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IL BAROMETRO DEI MERCATI


Primo bimestre 2018

Commissione Finanza e Controllo di Gestione - Milano

chiuso in redazione il 9 marzo 2018


Protezionismo culturale ed economico
Protezionismo economico
Diversi fenomeni macroeconomici e culturali si sono innestati nella Grande Recessione del 2008 causando un
significativo rallentamento dell'economia globale:
1)Un significativo calo demografico dei paesi occidentali che hanno ridotto la propensione agli investimenti
complessivi
2)La necessità da parte degli investitori di ridurre la componente del debito, fortemente presente nei propri bilanci
nonostante il ribasso dei tassi.
3)Una riduzione significativa delle opportunità di investimento causati dall'emergere di nuove tecnologie
potenzialmente deflazionistiche in molti dei settori dell'economia.
4)La tendenza ad orientare i propri investimenti nelle economie a più alto potenziale di crescita rispetto alle
economie domestiche alle prese, chi più, chi meno, con i problemi dei tre punti precedenti.
Nonostante una spinta al ribasso dei tassi di interesse da parte delle banche centrali dei paesi coinvolti e nonostante
le politiche monetarie ultra espansive messe in campo per rendere poco interessanti per gli investitori le
alternative monetarie agli investimenti la necessità di consolidare i bilanci ha di fatto indebolito la credibilità del
sistema. Per anni la crescita economica e quella dell'inflazione è rimasta inferiore rispetto alle stime previsive di
tutte le autorità economiche mondiali.
Questo fenomeno ha accresciuto rancore e rabbia sociale nei confronti di quelle istituzioni che avrebbero dovuto
ricondurre l'economia in una strada di crescita polarizzando non solo le scelte economiche ma anche lo spettro
delle formazioni politiche in campo.

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Protezionismo culturale ed economico
Protezionismo economico
Nell'Unione Europea questa crisi si è innestata in una fase evolutiva della stessa Unione non ancora completa e ve i
singoli stati nazionali pesavano ancora in diversi campi delle scelte economiche, fiscali e sociali dei singoli paesi
senza poter però utilizzare la leva monetaria e causando quindi una divergenza di andamento economico ancora
più marcato che nel resto del mondo.
La mancanza di fiducia tra i singoli Stati ha di fatto chiesto un consolidamento fiscale in maniera prematura facendo
deragliare la timida ripresa post grande recessione ed ha fatto emergere in tanti paesi movimenti che per un
verso o per l'altro contestavano l'orientamento sovranazionale e dipendente da autorità non elette e quindi prive
di ogni referenza democratica.
Le recenti elezioni italiane si innestano in questo rancore sociale che cerca risposte al di fuori delle ricette proposte in
questi ultimi anni dalle varie autorità sovranazionali.
Sovrapponendo andamento della disoccupazione e collegi elettorali non si può non notare una certa correlazione tra i
due fattori.(Grafico pagina 4)
Al Nord, dove la ripresa è più robusta, l'elettorato ha votato nella speranza di proteggere la ripresa economica dalle
potenziali minacce esterne che sono state individuate nelle multinazionali che delocalizzano e nei flussi di
migranti.
Al Sud invece si paventa un ritorno alla spesa pubblica ed allo Stato assistenziale per rilanciare un area economica
che vede una ripresa molto più asfittica anche se in questi ultimi due anni un po' più rapida che in precedenza.
Naturalmente ci sono dei dubbi che queste ricette possano essere quelle necessarie ad eliminare il gap di produttività
dell'Italia con il resto d'Europa ma questo è quello che il paese chiedeva e chi ha vinto sono i partiti che nella
maniera migliore sono riusciti a rappresentare queste tensioni.

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Protezionismo culturale ed economico
Protezionismo economico

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Protezionismo culturale ed economico
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Protezionismo culturale ed economico
Protezionismo economico
Se in Europa molte tornate elettorali, soprattutto nei paesi periferici, si sono conclusi con risultati sorprendenti e che
hanno premiato forze politiche sistemascettiche, la polarizzazione della politica ha colpito anche il paese
egemone degli ultimi 70 anni e cioè gli Stati Uniti.
L'elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti è stato una delle più grosse sorprese degli ultimi anni e nonostante
un fortissimo turnover delle posizioni apicali nel suo entourage la fiducia nel suo operato soprattutto degli
imprenditori small business americani è ai massimi come mostra il frequente sondaggio sull'ottimismo delle
piccole imprese americane. (vedi grafico pagina 7)
Questo entusiasmo si è confermato con la riforma fiscale che ha di fatto abbassato le tasse soprattutto alle imprese
locate e produttive negli Stati Uniti, quindi il target elettorale del presidente e che sembra rimanere alto anche
dopo la tornata di dazi doganali imposto sul alcuni prodotti considerati dall'amministrazione americana come
prodotti simbolo del dumping commerciali di molti paesi nei confronti degli Stati Uniti.
Una spinta chiaramente rivolta verso il proprio interno, con dei limiti effettivi ma che ha colto di sorpresa altre realtà
economiche che non sembrano al momento pronte a questa nuova sfida, che a dire il vero era già cominciata da
diversi anni e che ha visto il presidente Obama utilizzarla soprattutto in chiave di deterrenza geopolitica ma con
risvolti economici non secondari.
A nostro avviso questa strategia che, vedremo dopo, ha effetti sostanzialmente limitati deve essere un test alla
capacità di gestire la propria economia al gigante cinese.
La Cina si trova in questo momento a metà del guado tra economia a basso valore aggiunto ed economia ad alto
valore aggiunto e solitamente questo processo di ristrutturazione ha causato non indifferenti tensioni sociali nei
paesi che l'hanno percorsa. Un economia che non è ancora indipendente da forti volumi di esportazioni di beni
dal basso valore tecnologico e che fino ad adesso non ha avuto pesanti contraccolpi grazie ai massicci interventi
statali a sostegno.

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Protezionismo culturale ed economico
Protezionismo economico

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Protezionismo culturale ed economico
Protezionismo economico

Trump ha annunciato delle nuove tariffe pari al 25% sull'acciaio e al 10% sull'alluminio in quanto considerate
entrambi le produzioni di interesse nazionali e quindi da difendere dalla competizione internazionale.
Al momento dalle nuove tariffe verranno esclusi Canada e Messico ma se con queste verrà raggiunto un nuovo
accordo di libero scambio in sostituzione del Nafta.
Ora se andiamo un po ad approfondire i dati riguardanti i due settori si evidenzia che sull'acciaio molti paesi sono già
stati colpiti in maniera selettiva da tariffe speciali sul loro export e che solo il Canada ne era escluso, tra l'altro il
paese che maggiormente esporta verso gli Stati Uniti.
Escludendo poi questi due paesi e tutti i paesi potenzialmente amici da un eventuale aggravio delle tariffe è evidente
che le nuove tariffe andrebbero a colpire produzioni che sono già fortemente tassate ed una quota limitata delle
importazioni complessive andando quindi a beneficiare una parte modesta dell'eventuale nuova produzione
americana sostitutiva.
Sull'alluminio dove il peso dell'export cinese verso gli USA è più rilevante c'è da dire che il 96% dei prodotti importati
dalla Cina sono già colpiti da dazi doganali.
Quindi se la Cina è colpita solo moderatamente da questi nuovi dazi, mentre ricerche di settore mostrano che un
aumento indiscriminato delle tariffe (cosa che al momento è scongiurata) potrebbe portare ad un rallentamento
economico e dell'occupazione, a cosa portano le recenti mosse di Trump sui dazi?

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Approfondimento del mese
Protezionismo economico

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Protezionismo culturale ed economico
Protezionismo economico

A nostro avviso questa recente manovra dei dazi non avrà effetti dirompenti sull'economia mondiale a meno che
questa non scateni una corsa ai dazi, ma la recente reazione della Cina che vuole ridurre invece i dazi su altri
mercati e settori sembra invece mostrare in contrario.
Riteniamo che questa manovra serva di più a consolidare il sentiment USA che sta cercando finalmente un ritmo di
crescita pari a quello del periodo pre recessione e che fine ad ora ha fallito nel suo compito.
Concentrare gli investimenti a livello domestico e rinfocolare l'ottimismo degli operatori con manovre di facciata ma
molto chiaccherate può essere una buona strategia per perseguire questi obiettivi.
Nel frattempo colpisce la dove l'economia cinese non può rispondere con la stessa efficacia in quanto ancora molto
dipendente dall'export di prodotti dalla bassa marginazione e con una forte componente di occupati . La rapida
trasformazione dell'economia cinese che sta scalando la propria presenza nei mercati a maggiore valore
aggiunto potrebbe non bastare per evitare la trappola della liquidità connessa ad un economia che attraversa il
passaggio da economia emergente ad economia avanzata.
Nonostante le parole rassicuranti la sfida è stata lanciata e i paesi europei e l'Italia dovranno in fretta ad adattarsi a
questi nuovi scenari globali per non ritrovarsi ad inseguire i sogni del passato senza i propulsori per la crescita
del futuro.

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