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Il acconto della p iora

Tra i cristiani dell’Asia in gran città,


Dal principe del luogo pur protetta,
vi era di ebrei una comunità,
e, dedita all'usura ed all'incetta,
aveva Cristo in odio, quella setta.
Tale comunità, non segregata,
poteva esser da tutti attraversata.

In fondo a essa stava, fuori mano,


una scuoletta che era frequentata
dai ragazzi del popolo cristiano,
e proprio in quella scuola era insegnata
vera dottrina nella fede amata,
il che vuol dire apprende a cantare
e, come fanno i bimbi, a sillabare.

Il figlio di una vedova, tra loro,


la scuola tutti i giorni frequentava
assieme al gruppo che cantava in coro.
Andando per la via, sempre incontrava
la Vergine in immagini, e usava
davanti a esse dire, inginocchiato,
l’Ave Maria che aveva già imparato.

Aveva quella vedova insegnato


al bimbo come sia da venerare
la madre di Gesù, né mai scordato
egli se n’era, pronto in imparare.
E se questo mi vien di ricordare,
Mi vedo san Nicola qui davanti,
Che bimbo venerava Iddio e i santi.

A scuola, col suo libro di preghiera,


veniva quel bambino per studiare,
E Alma Redemptoris l’inno era
Che i più grandi dovevano imparare.
Rapito, lui li stava ad ascoltare,
sicché note e parole, prontamente,
Del primo verso già teneva a mente.

Di quel latino nulla comprendeva,


Proprio come accade ai bambinetti,
E con insistenza egli chiedeva
Che un compagno spiegasse quei versetti
E ragionasse del perché eran detti.
E in ginocchio molto pregava,
Questa cosa assai lo interessava.
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L’amico che di lui era più anziano,
così rispose: “Ho già sentito dire
Essere questo un cantare cristiano
Per la Vergine Santa benedire,
Onde ci assista nel nostro morire.
Non posso darti altro chiarimento,
Di quel canto che ho poco intendimento”.

“Se questo canto vuole riverire


Nostra Signora” disse l’innocente
“Con ogni sforzo voglio riuscire
a ritenerlo, per Natale, a mente.
E se trascurerò completamente
Il Sillabario, e poi sarò picchiato,
Non me ne importerà, se avrò cantato.”

In gran segreto, a farvene la storia,


Quell’amico il canto gli insegnava,
A fu così che in breve, di memoria,
Già tutti quei versetti egli cantava.
Due volte al giorno pur si esercitava,
Fosse di casa, o scuola, egli alla volta:
la sua mente a Maria era rivolta.

E mentee egli passava per il ghetto


Cantava dolcemente quel bambino
I versi di quell’inno che vi ho detto,
Sia che passasse a vespro, o mattutino.
Né poteva tacersi quel piccino,
Avendo il cuore pieno di dolcezza
Per quella Madre ch’è nostra salvezza.

Il gran nemico Satana, il serpente,


nido di vespe mise dentro il cuore
Di quei giudei, ed alla loro mente
Fece apparire come disonore
La voce di quel piccolo cantore:
“Con questo suo cantare in insistenza
Di vostra gente offende la credenza.”

Tutti d’accordo furono gli anziani,


Quell’innocente fecero scannare,
E di un sicario usarono le mani,
Che dentro il ghetto stava ad abitare.
Un dì che il bimbo andava a rincasare,
Lo prese senza sforzo, il maledetto,
E lo gettò sgozzato. In un pozzetto.

In un ricetto ch’era pure usato


Da quei giudei come lor sentina.
Erode maledetto è ritornato
A che sì trista furia e assassina?
Da essa derivò gloria divina,
Che quel delitto infine fu svelato:
Il sangue sparso urlava quel peccato.

O martire bambino, puro bello,


Ora potrai in eterno tu cantare
Seguendo in cielo quel candido Agnello,
Qual volle san Giovanni e’insegnare
Con il suo scritto e nel predicare:
“Avanti a quell’Agnello sta in letizia
Chi non conobbe donna né malizia”

La vedova, piangente, tutt’intorno


Cercava il bimbo che non appariva
E quando appena vide farsi giorno,
Pallida in viso, ché mal presentiva.
Cercò alla scuola, morta più che viva.
Lo avevan visto, come ebbe a sapere,
In quel che degli ebrei era il quartiere.

Afflitta dalla pena nel suo petto,


Andò cercando, quasi fuor di mente,
Laddove si potesse aver sospetto
Che il bimbo fosse andato incautamente.
E non cessava, umile e piangente,
Di pregare per la Vergine per lei.
Infine andò a cercare tra gli ebrei.

Chiedendo, disperata, ancora andava


A tutti gli abitanti fi quel ghetto
Se il bimbo avesser visto che passava.
Negavan tutti, ma Gesù diletto
Le diede ispirazione, e nello stretto
Pertugio dove il corpo fu gettato
Essa volle chiamare a perdifiato.

Onnipotente Iddio che, nel fulgore


Della tua lode, ami l’innocente,
Eccolo apparire quel cantore,
Rubino di martirio, a noi presente.
Per quanto resti offesa dal fendente
Di quella lama, l’ugola si muove
E l’inno santo spande in ogni dove.

Non vi è passante che non si trattena


e insospettito accorra a quel pertugio:
“Un magistrato subito qui venga!”
E quello venne in sito senza indugio.
Levò preghiera a Cristo e al rifugio
Di tutti i peccatori ch’è Maria,
E poi gli ebrei ridusse in prigionia.

Povero bimbo, venne sollevato


E, tra i lamenti intorno, ancor cantava.
In processione venne accompagnato
Alla badia che presso si trovava.
La madre senza vita ora sembrava,
E, con pena, da gente lì raccolta
La bara dalle mani le fu tolta.

A morte vergognosa e tra i tormenti


I complici mandò quel magistrato,
E inoltre condannò i consenzienti
Nessuno li compianse per quel fato,
Ché male aspetta a chi male ha tramandato.
Da cavalli selvaggi trascinati,
Dopo, per legge, vennero impiccati.

Presso l’altare giace l’innocente


Composto nella bara con gran cura.
L’abate ha detto messa e, mestamente,
Coi frati vuole dargli sepoltura.
Già lo asperge di santa spruzzatura,
E il bimbo, quell’acqua in avvertire,
L’inizio del suo canto fa sentire.

Sant’uomo quell’abate era stimato,


Così ogni monaco dovrebbe,
E quando si fu al bambino avvicinato,
Chiese: “piccino, questo che sarebbe?
Per Santa trinità, come ti crebbe
questa tua voce che ti fa cantare
mentre la gola vedo sanguinare?”

“ho la gola recisa fino all’osso"


disse fanciullo “e, naturalmente,
in questo stato vivere non posso,
ma Gesù Cristo vuole, chiaramente,
che la sua gloria qui vi sia presente,
e per la grazia della Madre Santa l
a mia gola non tace, è ancora canta.”

“Qual dì misericordia dolce fonte


la Santa madre voglio sempre amare,
e allora che morivo a me di fronte
la vidi, e mi chiedeva di cantare
quell'inno che eravate ad ascoltare.”
E mentre la mia vita si perdeva,
un grano in bocca, credo, mi metteva.

“Perciò posso cantare, ancora molto,


di cui la Santa Vergine in onore,
finché quel grano non mi venga tolto.
Ella mi disse pure, con amore:
‘ora vado, mio piccolo cantore,
ma quando ti sia tolto questo grano,
verrò di nuovo a prenderti per mano’”.
Quel santo abate, pieno di rispetto,
gli apri la bocca e ne rimosse il grano,
e l'anima lasciò subito il petto.
A tal prodigio, certo sovrumano,
frenare il pianto era sforzo vano,
sicché il piangente, di lacrime inondato,
pregando se ne stette inginocchiato.

I frati tutti i giacciono prostrati


e la Madonna pregano piangenti,
ma si levano infine rincuorati,
e quel martire afflitto dai tormenti
dalla bara sollevano contenti.
Tomba di marmo vollero apprestare,
che ci conceda Dio di visitare.

Ugo di Lincoln, tu che nel passato,


Da quel popolo abbietto e traditore
pure senza colpa fosti trucidato,
Intercedi per ogni peccatore,
che non gli manchi grazia del signore
e di misericordia abbia la via,
nella celebre gloria di Maria.

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