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Senso di colpa

Il gruppo di ragazzi, incuriosito dalle parole di Samuele, corse a dare un’occhiata, spinto dalla voglia
di scoprire di cosa si trattasse; lo sguardo generale si posò su un oggetto familiare ad ognuno di loro,
che non avrebbero mai pensato di ritrovare proprio a casa di Matteo: il cerchietto con le corna che
Irene aveva usato per travestire il suo cagnolino, durante la festa di Halloween.
Di fronte a quella scena, alle espressioni incredule dei compagni e alle possibili domande, che lo
avrebbero sicuramente serrato, Matteo cominciò a manifestare un certo nervosismo sul volto e negli
atteggiamenti, che si rese manifesto a tutti con un improvviso rossore delle guance e con il sudore
della fronte. Balbettò alcune parole confuse e corse a chiudersi in camera sua; intanto i ragazzi
continuavano a cercare altre tracce di Zarathustra nei paraggi, sperando di ritrovarlo nascosto lì da
qualche parte, ma il sopraggiungere inaspettato di un temporale, li costrinse a trovare riparo in casa.
Tommaso, preoccupato per il comportamento di Matteo, cominciò a cercarlo in tutte le stanze della
casa, salì al piano di sopra e lo vide piangere in camera sua, riverso con la faccia sul cuscino del letto.
“Che ti succede, Matteo? Perché sei scappato via in quel modo? Cosa ci faceva il cerchietto di
Zarathustra nel tuo giardino? Forse…” Matteo, con fare piuttosto impetuoso, si alzò di scatto dal letto,
impedendo a Tommaso di completare la frase e lo spinse fuori dalla cameretta; chiuse la porta a
chiave e, malgrado Tommaso avesse tentato in più modi di farsi riaprire la porta, non diede alcun
segnale di voler comunicare con l’amico.
Tutti gli altri, sentendo il brusco rumore provocato dalla chiusura della porta, si precipitarono al piano
superiore e, con grande tenacia, riuscirono ad ottenere che Matteo aprisse loro la porta.
Il respiro del ragazzo si fece pesante, mentre fissava gli occhi increduli dei suoi amici. Le loro
espressioni, un misto di shock e delusione, sembravano pugnalarlo come lame; dopo aver preso un
lungo respiro, si fece coraggio e invitò i compagni a seguirlo nel salotto, perché aveva un’importante
rivelazione da fare. Ci furono alcuni minuti di silenzio, poi Rebecca chiese: “Dai Matteo, cosa hai da
dirci? Sto iniziando a preoccuparmi per il tuo strano comportamento”.
“Credo che il ritrovamento del cerchietto di Zarathustra sia un indizio ormai chiaro!”, cominciò col
dire; i ragazzi si guardarono l’un l’altro, aspettando che fosse data loro una motivazione valida da
parte di Matteo.
“Ho sempre invidiato il vostro legame, siete sempre così uniti, pronti ad affrontare ogni difficoltà o a
vivere allegramente i momenti felici tutti insieme”, esclamò Matteo, “ed io…io mi sono sempre
sentito solo, come se non fossi abbastanza importante".
“In realtà non è come pensi, non c’eravamo mai accorti che ti sentissi così solo, siamo noi ad invidiarti
per il tuo forte senso di responsabilità e per la tua preparazione”, rispose Samuele, dispiaciuto per
come si fosse sentito fino a quel momento Matteo.
Tutti i sensi di colpa, tuttavia, svanirono di fronte alla confessione di Matteo: “Ho pianificato tutto
fin dall’inizio, affinché si creassero delle situazioni in cui voi avreste avuto bisogno di me e io sarei
passato come l’eroe della scena; ho scritto i vari indovinelli e li ho sistemati in modo che voi potevate
trovarli facilmente, una specie di caccia al tesoro, con un pizzico di paura, proprio per restare in tema
con la festa di Halloween e proprio per questo l’ho ambientata in parte al cimitero, dove avete
incontrato il “custode” e “la Baba Jaga”. Ho chiesto a due carissimi amici che si dilettano
nell’organizzare spettacoli come artisti di strada di interpretare i due ruoli per il mio “gioco” e sono
stati davvero bravi, soprattutto la ragazza che, sospesa, con un filo di sicurezza, vi ha fatto credere
addirittura di poter volare. Tutto doveva concludersi qui, a casa mia, dove avevo preparato la sorpresa
finale con il ritrovamento di Zarathustra, i vostri abbracci e la celebrazione del mio piccolo trionfo ai
vostri occhi. Ma qualcosa è andato storto: qualcosa che non avevo previsto ha disorientato anche me.
L’ultima volta che ho portato la ciotola con i croccantini al cagnolino credo di non aver provveduto
a fermare in modo corretto la chiusura della portantina, quindi adesso non saprei dirvi se è stato lui a
scappare o qualcuno l’ha portato via”.
“Sei soltanto uno stupido egoista, non riesci a capire che per colpa della tua “mancanza di attenzioni”
hai messo a rischio la vita del mio povero Zarathustra”, replicò Irene, che sicuramente era la più
infuriata di tutti. “Credevo che tu fossi un ragazzo maturo, responsabile, invece sono costretta a
ricredermi, perché hai dimostrato solo di essere infantile…”
“Calmati Irene! Parlare in questo modo non ci restituirà di certo Zarathustra. Il tuo comportamento è
comprensibile e sicuramente Matteo, per quello che ha fatto, dovrà riconquistare la tua fiducia, ma
adesso dovremmo mostrarci uniti, perché il nostro obiettivo è ritrovare quel piccolo cane indifeso”.
Con queste parole Tommaso intervenne tra i due, per cercare di confortare l’amica disperata e, allo
stesso tempo, puntualizzare l’errore di Matteo.
Le attenzioni e i gesti di affetto di tutti si concentrarono sulla povera Irene, assillata dal pensiero di
non poter più ritrovare il suo cagnolino; Matteo, che inizialmente era rimasto indeciso se provare ad
avvicinarsi a lei o meno, si fece coraggio, le andò vicino, le prese le mani e con profonda sincerità, le
chiese scusa.
“Sicuramente chiederti scusa non servirà a molto: so di aver sbagliato, il mio errore è imperdonabile,
ma adesso voglio provare a rimediare, poi, forse, con il tempo, potrò sperare anche di recuperare la
tua fiducia”- disse Matteo, cercando di avere in qualche modo una reazione da parte dell’amica, ma
sapeva che era troppo presto.
“Hai proprio ragione! Le tue scuse sono inopportune e, credo che dopo tutto ciò che hai combinato,
dovresti stare proprio fuori da tutta la faccenda. Nessuno di noi si fida più di te!”. Con queste parole
dure e ferme Rebecca colpì profondamente la sensibilità di Matteo, che indietreggiò in silenzio,
sentendosi irreparabilmente escluso dal gruppo di amici. Ci fu un capannello di discussione da parte
dei ragazzi, divisi tra quelli che avrebbero dato un’altra possibilità a Matteo, per lo più i maschi del
gruppo e quelli che lo avrebbero lasciato volentieri fuori da ogni ricerca (queste erano le ragazze,
solidali con la loro amica Irene). Tommaso fu l’unico rispetto al gruppo dei maschi a sostenere la
posizione ferma delle ragazze.
Alla fine fu Irene che riuscì a far ritrovare la coesione al gruppo, sottolineando che l’aiuto di Matteo,
giunti a questo punto, era diventato essenziale e cruciale. “Aspettate!” - intervenne la ragazza - “è
certo che sono molto arrabbiata con Matteo per ciò che ha organizzato, ma sono anche la prima a
mettere da parte il rancore nei suoi confronti in questo momento.. Quello che mi sta a cuore è ritrovare
il mio piccolo Zarathustra e credo che lui debba far parte del gruppo di ricerca”.
“E aggiungerei che, oltre Matteo, debbano far parte del gruppo anche i suoi complici: tutti quelli che
hanno provocato il danno, devono darsi da fare per rimediare”.
Questa fu la proposta di Erika e da quel momento il salotto si trasformò in una sala operativa per
organizzare le ricerche.

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