” nel cuore dell'amministrazione
finanziaria dello Stato.
32
Tra l'altro: presidente della Gestioni Radio Televisive, consigliere della Mondadori, procuratore della Edilnord
Progetti, consigliere della Standa, della Mediolanum Factor, della Mondadori Leasing, e della Istifi.
33
“Il Mondo”, 1 agosto 1994. Per la misteriosissima faccenda delle 38 "Holding Italiana" che detengono e occultano la
proprietà del gruppo Fininvest, cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Chiasso-Torino-Mì1ano-Agrigento
Adriano Galliani è uno degli storici colonnelli dello stato maggiore berlusconiano. Da
sempre responsabile del versante “tecnico” dei networks Fininvest, dei quali è stato
“l’architetto”, il ruolo di Galliani è quello di abile e potente yesman fiduciario di
Berlusconi, al quale è legato a doppio filo.
Già inquisito dalla magistratura romana per lo scandalo del “piano frequenze”
connesso alla Legge Mammì e a un passo dal finire in carcere per concussione 34 ,
nella sua veste di amministratore delegato del Milan Calcio Galliani risulta coinvolto
da protagonista nello scandalo relativo al passaggio del calciatore Gianluigi Lentini
dal Torino al Milan-Fininvest (primavera 1992): si parla di miliardi “in nero" e
“sporchi” provenienti dalla Svizzera, di falso in bilancio e evasione fiscale; l'inchiesta
nasce dalle deposizioni dell’ex parlamentare craxiano Mauro Borsano (all'epoca dei
fatti presidente del Torino Calcio, beneficiario del denaro sporco, a sua volta
inquisito dalla magistratura), e si incrocia con vicende di narcodollari e riciclaggio in
terra elvetica.
“Il 23 febbraio [1994], davanti al magistrato milanese, è comparso Mauro
Borsano, l’ex presidente del Torino. Dettagliato, e con alcuni retroscena inquietanti, il
suo racconto. Borsano dice di aver trattato l'affare solo con Galliani in persona. Il
primo accordo prevedeva il pagamento di 14 miliardi e 500 milioni di cui 4 miliardi
anticipati in “nero”, senza regolare registrazione contabile. Le trattative vanno per le
lunghe, sorgono problemi. Borsano chiede un aumento. L’accordo è per 18 miliardi e
mezzo più un “nero” tra i 6 miliardi e 500 milioni e gli 8 miliardi e mezzo. Borsano
chiede, e ottiene, che il pagamento avvenga estero su estero. Ed è a questo punto che
salta fuori la Albis di Chiasso, banca d'affari legata alla finanziaria Fimo, già al
centro di altri scandali. Uno degli uomini della Fimo è Giuseppe Lottusi, mente
finanziaria del clan dei Madonia, l'uomo che teneva i contatti con il cartello della
droga di Medellin. Lottusi, condannato a 20 anni di carcere per riciclaggio a Palermo,
è detenuto a Pianosa, l'isola dei boss. I soldi, provenienti dalla Unione Banche
Svizzere di Lugano, arrivano alla Albis, li vengono trasformati in Cct e poi
monetizzati dallo studio Cambio Corso di Torino, controllato da Emilio Aloisio, il
proprietario della banca Albis” 35 .
Interrogato dai magistrati nel merito delle ammissioni del Borsano, Galliani si
è avvalso della facoltà di non rispondere - ma non ha certo mancato di precisare a
verbale: “La trattativa col Torino per Lentini è stata condotta tutta da me, solo da
me... Mi sono occupato solo io della vicenda ... ” - una tesi smentita dallo stesso
calciatore oggetto della vicenda 36 . Da parte sua, il Berlusconi Silvio presidente del
Milan-Fininvest, notoriamente a conoscenza perfino delle pratiche sessuali dei
34
Cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pagg. 243-46.
35
"La Stampa", 6 marzo 1994.
36
Gianluigi Lentini, interrogato dai magistrati, dichiara tra l'altro: “Berlusconi voleva sapere perché non volessi andare
al Milan: io gli spiegai il mio punto di vista, e lui mi disse che esisteva un accordo ... ”.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
***
Alle trattative per il passaggio del calciatore Lentini al Milan, ha preso parte attiva,
per conto della Fininvest, anche un avvocato il cui nome figura nel collegio sindacale
della società Milan Calcio: si tratta di Massimo Maria Berruti, un personaggio la cui
biografia e il cui operato risultano illuminanti.
Nato in provincia di Potenza nel 1947, già ufficiale della Guardia di Finanza,
Massimo Berruti a metà degli anni Ottanta era finito in carcere a Milano in seguito al
suo coinvolgimento per concussione nello scandalo Icomec-Metropolitana
milanese 37 . Lasciata la Guardia di Finanza, Berruti si era dato all'avvocatura, e aveva
aperto uno studio a Milano, nella centralissima Galleria del Corso 2, attiguo allo
studio di commercialista tenuto da suo fratello Diego Maria Berruti.
Fatto è che i due Berruti - l'avvocato Massimo Maria, e il commercialista
Diego Maria - risultano essere soci di esponenti di .Cosa Nostra in alcune società da
tempo nel mirino dell’Antimafia. Nella società Xacplast srl (produzione e lavorazione
di materie plastiche) di Ribera (Agrigento), Massimo Berruti è socio al 40 per cento,
mentre il 50 per cento è intestato a Laura Marino, cognata del boss Salvatore Di
Ganci il quale è legato ai corleonesi di Totò Riina 38 ; il restante 10 per cento della
società è intestato al “gorilla” Accursio Di Mino. Secondo alcuni rapporti del Gruppo
Carabinieri di Agrigento, l'avvocato Massimo Berruti farebbe parte di una società
intestata a parenti del capomafia di Sciacca o a suoi affiliati. Quando la Xacplast srl si
trasforma in Miratur srl con scopo sociale “agenzia di viaggi”, il profilo mafioso della
società si precisa ulteriormente: il 95 per cento della società è intestato a Vincenza
Bono, moglie del Di Ganci, e il 5 per cento al guardaspalle Vincenzo Leggio.
Ma Massimo e Diego Berruti sono tra i soci fondatori di una seconda società -
la Co.fi.l. spa - che nelle sue propaggini siciliane riconduce da un lato ancora al boss
37
“Secondo la pubblica accusa, abusando della sua qualità di pubblico ufficiale (ossia di tenente della Finanza di stanza
a Milano), dopo aver scoperto che l'Icomec aveva emesso fatture fasulle avrebbe minacciato Roberto Bisconcini,
presidente della società, di denunciarlo se non gli versava una mazzetta di 150 milioni. Quando fu arrestato, Berruti
aveva già iniziato la carriera di avvocato. In primo grado il Tribunale condannò Berruti. Era il 22 dicembre '89. Ma in
appello l'avvocato venne assolto. Nuovo colpo di scena in Cassazione: la Corte ha annullato la sentenza rinviando gli
atti per i soli effetti civili alla Corte d'Appello di Milano dove il processo deve ancora essere celebrato”; "L'Espresso",
15 aprile 1994.
38
Un rapporto del Gruppo Carabinieri di Agrigento datato 8 gennaio 1990 (seguito da altri dossier più recenti),
segnalava: “A capo dell'organizzazione criminale filo-corleonese c'è Salvatore Filippo Giacomo Di Gangi, elemento
molto pericoloso, già diffidato, sottoposto dal 2 febbraio 1990 alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale,
tratto in arresto per associazione mafiosa il 28 ottobre 1993 insieme col suo guardaspalle Accursio Di Mino e Vincenzo
Leggio. Le attività illecite della cosca Di Gangi si sviluppano attraverso società controllate direttamente dal medesimo
ed intestate a parenti o affiliati dell'organizzazione mafiosa”.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Salvatore Di Ganci, e dall'altro alla cosca Infranco legata a Giuseppe Madonia (il
numero 2 di Cosa Nostra arrestato nel 1992 per omicidio, traffico di stupefacenti, e
riciclaggio di denaro sporco). Responsabile della filiale della Co.fi.l. a Sciacca è il
commercialista Giovanni Lupo; secondo i Carabinieri di Agrigento, Lupo ha legami
di parentela coi boss Di Ganci, e insieme al ragionier Eugenio Trafficante (che opera
nel suo stesso studio) “risulta vicino ad ambienti mafiosi già nel 1981 in quanto
entrambi sindaci in una società di Leonardo Infranco, noto capocosca della zona,
condannato nel 1985 dalla Corte d’Assise di Palermo per associazione a delinquere”.
La storia della Co.fi.l. spa ha un antefatto. Il 10 febbraio 1983, a Milano, era
stata costituita la Fincreber srl - dal cognome dei fondatori: il commercialista Aurelio
Cresta (ex tenente colonnello della Guardia di Finanza), e i due fratelli Berruti; la
finanziaria disponeva di un capitale sociale di 21 milioni sottoscritto in parti uguali
dai tre soci; l’8 giugno successivo, Cresta e i Berruti avevano sottoscritto
paritariamente l’aumento di capitale a 210 milioni, e l'operazione aveva coinciso con
la trasformazione della società in Co.fi.l. (Compagnia finanziaria e di leasing) spa. Il
30 aprile 1984, Aurelio Cresta lascia il consiglio di amministrazione della finanziaria,
e i due fratelli Berruti adeguano lo statuto a due soli soci, e concorrono a un nuovo
aumento di capitale a 300 milioni: per 88 milioni Massimo, per 3 milioni Diego. Tra
l'83 e l'84, la Co.fi.l. apre quattro sedi secondarie: a Pavia, a Brugherio 39 , a
Benevento e a Sciacca - il fatto è perlomeno singolare, poiché il volume d'affari della
finanziaria risulta nei primi anni alquanto modesto (nell'ordine di alcune centinaia di
milioni, costituiti essenzialmente da beni in leasing), con bilanci deficitari.
La svolta, per la Co.fi.l., si registra nel 1989, ed è nel segno della Fininvest
(invero, già nel 1984 la strana finanziaria berrutiana aveva evidenziato a bilancio
crediti a breve verso la Videotime spa del gruppo Fininvest). Il 30 maggio 1989,
infatti, viene insediato un nuovo consiglio d'amministrazione della Co.fi.l.: nuovo
consigliere delegato, con tutti i poteri di firma libera, è Vito Saponaro (consigliere di
amministrazione di Publitalia-Fininvest, al fianco di Marcello Dell’Utri); nel collegio
sindacale si insediano ben tre commercialisti del giro Fininvest: Luigi Palleroni,
Salvatore Sciascia, Gianfranco Polerani. Ma il 30 maggio 1989, la Co.fi.l. ha anche
un nuovo azionista, detentore dell'intero capitale sociale della finanziaria: la Summit
finanziaria spa. Fondata solo un anno prima, la Summit risulta parcheggiata presso lo
studio del commercialista berlusconiano Sergio Brambilla Pisoni, che ne è anche
l'amministratore unico.
Benché nell'orbita del colosso Fininvest, i bilanci della Co.fi.l. spa continuano
a registrare consistenti deficit di bilancio: l'esercizio 1989 si chiude con perdite per L.
525 milioni. E nonostante il nuovo consiglio d'amministrazione deliberi nello stesso
1989 la chiusura delle strane "sedi secondarie" della finanziaria, le sedi di Benevento
(il cui procuratore è Giuliana Giuliano) e di Sciacca (gestita dal citato Giovanni
Lupo) rimangono attive.
La Co.fi.l., ormai parte dell'impero Fininvest, nel maggio 1993 verrà assorbita
39
A Brugherio il giovane Palazzinaro Berlusconi nel 1963 aveva attuato la sua prima speculazione edilizia grazie ai
capitali fornitigli dalla finanziaria svizzera Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
per incorporazione dalla Mondadori leasing spa. Anche i valorosi fratelli Berruti
verranno inglobati nell'impero berlusconiano: l'avvocato Massimo Maria nello staff
dei legali Fininvest; il commercialista Diego Maria nei collegi sindacali della Isim
(Italiana sviluppo e investimenti mobiliari), della Grt (Gestioni radio televisive,
guidata da Adriano Galliani), della Silvio Berlusconi Editore spa, e della Sodif spa
(detentrice di quote delle misteriose holding-casseforti dell'impero berlusconiano).
quale il corrotto giudice Diego Curtò 41 nel 1989 aveva posto sotto sequestro due
appartamenti.
Biscioni ruggenti
Fiamme gialle, ma che tutto può essere messo a posto. Basta sborsare 350 milioni. C'è di più, con un artificio
burocratico l'imprenditore sarebbe entrato in possesso di una sorta di ricevuta, tale da giustificare il buco in bilancio.
L'imprenditore paga. Solo qualche mese dopo, quando arriva una seconda telefonata alla commercialista, si scopre che
la vicenda è infinita. L’avv. Berruti segnala un altro imprenditore nei guai, e chiede lo stesso trattamento (350 milioni)
per l'aiuto. La donna si rivolge allora ad Aurelio Farina e insieme prospettano l'ipotesi di far partire una denuncia.
Blocca tutto Diego Maria Berruti: che prima offre 100 milioni per farli tacere e poi intercede col fratello per far
ritornare all'imprenditore 350 milioni. “La Stampa”, 23 agosto 1994.
41
Per le numerose connessioni tra la Fininvest e il corrotto giudice Curtò, cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pagg.
221-22.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Il “Wall Street Journal” del 2 agosto 1994 informa che la Securities and Exchange
Commission (l'ente federale americano che controlla le società quotate in Borsa) ha
in corso un'inchiesta sull'affaire Metro Goldwin Mayer e sull'ambiguo ruolo che vi ha
avuto la Fininvest.
“La vicenda che ha portato il presidente del Consiglio italiano e la sua holding
Fininvest nel mirino della Securities and Exchange Commission (Sec), la Consob
americana, è la scalata alla Mgm/United Artists da parte di due italiani, Giancarlo
Parretti e Florio Fiorini. Una vera e propria soap opera finanziaria, cominciata nel
1990 e finita dopo pochi mesi con la cacciata di Parretti dalla poltrona di boss della
casa di produzione cinematografica, poltrona costata oltre un miliardo di dollari alla
banca francese Crédit Lyonnais e agli altri finanziatori dell'operazione. Berlusconi,
racconta il “Wall Street Journal”, intervenne per aiutare gli scalatori in un momento
cruciale, con un prestito di 100 milioni di dollari e un “impegno irrevocabile” a
versare altri 50 milioni di dollari in cambio di una partecipazione dell'8,33 per cento
nella Mgm/Ua. Il problema, e la causa dell'inchiesta aperta dalla Sec, è che nella
documentazione presentata all'ente di sorveglianza borsistica americana i 100 milioni
di dollari non figuravano come prestito, ma come pagamento per l'acquisto da parte
di una società del gruppo Fininvest dei diritti sulle edizioni in lingua italiana e
spagnola di film MgIn/Ua. I documenti presentati da Parretti, compresi quelli della
affiliata Fininvest, avrebbero quindi nascosto alla Sec l’esistenza di un accordo
privato fra Berlusconi e Parretti, poi venuto alla luce, che garantiva al primo la
restituzione dei 100 milioni di dollari, con gli interessi, qualora avesse rinunciato ai
diritti sui film. Ed è proprio quello che Berlusconi ha fatto, subito dopo il fallimento
della scalata di Parretti e Fiorini, ottenendo dalla Mgm/Ua il rimborso, a rate, della
somma prestata. Per far luce su questo episodio, riferisce il quotidiano americano, e
chiarire se siano stati commessi illeciti, la Sec ha convocato a Washington, nel 1992,
Carlo Bernasconi, responsabile delle attività Fininvest nel campo dello spettacolo. E
la promessa di acquistare una partecipazione nell'Mgm/Ua per 50 milioni di dollari?
Chiamata a rispettare l’impegno irrevocabile” dal Crédit Lyormais, la Fininvest,
secondo il quotidiano finanziario, aveva preso tempo. Successivi solleciti non
avevano avuto alcun esito, e alla fine il Crédit Lyormais aveva chiesto un incontro
con i responsabili della Fininvest per risolvere la questione. In un meeting
organizzato nel gennaio 1991, riferisce il “Wall Street Journal”, Berlusconi aveva
fatto rilevare che la data del 23 novembre 1990 menzionata nella lettera era passata e
che, dato che la Mgni/Ua non aveva sollecitato il pagamento in tempo utile, la
Fininvest non era più obbligata a rispettare l’impegno irrevocabile”. Nel corso
dell'incontro, ha detto al “Wall Street Journal” un legale che era presente, “Silvio
Berlusconi aveva spiegato di avere fatto un favore al suo amico Parretti”. Il
quotidiano americano sostiene che, oltre al prestito di 100 milioni di dollari e alla
promessa di altri 50 milioni, Berlusconi aveva aiutato il “suo amico” Parretti e Fiorini
presentandoli a diverse banche americane, francesi e olandesi che avrebbero potuto
concedere crediti per la scalata alla Mgm/Ua. Le referenze di Berlusconi, in
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
42
“1a Voce”, 3 agosto 1994.
43
“la Repubblica”, 3 agosto 1994.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Ma i sodali craxiani di Berlusconi, Parretti & Fiorini, nello stesso periodo 1989-90
intrattenevano rapporti, oltre che con la Fininvest, anche con Cosa Nostra, nella
persona del boss mafioso Michele Amandini: “Chiacchierati lo sono da tempo. Ma
ora, per la prima volta, emergono collegamenti precisi e documentati tra la coppia
Florio Fiorini-Giancarlo Parretti e la criminalità organizzata [ ... ]. Tra il novembre
1989 e il settembre 1990 alla Halldomus e alla Finlocat [losche società finanziarie
dichiarate fallite, NdA] si avvicinarono strani personaggi per tentare impossibili
salvataggi. Il più attivo fu Michele Amandini, domicilio a Lugano, rappresentante
della Blax Corporation di Vaduz, in Liechtenstein. Oggi i giudici sanno che la Blax è
una scatola finanziaria fondata nell'ottobre 1989 con un capitale sociale di soli 50
mila franchi svizzeri (all'epoca poco più di 45 milioni di lire italiane). Ma soprattutto
sanno che Amandini è un boss di rango. Nella recente maxi-inchiesta antimafia
44
“1a Voce”, 3 agosto 1994. Fiorini, in un libello scritto in carcere, rievocherà un suo incontro con Berlusconi, nella
villa di Arcore, insieme a Parretti - cfr. G. Ruggeri, M. Guarino, op. cit., pagg. 207-09.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
45
“Il Mondo”, 18 aprile 1994.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
quanto c'era con Publitalia un rapporto fiduciario. Prendo atto della singolarità delle
mie affermazioni, ma ribadisco che il rapporto con Publitalia non aveva bisogno di
assumere un carattere formale”.
I magistrati sospettano che “la Conaia di Luzi, anche se non controllata da
Publitalia, ne sia in realtà un'emanazione di fatto, buona per tutti gli usi, per
accontentare inserzionisti di rispetto della Fininvest (ad esempio, assegni per 70
milioni sono finiti a Franco Bosisio, rappresentante legale della società che vende gli
orologi Swatch) o per pagare le ferie e prestar soldi a Marcello Dell'Utri. Si prenda il
caso delle sponsorizzazioni di regate veliche: nel mirino è finita la Bepi, una barca a
vela di 16 metri di Luzi, che doveva sponsorizzare il marchio Publitalia per 850
milioni, tra il 1989 e il 1990 [ ... ]. Nel luglio 1991 la Bepi viene venduta a Stefano
Cagliari, figlio dell'ex presidente [craxiano] dell’Eni morto suicida a San Vittore. Una
cessione molto dubbia, data la differenza del prezzo pagato a Luzi (200 milioni) e il
valore risultante dalla polizza assicurativa stipulata per la Bepi (750 milioni). Infatti,
secondo la Finanza, “L’operazione potrebbe integrare un partico lare meccanismo
idoneo a far pervenire al Cagliari Stefano utilità, per motivi allo stato non noti, ma
che potrebbero ricollegarsi, per ovvie ragioni, a rapporti tra Publitalia e società
dell’Eni”. Utilità, si aggiunge, valutabili intorno al miliardo di lire” 49 .
I traffici di Romano Luzi non cessano di sorprendere: la sua Conaia ha pagato alla
famiglia di Marcello Dell’Utri le vacanze natalizie a Madonna di Campiglio
(1992-93); lo stesso Dell’Utri, il 16 febbraio 1993, ha incassato un assegno del Luzi
di 60 milioni
(“Dell’Utri mi ha chiesto un prestito ”, dichiara Luzi ai magistra-ti sfidando il
ridicolo). Ma l’ex maestro di tennis berlusconiano risulta anche debitore verso il
Monte dei Paschi di Siena per oltre un miliardo: prestito garantito da una fideiussione
della Fininvest.
Le indagini dei magistrati milanesi intorno ai maneggi e alle truffe contabili di
Publitalia-Fininvest portano alla ribalta della cronaca giudiziaria perfino un
pornoregista, Lorenzo Onorati (in pornoarte, Lawrence Weber). “Tra i tanti
documenti raccolti dai Superispettori [del Fisco] c’è una lettera autografa di Dell’Utri
che incarica Onorati di trovare nuovi clienti in cambio del 10 per cento del fatturato
annuo procacciato. E due fatture della società di Onorati, la Panam International
cinematografica [a carico di Publitalia] - causale: “acquisizione ‘Clienti Nuovi’ per
investimenti sui networks Publitalia” - per complessivi 448 milioni più Iva, pari
addirittura al 66 per cento dell’investimento procurato dall’in termediario: una
sponsorizzazione di 680 milioni della pasta De Cecco alla trasmissione “Buon
Compleanno”, in onda su Canale 5 dall’ottobre ‘90 al gennaio ‘91, per celebrare il
decennale della Tv di Berlusconi. Ma non solo. Il Secit ha anche scoperto e segnalato
ai magistrati il ritorno nelle casse del gruppo Fininvest di qua si la metà dei soldi
pagati da Publitalia a Onorati. Dei 448 milioni accreditati al pornoattore dalla Istifi
spa, la tesoreria del gruppo Fininvest, ben 206 milioni sono poi finiti alla
Mediolanum Vita, la società d’assicurazione del Biscione. A pagamento di premi per
49
Ibidem
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
La mazzetta della corruttela sarebbe stata versata da Calì anche per conto di
Renato Della Valle (amico e socio di Silvio Berlusconi) per “coprire” un affare
sospetto: “Si tratta della vendita di un immobile da parte della Banca Nazionale del
Lavoro al prezzo di 160 miliardi. Il complesso era poi passato a un mediatore, la
50
“L’espresso”, 25 marzo 1994.
51
"Corriere della Sera", 28 maggio 1994.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Finprogetti di Carlo Patrucco, che l'aveva ceduto a Della Valle con un guadagno
enorme. Nel novembre del 1990 le Fiamme Gialle si interessano alle fatture emesse
per questa operazione, alcune delle quali intestate a Calì” 52 .
L'avvocato Calì, già effettivo nei ranghi del clan affaristico di Bettino Craxi, era
stato il legale della Fininvest nel corso dell'assalto berlusconiano alla Mondadori
(1989-90).
L' 11 luglio 1994, nel carcere napoletano dove è detenuto, vengono notificati all'ex
ministro della Sanità Francesco De Lorenzo 17 nuovi capi d'imputazione; riguardano
anche una tangente di 300 milioni versatagli dal consulente Fininvest Aldo Brancher
in relazione alla campagna pubblicitaria televisiva anti-aids effettuata dal ministero.
Giovanni Marone, ex segretario “pentito” del supercorrotto ministro De
Lorenzo, ha dichiarato ai magistrati: “Vi era un buon rapporto di conoscenza tra i
vertici Fininvest e De Lorenzo. Aldo Brancher e Valeria Licastro, entrambi della
Fininvest, nell’approssimarsi delle decisioni relative alle ripartizioni del “piano
mezzi” mi ricordavano di tenere presente la Fininvest al fine di riservargli una
maggiore fetta di pubblicità. A tangibile dimostrazione dei risultati ottenuti, la
Fininvest versò in due occasioni 150 milioni in contanti. Fu Brancher in persona a
consegnarmi quei soldi nell'ufficio della mia società: la Marone assicurazioni.
Brancher mi disse che si trattava di un riconoscimento a De Lorenzo per l’attenzione
dimostrata. Posso inoltre dire che la Fininvest omaggiava il Pii degli spot pubblicitari
realizzati in occasione delle varie campagne elettorali [ ... ]. I pagamenti avvennero in
concomitanza con l’approvazione e l’attuazione del “piano mezzi” della campagna
ministeriale anti-aids di cui ha beneficiato la Fininvest con i cui vertici, in particolare
con Silvio e Paolo Berlusconi e con Fedele Confalonieri, il ministro De Lorenzo era
in ottimi rapporti. [Infatti] il problema degli organi di comunicazione pubblici e
privati e quindi anche della Fininvest era di avere una presenza significativa nel
“piano mezzi”, ovvero nella ripartizione delle risorse finanziarie che il ministro aveva
globalmente stanziato per la campagna pubblicitaria. Le risorse erano nell’ordine dei
30-40 miliardi all'anno”. Il consulente-Fininvest Aldo Brancher (arrestato nel giugno
1993) ha ammesso il pagamento di 300 milioni, ma ha negato che si trattasse di una
tangente.
Come e più di De Lorenzo, il mattatore del colossale scandalo detto
“Malasanità” è stato individuato nel direttore del ministero Duilio Poggiolini, già
“fratello” di Silvio Berlusconi nella Loggia P2 alla quale entrambi erano affiliati.
Celebre e magnificato anche per la sua prodigalità, Silvio Berlusconi è infatti solito
dispensare “donazioni” a parenti, “amici” e servitori vari (principesche elargizioni
prosaicamente escluse dalla tassazione Irpef); tra i fortunati beneficiari - come risulta
dall'Anagrafe tributaria - non solo la sua mamma, le sue mogli, i suoi figli e suo
fratello, non solo i vari Dell'Utri, Confalonieri, Letta, Sciascia e compagnia, ma anche
persone ignote alle cronache: “Un bel pacco di milioni, tra il 1989 e il'92, sono stati
donati dal Cavaliere a persone che certo gli hanno reso preziosi servigi: 293 milioni a
Candia Camaggi, 300 a Mariella Bocciardo, 500 ad Antonia Rosa Costanzo, e 730
milioni a Emanuele Mussida” 54 .
53
“La Stampa”, 15 luglio 1994.
54
“L’Espresso”, 2 settembre 1994.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
L’ 11 luglio 1989, la società di pulizie Milan Nova srl (costituita nel 1977, sede a
Milano) viene posta in liquidazione volontaria. In data 19 ottobre 1990 la
liquidazione viene revocata, e la riesumata società muta denominazione, oggetto
sociale, amministratore e sede: diviene European Group Service srl, sede in località
Valle Ambrosia di Rozzano (Milano), via Monviso 90, con amministratore unico
dapprima tale Adele Messina, e dal 28 giugno 1991 tale Adriano Pradal (l’inizio
ufficiale dell'attività è del 22 novembre successivo); l’oggetto sociale della ex
impresa di pulizie è di quelli all'apparenza stravaganti: “La produzione di calze, di
cinture in pelle ed altri materiali; l’attività nel settore della pubblicità, dell'incremento
e della promozione delle vendite e delle produttività, dell'addestramento
professionale e delle pubbliche relazioni; l'attività grafica applicata allo studio di
confezioni, imballaggi e materiale pubblicitario in genere per i punti vendita. Può
inoltre svolgere attività di organizzazione di campagne e di corsi istruttivi per
l'incremento e la promozione delle vendite e della produttività, la produzione di
opuscoli sulle tecniche di vendita, di audiovisivi didattici e informativi; l'acquisto e la
gestione in proprio dei necessari mezzi di comunicazione; l'organizzazione di viaggi,
convegni, riunioni e congressi anche a scopo di incentivazione didattica ... ”.
Adriano Pradal, il nuovo amministratore della neonata European ex Milan
Nova, è titolare di un piccolo laboratorio di calze ("Prema"), a conduzione familiare e
con due operai, situato nel medesimo edificio di via Monviso 90, ma con ingresso
nella parallela via Monte Rosa 115. L'attività della "Prema" viene dunque inglobata
nella European Group Service, della quale - oltre che amministratore-prestanome - il
Pradal risulta essere intestatario del 10 per cento delle quote sociali, mentre le restanti
quote sono intestate per il 45 per cento a tale Piero Accardi (nativo di Marsala), e per
il restante 45 per cento a Adele Messina (nativa di Marsala). Accardi e Messina sono
i prestanome dei due effettivi gestori della European Group Service: Guglielmo
Parrinello (detto “Uccio”), e Guglielmo Tobia 55 (pure lui detto “Uccio”), cugini per
via materna, entrambi nativi di Marsala, entrambi pluriprotestati per assegni a vuoto e
cambiali non onorate (la prestanome Adele Messina è nipote del Parrinello).
Il bizzarro scopo sociale della magniloquente European Group Service -
produzione di calze e cinture, e le più disparate attività nel settore della pubblicità -
risulta comprensibile alla luce di due fatti: la neo-costituita società diviene subito
fornitrice della Standa (la catena di grandi magazzini della Fininvest ha la sua
direzione generale a circa 300 metri dalla sede della European Group Service), dalla
quale riceve commesse di calze e cinture; Guglielmo Parrinello è da tempo e a vario
titolo legato allo storico prestanome di Berlusconi, Romano Comincioli, il quale
Comincioli è un dirigente di Publitalia'80, la concessionaria di pubblicità Fininvest
presso la cui sede, a Milano 2, il Parrinello è infatti di casa e dove prende parte a
55
Il Tobia, accanito giocatore d'azzardo, è titolare della società La Cintura srl, a Opera (produzione di cinture, con due
operai, e una lunga sequela di protesti cambiari, alcuni dei quali a firma del Parrinello); la European Group Service
ingio ba dunque anche l'attività della Cintura srl e i suoi due operai, e ne acquisisce i macchinari (che infatti vengono
traslocati da Opera a Valle Ambrosia di Rozzano); nel giugno 1993, La Cintura srl verrà dichiarata fallita da Tribunale.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
La European Group Service opera con un conto corrente acceso presso la sola
agenzia milanese di cui dispone la Banca Sella (piccolo istituto di credito con sede a
Biella). Un funzionario dell'agenzia è in stretti rapporti col Parrinello, e la banca
riserva infatti alla European un trattamento di favore. Anche l'altro socio occulto della
European, Guglielmo Tobia - grazie al Parrinello – è in rapporti con la compiacente
agenzia milanese della Banca Sella. Fatto è che nel giro di poco tempo, l'esposizione
della European con la banca biellese diviene così cospicua da risultare insostenibile, e
per porvi rimedio i pluriprotestati e “nullatenenti” Parrinello e Tobia (unitamente alle
rispettive consorti, anch'esse pluriprotestate) sottoscrivono pile di cambiali.
56
Il Parrinello è assiduo frequentatore anche dello Stadio Meazza in occasione degli incontri calcistici dei Milan, per i
quali dispone di biglietti-omaggio in tribuna; è inoltre in stretti rapporti col dirigente Fininvest Vincenzo Calò (il vice di
Comincioli nella fininvestiana Promo Service srl).
57
In pratica, la Mediolanum (gruppo Fininvest) guadagna interessi attivi su presunte forniture e futuri pagamenti Standa
(gruppo Fininvest), a carico della truffaldina European Group Service, società patrocinata dal dirigente di Publitalia '80
(gruppo Fininvest) Comincioli.
58
Nel solo luglio 1991, il Parrinello risulta avere emesso 14 assegni scoperti per l'importo complessivo di circa 200
milioni.
59
Superfluo precisare che la European risulta poi costantemente inadempiente rispetto al pagamento dei suoi fornitori,
arrivando a rimediare alcune istanze di fallimento.
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Nella primavera del 1992, la European accende un conto corrente presso l'agenzia
milanese di via Previati del Banco di Desio e della Brianza. Anche qui, un
compiacente funzionario riserva al Parrinello un trattamento fuori dalla legge,
pagando assegni scoperti o trattenendoli in attesa della relativa copertura. Nel succes-
sivo autunno, la direzione del Banco dispone la chiusura del conto intestato alla
European, e il funzionario-complice viene licenziato - il Parrinello gli prometterà,
quale “risarcimento”, un nuovo posto di lavoro alla Fininvest...
Ma intorno alla European gravitano anche usurai e malavitosi di origine
siciliana. Frequenti e minacciose sono le telefonate di tale “Salvatore” (intestatario di
cambiali European “protestate”) e di tale “Donato” i quali lasciano ultimativi
messaggi di “sollecito” destinati al Parrinello. Finché, ai primi di ottobre 1993, gli
uffici della società vengono fatti oggetto di un notturno attentato, incendiario
dall'evidente scopo intimidatorio; a quel punto, il Parrinello evita la permanenza nella
propria abitazione milanese di pi a De Angeli, e si rifugia per un certo periodo
nell'abitazione di un faccendiere tedesco, tale Hermann Gartz, a Opera (Milano).
La truffaldina ragion d'essere della European Group Service srl, società nata
all'ombra della Fininvest, si manifesta ancor prima del suo ufficiale inizio di attività
(22 novembre 1991): nell'ottobre 1991, e il successivo lo novembre, su personale
disposizione telefonica di Romano Comincioli, la European emette due prime false
fatture, rispettivamente per Lit. 220 milioni e per Lit. 160 milioni, a carico della Paka
Publicitas (società con la quale la European non intrattiene alcun rapporto
commerciale).
La Paka Publicitas srl è una società dell'orbita Fininvest: come per diverse altre
società berlusconiane, infatti, l'atto costitutivo, datato 16 aprile 1987, è del notaio
Franco Zito, e la sua sede sociale è nella milanese via Crispi 5/A, recapito presso il
quale sono ubicate altre società della Fininvest. Soci ne sono la "casalinga" Silvana
Mondin, e il "militare" Vittorio Comincioli (figlio di Romano Comincioli), entrambi
residenti a Milano 2, i quali sono gli intestatari dell'intero capitale della Paka, il cui
scopo sociale abbraccia un vasto spettro di attività “terziarie” (dalle pubbliche
relazioni al marketing, dal merchandising alle ricerche di mercato,
dall'intermediazione mobiliare e immobiliare a quella finanziaria ... ). Inizialmente il
presidente del consiglio di amministrazione della società comincioliana è il ragionier
Angelo Brambilla Pisoni (la cui residenza risulta essere anch’essa in via Crispi 5/A);
ma in data 6 novembre 1990, il consiglio si dimette, e gli subentra, quale
amministratore unico, tale Giancamillo Cucca (nativo di Frignano, provincia di
Caserta, e residente a Segrate, nei pressi di Milano 2) - un probabile prestanome sul
genere di quelli che hanno caratterizzato, negli anni, tutto il divenire del gruppo Fi-
ninvest.
La Paka Publicitas opera con un conto corrente acceso presso la Banca Rasini,
il piccolo istituto di credito socio di Berlusconi nei primi anni Sessanta e inquisito
dalla magistratura, nei primi anni Ottanta, perché coinvolto nel giro milanese della
I MANISCALCHI DEL CAVALIERE
Intanto, l’attivismo del Gartz diviene frenetico: avvalendosi degli uffici e del recapito
della European, l'oscuro faccendiere allaccia rapporti con i più disparati istituti
bancari - in Kuwait, Belgio, Lussemburgo, e naturalmente in Svizzera (si reca più
volte, accompagnato dal Parrinello, in una banca di Ginevra); attraverso un amico
londinese, dispone poi l'apertura di due società e di due conti bancari in Irlanda, dove
i polacchi della Pzl Swidnik dovrebbero accreditare la provvigione spettante alla
European per la vendita degli elicotteri alla Fininvest. E mentre dalla Germania gli
pervengono solleciti di pagamento, minacce, e preannunci di nuovi guai giudiziari per
reati valutari, Gartz tratta partite di dinari libici fatti transitare in una banca del
Kuwait, e partite di oro a Malta; dispone inoltre la vendita di sue azioni, collocate
presso una banca belga, a un siciliano che compare al suo fianco e col quale
intrattiene “rapporti d’affari”...
Mediolanum, la quale è creditrice della European per svariate centinaia di milioni in conseguenza delle anticipazioni
accordate a fronte di “Impegni d'ordine” della Standa di molto superiori a quelli che erano poi gli ordini effettivi.
INDICE GENERALE
Introduzione
3. IL GRANDE IMBROGLIO
Sesso, sangue, soldi
Avvoltoi sulla preda
Cusago: il gioco delle tre carte
Arcore: nelle fauci dell'Idra
Buckinghanì Palace in Brianza
L'avvocato del Potere