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A 200 anni dalla morte di Andrea Saraceno, ultimo Marchese di Montemesola. Uomo insigne, dotto e profondamente religioso, ha legato il proprio nome a quello del nostro paese, al quale era legato da un amore profondo.
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giardino, e propriamente nella localit denominata dietro il forno, dove ora sorgono le nuove costruzioni di case (nei pressi dell'odierna Via Bellini), fece innalzare un lungo e doppio muro, uno basso sul quale poteva intrattenersi seduta le gente e l'altro pi alto, a petto d'uomo, chiamato affacciatoio, dal quale si ammiravano i giardini adiacenti all'abitato e tutto il vasto ed esteso panorama a mezzogiorno del paese. Innalz la maestosa porta di S. Francesco a est che in origine era fiancheggiata da torri, ora distrutte, di cui rimangono impercettibili segni. Ingrand il feudo di Montemesola comprando la masseria Scorcola e S. Nicola, cos portando il territorio di Montemesola alla massima ampiezza mai raggiunta. A lui legata la realizzazione delle due pi grandi e maestose opere mai compiute sul nostro territorio: restaur ed ingrand il Palazzo Marchesale che fino ad allora comprendeva solo la parte prospiciente la piazza principale, facendolo diventare una vera reggia, una delle pi belle residenze nobiliari dell'intera Puglia: Il Palazzo venne ad avere cos quattro ingressi () Furono ristrutturate due vaste terrazze, dalle quali si godono singolari bellezze panoramiche; fu abbellita la cappella dedicata a S. Carlo e decorata con pregiati stucchi. Le porte interne erano tutte lavorate a stucco a fondo inargentato con cornici dorate. Le molte stanze e le gallerie, artisticamente ornate di vari affreschi, erano arredate con mobili antichi in noce ed intarsiati a mosaico. Vi era, inoltre, una ricca pinacoteca di celebri autori tra i quali alcune tele del Giordano, del Caravaggio e del Lippi.
Inoltre il suo nome sar per sempre ricordato per gli imponenti lavori eseguiti presso la Gravina diMontemesola: maggiore di tutti il castelletto di Don Ciro, costruito su di un grande arco; quindi la recinzione muraria tuttintorno il perimetro della gravina; poi una larga scalinata che dal fondo della gola portava su in cima ad una grotta, che aveva abbellito con dipinti, dove si celebrava la messa, e tanto altro ancora. Ma quello che pi di tutto stupisce lo spirito decisamente moderno che si percepisce nel suo rapporto con questo ambiente che solo in parte pu essere definito naturale, visto che in realt anche un luogo pieno di segni e tracce che testimoniano il passaggio delluomo attraverso i secoli e i millenni. Moderno perch presupponiamo che il Marchese, nel suo tentativo di cambiar volto allarea, era pervaso da uno spirito romantico, nella idealizzazione della natura come organismo in s divino; innamorato dei luoghi ma anche incuriosito se non proprio intimorito da ci che quei luoghi evocavano attraverso quei segni incisi nella pietra che gli antichi avevano lasciato. Ecco che la sua fruizione della Gravina era subordinata a urgenze di tipo, oggi diremmo, ricreative, artistiche, legate al benessere dellanima e del corpo: un nobile che coltivava, negli ambienti selvaggi, fra le alte rocce, sotto i fragni giganteschi, il suo spleen. in questottica che si spiegano le decine e decine di abbellimenti e restauri e nuove costruzioni che fece fare non per una vera e propria necessit pratica, ma magari
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semplicemente per passare, in compagnia di qualche amico, un pomeriggio destate lungo le sponde fresche e uggiose di quel paradiso. Di tutte le opere architettoniche ora presenti nel nostro paese solo la Chiesa Madre, lOrologio e larco di S. Gennaro sono attribuiti al padre, ma se pensiamo che queste opere sono state edificate rispettivamente nel 1 nel 1 e nel 1 e cio quando 762, 766 777, Andrea aveva 23, 27 e 38 anni, possiamo immaginare, stando anche alle indicazioni che ci da Enriquez, che lo stesso Andrea abbia, come minimo, presieduto alla loro realizzazione. Tirando le fila: ad Andrea Saraceno si deve la conformazione urbanistica del nostro paese, attraverso quella regolamentazione, quasi un piano-regolatore ante litteram, che ha permesso la creazione - in un centro storico di piccole dimensioni - di vie larghe, simmetriche e ordinate sulle quali tuttora permesso il traffico con i mezzi della modernit. Caso unico (e che andrebbe messo nella giusta luce proprio per la sua rarit) se lo raffrontiamo alla quasi totalit dei comuni del sud-Italia che si caratterizzano per le vie strette e tortuose. Inoltre, come abbiamo visto, a lui sono legate quasi tutte le pi importanti opere monumentali di Montemesola. Non disdegn neppure di applicare le sue regole alla piantumazione degli alberi di ulivo donandoci quelle distese maestose ed ordinate vicino la masseria di S. Giovanni, ancora oggi ben visibili. Fu un grande uomo che am il nostro paese, ma fu anche uomo sfortunato che si trov a vivere la sua esistenza durante un periodo turbolento: le carestie, una grandine e un alluvione, la fine del feudalesimo e una causa persa con i contadini locali, provocarono limpoverimento della famiglia. Naturalmente non solo eventi imprevedibili e sfortunati decretarono la decadenza della casata dei Saraceno, ma anche ragioni legate alle scelte sbagliate che egli stesso comp. Se difatti si vuole in massimo grado valutare e mettere nella giusta luce lalta figura del Marchese non si devono tacere quelli che sono indubbiamente dei limiti della sua opera, la cui analisi e comprensione deve rappresentare un monito a che quegli errori non si ripetano. Possiamo senzaltro ritenere che gli errori che comp il Marchese, lui che era cultore di storia e di architettura (la pi storica tra le arti), si palesarono proprio da un punto di vista storico, cio dallincapacit da parte di Andrea Saraceno di saper leggere e interpretare i movimenti profondi della Storia che si muoveva intorno a lui. Ad esempio totalmente anacronistico in quel finale di 700 la costruzione di porte monumentali che in teoria dovevano mirare a proteggere quelle micro entit socio-economiche feudali, laddove invece la nascita degli stati-nazione che andava avanti da oltre un secolo in tutta Europa, dimostrava che il potere (e quindi il commercio e leconomia) si andava centralizzando sempre pi. O ancora, nella lettura sfalsata di un fenomeno naturale come le gravine (quel sistema imponente di fratture nel terreno carsico), che le faceva ritenere a torto dei fiumi preistorici quando invece sono sempre stati dei canali a regime torrentizio, che risiede lerrore del Marchese a far costruire opere maestose su una zona che per sua natura destinata a farle crollare.
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Il Marchese Andrea Saraceno perci non , nel bene e nel male, il principe Don F abrizio Salina de Il Gattopardo A lui manca la capacit di saper leggere prontamente i fenomeni storici che gli si parano davanti e quindi non riesce a saper scendere a compromessi col mondo circostante per garantire, egoisticamente, la sopravvivenza del proprio potere. A lui pi di tutto manca per un erede come T ancredi, che incarni quello spirito entusiastico e giovanile che guarda al futuro con occhi nuovi, che possa essere un ponte verso il futuro, verso i tempi nuovi. Non lo sono i suoi figli, che alla sua morte dimostreranno una inconsistenza imbarazzante e sui quali il Marchese, dobbiamo pensare, non ripone alcuna fiducia.. Forse tutte le sue speranze, se con uno sforzo di fantasia seguiamo questo filo del discorso e facciamo suoi i nostri pensieri, erano riposti nel nipote Benedetto, unico erede maschio che a Giugno nel 181 compiva 16 anni. Benedetto Saraceno, 1 figlio del primogenito di Andrea, Francesco Cataldo, doveva prendere per mano le sorti della casata, e forse nella mente del Marchese egli rappresentava quel T ancredi che avrebbe portato uno spirito nuovo, una sguardo lungimirante sul futuro. Non le carestie, non la perdita dei diritti feudali n le vicissitudini legali con i contadini fiaccarono Andrea Saraceno; pi di tutto quello che distrusse il marchese Andrea Saraceno fu il dolore per la perdita del proprio nipote Benedetto, che mor a causa di un male incurabile allet di 16 anni, il 26 Luglio 181 Questo evento colp al cuore il nonno il quale 1. non molto tempo dopo lo segu nella stessa sorte: Lavo Andrea, luomo che aveva abbellito e reso ridente il nostro paese, non seppe resistere al dolore di cos irreparabile perdita ed alla distanza di quattro mesi, il 26 Novembre 181 in 1, et di 73 anni, comp la sua vita terrena. Il suo nome rimarr imperituro nella storia di questo paese dove tutto parla di lui.
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