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Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Farafarafarafa,
Tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Bubububu,
fufufufu,
Friù!
Friù!
Bilobilobiobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù,
U.
Non è vero che non voglion dire,
vogliono dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee!
liii!
Qoooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con cosi poco
tenere alimentato
un sì gran fuoco?
Huisc… Huiusc…
Huisciu… sciu sciu,
Sciukoku… Koku koku,
Sciu
ko
ku.
Labala
falala
falala
eppoi lala…
e lala, lalalalala lalala.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandano più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!
1
La raccolta L’incendiario è dedicata a Filippo Tommaso Marinetti, celebrato
enfaticamente come “anima della nostra fiamma”.
2
G. Gozzano, La via del rifugio, vv. 33-36. Ne La signorina Felicita, Gozzano,
ammetterà ironicamente attraverso il proprio alter ego letterario di
“vergognarsi d’essere un poeta!”.
1
Il rilievo del riso, tanto in letteratura quanto in filosofia, è del resto un Leitmotiv della
riflessione di quegli anni; si pensi all’ironia sottile e disincantata del dandy crepuscolare
Gozzano ne La signorina Felicita (1909) ma anche al celebre saggio pirandelliano
su L’umorismo (1908), che approfondisce i risvolti tragicomici della nostra esistenza. Sul
piano più prettamente filosofico, è il francese Henri Bergson a dedicare a Il riso (1900) un
fondamentale studio, incentrato soprattutto sul concetto di “comico”.