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Nonostante il progresso tecnologico del mondo contemporaneo, la violenza sembra essere ancora un comportamento diffuso.

La cronaca che ogni giorno i media ci propinano, ci parla di aggressioni, di omicidi, di violenze, spesso attribuibili a motivi futili. Per i media (televisione, carta stampata, internet), anzi, la violenza quotidiana occasione di spettacolarizzazione e di lucro. L'approccio dei mezzi di comunicazione di massa alla violenza ambiguo: da un lato promuovono la discussione e la riflessione, dall'altro indugiano morbosamente sui particolari pi macabri e truculenti delle vicende rappresentate. A fare le spese del clima brutale in cui viviamo sono quasi sempre i pi deboli : i bambini, i vecchi, gli stranieri, le donne, i poveri. Alla regola ci sono per eccezioni sempre pi frequenti, a riprova che la violenza si respira ormai dovunque. Forse il cuore dell'uomo che fatto cos, forse nel nostro cervello convivono aspetti diversi, varie possibilit, e tra queste anche la violenza. A volte mi capita di pensare che la violenza diffusa dipenda in parte dai modelli che gli stessi media e la pubblicit ci trasmettono: il maschio vincente, la donna aggressiva e "performante", "l'uomo che non deve chiedere mai". E non sono le argomentazioni pacate, bens le risse quelle che in tv fanno salire l'audience e garantiscono popolarit ai personaggi coinvolti. Oggi, tutti desideriamo stare sotto i riflettori, essere famosi, essere qualcuno, con qualsiasi mezzo, vincendo il premio Nobel, esibendoci al Grande Fratello, o mettendo a ferro e fuoco uno stadio. E per raggiungere il nostro obiettivo siamo disposti a sgomitare, ad aguzzare i denti, a calpestare il corpo e l'anima di chiunque. Per la nostra smania di emergere, per il protagonismo del nostro "quarto d'ora di notoriet", mandiamo all'aria qualsiasi regola di convivenza civile. La buona educazione, da sempre, impone di rinunciare al proprio comodo per tener conto anche delle esigenze degli altri. Oggi non pi cos e per rendersene conto basta affrontare il traffico quotidiano: veicoli che passano col rosso, bici che circolano sui marciapiedi, auto che non rispettano elementari regole di sosta, limiti di velocit, precedenze e distanze di sicurezza, scooter che procedono zigzagando a ridosso del paraurti dei mezzi che li precedono. Conducenti che si mandano a quel paese, imprecando platealmente. Qualche volta, per una semplice questioncella di parcheggio, c' scappato il morto, al termine, talvolta, di una vera e propria faida familiare. La corruzione stessa, cos diffusa nel nostro paese, una forma subdola di violenza, in quanto sottrae le risorse di tutti per finalit egoistiche e personali. La spregiudicatezza, l'arroganza, la prepotenza, l'affermazione incondizionata di se stessi sembrano oggi diventate delle virt da ammirare e da coltivare. Prevale l'io smisurato di ciascuno di noi, l'orgoglio individualista che non nutre nessuna piet per le vittime, per chi giace, per gli ultimi. Chi non ce la fa, in difficolt, perde merita soltanto il nostro disprezzo o la nostra indifferenza. Tutti oggigiorno abbiamo coscienza soltanto dei nostri diritti, mentre riteniamo di non aver nessun obbligo morale, nessun dovere. La solidariet e la cooperazione tra esseri umani appaiono ormai valori sepolti in epoche passate. La violenza diffusa nel mondo ovunque, ma in Italia viviamo una condizione particolare. La nostra nazione unita da solo 150 anni e da noi la famiglia va al di sopra e al di l di qualsiasi regola. Famiglia e violenza sono collegate forse di pi di quanto non si possa pensare. La mafia stessa, un tipico prodotto italiano, , per esempio, organizzata in famiglie e per i mafiosi la famiglia ha una autorit che va oltre le leggi dello stato. Ecco, forse per migliorare la situazione occorrerebbe appunto superare quello che gli studiosi chiamano "familismo amorale" degli italiani, occorrerebbe ripristinare la legalit, il rispetto delle regole e del bene comune, cominciando dalle piccole cose, dagli aspetti pi minuti della vita quotidiana. Tuttavia, al di l di complessi interventi educativi e repressivi, forse basterebbe che tutti noi ricordassimo due semplici, ma sempre attuali, precetti cristiani: "Ama il prossimo tuo come te stesso. Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te".

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