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Introduzione
Se Nella piazza di San Petronio il termine di confronto metrico era il distico elegiaco classico, in Alla stazione in
una mattina d’autunno (frutto dell’unione di due testi successivamente composti dall’autore) il modello ispiratore
è l’ode alcaica, che Carducci mima nel verso italiano attraverso una combinazione di endecasillabi appunto
“alcaici” (nei primi due versi di ogni strofa, e composti con due quinari, di cui il primo ad accentuazione piana, il
secondo sdrucciola), un novenario al terzo verso, un decasillabo al quarto verso (e sempre accentato sulla terza,
sesta e nona sillaba).
Il testo è, in un certo senso, una summa della poetica carducciana; sul piano tematico, infatti, si affacciano gli
argomenti tipici di Carducci, che narra la separazione, alla stazione di Bologna, da “Lidia”, nascondimento poetico
di Caterina Cristofori Piva, conosciuta nel 1871 (vv. 13-16: “Tu pur pensosa, Lidia, la tessera | al secco taglio dài
de la guardia, | e al tempo incalzante i begli anni | dài, gl’istanti gioiti e i ricordi”). La sofferenza del poeta
introduce così, nella seconda parte del testo, la rievocazione dei tempi felici trascorsi con l’amata ed apre il
campo alla carducciana trasfigurazione vitale del paesaggio come conseguenza della propria gioia (vv. 41-48:
“Fremea la vita nel tepid’ aere, | fremea l’estate quando mi arrisero: | e il giovine sole di giugno | si piacea di
baciar luminoso | in tra i riflessi del crin castanei | la molle guancia: come un’aureola | piú belli del sole i miei
sogni | ricingean la persona gentile”), che però poi si chiude, nel finale di “Alla stazione”, con l’amaro ritorno al
presente e alla sensazione di un dolore insopprimibile e assai manierato (vv. 53-60: “Oh qual caduta di foglie,
gelida, | continua, muta, greve, su l’anima! | io credo che solo, che eterno, | che per tutto nel mondo è novembre. |
Meglio a chi ’l senso smarrí de l’essere, | meglio quest’ombra, questa caligine: | io voglio io voglio adagiarmi | in
un tedio che duri infinito”).
Anche dal punto di vista stilistico, Alla stazione in una mattina d’autunno presenta alcune caratteristiche
ricorrenti del Carducci poeta: se da un lato è importante l’aspetto impressionistico della descrizione spaziale e
paesaggistica, dall’altro prosegue la ricerca fonico-onomatopeica per “tradurre” in parole le immagini della
modernità. Si vedano, ad esempio, le quartine introduttive, dove l’arrivo del treno in stazione acquista i toni,
nell’ottica del poeta ed amante sofferente, della deformazione grottesca (vv. 1-12: “Oh quei fanali come
s’inseguono | accidïosi là dietro gli alberi, | tra i rami stillanti di pioggia | sbadigliando la luce su ’l fango! | Flebile,
acuta, stridula fischia | la vaporiera da presso. Plumbeo | il cielo e il mattino d’autunno | come un grande
fantasma n’è intorno. | Dove e a che move questa, che affrettasi | a’ carri foschi, ravvolta e tacita | gente? a che
ignoti dolori | o tormenti di speme lontana?”). Il tutto, ovviamente condito dalla retorica classicheggiante (e
nobilitante) del verso carducciano: enjambements, lessico colto, sintassi sostenuta ed elaborata.