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«Una cultura machista del periodo giurassico», scri-
ve Candido Grzybowski, sociologo brasiliano e uno
degli organizzatori del Secondo Forum Sociale Mon-
diale di Porto Alegre, «ancora permea come un virus
il nostro intero tessuto sociale». La sessualità con lo
scambio sessuo-economico ne è parte centrale. È un
terreno rivelatore ed esplosivo. Se un mondo dive.rso
sarà possibile dipenderà molto anche da come verrà
affrontato il nodo dei rapporti tra i sessi.
Nota ai testi

La grande beffa rappresenta la rielaborazione, fusione e aggiorna-


mento di una serie di saggi apparsi dal 1987 ad oggi:
"Du don au tarif. Les relations sexuelles impliquant une compen-
sation", in Les Temps Modernes, n. 490, mai 1987, pp. 1-53. [Versione
italiana: D.W.F., n. 1, 1986).
Etude sur les rapports sexuels contre co,npensation. Rapporto pre-
sentato all'UNESCO, Division des Droits de l'Homme et de la Paix,
1988, p. 209.
"'l'm the Meat, l'm the Knife' . Sexual Service, Migration and Re-
pression in Some African Societies", io G. Pheterson ed., A Vindica-
tion o/the Rights o/Whores, Seal Press, Seatcle 1989, pp. 204-226.
"Les dents de la prostituée: échange, négotiation, choix dans les
rapports économico-sexuels", in M. C. Hurtig, M. Kail, H. Rouch
eds., Sexe et genre. De la hiérarchie entre les sexes, Editions du CNRS,
Paris 1991, pp. 227-243. [Versione italiana: D.W.F., n . 10/ 11 (Donne
ritrovate), 1989).
"La grande beffa", in Erre/le, La Ricerca Folklorica, n. 46, ottobre
2002, pp. .3-17 [altre versioni edite: "La Beffa", in Culture e 1nuta~nen-
to sociale (a cura di M. L. Meoni), Le Balze, Montepulciano 2001; "La
Grande Arnaque", in Actuel Marx, n. 30, 2001; "Il Danno e la Beffa",
in L'ospite ingrato, Annuario del Centro Studi Franco Fortini, 2002;
"La Grande Arnaque", in Prochoix 20, 2002; "La Grande Amaque",
in Europcea, 1-2, IX, 2003).

Ringraziamenti

A rendere possibile questo lungo e non sempre facile percorso è stata


l'amicizia, l'affetto e l'appoggio intellettuale ed emotivo di molte per-
sone. Ne nominerò solo alcune, ma ringrazio tutte anche le non nomi-
nate, che sanno comunque di aver contribuito a questo lavoro: in pri-
mo luogo Colette Guillaurnin, Nicole CL Mathieu, Gail Pheterson,
Christine Delphy, e poi, via via nel tempo e con vari apporti, Valeria
Ribeiro Corossacz, Rita Astuti, Carla Corso, Pia Covre, Maria Tacco-
ni, Bruna Raggi, Marina Raggi Pastrana, Raùl Pastrana, Elena Lauren-
zi, Gabriella Da Re, Franco Marrocu, Ken Thai Tabet, Gaoussou Ja-
mes Tabet, e infine le donne di Niamey che hanno accettato di parlare
con me della loro vita. Un grazie a Mario Laganà per l'affettuoso aiuto
nella correzione delle bozze. Ringrazio anche Leonardo Piasere che
mi ba spinto a riprendere per la pubblicazione i temi di questi libro e
Renate Siebert che lo ha accolto nella sua collana.
1.
Problemi di definizione, questioni di potere

Il tema di questo libro è lo scambio sessuo-economico, le


forme di sessualità basate su compenso. Ma perché non dire
forme di prostituzione?
1. Perché il termine prostituzione (ciò che banalmente si in-
tende con prostituzione) non coprirebbe tutti i tipi di relazioni
sessuali di cui voglio trattare, e 2. perché questo termine è for-
temente marcato, fortemente definito, vi si includono una serie
specifica di fatti cui si dà una connotazione morale negativa, e
infine 3. perché si ha l'aria di sapere precisamente, già a priori,
di che cosa si parla, qualcosa su cui tutti sarebbero d'accordo
come definizione, che tutti conoscerebbero 'da sempre' (si ve-
dano le solite battute pesanti che la gente, i giornali ecc. non si
stancano né vergognano di ripetere, tipo: «il mestiere più vec-
chio del mondo»). Tutti insomma 'sanno bene' quali sono i
contenuti e le caratteristiche di questo fenomeno.
In particolare nelle società occidentali questo termine indi-
ca l'occupazione e il tipo di vita, lo statuto, lo «stato» di una ca-
tegoria di donne - le prostitute - come separate, distinte total-
mente dalle altre donne: da un lato dunque le donne oneste, le
attuali e future madri e spose e dall'altro le puttane 'quelle che
si vendono per denaro'. Una scissione assai forte, quasi ci fosse
una differenza di essenza tra i due gruppi 1•

1
La separazione è cosl segnata ideologicamente, così pesante dal punto
di vista della morale comune che spesso ci si. immagioa che nessuna donna, a
meno che non vi sia costretta a forza, potrebbe trovarsi ad gruppo delle pro-

7
Al tempo stesso per il senso comune, almeno nei paesi occi-
dentali, non solo, si dice, «vi sono sempre state e sempre vi sa-
ranno delle puttane» ma «tutte le donne sono delle puttane»
- questo farebbe parte per così dire della 'biologia', della 'natu-
ra' delle donne - e ogni donna potrebbe, a dato momento della
sua vita, diventare una puttana, o meglio essere etichettata co-
me tale. Ancora una volta ciò che è prodotto di rapporti sociali
viene fatto passare come fatto biologico, dato naturale2. La mi-
naccia del marchio, dello stigma di puttana, «the whore stig-
ma», tocca tutte le donne. Gail Pheterson a ragione lo conside-
ra «uno stigma di genere», un marchio sulle donne come classe:
«la minaccia dello stigma di puttana è come una frusta che tie-
ne l'umanità femminile in uno stato di assoluta subordinazio-
ne». E aggiunge: «Finché questa frusta sarà in grado di morde-
re, la liberazione delle donne sarà tenuta a freno» (Pheterson
1996: 65 s., 89).

Si è trattato in primo luogo di lavorare, attraverso lo spoglio


della documentazione etno-antropologica e anche di parte di
quella storica disponibile, alla definizione dell'oggetto, di indi-
viduare il campo stesso della ricerca. Non la prostituzione dun-
que, ma le relazioni sessuali tra uomo e donna che implicano u-
na transazione economica. Caratteristica comune delle forme
prese in esame è che la direzione dello scambio è definita e fissa:
da parte femminile è dato un servizio o prestazione, variabile in
natura e durata, comprendente l'uso sessuale; da parte maschi-
le è dato un compenso o retribuzione di varia entità e natura e
comunque collegato all'uso sessuale possibile della donna, alla
sua accessibilità sessuale.
Da questa delimitazione del campo di indagine restano
escluse dunque sia le relazioni omosessuali, che si definiscano o

stin1te. La prostituzione sarebbe dunque una forma cli schiavitù, in senso pro•
prio e non metaforico, delle donne e questa è stata la visione e posizione an •
che di una parte delle femministe nella storia passata e recente (Barry l 979; e
cfr. Walkowitz 1980 e 1984; Du Bois & Gordon 1984).
2 Sull'idea di Natura e sulle ideologie che attribuiscono alla natu.ra i ca-

ratteri dei gruppi sociali dominati cfr. Guillaumin 1978, 1992, 1995, 2002.

8
meno come prostituzione, sia le relazioni sessuali tra uomo e
donna in cui la transazione economica non sia nella direzione in-
dicata (casi tipo «un uomo da marciapiede» ecc.) benché il loro
uso a fini comparativi possa a tratti essere di grande utilità 3.

In questo capitolo tenterò di fare una analisi incrociata che


metta insieme i rapporti sessuo-economici, le definizioni di
prostituta/puttana date nelle varie società, le situazioni delle
donne definite da questi termini.
Tenterò di mostrare al tempo stesso che, contrariamente al-
l'idea così diffusa e tenace nelle società occidentali moderne se-
condo cui ciò che distingue la prostituta o puttana dalla donna
onesta, la 'donna per bene', è lo scambio tra la sessualità e un
pagamento o compenso (in denaro o in qualsiasi altra cosa), Ja
presenza di scambio economico non è affatto ciò che permette
di definire una relazione sessuale rispetto ad altre. Lo vedremo
per società europee storiche e attuali come per società di altre
aree dd mondo.
Anzi l'incongruenza tra rappresentazione o meglio cliché
della prostituzione, esistente nella propria società e in molte al-
tre, e invece Ja realtà assai diversa presente nelle varie società da
loro studiate è tale che diversi ricercatori sono stati indotti a
proporre nuove denominazioni ritenute più adeguate a descri-

J Uno studio sui rapporti in cui sono gli uomini ad essere remunerati o
«mantenuti>> dalle donne sarebbe senz'altro di notevole interesse e comples-
sità. Rapporti di questo tipo sono noti e diffusi in varie regioni del mondo
- ad esempio, nei Caraibi, le relazioni a compenso che i giovani locali, i beach
boys banno con le turiste (cfr. Phillips 2002), o tali relazioni in discoteche
afro-antillesi a Parigi (cfr. Salomon 2002, 2003b) - e connessi alle differenze
economico-sociali tra nord e sud del mondo, ma si trovano senza dubbio an-
che all'interno di una stessa società. L'estensione di questi rapporti si rivele-
rebbe probabilmente più ampia del previsto quando ai rapporti di puro servi-
zio sessuale si aggiungessero le altre forme tra cui le relazioni di convivenza.
Da notare anche che vi è un considerevole occultamento sociale del fenome-
no tendente a manrenere fermo anche sul piano ideologico, e a livello di im-
magine, il potere degli uomini rispetto alle donne (un offuscamento per alcu-
ni versi simile era prodotto in epoca coloniale dallo sforzo per imporre e man-
tenere con ogni mezzo «il prestigio del bianco» rispetto ai sudditi, cfr. ad
esempio Said 1978, Stolcr 1991, Barrera 2003 ).

9
vere questo fatto sociale. E la difficoltà a definirne l'oggetto ha
fatto sì che solo a un certo punto della ricerca ho trovato ed
adottato il termine di «scambio sessuo-economico» che ora mi
sembra così semplice e chiaro4 •

Partirò dunque dal mostrare in primo luogo che vi è un con-


tinuum nelle forme di relazione sessuale tra uomo e donna impli-
canti uno scambio sessuo-economico. Invece della dicotomia net-
ta, postulata da alcune società, tra matrimonio e rapporti amo-
rosi da un lato e prostituzione dall'altro, sarà perciò esplorata la
variazione degli elementi comuni alle diverse relazioni. In parti•
colare cercherò di mostrare come il continuum riguardi 1. le
persone, 2. le modalità della relazione, 3. l'aspetto economico
della relazione.
Attraverso l'analisi delle varie forme di scambio della ses-
sualità sarà possibile porre in discussione le rappresentazioni
comuni di prostituta e prostituzione e i tratti particolari che si
ritiene definiscano la relazione di prostituzione rispetto ad altre
forme di relazioni sessuali. Ma dire continuum delle forme di
relazioni sessuali significa che non vi siano fratture? Che non è
possibile stabilire delle linee di demarcazione tra i vari tipi di
rapporti ? O non si tratta piuttosto di operare uno spostamento o
una dissoluzione dell'attuale concetto di prostituzione, dimostra-
tosi inservibile ed ideologicamente tarato? È quello che discu-
terò come secondo punto.
Un'awertenza: prenderò in considerazione situazioni ed
esempi delle società più disparate. È infatti indispensabile, per
un'indagine comparativa e in specie per una ricerca che come
la mia si propone di costruire una tipologia delle relazioni ses-
suo-econorniche tra uomo e donna, di prendere in considera-
zione la più ampia serie di forme di rapporti e di contesti in cui
questi si inseriscono. ll rilievo particolare della documentazio-
ne prov,e niente da società e culture africane è dovuto al fatto
che come etnologa conosco un po' meglio quest'area.

4 Ho usato infatti all'inizio del mio lavoro la perifrasi «relazioni sessuali


implicanti un compenso» (Tabet 1987) pe r la difficoltà di definire l'oggetto e
il campo della ricerca.

10
1. Il continuum deUo scambio sessuo-economico

1.1 Le persone
Cominciamo dunque dal primo aspetto del contin·uum: la
non separazione tra le persone.
Per molte società non vi è una divisione netta tra le persone
che pa.rtecipano alle diverse modalità «promiscue» o n on, re-
munerate o non, di esercizio della sessualità, ma ci sono piutto-
sto passaggi per la stessa persona da una forma di rdazione ses-
suale alle altre. E dico alle altre perché le specie di rapporti non
si riducono a due e vi possono essere in una singola società sia
varie forme di matrimonio con caratteristiche diverse rispetto
agli dementi che esamineremo. sia molteplici forme di relazioni
non matrimoniali. E ancora ho detto «una persona può passare
da una. forma all'altra»; ma avrei dovuto dire una donna perché
la separazione riguarda la persona delle donne; per gli uomini
in larga parte delle società (come nella nostra) l'avere p iù rap-
porti o, più tipi di relazione anche contemporanei, è o nella nor-
ma o almeno tollerato. Ritorneremo su questo punto.
Il passare da un tipo all'altro di relazione da parte della
stessa p ersona è ben documentato per la storia europea. Nelle
società europee la separazione tra 'donne per bene' e prostitute
è stata molto marcata e la distanza tra la rappresentazione e
realtà è assai forte. Anche in queste società infatti vi sono e sto-
ricamente vi sono stati assai più passaggi tra i vari tipi di rap-
porti di quanto il cliché sembri ammettere. Tipica in tal senso la
situazione della 'mantenuta'. Ma anche per ciò che concerne
l'esercizio della prostituzione nel senso ristretto, professionale,
il passaggio è assai frequente.
Judith Walkowitz, studiando l'Inghilterra dell'Ottocento, ba mo-
strato come negli strati popolari la separazione netta tra prostitute e
donne per bene, quale la conosciamo e quale ci viene rappresentata
dalla morale corrente, e in particolare la /ormaz.ione di una categoria di
donne che diviene un vero e proprio gruppo di paria, «an outcas.l group»,
è il prodotto di specifici interventi e misure politico-legislative. Walko-
witz (1980) mostra infatti come nelle classi povere inglesi le ragazze po•
tevano avere relazioni di prostituzione per un certo periodo, relazioni
di unione libera o concubinato in un altro, o ancora infine di matri-

11
monio. Ma, specie attraverso le leggi sulla repressione delle malattie ve-
neree, donne che per periodi determinati della loro esistenza, decide-
vano di vendere - fuori del matrimonio - servizi sessuali, le donne cioè
delle classi più povere che passavano periodi relativamente brevi, due o
tre anni della loro vita, prostituendosi, venivano individuate, schedate
e marcate. Si produce così una separazione di queste donne rispetto al-
la loro classe di origine e al loro ambiente e con ciò il passaggio a rap-
porti e situazioni in cui la vendita di servizi sessuali che fino ad allora
era stata un'attività in prevalenza gestita individualmente dalle donne,
diventa invece oggetto di controllo e sfruttamento maschile.
Le leggi, nonostante le lotte che culminano nella loro abrogazio-
ne, banno un effetto chiaro e immediato: l'età media delle donne indi-
viduate come prostitute aumenta considerevolmente nei due decenni
successivi alla loro entrata in vigore; in particolare si raddoppia o ad-
dirittura si triplica il numero di prostitute sopra i trenta anni. La nor-
mativa antivenerea e gli interventi repressivi connessi hanno radicaliz-
zato la situazione. Le donne entrate in questa occupazione hanno or-
mai gravissime difficoltà ad uscirne: la prostituzione da lavoro mo-
mentaneo diventa una condizione, le donne che la esercitano una ca-
tegoria rigida, fissa, ghettizzata.

Il passaggio da relazioni di prostituzione a forme di concubi-


nato o ancora di matrimonio, da parte della stessa persona è do-
cumentato e studiato anche, per citare solo alcuni esempi, per la
Parigi della seconda metà del secolo scorso o la New York tra la
fine del XIX secolo e l'inizio del XX (Frey 1978; Peiss 1984,
1986, Stansell 1987), nella Sbanghai del XX secolo (Hershatter
1991, 1997), nella regione di Hong Kong della prima metà del
XX secolo (Watson 1991), come per i secoli passati in Italia o nel
Sud-est della Francia (Gibson 2000, Rossiaud 1984)5.

1 Rossiaud mostra una forma di passaggio tipica nell 'organizzazione mu-


nicipale della prostituzione da lui studiata: le municipalità aiutavano, dando
loro una dote, le ragazze che avevano fatto un certo periodo di servizio ses-
suale nei bordelli pubblici a sposarsi e diventare così 'donne per bene'. Que-
sta forma è beo nota e diffusa anche nell'Italia dei secoli scorsi.
Ma anche nella prostituzione contemporanea si ha un certo numero di
prostitute che decidono di stabilirsi con un marito «come unico cliente» (se-
condo l'espressione di Pia Covre, intervista 20/5/ 1987, e cfr. l'identica espres-
sione usata in tribunale davanti al giudice da una prostituta inglese io Wal-
kowitz I 980).

12
Questo fenomeno è estremamente diffuso anche in altre so-
cietà: lo ritroviamo ad esempio negli ultimi quaranta-cinquan-
t'anni in Africa, specie nelle grandi città. Esaminiamone qual-
che aspetto. Le «amicizie», come vengono spesso chiamate, i 6-
danzati a pagamento, le forme di relazione sessuale occasionale
o di qualche durata, gli amanti «abbonati» al servizio sessuale
più o meno tariffato e pagato in vario modo, in denaro o aiuti
ad esempio, sono un dato che ha attirato l'attenzione degli an-
tropologi e dei sociologi, ed è stato spesso descritto6. Il punto
che qui ci interessa è, come nota uno studio sulla «prostituzio-
ne» giovanile, «l'assenza di soluzione di continuità tra i fidanza-
mentl~ le relazioni sessuali più o meno durevoli e i rapporti occa-
sionali remunerati». Al punto che il «vocabolario stesso è a vol-
te esitante: mia moglie, la mia fidanzata, la mia amata (ma ché-
rie) - in inglese, in francese o nelle diverse lingue africane -
hanno usi che si sovrappongono» (Ba 1980: 258).
Il fenomeno (non solo nelle città) può avere una portata ta-
le da suggerire ad alcuni studiosi la necessità di riformulare, sul
piano teorico, la definizione e la denominazione stessa dei rap-
porti detti di prostituzione. Così E. Ardener (1962), in uno stu-
dio sulla fertilità delle donne bakweri del Camerun, si trova a
dover tenere conto del fatto che per queste donne è assai fre-
quente alternare periodi di concubinato ad altri di «prostituzio-
ne» o a matrimoni (nelle diverse forme che il matrimonio può
qui assumere): sono tutti periodi continuativi io cui le donne,
egli dice, sono poste a rischio di concepire. Ardeoer definisce
dunque semplicemente ognuno di questi periodi, preso come
unità separata, si tratti di matrimonio regolare, di unione libera,
di prostituzione, come «periodo coniugale». Prendiamo una
delle biografie che ci fornisce:
Mary, 78 anni (all'epoca della ricerca; era nata verso il 1874) anal-
fabeta, cristiana deUa Base! Mission Church, vive con un figlio. Ha
cinque figli viventi.

6 Cfr. tra i molti, Bujra 1975 et 1977, Caldwell, Caldwell & Quiggin 1989,
Dinan 1983, Helle-Valle 1999, Lewis 1977, Linle 1973. Mandeville 1979,
Nelson 1977 er 1987, Piault s.d., Schuster 1979, Songue 1986, Vandersypen
I 977, Vidal 1977 Cl 1986.

13
1° periodo coniugale. Si sposa. a 16 anni con un agricoltore poli-
gamo, è la settima di 9 mogli e farà 9 figli. Il matrimonio dura quindici
anni e termina con la morte del marito.
2° periodo coniugale. Mary ha ora 31 anni e diventa una prostitu-
ta. Resta tale per due anni.
3 ° periodo coniugale. Vive come concubina per tre anni con un la-
voratore della piantagione, ha con lui 2 figli. L'unione termina con la
partenza dell'uomo.
4° periodo coniugale. Per tre anni Mary fa la prostituta.
5° periodo coniugale. Ormai quarantaduenne diventa concubina
di un altro lavoratore immigrato e vive con lui 4 anni.
6° periodo coniugale. Mary va a Duala, vive lì come prostituta per
un mese e continua poi a casa il mestiere per altri 6 anni.
7° periodo coniugale. «Nel 1928 Mary, a 54 anni, entra nel ruolo
in cui secondo la consuetudine sarebbe dovuta entrare circa 18 anni
prima. Diviene la moglie per eredità di uno dei parenti del marito».
Sta con lui} anni fino a che un figlio non la porta a vivere con sé,
Altre donne avranno combinazioni diverse: Monja ad esempio,
13 figli, un matrimonio consuetudinario e due matrimoni come mo-
glie ereditata da parenti del marito, Efosi (13 figli nelle varie unioni),
due matrimoni e poi 10 anni di prostituzione. E cosl via. Le «carriere
coniugali» di queste donne mostrano un passaggio continuo, un'as-
senza di divisione netta tra i diversi tipi di relazione (vedremo poi i ca-
ratteri che uniscono questi rapportii).

E ritroviamo questi passaggi tra tipi di relazione nelle situa-


zioni più distanti e diverse, ad esempio nelle storie di donne fi.
lippine o thailandesi che lavorano o hanno lavorato nei servizi
di accoglienza ai militari americani e ora ai turisti stranieri (cfr.
capp. 4 e5).

1.2 !.:aspetto temporale


Forse ancora più importante però è stabilire il secondo
punto, il continuum tra i tipi di relazione, o certe loro modalità o
aspetti; continuum messo in rilievo nel contesto africano, come
si è già accennato, dallo scivolare e sovrapporsi degli appellativi
di fidanzato/a, amata ecc. Considererò intanto l'aspetto tempo-
rale ossia la durata della relazione. E lo prendo in considerazio-
ne anche perché è un punto su cui nella mentalità comune, in

14
Europa, è liadicato un cliché: la dicotomia senza termini inter-
mediari tra il matrimonio a vita, fino a poco tempo fa indissolu-
bile, e l'atto momentaneo pagato, la scopata con la prostituta.
Molti rapporti si situano sia per l'aspetto temporale che per
altri dati tra questi due estremi; alcuni di essi sono definiti dalle
popolazioni che li vivono come matrimonio, altri come prosti-
tuzione.
Prendel'Ò qui l'esempio degli Amhara di Etiopia (Dirasse s.d., e
1991). Gli Amhara hanno vari tipi di matrimonio: 1. il matrimonio
qurban, matrimonio religioso in cui il divorzio è pressoché impossibi-
le: è il matrimonio contratto quasi solo dalla nobiltà e dai religiosi; 2.
il matrimonio contrattuale civile che è il più comune e in cui il divor-
zio è relativa.mente facile: le due famiglie si accordano sui beni da con-
tribuire rispettivamente; in caso di divorzio ciascuno dei coniugi avrà
diritto alla metà dei beni: 3. il matrimonio danzoz o matrimonio a
compenso o salario: è un matrimonio temporaneo di cui è stabilita la
durata (l'accordo più frequente è di un mese, o di mese in mese, ma
può variare da una settimana a un anno) ed è pattuita la remunerazio-
ne o salario per la sposa7 .
Il matrimonio damoz viene fatto spesso in occasione di viaggi,
permanenze prolungate in mercati e così via, per cui l' uomo viene ad
avere a disposizione una moglie-albergo nei luoghi dove si ferma o (in
passato soprattutto) una moglie per accompagnarlo nel viaggio. I:uo-
mo si assicura infatti, con un contratto a termine, l'insieme dei servizi
sessuali e domestici di una moglie: letto, pasti, pulizia, casa8. Questo
matrimonio è riconosciuto dalla legge: la donna può ricorrere in tri-

7 Come è noto il matrimonio temporaneo ha una certa diffusione nel


mondo islami,c:o. Sul damoz in Eritrea e le sue trasformazioni in epoca colo-
niale, cfr. Sòrgoni 1998 e Barrera 1996, 2002.
8 Una situazione simile si ha, dall'epoca della guerra del Vietnam fino alla

s.mobilitazione delle basi, in Thailandia come nelle Filippine e altrove nelle


zone vicine alle basi americane nel Sudest asiatico (cfr. tra gli altri Sturdevant
e Stoltzfus 19'92, Enloe 2000). Le donne locali (in alcune zone chiamate key
women, donne delle quali l'uomo aveva la chiave di casa) avev:ano con i mili-
tari americani delle relazioni di una certa durata che si possono vedere come
forme cli mattimonio temporaneo ma che a differenza del damoz non sono le-
galmente riconosciute. Relazioni che si ritrovano a volte anche attualmente
nel turismo sessuale (cfr. cap. 4). Per la formula della «moglie in affitto» an •
che nella Cina contemporanea sia per businessmen stranieri o cinesi con lavo-
ro fuori zona, dr. Hershatter 1997: 338 ss. Con essa l'uomo si assicura «servi-
zi sociali, domestici e sessuali regolari». La donna oltre ai vantaggi materiali (e

75
bunale se non è pagata secondo gli accordi presi; il figlio eventual-
mente nato dall'unione ha diritto a parte dell'eredità paterna. Legal-
mente dunque è un vero matrimonio e non assimilabile in Etiopia al
rapporto occasionale o del tipo considerato come prostituzione. Lo
status della moglie damo1., inferiore a quello delle mogli degli altri tipi
di matrimonio, è però più devato di quello delle concubine, ad esem-
pio delle yaccon garad o «serve della coscia» che i nobili prendono a
servizio per uso sessuale e i cui figli sono considerati illegittimi e non
hanno diritto ad ereditare dal padre.
Vi sono inoltre in Etiopia varie forme di relazioni sessuali remu-
nerate definite come prostituzione. Sono relazioni diffusissime nelle
città dove rappresentano quasi l'unica «tecnica di sopravvivenza»
possibile per le donne che vi emigrano quasi se.mpre senza istruzione
né qualifica e per di più discriminate sul lavoro.

Al posto della dicotomia temporale stereotipa di cui dicevo


- matrimonio per tutta la vita e rapporto di pochi minuti della
prostituta - eccoci di fronte a una serie di variazioni con al cen-
tro un matrimonio a termine. Ora <<tenuto conto delle forme
ammesse di unione sessuale la cui durata sta tra la durata di una
vita e una settimana come minimo, la prostituzione, contratto
di durata compresa tra qualche ora e un tempo considerevole si
situa all'estremità di un continuum di forme di unione sessuale
che troviamo in Etiopia» (Dirasse s.d. e 1991). Dirasse propone
allora di dare riconoscimento a questo continuum chiamando
«matrimonio pubblico» la prostituzione e «moglie pubblica» la
prostituta (Dirasse; ibid.).

1.3 Prestazioni e compensi; dal dono alla tari/fa


Un continuum si manifesta non solo relativamente all'ele-
mento della durata, ma anche sotto l'aspetto dei tipi di presta-
zioni, cioè prendendo in esame il rapporto in sé e i servizi resi.
Il rapporto in sé intanto, o meglio i difficilmente afferrabili ele-
menti concernenti l'affettività, le relazioni individuali. Prendia-
mo lo studio di Mandeville (1979) sulle donne che vivono sole a
Kampala (Uganda).

a una maggior rranquillità rispetto a raid di polizia), può utilizzare i periodi di


assenza dell'uomo trovandosi eventual:i altri clienti a breve termine.

16
Elisabeth Mandeville ci mostra come per poter vivere in città
gran parte di esse deve ricorrere a uno o più paying lovers, amanti pa•
ganti: nelle loro scelte sessuali queste donne devono ben tenere d'oc-
chio il lato economico e al caso avere un amante povero per amore,
ma anche uno o più amanti ricchi per il denaro; dunque le storie d'a•
more sono da considerare più sotto la voce ,<finanze domestiche» che
sotto l'aspetto di scelte sessuali o matrimoniali. E insiste: «Sto scriven-
do di donne non sposate, divorziate o vedove che hanno relazioni
amorose, storie con uomini, non di prostitute, quando parlo di donne
e degli amanti che aiutano a mantenerle. Le storie, nelle idee della
gente di qui, si distinguono dalla prostituzione perché mostrano un
g!l'ado di permanenza, affetto, selettività e delicatev.a che ,nanca in una
transazione puramente connnerciale» (Mandeville 1979, corsivo mio).
Questa è dunque a Kampala la definizione di relazione ses-
suale non di prostituzione. Ma dal canto suo L. Dirasse dice
che - a differenza di quanto accade nella prostituzione europea
o americana - in Etiopia il rapporto tra una «prostituta e i suoi
clienti non è una operazione sessuale puramente commerciale»:
secondo le parole di una intervistata «il loro rapporto implica
un' assai maggiore soddisfazione emotiva reciproca» (Dirasse
s.d.: 41 e 1991).
L'oscillare di questi rapporti tra il servizio sessuale a tariffa,
spogliato di ogni altro elemento (sia esso servizi domestici o re-
lazione personale affettiva) e una «non completa commercia-
lizzazione» della relazione tra prostituta e cliente che si avvicina
così alla relazione matrimoniale, è spesso riportato in studi su
popolazioni africane. Così Ardener osserva che tra i Bakweri le
relazioni prostituta-cliente hanno un grado considerevole di
permanenza, non sono affatto impersonali né anonime. La
p,rostituta offre al c1iente regolare «privilegi domestici» come il
preparargli da mangiare ecc. Insomma le relazioni col gruppo
di clienti hanno «quasi-uxoria! qualities» (qualità quasi coniu-
gali, di moglie). Ed ecco che per integrare e dare rilievo a questi
aspetti della prostituzione come «categoria della coniugalità»
anche Ardener (1962) ci propone un nuovo termine, questo
«per uso teorico»: iperpo/iandria!
Dunque anche nella prostituzione, o almeno nella «prosti-
tuzione non completamente commercializzata» vi è posto per le

17
'delicatezze' proprie degli altri rapporti: se dio vuole la. donna
ci metterà non solo la vagina, ma anche attenzione, affetttività e
lavoro di cuoca9• La storia della prostituzione lo dimostra: vi si
trova e l'assenza di tariffazione rigorosa e la presenza di lavoro
domesti.co. El' abbinamento non è casuale.
Anche il lavoro domestico infatti fa parte della storia della
prostituzione, di alcune storie almeno. Anzi Luise White,
un'etnologa che ha studiato la storia della prostituzione a Nai-
robi tra il 1909 e il 1950 (Wbite 1980, 1986, 1990) propone di
considerare la prostituzione come lavoro domestico nel senso
specifico di lavoro necessario alla riproduzione quotidiana del-
la forza-lavoro. In breve, ed eccoci alla terza nuova definizione
dopo quelle di «matrimonio pubblico» e di «iperpoliandria», si
tratta di. una forma di matrimonio illegale: «È possibile che par-
te dell'ambivalenza nei riguardi delle prostitute venga dal fatto
che esse vendono come transazioni tutto ciò che il matrimonio
mette le·gittimamente a disposizione, e che sono pagate con i sa-
lari maschili. Così la prostituzione sta in rapporto diretto con il
lavoro s:alariato ed è lavoro domestico, è matrimonio illegale»
(cfr. White 1990: 11 e 1980).
Nel suo lavoro L. White ripercorre l'evoluzione della prostituzio-
ne a Nairobi in rapporto alle trasformazioni della mano d 'opera in
Kenya e mostra nel dettaglio come le diverse forme di prostituzione
rispondano alle mutevoli situazioni logistiche e salariali dei lavoratori
immigrati nelle città. La forma della 1naiaya ad esempio, dove la don-
na attende in casa i suoi clienti, e rende non solo un servizio sessuale
strettamente definito ma tutto un insien1e di servizi domestici, prepara
cioè da mangiare, prepara l'acqua per il bagno, riceve i clienti anche
solo per un tè o una chiaccberata, dunque dà un sostegno psicologico
o sociale10. In relazioni con le caratteristiche suddette, fino a verso gli
anni Trenta, il rapporto di denaro non comporta una tariffa rigida.
Chi dà u!Da somma, chi più o meno:; il cliente regolare darà di più, an-

9 Ciò viene incorporato nel lingua,ggio, nella denominazione stessa. Cosl


ad esempio nelle zone ~minerarie dello Zambia coloniale «il 1ermine colloquia-
le per prostituta era 'una buona amica' che tra le altre cose, 'poteva cucinare e
lavare'» (White 1990: 15 che rinvia a uno studio sul lavoro delle dol!lne nella
Zambian Copperbelt tra 1927 e 1953).
10 Su come le malaya vedono se stesse e il loro lavoro cfr. cap. 3.

18
che considerevolmente di più, dello sconosciuto. Il prezzo dunque
non è stabilito anticipatamente ma l'insieme delle prestazioni do-
mestiche fornite è in qualche modo valutato nel totale: il servizio com-
pleto con bagno, pasto, rapporto sessuale e ospitalità per una notte
verrà ricompensato diversamente dal semplice rapporto sessuale. Ma
nello stesso periodo oltre che in seguito a Nairobi troviamo :anche al-
tre forme (come quelle delle prostitute wazi-waz1) nettamente tariffa-
te, di solo servizio sessuale, di cui è fissata la durata e la prestazione e
dove la retribuzione viene fatta pagare in anticipo.

Affrontiamo dunque più da vicino questo aspetto centrale


delle relazioni che stiamo esaminando, quello dello scatnbio
economico. Si può realmente parlare di un continuum sul piano
del/.o scambio economico e dove si situano le distinzioni t.ra le for-
me di relazione? Nella nostra società un rapporto economico
nel senso di una transazione economica che concerne la sessua-
lità si ammette esplicitamente solo per la prostituzione e in que-
sto, anii, si identifica tale rapporto; la puttana è «la donna che
si vende, che vende il suo corpo» per denaro, è «la donna che si
compra». E ciò costituisce un marchio d 'infamia. Le altre for-
me di transazione economica sono catalogate, passano, sotto al-
tre voci (dono, affetto ecc.), anche laddove la copertura è assai
lieve, come quando si parla di un «buon partito» o di «fare un
buon matrimonio». In molte società è chiaramente evidente (ed
evidenziato dagli studi etnologici) che tutte le relazioni sessuali
tendono ad essere caratterizzate da una transazione economica.
Tali transazioni possono differire sia nella quantità e qualità di
beni trasferiti sia anche per i tipi e la quantità di diritti trasferiti
(oltre che per i soggetti tra i quali si svolge la transazione).
Prenderò qui un esempio globale della presenza costante dello
scambiio economico negli atti sessuali tra uomini e donne, quel-
lo dei Digo del Kenya studiati da Gomm (1972). Abbiamo
quattro tipi di relazione strutturata:

19
Tipo Tra11sazione Dirilli trasferiti
fi11a11ziaria

Harusi (matrimo- elevato prezzo della a) diritti su sessualità e capa-


nio secondo la leg- sposa pagato alla cità riproduttiva - in esclusiva
ge islamica) parentela della al marito. Trasferiti nominai-
moglie. mente al fratello di lui in caso
Padre e parenti del- di vedovanza: matrimonio per
la sposa pagano eredità (levirato).
spesa celebrazioni b) diritti sul lavoro domestico
e dote (di solito re- e agricolo - in esclusiva al ma-
cuperate sul prez- rito, con eccezioni concordate
zo della sposa). di aiuti delJa donna a parenti
ecc.
Uha/a (matrimonio più modesti paga-
-
a) diritti su sessualità e capa-
civile, legalmente ri- menti matrirnonia- cità riproduttiva - in esclusiva
conosciuto) li (prezzo della spo- al marito.
sa) ai parenti della Per stabilire la patrifiliazione
moglie. Spesa mini- pagamenti per ciascuno dei fi.
ma per i parenti gli singolarmente, fatti dal-
della donna. l'uomo alla parentela della
donna. Senza tali pagamenti
che stabiliscono la filiazione
da pane di padre i bambini
vengono integrati nel lignag-
giomacemo.
b) come sopra.
Matrimo11io tempo- frequenti paga- Per diritti del padre sui figli
ra11eo menti in denaro al- pagamenti di patrifiliazione
(durata di settima- la donna secondo (c.s.) che possono però essere
ne o mesi) accordo. rifiutati dai parenti matrilate-
rali della donna. .
-Prostituz.io11e
-· -~·- - --- -
pagamento in de- La patrifiliazione può essere
naro alla donna del rifiutata come sopra.
singolo atto ses-
suale.

Oltre a queste relazioni vi sono altri momenti in cui la sessualità


può implicare uno scambio economico: le relazioni cli adulterio o la
seduzione di una ragazza prima del matrimonio, per le quali l' uomo
deve pagare un indennizzo.

Ora proprio dall'esempio dei Digo emergono dati di note-


vole interesse. Le donne digo, infatti, sia giovani che di mezza

20
età, in numero crescente «lasciano i loro mariti per condurre
una vita fuori da ogni coabitazione permanente o semiperma-
nente, in cui scambiano la sessualità contro denaro o beni con
un notevole grado di libertà personale. Può sembrare ai D igo
che esse abbiano rifiutato non un particolare legame ma lo sta-
tus stesso di moglie» (Gomm 1972: 96). Una parte di esse ri-
marrà per un certo tempo nella prostituzione, altre sceglie-
ranno di rimanere per sempre fuori del matrimonio e vivranno
da sole o con amiche, lontano dalla loro comunità e fuori dal
controllo della parentela, cosa che per gli uomini digo costitui-
sce un aspetto particolarmente negativo della prostituzione.

2. Differenze e fratture

Riflettiamo un momento. Fino ad ora abbiamo esaminato gli


elementi di un continuum che sfumavano uno nell'altro, elemen-
ti tra cui era difficile stabilire fratture nette. Ora, con le donne
digo, per quanto concerne l'aspetto economico, appare una frat-
tura ed è chiara non soltanto sul piano teorico. E una frattura
che ha vaste implicazioni per la vita delle donne. Ci troviamo qui
infatti di fronte a scelte delle donne stesse che stabiliscono loro
quale è la differenza per loro pertinente tra i tipi di sca,nbio sessuo-
economico che abbiamo visti. Giacché questi atti sessuali delle
donne che abbiamo fin qui considerato come una sola categoria
a chi sono pagati? O per formulare la domanda in modo più ge-
nerale chi è che scambia e quale è l'oggetto dello scambio? Chi
scambia chi/che cosa? E qui la rottura si precisa. Abbiamo visto
i casi di matrimonio dove vi è un prezzo della sposa che stabili-
sce il passaggio di diritti sulla sessualità e sulla capacità riprodut-
tiva della donna al marito. Sono diritti pagati in genere alla pa-
rentela della ragazza, e la ragazza è oggetto della transazione, an-
che se può avere all'interno di essa delle aree di decisione o scel-
ta. Vi sono invece relazioni dove le donne sono partner della
transazione sessuo-economica e sono unicamente loro ad essere
remunerate per i loro servizi sessuali (e magari domestici).
I due rapporti sotto questo aspetto non solo si distinguono,
ma sono contrapposti. Questa differenza è dunque molto im-

21
portante e lo vedremo anche sotto altri punti di vista. Ma intan-
to quanto questo possa essere concreto e contare nella vita delle
donne è mostrato dal fatto che molte donne scambino esse stes-
se direttamente i loro atti sessuali, ricevano direttamente la re-
munerazione per questi atti e con ciò paghino il prezzo del pro-
prio riscatto, paghino cioè loro stesse la loro libertà: esse rendo-
no il prezzo della sposa e si sciolgono dai legami matrimoniali.
Così awiene tra i Bakweri, ad esempio (Ardener 1962). In passa-
to, se una donna voleva uscire da un matrimonio infelice, suo padre
rendeva il prezzo della sposa al marito o al caso poteva farlo un altro
uomo e prenderla poi in moglie. La donna non poteva per così dire
«ricomprarsi», riscattarsi da sola. Non avrebbe in ogni caso potuto
accumulare tanto denaro o bestiame. Ma ora nelle udienze di divorzio
delle corti di giustizia locali alla domanda di prammatica rivoltale:
«Who stands behind you?» (chi ti appoggia, ossia chi rimborserà il
prezzo della sposa?) la donna spesso risponde: «I stand to redeem
myself» (Io mi riscatto da sola. Io stessa mi riscatto). È una formula di
liberazione da un legame di servaggio, una forma di manomissione.
Realiwta attraverso la vendita dei propri servizi sessuali.
Così era anche per un'altra popolazione africana, i Nyakyusa del-
la Tanzania. Monica Wilson, un'etnologa che per tutta la vita ha fatto
ricerche tra i Nyakyusa, in un libro sui rapporti tra i sessi e le diverse
generazioni tra il 1875 e il 1970 (Wilson 1977), scrive che ci furono tre
categorie di donne che iniziarono la trasformazione dei rapporti tra i
sessi, che in questa società erano estremamente oppressivi. Queste
pioniere o «beginners» furono le donne che per prime infransero le
regole della divisione sessuale del lavoro usando strumenti riservati
agli uomini e conquistandosi così un'autonomia economica; furono le
donne che scelsero culti cristiani in cui potevano parlare invece del
culto tradizionale dove la loro parola non aveva diritto di esistere; fu-
rono infine le donne che andarono a lavorare come prostitute nelle
zone delle miniere d'oro: esse si liberarono con ciò dai vincoli matri-
moniali e parentali e qualcuna ripagò, con i soldi ottenuti da questo
lavoro, il prezzo della sposa che la teneva legata. E ciò awiene in mol-
te popolazioni.

Non si tratta qui di abbellire il fenomeno della vendita di


servizi sessuali. Si tratta però di considerare che questo servizio,
oltre agli altri servizi domestici e lavorativi in genere, sia pure in
modo e con condizioni variabili nelle diverse popolazioni, e

22
con possibilità diverse sia di scelta del coniuge da parte della
donna sia di divorzio, viene nel matrimonio ceduto in UD rap-
porto permanente (ossia di durata indefinita) e costrittivo. Un
rapporto spesso di assai mino re autonomia per la donna di que-
ste varie forme di relazione sessuale su compenso che esse tro-
vano invece per lo più lasciando i villaggi ed emigrando verso le
città. E vediamo così notevoli spostamenti delle donne verso le
città africane dove si mantengono con la prestazione di servizi
sessuali se non vi sono altri lavori, o se questi sono alternative
peggiori. Si mantengono, lo si è già visto, con molteplici relazio-
ni più o meno rigidamente tariffate o quantificate come re-
tribuzione, ma escono dai legami di matrimonio. Ed è proprio
questa rottura rispetto alla istituzione matrimoniale che preoc-
cupa gli uomini di molte popolazioni, ad esempio i Digo visti
sopra, che vi si oppongono giacché molto spesso non si tratta di
una «prostituzione» come alternativa temporanea al matrimonio.
Spesso le donne rifiutano il matrimonio tout-court.
Siamo così in UD terreno non neutro, non astratto. Siamo su
un te"eno di conflitto politico tra i sessi, conflitto aperto o ridefi-
nizione di fatto di un punto nodale dei rapporti, la relazione
sociale in cui la transazione concerne la sessualità. Le donne che
emigrano nelle città vogliono nella grande maggioranza rima-
nervi, mentre nello stesso periodo gli uomini che emigrano ten-
dono a mantenere interessi e legami al villaggio e vogliono tor-
narvi. Il punto fondamentale è che molte donne emigrano da so-
le nella città per sfuggire il dominio maschile e le istituzioni tri-
bali (Southall 1961: 59, 224 e passim). La città così si presenta
per loro un po' come per i servi del Medioevo: anche qui in
qualche modo «l'aria della città rende liberi». E non dimenti-
chiamo ciò che hanno mostrato J. Bujra e L. Whice: nei quartieri
africani di città come Nairobi, quasi la metà della proprietà im-
mobiliare è nelle mani delle donne. Ciò è stato reso possibile in
primo luogo dal lavoro di prostituzione, a volte anche da altre
attività come il commercio al dettaglio o la fabbricazione della
birra (cfr. Bujra 1975 e 1977 e anche White 1990 e qui il cap. 4).
Le donne, in città, oltre a costruirsi ceree forme di indipendenza
economica, hanno inventato o ricreato legami sociali, con il matrimo-

23
nio tra donne, forn1e di parentela adottiva, società di mutuo soccorso,
adesione a associazione religiose ecc. costruendo un tessuto di rap-
porti sociali importanti. White descrive ciò che considera la formazio-
ne di una nuova classe sociale, con costruzione di legami di solida-
rietà, conversioni all'Islam che facilitavano l'ingresso nel nuovo tessu-
to sociale urbano, e, fatto rilevante, con casi di trasmissione ereditaria
da donne senza figli ad altre donne e commenta: «Si tratta letteral-
mente della costruzione di una classe: la creazione di legami di resi-
denza e proprietà tra due donne che apparentemente non sono legate
da parentela. Non conosco alcun caso di prostituta malaya che abbia
trasmesso proprietà a un uomo con cui abbia fatto amicizia, né alcun
caso di uomo musulmano che abbia lasciato la sua casa a una donna
che aveva convertito» (White 1990: 64).

Sul piano della transazione economica si ha dunque una


frattura importante che occorre definire con chiarezza: essa in-
tanto non è quella che siamo abituati a considerare come perti-
nente, quella cioè tra rapporto a pagamento e rapporto matri-
moniale. La frattura che vediamo ora infatti non separa 'prosti-
. ' e matrunoruo
tuz1one . . o rapporto amoroso 10 . genere, ma piut-.
tosto certi rapporti di servizio sessuale da altri. In particolare la
separazione è, come ho accennato prima, tra un rapporto di
scambio sessuo-economico gestito almeno come partner, dun-
que soggetto, dalla donna che compie l'atto o servizio sessuale e
dall'altra parte una transazione concernente pur sempre la ses-
sualità della donna (oltre che il suo lavoro e la sua capacità ri-
produttiva), ma gestito da altri: una transazione dove, secondo
la definizione classica di Lévi-Strauss (che egli ritiene valida per
la generalità dei rapporti di scambio matrimoniale), la donna
non è partner dello scambio che si svolge tra uomini, ma solo og-
getto di esso.

3. La definizione: tratti necessari; tratti sufficienti

Questa frattura si potrà precisare meglio e riceverà nuove


determinazioni estendendo il nostro esame e chiedendoci:
primo, se la molteplicità di partner per la donna e la sua
retribuzione da parte maschile, elementi che nelle definizioni

24
occidentali correnti sia di senso comune che di dizionari ed en-
ciclopedie vengono considerati come caratteri specifici (univer-
sali) della prostituzione, sono effettivamente tratti propri della
sola prostituzione e tali quindi da permettere di distinguerla da
altre forme di rapporti sessuali;
secondo (correlato con il primo punto), che cosa viene defi-
nito come prostituzione, o, per dirlo in forma più diretta quali
atti e comportamenti fanno definire nelle varie società una don-
na come puttana o prostituta. Vi è cioè un accordo nelle defini-
zioni date nelle diverse culture, tale che i due tratti considerati
(molteplicità di partner e pagamento) siano pertinenti per descri-
vere tutti i casi detti di prostituzione?
Lascerò da parte nell'esame del primo punto gli aspetti
(messi a fuoco negli studi etnologici) della transazione econo-
mica che si realizza come scambio tra gruppi nella forma del
prezzo della sposa, per soffermarmi piuttosto sui casi che pre-
sentano uno scambio economico diretto tra gli attori che parte-
cipano all'atto sessuale.
E cercherò di mostrare che questi due tratti (retribuzione o
promiscuità) non sono né specifici della sola relazione di prosti-
tuzione né sufficienti a identificare tutte le forme di relazione
sessuale definite come prostituzione. Mostrerò dunque, in ri-
sposta al primo quesito, la presenza di uno o di ambedue gliele-
menti considerati in genere come costitutivi del rapporto di
prostituzione in rapporti che non sono assolutamente qualificati
come tali dalle popolazioni che li vivono. Per il secondo punto
mostrerò invece come vengano qualificati prostituzione anche
rapporti in cui questi due tratti o abneno uno di essi non com-
paiono, e insieme definite puttane donne nel cui comportamen-
to non si rilevano i dati di promiscuità e attività sessuale re.m u-
nerata. I due tratti dunque non sono condizione necessaria della
definizione. In definitiva cioè non abbiamo alcun elemento che
si possa indicare come minimo comune denominatore di tutte
le relazioni definite come prostituzione. Non esiste cioè una de-
finizione minin1a universalmente valida della prostituzione.

Prendiamo i] caso del 'cicisbeismo' istituzionale che trovia-


mo presso alcune popolazioni dell'altipiano di Jos in Nigeria.

25
Tra i B.i rom ogni donna sposata ha almeno una relazione njem,
cioè una relazione con un uomo che non è suo marito ma un
amante che avrà chiesto al marito di lei il permesso di accesso ses-
suale alla donna e avrà pagato al marito il prezzo consuetudina-
rio di una capra, che eventualmente ripagherà ancora alla sca-
denza annuale di questi rapporti se desidera continuare la re-
lazione (Smedley 1980).
Il pagamento della capra dà accesso alla sessualità della donna su
cui il marito attraverso il pagamento del prezzo della sposa aveva
acquistato pieno diritto (ossia tanto i diritti in personam quanto i dirit-
ti in rem per riprendere la terminologia del diritto romano usata da
Radeliffe-Brown) per cui può cederla a terzi o essere risarcito cli viola-
zioni commesse da altri, Oltre al rapporto economico tra marito ed
amante njem (rapporto che può avere anche aspetti clientelari) vi è
una transazione o meglio più scambi economici diretti tra la donna e
il suo partner njem: egli darà continuamente doni, aiuti, sia a lei che ai
suoi figli (come ad esempio soldi per la scuola o biciclette per i ragaz-
zi), cibo in tempo di scarsità, darà alla donna un campo da coltivare -
le donne fanno lavoro agricolo - e attualmente darà soprattutto dena-
ro. Queste transazioni economiche hanno inoltre una tale importanza
per le donne che esse chiedevano all'etnologa come facevano le donne
del suo paese se non avevano un amante per pagare loro le cose cli cui
avevano bisogno. È inconcepibile era i Birom che una donna non scel-
ga di avere rapporti 11jem e magari, come avviene attualmente, anche
vari rapporti njem che danno così più disponibilità cli soldi.
La relazione njem benché riconosciuta e regolare è tuttavia ben
distinta dal matrimonio. Non si tratta cli una forma cli poliand ria; l'uo-
mo infarti non ha la paternità dei figli che nascono alla donna né dirit-
ti su di loro. Così come non ha diritti economici sui prodotti del lavo-
ro né su transazioni economiche della donna. La relazione njem va di-
stinta però chiaramente anche dal]' adulterio, fatto clandestino che se
scoperto viene pagato in moltissime società con indennizzo al marito
o punizione: si tratta di una relazione ufficiale, aperta e non come di-
rebbero i vicini Kofyar, cli un ,<furto cli vagina».
La relazione tra uomo e donna nel njem è caratterizzata dia amore,
runicizia, confidenza, mentre quella coniugale è marcata piuttosto da
rispetto, stima e così via. Ma benché la relazione njem abbia carattere
più egualitario di quella matrimoniale anche per la libertà di scelta
della donna, mi sembra vada rilevato che è un rapporto marcato dal
fatto che la direzione dello scambio economico è sempre uguale, cioè

26
i doni, gli aiuti ecc. vanno quasi solo dall' uomo alla donna: non si trat-
ta di uno scambio reciproco tra partner uguali.

La relazione njem dunque è istituzionalizzata e persino, in


alcuni gruppi birom, obbligatoria. Non è considerata adulterio
pur essendo extra matrimoniale, né prostituzione pur essendo-
vi una serie di transazioni economiche che compensano in qual-
che modo la donna.
Ancora un caso.
Tra gli Hausa (Nigeria, Niger) vi è un'istituzione, lo tsarance, che
rappresenta una iniziazione delle ragazze prepuberi alla sessualità.
Sotto la guida di un «capo» dello tsarance le ragazze passano un pe-
riodo :in cui tra l'altro hanno relazioni sessuali con uomini che avran-
no chiesto al «capo» o «padrone» dell'iniziazione di avere rapporti
con loro. Per questo gli uonùni pagano qualcosa al «capo» e danno
anche doni in remunerazione alle ragazze (c&. tra gli altri Ecbard in
Echard, Journet, Lallemand 1981). Ma questi rapporti delle ragazze
non sono affatto considerati prostituzione, né le ragazze putltane. Lo è
invece in questa stessa popolazio,ne un'altra situazione, quella del ka-
ruwanci dove la karuwa o /emme libre ha rapporti pagati con più uo-
mini 11. Come si spiega la discrepanza di definizione tra questi due
momenti, uno istituzionale vissuto da tutte le ragazze, l'altro come
scelta ,clj alcune donne, momenti peraltro simili dal punto dn vista del-
la pluralità degli amanti e dei rapporti remunerati?
Riprendiamo la linea dell'analisi.
Dopo aver esaminato il ventaglio di variazioni che mostra-
no la presenza di un continuum (nelle persone, nelle modalità
della relazione, nello scambio economico) nei rapporti sessuali
implicanti compenso all'interno di varie società, abbiamo af-
frontato il problema dell'esistenza o meno di caratteri o tratti
che distinguano ciò che nelle nostre società viene chiamato pro-

11 Negli intervalli tra due matrimoni o dopo un divorzio le donne posso-


no praticare delle forme libere di scambio scssuo-economico: divengono in-
fatti kamwai o /emmes librc·s cioè cortigiane, prostitute. Di solito vivono in
gruppi di donne diretti da una di esse, la magajia. Dopo il periodo o i periodi
di karuwa11ci, scelgono di entrare in nuovi matrimoni oppure restare indipen-
denLi ( Echard 1985 e Echard in Echard, Journet, Lallemand L981, Pittin
1979, t983 e cfr. qui cap. 4).

27
stiruzione da altre forme di rapporto sessuale non definite tali.
Attraverso gli esempi del njem, dello tsarance, (per limitarmi ai
casi esaminati, ma se ne potrebbero prendere molti altri) si è vi-
sto che tratti quali la molteplicità dei partner e la remunerazio-
ne, presi isolatamente o insieme, non appartengono ai soli rap-
porti detti di p rostituzione e dunque non sono sufficienti a di-
stinguerli da altri rapporti non definiti tali.
Vediamo ora invece come relazioni definite in una data cul-
tura come prostituzione non contengano necessariamente questi
due tratti (remunerazione alla donna e molteplicità di partner
da. parte femminile) e neppure a volte uno solo di essi e doman-
diamoci in seguito a quali comportamenti o in base a quali si-
tuazioni una donna può essere definita puttana. Prendiamo le
situazioni di due società africane assai diverse, quella degli Hi-
ma e quella degli Irigwe.
Gli Hima sono una società pastorale dell'Uganda (Elam 1973). Il
matrimonio hima comporta un pagamento di prezzo della sposa, co-
stituito da bestiame, aJla parentela della ragazza che deve essere vergi-
ne. Pri.ma del matrimonio e subito dopo la ragazza è sottoposta a 1UD
ingrassamento forzato finché non ri.esce quasi più a camminare ma si
muove con passo dondolante come un'oca. La sua vita come moglie la
passerà quasi sempre chiusa nei diversi accampamenti nei quali il
gruppo del marito si sposta (per l'allevamento). La donna sposata si
distingue cosi per la sua quasi inunobilità e grassezza: suo obbligo è,
oltre alla cura (e produzione) dei bambini e alla trasformazione dei
prodotti Oatte, burro) dell'allevamento, quello di ingerire le quantità
eccedenti della produzione di latte. Nella cerimonia nuziale le vengo-
no spiegati dai membri della famiglia del marito anche gli altri suoi
doveri e innanzitutto quale è il comportamento sessuale che ci si at-
tende da lei: dovrà avere rapporti sessuali non solo con il marito ma io
prin10 luogo col padre del marito (rapporti che non può assolutamen-
te rifiutare, pena l'essere cacciati lei e il marito dall'accampamento e
la perdita del bestian1e e dell'eredità), coi fratelli del suocero e del ma-
rito, in breve con tutta la parentela agnatica maschile del marito
(compresi i figli di altro letto di lui). Questo obbligo di servizio ses-
suale per la donna è esteso ulteriormente, comprende anche gli amjci
ed aJleati del marito, quelli con cui egli ha transazioni di diverso gene-
re e con cui vuole mantenere buone relazioni. La donna deve avere, è
costretta ad avere, relazioni con quelli che il marito designa come suoi

28
partner sessuali: egli può picchiarla e si ritiene che debba punirla se
essa rifiuta. Nello stesso tempo al momento delle nozze è stata avver-
tita: «non amiamo la donna della coscia». Una donna che amasse fare
all'amore più cli quanto debba come servizio obbligato? Certo una
donna «le cui storie amorose vistose e iperfcequenti, pu.r essendo le-
gittime, eccedano i limiti del ragionevole» (ibid.: 181). Ma cosa sia ra-
gionevole non è chiaro. È chiaro invece cosa è definito adulterio. La
donna adultera è quella che ha avuto rapporti con qualcuno che il ma-
rito non gradiva: ha violato così il diritto del marito alla gestione esclu-
siva (salvi i diritti de.i parenti stretti che si sono visti) della sua sessua-
lità. Per questa assunzione in proprio della sua sessualità una donna
può essere picchiata e divor,_iata. Un comportamento dunque assai
grave, più grave di quello che porta a essere marchiata come «donna
della coscia». Ma una terza situazione è ancora più stigmatizzata:
quella cli rapporti che la donna ha non solo senza indicazione e ordine
del marito ma addi.rittura/uori dell'acca1npan1ento. Quando s.i reca al
mercato per esempio. Per tali rapporti viene definita 1naaraya, prosti-
tuta. Prostituzione è cosi qui la scelta di una relazione totalmente fuo-
ri dall'ambito maritale.

Ma vi sono definizioni della prostituzione ancora più lar-


ghe. Intanto nelle definizioni la nozione di retribuzione non è
così stabile come si potrebbe credere.
L'Enciclopedia Cattolica (1953, X, voce Prostituzione) ce ne for-
nisce un esempio: qui la definizione più ristretta della prostituzione
come attività organizzata «co.me se si trattasse di una normale presta-
zione di servizi» e la cui «caratteristica fondamentale è la professiona•
lità» sfuma in definizioni via via più larghe cli «attività sessuale e-
sercitata fuori del matrimonio, soprattutto dalla donna e solitamente a
scopo cli lucro, con chiunque ne faccia richiesta» (corsivo mio], fino
ad arrivare a includere istituzioni e consuetudini come le case dei gio-
vani presso i Masai e altri popoll, l'ospitalità sessuale eschimese, il
rapporto sessuale con più compagni del marito la prima none del ma-
trimonio presso i Masai e varie alt.re forme di relazione sessuale che
non corrispondono in nulla agli elementi de.Ila definizione ristretta
(che la voce propone all'inizio), ed hanno in comune tra loro solo cli
essere rapporti sessuali fuori del matrimonio come definito dalla chie-
sa cattolica.

La definizione della prostituzione come prestazione sessua-


le remunerata scompare dunque pian piano e viene sostituita

29
dalla rappresentazione di una attività sessuale fuori dalle regole
morali stabilite e perciò illegittima e riprovevole. Lo stesso si ha
in altre tradizioni religiose. La tradizione ebraica contiene defi-
nizioni simili: in certi periodi «si considerava che rientrasse nel-
la definizione di prostituzione (be 'ilat zenut) ogni atto sessuale
tra un uomo e una donna al di fuori dei rapporti matrimoniali»
(Encycloptedza Judaica 1971, 13: 1246). E si potrebbe continua-
re con esempi in area musulmana.
Per la Francia di prima della Rivoluzione, Benabou, citando
anche definizioni di giuristi dell' Ancien Régime, come questa
che riporto sotto, mostra come assai spesso nella rappresenta-
zione della prostituta la retribuzione è un fatto secondario: "Si
intendono prostitute pubbliche [.. .] le donne o ragazze che si
concedono e si prostituiscono pubblicamente e al primo venu-
to, sia gratuitamente, sia per denaro». Dunque l'aspetto merce-
nario, commenta Benabou, «non è assolutamente il nocciolo
del delitto» (Benabou 1987: 32, corsivo mio). In particolare la
differenza tra «prostituzione e débauche pubblica o vita scan-
dalosa è mal definita, o del tutto assente» (ibid.). La nozione di
prostituta tende così a coincidere totalmente con quella di don-
na viziosa, lasciva.
Quando poi sì passa dal vocabolo tecnico «prostituzione» 12
all'uso «volgare» coi vocaboli come «puttana», l'estensione di-
venta massima, ed allora essi servono a designare anche donne i
cui comportamenti non hanno né il carattere di promiscuità o
accessibilità molteplice o indiscriminata, né la presenza della
remunerazione, ma sono semplicemente casi di scelta autono-
ma fuori del controllo paterno o maritale.

12 Cfr. anche Gehhard (voce Prostituzione. Encyclopredia Britannica 1984)


che propone una definizione «operazionale» della prostituzione per cui viene
definita prostituta una persona che per pagamento immediato in denaro o pre-
ziosi è disposta a partecipare ad attivitiì sessuale con qualsiasi partner che ab-
bia requisiti minimi di pulizia, salute ecc., ma sottolinea che «tale definizione
rappresenta solo uno dei limiti di un continuum che va dalla pratica (arrange-
ment) socialmente accettata del matrimonio, in cui un maschio ha diritto mo-
rale e legale alla gratificazione sessuale in cambio del sostentamento all'altro e-
stremo dove l'accordo è di brevissima durata e concerne numerosi maschi».

30
Tra gli [rigwe della Nigeria, ad esempio, dove coesistono polian-
dria e poliginia, si considera molto bene la ragazza con numerosi
corteggiatori e che riceve più richieste di matrimonio: il padre potrà
farla sposare a una serie di mariti da ciascuno dei quali riceverà il
prezzo della sposa e insieme egli conserverà sempre (cioè non trasfe-
rirà in esclusiva ad alcun marito) i diritti sulla sessualità della figlia,
nel senso che potrà sempre attribuirla ad un altro e successivo marito
(senza separ:a.zione della figlia dal o dai mariti precedenti). La ragazza
passerà un certo tempo con ogni marito. Ma se la ragazza decide per
conto suo di andare sia pure con un solo uomo rischia il grave appel-
lativo di mbrnnje (donna «promiscua») che comprometterà anche in
seguito le sue possibilità matrimoniali (Sangree 1969).

Ma vengono dette prostitute o puttane donne che si trova-


no in situazioni assai dissimili da quella irigwe vista ora o da
quella hima vista prima.
È definita «prostituta del villaggio» presso i Manus della Nuova
Guinea (Mead 1975: 147-148) la ragazza che senza sua scelta e senza
remunerazione serve sessualmente l'intero gruppo de.gli uomini: è una
ragazza catturata in una razzia e sarà usata fino al suo totale esauri-
mento fisico e a volte morte. Dunque una prigioniera di guerra sotto-
posta a stupro ripetuto. Lo stupro collettivo è ancora oggi motivo suf-
ficiente per definire in certe zone d'Italia la ragazza vittima come put-
tana. La violenza collettiva era del resto il modo abituale di recluta-
mento alla prostituzione nelle città francesi del sud-est del XV secolo:
la ragazza definita puttana durante e attraverso tale atto non poteva
che entrare nel bordello (Rossiaud 1984).

Cosa pennette di accomunare casi così differenti e non col-


legati da al cun tratto comune come quelli della prostituta di
Manus, la ragazza «disonorata» dallo stupro di gruppo, la mo-
glie hima che ha rapporti fuori dell'accampamento o ancora gli
altri casi visti? Quali sono le relazioni tra questi diversi usi dei
termini di «prostituzione», «puttana» e simili (o dei loro analo-
ghi in altre lingue quali almeno il francese, l'inglese ecc.)? Si
tratterà solo di usi metaforici di tali termini che sarebbe impro-
prio mettere insieme all' uso più specifico, ' tecnico', di attività
professionale remunerata per la prestazione di servizi sessuali
come le for me più note di prostituzione urbana contempora-
nea? Oppure questi usi estesi ci indicano essi stessi una parti-

31
zione del fenomeno diversa da quel che risulta più immediata-
mente?

4. Le definizioni: incoerenza apparente, coerenza effettiva

Riepiloghiamo la situazione.
Da un lato sono classificate nella categoria «puttane» o
«prostitute» donne i cui comportamenti mostrano tratti etero-
genei. E in particolare, dagli esempi dati, abbiamo visto che un
comportamento può essere definito prostituzione e una donna
puttana anche quando manchi uno o persino ambedue gli ele-
menti comunemente considerati fondamentali per la definizio-
ne di prostituzione, la retribuzione del rapporto o servizio ses-
suale e la «promiscuità».
Questi tratti non sono quindi la condizione necessaria di ta-
le definizione. Dall'altro lato sono classificate diversamente, al-
cune come prostituzione ed altre no, relazioni che contengono
questi due tratti 'base'. E dunque questi tratti non sono condi-
zione sufficiente per la definizione. O per dirla in termini cor-
renti: una donna può avere molte relazioni remunerate e non
essere definita puttana (caso trobriandese), e può non avere
una molteplicità di rapporti e non essere remunerata, ma aver-
ne uno solo non pagato ed essere considerata puttana o «promi-
scua» (caso Irigwe o caso ebraico citati).
Siamo allora di fronte a definizioni legate a fatti di costume
in sé arbitrari come sosteneva Malinowski, di fronte a fatti per
lui inspiegabili (cfr. cap. 2), a bizzarrie o variazioni culturali
delle diverse società, o possiamo ravvisare in questa varietà di
definizioni una logica di fondo? Possiamo trovare, a un livello
diverso da quello costituito dai vari tratti manifesti, una qual-
che unità nei fenomeni esaminati?
Io penso che vi siano una logica e una coerenza soggiacenti
a questa varietà e incoerenza apparente. Ciò che sembra unire
situazioni cosl differenti e giustificare la loro denominazione
con gli stessi termini (ossia il farne una categoria) non sono né
la remunerazione data alla donna per il servizio sessuale, per
diffusa che essa sia, né la promiscuità, ma piuttosto l'uso della

32
sessualità delle donne al di fuori o contro le strutture di scambio
delle donne.
Quest'uso della sessualità è dunque un uso «non corretto»
e può essere:
l'uso da parte della donna della sua propria sessualità, uso
'non corretto'» (ossia 'abuso') in quanto in contrasto con le re-
gole di scambio: la donna che non è di se stessa ma oggetto di
scambio tra gruppi di uomini utilizza se stessa, si pone come
soggetto. Che quest'uso comprenda o no una remunerazione è
un dato importante per definire altri aspetti della relazione ma
. .
non unporta qw;
un uso 'non corretto' delle donne contro le regole di scam-
bio e circolazione matrimoniale in cui non entri affatto la scelta
o decisione della donna; si può trattare di una utilizzazione to-
tale imposta dal solo interesse di un gruppo maschile, di una
donna catturata, resa schiava, prostituita: ciò rappresenta in
rapporto al sistema della parentela, al sistema di scambio delle
donne e reciprocità tra uomini, una rottura del circuito di reci-
procità.
Nei due casi, che sia per propria scelta o per costrizione
economica o per imposizione violenta, una donna è sottratta al-
lo scambio (che ciò sia un fatto duraturo o sia un dato momen-
taneo interesserà poi per costruire una tipologia di questi rap-
porti). Nei due casi dunque il dato comune è l'uscita dal circui-
to di reciprocità tra uomini.
La categoria prostituta o puttana, prostituzione, non è qual-
cosa che si possa distinguere e definire per un proprio contenu-
to concreto o per tratti specifici, ma è una categoria definita da
una relazione: questa categoria è una funzione delle regole di pro-
prietà sulla persona delle donne nelle differenti società. Essa è
più precisa,nente la trasgressione, la rottura di queste regole. E si
presenta come scandalo proprio perché si tratta delle re.gole
fondamentali su cui si basa la famiglia, la riproduzione, i pilastri
dei rapporti sociali tra i sessi.
Questa è dunque l'unità soggiacente alle definizioni dal
contenuto in apparenza così disparato, l'unità ideologica che ne
fa ad ogni passo un discorso sul e del potere maschile, per diver-
so che questo potere sia nelle sue espressioni e forme nelle varie

33
società. E ci spiega perché certe forme di relazione su compen-
so non siano affatto trasgressive - quelle giovanili trobriandesi
ad esempio o quelle delle iniziazioni come lo tsarance - giacché
esse si trovano sull'asse stesso dell'organizzazione sociale, del-
l'organizzazione del matrimonio in tali società, e trasgressive (i.e.,
puttane) invece sono quelle ragazze trobriandesi che assumano
più iniziativa o gestione della loro sessualità di quanto il sistema
così 'libero' voglia concedere.

L'unità trovata è quindi un rapporto politico. Non è, né


vuol essere, in alcun modo una 'nuova definizione della prosti-
tuzione', non propone altri tratti concreti o un altro contenuto
al posto di quelli dati dalle diverse società. Il lavoro fatto fin qui
è stato piuttosto un'analisi del discorso. Mette in luce come
gran parte delle costruzioni e dei discorsi sulla prostituzione,
che essi siano scientifici o di senso comune, abbiano una coe-
renza: sono discorsi sulle forme di proprietà sulle donne. O per
dirlo altrimenti, le varie definizioni della prostituzione sono un
discorso sull'uso legittimo o illegittimo del corpo delle donne e
quest'uso è definito dalle regole di proprietà sulla persona delle
donne vigenti nelle diverse società e culture. Tali regole stabili-
scono quali diritti detengono le donne alla gestione del proprio
corpo e della propria sessualità e quali diritti detengono altri su
di loro, siano essi marito, padre o gruppo di parentela. Stabili-
scono quindi i comportamenti sessuali legittimi e socialmente
valorizzati - quelli in accordo con tali regole - e i comporta-
menti illegittimi, stigmatizzati e variamente puniti - quelli in
contrasto con le regole di proprietà e che le trasgrediscono. E,
come è evidente, la trasgressione potrà essere più o meno grave
e la sua condanna variare in conseguenzau .

u Ma i due sessi non godono degli stessi dìrini: legittimità e illegittimità


non concernono i due sessi nello stesso modo. I diritti degli uomini sono i
11011-diritti delle donne. Assai spesso quindi la legittimità per gli. uomini è usa-
re le donne, l'illegittimità per le donne è la loro opposizione e resistenza ai di-
ritti degli uomini su di loro. In molte società inoltre sono stigmatizzate le sole
donne, sia che esse facciano o subiscano un uso non legittimo del loro corpo,
o che esse si trovino per loro volontà o perché costrene, in contrasto con le le-
gittime prerogative maschili su di loro. Al punto che la stessa relazione, per

34
Le definizioni di puttana-p rostituta hanno una funzione
normativa. Abbiamo a che fare con definizioni politiche, con-
cernenti un'area dei rapporti tra i sessi: la gestione della sessua-
lità e insieme ad essa le condizioni sociali della riproduzione e
dell'accesso alle risorse (ritornerò su questi punti). Tali defini-
zioni costituiscono aJ tempo stesso una enunciazione dei rap-
porti di potere - enunciazione proveniente come è chiaro dalla
parte dominante - e uno strumento di condizionamento e di
imposizione di questo potere.
Stabilendo una barriera tra comportamento corretto e com-
portamento scorretto e instaurando una divisione - più o meno
netta secondo le società - tra le donne «per bene», che fanno o
subiscono un uso legittimo del proprio corpo, e le prostitute o
in generale le puttane, che ne fanno o ne subiscono un uso ille-
gittimo - secondo le definizioni variabili che ne dà ciascuna so-
cietà - le definizioni del fenomeno, date dalle diverse società,
epoche e classi, in primo luogo sono inadeguate a servire da
strumenti di descrizione e di analisi di un oggetto specifico e
universale, in secondo luogo si rivelano come parte integrante
della politica sessuale (dei rapporti sociali tra i sessi) delle sin-
gole società. Tali definizioni costituiscono di per sé uno stru-
mento di controllo generale della sessualità delle donne14 .
L'unità così definita comprende insieme forme in cui le
donne si pongono o cercano di porsi in qualche misura come
soggetti e altre in cui il loro stato di oggetto è prevalente. Com-
prende dunque - per ragioni espositive ne faccio dei tipi asso-

l'uomo essa potrà essere vista come lcgittlma o addirittura fonte di valorizza-
zione, mentre potrà far passare la donna dal lato dell'illegittimità e dello stig-
ma. Tra i ranti esempi possibili, la relazione prematrimoniale, la seduzione di
una ragazza e la sua 'caduta', il suo disonore nelle società che stabiliscono la
castità prematrimoniale (come l'Europa del secolo XIX e oltre); la situazione
di legittimità del dieme deUe prostirute o ancor più delle cortigiane e l'illegit·
timità viceversa delle donne stesse; o ancora le iame forme di stupro tollerate,
o più o meno toUerate, per quello che concerne i violemarori, ma che fanno o
facevano definire le donne che ne sono oggetto come «puttane».
14 E come nota G. Pheterson (198,6: 3), nelle società occidentali la defini-

zione delle donne come puttane, «lo stigma di purtana» è «un profondo mec-
canismo di oppressione psicologico e ·sociale che ha come bersaglio esplicito
le prostitute e implicitamente regola la. socializzazione di tutti».

35
!uri, ma abbiamo visto che considerando le cose da altre ango-
lazioni si possono stabilire delle serie di variazioni graduali da
un tipo ali'altro - quattro grandi categorie:
1. le donne che trasgrediscono le regole e usano diretta-
mente il loro corpo come strumento di lavoro in un rapporto al
limite non di sessualità ma di servizio sessuale chiaramente de-
finito (i.e., le prostitute nel senso ristretto del termine);
2. le donne che usano la propria sessualità anche senza re-
munerazione ma fuori dalle regole della circolazione matrimo-
niale stabilite dalla propria società;
3. le donne di cui viene fatto uso con la violenza più o meno
aperta e materiale (ma vi andrebbero incluse anche forme di ri-
catto, estorsione o costrizione psichica), ma fuori ancora una vol-
ta dalle regole di scambio matrimoniale: è il caso della violenza
sessuale individuale o di gruppo, violenza che le varie società ten-
dono quasi sempre a distinguere - pur costruendole uno spazio
di esercizio - dallo stupro rituale, quello delle iniziazioni ad
esempio, o da quello matrimoniale 'legittimo', presente nelle ce-
rimonie nuziali di tante popolazioni. Non è lo stupro individuale
o anche collettivo infatti che è visto come irregolare né tanto me-
no la reificazione della donna, ma il suo contesto fuori regola;
4. le forme di schiavitù sessuale, di prostituzione coatta.
Queste forme coatte si distinguono da quelle viste al punto 1,
a. per la loro durata indefinita: la donna non ha in genere
facoltà di uscirne, può essere messa anzi nella impossibilità di
lasciare la prostituzione (regole dei bordelli, minacce o punizio-
ni fisiche ecc.);
b. perché la donna non è partner dello scambio ma uno
strumento scambiato e offerto per il profitto, economico, poli-
tico o simbolico poco importa, di altri da lei (una documenta-
zione contemporanea in Barry, Bunch e Castley 1984 e in
Wijers e Lap-Chew 1997).
Questa relazione, per quanto per i punti a, b, si possa avvi-
cinare al matrimonio o a molte :sue forme, ne differisce tra l'al-
tro per un aspetto importante. La donna, essendo stata sottratta
alla legge di sca.m bio matrimoni.aie tra gruppi, non ha quell'ap-
poggio né quella tutela da pane della sua parentela che è pre-
sente in modo vario nel rapporto matrimoniale. Questa forma

36
appartiene a un sistema di rapporti sociali e di sfrunamento di-
verso da quello dei rapporti di parentela e n1atrimonio e fa in-
vece parte dei sistemi di proprietà e utilizzazione degli esseri
umani che sono definiti come schiavitù11• Ancora una volta l'e-
lemento pertinente della definizione o classificazione non è il
servizio, reso, il lavoro fatto o la parte del corpo usata, ma la re-
lazione sociale di cui la prestazione fa pa.rte.
Da questa ridefinizione dunque comincia il lavoro vero e
proprio di distinzione e di analisi dei tipi di relazioni sessuali
implicanti compenso e la loro ricontestualizzazione nelle strut-
ture sociali di cui fanno parte.

L'insieme che abbiamo delimitato seguendo le definizioni di


puttana, l'insieme definito dalla trasgressione non è tuttavia per-
tinente per lo studio delle forme di scambio sessuo-economico
percllé non coincide co1npletame11te con esse. Da un lato questo
insieme infatti è troppo ristreno poiché per definizione esclude
le forme «regolari», non trasgressive: tali ad esempio lo scambio
carne/sesso degli indios Sharanallua e di altre popolazioni (Si-
skind 1973, Menget 1984, Kensinger 1984), o lo scambio pe-
sce/sesso dei Mehinaku (Gregor 1977, 1985 e dr. qui cap. 2) o
ancora le relazioni sessuali dei giovani trobriandesi (e&. cap. 2),
anche a non tener conto dello scambio nel matrimonio. Ed è
chiaro che queste forme regolari devono essere comprese in una
tipologia delle relazioni sessuo-econotniche come nel!' analisi dei
processi di alienazione della sessualità delle donne.
D 'altro lato l'insieme individuato è troppo largo, giacché
compre nde anche altre forme di trasgressione e di rottura delle
regole sociali di proprietà della persona delle donne che non
rientrano direttamente e specificamente nel campo di indagine
che ho scelto poiché non vi interviene transazione econo,nica,
Come t rasgressioni più o meno gravi anche esse subiscono vari
gradi di ostracismo sociale, dallo scherno al!' orrore16•

" Cfr. anche Pancrson 1982, Mcillassoux 1986 sulla condizione di man-
can7.a di rapporti sociali e di parcmcla dello schiavo.
16 Talli sono la ronura 'ad uso interno', patriarcale, dello reciprocità dello
scambio, l'incesto, fono frequentemente unito nelle nostre società olle storie

37
Riassumendo, l'insieme che abbiamo messo in luce com-
prende forme di rottura delle regole di proprietà sulla persona
delle donne in cui non vi è transazione economica e che pertan-
to non includeremo nell'analisi delle relazioni sessuo-economi-
che. Viceversa l'insieme dovrà comprendere tutte le categorie in
cui sia presente uno scambio economico, che sia in una relazione
«regolare» o <<.irregolare», libera o forzata.
Per procedere oltre dobbiamo dunque lasciare l'insieme,
l'unità che abbiamo messo in luce seguendo la traccia delle de-
finizioni. Giacché ci ha portato in un vicolo cieco. L'insieme
trovato infatti è di per sé eterogeneo, prodotto e definito dai
rapporti di dominazione maschile. Se vogliamo uscire dal cer-
chio di questa costruzione politico-ideologica e analizzare i rap-
porti era i sessi e lo scambio sessuo-economico, è necessario ri-
mettere io discussione le categorie stesse che fondano le defini-
zioni della prostituzione.
Sarà importante vedere io primo luogo che controllo e ge-
stione le donne possono avere sui vari aspetti dello scambio
nelle diverse relazioni sessuo-economiche. Le fratture nel conti-
nuum si manifesteranno in rapporto con le differenze che le
donne stesse stabiliscono, con le loro scelte, tra le differenti for-
me di scambio sessuo-economico, e in rapporto alle diverse rea-
zioni delle istanze del potere rispetto a tali scelte e decisioni. Ed
è qui che ritroveremo l'elemento della trasgressione.
Il punto di vista delle donne partecipanti alle diverse rela-
zioni sessuo-economiche sarà privilegiato come strumento d'a-
nalisi. Fin qui abbiamo visto le definizioni date dalla parte do-
minante. È questa parte che ha stabilito nelle diverse società,
secondo la sua ottica e il suo interesse, certo, quali sono le diffe-
renze tra le relazioni, quali ne sono le specificità e i dati costitu-
tivi, dove sono le demarcazioni tra una relazione e l'altra. I cri-

di prosti1uzione (Buuafuoco 1985) e fenomeno 1an10 diffuso quanro occulta-


to. Per ceni aspetti è da unire alle forme di uso violento vis1c sopra (punto}).
O ancora il nubilato, visto come non uso del corpo, non partecipazione alle
relazioni legitùme: una donna resta fuori dell'uso sessuale e della circolazione
matrimoniale, con le forme di scherno o ridicolo che spesso la colpiscono. O
infine il lesbismo, in cui più donne escono insieme dal circuito di scambio
delle donne tra uomini.

38
teri utilizzati servono alla stigmatizzazione e alla messa a1 bando
di certe donne, di certi comportamenti delle donne: sono un
mezzo di dominazione. E, come è ben noto, una forma e risul-
tato del dominio e dello stigma è il silenzio, la messa a tacere e
la riduzione all'invisibilità dei gruppi oppressi. Possiamo fare
l'ipotesi che l'esperienza e la visione di questi rapporti da parte
delle donne possa rivelare continuità e fratture, scelte e rifiuti,
resistenze e violenze, secondo altre linee. Linee diverse da quel-
le che portano al controllo della vita e della sessualità delle don-
ne, alla divisione delle donne in donne per bene e puttane.

39
2.
Sessualità delle donne e scambio economico

1. Al di là de/te definizioni cornuni

L'insieme estremamente vasto e complesso delle relazioni


sessuo-economiche pone una primissima questione: qual è lo
statuto della sessualità femminile in questi rapporti? E innanzi-
tutto qual è il suo statuto nei rapporti di scambio diretto tra i
due partner? Si può sostenere che lo scambio sessuo-econorni-
co strutturi le relazioni sessuali e la sessualità stessa nei rapporti
eterosessuali?
Vediamo allora più da vicino l'aspetto centrale di queste re-
lazioni, lo scambio. Prendiamo le relazioni sessuali quale che
sia il loro contesto, preconiugale, coniugale o extraconiugale e
chiediamoci in quali di esse, come, e perché, in gran parte delle
società e culture, «l'esecuzione o promessa di atti sessuali dia
occasione a scambi economici» (Nash 1981).
Io quest'ottica sarà di primaria importanza vedere la dire-
zione della transazione economica, la natura e l'entità delle re-
munerazioni date agli «attori principali i.e. a coloro che pren-
dono parte all'attività sessuale, nonché la remunerazione data
ad altri che non vi prendono parte», infine «il valore di scambio
degli atti sessuali» (Nash 1981: 110). Ma la nostra società, lo
sàppiamo bene, non ammette esplicitamente l'esistenza di un
rapporto economico, ossia una transazione concernente la ses-
sualità, fuorché nella sola prostituzione. E mentre la prostituta
viene definita come «donna che si vende» «donna che si com-
pra», le altre forme di transazione magari scivolano sotto defì-

41
niz:ioni più eufemistiche: «un b uon partito», «fare un buon ma-
trimonio» e così via. Può sorgere allora un dubbio: è legittimo
mettere insieme in una stessa categoria, quella dello scambio
sessuo-economico, le diverse relazioni sessuali tra uomini e
do.n ne quando le varie società tendono a distinguerle così forte-
mente e a dare loro significati e valori così differenti?
È ciò che fa Jill Nash, un'etnologa che ha studiato alcune
società del Pacifico. Nash, partendo da un'indagine su tre so-
cietà di Bougainville che avevano una moneta indigena, la mo-
neta di conchiglia (sbell money) usata in vari tipi di transazioni,
fa per le società da lei studiate una analisi di tutti gli atti sessuali
delle donne, astraendo momentaneamente dal contesto specifi-
co in cui sono compiuti e spogliandoli dei significati ideologici
di cui sono caricati. Siano dunque essi atti compiuti nel matri-
monio, o atti di adulterio, sessualità prematrimoniale o fornica-
zione, questi atti vengono posti e analizzati da J. Nash come
un'unica categoria: nelle società da lei studiate «l'accesso alla
sessualità femminile implica una componente economica e gli
scambi in relazione ad atti sessuali femminili sono chiaramente
strutturati» (Nash 1981: 108).
Nash mostra in atto una serie di variazioni concomitanti: il
trattamento della sessualità delle donne sembra mutare in rela-
zione alla complessità economico-sociale delle società esamina-
te, ad elementi quali il tipo e ruolo della moneta, il maggiore o
minore sviluppo della stratificazione sociale. Secondo Nash,
che riprende in parte Engels1, si tratta di una evoluzione storiica
che porta con sé un deterioramento della posizione delle don-
ne. «Ciò che appare nel confronto tra queste tre società è un
dominio maschile crescente su una serie di transazioni che in
un.a maniera o nell'altra coinvolgono la sessualità femminile. I.A
sessualità delle donne è alienata dalle donne stesse ed entra nel
sistema di scambio, dove il suo uso o misuso (la sua destinazione)
possono essere controllati da altri. I.A sessualità maschile non su-
bisce una evoluzione parallela>> (Nash 1981: 120, corsivo mio}.

1 Per una periodizzazione degli studi femministi in anuopologia e 1!111a


çrii:iç~ c:kl!'evohiiionismo di derivazione marxi_$rn dr. di Leonardo l99l. Cfr.
anche Busoni 2000.

42
Seguiamo un momento Nash attraverso le tre società che esamina
e vediamo i contesti in cui sono scambiati atti sessuali.
1. Nagovisi: vi era un sistema matrilineare forte, con funzioni po-
litiche e le donne avevano un ruolo considerevole nel processo deci -
sionale.
a. Matrimonio: in passato, nelle famiglie di rango elevato, vi era il
pagamento di un groom-price o prezzo dello sposo, ma la maggioranza
dei matrimoni non aveva transazioni economiche. Oggi vi è invece
universalmente un prezzo della sposa e le donne lo considerano come
pagamento dei servizi sessuali femminili e anche dei dolori dei parti
che sopporteranno durante il matrimonio.
b. Atti sessuali fuori del matrimonio: tra innamorati, si danno do-
ni, ma di solito è l'uomo che li dà e i doni sono considerati ricompen-
sa per l'accesso sessuale concesso dalla donna.
c. Fornicazione: se scoperta e se la donna è giovane e i due non vo•
gliono sposarsi, l' uomo pagherà i genitori di lei. Donne meno giovani
trattengono per sé parte del pagamento per la «seduzione».
d. Adulterio: negli indennizzi sono implicate molte persone. L'uo-
mo adultero deve risarcire la propria moglie e il marito della sua aman-
te. La donna adultera dovrà pagare il proprio marito e la moglie del-
l'uomo con cui ha commesso l'adulterio. Oltre a ciò sia l'uomo che la
donna implicati nell'adulterio dovranno risarcire una serie di parenti
di sesso opposto al proprio per la vergogna causata loro.
e. Prostituvone: assente.
2. Siwai: la discendenza è matrilineare ma gli uomini hanno più
peso nella gestione della proprietà.
a. Matrimonio: vi è il prezzo della sposa pagato al padre che in
parte lo spende per la festa cli nozze, in parte, più di recente, lo trattie
0

ne come «pagamento della donna». Alla sposa tocca una parte esplici-
tamente definita come pagamento dei servizi sessuali. La moglie è così
in qualche modo, dice iNash, «l'impiegata sessuale del marito» (che
busbnnd's sexua.l employee).
b. Rapporti 11011 matrimoniali: doni degli uomini alle loro parmer,
consideraci da queste come pagamenti o cui avevano pieno diritto. Vi è
qualche disaccordo tra gli informatori se questi doni fossero «paga-
mento per i servizi resi,;, o «doni» quali farebbero partner commer-
ciali.
c. Fornicazione: se scoperta dà luogo a pagamenti al fratello cli lei
«per la vergogna subita».
d. Adulterio: è punito cssenzialmeote l'adultero maschio, poco la
donna. In contrasto dunque con la situazione paritaria di Nagovisi.

43
d. Prostituzione: donne, catturate in razzie, vengono costrette a
servire in feste come prostitute. In particolare i Big Men avevano pro-
stitute schiave che servivano ad attirare clienti e seguaci in guerre: i
guadagni delle donne arricchivano i loro padroni.
3. Buin: è delle tre la società più complessa. Ha una stratificazio-
ne sociale a carattere ereditario e discendenza patrilineare. Vediamo
le transazioni legate a «promesse ed esecuzione di atti sessuali»:
a. Matrimonio: vi è pagamento del «prezzo della sposa» nella mo-
neta di uso generale al padre della sposa (una parte è ridistribuita nella
parentela). Alla sposa viene data moneta del tipo speciale di alto pregio,
ma senza valore di scambio e che lei non può alienare. In cambio di
questo pagamento il padre dello sposo ha accesso sessuale alla sposa.
b. Adulterio: è un affare da risolvere tra uomini. La donna può es-
sere solo oggetto passivo del contendere: il marito può scacciarla o
passarla ad un altro uomo.
c. Prostituzione: donne di Buin sono usate dai capi come prostitu-
te ed offerte anche ai seguaci dei capi. Non sono prigioniere di guerra,
ma figlie dei servi (bondmen) dei capi. Essere scelte era considerato
per loro un onore. Le figlie dei capi stessi tuttavia non vengono mai
usate come prostitute. Le prostitute ricevono piccoli doni dai clienti
che danno un pagamento al guardiano delle pr-ostitute. Parte del gua-
dagno resta al capo, parte è ridistribuito e consegnato tramite le ra-
gazze stesse ai loro rispettivi padri.

Nel processo di evoluzione in complessità di queste tre so-


cietà (e Nash sottolinea il ruolo deUo sviluppo della moneta) è
la sola sessualità delle donne ad entrare nel campo deUe transa-
zioni economiche, transazioni che tra l'altro concernono un
gruppo sempre più esteso di persone, prevalentemente uornini.
La sessualità femminile diviene un oggetto di scambio. E a Buio
e Siwai con la prostituzione «l'uso degli atti sessuali femminili
viene trasformato in una specie di merce di cui possono profit-
tare gli uomini, i parenti o i superiori della prostituta» (Nash
1981: 117).
Considererò come Nash gli atti sessuali femminili neUe rela-
zioni tra uomo e donna come una unica categoria dal punto di
vista deUo scambio economico, categoria che comprenderà an-
che queUi matrimoniali. Ciò non vuol dire, beninteso, che lo
scambio sociale complesso che si realizza .nel matrimonio si li-
miti a una transazione economica riguardante gli atti sessuali.

44
Ma Nash ha giustamente messo in rilievo questa transazione
economica, evidenziando i caratteri di affinità che ha: a) con
transazioni economiche non riguardanti la sessualità (e ciò era
stato rilevato in altre analisi sul prezzo della sposa) e b) con
transazioni riguardanti gli atti sessuali in altri contesti. E dato
importan te, ha posto questo come problema generale della alie-
nazione della sessualità delle donne attraverso il suo ingresso in
sistemi di scambio economico.

2. Il proble,na di Malinowski

Prendiamo ora un caso ben più conosciuto, che ci interessa


particolarmente perché con esso il problema della remunera-
zione degli atti sessuali femminili e insieme il problema dello
statuto della sessualità delle <i-Onne, entra in qualche modo a fare
parte della storia dell'antropologia. Dico in qualche modo per-
ché entra di scorcio, per cenni. Il problema è posto da Mali-
nowski e ripreso con brevi accenni da Mauss, poi ancora breve-
mente ma collocato all'interno di un vasto quadro teorico da
Lévi-Str:auss, infine rivisto, ma ancora una volta di sfuggita da
A. Weilller (1976) che dal 197 1 aveva fatto ricerche su.i luoghi
stessi di Malinowski.
La libertà e facilità delle rdazioni sessuali giovanili prema-
trùnoniali nelle Trobriand, ampiamente descritte da Malinow-
ski, sono ben conosciute. Ma meno notato dai lettori di Mali-
nowski è il fatto che queste relazioni implicano sempre un do-
no-pagamento. Nelle Trobriand infatti, ci dice Malinow;ski (1922:
177-179, 181-183; 1929: 319-321) gli atti sessuali/em,ninili so-
no regolarmente rico,npensati. C iò inizia fin dalle relazioni del-
l'infanzia e adolescenza: alle bambine, poi alle ragazze, i com-
pagni di giochi e di esercizi sessuali fanno doni, dalla conchiglia
o fiore del bambino, alle noci dli bete! o tabacco del ragazzo un
po' più grande, a regali più imporranti col crescere dell'età.
Una ragazza può facilmente dire al ragazzo: «Ah, non mi paghi,
non hai nulla da dare, non vengo con te>>. Ciò è normale, non
ha niente di riprovevole. È lui al caso che sarà considerato un
taccagno e sarà allora sfuggito dalle altre ragazze. Dopo una

45
notte passata con una ragazza le si fa un regalo; se la relazione
diventa più stabile, al posto del regalo ogni mattina, vi saranno
doni più sostanziosi, ma di tanto in tanto.
Questa remunerazione vale anche per i rapporti sessuali nel
matrimonio. Il marito darà alla moglie doni, qualificati come
mapula, per i servizi sessuali che essa gli ha reso, per «la siste-
mazione sessuale permanente» che essa gli offre, come dice
Malinowski. Anche i doni del padre ai figli sono specificamente
detti «il pagamento per dormire con la madre», «il pagamento
dei servizi sessuali della madre».
Il bambino prima, il ragazzo o giovane poi, infine l'uomo,
danno infatti alle loro partner femminili una specie di compen-
so: è un regalo sì, ma un regalo niente affatto libero. Il regalo
rientra nella categoria denominata mapula: «pagamento per i
servizi resi» e significa anche ricompensa, equivalenza (ibid. :
182). È il termine con cui viene indicata la remunerazione data
per qualsiasi servizio, per la costruzione di una canoa da parte
dello specialista ad esempio, o per un servizio dello stregone.
Seguiamo Malinowski (1929: 319 ss.). Il dono, egli dice, «è
una parte essenziale della transazione» ma è difficile capirne il
motivo. Infatti la cosa non è affatto logica né evidente di per sé,
considerata la grande libertà sessuale delle donne, la loro ugua-
glianza con gli uomini in tutte le sfere e specie in quella sessua-
le. Tanto più che, visto che i trobriandesi considerano che «le
donne sono altrettanto propense al rapporto sessuale che gli uo-
mini, ci si aspetterebbe che la relazione sessuale fosse considerata
un reciproco scambio di servizi». E viceversa il costume stabili-
sce che si tratta di un servizio che le donne fanno agli uomini e
che gli uomini devono pagare»2 • Ma perché servizio? Malinow-
ski rifiuta decisamente l'idea che sia possibile fare paralleli tra
la situazione trobriandese e la prostituzione in altre culture,

2 \X/einer (1976) cerca di dare un'interpretazione diversa da quella data


dai trobriandesi e riportata da Malinowski: il pagamento da parte degli uomi-
ni «non indica affatto, come suggeriscono sia Malinowski che Lévi-Strauss,
che gli uomini si servono di esse, ma piuttosto che esse si servono della loro
sessualità a proprio vantaggio, poiché esse le attribuiscono, come tutti del re-
sto, un valore assolutamente positivo». Dovremmo allora credere che gli uo-
mini attribuiscono un valore negativo alla propria?

46
poiché, egli dice, il pagamento-dono non è per la ragazza il mo-
vente del rapporto come nella prostituzione ma somiglia piut-
tosto al «nostro uso di fare regali a una fidanzata o a persona
che semplicemente ammiriamo»3. E appellandosi alla arbitra-
rietà e mancanza di logica dei costumi - cosa che gli sarà rim-
proverata da Lévi-Strauss - Malinowski si cava dalle peste. Ma
il proble,na da lui posto ha senso. E va affrontato.
Marce! Mauss dal canto suo osserva: «un'altra generica de-
nominazione del salario è vakapula, ,napula [ ...]. A tale riguardo,
Malinowski ha fatto, secondo noi, un'enorme scoperta che illu-
mina tutti i rapporti economici e giuridici tra i sessi all'interno
del matrimonio: i servizi di ogni sorta resi alla moglie dal marito
sono considerati come un salario-dono per il servizio reso dalla
moglie, quando essa offre ciò che il Corano chiama 'il campo'»
(Mauss 1965: 201-202). E più avanti ripete la sua generalizzazio-
ne in forma rafforzata: «Ora, a nostro avviso, uno dei fatti più
importanti che Malinowski ha segnalato e che getta una vivida
luce su tutti i rapporti· sessuali dell'intera u,nanità, consiste preci-
samente nell'accostare il mapula, cioè il pagamento 'costante'
dell'uomo alla propria donna, a una specie di salario per la pre-
stazione di un servizio sessuale». E in nota aggiunge: «Il termine
si usa per indicare il pagamento della prostituzione lecita delle
giovani non sposate» (ibid.: 279, corsivo mio). Ed eccoci di fron-
te ad una nuova definizione dei rapporti implicanti compenso.
La comune sessualità giovanile trobriandese, caratterizzata an-
che per le ragazze, dalla molteplicità dei partner, viene definita
come prostituzione, ma lecita. Ma chi ne definirà la liceità o legit-
timità? E da che punto di vista sarà definita? E ancora, secondo
l'interesse di chi sarà definito il lecito e l'illecito?
Continuiamo per w1 verso con le oscillazioni terminologi-
che già viste nel primo capitolo. Ma la posizione di Mauss è
chiara: per lui tutto ciò è evidente di per sé e non pone proble-
ma. In tutte le culture dunque, o come dice Mauss «nell'intera
umanità» gli atti sessuali deUe donne sono dei servizi sessuali
che esse prestano agli uomini e che vengono retribuiti.

' Ha rurravia deno che è del rutto normale che la ragazza rifiuti se il ra-
gazzo oon paga.

47
Il discorso viene ripreso, come critica a Malinowski, da Lévi-
Strauss, e collocato nel quadro generale delle «prestazioni tota-
li», dello scambio di beni materiali, di valori sociali e di donne di
cui il matrimonio è un esempio e un'occasione. Collocato dun-
que nel quadro specifico dello scambio delle donne e della loro
circolazione tra i gruppi, che per Lévi-Strauss è la regola fonda-
mentale e costitutiva della società e della cultura stessa, e che se-
gna il passaggio dalla natura alla cultura. Ora, dice Lévi-Strauss,
e riporterò qui il passo benché lllOtissimo, per riconsiderarlo per
l'aspetto che ci interessa, «la relazione globale di scambio che co-
stituisce il matrimonio non si stabilisce tra un uomo e una donna
che debbono e ricevono ciascuno qualcosa: essa si stabilisce tra
due gruppi di uomini e la donna vi compare come uno degli og-
getti dello scambio e non come uno dei partner tra i quali ha luo-
go lo scambio». Ciò vale in ognii caso, egli aggiunge, anche quan-
do cioè la ragazza è d'accordo: «allora precipita o permette l' ope-
razione di scambio; non può modificarne la natura». Ciò resta
valido anche per i matrimoni nelle nostre società che sembrano
contratti tra due persone ma sono solo aspetti di cicli di recipro-
cità più lunghi tra uomini. «Se teniamo presente questa verità,
l'anomalia apparente, segnalata da Malinowski, si sp,iega assai
semplicemente. Nell'insieme di prestazioni (i.e., dei beni, valori,
diritti ecc.) che gli uomini scambiano in occasione del matrimo-
nio, e di cui una donna fa parte, c'è una categoria l'esecuzione del-
la quale dipende in primo luogo dal suo buon volere: i servizi perso-
nali siano essi di ordine sessuale o domestico. La mancanza di reci-
procità che sembra caranerizzadi nelle isole Trobriand come nel-
la maggioranza delle società umane non è che la contropartita di
un fatto universale: il legame di reciprocità che fonda il matrimo-
nio non viene stabilito tra uomini e donne, ma tra uomini per
mezzo cli donne che ne sono soltanto la principale occasione»
(Lévi-Stn-auss 1967: 134-135, corsivo mio).
La posizione di Lévi-Strauss (come quella meno articolata di
Mauss) può essere vista essa stessa come riaffermazione della su-
periorità maschile, del privilegio dato ai soli uomini di essere
soggetti di transazioni, i soli soggetti delle società umane. Il suo
valore euristico per l'analisi dei rapporti tra i sessi è però indub-
bio: il concetto dello scambio delle donne è anche, come scrive-

48
va Rubin (1975) «una profonda comprensione di un sistema in
cui le donne non hanno pieni diritti su se stesse»; anche se posso-
no essere messe in discussione parti assai problematiche della co-
struzione cli Lévi-Strauss, quali quelle sullo scambio delle donne
e divieto dell'incesto come passaggio dalla natura alla cultura.
Quella di Lévi-Strauss è però un'affermazione drastica sulla
posizione cli oggett o delle donne nei rapporti sociali. Il primo
punto da stabilire è quindi se ciò corrisponda aUa realtà, e in
particolare se descriva una situazione universale. Molte ricer-
che hanno messo in discussione sulla base di materiali prove-
nienti da diverse società, da società di caccia e raccolta e in spe-
cial modo da società matrilineari e ma.trilocali, la validità del-
!' asserzione che lo scambio delle donne è universale: non neces-
sariamente si scambiano donne tra i gruppi, si possono anche
scambiare uomini, o scambiare uomini o donne tra gruppi
composti da uomini e donne.
Il secondo punto sarà perciò piuttosto, dove ciò avviene (e
si tratta pur se.m pre della maggioranza delle società note), quali
sono le conseguenze per la sessualità femminile (ma anche per
la sessualità in generale) di questa posizione di oggetto delle
donne. Giacché se la relazione sessuale trra uomini e donne ha
luogo in un contesto di totale non reciprocità - dove le donne
non sono partner della transazione ma oggetti dello scambio -
sul piano sessuale e domestico ne deriva una asimmetria e una
non reciprocità per cui esse non possono che fornire servizi.
E qui sorge un problema di estrema importanza. Se per le
donne questa sessualità di servizio non è né UllÌversale - come
sembra dimostrato dalla presenza io varie società di una diversa
autonomia sessuale fen1minile - né tanto meno 'naturale', come,
con quali mezzi di costri.zione o pressione materiali o psichici si è
giunti nelle diverse società a produrre una così profonda domesti-
cazione della sessualità femminile, a trasformare insomma dei sog-
getti con una sessualità in proprio (e per giunta secondo vari auto-
ri, con una vigorosa sessualità in proprio, cfr. anche Hrdy 1981) in
semplici prestatrici di servizi sessuali o in oggetti sessuali?4

~Ho cercato di tracciare le grandi linee di questo processo generale di


domesticazione della sessualità e in particolare dclla sua canalàzazionc in

49
Ma vediamo meglio il contr.asto tra Malinowski per il quale
la sessualità trobriandese è, dovrebbe essere, un servizio reci•
proco tra i due sessi e Lévi-Str.auss per cui essa è logicamente
dell'ordine della non reciprocità. Prendiamo intanto per buona
- per una larga parte delle società - la posizione di Lévi-Strauss:
nell'insieme dello scambio matrimoniale di cui le donne fanno
parte esse possono solo mostrare buon volere nella esecuz:ione
dei servizi personali. E cerchiamo di svolgerne le conseguenze.
Se tutto lo spazio che hanno le donne, oggetti tot.ali e segni, an•
che se parlanti, di una comunicazione tra uomini è quello di mo-
strare disponibilità al servizio sessuale e domestico, tuttavia ob-
bligatorio e in gran parte delle società (comprese le nostre passa-
te e attuali) esigibile anche con la forza (cfr. Tabet 1985a e
1985b), è chiaro che fare buon viso a cattivo gioco è utile e me•
glio ancora ottenerne quanto ne ottengono le donne delle Tro•
briand: un salario'. E le prostil!Ute che offrono una riflessione
teorica sulla loro pratica parlano spesso dd fatto che, conducen•
dolo fino in fondo, svelano le regole del gioco sociale'>.

senso genito-riprodunivo con il complesso di interventi che permettono l'im•


posizione della riproduzione (Tabet 1985a, 1985b).
' Lévi-Strauss potrebbe a questo punto essere uno dei padri teorici dei
gruppi per il salario al lavoro domestico e insieme delle rivendicazioni per il
pagamento di rune le prestazioni sessuali, giacché la conclusione logica del
suo discorso come di quello di Mauss (dove essa è del resro esplicita) è che in
regime di assoluta asimmetria e di totale non reciprocità tuni gli atti sessuali
femminili, nel matrimonio ma per presumibile estensione anche fuori di esso,
sono ua servizio. E allora è il caso di farselo pagare il più caro possibile, di da•
re valore ovunque, in ogni contesto alla merce che possiamo offrire. È una
posizione dura se si vuole, ma logica. Le alternative in tal caso sarebbero: o
nessun rapporto con gli uomini o dei rapporti espliciti, non mascherati, di
servizio sessuale a pagamento. la tal senso è conseguente la posizione di una
parte delle prostitute occidentali di oggi. Si veda Pieke Biennann quando so•
stiene che «la posizione della lesbica e della prostituta è uno dei più aliti urli
delle donne contro la società sessista. È un no alla sessualità obbligata, al de•
stiao obbligato per essere integrate nei. rapporti sociali esistenti ... la forza nel
dire no consiste nel p rendersi quakO:Sa: le prostitute prendono soldi .in un
commercio sessuale che normalmente avviene senza soldi. Il loro urlo parla
da solo ...» (Tata6ore in «Noi Donne», giugno 1984, 36-39).
6 Vedi ad es. interviste a Pieke Biermann cit., a Carla Corso e Pia Covre,

Nautilus, in «il Manifesto», 23-7 -84.

50
Riprendiamo da un altro punto di vista le domande di Mali-
nowski da cui sono partita. Il testo di Malinowski prospetta un
altro problema e si pone a un altro livello: parla di uguale incli-
nazione al rapporto, di un'uguale forza di d esiderio, diremmo
oggi, dei due sessi e pur tuttavia della definizione della sessua-
lità femm.inile come servizio. E questo in una società dove vi sa-
rebbe un' uguaglianza tra i sessi specie nella sessualità. Il dilem-
ma è chiaro. In sé, in condizioni di uguale desiderio e di uguale
possibilità di esprimerlo, lo scambio sessuale n on implicherebbe
altro che il controdono equivalente a ciò che uno dà: della ses-
sualità contro della sessualità, senza necessità di altro da sé. Se
dunque le premesse di uguaglianza di Malinowski fossero esat-
te egli avrebbe ragione: è inspiegabile il pagamento della ses-
sualità femminile, il servizio è reciproco.
Se il dono venisse a volte dall'uomo a volte dalla donna si
potrebbe pensare a differenza di coinvolgimento o desiderio
nella coppia: il partner più 'preso' cercherebbe di rendersi più
gradito all'altro c-0n doni e simili. Ma qui la direzione del dono
è fissa, dagli uomini alle donne. Il dono-remunerazione suppo-
ne una differenza costante tra la domanda di sessualità da parte
maschile e l'offerta di sessualità da parte femminile: le donne
non darebbero sessualità semplicemente in cambio di sessua-
lità. Perché? Le ipotesi possibili sono due.
La prima, che corrisponde alle idee così diffuse nelle nostre
società (e nello stesso tempo conviventi nel s enso comune con
idee totalmente opposte, come quella dell'insaziabilità femmini-
le da cui la necessità di tenere le donne sotto controllo): le donne
hanno per natura bisogni o impulsi sessuali più deboli. A questa
ipotesi si può rispondere negativamente. E inaccettabile non so-
lo alla luce delle ricerche di Malinowsk.i e di quanto si conosce di
altre società, ma anche sul piano delle ricerche di sessuologia.
Ma lo scambi-0 sessuale reale è davvero qui di simile con si-
mile? La seconda ipotesi è allora quella di una non equivalenza,
non naturale ma socialmente indotta, degli atti sessuali maschili
e femminili. Cos:a ci permette infatti di pensare a un valore
equivalente degli atti sessuali delle due parti, tali che il rapporto
possa essere reciproco (dono o servizio reciproco) e non servi-
zio di un sesso all'altro? Per stabilire questo dovremmo esami-

51
nare chi può richiedere sessualità e quale s.essualità può essere
richiesta, quali scelte sessuali sono possibili. E ancora in che
misura le modalità di sessualità ammesse rispondano ai bisogni
degli uomini o delle donne.
I dati che Malinowski fornisce mostrano che, contrariamente alle
sue conclusioni, questa sessualità non è reciproca come egli sostiene,
che sono trattati diversamente i bisogni sessuali dei due sessi. L'inizia-
tiva intanto, che deve essere maschile (con l'offerta di doni per iniziare
il rapporto). E la ragazza sembra non possa rifiutare, almeno in certe
situazioni come il katuyausi (la spedizione sessuale delle ragazze di un
villaggio in un altro villaggio), perché «offenderebbe gravemente e
mortificherebbe l'uomo» (ibid.: 271). Per contro la donna che prende
l'iniziativa diretta - ossia non usa il metodo della seduzione per magia
ammesso come decoroso per le donne - la donna che «va lei stessa da
un uomo» dicono i trobriandesi «noi la chiamiamo naka 'u/atile (don-
na facile, puttana)» (ibid.: 489). Espressioni alternative per la donna
che prende l'iniziativa, e per quella che va con più uomini di quanto
essi ritengono giusto, sono puttana, «vagina larga sempre insoddisfat-
ta», e altre bellezze che non ci sono troppo igno te. E Malinowski rile-
va che l'incapacità di dominare il desiderio, che porta a un a sessualità
insistente e aggressiva è vista con disprezzo sia negli uomini che nelle
donne, tuttavia è considerata veramente ripugnante solo nelle donne»
(I 929: 188, corsivo mio). Già questa diversa possibilità e modalità di
iniziativa - che l'iniziativa femminile debba essere poco vistosa e affi-
darsi alla seduzione e magia piuttosto che alla proposta diretta - senza
contare le maniere di reprimere (attraverso il ridicolo, il disprezzo
ecc.) le forme di sessualità che non siano quella eterosessuale genitale,
basta a confermare che i due sessi non hanno uguale possibilità di
espressione della propria sessualità.
Un'ulteriore riprova: quando i maschi vanno a fare l'amore in al-
tri villaggi possono essere insultllti ed eventualn1ente malmenati dalle
loro partner del villaggio d'origine; quando sono le ragazze ad andare
fuori villaggio, al ritorno ,de colpevoli sono insultate e picchiate, eco-
me mi è stato detto dai miei informatori, alle volte sono violentate in
pubblico dai loro amanti. Vari ragazzi allora tengono ferma la ragazza,
mentre il proprietario legittimo esercita la sua prerogativa come puni-
zione» (ibid.: 273 )7. Tanto basti per la reciprocità dei rapporti! Sem-

7 Oltre alla violenza va considerata la tremenda vergogna aiusata alla ra-


gazza dal carattere pubblico dcUa punizione. Qui cor.ne in altre società lo sru-

52
bra chiaro chi è che può dettare le condizioni della sessualità, stabilire
che essa sia questo e non quest'aluo.

Siamo al nocciolo del problema: è possibile una reciprocità


sessuale in condizioni di dominazione? Se uo sesso ha più pote-
re dell'altro (e la società trobriandese è come lo provano la di-
visione sessuale del lavoro, il monopolio maschile dei mezzi di
produzione, delle armi, delle conoscenze esoteriche, una so-
cietà di dominazione maschile, anche se la posizione delle don-
ne è superiore a quella che hanno in molte altre società) non si
rifletterà tutto ciò sulla sessualità? O possiamo davvero pensa-
re, contro tutto ciò che sappiamo, alla sessualità come a un ter-
reno privilegiato fuori dei rapporti sociali? Ma qui dobbiamo
porci un altro problema preciso e forse più limitato. Che posto
dare alla remunerazione-dono in questo scambio disuguale do-
ve il simile non si può scambiare con il sùnile, dove le due ses-
sualità non si scambiano su un piano di parità?
Dobbiamo fare l'ipotesi che la disug11Jaglianza all'interno
della sessualità stessa sia affermata e precipitata dal dono-remu-
nerazione. Attravers-o e per mezzo del dono la sessualità femmi-
nile è dichiarata (e resa) diversa da quella maschile; l'atto sessua-
le femminile perde peso come espressione equivalente di sessua-
lità propria, autonoma, di uguale diritto. Scambiandosi con altro
da sé la sessualità femminile diventa o si avvia a diventare un ser-
vizio e infine un lavoro (sex work) scambiato come tale8. Ma in
ogni caso si fonna un intreccio di servizio e sessualità assai diffi.

pro stabilisce il diritto sessuale degli uomini e mostra chi ha la possibilità d i


dettare le regole della sessualità e stabilire le condi1.ioni e modalità della scs-
suaJ;,à deUc donne. Da nornre In cldìnizionc. dntn immagino dnll'antropologo
e non dalla società trobriandese, del ragazzo come «proprietario legittimo»
della ragazza, ma a ben vedere il giovane esercita proprio quello che si può
considerare un diritto maschile di proprietà sulle donne (sull'appropriazione
delle donne cfr. GuiUaumin 1978).
8 Occorre però ricordare che usare il corpo o sesso come lavoro non to-
glie necessariamente la possibilità di una propria sessualità se ve ne sono le
condizion i cosl come usare le mani per massaggi professionali, per lavare i
piatti o tagliare un pollo, non toglie la possibilità d i carezzare in rapporti di
afferro o amore, né usare la mente in autopsie o in ricerche e vivisezioni di in-
setti impedisce di amare la poesia o la musica.

53
cile da districare. Un esempio di percorso in tal senso, sul piano
individuale, si ha in un ambiente assai diverso da quello tro-
briandese, nell'ambiente degli adolescenti e giovani di città afri-
cane. Uno studio sulla 'prostituzione' giovanile (Ba 1980) ci mo-
stra l'evoluzione delle adolescenti da una sessualità di gioco ero•
tico, omo ed etero-sessuale, al servizio nell'eterosessualità.
Dai 4-5 anni e fino all'adolescenza i bambini e le bambine formano
gruppetti che fanno giochi, praticano carezze e poi rapporti genitali sia
omosessuali che con l'altro sesso, giochi e rapporti vissuti come piacere,
cose «normali», «divertenti». Tali sono considerati anche i rapporti che
si instaurano con adulti. Ma qui inte.rvieoe il primo taglio nella speri-
mentazione di sé degli e delle adolescenti e inizia la pressione più preci-
sa verso una eterosessualità riproduttiva. Mentre i rapporti omosessuali
tra coetanei non pongono problema, l'omosessualità con adulti è vista
come vergogna ed è oggetto di estrema riprovazione. Con ciò viene evi-
dentemente limitato ogni sviluppo di questa forma di espressione ses-
suale, ogni approfondimento di questa esperienza che viene bloccata al
livello infantile o adolescenziale. (Ciò ci viene detto per i maschi io for-
ma esplicita ma si può desumere dal testo di Ba che il divieto del rap-
porto omosessuale con persona adulta valga anche per le femmine). Al
contrario, ed è beo significativa questa differenza di trattamento delle
forme di sessualità, i rapporti eterosessuali delle ragazzine ron adulti sono
visti con favore anche quando sono rapporti remunerati. Come condizio-
namento a ed espressione di una sessualità genito-procreativa ricevono
incoraggiamento: «mia figlia ha fretta di diventare una moglie e una
madre, accetterà volentieri un uomo e la maternità». Il male peggiore
agli occhi della parentela sarebbero i segni di «frigidità>> o di poco inte-
resse per il matrimonio. La ragazzina in casa e fuori si vede considerata
e «valorizzata» come donna. Nel gruppo dei coetanei «si diverte della
competizione maschile», tenderà a dare la preferenza al ragazzino che
le porta il dono più grande. E crescendo i ragazzi avranno maggiore di-
sponibilità, le ragazze bisogni e richieste più grandi. Nel gruppo entra-
no adulti che possono offrire doni-ricompense assai maggiori e la ragaz-
zina accetta anche se a volte con poco interesse: «È ancora un gioco ma
la partner femminile ci trova già meno piacere. Insensibilmente il 'rega-
lo' apparirà come determinante, i rifiuti più rari» (Ba 1980: 235).

Ora è chiaro che sono molti i fattori che spingono al servizio


sessuale: miseria, violenza, anche bisogni di ricreazione impossi-
bili a soddisfare altrimenti (spesso per queste ragazzine la voglia

54
di cinema). Il condizionamento verso una sessualità riproduttiva
al servizio di un uomo nel matrimonio pesa molto fortemente.
Ma mi pare interessante mettere in rilievo il ruolo della remune-
razione in questo passaggio dal gioco al servizio sessuale. Il do-
no, si può dire, suppone e costantemente ìtnpone una differenza
nei soggetti sessuali. Attraverso una rinuncia-limitazione, della
parte che lo riceve, ai propri bisogni sessuali, al proprio deside-
rio. In tal senso il dono parla il linguaggio della dominazione.
Dare sistematicamente (o più o meno sistematicamente) in cam-
bio dell'atto sessuale di un altro non solo l' atto sessuale proprio,
ma un dono in aggiunta, implica non riconoscere la stessa urgen-
za, necessità e autonomia alla sessualità del!' altro. Essa non è in-
dipendente, può essere usata al proprio servi.zio. Si può prende-
re con il pagamento, con l' imposizione, con la violenza.
Nel!' arco di rapporti che abbiamo visto per le adolescenti
africane e che si può definire come un continuum, una sen'e di
passaggi graduali, tra cui è difficile introdurre un taglio netto, da
una sessualità di gioco erotico a una sessualità di servizio e insie-
me sul piano della transazione economica, dal dono al dono-paga-
111ento al prezzo del servizio o tariffa, vanno tenuti presenti sia le
tappe, i passaggi possibili, sia le costanti che in una società avvia-
no, spingono o forzano le donne a una sessualità di servizio in ge-
nerale, come avviene nei rapporti rnatrimoniali, o al vero e pro-
prio servizio sessuale retribuito, o sex work, corne in tante forme
dette di prostituzione. La unidirezionalità dello scambio econo-
mico - il passaggio costante o largainente prevalente del dono o
remunerazione, qualsiasi forma essa prenda, dall'uomo alla
donna - da un lato può essere visto come un importante indica-
tore della disuguaglianza, della differenza di potere tra i sessi e
dall'altro come ciò che crea il terreno per la trasformazione del-
la sessualità delle donne in sessualità di servizio.
Tutto ciò induce a una grande attenzione e cautela nell' uso
di categorie che riguardano la sessualità su compenso così co-
me nelle definizioni globali in te rmini di alienazione delle per-
sone che vi sono più vistosamente coinvolte9• Giacché un aspet-

9 Vi fu su questo una interessante discussione tra Pia Covre e Rossana


Rossnnda, cfr. «il Manifesto», 4. 7 e 8 giugno 1984.

55
to importante rischia di essere tagliato fuori se si considera solo
il livello sociologico che porta a negare la possibilità di scambio
sessuale reciproco in situazione di dominazione: la presenza,
l'affermazione di sé da parte delle donne come soggetto di ses-
sualità o anche come soggetto e non oggetto di transazione eco-
nomica, con la rottura delle regole sociali che questa afferma-
zione comporta, con la frequente perdita di quella 'rispettabi-
lità' che l'attenersi alle regole invece promette. Rischiamo cioè
di non vedere o non dare sufficiente peso e significato agli aspet-
ti di trasgressione, eresia o rivolta sessuale, all'affermazione co-
munque di un diritto alla sessualità e del diritto ad essere sog-
getti - e tra l'altro soggetti sessuali - che possiamo trovare in
tanti momenti di sessualità. Momenti che magari, su un piano
sociologico generale, possiamo anche considerare momenti di
sessualità dominata, alienata.
Le «Charity Girls» della New York operaia di fine secolo XIX
(Peiss 1984) ad esempio, si pagano sì con rapporti sessuali di servizio
un diritto allo svago, agli extra, ai divertimenti che il loro salario non
permetterebbe, ma insieme attuano un loro diritto al piacere, al gioco,
all 'esercizio della sessualità contro i canoni morali restrittivi dell'epo-
ca. O ancora, in periodi di repressione sessuale violenta, sempre nel-
1'America di fine Ottocento, e in cui medici potevano curare una ses-
sualità autoerotica troppo viva di bambine con applicazioni ripetute
di ferro rovente al ditoride e alle grandi labbra - la bruciatura ridu-
ceva subito «gli spasmi voluttuosi» prodotti con la masturbazione e si
riteneva uno de.i metodi più efficaci e da applicare assai per tempo per
«combattere l'onanismo clitorideo e vaginale delle bambine» (Rubin
1984) - in questa atmosfera violentemente repressiva, dicevo, po-
tevano tuttavia esservi spazi di resistenza e rivolta quasi inimmagina-
bili: anche qui «donne che venivano etichettate come ' facili' che pote-
vano essere o no prostitute, respingevano l'idea che il loro comporta-
mento sessuale sconveniente fosse qualcosa di cui dovevano vergo-
gnarsi o qualcosa che aveva dovuto loro essere imposto con la forza.
Vi erano giovani 'delinquenti' sessuali che traevano piacere e orgoglio
dalla loro ribellione» (DuBois e Gordon 1984).

Manifestazioni ed esperienze profondamente diverse, quel -


le delle «Charity Girls», delle ragazze «delinquenti sessuali»
americane o delle donne africane che, lo abbiamo visto (cfr.

56
cap. 1), prostituendosi si liberano dai lega1ni matrimoniali, ma
con un dato comune, l'a/fer1na1.ione di essere soggetti per con-
traddittorio e impossibile che ciò possa sembrare, creandosi
spazi che i sistemi di dominazione maschile non riescono sem-
pre a dimin,u-e totalmente o perché è quasi impossibile, se non
con la morte, l'annientamento totale del soggetto umano o per-
ché anche, a volte, l'annientamento è in contrasto con altri inte-
ressi di questi sistemi stessi.
Ma si palesano anche gradi diversi di reciprocità nei rap-
poni, livelli diversi di domesticazione o oppressione delle don-
ne come soggetti di sessualità. Così, dando peso in qualche mi-
sura al dubbio di Malinowski e alle successive affermazioni di
Weiner (1976) in tal senso, possiamo bene ammettere che le ra-
gazze trobriandesi avevano un senso di sé, del proprio valore e
dei propri diritti sessuali, ben diverso, non solo per fare un
esempio abusato da quello delle comuni ragazze borghesi di
epoca vittoriana, ma anche delle ragazze europee delle passate
generazioni e forse anche di parre delle nuove.

3. Dei pesci assai delicati

La relazione tra dono, servizio sessuale, divisione sessuale


del lavoro e dominio maschile appare in modo estremamente
chiaro in altre società. Come in alcune società dell'Amazzonia,
ad esempio presso i Mehinnku, o presso i !Kung del deserto del
Kalahari nell'Africa del sud.
Presso queste due popolazioni la sessualità giovanile non ha
lo sviluppo che la caratterizza alle Trobriand. Presso i Mehi-
naku e i !Kung infatti le ragazze vengono fatte sposare alla pu-
bertà se non prima. Per le donne i rapporti sessuo-economici
saranno perciò in prevalenza rapporti extraconiugali (e più ra-
ramente rapporti in periodi di vedovanza o tra due matrimoni)
o transazioni economiche all'interno della coppia sposata. Il
matrimonio stesso è di per sé, fin dal suo inizio, marcato da uno
scambio economico: il genero per un certo periodo dovrà dare
ai suoceri i prodotti del suo lavoro di caccia o pesca (presso i
Mehinaku dovrà fare anche altri pagamenti).

57
Scelgo queste due popolazioni perché qui si evidenzia un
aspetto importante dello scambio: il suo legame con la divisio-
ne del lavoro tra i sessi. E vi sono anche particolarmente chiari i
mezzi e i metodi che producono il condizionamento delle don-
ne e che tendono con più o meno successo a modellarne la ses-
sualità.
Lo scambio di sesso con carne o altre proteine animali ha
una larga diffusione tra le pol?o.lazioni di cacciatori o cacciatori
e orticoltori dell'Amazzonia. E stato particolarmente sottolinea-
to da Siskind (1973) e ne danno testimonianza vari altri ricerca-
tori (cfr. in particolare Kensinger 1984, Gregor 1979 e 1985 per
i Mehinaku).
Presso i Mehinaku è il pesce che costituisce la pressoché to•
talità delle proteine animali consumate. <<E il pesce è la moneta
che premia la sessualità» (Gregor 1985). Seguiamo dunque
Gregor nella descrizione di un momento di questo scambio e
nelle informazioni che fornisce sulla vita, la divisione del lavoro
e le relazioni sessuali presso i Mehinaku.
La popolazione vive di pesca e di orticoltura, con la manio-
ca come prodotto di base. È alle donne che tocca la raccolta e il
processo di depurazione della manioca per renderla commesti-
bile, processo lunghissimo e assai faticoso: le donne impiegano
da 6 a 9 ore al giorno per la preparazione del pane di manioca
(dall'estrazione dei tuberi alla cottura). Inoltre trasportano la
legna e l'acqua dal fiume al villaggio, filano il cotone, intreccia-
no amache, fabbricano la cordai e si occupano dei bambini. Gli
uomini disboscano i campi, fabbricano utensili (frecce, canoe
ecc.), e fanno scambi. Passano molto tempo in attività sociali
nella casa degli uomini. L'introduzione di strumenti moderni in
acciaio ha agevolato il loro lavoro ma non quello delle donne ri-
masto invariato.
La pesca è un'attività pressoché totalmente maschile. Ben-
ché in qualche occasione le donne possono aiutare i mariti a
vuotare le trappole poste vicino al villaggio, esse non partecipa-
no alla pesca regolarmente e in particolare sono tenute lontano
dalle grandi spedizioni di pesca e specialmente da quelle dove
viene usato il ve.leno. Gli uomini sostengono che la presenza
delle donne rovina la pesca, che i pesci «sono schizzinosi», che

58
bisogna anche evitare rapporti sessuali con le donne prima del-
la pesca, giacché i pesci sono «disgustati dall'odore dei genitali
femminili».
Tuttavia questi pesci così delicati sono la moneta con cui gli
uomini ottengono i loro rapporti sessuali e in particolare i rap-
porti extramatrimoniali. «Il pesce infatti, una volta pescato,
gioca un ruolo speciale» nei rapporti e comportamenti maschili
e femminili.
Al ritorno dalla pesca infatti prima cli entrare al villaggio dove la
pesca sarà vista, valutata da tutti e consegnata alla moglie «la padrona
della zuppa di pesce» che prepara e distribuisce il pesce alla parente-
la, il pescatore sceglie «un pesce grosso e grasso con poche lische, il
più bello della sua pesca. Chiama uno dei ragazzi che giocano vicino
al sentiero e bisbig.lia: «Portalo a Kiyalu, ma bada che il marito non sia
,,il
in casa». ll pesce per Kiyalu è yamala, dono scambiato dagli aman-
ti.». Gli uomini fanno anche altri doni ma questo, che viene dal lavoro
maschile ed è simbolo della sessualità maschile, è il dono yamalo per
eccellenza. E ne deriva perciò che «una donna attiva sessualmente è
un capitale riconosciuto per la famiglia daro che procura un modesro
ma regolare rifornimento di pesce da parte degli amanti riconoscenti»
(ibid.: 75).
La cosa prende in alcuni casi una importanza rilevante. Co-
sì è per Tamalu.
«Il caso di Tamalu, la donna sessualmente più attiva nel villaggio,
illustra il diverso significato delle relazioni per uomini e donne. Al
tempo del mio srudio Tamalu aveva 14 amanti che aveva rapidamente
accumtÙato dopo il suo arrivo tra i Mehinaku». Aveva abbandonato il
marito e nel villaggio era stata accolra piunosto freddamente. Le sue
parenti le avevano dato il benvenuto, ma gli uomini si lamentavano
de.i suoi bambini «voraci>> e noiosi, e i bambini del villaggio li maltrat-
tavano. Ma dopo poco finiscono i problemi, arrivano i doni regolari
dei numerosi amanti di Tamalu (che per cli più proteggono i suoi
bambini) ed «è chiaro che Tamalu è un capitale per la famiglia». E
Gregor ne conclude: che «le pressioni e incentivi perché una donna
entri in relazioni extraconiugali la lasciano a volte assai indifesa rispet •
to alle ava11ces degli uomini» (ibid.: 37).

La divisione sessuale del lavoro di cui Lévi -Strauss (1956)


ha mostrato il carattere artificiale, l'essere niente altro che un

59
mezzo per istituire uno stato di dipendenza tra i sessi, mostra
anche qui di essere non neutra ma orientata e asimmetrica. Non
si tratta infatti di una relazione di reciprocità ma di dominazio-
ne, come una analisi dei compiti che toccano ai due sessi e del-
l'accesso agli strumenti di produzione chiaramente mostrano
(cfr. Tabet 1979). Presso i Mehinaku la divisione del lavoro sta-
bilisce una «interdipendenza» tra i due sessi in cui le donne la-
vorano più duramente ma solo gli uomini hanno accesso al pro-
dotto più valorizzato ed è in larga misura attraverso tale pro-
dotto che essi ottengono l'accesso alle donne.
Uomini e donne Mehinaku dice Gregor sono «attratti gli
uni verso gli altri da una entusiastica eterosessualità» (ibid.: J 7,
corsivo mio). Seguiamone dunque le manifestazioni.
Il villaggio ha al suo centro una casa degli uomini dove gli
uomini passano una larga parte del loro tempo insieme. Là sono
tenuti gli oggetti cerimoniali e in particolare i flauti sacri che le
donne non devono assolutamente vedere. Lo stupro collettivo è
la pena per la donna che violasse anche involontariamente que-
sto tabù. Le donne esprimono spesso la loro paura dello stupro:
«È una cosa brutta. Ho paura degli uomini. Non voglio vedere i
flauti» (ibid.: 102). Dicono che passano la loro intera vita senza
aver visto l'interno della casa degli uomini: vedere i flauti com-
porta pericolo di morte. Il pericolo di essere stuprata a morte.
Lo stupro collettivo di una brutalità difficilmente descrivibile le-
de ogni senso di integrità personale e sociale della vittima. Esso «ini-
zia con l'esposizione pubblica del sesso della vittima. [...] le gambe
della donna sono deliberatamente tenute allargate esponendola in
modo umiliante alla vista di tutti i partecipanti». Da ricordare che nel-
la vira quotidiana, le donne, benché vadano nude, hanno una cura co-
stante di tenere posizioni che nascondono il sesso. I racconti degli stu-
pri insistono poi sul fatto che la donna viene coperta di sperma, e lo
sperma è considerato poco gradevole se non disgustoso da donne e
uomini. Gli uomini che la violentano saranno gli stessi con cui la don-
na dovrà convivere rutti i giorni e tra essi sono anche parenti classifi-
catori con cui i rapporti sessuali vi sono proibiti e considerati incesto
e di ciò è la sola donna a portare la vergogna (ibid.: 102).

Lo stupro è considerato il mezzo di controllo per eccellenza,


quello che in un passato mitico avrebbe dato agli uomini il pote-

60
re che fino a quel momento apparteneva alle donne: «Gli uomini
instaurarono la legge patriarcale strappando alle donne i loro
abiti maschili, spingendole nelle case e violentandole» (ibid.:
104). E il ricorso allo stupro di gruppo sembra delinearsi anche
per mettere a posto donne dal comportamento troppo ribelle o
non sufficientemente sottomesso. Così nei riguardi di Kalu, una
ragazza che rispondeva come non sarebbe ammesso né accetta-
bile per una donna, ai motteggi e agli insulti sessuali degli uomi-
ni, cominciava a circolare la voce che avesse visto di nascosto i
flauti sacri (ibid.: 110). Gregor nota: «Donne che si comportino
come Kalu sono in gran pericolo in società di dominio maschi-
le». E casi come questo sono stroncati con lo stupro collettivo.
Se lo stupro collettivo, presente costantemente nel discorso
di uomini e donne come minaccia, è attuato di rado, assoluta-
mente frequente, quasi abituale sembrerebbe invece lo stupro
'individuale' (e individuale è un termine assai dubbio per un
comportamento socialmente accettato, alineno dalla collettività
maschile). Una delle maniere abituali di approccio maschile è
infatti di avvicinarsi alla donna che si trova da sola fuori, affer-
rarla saldamente per il polso e trascinarla tra i cespugli (per
questa azione si usa un unico verbo antapai che significa «tra-
scinare» o «violentare»), dicendo: «Vieni, andiamo a far sesso».
A volte, dice l'etnologo, l'uomo può «addolcire» la proposta
con un piccolo regalo (ibid.: 32).
Gli uomini si lamentano che le donne sono «avare con i lo-
ro genitali». E alcune che rifiutano sempre i pretendenti sono
definite kanatalu, «donne che non amano queste cose» e sono
considerate «donne che non valgono nuJJa», ma al contempo
quelle che manifestano un interesse e iniziativa sessuale sono
considerate male; esse sarebbero vittime di magia e porcate a
sollecitare gli uomini «come se fossero uomini esse stesse».
Dunque gli uomini si trovano a chiedere rapporti che le don-
ne non hanno voglia di concedere. La sessualità che gli uomini of-
frono anche quando non vi è direttamente violenza, è assai limita-
ta: «Con poche eccezioni gli uon1ini non fanno preliminari né
toccano il sesso delle partner. È significativo che non vi è alcun
termine nella lingua Mehinaku per l'orgasmo femminile. Dalle
mie domande a informatori maschi e femmine sono incerto se vi

61
sia donna che abbia provato l'orgasmo. Certo non è qualcosa che
si attendono nel partecipare a relazioni sessuali» (ibid.: 34).
In tale contesto di chiaro dominio maschile i rapporti ses-
suali sono impostati sullo scambio economico e «le donne usa-
no la loro sessualità per assicurarsi cibo e aiuto, dando in cam-
bio rapporti sessuali» (ibid.: 33). Risultato: al momento della ri-
cerca nel villaggio studiato da Gregor, con una popolazione
adulta di 20 uomini e 17 donne, erano in corso 88 relazioni ex-
traconiugali ossia una media di 4,4 per maschio adulto (numero
massimo di relazioni 10). Nessun uomo era senza una relazione:
ogni uomo infatti quale che sia la sua età, il suo aspetto ecc. può
ottenere, attraverso lo scambio, delle prestazioni sessuali. Per
quanto riguarda le donne, le tre più artive tra le 17 donne del
villaggio avevano da 9 a 14 relazioni ciascuna, ossia quasi il
40% delle relazioni in corso (e cfr. il caso di Tamalu già riporta-
to), e 3 donne non avevano nessuna relazione.
Le relazioni extraconiugali vanno condotte discretamente
ma non rappresentano certo una trasgressione. Gli uomini si
considerano spesso uniti da una paternità collettiva poiché con-
siderano che l'embrione si formi dalla accumulazione di sperma
prodotto da più rapporti. Dicono che si tratta cioè di un «wa-
naki» ossia un «progetto maschile collettivo di lavoro» (all-male
co/lective labor project) 10, e del resto per l'uomo un tipico approc-
cio alla donna consiste nel 'comprare' i servizi sessuali della ra-
gazza con l'aiuto di uno dei suoi amanti, dando un piccolo dono
all'uno e all'altra: con ciò potrà avere un incontro sessuale con la
ragazza e al caso poi diventare anche un suo amante fisso.
Si può concludere dunque con un notevole margine di sicu-
rezza che la entusiastica eteroseJSualità che attirerebbe uomini e
donne Mebinaku gli uni verso gli altri rappresenta una specie di
lapsus etnologico e rivela la sua base: una totale (ancorché in-
consapevole) assunzione da parte del ricercatore del punto di
vista maschile 11 •

to Da ricordare che gli uomini considerano il coito non riproduttivo co-


me un «rappono senza valore» (worthles.r intercorse). Le donne di~sentono e
invece temono molto la gravidanza.
11 La descrizione antropologica dei Mehinaku proviene da un etnologo
maschio che urilizza prevalentemente dati comunicatigli dagli informatori

62
Nel caso mehinaku abbiamo visto la violenza maschile, co-
me minaccia e come realtà, incombere sul gruppo delle donne
ed essere usata come strumento di controllo generale e come
modalità di rapporto sessuale. Il rifiuto delle donne sembra al-
lora manifestarsi nello scarso interesse al rapporto sessuale se
non co111e mezzo di scambio per ottenere quakosa. Abbiamo ab-
bondanza di esempi nelle società europee e di altri continenti
che documentano la costruzione di questo condizionamento e
l'efficace alternanza della violenza e della gratificazione (cfr. Ta-
bet 1985 e vedi qui cap. 5). Questa traiettoria è particolarmente
evidente nella storia di Nisa, una donna !Kung, raccolta e pub-
blicata da M. Shostak (1983).

4. Donne non si nasce, lo si diventa 12

I !Kung sono una popolazione di cacciatori e raccoglitori


del deserto del Kalahari (Botswana, Namibia) che è stata ogget-
to di un enorme attenzione da parte degli antropologiU. La di-
visione del lavoro tra i sessi segue le linee abituali: la caccia e il
monopolio delle armi sono maschili, la raccolta è femminile. La
carne è il cibo più ricercato ed è altamente valorizzata. Tuttavia
è la raccolta fatta dalle donne che dà l'apporto più consistente e
regolare al sostentamento del gruppo.

maschi del gruppo. La sua onica maschile di base (nonostante varie dimostra-
zioni di buona volontà) è assai evidente. O ltre alla disparità di trattamen10 dei
dati riguardanti uomini e donne (ad esempio, l'analisi dei sogni maschili e
femminili, o l'omosessualità) vi sono perle vistose: Gregor ripona (ibid.: 65)
un caso di incesto tra padre e figlia; il padre, Eweje, u.no stregone remmo da
tutti, violenta la figlia adolescente e poi la costringe per molti anni a convivere
con lui come moglie. E nessuno per paura osa realmente opporsi. Da ciò Gre-
gor deduce «un'insolita libenà nelle scelte sessuali» (!) e conclude: «A giudi-
care [ ... ] dal successo di Eweje nel \'Ìvere con la figlia, l'incesto padre-figlia
11011 è lrau111atico, a/111e11011011 lo è perii padre» (ibid.: 179, corsivo mio).
12 Simone Dc Beauvoir 1949, Le deuxiè111e sexe, Gallimard, Pa.ris, t . IL:
15. E dr. Monique \X,'inig 1980.
" Cfr. in particolare gli studi prodotti in connessione con il progetto di ri-
cerche interdisciplinari diretto da I. Dcvorc e R. Lce: Lce & Oevore 1976; Lce
1979; Howell 1979; Drapcr 1999. Cfr. anche la ricerca di Marshall ( 1976).

63
I rapporti tra i sessi in questa società sono certo più eguali-
tari che tra i Mehinaku, ma anche la società !Kung è una società
di dominio maschile. E attraverso la storia di Nisa prendono un
chiaro rilievo i diversi elementi che contribuiscono al condizio-
namento e al controllo della sessualità delle donne. Nel caso di
Nisa la violenza interverrà pesantemente sul piano della costri-
zione individuale (nell'imposizione del coito coniugale alla ra-
gazza adolescente ad esempio) e insieme del modellamento del-
la persona donna all'eterosessualità. Con l'intreccio di interesse
economico e interesse sessuale che ne deriva per la donna.
La storia di Nisa ripercorre tutte le tappe della vita di una
donna presso i !Kung14• Descrive i primi momenti di sessualità,
i giochi erotici che le bambine fanno tra loro, gli interventi dei
maschi per separarle. I maschietti banno imparato osservando i
rapporti sessuali tra i genitori e cercano di imporsi: «[...] vole-
vano prendermi,» racconta Nisa, «quando rifiutavo a volte mi
buttavano a terra, mi strappavano il grembiule di cuoio e aveva-
no rapporti con me. Faceva male».
Alla fine si abitua a questi giochi sessuali che anzi comincia-
no a piacerle. Poi il matrimonio, anzi la serie di matrimoni. I
matrimoni presso i !Kung sono combinati quando la ragazza è
ancora assai giovane, spesso assai prima della pubertà. E spesso
le vengono imposti in modo assai drastico. La ragazzina non
può neppure esprimere la disperazione che a volte è tale da
spingerla a tentare il suicidio. Finché è piccola il gruppo avrà al
caso una certa tolleranza verso le sue reazioni, poi eserciterà
pressioni sempre più forti su di lei perché si adegui (Shostak
1983: 147-149). Lo stesso per quanto riguarda il rifiuto della
bambina di avere rapporti sessuali con il marito.

14 Ma cfr. anche la pungente analisi di ques1O tCSLO fatta da Micaela di


Leonardo ( 1998) che critica il neoevoluzionismo di Shostak e in panicolare la
poca attenzione alla vita materiale, al lavoro e alle competenze tecniche di Ni-
sa, e soprattuno la panecipazione, ancora una volta. al mito dei beauti/ul peo-
ple che si unisce alla tendenza frequente deU' antropologia a eludere le que-
stioni dei rapporti politico-economici, coloniali o pre e posi coloniali, che
hanno portato i gruppi alla loro attuale situazione (cfr. \'(filmsen I 989). Cfr.
anche la impressionante documentazione storico-fotografica di Gordon (2000)
e la sua analisi di Shostak e deUa ricerca sui !Kung.

64
I primi rapporti «saranno spesso traumatici» (cfr. anche Dra-
per 1999). Se non hanno ancora avuto rapporti alla prima n1e-
struazione l'uomo glieli imporrà «quale che sia la resistenza che la
ragazza possa ancora opporre». Alla pubenà della ragazza dun-
que il marito «non si asterrà più dal prendere ciò che gli appartie-
ne». E la famiglia della ragazzina non sosterrà più i suoi rifiuti.
Nisa passa attraverso rutto questo. La sua storia parla dei mariti
che le sono stati impost.i quando era ancora una bambina e «tulio ciò
che una bambina è a quel momento rifiuta un marito» (corsivo mio). E
ricorda le sue fughe nella notte, le sue minacce di suicidio, le pressioni
familiari, le minacce del fratello di picchiarla, i rapporti sessuali forza-
ti, come il marito strappi una cintura di protezione che lei si era fab-
bricata, come la violenti. come lei «ceda» per non avere ancora più
male. E i discorsi della madre, della zia, del fratello per convincerla a
sottomettersi: se respingi tuo marito, chi ti darà da mangiare? Giac-
ché sono gli uomini ad aver il monopolio della caccia, le donne dipen-
dono dunque dagli uomini. Un marito è come un padre, viene detto a
Nisa, «uccide animali e ti dà cose da mangiare». Il fratello più grande
insiste: «Perché rifiutare un marito. Un marito non è come un padre?
Ti aiuta a vivere e ti dà da mangiare. Se rifiuti di sposarti dove credi
che troverai cibo da mangiare?». «Quando un uomo sposa una don-
na,» dice la madre, «non tocca solo il suo corpo, tocca i suoi gerutali, e
fa sesso con lei». E la zia: «Un uomo ti sposa e fa sesso con re. Perché
ti tiri indietro? Ma che ci hanno i tuoi genitali, proprio quelli là?»
(1bid.: 154 e ss., 161). E Nisa commenta: «Ascoltavo tutte queste cose
e dopo capivo. Finalmente i miei pensieri hanno capito... Quando Ta-
sai voleva andare a letto con me, non lo rifiutavo più». E comincia an-
che ad «amarlo»: «Vivevamo insieme e quando mi voleva, io non ri-
fiutavo più; lui semplicemente si sdraiava con me. lo pensavo: 'Perché
mi preoccupavo tanto dei miei genitali? Non sono poi così importanti
dopo rutto. Allora perché glieli rifiutavo?'. Pensavo queste cose e mi
davo a lui, davo e davo» (ibid.: 166, corsivo mio).

Nisa impara il comportamento sessuale richiesto: accettare


il desiderio del marito come prioritario, fare l'amore, aver desi-
derio, trovarci piacere. E alla fine si riconosce nella sessualità
che le è stata imposta. Racconta come si fa l' amore, il desiderio,
gli orgasmi che tutte le donne conoscono con il marito e soprat-
tutto di nascosto con gli amanti, quali doti fisiche e sessuali le
donne preferiscono negli uomini.

65
Alla fine di un processo in cui ha subito a forza la sessualità,
ha dovuto accettare e lentamente ci si è abituata, Nisa parla con
spontaneità e divertimento del senso di 'valorizzazione' di sé
che il dono e il pagamento producono. Dice a proposito dei
suoi amanti: «Non puoi stare solo con l'uomo della tua capan-
na» (il marito), «con un uomo solo... Un uomo ti dà un solo ti-
po di cibo da mangiare». Quando si hanno degli amanti invece
si ricevono tante cose differenti: «Uno viene la notte con della
carne, l'altro con soldi, un terzo con delle perline. Anche tuo
marito fa delle cose per te e te le dà» (ibid.: 161).
Così ad esempio quando il marito sta via per qualche giorno la
donna «rimane là, ed è allora che vede i suoi amanti. Se uno dei suoi
amanti sta in un villaggio vicino ed è stato ucciso un animale, egli ta-
glierà della carne e gliela porterà. Sarà ottima carne, bella succosa e
grassa. E lui starà lì con lei e la cucinerà finché il brodo sarà ricco e
denso. Lei lo berrà e il suo cuore sarà contento. Penserà: 'Oh mio ma-
rito se n'è appena andato ed eccomi qua a bere questo brodo meravi-
glioso'» (ibid.: 272).

Nisa parla dell'intelligenza e della furbizia delle donne eco-


me è bello per una donna andare in altri villaggi: può averci vari
amanti che le daranno carne, cibo, cose:
«Anche se va con il marito, lo stesso dovrebbe avere alcuni aman-
ti. Perché ciascuno le dà qualcosa. Da uno raccoglie una cosa, da un
altro un'altra, da un altro ancora, ancora un'altra cosa. È come se i
suoi genitali valessero soldi- Sterline' Rands! Scellini! (ride). Fa la sua
raccolta in tutti i vari posti finché non ha riempito la sua cappa (ka-
ross) di perline, grembiali copri-pube e denaro» (ibid.: 271-272, corsi-
vo mio)l5.

Nella storia di Nisa, come nei dati già visti sui Mehinaku o
sulle Trobriand, troviamo riuniti e intrecciati vari ingredienti: la
divisione sessuale del lavoro che crea una differenza e una di-

" Questo senso di valorizzazione di sé dato dal dono-pagamento lo tro-


viamo in tante società anche assai diverse. Cosl l'ho trovato in interviste con
femmes /ibres del Niger o del Camerun, con prostitute italiane o tedesche.
Hans ne parla spesso a proposito di donne francesi o di altri paesi da lei inter-
vistate (Hans 1988).

66
pendenza, il dono-remunerazione, soddisfazione di bisogni e
insieme conferma di sé per chi lo riceve, lo stupro come mezzo
di coercizione e domesticazione. L'amalgama ibrido ed efficace
di necessità, violenza e gratificazione. La storia di Nisa contiene
tutti questi elementi e mostra la loro dinamica e i loro effetti. E
le reazioni della persona, le sue resistenze e le sue capitolazioni.
Rivediamone i singoli elementi.
Il matrimonio e la divisione sessuale del lavoro intanto. Ni-
sa, dopo aver subito l'imposizione del matrimonio, è oggetto di
un'opera di pressione e di educazione da parte del gruppo. Il
marito le è presentato come figura paterna, quello dalla cui ge-
nerosità dipende la sua sussistenza. Si stabilisce così un doppio
legame, quello di dipendenza economica che deriva dalla divi-
sione sessuale del lavoro e quello di dipendenza psicologica.
Nelle società di caccia e raccolta l'insieme delle attività tecno-
economiche è ripartito tra uomo e donna all'interno del gruppo
coniugale. È qui dunque che si mettono in atto le regole della
divisione del lavoro e insieme si realizza non la complementa-
rietà ma la disuguaglianza. Nel caso dei !Kung, si è visto, le
donne non hanno diritto di toccare le armi, archi e frecce sono
di totale monopolio maschile, e non fanno dunque caccia (salvo
quella per i piccoli animali che siano acchiappabili a mano o
con bastoni). I prodotti della raccolta, essenziali alla sopravvi-
venza quotidiana del gruppo, vengono nella massima parte dal
lavoro delle donne. Ma il discorso dominante, quello che viene
fatto a Nisa e che lei finalmente «comprende», non parla di
scambio di questi vegetali contro la carne, ma dello scambio ne•
cessario di sesso contro carne. E si insiste sulla dipendenza fem-
minile per quanto riguarda il prodotto più pregiato e ricercato, la
carne, che può essere o/.lenuta solo tramite il rapporto sessuale
con gli uo111i11i e in particolare con il marito. In tal modo si ten-
de a produrre (cosa tanto più facile data la giovane età delle ra-
gazze), oltre alla dipendenza materiale, una sorta di riconoscen-
za e la dipendenza psicologica dal marito come «nutritore».
Il controllo della sessualità femminile sembra, in questa
operazione, essere insieme una delle poste in gioco e un mezzo
importante di soggezione individuale, di integrazione personale
al sistema sociale. Cedendo e 'accettando' il ruolo anche sessua-

67
le di moglie, 'capendo', e infine 'amando' il marito, Nisa diven-
ta una donna. Entra cioè nel sistema di classe formato dai due
sessi in questa. società di dominazione maschile.
Nella storia di Nisa gioca l'altro mezzo fondamentale di do-
minio: la dipendenza econo1nica è messa in opera dalla violenza
sessuale. La violenza, in particolare quella sessuale, mantiene
saldamente la struttura matrimoniale e la disuguaglianza della
divisione del lavoro. E condiziona direttamente la vita e la ses-
sualità delle donne. Lo abbiamo visto tra i Mehlnaku in parti-
colare e tra i ! Kung. Dove lo stupro è la modalità del rapporto
tra i sessi e della sessualità maschile, è possibile pensare a uno
scambio reciproco di sessualità? Alla violenza si alterna il dono
e nasce allora anche fuori dal matrimonio, un altro tipo di scam-
bio, un compenso in cambio di una sessualità che gli uomini cer-
cano di definire ed ottenere secondo il loro interesse.
Inserito in questa struttura di dominazione e domesticazio-
ne, il dono si rivela come strumento di potere complesso e ambi-
guo ben più ampio del suo solo valore strettamente economico:
la frusta fa il cane, il dono fa lo schiavo, dice il proverbio eschi-
mese. Il dono porta a compimento una domesticazione che si
realizza attraverso un potente connubio di violenza e di ricom-
pensa-valorizzazione per fare accettare una norma imposta.

La possibilità di scelta di fronte a Nisa e alle altre donne è


dunque assai ridotta: o ti pieghi e accetti genti.llmente, con le
buone, e sarai ricompensata, e per di più ti sentirai valorizzata o
sarai comunque piegata con la forza 16• E la resistenza può esse-
re pagata cara, anche con la morte. La figlia di Nisa muore, con
il collo spezzato, per aver resistito al marito che voleva un rap-
porto sessuale in un periodo per lei tabuizzato.
La violenz:a e il dono arrivano così per vie diverse a produr-
re nella maggior parte dei casi il condizionament o voluto, con-
dizionamento che viene anche detto «affetto» o «amore». Co-
me nel caso di Nisa.

16 Lo spazio tra cedere a forza e cedere di buon grado è in parre quello a


cui fa allusione Lévi-Strauss quando parla di ciò che dipende in primo luogo,
dalla «disponibilità» della donna.

68
La soddisfazione delle necessità diventa anche gratificazio-
ne e conferma di sé: ricevo pe rché valgo, perché piaccio. Nisa
parla di come gli amanti trattano bene: quando una donna ri-
torna da altri villaggi, mostra alle amiche le cose ricevute e le
amiche commentano: «Oh iJ posto dove sei stata ha degli aman-
ti così meravigliosi. Ti hanno trattato proprio bene». E lei ri-
sponde: «Sentite, se siete tune belle come credo che siete e ci
andate anche voi, gli uomini vi vedranno e gli piacerete anche
voi. E allora vi tratteranno come mi hanno trattato a me» (Sho-
stak 1983: 272).
Si chiude così il cerchio: il dono mostra la sua logica di do-
minazione, ricompensando e valorizzando una sessualità impo-
sta. Nella combinazione quasi .inestricabile di servizio e di desi-
derio che abbiamo visto prodursi nell'esperienza di Nisa, il
condizjonamento a una sessual!ità che possiamo allora chiamare
sessualità di servizio, realizza la sua riuscita. Ma paradossal-
mente a tratti anche il suo scacco parziale. Giacché la plasticità
umana si manifesta costantemente come possibilità anche in si-
tuazioni insopportabili, di prendere qualcosa per sé. Di resiste-
re in qualche modo all'oppressione, di usare le carte che si han-
no in mano per giocare e avere piacere. Nisa è una persona vi-
va. Sviluppa rapporti affettivi, si diverte a ingannare il marito
del momento. Cerca e trova del piacere nella sessualità, arriva a
esprimere il suo desiderio, trova divertimento nell' uscire dai li-
miti posti dal matrimonio.
Le sue trasgressioni non si contrappongono nettamente al
sistema. Resta intatta ad esempio la divisione sessuale del lavo-
ro e i compiti spettanti nella coppia alla donna hanno la prece-
denza sulle storie extra coniugali: i lavori per «l' uomo della tua
capanna» vanno eseguiti prima di tutto, poi si possono incon-
trare gli amanti (Shosrak ibid. : 273-274). Ma restano tuttavia
trasgressioni (e come tali possono essere pagate con botte, litigi
violenti, minacce ecc.). Nel condizionamento e nella sua reazio-
ne e resistenza ad esso, nel suo trovare spazi all'interno di una
costrizione, il percorso di Nisa è ed è stato il percorso di infinite
donne.

69
5. Relazioni fuori del matrimonio, relazioni alternative al matri-
monio: la divisione tra donne del lavoro sessuale

Una ragazza non si sentirebbe umiliata se si sapesse


che aveva accettato denaro o un altro dono in cam-
bio di sesso, ma lo sarebbe se si sapesse che non le
era stato offeno nulla.
Evans-Pritchard 1'
Abbiamo visto delle forme di scambio sessuo-economico in
alcune società, la società trobriandese, la Mehinaku e la !Kung,
assai differenti tra loro ma tutte e tre a livello tecnologico relati-
vamente semplice, ed a effettivi demografici limitati, società
non divise in classi, o meglio dove esiste una sola divisione di
classe, quella tra la classe sociale degli uomini e la classe sociale
delle donne. In queste società lo scambio sessuo-economico
struttura nel loro insieme le relazioni tra uomini e donne. Le re-
lazioni sessuo-economi che fuori del matrimonio, che esse siano
preconiugali o extraconiugali, non si pongono per le donne come
alternativa al matrimonio stesso. L'esempio di Nisa è esplicito in
tal senso. Ma lo stesso si può di.re della sessualità giovanile nelle
Trobriand: essa è sull'asse del sistema che regola lo scambio
delle donne, non è contrapposta ad esso né si presenta come tra-
sgressione o rottura delle regole. Anche le relazioni extra-co-
niugali dei Mehinaku sembrano rappresentare un'integrazione
al sistema piuttosto che una trasgressione.
In altre società, società stratificate o di classe, storiche o
contemporanee, con effettivi di popolazione più importanti,
oppure società entrate in contatto con es.se (per scambi, colo-
nizzazione, integrazione in stati nazionali etc.), lo scambio ses-
suo-economico tra i due partner, quando avvenga al di fuori del
matrimonio, può presentarsi come contrapposto e alternativo al
11ratrimonio stesso. In tal senso esso riguarderà donne nubili, di-
vorziate o vedove e sarà la fonte primaria o sussidiaria che per-
metterà loro di vivere per periodi variabili della loro vita al di
fuo:ri del legame e del rapporto economico coniugale. O per

17 Dalla ricerca di Ev.ans-Pritchard presso gli Azande negli anni '20


(Evans Pritchard ed. 1974, 11} nJ.

70
elida altrimenti vi è in queste società un contingente di donne
impegnate in rapporti sessuo-economici, ossia in rapporti di
vendita di servizi sessuali (in modo professionale o no) per cui
escono (temporaneamente o permanentemente) d al matrimo-
nio e, in particolare, dalla struttura di divisione del lavoro e di
riproduzione che si realizza nel matrimonio. Si potrebbe anche
vedere in questo, per ciò che riguarda il lavoro corporeo (ses-
suale e riproduttivo) e domestico (fatto come moglie, prostituta
o serva), una forma di divisione del lavoro specifica e interna alla
classe sociale donne, una divisione del lavoro certo antica e ben
conosciuta nelle società stratificate e di classe. Oggi la globaliz-
zazione mostra proprio la continuazione ed estens,ione di que-
sta divisione del lavoro specifica della classe donne, con le
grandi migra~oni di doMe verso i paesi industrializzati dove
vanno a lavorare in larga prevalenza nei settori del lavoro do-
mestico, nel lavoro di assistenza agli anziani e ai malati e nel sex
work18•
Bisogna aggiungere che qui, nelle società di cui parliamo, la
divisione del lavoro tra i sessi evidentemente non ha nel deter-
n1inare l'accesso ai beni la funzione che ha nelle società di cac-
cia e raccolta o di orticoltura. Difatti non si tratta dell'accesso a
un tipo specifico di prodotti 19, condizionato per le donne alla
presenza o meno della relazione con un uomo (padre, marito
ecc.). In queste società stratificate la divisione sessuale del lavo-
ro condiziona - insieme alle altre istituzioni che regolano I'ac-
cesso a beni, proprietà ecc., legate ad altre divisioni sociali, di
casta, di classe, di ' razza' - le possibilità generali di accesso del-
le donne alle risorse comuni, ai beni mobili e immobili e ai mez-
zi di produzione. La differenza di accesso alla proprietà, diffe.
renza a favore degli uomini, oltre che, là dove esiste il lavoro sa-
lariato, la disparità dei salari e la discriminazione nell'accesso al
lavoro, specie per gli impieghi più qualificati e meglio pagati,

18 E devono spesso come mogli (mogli per procura, o mail order brides)
assumersi insieme il carico del lavoro domestico, di assistenza, il lavoro ses•
suale coniugale con procreazione e magari anche il lavoro agricolo (\'<'ijers e
Lap-Chew 1997 e come risulta da moire ricerche in corso).
19 Come i prodoui di pesca o caccia nei cnsi d ei Mehinaku e dei ! Kung.

71
sono gli elementi materiali ben noti che continuano a produrre
la dipendenza generale delle donne dagli uomini, anche sul pia-
no individuale, e pertanto a porre lo scambio sessuo-economi-
co come forma generale dei rapporti tra i sessi20 •
Nelle società stratificate dunque il servizio sessuale di per
sé, separato dagli altri elementi quali lavoro (domestico o anche
altro) e procreazione che caratterizzano le relazioni matrimo-
niali, può costituire il mezzo diretto di sussistenza per le donne
e questo fatto di per sé segna una frattura. Lo scambio sessuo-
economico, lo vedremo nel prossimo capitolo, si presenta così
in forma scoperta e diviene oggetto di una negoziazione se.m pre
più esplicita rispetto a ciascuno dei suoi elementi (pagamento,
modalità della prestazione e sua negoziazione, durata del servi-
zio). Il servizio sessuale allora è offerto e gestito direttamente

20 Il ge11der gap o scarto tra guadagni maschili e femminili è campo stu•


diato e monitorato. U gap è per lo più assai rilevante. Così, pe.r dare un escm·
pio, per gli Stati Uniti la differenza generale per reddito (compresi i salari) e
per i salari _per il periodo 1947-1991 è come segue (Jacobsen 1994: 52, table
2.8):
Media11 a1111ual income ratios, wome11 to men, 1947 to 1991
Ali perso11s with im:ome Year-ro1111d full-time workers
1947 0,46 -
1950
1955
0,37
0,3.3
-0,64
1960 0,31 0,61
1965 0,30 0,60
1970 0,34 0,59
1975 0,38 0,59
1980 0,39 0,60
1985 0,44 0,65
1991 0,51 0,70

Da sottolineare che il 1990 fu il momento di «minor» divario, <li massimo


guadagno per le donne, «la prima volta cl,e le donne superarono la barriera dei
70 centesimi» («Jhe /irst time women broke the 70-cenl barrier»), guadagnando
71 centesimi per un doUaro guadagnaro dai maschi nel caso di «year-round full.
time workcirs» (Jacobsen 1994: 52-53, corsivo mio). La differenza varia in peggio
(rispetto ai dati nella tabella) se i calcoli si basano sulle ore di lavoro o altri criteri
(es. età) dr. ibid.: 53 e Sgura. E ancora più grandi sono le differenze o.elle pensio-
ni percepite: (ibid.:55). Per dati su paesi non industrializzati, cft ibid.: 426 ss.

72
dalle donne che lo forniscono e che sono allora partner e sog-
getti dello scambio. Ma il servizio sessuale viene fatto anche in
sistemi di sfruttamento statali o privati, dove lo scambio è gesti-
to e diretto da altri, in un arco di rapporti di lavoro dipendente
cbe giunge fino alle forme di prostituzione forzata, in cui il la-
voro sessuale delle donne è sfruttato in una varietà di rapporti
che si possono definire di schiavitù.
Ricordo però che da un lato le due modalità di scambio so-
no diversissime anche come peso sociale e dall'altro che non sa-
rebbe assolutamente corretto identificare direttamente queste
varie forme con la prostituzione. La divisione, giova ripeterlo, è
tra scambio diretto t ra l'uomo e la donna, scambio in cui quale
che sia il potere di negoziazione di ciascuno, la transazione ha
luogo tra i due partner, soggetti del rapporto2 1, e per contro lo
scambio nel quale l 'uomo che avrà accesso alla donna in modo
durevole o per singoli atti sessuali, dà un dono o pagamento o
comunque si accorda con chi detiene diritti sulla donna22 • Ele-
menti ulteriori di differenziazione delJe relazioni sessuo-econo-
miche saranno il carattere più o meno esplicito dell'offerta e
della negoziazione (si ricordi il peso legale negativo attribuito
in tanti paesi alla «sollecitazione» da parte della donna) e d' al-
tro lato la più o meno ampia possibilità per le donne di gestire il
servizio negoziandone gli aspetti.
Rapporti delle organizzazioni internazionali descrivono
questo continuum, il suo legame con l'accesso ineguale all'istru-
zione al lavoro e alle risorse che produce una costante dipen-
denza economica delle donne. Il servizio sessuale è allora la ri-
sorsa di scambio che si richiede loro:

l l E questo è quanto avviene in contesti che vnnno dal r1tpporti tro fidnn.
zati, ecc. a q uelli ira marito e moglie nel matrimonio ai rapporù extraconiuga-
li tra amanti e infme ai rapporti espliciti di sesso commerciale come nella pro-
stituzione a tariffa.
22 In questa categoria non entrano solo le transazioni come a) l'acquisto
di una concubina o schiava; b) l'accesso a prostitute dipendenti da altri (bor-
delli privaù o di stato, donne proprietà di capi, magnaccia ccc.) ma anche e) il
prezzo della sposa pagaio dal marito o dalla sua parentela alla famiglia e pa-
rentela di lei ed) gli indennizzi che in tante popolazioni il marito riceve in ca-
so di stupro o di adultedo della moglie o che sono pagaù al padre della ragaz-
za in caso di stupro o seduzione della ragazi-~.

73
«Si può dipendere da un «sugar daddy», da un marito o da un
partner fisso, da vari partner maschi che hanno avuto figli con la don-
na oppure per le donne che sono nella prostituzione da una serie cli
clienti. Chiaramente per le ragazze e le donne di molte culture il sesso
è la «moneta» con cui ci si aspetta che esse paghino per quello di cui
hanno bisogno, da un esame scolastico ad una licenza di commercio o
un permesso di passare una frontiera» (UNAIDS 1997)23 .

Vediamo allora una situazione che ha spesso attirato l' atten-


zione di ricercatori locali e stranieri, dei politici e dei media dei
paesi in questione: la diffusione e varietà di relazioni sessuo-
economiche presenti nei paesi africani, in particolare in conte-
sto urbano24• Vi possiamo ritrovare con qualche trasformazio-
ne, e in forma assai esplicita e aperta, molti degli elementi che
abbiamo visto fin qui. Dato costante e per di più apertamente
riconosciuto è che in tutte le relazioni il rapporto tra i due sessi
è un rapporto di scambio economico: gli uomini devono pagare
ciò che le donne danno loro in ambito sessuale. Questo appor-
to finanziario potrà essere di peso e modalità diversi.
Così in Ghana, in paese Ashanti:
«D passaggio di cibo o denaro dall'uomo alla donna occupa un
posto centrale nel matrimonio e nelle relazioni amorose in Ashanti.
[...] Un uomo può manifestare il suo interesse sessuale per una donna
dapprima dandole soldi perché cucini per lui. [. .. ] Il 'chop money'» (i
soldi per la cotoletta, 'soldi per il cibo' nell'inglese del Ghana) «è in-
sieme un pratico arrangiamento economico e un simbolo d'amore.
I.:interesse che un uomo ha per una donna è indicato da quanto cer-
chi di soddisfare le necessità di lei» (Abu 1983: 160-161).

Un «simbolo d'amore» scambiato sempre nello stesso sen-


so. E legato alla dipendenza quasi costante delle donne dal loro

2l Ciò che si trasforma owiamente per le donne anche in ua gravissimo


fattore di rischio nei riguardi di Aids e delle altre malattie a trasmissione ses-
suale (ma su ciò si tornerà più avanti) oltre ad esporle a ogni tipo di violenza
(cfr. in particolare il rapporto di Radhika Coomaraswamy, 1996).
24 Per riferimenti bibliografici cfr. anche cap. I n. 6. Va ricordato che con
la pandemia dell'Aids le ricerche sulla sessualità, molte fatte da organismi in-
ternazionali o con il loro aiuto, hanno avuto un grande sviluppo e hanno con-
tribuito anche a rimettere in discussione approcci e metodologie di ricerca in
questo c.ampo (cfr. cap. 5).

74
«capitale» sessuale, per usare un'espressione delle prostitute
italiane.
Una remunerazione-dono, cioè a discrezione dell'uomo,
anche in denaro, non è solo considerata legittima: è quello che
le donne si aspenano dagli amanti (cfr. anche Vidal 1986), sia
che questo costituisca la base della loro sussistenza, sia che esso
non sia che un supplemento al loro salario. In queste relazioni
sessuo-economiche troviamo assai spesso ma non esclusiva-
mente, donne (nubili, divorziate o vedove) che emigrano dai
villaggi e vanno a vivere da sole nelle città. L' «aiuto» da parte
degli amanti rientra assolutamente nelle regole: il 93% delle
studentesse di una piccola città del sud del Ghana raccontano al
ricercatore di avere relazioni con impiegati e la maggioranza di-
ce che tali rapporti servono loro per potersi mantenere a scuo-
la, molte dicono anche che le madri approvano queste relazioni
poiché cosl le ragazze imparano a cavarsela da sole (Akuffo
1987 citato in Caldwell et al., 1989: 204, che riportano molti al-
tri studi con dati simili). E una ricerca in Ghana (come quella di
Evans-P ritchard tra gli Azande e tante altre) sonolinea il fatto
che <<nessuna donna che abbia rispetto per se stessa rimarrebbe
in una 'amicizia' senza una ricompensa materiale.» (Bleek 1987,
citato in Caldwell et al. 1989: 204, corsivo niio).
È chiaro che le donne metteranno in campo tutte le loro ri-
sorse e in particolare la loro giovinezza per ottenere quanto serve
loro, da denaro a pagamenti vari a posti di lavoro. E la remunera-
zione varierà anche secondo il tipo di rapporto e potrà consistere
sia in pagamento immediato del servizio sessuale sia in aiuto eco-
nomico vario che può essere pagamento di affitto, abiti ecc., o
anche ottenere buoni voti a scuola o pagarsi le casse e spese scola-
stiche. sostegno per i casi o momenti difficili, presentazione a
qualcuno di importante per ottenere qualcosa (un impiego, un
buon posto ecc.) o ancora il mantenimento vero e proprio.
Uno studio sulle giovani iinpiegate di Accra (Dinan 1983)
mostra come tali rapporti non siano un fatto solo della moder-
nizzazione e urbanizzazione ma si radichino nella struttura tra-
dizionale dei rapporti tra i sessi:
«Nella tradizione sembra che l'atto sessuale fosse considerato un
se.rvi.z io e che l'etica sessuale funzionasse secondo gli stessi principi etì-

75
ci che regolavano altri servizi: erano basati sulla reciprocità. Nel siste-
ma di corteggiamento tradizionale l'uomo scambiava doni di valore
con servizi sessuali. Nel matrimonio la reciprocità richiedeva alla don-
na servizi sessuali e procreativi in cambio del suo mantenimento»25 .
I:urbanizzazione allarga enormemente e favorisce le possibilità di scam-
bio: «L'ambiente urbano fornì alle donne l'occasione per usare la loro
sessualità proprio in questo modo :strumentale» (Dinan 1983: 353).
Le donne intrattengono spesso vari rapporti con uomini, sia celi-
bi che sposati Il potere degli uomini fa sì che abbiano «un ruolo cru-
ciale nella vita delle donne», sia come datori di lavoro o superiori che
le aiutano nella carriera che come «boy-friends paganti». Per le ragaz-
ze vi è così la possibilità di evitare il matrimonio almeno per un tempo
considerevole.
Una tatti,ca imporrante di queste ragazze di Accra, era il coltivare
relazioni sia occasionali che stabili ma in ogni caso remunerative, con
uomini scapoli per lo più professionisti o impiegati che costituivano
per loro una importante e regolare fonte aggiuntiva di entrate rispetto
al loro stipendio. E queste ragazze dunque dicevano che non pensava-
no di sposars.i.
Le altre sfruttavano invece quella che ad Accra era nota come re-
lazione tra 'sugar daddy' e 'gold digger' (paparino di zucchero e cerca-
trice d'oro). Erano relazioni con uomini sposati più anziani ed erano
relazioni particolarmente fruttuose specie dal punto di vista finanzia-
rio. Le donne erano molto franche a proposito di queste storie e assai
pronte a spiegare i vantaggi di queste relazioni rispetto a quelle con
giovani scapoli: «Vedi, gli uomini sposati, quelli ti danno tutto. Il ra-
gazzo giovane no. TI inviterà fuori e basta. Ma quelli sposati faranno
tutto - ti pagano l'affitto, ti danno argent de poche - tuno. Ecco per-
ché noi ragazze preferiamo gli uomini più vecchi sposati. Ecco perché
ci vedi in giro con questi 'sugar daddies'» (Grace, 22 anni, segretaria,
etnia Ewe)» (Dinan 1983: 356-357).

2' Vorrei n otare come qui, anche per il ricercatore, lo scambio sessuo-eco-
nomico appaia a tal punto «normale» da non essere più visto per quello che è:
la nozione di reciprocità - quella cbe faceva, e giustamente, t anto problema
per Malinowski - è accettata senza discussione come la popolazione studiata la
presenta, ossia non per indicare uno scambio reciproco di sessU1alità ma un ser-
vizio sessuale contro un pagamento. Cosl scompare, viene semplicemente, in-
volomariamenre, dimenticata la sessualità della donna - esiste solo quella ma-
schile per cui viene dato il servizio - e nei casi matrimoniali scompare anche il
lavoro domestico della donna (e magari in ambiente tradizionale anche il suo
lavoro agricolo che spes.so è compreso nel 'pacchetto' scambio).

76
Un'altra ragazza racconta di un fidanzato che le dava solo i soldi
dell'autobus quando lei lo andava a trovare: «Cosl ho pensato che,
stancandomi in quel modo, andando avanti e indietro cosl, ho pensa-
to che stavo sprecando il mio tempo, e che dovevo cercanni un altro
ragazzo (Helena, commessa)» (;b;d.: 348). Analogamente molto spes-
so le donne da me intervistate nel corso della mia ricerca a Niamey nel
1986, impiegate, studentesse, o altro, divoniate, mi rispondevano che
non avrebbero avuto tempo da perdere con uno che oon desse loro
nulla.

Lo scambio dunque per queste donne rappresenta la possi-


bilità di accedere a oggetti e consumi impossibili con i loro sala-
ri generalmente bassi. Ma spesso - in particolare per donne
senza istruzione e dunque senza possibilità di trovare un impie-
go, o ànche per donne che, uscire dà un matrimonio, non han-
no né lavoro né altro per mantenersi - le prestazioni sessuali co-
stituiscono l'unico modo di sussistenza in città. È un mezzo
però che secondo i casi potrà anche permettere alle più fortu-
nate di mettere da parte soldi per costruirsi una casa, o di met-
tere su una piccola impresa commerciale o altro, o viceversa
potrà dare appena il minimo indispensabile, e nelle situazioni
più disperate si tratterà solo dii survival sex, di servizio sessuale
come mezzo di pura sopravvivenza.
Le relazioni variano dunque per la loro durata, per il loro
carattere esplicito o meno, infine per la possibilità di negozia-
zione che hanno le donne. E sappiamo che il compenso, quan-
do è oggett o di richiesta esplicita da parte delle donne come
contropartita di se.rvizi sessuali dati o da dare, fa qualificare la
donna come prostituta. Ma non vi è una frontiera oetta tra le si-
tuazioni in cui le prestazioni sessuali sono il lavoro esplicito e il
mezzo di sussistenza della donna e le altre situazioni descritte.
Né per la donna che vive del servizio sessuale, magari anche a
tariffa, si tratta di una condizione permanente. È una fase tran-
sitoria che può concludersi con un nuovo matrimonio o con il
passaggio ad altra attività. Si t!l"atta cioè di una condizione che
non è ghettizzata e per così dire definitiva come è o è stata spes-
so io Europa, ma di passaggi più o meno fluidi da un tipo di re-
lazione a un'altra.

77
Lo scambio sessuo-economico nelle sue varie forme, dalle
più esplicite alle più coperte, è divenuto oggetto cli ricerche an-
che nei paesi occidentali.
Hans ad esempio mette in rilievo per la Francia (e per altri
paesi) l'insieme di relazioni economiche nel matrimonio e il
quadro giuridico che nel tempo ha in1posto e regolato la dipen-
denza economica e finanziaria delle mogli (Hans 1988: 192 e
ss.): leggi che regolano l'accesso delle donne al denaro, che sta-
biliscono il diritto delle donne a versare o ritirare soldi in banca
(1895), a ricevere direttamente il proprio salario (1907), a gesti-
re i propri beni e risparmi (1965). Si ricordi il fatto pressoché
incredibile che in Francia «l'uguaglianza legale totale tra coniugi
data solo dal 23 dicembre 1985»! (Hans 1988: 194, corsivo mio).
In un modo o nell'altro, scrive Hans, gli uomini possono «paga-
re per godere, praticare un commercio amoroso unilaterale. In
modo crudo, dando soldi, in modo coperto, facendo regali»
(ibid. : 158}. Ma Hans rileva anche l'effetto dj questo per l'a.l tra
parte: come le donne sappiano che da un lato non bisogna farsi
comprare (incombe anche la pa.ura dello stigma di puttana) ma
dall'altro che un dono costoso da parte dell'uomo dà loro valo-
re. L'intreccio imbrogliato tra pagan1ento, senso cli valorizza-
zione di sé per chi riceve, e il suo risultato: il condizionan1ento e
controllo delle donne.
È noto che storicamente, in Europa come negli Stati Uniti,
i salari femminili sono stati inferiori a quelli degli uomini. Era
sottinteso quand'anche non era detto esplicitan1ente che le la-
voratrici dovessero ricorrere all'aiuto maschile, a qualche «si-
gnore» che potesse dare loro cose che il loro salario non per-
metteva. Così nella New York d i fine '800 i manager dei negozi
suggerivano chiaramente alle loro impiegate di trovarsi un
«gentleman friend» che arrotondasse i loro miseri salari e pro-
curasse loro abiti e divertimenti. E le can1eriere erano portate
ad accettare le avances dei clienti per avere mance e inviti fuori
(Peiss, 1984, 1986). Per le ragazze e donne in città la possibi-
lità di procurarsi cose di prima necessità come quella di acce-
dere a divertimenti e svaghi assai spesso passava per il servizio
sessuale.

78
Così a fine Ottocento a New York vi era un uso detto «treating»
che le ragazze apprezzavano al punto che la lavoratrice che non l'otte-
neva se oe faceva quasi una colpa: non riusciva ad essere abbastanza
attraente. Nel «trellting» le donne si pagavano le entrate alla sala da
ballo o il biglietto di autobus per arrivare a sale o parchi di diverti-
menti, dovevano poi contare sugli uomini per rutto il resto; gli uomini
pagavano da bere e altro (in inglese treated) alle donne che li accom-
pagnavano, ma in cambio si aspettavano una disponibilicà sessuale
che poteva andare dal flirt al rapporto sessuale (Peiss ibid.). Stansell
descrive un quadro molto simile nella New York di mezzo secolo pri-
ma, con lo scambio di favori sessuali per denaro, cibo o bere, quello
che la generazione successiva chiamerà «treating». Ma spesso la situa-
zione a cui devono fare fronte le donne che lavorano in città è di mise-
ria nera, spesso si tratta di vedove, mogli abbandonate o ragazze orfa-
ne: le inchieste dell'epoca descrivono «il lato più duro del lavoro fem -
minile, quando non c'erano soldi neppure pe.r comprare il mangiare,
altro che per i biglietti di teatro», parlano dei salari miserabili e insuf-
ficienti per la sen1plice sussistenza, di situazioni insostenibili senza
l'appoggio maschile (Stansell 1987: 176). E per molte donne il lavoro
più o meno occasionale come prostituta allora diviene l'unica soluzio-
ne. Lo stesso quadro emerge dalla ricerca di E. Benabou (1987} sulla
Parigi di prima della Rivoluzione.
Anche in queste società, in cui comunque il potere econo-
mico degli uomini e la profonda disuguaglianza di accesso alle
risorse sono la base dei rapporti tra i sessi, vi è una rete com-
plessa di rapporti a cui posso solo fare cenno e cbe vanno dalla
dipendenza economica e scambio sessuo-economico nel matri-
monio26, alle varie forme di prostituzione o sex work esplicito,
che sia esso regolare o come integrazione economica di fine me-
se, allo scambio di sesso praticato occasionalmente o regolar-
mente per una serie di beni e vantaggi. E ~enza d1,1bbio vi po·
tremmo ritrovare coa qualche variazione molti degli elementi vi-
sti per le città africane. Tale è ad esempio una situazione tipica e
ben nota, oggetto costante di battute e pettegolezzi: la frequenza
nei posti di lavoro di rapporti delle donne con uomini in posi-

26 Per il rapporto rra macrimonio, divorzio e s1aru10 economico delle


donne, tra le tante ricerche mi preme rimandare all'importante analisi teorie•
ili Delphy 1974 [ 1998).

79
zione di potere e che ne possono agevolare la carriera, ciò che
uno studio sulle «mantenute» in Inghilterra chiama «sleeping
your way to the top», farsi strada via letto (Salamon 1986). O an-
cora se vogliamo pensare alle forme occasionali, forme che non
sono strettamente di sussistenza, ma che proprio a causa della
loro frequenza e apparente irrilevanza mostrano il condiziona-
mento generale a una sessualità di servizio e allo scambio ses-
suo-economico, ricordiamo quello che appare come «un fatto di
costume» e che è, si può dire, la forma moderna del «treating»:
l' uso degli inviti da parte maschile a cena, a divertimenti, week-
end etc. che permette a ragazze, operaie, studentesse, impiegate
qualche momento di maggior benessere e svago. Particolarmen-
te frequente durante viaggi e vacanze è però abituale, se non ad-
dirittura obbligatorio, anche al di fuori di questi periodi, ad
esempio nelle situazioni tipiche del corteggiamento2 7•

Sul piano delle modalità del rapporto dunque in queste re-


lazioni - siano esse quelle delle/emmes libres di Niamey o delle
adolescenti o giovani donne che entrano in molteplici relazioni
sessuali a compenso in altre città africane, delle ragazze tro-
briandesi, quelle delle giovani operaie della New York di fine
'800 o degli inviti a cena delle studentesse e impiegate attuali
per accennare solo alcuni casi - si manifesta un aspetto impor-
tante che abbraccia l'intera gamma delle relazioni sessuali, l'a-
spetto della quantificazione.
Dall'assenza di misura precisa e stabilita nella retribuzione
diretta della partner femminile (non parlo qui delle varie forme
di scambio economico tra gruppi in occasione di matrimonio),
e insieme dalla mancanza di delimitazione (anche quantitativa)
rigorosa dei servizi, si passa per gradi28 alla definizione del rap-
porto e alla sua quantificazione in termini

27 Ad esempio le forme dd «dating» nord americano in uso soprattutto


fino agli anni '70-'80, e che riguardava largamente ma non solo le classi medie
e medio-alte, cfr. Fassin 1997 e bibliografia ivi.
28 È ben chiaro che questo passaggio non va inteso in senso temporale
ma come esposizione di tipologie differenti e che possono anche coesistere
nello stesso periodo e luogo.

80
I O di retribuzione, con un passaggio graduale del dono più
o meno obbligatorio e di varia natura al prezzo o tariffa per ser-
vizi specificati (con un variare delle forme di negoziazione, dal-
le strategie 'implicite', di 'seduzione', alla negoziazione contrat-
tuale ed esplicita);
2° di tempo;
3° di specificazione (dall'essere la donna 'a disposizione' fi-
no a rapporti con servizi chiaramente delimitati);
4° di specializzazione del servizio (con la separazione tra
l'altro del servizio domestico, del sostegno psicologico e simili
dal servizio sessuale), fino a giungere alla definizione e al prez-
zo dei singoli atti o servizi forniti.
Dell'arco di variazioni così prospettato fanno parte forme
matrimoniali e relazioni sessuali di vario genere (non matrimo-
niali) comprese quelle di «prostituzione» e di queste ultime so-
lo alcune si pongono a uno degli estremi con la tariffa calcolata
in base al tempo e a servizi specificati. Con le forme a negozia-
zione esplicita e a tariffa si ha per certi rispetti un salto che cor-
risponde a una più netta definizione del servizio sessuale come
prestazione di lavor<>29 e insieme al massimo di stigmatizzazione.
Il processo di introduzione della misura definisce lo statuto del
servizio sessuale e pone lo scambio sessuo-economico come
rapporto di lavoro.

La transazione economica si pone al centro del rapporto tra


i sessi e infine al centro del rapporto sessuale, al punto che l'e-
rotismo, il piacere stesso si misura sul metro della transazione
economica che arriva a produrre. Così in Niger, come del resto
in altri paesi, le donne fanno ricorso a vari tipi di afrodisiaci più
o meno costosi. Si tratta di creme o polveri di uso intravaginale
e servono a <<Stringere» la vagina e stimolare l'eccitazione e il

29 Barbara de Zalduondo (1991) propone di dis1inguere secondo il tipo


di scambio tra «exchangc» e «sale» (scambio e vendiia) e per l'oggeuo ira
«sexual servire» e «commodity» (servizio sessuale e merce). Vendita e merce
distinguerebbero la prostitu,Jone dagli altri rapporti sessuo-cconomici. Non
entrerò qui nella discuss.ione mn vorrei sottolineare che la distinzione è in
questi rnpporti nssni d ifficile e sfumata.

81
piacere, soprattutto dell'uomo. Le/em,nes libres, le wey kuru o
karuwai che ci tengono a essere molto curate utilizzano queste
creme o polveri nei rapporti con i loro amici o amanti, ma a vol-
te anche le mogli le usano.
A Niamey si trova una di queste creme speciali, considerata
l'afrodisiaco più potente. È carissima: un vasetto minuscolo co-
sta quanto una ventina di pasti nei ristoranti locali a buon mer-
cato ed equivale all'incirca a un terzo dello stipendio mensile di
un impiegato di basso grado. Ma se ne può acquistare anche
un' inezia, quanto sta sulla punta di un dito, e costerà allora
1.000 franchi, la paga di un giorno: è la dose per una notte. Il
suo nome «Macchina, villa o viaggio alla Mecca» indica gli ef-
fetti mirabolanti che le donne sperano di ottenerne: «Quando
lui monta non potrà più scendere e dirà: 'Bello! Ah, bello!' e
esclamerà: 'Cosa vuoi, una ,nacchina, una villa o un· viaggio (let-
teralmente: una poltrona) alla Mecca?'»>0 . Massimo di piacere
per l'uomo, massimo guadagno per la donna.
Il carattere miracoloso attribuito a questa crema afrodisiaca
sottolinea un dato già messo in rilievo: in questa lotteria costi-
tuita dalla crema stessa, l'aspetto economico reale è quasi eclis-
sato dall'aspetto simbolico di una possibile illimitata genero-
sità. Il dono diviene qualcosa cli gratuito, insieme un gesto di
totale munificenza e una manifestazione di potere. Dispensatri-
ce di un piacere forse straordinario ma non scambio di piacere,
la crema è un po' il paradigma dello scambio sessuo-economico
e della struttura di disuguaglianza nella sessualità.
Il significato simbolico supera quello economico in altri ca-
si e a volte vi può anche essere solo il significato simbolico, il
gesto. Così quando i ragazzi trobriandesi danno una conchiglia
o un fiore alle bambine o adolescenti con cui fanno giochi di ti-
po erotico, non è certo il valore del dono che conta. È il dispie-
garsi di un modello di rapporto, è l'affermazione tramite il ge-

>0 lmcrviste a una commerciante che vende queste creme e polveri, e a


wey kuru che le utilizzano (Tabet, Niamey 1986). Ricordo che il viaggio o pel-
legrinaggio alla Mecca oltre a cosàtuire un dovere religioso dà, a chi lo com-
pie, il titolo di hadj m. o badja f. e insieme uno scarut0 e una maggior conside-
razione sociale.

82
sto, per gentile che possa parere, di una disuguaglianza tra i due
soggetti di sessualitàn. E d'altronde è un linguaggio che cono-
sciamo bene. Cosa dicono infatti, negli Stati Uniti o in Europa,
i mazzi di fiori che vengono offerti alle ragazze corteggiate o la
pratica del «dating»? Sotto l'apparenza di gesto di cortesia e at-
tenzione cosa dichiarano in re.altà questi 6ori se non che vi è un
solo soggetto che può chiedere e una sessualità che ha più dirit-
ti. Attraverso questi rituali sociali fa capolino il linguaggio del
potere. I fiori non sono un pagamento né denaro. Essi sono non
di meno un discorso che proclama la subordinazione della ses-
sualità delle donne.

Ja 1) condizionomenro allo scambio sessuo-economico come modello del


rapporto eterosessuale comincia molto presto. Sono gli anni dclla seconda
guerra mondiale e c'è il razionamento. In un villaggio fuori Parigi i maschietti
di 6-10 anni fanno la corte alle bambine offrendo loro doni mi.nimi ma prezio•
si, un po' di zucchero o altri regali di cibo tolti dalle proprie razioni. Alle
bambine non sarebbe mai venuto in mente di offrire doni ai loro preferiti (co-
municazione di uno delle bambine di allora, Simone Aubem). La dire,,ione
dcllo scambio è chiara e già del 1uuo defmica. Non meno che per i Trobrian-
desi sta ai maschi donare qualcosa in cambio di sessualità, ch,e questa sessua-
lità sia al livello di un sorriso o gioco infantile o più tardi dd rappono s~ual<!
con una ragazza o donna adulta.

83
3.
I denti della prostituta: negoziazione
e misura nello scambio esplicito

1n questo contesto il prezzo della prostituta non era


sottomissione allo sfruttamento sessuale maschile ma
un modo di trasformare una relazione unilaterale in
relazione reciproca. Se questa educazione al comare
su sé stessa (self-reliance) era aspra, le lezioni sulle
conseguenze della dipendenza eterosessuale spesso
non lo erano di meno.
Stansell 1987: 185

In un contesto generale di dominio degli uomini sulle don-


ne i rapporti tra i sessi non costituiscono uno scambio recipro-
co di sessualità. Si stabilisce un altro tipo di scambio: non ses-
sualità in cambio di sessualità, ma un compenso in cambio di
una prestazione, un pagamento (in valore economico ma anche
in valore-prestigio, status sodale, nome) in cambio di una ses-
sualità che la classe degli uomini cerca di definire nel proprio
interesse, una sessualità largamente trasformata in servizio. Lo
scambio sessuo-ecooo1nico diviene così la forma generale dei
rapporti tra i sessi e struttura la sessualità stessa.
In certe condizioni lo scambio sessuo-economico diversa-
mente da quanto avviene nel matrimonio, non comprende l'in-
sieme delle capacità delle donne (riproduzione, lavoro, sessua•
lità), ma può riguardare solo e specificatamente la sessualità. Si
cre-à così (cfr. cap. 2) un contingente di donne unpegnate, in for-
ma professionale o no, in rapporti di vendita-prestazione di ser-
vizi sessuali. In questo scambio esplicito le donne possono an•

85
che porsi come partner e soggetti della transazione e non come
oggetti di essa (diversamente da quanto awiene nelle transazio-
ni tra gruppi per lo scambio matrimoniale da un lato e dai rap-
porti di lavoro sessuale forzato, prostituzione forzata dall'altro).
Questa scelta fondamentale, quali che siano le condizioni
che l'hanno determinata, produce delle situazioni assai diffe-
renziate per ciò che riguarda le possibilità per le donne di sce-
gliere il/i loro partner e di negoziare esplicitamente i termini
della transazione, la misura della remunerazione e le prestazio-
ni da fornire in cambio.
Cercherò di mostrare qui come parallelamente a una gestio-
ne sempre più larga ed esplicita del contratto da parte delle
donne (possibilità di stabilire i prezzi e le prestazioni) si realizza
un processo che porta a separare il servizio sessuale dall'insie-
me di prestazioni nel quale è incastrato, a dissociare, per la per-
sona che lo fornisce, il servizio sessuale dall:a sessualità e a porre
il servizio sessuale semplicemente come lavoro1•

l. Fissare il prezzo, fissare i limiti

Il cliente è un lupo, ma la prostituta (parlando della


prostituta che sia una professionista, non della tossico-
dipendente o della povera bambina che arriva nla pri-
ma volta), la prostituta alla fine ci ha i denti più lunghi.
Pia Covre, conversazione, Pordenone 1986

Prendia.mo quattro situazioni.


1. La situazione e il discorso di prostinrte italiane:
«Quando tu entri nella prostituzione, specie giovane e senza una
persona che ti guidi nella prostituzione, all'inizio pensi - come tutte le
donne -che l'11omo ti paga e q11indi sei a sua disposizione. Succede che
la prostituta giovane o comunque nuova del mestiere questo gli fa del-
le richieste e lei non sa quale è il suo punto limite. Poi impari molto in

1 Un'awe«enza: qui non sto parlando necessariamente di un processo


storico ma sto delineando a grandi linee delle tipologie. Più tipi di rapporti
possono essere compresenti in una società o periodo e non sono dunque qui
esposti ne.I senso di una evoluzione storica.

86
fretta che ogni cosa ha 1111 preuo e tu poni i preu.i, a tutte queste cose.
Tu vai, stabilisci un prezzo» (Pia Covre, Roma 1986, seminario al
Centro Culturale Virginia Woolf).
«È una cosa che impari sulla strada, parlando con le altre. Io non
sapevo neanche che si usava il preservativo. I p:rimi rapporti sono stati
pagati male, molte volte non pagati. Non sapevo che bisognava farsi
dare i soldi prima. Non riuscivo a farmi pagare. U preservativo è im-
portantissimo. Non per anticoncezionale (io usavo la pillola)2 ma per-
ché fa da barriera tra te e loro. E poi i soldi prima, Anche per le mini-
me cose ti devi fare dare di più: se vogliono vedere il seno devi farti
dare di più, se vogliono baciarti le tette ti devi fare dare di più ecc.,
perché tutto quanto ha un prezzo. Se devi star,e con loro dieci minuti
di più perché ti raccontano che hanno guai con la moglie ti devono
pagare in più della tariffa che tu ... Bisogna essere personalità molto
forti» (Carla Corso, Roma 1986, ibid.)).

2. La situazione e il discorso di una karuwa a Niamey {inter-


vista a Fati, novembre 1986)4 :
«Puoi fissare te i prezzi?» «No; non posso - mi vergogno, qui ci
si vergogna. L'uomo però spetta a lui di dare: se dà di pit1 va bene, se
dà poco non ci posso fare nulla. Io prendo e basta. È come gli va bene
a lui. Non sono io a fissare il prezzo. Se mi dà molto può fare quello
che vuole di me».

2 Da considerare owiamen1c anche la protezione contro le malattie ses-


sualmente trasmissibili.
J Cada Corso e Pia Covre hanno crea10 nel 1983 il «Comitato per i dirirù
civili delle prostitute». Hanno fondato nel 1985 il g iornale Lucciola. Le posi-
zioni qui ciponate le hanno ripetutamente espresse pubblicamemc, dall'inizio
del loro lavoro militante, in Lucciola, in TV, sui giornali come in chiaccherate
più informali. Di Cada Corso vedi anche Corso e Landi 1991, 1998 e Corso e
Trifirò 2003. È però necessario tenere presente che la situazione della prosù-
tuzioae di strada in ltolia è do qualche unno profondomeme modifìet1rn ri-
spetto a quella degli 8llill '80, con l'immigrazione cli donne da altri paesi, Ni-
geria, Albania, Paesi delll'Est, e la presenza assai forte del racket (dr. anche
Corso e Trifirò 2003). Ciò non toglie validità (né ramomcno u1ilità per co-
struire una tipologia delle relazioni nello scambio esplicito) alle parole e posi-
zioni che riporto qui e in seguito ma serve solo a comcsrualizzarlc; esse rap-
presentano una testimonianza e una tappa importante di un percorso di ri-
flessione cd elaborazione polilica e insieme di rivendicazione della propria di-
gnità, che rirroviamo nelle organizzazioni ddle prosrinne in molti paesi, dagli
USA alla Francia. dnl Bms.ile all'India. alle Filippine per citarne alcuni.
• Sulla ricerca a Niamey e anche specificamente su Fati, dr. cap. 4.

87
In una certa misura questa disponibilità, questa 'cessione'
quasi globale del corpo è presente altrove, ad esempio nei rap-
porti di prostituzione a Yaoundé, nel Camerun: «Il cliente che si
paga i servizi della prostituta gode in effetti d' un diritto d'uso,
dato soprattutto il fatto che in Camerun le tariffe non sono codi-
ficate secondo prestazioni dettagliate come in Europa. (Il diritto
d'uso vale evidentemente per il solo tempo del contratto)» (San-
gue 1986: 65). Sottolineo tuttavia, come nota anche P. Songue.
che nel caso della prostituta la 'cessione' del corpo ha un limite
preciso: la prostituta anche se non lo fa sul piano esplicito del
servizio da fornire e della delimitazione della propria accessibi-
lità corporea, mette dei limiti impliciti (e a volte anche assai
espliciti) al rapporto col cliente commisurando il tempo conces-
so alla prestazione sessuale al dono-remunerazione ricevuto.
Questa delimitazione potrà ad esempio spesso prendere l'aspet-
to di fare fretta al cliente che si attardi a parlare: la prostituta gli
ricorderà che «non sono Dper questo» (Songue 1986: 55).
Lo conferma Fati (intervista a Niamey, 1986): «Quello che
passa (con me) la notte mi dà parecchio, quello che non passa la
notte dà un po', non dà molto. Se non dà soldi mi separo da lui».
E anche qui come un po' ovunque c'è il problema di come
ottenere che il cliente paghi: «Non posso accettare di fare (il
rapporto) prima che lui m.i dia i soldi. Sennò quando ha finito
se ne va. E se non paga non posso pigliarlo per il collo e fare
delle scene. È per questo che bisogna prendere i soldi prima
che lui faccia il rapp-0rto».
Qualche precisazione tuttavia sul pagamento del servizio: è
vero che le karuwai non chiedono né fissano direttamente il
prezzo del servizio e che farlo costitu.irebbe un momento di
vergogna inaccettabile nella loro cultura. È anche vero che vi è
un prezzo base noto a rutti, e che il cliente che non ha tale cifra
(500 franchi C.F.A., il prezzo della prostituzione più povera nel
1986, al tempo della mia ricerca a Niamey}, chiederà prima alla
prostituta se lo può accettare per meno. Resta però la estrema
discrezional.ità del cliente al di là del prezzo base e il fatto che la
retribuzione conserva in parte l'aspetto di dono o oblazione. Il
cliente abituale tende a dare di più, a aggiungere un tanto (per
le sigarette o per questo o quest'altro), insomma una mancia. Al

88
punto che il pagamento appare o è rappresentato non come re-
tribuzione di un servizio ma come aiuto benevolo. Non è un ca-
so se ' aiuto' è il termine con cui le donne indicano il pagamento
da parte di clienti occasionali o anche di clienti fissi, amanti più
o meno stabili (che allora spesso pagano con provviste alimen-
tari, o pagano l'affitto ecc.), e che la formula con cui potevo
chiedere io se avevano clienti (se questo era il loro lavoro e la
loro base di sussistenza) era: «Non hai qualcuno che ti aiuti?».

3. Il fatto di poter fissare un prezzo per il proprio servizio


sessuale non è dunque qualcosa di scontato (e questo è vero a
Niamey e un po' ovunque). Anzi è un punto scottante delle re•
!azioni sessuo-economiche. È qui che può passare la distinzione
tra le varie forme di relazione: la richiesta diretta della retribu-
zione, e tanto più la richiesta della retribuzione prima del servi-
zio caratterizza la forma più esplicita e radicale di rapporto e
quella che sarà al dunque la più stigmatizzata.
Il modo di negoziare la retribuzione è infatti l'elemento in
base a cui si distinguono cate.g orie diverse di rapporti e che fa
qualificare diversamente le donne che vi partecipano. Così ad
Abidjan per esempio «una donna che accordi i suoi favori, sen-
za avere a priori soldi ha il diritto di attendersi un dono e i senti-
menti del suo partner non sarebbero per nulla credibili se non
si accompagnassero a spese>>, per contro chiedere i soldi prima
di fornire il servizio fa classificare la donna nella categoria di
prostituta (Vidal 1986: 255 , corsivo mio). Per questo la prosti•
tuta che decide di giocare anche un minimo di gioco di 'sedu-
zione' diverso dalla proposta esplicita della prostituta di strada
e di creare per un animo la finzione di un rapporto non total-
mente 1nercenario (in incontri in bar, dancing ecc., per esem-
pio), non fisserà subito un prezzo ma magari dirà più discreta·
mente: «Poi mi darai un regalino, vero?».
La discrezione che è richiesta alle donne rispetto, alla con-
trattazione va però assai più lontano. Anche la semplice valuta•
zione del pagamento che l' uomo avrà fatto a suo piacimento è
considerata sconveniente. Come in Ghana, dove il rapporto
sessuo-economico (cfr. cap. 2) tende a concretizzarsi in denaro
per il cibo, detto 'chop money' , che gli uomini danno alle don -

89
ne sia in rapporti matrimoniali sia in rapporti con amanti. In
questo scambio però la donna non solo non può chiedere diret-
tan1ente la cifra ma è mal visto anche che controlli e valuti quel-
lo che le è stato dato: «Confrontare il ' chop money' è conside-
rato un vizio femminile molto diffuso. Così una sposa può essere
diffidata dal paragonare la quantità di 'chop money' che riceve
con quella che ricevono le sue amiche» (Abu 1983: 161, corsivo
mio). Tuttavia le donne valutano e confrontano e mettono così
in discussione la ' munificenza' maschile.
Lo stesso avviene a Kampala (Uganda). È fatto accettato
che le donne che vivono sole abbiano dei «paying lovers»
(amanti a pagamento): è necessario per poter sopravvivere eco-
nomicamente in città. Anzi «è considerato del tutto corretto
che gli uomini facciano doni in denaro alle loro amanti, il non
farlo provoca un risentimento giustificato». Ma guai anche qui
a calcolare il valore di ciò che si riceve: «Accettare un aiuto fi-
nanziario è del tutto compatibile con la rispettabilità per una
donna. Tuttavia è scorretto che una donna faccia una attenzio-
ne particolare alla misura di questi doni» (Mandeville 1979:
43 ). E gli esempi, anche nostrani, potrebbero continuare.
Per le donne dunque il rapporto sessuo-economico corret-
to, quello che non comprometterebbe la loro rispettabilità, sa-
rebbe un rapporto 'non completamente commerciale', un rap-
porto cioè in cui esse hanno un potere di negoziazione assai ri-
dotto, nel senso preciso di ricevere un compenso a totale discre-
zione del c.liente/amante/marito, senza per di più fare attenzio-
ne alla cifra; e in cui, in cambio di questo compenso che non pos-
sono (direttamente almeno) fissare, ossia contrattare, esse dan-
no un servizio personalizzato e, elemento essenziale, non quanti-
ficato, servizio che può includere prestazioni di servizio dome-
stico, sociale ecc. Questo tipo di scambio sessuo-economico -
per molti elementi quello che si differenzia meno dal matrimo-
nio - caratterizzato dalla fluidità delle prestazioni (sessuali e
non) e delle retribuzioni, è assai diffuso e particolarmente fre-
quente in relazioni di una certa durata'.

5Hans lo descrive dettagliatamente (1988: 171 e passim), anche per le


coppie sposate della borghesia europea e americana e vede questo tipo di
scambio come generatore di una «docilità assoluta».

90
4. Ma vi sono al livello più alto del servizio sessuale, quello
delle cortigiane, maniere per contornare gli ostacoli al potere di
contrattazione, alla possibilità di fissare il valore del servizio
sessuale che viene reso. Hadiza, una divorziata, /enune libre di
successo, definisce se stessa e altre donne nella sua posizione:
«Noi mangiamo gli uomini» (intervista, Niamey 1986). Otten-
gono da uomini ricchi, o in posizione elevata, di essere corteg-
giate per periodi anche abbastanza lunghi senza accettare dian-
dare a letto con loro, senza dunque fornire i servizi sessuali
richiesti:
«Ma io, io non lo faccio con uno qualunque, ecco il problema. Tu
vuoi avere questo, vuoi avere questo, allora soffrirai. Bisogna che io ti
spolpi bene, prima che tu possa avere questo... non lo faccio di filata
giusto perché sei arrivato te tutto a un tratto... Prima bisogna che ti
mangi bene! Lui dovrà fare spese enormi! Prima di avermi! Ecco il
punto. lo non gli cedo, non gli permetto di fare all'amore. Deve spen-
dere, comprarmi cose, darmi soldi, e io tengo duro, non do nulla.
Chiacchiero, sorrido, non mi arrabbio con lui, anzi! Questo può du-
rare due mesi, tre mesi. Può continuare anche per quattro mesi che
essi portino doni» (intervista, Niamey 1986)6•
Nel periodo di 'approccio' come nel periodo successivo, le
cortigiane o mattresses entrano dunque in uno specifico scam-
bio sessuale che è queUo del corteggiamento-seduzione in cui
devono porre cura e ten1po, scan1bio che è parte integrante del
loro tipo di prestazione, così come sul piano esterno, sociale, la
loro presenza di accompagnamento del cliente/amante in luo-
ghi o ad avvenimenti pubblici è richiesta dal loro ruolo e servi-
zio, quale che sia la soddisfazione che esse possano trarre dal
successo mondano.
Nel periodo di corteggiamento e nel periodo in cui entrano
invece nella relazione sessuale accettano i doni cospicui che gli
uomini fanno loro, stimolando al possibile il flusso di regali che

6 È una caraneristica ben nota <lei lavoro e della situazione della cortigia-
na, basti ricordare le descrizioni dei romanzi <lell'Onocemo fr,ncese ad
esempio. Una analisi <li grande interesse sulle con igiane (e sui loro dienti)
nella Shnnghni del '900 è nella bellissima, ponderata ricerca di Gai! Hershaner
(1997).

91
beninteso possono essere anche importanti regali in denaro.
Ossia come Hadiza mi diceva: «Non lo so... Ho come un do-
no ... quando ho bisogno di una cosa, gli uomini non possono
fare a meno...». E racconta di questa facoltà inspiegabile che ha
di attirare regali di migliaia di franchi quando ne ha bisogno, ad
esempio per costruire:
«Ho molti amici che mi danno una mano. Non so. Non me lo
spiego. Credo che è un dono che Dio mi ha dato. Me lo chiedo a vol-
te. Per esempio se un uomo mi regala centomila, duecentomila fran-
chi (CFA). [ ... ] Vedo un uomo che viene da me, gli pongo il mio pro-
blema, mi dà centomila sul colpo, senza fare nulla, senza fare l'amore.
Non molto tempo fa, non sono passati neppure due mesi, è venuto
uno, gli ho detto: 'Ah sto costruendo, nù mancano delle cose .. .'. Mi ha
chiamato, sono stata da lui. Si arriva, mi ha dato centomila franchi, bi-
glietti da diecimila, diecimila ... centomila!» (mia intervista, Niamey
1986). E così, con questo dono di Dio, costruisce le sue case.
La capacità di gestire il contratto sta qui nel non porre
esplicitamente un prezzo alle prestazioni giocando anche sul-
l'importanza che ha per gli uomini 'grandi' di poter ostentare la
propria ricchezza7. Se dunque dal punto di vista maschile si
può dire che «sarebbe semplicistico assimilare la munificenza
rispetto alla maitresse alla retribuzione di servizi sessuali» (Vi-
dal 1986: 254), dal punto di vista delle donne (almeno delle
cortigiane come Hadiza da me intervistate a Niamey) vi è ben la
consapevolezza che si tratta di una forma di retribuzione, ciò
che le porterà d 'altronde (come vedremo) anche a un perfezio-
namento delle tecniche sessuali e in genere a una particolare at-
tenzione al servizio che offrono. Dunque una grande capacità
di variare le forme di negoziazione, da quella più esplicita di ri-
chiesta di pagamento alle varie forme implicite - vere e proprie

' Come notano gli autori di uno studio sul sex work in Thailandia: «Mol-
ta della ricerc,a sulla prostituzione in Thailandia si è concentrata sulle ragioni
economiche per cui le donne thailandesi diventano prostitute. Non vi è stata
quasi ricerca sugli effetti dello sviluppo economico sulla domanda maschile
di servizi delle prostitute». Mentre viene studiata l'espansione dell'industria
del sesso in rapporto al turismo sessuale o alle basi militari «simile attenzione
non è stata data al.I' aumento del reddito disponibile degli uomini thailandesi»
(Boonchalaksi & Guest 1998: 135).

92
strategie di 'seduzione' per ottenere un compenso che non si
può chiedere direttamente o quanto meno di cui non si può fis-
sare la misura (e per di più la donna dovrebbe astenersi dal cal-
colare precisamente l'entità di quanto ricevuto). Con una im-
portante precisazione:
«Occorre evitare di fare una distinzione troppo netta tra le forme
di negoziazione sessuale in contesti di lavoro sessuale e di lavoro non
sessuale. ln molte relazioni coniugali, la donna considera il sesso non
tanto un diritto del partner maschile quanto come oggetto di scambio
che si può usare per ottenere affetto, per garantire delle relazioni ar-
moniose a casa, per ottenere uno statuto sociale, per ottenere favori,
vantaggi e beni sia per sé stessa che per i suoi figli». E la donna potrà
così subordinare alla disponibilità dell'uomo a darle ciò che lei vuole,
la propria «generosità» nell'uso ad esen1pio di prodotti e pratiche ero-
tiche (Mane & Agglecon 2000: 109-110).

Le pratiche delle cortigiane come si è visto con Hadiza sono


interessanti anche in tal senso.
La possibilità di scegliere il partner del servizio e di decide-
re quali prestazioni fornire sono elementi centrali delle relazio-
ni di servizio sessuale su compenso e possono divenire punti
cardine per analizzarle. I: analisi delle relazioni sessuo-econo-
miche partendo da rapporti di prostituzione nei paesi occiden-
tali può essere illuminante dato che proprio per questi rapporti
le definizioni correnti tendono a negare qualsiasi gestione da
parte della donna che fornisce il servizio. Cercherò di mostrare
come la possibilità di selezionare i clienti e insieme la possibilità
di scegliere le prestazioni definiscano le condizioni di lavoro
delle prostitute e possano variare grandemente secondo che la
prostituta possa gestire in proprio il suo lavoro o sia sfruttata da
altri; come insomma «la mancanza di scelta non è inerente alla
prostituzione ma dipende da abuso, povertà, cattive condizioni
di lavoro, inesperienza o disperazione» (Pheterson 1986: 7 e cfr.
anche Phecerson ed. 1989). Questa analisi ci permetterà dun-
que da un lato di operare distinzioni nelle forme di prostituzio-
ne moderna, dall'altro di porre alcuni problemi generali sul
rapporto sessuo-economico e sulla evoluzione del servizio ses-
suale come lavoro femminile tradizionale.

93
Il primo punto da vedere sarà la possibilità per la donna di
decidere a chi fornire la prestazione. In condizioni difficili di
estrema povertà (che questo sia. in Europa, Asia, Africa o Ame-
rica), o di necessità impellente (vedi droga o fame) o ancora
nelle condizioni imposte dai bordelli o controllate da magnac-
cia, le donne possono non avere alcuna scelta. Per le prostirute
che lavorano in condizioni indipendenti e che non si trovino in
condizioni di miseria assoluta le cose vanno diversamente:
«E li ti rendi conto della libertà che c'è sulla strada, la libertà di
scelta intanto. Molto più che a stare chiusa in un bar. Infatti io preferi-
sco lavorare sulla strada. Mai mi metterei chiusa in una stanza a lavo-
rare col telefono. Perché lì sulla strada ci parli, lo vedi, c'è subito il
contatto. Decido io se ci posso andare, se mi dà fiducia, se non mi dà
fiducia» (Carla Corso, Roma 1986, seminario al Centro Culturale Vir-
ginia Woolf. Si veda tuttavia sulle misure di sicurezza adottate dalle
caU-girls, French 1988)8.

Alla possibilità di accettare o rifiutare la proposta del clien-


te si collega quella di decidere delle prestazioni:
«Tu cominci chiedendo quello che vuoi tu e non quello che vuole
lui, imponendo il preservativo e le prestazioni che vuoi fare tu e non
quelle che lui pretende. Cioè /incbé non sei nella necen-ità assoluta di
/arti quel cliente in particolare quel giorno lì, allora tutto va bene perché
puoi impo"e ie tue regole. Questo è come sul mercato del lavoro più o
meno. Se sei p resa per il collo e devi per forza oggi avere ad esempio
due milioni allora è evidente devi scendere a compromessi» (Pia Co-
vre, conversazione, Pordenone, settembre 1986, corsivo mio).

È necessario allora affrontare una questione di estrema im-


portanza: che cosa 'compra' il cliente pagando la prostituta, che
diritti acquisisce?
Questo punto è essenziale per definire la relazione di pro-
stituzione. Affrontarlo vuol dire mettere in discussione la co-

& Sulla maggior sicurezza della st,rada e del vedere prima il cliente con-
cordano donne di zone differenti, cfr. ad esempio le prostitute watembev e
wazi wazi a Nairobi {White 1990). La frequenza di violenze contro le prosti•
ture, dallo scippo all'uccisione, in Italia come ovunque, rende tuttavia neces-
saria l'adozione di cautele come anche la solidarietà tra le donne e la loro sor•
veglianza coUertiva sul iavoro e i clienti.

94
mune rappresentazione della prostituzione come attività in cui
la donna 'si vende', 'vende il suo corpo' 'è alienata'. Dunque
cosa 'compra' il cliente, cosa 'vende' o fornisce la prostituta?
Mostrerò che le prestazioni non sempre riguardano il solo ser-
vizio sessuale, e che anzi non è affatto scontato cihe il servizio
sessuale sia dato come servizio totalmente a sé. La separazione
della sessualità, e infine del puro servizio sessuale come lavoro,
dal magma degli altri elementi - lavoro domestico, lavoro ri-
produttivo, sostegno psicologico, affettività - in cui è general-
mente inco,rporato {come nelle relazioni matrimoniali), è al
contrario un processo lento e contrastato, vissuto, dalle donne
in maniere diverse anche sul piano personale, un processo che
tra l'altro spesso incontra resistenze considerevoli da parte de-
gli uomini.
Non sono infatti soltanto le mogli ma anche le prostitute e
le altre donne che praticano forme di rapporti sessuali su com-
penso che si trovano a dare, secondo il caso, attenzioni perso-
nali, a volte servizi domestici, e a volte anche figli. l.a prostituta
Bakweri ad esempio, come ablbiamo visto {cfr. cap. 1) offre ai
clienti abituali anche «privilegi domestici come la preparazione
dei pasti» {Ardener 1962). Il 1rapporto della prostituta con il
gruppo dei .suoi clienti ha cosi, secondo Ardener, delle «qualità
quasi coniugali» e la prostituzione diviene, anche dal punto di
vista della procreazione, una «categoria della co:niugalità» (e
l'autore la chiama con un neologismo da lui coniato «iperpo-
liandria»).

2. Dal serv,~io globale alle prestazioni ipeçifiçate

Vediamo dunque attraverso alcuni esempi in che modo il ser-


vizio sessuale giunga a perdere le sue «qualità quasi coniugali».

2.1 La sessualità e il servizio sessuale si separano dal servizio


do,nestico
Il lavoro domestico (che abbiamo visto in Ardener) e l'as-
senza di un sistema preciso di tariffe (di cui abbiamo già visto

95
alcuni aspetti) costituiscono degli elementi di grande peso nella
storia della prostituzione in Africa. Al punto che Luise White,
che ha studiato la storia della pr-ostituzione a Nairobi tra il 1909
e il 1950, propone (cfr. qui cap. 1) di considerare la prostituzio-
ne come lavoro domestico, nel senso preciso anche di lavoro ne-
cessario per la riproduzione quotidiana della forza-lavoro (Whi-
te 1980, 1986, 1990).
Vediamo ad esempio un tipo di prostituzione, quella praticata
dalle malaya fino agli anni '30 all'incirca: la malaya aspetta a casa i
suoi clienti, dà loro non solo il servizio sessuale, ma prepara loro da
mangiare, procura l'acqua per il bagno, e anche, al caso, dà ospitalità
per la notte9• La malaya può anche però ricevere i clienti semplice-
mente per un tè o per fare due chiacchiere. Dà dunque un insieme di
servizi domestici compreso il sostegno psichico e sociale. E anche in
questo caso (come in altri già visti) si tratta di un rapporto di prostitu-
zione che non ha una tariffazione precisa (almeno fin veli'SO il 1930).
Nello stesso periodo, come anche in seguito, a Nairobi ci sono
anche altre forme di vendita di se!l'Vizi sessuali - con tariffe fissate -
dove il prezzo è pagato prima del rapporto, la prestazione è limitata al
solo servizio sessuale, il tempo del servizio è determinato (questa è la
pratica delle prostitute wa1.i-wa1.1). E si tratta di forme di lavoro che
prenderanno il sopravvento su quelle che offrivano le malaya degli
anni Trenta.

La ricerca di Nici Nelson (Nelson 1977, 1978 e 1987) pre-


senta il punto di vista delle donne che preparano e vendono bir-
ra e forniscono servizi sessuali nel quartiere popolare di Matha-

9 Va ricordato che la richiesta di servizi domestici è assai diffusa anche in


tun'altrc situazioni e zone del mondo. I marinai americani che sbarcano alla
base militare americana di Olangapo (Filippine) spesso chiedono i servizi ses•
suali e domesti.ci delle ragazze che lavorano nei locali vicino alla base: «Uno
della Marina spesso paga la «multa fis.sa» {la somma che il locale chiede per
fare uscire per un cerio tempo la ragazza) per il tempo che la sua nave si fer-
ma a Olangapo, di solito circa cinque giorni. Durante questo tempo egli sta
con lei. Lei for.nisce sia il lavoro sessuale che il lavoro di una domestica - gli
lava i panni, cucina per lui e gli fa il bagno» (Sturdevant & Stoltzfus 1992:
315). E però c'è l'altra faccia della medaglia: benché il bagno venga fatto in
modo tale che l'uomo si senta servito e coccolato, per la donna «è anche una
misura precauzionale per assicurarsi che gli uomini siano puliti e per elimina-
re odori molesti» (ibidem).

9'6
re a Nairobi. Ora le donne di Mathare considerano le relazioni
dove vi è uno scambio sessuo-economico - dal matrimonio
tradizionale alle forme più vicine alla prostituzione a tariffa - co-
me non distinte qualitativamente le une dalle altre. Anche nella
relazione occasionale brevissima, nel 'quick service', la malaya
o _prostituta considera il suo lavoro come lavoro di 111oglie. Ma
al tempo stesso «una malaya è una moglie che non fa le pulizie
per suo marito» (Nelson 1977: 173). O come dice una delle ma-
laya intervistata:
«Mi piace amare un uomo ma non voglio essere una moglie. Ot-
tengo tutto l'amore di cui ho bisogno dai miei 'Amici della Notte' ( Ni-
gbt Friends, la sua maniera pittoresca di descrivere i suoi amanti} e al
tenzpo stesso 11011 ho da cucinargli la cena ogni sera».
Le malaya infatti devono stare sempre sul chi vive per evita-
re che alla minima concessione che fanno al loro partner di
tempo o attenzione, questi non ripresenti loro la richiesta di
seivizi domestici come il fare da mangiare o altro:
«Mi piace (il sesso) con un uomo che mi attira» dice una delle ma-
laya a Nelson (Nelson 1977: 154), «ma non lascio mai che un uomo
resti nella mia stanza fino a giorno. Se restano, cominciano col voler il
tè, poi il mangiare, e poi, prima che te ne rendi conto, gli stai lavando i
panni. Io non ho tempo».

Il rapporto è considerato dunque una specie di n1ini-ma.tri-


monio di breve durata che non compoirta tuttavia né servizio
domestico né lavoro procreativo a vantaggio dell'uomo. lo
quanto ai figli, se vengono non sono per il padre ma per la don-
na stessa.
In questo mini-matrimonio lo scambio è diretto e immedia•
to anziché differito e diffuso. Ecco come le rnalaya stesse vedo-
no le differenze tra moglie e ma!aya (riprendo in parte lo sche-
ma di Nelson 1987: 231, tav. 8.3):

97
Mogli Malaya
Forniscono servizi sessuali Forniscono servizi sessuali
a un uomo a molti uomini
Traggono piacere dal sesso Traggono pfacere dal sesso, a volte
Forniscono servizi domestici Talora forniscono servizi domestici
Producono bambini pe:r il Producono ibambin.i per se stesse
patrilignaggio del mariro
Amano la varietà sessuale Amano la varietà sessuale
ma non lo dicono e la ottengono
Non controllano la propria sessualità Controllano la propria sessualità

La maggioranza delle donne di Mathare alterna di fatto i


rapporti a tariffa con altri tipi di rapporti che presentano una
maggiore regolarità, un minimo di affettività e nei quali a tratti
forniscono servizi domestici. Tali sono i rapporti con i Night Lo-
verso ancor più con i Town Bwana, i mariti di città da distingue-
re dai mariti veri e propri sposati con regolare matrimonio e che
hanno pagato il «prezzo della sposa». Occorre inoltre ricordare
che la violenza fisica, dallo stupro alle botte e altri maltrattamen-
ti ai furti, costituisce un rischio quotidiano nella vita delle malaya
(senza parlare delle violenze della polizia regolare, o delle perse-
cuzioni ed estorsioni da parte di poliziotti corrotti). Per quanto
riguarda la possibile violenza di clienti, esse cercano di proteg-
gersene rifiutando i rapporti con totali sconosciuti. E anche a
causa di questa diffusa violenza alcune donne preferiscono i rap-
porti, sotto certi aspetti più rassicuranti, con amanti fissi.
Si ha con il lavoro delle malaya dunque un esempio di un
rapporto in cui sessualità e servizio sessuale sono mescolati ma
in cui tendono a dissociarsi gli altri possibili ingredienti propri
dell'amalgama matrimoniale.

2.2 !.A sessualità e il servizio sessuale s,-separano dal lavoro


riproduttivo
Le malaya intervistate da Nelson (1977, 1987) mettono in
rilievo il fatto che esse fanno figli per se stesse e non per il pa-
dre, ciò che rappresenta una forma di separazione tra lavoro di
riproduzione e lavoro sessuale, forma che si può trovare anche
altrove e che non è sempre ben accetta agli uomini (padri).

98
Ma spesso - e soprattutto quando manchino forme accessi-
bili di contraccezione - la soluzione al problema è l'aborto (o
addirittura a volte l'infantìcidio). Tuttavia molte donne che
hanno rapporti di scambio sessuo-economico, anche rapporti
del tutto espliciti, molte prostitute in tutti i paesi si trovano ad
avere figli, quale che sia la loro accettazione di queste gravidan-
ze o gli sforzi per evitarle.
La richiesta o anche la pressione da parte degli uomini per-
ché le donne facciano bambini può essere assai insistente anche
quando non vi sia u:na relazione stabile né sia previsto il matri-
monio. Questo è comune nelle Antille, in Guadalupe ad esem-
pio (Alibar, Lembeye-Boy 1981 e 1982 e mie interviste 1988).
La richiesta «fammi un bambino» viene fatta a volte anche in
relazioni occasionali. Per l'uomo mettere incinta la donna e che
essa abbia un figlio da lui rappresenta una maniera di segnarla
a vita («quella è venuta a letto con me, l'ho messa incinta»). E
molte donne accettano la proposta nella speranza - assai spes-
so illusoria - di avere dall'uomo un appoggio fi.nanziario più
regolare e sicuro. Questo processo si può ripetere con vari
partner1°.
Qui dunque si ha lavoro riproduttivo integrato al servizio
sessuale nello scambio economico, altrove come nel caso delle
,nalaya e in altri casi questi due aspetti sono separati.

2.3 La sessualità e il servizio sessuale si separano dal lavoro


di sostegno psichico
Alla stessa maniera il dare un lavoro di sostegno psichico al
cliente è cosa che u11a parte delle prostituite integra al proprio
lavoro ed altre rifiutano nettamente. La prostituta romana di
Senza patente dà questo servizio ai clienti, discute con loro i lo-
ro problemi familiari, la loro vita:

10 L'applicazione nel.le Antille di leggi sui sussidi alle madri nubili e alle
donne senza attivi1à lov-orativa ('allocation parent isolé', allocotion 'fcmme
sculc') cambiano la situa:zionc: la donna che da sola alleva i figli può preferire,
alla dipendcnz.~ cconomica da un uomo, la dipende1iz.1 - che non implico di
dover dare altre prestazioni - daUo Stato (cfr. Dagcnais e Poirier 1985: 72 ss.,
Gauticr 1986, e mie interviste 1988).

99
«Quando torno a casa la sera, sì, c'è un po' di stanchezza fisica
insomma; ma a me, mi stancano di più i discorsi (li accetto normal-
mente; li accetto anche volentieri anzi). È che devi rispondere a que-
SIO e a quell'altro; a destra e a sinistra e a tutti devi dare una risposta
logica; mica gli puoi rispondere una cosa a uno che si aspetta un'altra,
no? Per cui devi pensarci prima di rispondere. Allora, magari, ti foi
quelle sette otto persone al giorno e sono serre otto volte che devi
cambiare discorso. Per cui, io, stanchezza fisica non ne sento (perché
non è tutta 'sta gran rosa insomma) ma so110 esa11rita; ho la mente esau-
sta» (Gavina C. 1976: 38, corsivo mio).

L'appoggio psicologico è qualcosa di assai richiesto e il for-


nire anche questo servizio diviene a volte una importante carat·
teristica del lavoro d i alcune donne: in una cittadina dell'Italia
settentrionale, mi viene raccontato, i clienti fanno la fila per es-
sere serviti da una prostituta che li ricorda individualmente, ri-
corda i loro discorsi, le loro situazioni familiari, i loro problemi.
Quando questa donna di mezza età è presente anche le prosti-
tute più giovani hanno meno lavoro.
Altre donne invece rifiutano di fare questo servizio dicendo
che non intendono fare le psicoanaliste o psicologhe per i loro
clienti e considerano insopportabile la fatica e l'investimento
psichico che questo presuppone. Per questo le prostitute di
strada europee non sempre vedono il lavoro di call-girl come
preferibile, dato il tipo di rapporto sociale e psicologico che va
fornito al cliente. La prestazione fisica ridotta ad un atto rapido
(che esso sia un rapporto manuale, orale o vaginale) viene senti•
ta da molte prostitute come qualcosa che implica meno la loro
persona.

2.4 li servizio sessuale come lavoro potenzialmente dissociato


dalla sessualità

La separazione netta del seIVizio sessuale dagli altri elemen-


ti del lavoro domestico, il suo spezzettan1ento in gesti e parti
del corpo specifiche con le tariffe stabilite per ciascuna presta•
zione, il fatto che la donna che fornisce il servizio possa decide-
re delle prestazioni che intende dare, rappresentano momenti
specifici della storia dello scambio sessuo-economico.

100
Carla Corso mette in luce cosa ha significato per le prosùtute la
trasformazione delle relazioni di servizio sessuale con la chiusura dei
bordelli (in Italia, con la legge Merlin, 1958): «Nei cas.ini il rapporto
era molto più complesso e le donne erano molto più disponibili. [ ...]
Nei casini avevano prestazioni prestabilire in rapporto con quello che
il cliente pagava e ogni richiesta era lecita. La cosa più impor/ante dalla
chiusura dei casini a oggi - al di là del fatto di gestire bene o male il de-
naro, dell'uomo o 110 dietro, a cui danno denaro - la cosa rivoluzionaria
~ che scelgono il lavoro che devono fare» (Carla Corso, Roma 1986, se-
minario al Centro Culturale Virginia \X/oolf, corsivo mio).

I limiti che le prostitute stesse tendono a porre alle loro pre-


stazioni permettono non solo d i scegliere quello che per ciascu-
na è più accettabile, o meno faticoso, ma anche di definire più
chiaramente questa attività come lavoro, col separare il servizio
e il cliente dalla sessualità della prostituta, coll'istituire una bar-
riera esplicita rispetto alla sua persona e alla sua emotività. L'u-
so del preservativo da parte delle e per le attuali prostitute eu-
ropee (e le migranti non a caso sono spesso in difficoltà a im-
porlo, specie se non sono indipendenti) può avere così come di-
chiara Carla Corso, oltre a tutti gli scopi medico-profilattici, an -
che la funzione di separazione dal cliente, di barriera11 • Lo stes-
so vale per il fatto di stabilire che alcune parti del corpo o gesti
non saranno usati in questi rapporti (l'esempio più frequente è
il rifiuto di baciare sulla bocca il cliente ma a seconda della sce.1-
ta individuale le parti o i gesti riservati possono variare) 12, e re-
steranno eventualmente un aspetto della sessualità e/o affetti-

11 Lo stesso vale per altre fom1e di lavoro implieanri una assai fone prossi-
mità corporea, come l'assistenza ai malari. agli anziani ,'Cc. La possibilità di uàliz-
z.-tre ad esempio deigu:mti nelle cure d, eseguire fa un• differen7.a cssenzule non
solo dal punto di vista sanitario: srnbilisce anche una distanza tro sé e l'altro, di-
stanza psicologicamente indispensabile per la persona che fa il lavoro (cfr. Punto
di Panenza 2004). Sulla prossimità eccessiva, come carnncrisàca del lavoro delle
donne, una prossimità che invade l'individualità - «fragile conquista spesso rifiu-
tata a una classe intera da cui si esige che essa si sciolga, materialmente e concre-
tamente in altre individualità»- su questo spossessamento mentale che cosùrui-
sce la faccia nascosta dcli'appropriaz.ione mat.eriale dell'individuo donna, cfr. le
magnifiche pagine di Colettc Guillaumin (I 978: 16 ss.; 1992: 28 ss.).
12 Cfr. Corbin 1982 che parla di queste Um itazioni anche da pnne delle
prostitute dei bordelli francesi nell'800.

101
vità privata della prostituta. Questa separazione tra sé e lavoro,
oltre che costituire una protezione fisica e psichica della prosti-
tuta, può spesso anche esprimere rifiuto e disgusto di questo la-
voro sentito come scelta obbligata, imposta dalle condizioni di
vita per la prostituta indipendente o come lavoro forzato quan-
do sia sfruttato e gestito da altri. Così come può, insieme al re-
sto, riflettere una adesione alla condanna morale puritana sia
della sessualità in genere come sporco o peccato, sia, in partico-
lare, di ogni forma di sessualità fuori dal rapporto 'normale' ri-
produttivo, o ancora esprimere il disgusto comune a molte
donne per aspetti del corpo e della sessualità maschile (ad
esempio il diffuso disgusto per lo sperma).
Quali che siano i diversi aspetti e le diverse motivazioni per
ogni donna, il processo che si realizza è quello di una dissocia-
zione fondamentale del servizio sessuale come lavoro dalla ses-
sualità come espressione e vita personale della prostituta. Per
apprezzare più chiaramente il senso di questo processo mette-
remo ancora una volta a confronto discorsi e situazioni di don-
ne europee e africane che hanno diverse forme di relazioni ses-
suali su compensol>. Gli esempi che utilizzerò non significano
tuttavia che il tipo di relazione che l'esempio illustra sia proprio
alla sola zona da cui proviene, né che in quella zona vi sia quella
sola modalità di servizio sessuale. Questo avvertimento è im-
portante per evitare che si creino o si immaginino false dicoto-
mie tra lo scambio sessuo-economico delle donne africane e
quello praticato dalle donne europee o statunitensi, e che si
pensi a una unica modalità di relazione per tutte le donne di
un'area, mentre di solito, giova ripeterlo, vi è invece una grande

n Ma si potrebbe owiamente estendere il discorso ad altre parti del mon-


do e soprattutto tenere conto che come sostiene V. Oldenburg nella sua ricer-
ca sulle cortigiane di Lucknow (India) la separazione tra il lavoro sessuale nel-
lo scambio sessuo-economico e la propria sessualità ba una diffusione assai
più vasta che nello scambio esplicito e ha per le donne un valore essenziale:
«Che il controllo e l'aggressione sessuale maschile sia neutralizzato in un am-
biente dove l'atto sessuale eterosessuale è pura routine e la passione e il piace-
re sono simulati o distanziati, è, forse, un meccanismo essenziale che le don-
ne, sia mogli che prostitute, hanno universalmente utilizzato pe r preservare la
propria integrità emotiva e la propria dignità» (Oldenburg 1990: 283).

102
varietà di forme di relazioni sessuali su compenso anche all'in-
terno di una stessa società.
Vediamo allora alcune modalità differenti di integrazione e
di dissociazione di sessualità e servizio sessuale come lavoro.
Torniamo alle ,nalaya di Nairobi giacché grazie a diverse ri-
cerche (Bujra 1975, White 1980, 1986, 1990, Nelson 1978, 1977,
1987) sono tra i gruppi meglio conosciuti. Nelson mostra come
per le malaya del quartiere di Mathare lavoro e sessualità siano
integrati. Le donne insistono intanto sulla necessità di varietà
nella sessualità e che «fare sesso spesso è necessario per la salu-
te e la felicità». Alcune sottolineano che un marito è una barrie-
ra alla propria libertà: «Sono contenta di non essere sposata.
Quando vedo uno che mi piace posso invitarlo a passare la not-
te con me e non c'è nessuno che me ne fa una colpa»14• Anche il
prezzo che le malaya chiederanno al cliente varierà secondo
l'interesse sessuale che provano per lui: se uno gli piace potran-
no chiedergli la tariffa minima e invece passare con lui la notte
intera. Insomma come dice una delle donne intervistate: «la
gente dice che le malaya fanno sesso solo per denaro. Non è ve-
ro. Prendiamo soldi per il sesso è vero, ma lo facciamo anche
perché fare sesso ci piace». Spesso la mattina a colazione le ma-
laya si ritrovano e commentano con grandi scoppi di risa le
esperienze della notte: «Si alludeva all'abilità dell'uomo a letto
e al piacere o all'assenza di piacere in modi che di solito diverti-
vano molto l'uditorio» (Nelson 1977: 361-363).
Sessualità e servizio sessuale sembra siano amalgamati nel-
l'esperienza di tante donne impegnate nelle forme di rapporti

,. Le donne mcnono in rilievo anche altri vamaggi dcli" autonomia. Ad


esempio non dover subire le percosse cosl frequenti nei rupponi coniugali. Se
un clien1e/amllllte le molesta possono chiamare in aiuto le altre donne. Nel-
son 0978) parla anche della grande solidarierà tra le donne di Matbare, qual-
cosa che colpisce immediatamente appena si incontrano. Si manifesta tra l'al-
tro nella grn.nde disponibilità verso le nuove arrivate: vengono iro,•ati loro al-
loggi almeno prowisori, si insegna loro a fabbricare la birra, ,<engono prestati
utensili, e ciò benché si tratù owiamente di nuove concorrenti. La solidarietà
si esplica anche nelle altre situazioni quotidiane, malattie, problemi dei bam-
bini ecc. E in particolare si manifesta nell'aiuto reciproco fra donne quando
vi sono violenze dei clienti, o retate di polizia che significano llllchc multe. se-
questro degli stmmcnti per fabbricare la birro ecc.

103
sessuo-economici che Songue ha studiato in Camerun (Songue
1986). Ciò è assai evidente in particolare quando «la prostituzio-
ne non è la sola attività dell'interessato/a o la sua sola fonte di in-
troito» e quindi quando c'è più libertà di scegliere il partner.
Lo stesso amalgama di sessualità e servizio sessuale appare
da certe interviste che ho realizzato a Niamey. Così Hadiza, la
/em,ne libre che mi ba spiegato come riesce a «spolparsi gli uo-
mini», mi mostra la sua stanza piena di splendidi vestiti e stoffe
e una quantità di gioielli d 'oro.
Lei e una sua amica,/emme libre e impiegata anche lei, parlano ri-
dendo dei loro rapporti sessuali e di come Hadiza aveva imparato a
«lasciarsi andare a sfruttare gli uomini». C'è voluto del tempo. Lei al-
l'inizio non sapeva fare e aveva v·ergogna. Imparare è stata una cosa
grad\lale. Man mano si è sentit!l più sic\lri1: «Quançlo l'uomo assaggia,
quando sente che è buono, deve tornare il giorno dopo e ti dà di più.
Assaggia, sente che è buono, rito:rna e quello che tu ch iedi, te lo dà.
Ecco cosa m'ha dato sicurezza». Impara ascoltando le altre «grandi
dame», «apre gli occhi», apprende le «tecniche». Una/emme libre che
ci sa fare deve usare i 'condimenti', le creme e polveri afrodisiache che
servono per 'stringere' la vagina e per dare più piacere all 'uomo ma
anche per aumentare la propria eccitazione:
«Bisogna mettere i 'condimenti' qui. E bisogna avere le tecniche,
le maniere. Fare le posizioni che vuole. Tu gli fai dei movimenti ... ».
Quando però una posizione non le va, rifiuta.
Se l'uomo le piace, Hadiza investe la sua sessualità nel rapporto e
vuole che l'uomo sappia badare anche alla sua soddisfazione: <<Prima
di cominciare bisogna anzitutto che ci si carezzi bene, che tutti siano
eccitati, eccitati, e allora a questo punto sto proprio bene. Ci vuole un
uomo che ha un grosso pene, che me lo fa fino in fondo in fondo, che
io senta fino in fondo». Con grandi risate mi spiegano tipi e misure fi-
siche maschili desiderabili o negative.
Ma una parte di questi rapporti hanno chiaramente una scarsa
soddisfazione sessuale. «A letto non fa sempre piacere, qualche volta
lo faccio mio malgrado». A volte l'uomo non le piace, non ci sa fare.
Come dice la sua arnica, vi sono uomini «che vengono subito... » e Ha-
diza spiega «senza carezzarti. [. .. ] Montano, e prima anche che ru ar-
rivi a godere è tutto finito. Non cercano di soddisfarti. Lui gode e poi
ti lascia». In genere con questo tipo di uomini Hadiza difficilmente
avrà altri rapporti (interviste Niamey 1986).

104
Per donne che praùcano, sempre a Niamey, forme di servi-
zio sessuale assai meno ben pagato che quello delle grandi cor-
tigiane la quesùone si potrà porre in altri termini anche per la
necessità assai più frequente di accettare clienti e la minor sele-
zione che quindi potranno operare. Così per alcune vi potrà es-
sere il cliente più fisso e regolare, un amante a pagamento con
cui investiranno eventualmente la propria sessualità e altri a cui
piuttosto piresteranno un rapido servizio.
Amina, ad esempio, sui 25 anni, è una/emme libre peul. È venuta
in città dopo, che il marito, che l'aveva sposata quindicenne, un giorno
(3 anni dopo) l'ha mandata via: «Mi ha detto che era stufo che io stes-
si là [ ...] io non ho detto niente, sono tornata dai miei ... Il divorzio mi
ha molto ferito». Dopo un anno dai suoi senza guadagnare parte per
Niamey e si mette a vivere in una co11cessio11 molto povera con altre
femmes libres. Ha un cLiente fisso che «ogni volta che viene mi dà di
che comprarmi il cibo, di che vestirmi e alla fine del mese mi dà i soldi
per l'affitto»•. Con lui a volte condivide i pasri e banno anche parlato
di matrimonio, «ma per ora non è sicuro, vedi».
Riceve anche altri clienti in assenza del primo e forse a sua insa-
puta. «Sai, io l'amo di più, quello là, quello fisso. Sai, ma questi altri io
li tengo solo perché non si sa mai eh. Se succede che lui mi lasci ..., li
tengo perché non si sa mai, non Io so se lui mi sposerà o no».
In quanto ad investire nei rapporti la sessuaLità: «Non mi do comple-
tamente, faccio giusto così con loro, non è che voglio farci l'amore. Sai le
donne hanno tante maniere..., siccome non voglio che lui Li trovi, faccio
finta di godere per farLi andare via in fretta» (intervista Niamey 1986).

Si ha qui una notevole intercambiabilità dei clienù ma so-


prattutto una specie di osmosi tra cliente/amante e marito po-
tenziale con tutte le implicazioni che ne derivano: da un lato un
servizio sessuale che si 'invischia', un servizio cioè che contiene
insieme una possibilità di serviizio domestico, elemenù affettivi
e di sessualità immersi comunque, come nelle forme matrimo-
niali, nella relazione di scambio economico, dall'altro un paga-
mento-dono non separato dalla persona e non 'indifferente' ad
essa, al posto di un pagamento a tariffa. Occorre tuttavia avere
presente l'estrema varietà di situazioni ed esperienze che si pos-
sono trovare anche in un ambiente abbastanza om.ogeneo. Così
tra le wey kuru più povere di Niamey vi sono quelle che, come

105
Amina appena citata o varie altre da me intervistate, hanno rap-
porti o iincontri occasionali in cui investono di più (con un cal-
colo possibilistico sul loro sviluppo successivo come relazione
fissa o matrimoniale), come invece quelle che hanno quasi solo
rapporti di puro servizio sessuale e negano che vi sia alcuna
possibilità di interesse sessuale o affettivo in questo lavoro. I
rapporti con i clienti saranno allora abbastanza indifferenti alla
persona di questi: «A me è quello che mi dà parecchi soldi che
mi interessa. La bellezza, non è la bellezza che sono venuta a
cercare qui» (H.B./emme libre hausa, 35 anni, quattro matrimo-
ni, due figli a carico che vivono con lei).
E sempre negli strati più poveri altre donne fanno una netta
separazione tra la relazione di lavoro e quella erotico-affettiva,
separazione che può anche arrivare ad annullare in quest'ulti-
ma lo scambio economico o ad invertirne la direzione.
Kadidjatou è una karuwa hausa sui 35 anni. È stata sposata 4 vol-
te. L'ultimo marito a cui lei vuole ancora bene è partito un giorno sen-
za lasciare tracce e non l'ha potuto più uovare. Kadidjatou vive in una
concession occupata da altre /emmes /ibres. Ha due figli e la vecchia
madre che ha fatto venire dal villaggio e che le bada i figli: ha affittato
una casa per loro in un'altra zona della città e li mantiene totalmente
(per la storia di Kadidjatou cfr. anche cap. 4).
Per Kadidjatou i rapporti con i clienti servono «solo per aver di
che mangiare». In questi rapporti la donna «finge, si cerca di essere
furbe per sbarazzarsi di lui, per fare che se ne vada alla svelta. Faccia-
mo cosl :perché la donna può godere senza che l'uomo lo senta. Dun-
que fingiamo. Cerchiamo di ingannarli, no. Lo facciamo anche perché
se fingiamo di godere l' uomo è contento, ci crede e ci fa più regali».
Ma Kadidjatou ha anche «un regolare. Passa le notti qui». E lui non dà
niente: «Wallahi, non mi dà nulla, non fa nulla. Sono io che do a lui. Io
lo vesto, io gli pago da bere. Lui non lavora, non fa nieate. [ ...] È bello
ma in più io l'amo. È più vecchio di me. Sono tre anni che stiamo insie-
me. Si litiga, ci si riconcilia. Lui mi picchia sul viso e anch 'io gli spacco
la testa. Litighiamo, ci riconciliamo. Le liti... è perché beve, e io an-
che». Per conservare quest'uomo che è anche geloso dei clienti, perché
non la lasci e non se ne vada a cercare delle altre, Kadidjatou mette i
'condimenti', 'gli ingredienti' (le polveri afrodisiache per uso vaginale)
perché «sta bene a letto con lui» e vuole che torni da lei. Alla domanda
dell'interprete se vuole tenerselo solo perché sta bene con lui sessual-
mente, dice semplicemente: «Sono i nostri sangui che sono uniti».

106
Pot remmo trovare senza dubbio un'analoga varietà di espe-
rienze lra prostitute di altri paesi o continenti (cfr. ad esempio,
Hershatter 1997).

2.5 La frammentazione delle prestazioni


Abbiamo visto fin qui come il servizio sessuale si separi dal-
le altre componenti dei rapporti eterosessuali istituzionali2zati
(affettività, procreazione, servizio domestico ecc.) e si ponga
come oggetto a sé. Gradualmente infine, attraverso un processo
di riduzione o 'scarnificazione' sempre più spiccato, arriva a
scomporsi in singoli atti o gesti concernenti parti definite del
territoirio corporeo.
Una fase precisa di questo processo è rappresentata dalla
consapevolezza e dalla elaborazione di prostitute europee e
amenc:ane:
«C,,.edo che abbiamo cominciato a scarnificare il rapporto sessuale
col clie111e quando le prostitute sono state libere di scegliere il cliente e il
tipo di prestazione. Ora ci sono le specializzate. C'è quella che fa solo
il rapporto orale perché non gli fa schifo. Benissimo, si fa pagare bene
ma fa solo quello. Quella che fa rapporti solo vagìnali perché non gli
costa fatica. Ecco perché si è scarnificato il rapporto perché la donna
ha potuto decidere e scegliere il tipo di rapporto che gli dlava meno
fastidio, e che gli pesava di meno facendosdo pagare secondo merca-
to o quello che lei riteneva giusto» (Carla Corso, Roma 1986, semina-
rio al Centro Culturale Virgin.ia Woolf, corsivo mio).

In questo processo dunque non solo la sex worker non è di-


sposta a essere ceduta o a cedersi globalmente in tutte le sue ca-
pacità, di sessualità, di lavoro, di riproduzione ma neppure una
di queste capacità, e qui quella di lavoro sessuale, è data senza
determinazione e delimitazione. E, cosa fondamentale, il clien-
te può comprare dei servizi ma come dichiara Pia Covre: «Lui
la mia sessualità non può pagarla. Non gli riconosco dei diritti
sulla mia sessualità» (Pia Covre, dibattito Firenze 1987).
Il contratto non dà diritto alla persona della prostituta, nep-
pure alla sua persona fisica in intero. La delimitazione dunque
stabilisce la separazione con la persona del cliente e l'opposi-
zione: «Noi al cliente non diamo nulla» affermano Carla Corso

107
e Pia Covre. Le prostitute spezzettano la sessualità, danno una
sessualità scomposta in atti definiti e tariffati e nel fare ciò la
trasformano o meglio dichiarano che per loro non si tratta di
sessualità ma di servizio sessuale, ossia lavoro. Questa consape-
volezza va però al di là dei rapporti di prostituzione e investe
l'insieme dei rapporti, investe la sessualità di servizio a cui le
donne sono condizionate.
Ma con ciò la pratica delle prostitute mette in discussione la
sessualità come insieme unitario già definito, il rappono etero-
sessuale codificato. È il concetto stesso di 'atto sessuale', 'rap-
porto sessuale' che viene messo in causa e in ogni caso si scom-
pone e si spezza. Questo atto che nell'eterosessualità appare co-
me scontato, un percorso 'naturale' e preordinato il cui mo-
mento finale e unico orientamento è la penetrazione/eiacula-
zione/fecondazione si rivela come uso globale del territorio
corporeo femminile, indifferente alle esigenze delle donne, di
ciascuna donna. In questo rifiuto della globalità, nell'imporre,
sia pure sul piano commerciale, il valore di ogni parte del cor-
po, si attua una rivolta e (implicitamente, a volte anche espli-
citamente) si opera una critica della sessualità imposta.
Ma sono posti in discussione anche altri elementi della ideo-
logia sessuale dominante, per esempio la nozione negativa - e in
ogni caso l'illegittimità per le donne - di una sessualità di puro
gioco o piacere fisico fuori da ogni altro legame (amoroso o da
altro impegno o investimento psichico): viene rivendicato per le
donne il diritto a una sessualità pura1nente fisica con partner oc-
casionali anonymous sex, cfr. tra altri Bell 1987, French 1988).
Così quando Pìa Covre a proposito del rapporto con il cliente
dice: «Lui la mia sessualità non può pagarla» afferma al contem-
po, e in modo del tutto coerente, e di non riconoscere al cliente
diritti sulla sua sessualità e il proprio diritto ad avere una sessua-
1.ità (ad avere un sesso, e non a essere un sesso, per riprendere una
formulazione di Colette Guillaumin, 1978). Il diritto di mettere
in gioco la sua sessualità, di avere del piacere quando le aggrada,
al caso anche nel rapporto con un cliente15•
Riprendiamo dunque il filo generale. Abbiamo visto fin qui:

"E anche (cfr. cap. 5) all'insaputa del cliente e prendendosi gioco di lui.

108
1. un percorso che parte dalla non totale estrinsecazione del
servizio sessuale, o meglio che parte da una sessualità di servizio
invischiata nella congerie di altri elementi formanti l'amalgama
coniugale, per arrivare all'emergere del servizio sessuale come
lavoro distinto e poten:dal11iente separato, per la persona che lo
fornisce, dalla propria sessualità: in tale percorso il lavoro di pro-
stituta si viene a distinguere sempre più dal lavoro di moglie;
2. un percorso parallelo e strettamente accompagnato al
primo, quello della retribuzione del servizio sessuale, ossia un
percorso che va dal dono aUa tariffa. In questo percorso, a un
estremo, da parte dell'uomo, abbiamo rapporti caratterizzati dal-
la retribuzione, in forma di dono, o comunque a carattere obla-
tivo, legata alla sua 'generosità', e corrispondentemente, da par-
te della donna che fornisce il servizio, una scarsa facoltà di nego-
ziazione; all'altro estremo invece, la possibilità per la donna di
stabilire, come per altre prestazioni dì lavoro, il valore del servi-
zio e la tariffa per ogni prestazione resa.
In effetti il processo di introduzione della misura definisce
lo statuto del servizio sessuale e lo scambio sessuo-economico si
presenta banalmente come un rapporto di lavoro, sex work.
È evidente allora che si potranno stabilire rapporti di scam-
bio sessuo-economico esplicito assai diversi secondo il grado di
controllo/gestione (contrattualità) che le donne possono avere
su tutti gli elementi che sono oggetto della negoziazione: condi-
zioni economiche, modalìtà del servizio, accettazione (selezio-
ne) dei clìenti.
I rapporti di potere tra i sessi, e quindi la presenza o assenza
di stigma, repressione, controllo di stato e di polizia, la diffe.
renza di accesso alle risorse da parte dei due sessi, condizione-
ranno, come è chiaro, il grado effettivo di controllo che le don-
ne possono avere su tutti i termini del loro lavoro.
Abbiamo dunque visto delle relazioni sessuo-economiche
in cui l'accesso fisico alla persona della donna non implica una
presa in mano totale della persona stessa: esso non implica una
appropriazione individuale diretta e privata della persona come
nel matrimonio da un lato o nei rapporti di schiavitù, servaggio
o prostituzione forzata dall'altro; si tratta qui di una prestazio-
ne di servizi specifici, a tempo definito e contrattato.

l09
Il fatto che il servizio sessuale sia ceduto in una forma nego-
ziata dove interviene la misura dell'uso in tempo e remunera-
zione, e la specificazione delle prestazioni, permette - nel caso
delle donne che offrono i servizi per conto proprio - (così come
Guillaumin 1978 lo vede per le donne che vendono per conto
proprio la loro forza-lavoro sul mercato del lavoro dassico) di
vedere in questo una forma di «riappropriazione di se stesse» e
insieme di vedere anche qui «la loro esistenza obbiettiva di sog-
getto sociale». Una riappropriazione di cui ho mostrato altrove
(cfr. in particolare capp. 1 e 4) il carattere specifico di trasgres-
sione.
Tale riappropriazione può essere in tal senso vista come una
forma di emancipazione. In questo rapporto esplicito il servizio
o l' uso sessuale delle donne ritenuto da parte del gruppo degli
uomini come qualcosa di dovuto, viene invece dato in forma
contrattuale contro un pagamento16. In questo sta l'aspetto di
rivolta rispetto alla sessualità obbligata.
E nello stesso tempo. nelle forme che conosciamo (in cui
tra l'altro il servizio è fornito in grandissima maggioranza da
donne e in cui non vi è un servizio equivalente per le donne)
siamo di fronte a un mestiere femminile tradizionale, inserito
nei rapporti di classe tra uomini e donne.
Un lavoro 'da donna' - quale che sia il potere di negoziazio-
ne che le donne vi possano avere - che implica p rima di tutto o
anche esclusivamente il loro corpo, un lavoro in sostanza legato
ai dati fondamentali dei rapporti tra i sessi (Tabet 1979 e cfr.
qui cap. 5): il non accesso delle donne alle risorse, agli strumen-
ti e ai mezzi di produzione, la roccia solida della dominazione
maschile.

16 Gli uomini in effetti sopportano spesso male di pagare per questo. Ne


sono prova tra l'altro la difficoltà che hanno le prostitute ad Ottenere il paga•
mento dd servizio, la stigmatizzazione di tale richiesta di pagamento, i tenta-
tivi maschili di tornare appena possibile a forme di dono a discrezione dd-
l'uomo anziché di pagamento (cfr. ad esempio Preston-\'Qbyte E., C. Varga et
al. 2000) e, infine, la frequenza di stupri di prostitute.

110
4.

Fratture nel continuum: scelte delle donne,


repressione degli uomini•

Le 111alaya di Mathare (cap. 3) indicano i tratti che conside-


rano comuni a matrimonio ed altre forme di scambio sessuo-
economico e insieme mettono in rilievo i trani che li differen-
ziano. Le differenze sono fondamentali da due punti di vista:
1 Utilizzerò qui largamente (e ne ho già fotto uso nei capitoli precedenti),
oltre a testi e lavori di altri ricercatori, anche i dati e le interviste di una mia ri-
cerca in Niger, a Niamey, nel 1986, «Enquète sur Ics condirions socio-écono-
miqucs et sur Ics stratégics de subsistance dcs femmcs émigrées seules en vi].
le., resa possibile dal fìnan?.iamcnro del 1\.T.P. «Rechcrches sur !es fcmmes et
recherches féministes», C.N.RS., 1985-1988. Dedico il capitolo alla memoria
di Nicole Echatd. È stata la sua generosità, il suo humor e il suo affeno e inte-
resse per i gruppi che studiava che mi hanno ponato anche su suo suggerimen-
to e seguendo sue preziose indicazioni alla ricerca a Niamey. Nelle chiacchera-
te e discussioni con Nicole il Niger è sembrato un terreno estremamente ime-
ressante proprio per un'indagine sulle fonne cli scambio sessuo-cconomiro e
per tentare di costruire una tipologia di queste forme. La sua conoscenza della
zona, l'aiuto che mi ha dato sul terreno fomendomi tra l'altro una serie di con-
rnrri decisivi. mi hnnno permesso di svolge.re il lnvoro assai meglfo. in modo
ben diverso e in minor tempo che se avessi affrontato da sola questo nuovo ter•
reno. Ho avuto anche il generoso aiuto di un'altra specialista della regione.Su-
zanne Bcmus, mona in un'incidente durante il suo lavoro di ricerca ncl paese.
Il lavoro sul campo è stato preparato anche con lunghe chiaccherate con
Carla Corso e Pia Covre, leader del Comitato Italiano per i Diritti delleProstiru-
te, a cui sono grata per la loro amicizia e sostegno (e anche per la loro ospitalità a
Pordenone). Abbiamo discusso insieme dell'orientamento della ricerca sul cam-
po e dei punti più penincnti su cui intervistare le donne anche in altri paesi.
Le discussioni con Carla e Pia sono state anche importanti per l'atmosfe-
ra amichevole in cuj spesso si è svolto il lavoro sul campo: mohc/cmmes libres

111
1. per la società rispettabile e i suoi organi di stampa che consi-
derano questa scelta di vita e di autonomia economica come
una trasgressione, le donne di Mathare escono dal «ruolo nor-
mativo stabilito per le donne kikuyu», quindi sono stigmatizza-
te, sono delle puttane, dei «parassiti che con il bere e il sesso
portano gli uomini fuori strada», e Mathare «è conosciuto co-
me 'posto delle malaya' (delle prostitute)»; 2. per le donne che
lasciano i villaggi spesso dopo la rottura del matrimonio, queste
differenze sono alla base della loro scelta (sia pure condizionata
da pressioni economiche e sociali) di vivere come malaya. Per
loro Mathare rappresenta l'indipendenza e la solidarietà che
crea un tessuto sociale in cui sia possibile vivere: le nuove arri-
vate, dice Nelson, sono venute perché hanno sentito che Ma-
thare è il «posto delle donne» (Nelson 1978: 89-90).
Guardiamo meglio un punto centrale dell'opposizione mes-
sa in rilievo dalle malaya: il controllo sul proprio corpo. Con il

erano assai curiose della situazione del sex wcrk in Italia, ponevano domande
ad esempio sull'uso del preservativo, sulle modalità della contrattazione eco-
sì vi.a, e questo ha cambiato il tono del lavoro che a tratti diventava uno scam-
bio reciproco di informazioni.
La mia ricerca sul terreno si è svolta in diversi quanieri di N iamcy. Ho inter•
vistaco/emmes libres di etnie diverse che vivono esclusivameate di servizi sessua-
li come altre/emmes libres, impiegate (anche con posti di rilievo), studentesse e
commercianti per cui il servizio sessuale aon rappresenta l'unico mezzo di sussi-
stenza. Ho raccolto interviste approfondite, storie di vita e anche brevi interviste.
Con alcune rag=,e che lavoravano nei bar, gli incontri sono stati pressoché quo-
tidiani per una due settimane, e questo mi ha permesso di seguire da vicino il lo-
ro processo di lavoro, i problemi che incontrano, i loro discorsi, le loro reazioni
anche emotive. In ceni quanieri, in alcune concersiom mi sono trovata di fronte
a rifiuti categocici di parlare, ma in genere ho 1rovaco una grande disponibilità
deUe donne, sia deUe più giovani che delle più grandi, a parlare, e rispondere aa•
che a domaade su temi difficili ed emotivamente pesanti (situazioni dolorose,
violente, cose di cui la cultura impone normalmente di non parlare ecc.). Le in-
cerviste, in gran parte registrate, si sono svolte in francese con le ragazze dei bar,
le studentesse, le impiegate e altre che parlavano in francese correntemente, in
lingua zarrno o ba usa, con l'appoggio di una interprete, con le donne che non
parlavano francese, in una gran parte delle co11cessions specie le più povere. Ho
avuco la fortuna di ave.re un'interprete intelligente e disponibile,/emme libre lei
stessa in quanto donna divorziata, che conosceva assai bene la città, l'ubicazione
delle concessions dove vivcvaao karuwai, e che aveva simpatia e comprensione
per le situazioni umaae spesso assai difficili che abbiamo incontrato.

112
matrimonio l'uomo otùene: 1. il diritto all'uso fisico diretto della
persona della moglie: uso sessuale e riproduttivo; 2. l'uso (senza
limiù stabiliù) della forza-lavoro della moglie. Qui dunque si
realizza e appare con estrema chiarezza il rapporto di appro-
priazione della classe delle donne da parte della classe degli uo-
mini2, rapporto in cui si attua in modo diretto «l'appropriazione
materiale delJa individualità fisica» e non solo, come vogliono
altre posizioni femministe, «il semplice accaparramento della
forza-lavoro» (Guillaumin 1978). L'appropriazione è parùcolar-
mente evidente nelle molte società in cui il marito ha un accesso
legalmente garanùto al corpo della moglie. Il diritto di picchiare
o di «correggere» la propria moglie (Counts, Brown et Camp-
belJ 1999) e il diritto di imporre il coito alla moglie anche con la
forza sono esisùti ed esistono ancora in moltissime società.
Vi è una grande varietà di situazioni per quanto riguarda il di-
ritto della donna-moglie di usare la propria forza-lavoro fuori del-
la famiglia, ad esempio in rapporti di lavoro salariato o nel coltiva-
re un pezzo cli terra per proprio conto - al di là del lavoro obbli-
gatorio per il marito - e di gestire gli eventuali guadagni prodotù
dal suo lavoro. Invece molto spesso, specie per ciò che riguarda la
sessualità, il margine di negoziazione o meglio di autodifesa è assai
ridotto e la donna può al massimo cercare di sottrarsi con l' ingan-
no e l'astuzia a ciò che può esserle imposto con la for-a3.
La globalità dei diritti acquisiti dal marito col matrimonio,
la sua durata indeterminata, la posizione di oggetto di scambio
che ha la donna in larga parte dei rapporti matrimoniali, defini -
scono questa relazione rispetto ad altre forme di scambio ses-
suo-economico dove le donne sono (sia pure con un potere di
contrattazione molto variabile) partner della transazione e dove
non vi è cessione globale della persona. In questo senso per le
donne uscire dal matrimonio sarà effetùvamente una liberazio-
ne da una servitù e la conquista, parziale senza dubbio e a volte

2 Rapporto definito come sex11ge (con un rennine calcato su servage e


esdavage, servitù e schiavitù) da Guillaum in 1978. Guillaumin distingue poi
tra appropriazione privata e appropriazione collettiva.
1 Cfr. Echard 1985, Tabct 1985. Un esempio più che noto: oclla borghe-
sia europea nell'O noce nto le emicranie oddotte dalle donne per evitare i rnp•
porti coniugali.

113
it/usoria, rna preziosa di un senso di autonomia e possibilità di
scelta. Sono infatti le donne stesse (lo abbiamo visto) a definire
la differenza per loro importante tra tipi di scambio e la cosa è
così concreta che molte donne restituiscono da sole il prezzo
della sposa e pagano così il proprio riscatto, il prezzo della pro-
pria libertà. Lo abbiamo visto (cap. 1) per le donne bakweri
(Ardener 1962) e per le nyakyusa (Wilson 1977).
Essere soggetto, porsi direttamente come partner dello
scambio, uscire dalla struttura di riproduzione e divisione ses-
suale del lavoro che si realiz.za nel matrimonio costituisce una
frattura determinante nel continuu1n dello scambio sessuo-eco-
nomico; implica spesso una rivolta contro una situazione di op-
pressione e una resistenza e può provocare reazioni assai dure e
anche una repressione violenta. Affronteremo ora questa frat-
tura dal duplice punto di vista delle scelte delle donne e delle
reazioni delle istanze del potere maschile, rispetto a scelte consi-
derate trasgressive.

1. Un sistema bipolare

Vediamo, per prima cosa, una situazione specifica, quella


delle fem,nes libres4 in Niger e Nigeria, caratterizzata dall'esse-
re generalmente (ma non sempre) uno stato di transizione tra
un matrimonio e l'altro.
Il karuwanci, una forma di vita delle donne codificata e isti-
tuzionalizzata presso gli Hausa del Niger e della Nigeria, è pra-
ticato da donne vedove o divorziate.
Le kar11wai vivono in gruppo' e danno servizi sessuali contro
compenso. Renée Pittin (1979) ha intervistato oltre 500 karuwai nel

4 Chiamale secondo le elnie, karuwai o wey kurtt e altri nomi.


' Per altre emie della s1essa area, i periodi di servizi sessuali fuori dal ma-
uimonio non sembra si basino su una organizzazione di gruppo, ma non sono
per quesio meno presenti. Così ira le donne zarma del Niger le donne possono
offrire, tra un matrimonio e l'altro e in ogni caso dopo un divorzio, i loro servi-
zi sessuali: ci si aspena che la donna non sposata viva di questo o che vi trovi
un :limo, come mi hanno deno diveise donne che ho in1ervista10 (Niamcy
1986). Come norn Fatoumata-A. Diarra (1971: 57): «La donna clivoniatn è

114
corso della sua ricerca in Nigeria, a Katsina; ha visitato le gidajen ma-
la, le case di donne dove vivono quasi esclusivamente donne hausa
che si sono separate dal marito e dalla propria parentda e praticano
rapporti sessuali da cui ricavano in pane o in toto la loro sussistenza.
«Tutte le donne si erano sposate almeao una volta prima di inizia.re il
karuwa11ci e senza dubbio la maggioranza di loro si sarebbe risposata;
un aspetto importante dd karuwanci è il suo carattere opzionale. Le
karuwai non solo si risposano ma possono benissimo sposare uomini
più ricchi e di status sociale più elevato che gli uomini che hanno la-
sciato nel villaggio. [...] Dall'altro lato i matrimoni iniziati uscendo
dal karuwanci sono spesso più fragili e di minor durata dei matrimoni
di do1111e che 11011 sono mai state karuwai» (corsivo mio). Ciò è dovuto
tra l'altro al fatto che la ex-karuwa conserva sempre la possibilità di
tornare al kar11wa11ci se il matrimonio si rivelasse insoddisfacente (Pit-
tin 1983)6 . Dunque il kar11wa11ci non è uno stato permanente ma tran -
sitorio: si entra ed esce dal matrimonio e si entra ed esce dal karuwa11-

chiamata wey kuru, termine che per estensione ha finito per designare la pro-
stituta. Questo si capisce assai bene 1>erché solo la donna ripudiata o vedova
può ricevere in qualsiasi momento la visita di uomini. Che sia vedova o divor-
ziata è virtual111e11te una prostituta anche se non lo è nella realtà» (corsivo mio).
ll fatto di non vivere in gruppo come le karuwoi, fa sl che le wey kuru
zarma abbiano spesso minor visibilità aLneno in città. In parte è anche legato
per molte al fotto di essere di Niamey e non immigrate, di tornare, spede le
più giovani, a vivere presso la famiglia di origine dopo un divorlio o vcdovan•
za. E la minor visibilità vale tanto più per le wey k11ru di miglior posizione SO·
ciale, che hanno impieghi ecc.: è chiaro che anche se hanno rapporti d i scam•
bio S<."SSUO•economico con più uomini, non hanno ceno la stessa visibilità dal
punto di vista di controlli di polizia. E quindi non sono né schedate né CO·
strette alla visita medica periodica obbligatoria come le donne schedate dalla
polizia nel «Fichier de préscrvation sociale», oss.ia le «prosrirute ufficialmente
dichiarate» (cfr. qui nota IO), salvo che non siano incappate in una retata in
uo momento di lavoro in strada. Le altre, le prosritute dichiarare, dette ugual-
mente nnchc wey kuru. sono ir1vccc ussoi visibili. Nei quorticri dj N inmcy do•
ve vi sono più prost.i tute o / emmes libres infatti «cene concessions sono occu•
pate parzialmente o interamente da prostitute. La notte le si trovano sedute a
file serrate davanti alla loro co11cessio11 o alla porta della loro casa, di una sola
stanza e che dà sulla strada, ad attendere i loro clienti. Alcuni di questi clienti
vivono in concubinaggio con delle prostitute e questa situazione può conclu-
dersi con un matrimonio» (Sidikou Hamidou 1980: 199-200).
6 Per scelte simili e simile andirivieni tra sex u:ork e matrimonio nelle sto-

rie di donne filippine e di ahri paesi dell'Asia del Sud-est che lavorano come
prostitute nel proprio paese o all'estero, cfr., tra gli altri, Srurdevam e Srolrz-
fus 1992, Law 1997.

115
ci. In ogni caso il rapporto economico segna le relazioni: «Il potere di
gestione e decisione sociale è maschile e determina la gerarchia delle
classi di sesso e le donne non possono acquisire uno statuto o una re-
lativa autonomia che nella loro propria sfera». Di fatto «per vivere le
donne non banno che il loro sesso nel senso più fisiologico di questo
termine» (Echard 1984); dunque «il sesso è il lavoro delle donne» - che
esso sia un lavoro largamente a scopo riproduttivo come nel matrimo-
nio, oppure un lavoro sessuale che in linea di principio esclude la pro-
creazione come nel karuwanci (Echard 1985 e Echard in Echard,
Joumet, Lallemand 1981).

Nelle mie interviste a karuwai e wey kuru cli Niamey, l'op-


posizione tra matrimonio e prostituzione (o comunque le tran-
sazioni sessuo-economiche fuori del matrimonio) quanto a ge-
stione di sé e ai diritti che altri possono arrogarsi sul tuo lavoro
o sull,a tua sessualità, viene fuori in modo assai esplicito.
In una grande concession affollata dove, oltre ad alcune famiglie,
vivono d.iverse karuwai, ho incontrato più volte e intervistato Fati,
una donna hausa calma e cordiale. Sulla trentina, sposatasi tre volte,
racconta il primo matrimonio imposrole a 13 anni, ancora prima della
pubertà. Lei cerca subito di scappare: «Ogni momento scappo. Vai (a
casa) e i genirori ti cacciano via. Sai, è un matrimonio di famiglia. Va-
do dai miei genitori e mi riportano indietro. Un matrimonio fatto dal-
la famiglia non si rompe facilmente». Nonostante le sue fughe è co-
stretta a stare un anno con il marito. Per lei, come per la maggioranza
delle donne con cui bo parlato, venir picchiate dagli uomini è un dato
di fatto, scontato, a cui non si può porre freno: «Non si può ... Gli uo-
mini picchiano. Che si può impedire a un uomo di picchiare? È pro-
prio per queste liti, proprio per questo che sono fuggita. E per come
mi picchia». Stessa storia con il secondo marito che la picchia per co-
stringerla contro la sua volontà al rapporto sessuale: «Alla fine sono
fuggita». Dopo un terzo matrimonio decide di fare la karuwa e va a vi-
vere a Niamey in una concession assai povera e sovrappopolata in cui
abitano una quindicina di femmes libres. Le chiedo se dopo l'ultimo
divorzio non aveva cercato di tornare al suo villaggio e risposarsi:
«Dove?! Al mio villaggio?! No! Io non voglio pescare {il miglio) ... (ri-
de). Uuh! Torno a casa mia, e devo pescare il miglio, andare a prende-
re l'acqua, cucinare? Tutti i lavori? Ah, ah, no no no ... E il marito che
picchia... E io fuggirò dal villaggio perché il marito picchierà ancora ...
[ ...] Laggiù c'è troppo lavoro mentre qui sto tranquilla[ ...] Se arriva

116
uno, mi dà 500 franchi, Jj prendo, lj metto in tasca, se sono 1.000, Jj
metto in tasca [. ..]. Quando ho finito di pulire la casa, di sistemare i
letti, non ho più niente da fare, mi riposo (ride) e aspetto».

«'Quando una donna ha lasciato il suo villaggio, da sola, è


che vi è stata costretta e che desidera tentare altre esperienze che
spera siano più felici', ruce una prostituta ru Foulankoira,, (Si-
clikou Hamidou 1980: 197). È difatti per lo più emigrando e sta-
bilendosi in città che una donna ruvorziata o vedova troverà da
vivere scambiando servizi sessuali contro un compenso. Ma con
ciò le donne trasgrediscono alle regole fondamentali di proprietà
sulle donne della loro società, in qualche modo vi sfuggono7•
Le donne nei villaggi sono sottoposte a lavoro pesante e ec-
cessivo, dal trasporto deU 'acqua, aUa ricerca deUa legna da ar-
dere, al pestare i cereali, e a tutto il lavoro domestico, cucinare,
lavare, aver cura dei bambini etc. Come è noto in molte società
le donne fanno anche la gran parte de.I lavoro agricolo8• Il risul-
tato è uno stato di sovraffaticamento. E in più è frequente che
gli uomini picchino le mogli per ottenerne l'obbedienza e il ser-
vizio. Al punto che, come si è visto daU 'intervista a Fati il pic-
chiare è considerato un dato normale e pressoché inevitabile
del comportamento maschile: «Gli uomini picchiano. Che si
può impedire a un uomo di picchiare?»9•

7 Trarta.ndo delle migrazioni di donne (soprattuno di donne europee) Mo-


rokvasiè nota che è impossibile isolare e valutare l'importanza relativa dei fatto-
ri economici rispeno ad altri fattori come la subordina1ione, l'oppressione pa-
triarcale, il lavoro costrittivo e non pagato, insomma l'oppressione sessista della
società d'origine. E sostiene perciò che queste migrazioni devono essere consi-
derate come ~risposta alla condizione di subordinazione comune a queste don-
ne in diverse parti del mondo [...]. ... l'emigrazione pur essendo un• fuga di
fronte ai conflitti, un evitare il confronto diretto è nello stesso tempo una rispo-
sta attiva e positiva delle donne che rifiutano di piegarsi, di accertare; insomma
l'emigrazione è una lotta. [ ...) Se ci si occupasse di più della prostituzione e del
redutamento delle prostitute nel flusso migratorio in pn.>valenza maschile si
chiarirebbero meglio le prcssio,ù che, unite alle pressioni economiche, costrin-
gono le donne ad cmigr-Jre. Se queste donne vedono ncll'emigrozionc uno via
possibile (o l'unica via) per uscire dalla loro condizione, allora l'emigrazione
rappresenta per loro il sostituto della lotta di classe...» (Morohasiè' 1986: 73 ).
3Cfr8osc.rup 1970 c anche Tabet 1979.
• Le stesse parole. la stessa idea, basatn come è chiaro su una lunga e dif-

117
La migrazione delle donne verso le città dove si mantengo-
no con il lavoro sessuale, è la loro risposta e la loro reazione a
questa violenza degli uomini e ai diritti che gli uomini detengo-
no su di loro. È la risposta ai rapporti sessuali forzati, la risposta
al troppo lavoro. Questo aspetto della migrazione delle donne è
confermato da molti studi su altre regioni del mondo (e ci tor-
neremo su tra breve).
La vita da /emme libre è quasi obbligatoriamente legata al-
1'emigra.zione, o comunque a lasciare la propria casa e zona. (E
questo avviene in genere per le donne nella stessa sirua.zione in
altre aree del mondo). Per il karuwanci «il criterio spaziale è
cruciale poiché una donna lontana da marito e parenti non è
più sotto il loro controllo» (Pittin 1983: 292). Sembra infatti
chiaro che la donna che entra nel karuwanci cerca di andare
«abbastanza lontano da casa da non essere trovata e rapita dai
suoi parenti né sottoposta alla loro ira o punizione». Anche le
interviste fatte a Niamey raccontano il pericolo della vicinanza
della famiglia e del suo intervento costrittivo e quindi la neces-
sità e scelta di allontanarsi. Le statistiche lo confermano. Al
tempo stesso i dati mostrano che le donne non si allontanano
eccessivamente10. E spesso dopo un certo tempo riprendono a

fusa esperienza collettiva delle donne, ricorre in interviste da una parte all'al•
tra del mondo. Così ad esempio in Ecuador nelle Ande, cfr. Mc Kee 1999 o in
Nuova Guinea cfr. Counts 1999 e cfr. per la questione generale del w1/e bea•
ti11g, Couots, Brown et Campbell 1999. Sul diritto del marito di picchiare in
particolare se la donna rifiuta il coito cfr. El Dawla et al. 1998.
10 Prendiamo Niamey in Niger e Katsina in Nigeria per cui vi sono due

studi con :statistiche dello stesso periodo, intorno alla metà degli anni Settan•
ta. Per quanto riguarda Niamey (Sidikou 1980: 194 ss.) nel «Fichier de Pre•
sérvation Sociale» sono schedate due categorie di «prostitute dichiarate»: le
«prostitute professionali» (o femmes libres), che lavorano a tempo pieno e le
«prostitute occasionali», ossia le donne che lavorano a tempo parziale (ad
esempio in bar, mescite ecc.). Le professionali «sono nigerine in tre casi su
quattro» (e in maggioranza sono nate fuori Niamey); le altre provengono so•
prattutto dalla Nigeria. Le occasionali invece in maggioranza provengono da
Togo e Benin. Per quanto riguarda le/ree wome11 di Katsina (Pitrin 1979: 234·
242), meno dcll'8% delle donne erano nate o cresciure in questa cittit, le altre
venivano dalla provincia e circa un terzo da altre regioni della Nigeria. I per•
corsi di migrazione possono essere vari. Ad esempio alcune delle donne da
me intervistate a Niamey ( 1986) prima erano emigrate in piccole città nelle lo-

118
comunicare con la famiglia. L'inizio della migrazione per molte
comincia con la fuga, a volte vari tentativi di fuga, da lllfl matri-
monio combinato dalla famiglia.
Il matrimonio forzato (armand-Ole) imposto a ragazzine, a
volte ancora bambine' 1, è un incubo che resra tutta la vita:
«Tutte quelle che vedi che fanno la vita della karuwa, è a causa
del matrimonio forzato. È perché ci hanno sposate a forza che
non possiamo proprio più dimenticarlo. Sai, una donna, quan-
do la fanno sposare a forza, e lei non conosce quell'uomo là, al-
lora appena vede quell'uomo il cuore le batte forte forte»
(Hadja A., intervista Niamey 1986).
Hadja A. lascia il suo villaggio non per fame ma a causa del matri-
monio a cui è costretta a 13 anni: «Non picchia, non dice parole of-
fensive, ho da mangiare, mi dà vestiti. .. Solo... è perché non lo amo».
Domando se hanno avuto rapporti sessuali: «Sl, sì, mi ha toccato,
ho anche partorito a casa sua. E anche allora spesso scappavo...». TI rap-
porto sessuale è uno stupro: «Mi afferra, mi forza, sai la focza, anche
per fare all'amore doveva forzarmi a fare questo con lu.i. Perché è più
forte di roe. [...] Mi volevano fare sposare ancora un altro, è così che ho
lasciato (il villaggio). Il bambino aveva un anno e sette mesi quando l'ho
abbandonato da suo padre». Secondo matrimonio, quattro 6gli. Il ma-
rito muore. Fa la kan,wa per cinque anni. E racconta la vita più gaia e li-
be.ra del karuwa11ci (vedi più avanti). Ha allora un amante a cui vuole
bene e con cui ancora mantiene rapporti di amicizia. Poi un al1tr0 matri-
monio, altri 6gli e un altro divorzio. Ne ha abbastanza: «Non mi sposo,
non faccio questo (sesso) con gLi uomini, non faccio più la karuwa, 6ni-
to con lo sporco sul mio corpo». Fa il viaggio aUa Mecca, conduce una
vita «da saggia» e af6tta stanze ad alcune /emmes libres.

Un 'altra donna cli 35 anni racconta il suo primo matrimonio:


era ancota una bambina e stava dormicchiando su una stuoia
quando vede avvicinarsi il mariro aanaro di un bastone. Le.i scappa.

ro regioni e Il avevano vissuto qualche tempo come karuwai per poj spostarsi
a Niamey, altre, sia che venissero da altre regioni del Niger che da altri paesi
dell'Africa occidentale, erano andate direttamente alla capitale.
11 Le ragazze vengono assai spesso fatte sposare verso i I 0-12 anni e pri-

ma dei 15. Can1biano marito più volte prima di arrivare alla menopausa. In al•
cune regioni hausa del Niger 76% dei matrimoni termina in divorzio, la me-
dia è di tre matrimoni per <lonna (cfr. Echard 1984).

119
Fa diverse altre fughe ma ogni volta i genitori la riportano da lui: «Scap-
pi, ti riportano ... finché hai un po' di cervello e cominci a conoscere le
cose». Quel matrimonio finisce senza essere stato consumato. Il secon-
do marito le impone il coito: «Ho avuto paura, ho pianto, pianto, ha ti-
rato fuori il coltello, ha detto che se rifiutavo mi avrebbe sgozzato. Ha
preso un bastone così... e che avrebbe...». Dopo la portano alla casa pa-
terna, secondo la tradizione: «Per tre giorni mi bruciano, mi lavano il
sesso, dopo mi riportano a casa». E lei scappa: «Pensavo che se rimane•
vo ogni giorno mi avrebbe fatto quella cosa». Alla fine dopo diverse fu.
ghe «si abitua»: «Sì, mi sono abituata, ma lo stesso ho paura di lui. An-
che ora se lo vedessi il mio cuore batterebbe forte, avrei moira paura»
(Femme libre beri-beri, intervista, Niamey 1986).

In varie popolazioni ci sono metodi tradizionali per costrin-


gere la ragazza ad accettare il rapporto sessuale se il marito non
è riuscito magari con la violenza a farla rimanere da lui.
Fatoumata-Agnès Diarra (1~71) descrive l'uso zarma. Il rifiuto
della giovane sposa si manifesta in genere nel caso in cui il matrimo-
nio sia frutto della decisione dei genitori che non hanno sentito prima
il parere dell'interessata e si esprime di solito al momento della consu-
mazione del matrimonio. Per indurre la giovane sposa ad accettare il
marito proposto, essa viene condotta o dal padre o da uno zio da par-
te di padre in un campo. Con un mortaio e una cons.iderevole quan-
tità di miglio che lei dovrà pestare fino a che è esausta. Sfinita dovrà
fare le sue scuse a colui che le ha inflitto questa sanzione e impegnarsi
ad accettare suo marito12 .
Nell'esperienza della bambina o dell'adolescente questa
imposizione del coito è una tortura tale che

12 Chantal CoUard racconta di mezzi analoghi usati dai Guidar contro le


donne che vogliono lasciare il marito. La ragazza guidar sposata in matrimo-
nio owlaho (matrimonio primario) «aveva 'la dote sul dorso' finché non aves-
se messo al mondo un bambino. Poteva essere costretta con la forza a rimane-
re fino a quel momento» (Collard 1981: 9). Se fuggiva prima il padre l'andava
a cercare e l'incatenava «nella sua concession, mettendole pezzi di ceramica
rotti suUe tempia, solidamente legati in modo che quesco le facesse male e
spezzasse la sua testardaggine. Le toglieva anche acqua e cibo per un lasso cli
cempo» (CoUard 1979: 62). E non si creda che si tratti del racconto di un tri-
ste caso individuale: «Quasi tutte la nostre informatrici di età matura hanno
subito questi maltranarnenti, ancora approvati nel I 971 da tutti i padri di fa-
miglia anziani» (ibid.).

120
«da quando sei al mattino non vorresti neppure che il sole tra-
monti perché sai già quello che succederà [...]. Ogni giorno ho avuto
paura, mi sentivo male, cercavo di scappare. Ogni giorno mi sono ri-
fugiata dai miei genitori, e ogni giorno mi picchiano e mi riportano in-
dietro». La vista stessa del marito diventa insopponabile: «Magari sei
là, la donna è là, quando scorge l'uomo ha disprezzo, non vuole ve-
derlo, odio [...). Sì sì c'è odio. E poi se rifiuti ancora, lui comincia a
picchiarti, a picchiarti. Uuh!» (intervista a una wey kuru zanna, com-
merciante, sposata la prima volta a 13 anni; il mariro per obbligarla al
rapporto l'immobilizzava torcendole il braccio dietro la schiena).

Spesso queste bambine o ragazze scappano di notte, fanno


chilometri e chilometri di strada, cadendo, incontrando animali
pericolosi. Varie informatrici mi hanno fatto vedere grosse cica-
trici di fratture o morsi che queste fughe hanno lasciato sui loro
corpi. La disperazione le porta ad affrontare situazioni rischio-
sissime, e si sa che i casi di suicidio non sono rari. Se il primo
matrimonio, che mira a spezzare ogni resistenza, è particolar-
mente traumatizzante e all'origine di danni psichici e spesso an-
che fisici (oltre alle botte vi sono le frequenti lesioni dovute «al-
la maniera in cui si fa il rapporto» per cui le bambine e ragazze
devono ricorrere a suture), non bisogna dimenticare che il po-
tere del marito si eserciterà anche nei matrimoni successivi,
compresi quelli fatti con il consenso della donna. E che in nu-
merosissime popolazioni l'esecuzione del 'dovere coniugale'
anche contro il volere della donna, lo stupro coniugale, è la
norma e non l'eccezione. Questa del resto non è una situazione
specifica ai paesi africani come ben si vede dalle difficoltà o co-
me minimo lungaggini incontrate io tanti paesi occidentali dalle
proposte di legge sullo stupro coniugale.
Le donne che ho intervistato a Niamey trovano allora una
possibilità di maggior controllo di sé, del proprio corpo, sia per
quel che riguarda la sessualità che il lavoro, nel karuwanci e io
altre relazioni sessuo-economiche, in cui si rifugiano: «Posso
scegliere l'uomo che voglio. [...] Quando non ti senti di accetta-
re dici: «No, continua a camminare», mentre invece «.il matri-
monio è contratto davanti a Dio, la donna deve essere sotto-
messa» (Hadja A., ex-karuwa). Benché l'opposizione non sia
sempre così netta e i casi di violenza sia nel karuwanci che in al-

121
tri tipi di rapporti siano tutt'altro che rari (vedi sotto), il senti-
mento che molte donne hanno di gestire il proprio corpo e la
propria vita resta un dato di grande importanza.
Colpisce l'analogia tra questo sentimento e quello che provano le
prostitute americane che sono state vittime cli incesto: «la prima volta
che ho preso un cliente, è stata la prima volta che ho avuto l'impressio-
ne cli controllare la mia sessualità» dice una di loro. Genere di risposta
frequente in un'inchiesta fatta negli USA: «Diverse prostitute che han-
no effettivamente subito sevizie nel passato stabiliscono i seguenti lega-
mi tra il fatto cli diventare una puttana e un passato cli sevizie nell'infan-
zia: 1. riprendere il controllo della mia sessualità; 2. porre io stessa le
condizioni cli un rapporto sessuale[...]» (Pheterson 1996: 56).

Si ritrovano spesso nelle descrizioni del karuwanci - e in


particolare del karuwanci di periodi precedenti al periodo di
crisi economica dell'inizio-metà anni '80 - il divertimento, l'a•
gioe il piacere di poter spenderelJ. Ma poche/emmes libres ar-
rivano a mettere da parte quanto sarebbe necessario per ren-
dersi realmente indipendenti sul piano economico. Molte tutta•
via ricordano l'atmosfera gaia del karuwanci nel passato: spen-
devano in feste, musica, vestiti e altre cose gradevoli tutti i soldi
che guadagnavano e al caso poi si trovavano un marito o un
amante che poteva mantenerle bene 14 •

IJ Le descrizioni che le prostitute inglesi o americane fanno della fast l,fe


(cfr. tra gli altri Roberts 1986 e Délacoste & Alexander 1987) p resentano con
tutte le d ifferenze anche delle analogie significative con questi ricordi del ka-
ruwanci.
,. Vi era chiaramente un'atmosfera insomma assai diversa per varie ragio•
ni da quella del periodo in cui si è svolta la mia ricerca, quando tra l'altro il di-
vieto d i scampo islamico da parte delle autorità governative di fare musica e fe-
sta nelle concessions ne modifica profondamente la vita. La vita degli anni pre•
cedenti (metà-fine anni Settanta) appare anche dalla tesi di Sidikou Hamidou
(1980: 200): «Queste concessù:ms hanno la particolarità di essere calme di gior-
no e assai animate di notte o a 6ne giornata poiché le prostitute non solo han-
no la reputazione di amare e praticare le danze di possessione, ma anche di al-
leggerire i loro problemi organizzando piccole manifestazioni ricreative dove il
violino e le calebasse hanno il ruolo principale». Non ho mai incontrato pe rò
cerimonie di possessione e non sono in grado di dire se in città potevano aver
luogo nonostante i divieti governativi. Ma su divorzio e prostituzione nelle di-
verse etnie, l'organizzazione della vita nelle co11cession., , ruolo e potere in parti•

122
«Noi, le karuwai a quel tempo, ti guadagni soldi, mangi, ti vesti, ti
diverti, dai soldi ai griots. Quando sei in gran fonna tutti ti amano. Ero
giovane. Se sei nel pieno della giovinezza non devi aspettare quando
non ti si amerà più. Io mangio bene, mi diverto... A quel tempo là pos-
so scegliere l'uomo che voglio, se non vedo oggi quello che mi piace,
domani vedrò quello che mi piacerà» (Hadja A., ex-kar11wa, intervista
Niamey 1986).

Allora molte non mettevano da parte nessun risparmio, mi


raccontano altre donne: non solamente non avevano da parte i
soldi per comprarsi una casa ma «neppure un pollo... E tutti i
giorni, zz zz (fa il gesto di strimpellare uno strumento a corde),
tutti i giorni davo soldi ai griots (musicisti)» (Karuwa di 60 anni,
oggi in miseria, intervista, Niamey 1986).
Nel corso delle mie interviste mi sono trovata spesso di
fronte alle difficoltà e a momenti di disperazione delle donne
che vendevano prestazioni sessuali fuori del matrimonio.
Una sera a un caffè una giovane prostituta è venuta ad annunciare
il suo imminente matrimonio. Ho visto allora le altre mie interlocutri-
ci scoppiare in pianti disperati e dire che loro erano sfomrnate, che gli
toccava di continuare a fare una vita che non gli piaceva. Ed erano ra-
gazze che lavoravano nei bar, con clienti stranieri e che potevano an-
che guadagnare parecchi soldi. Una di loro mi aveva spesso fatto il re-
soconto di sue giornate di lavoro, dei clienti che riusciva ad attirare;
raccontava di incontri con europei che l'avevano trattata bene (e lei si
era anche innamorata di uno di essi e aveva sperato di emigrare con
lui in Francia) ma anche di umiliazioni (come restare in albergo con
un cliente che non riesce ad avere un'erezione, a ,,fare il rapporto» e
che dopo «averla stancata.» e disgustata tutta la notte, rifiuta di pagar-
la). E altre prostitute, in condizioni di miseria estrema, mi banno det-
to di essere spesso vittime di furti e che per giunta accade che clienti
quasi altrettanto poveri di loro, dopo il rapporto, rifiutino di pagarle.

Sostenendo (in accordo con C. Guillaurnin 1978) che il ma-


trimonio rappresenta una forma di servitù o nell'indicarne gli
aspetti di violenza, non intendo minimizzare l'esistenza della co-
strizione e della violenza negli altri rapporti, né glorificare la ven-

colare delle magajiya in anni precedenti. cfr. Bernus 1969: 152 ss. Sul culto di
possessione Bori in Niger. ideologi• e rapporti tra i sessi cfr. Echnrd 1984.

123
dita di servizi sessuali. Ricordare la presenza della costrizione nel
matrimonio e a fortiori nel matrimonio forzato non vuol dire
però che io consideri la violenza come dato ineliminabile nella vi-
ta delle donne. La violenza non è inevitabile, penso però che essa
sia costitutiva delle situazioni di oppressione. Nello stesso tempo
confrontare il grado di costrizione o di autonomia delle donne
nei diversi tipi di relazioni ha un senso preciso: vuol dire rispetta-
re e cercare di capire e di analizzare le scelte delle donne stesse,
anche se queste scelte e le relazioni che ne conseguono restano
all'interno di sistemi di dominio maschile e non permettono di
uscirne. Ascoltando quello che dicono le donne e rispettando ciò
che dicono delle loro scelte, quello che mi appare è piuttosto la
mancanza di una reale alternativa. La loro frequente oscillazione
tra il servizio sessuale nel quadro del matrimonio e la vendita di
servizi sessuali fuori di esso, ne è d'altronde la riprova.
Nessuna delle due soluzioni è realmente vivibile, ciascuna è
negativa sotto diversi aspetti. Nel karuwanci come nelle altre
forme di prostituzione indipendente (gestite dalle donne stes-
se), vi possono essere brutalità perpetrate da clienti o dalla poli-
zia; vi sono anche momenti di caccia alle karuwai, dei pogrom
(ad ese.m pio in Nigeria, vedi più sotto). C'è inoltre un certo
stigma sociale che tuttavia si affievolisce se la donna ha un buon
successo economico. Il matrimonio è però l'unico statuto so-
cialmente ammesso, l'unico che permetta di avere figli senza
vergogna, e questo è un fatto importantissimo in paesi dove la
pressione alla riproduzione è assai forte (e comunque interio-
rizzata). Così una cortigiana di gran successo, a Niamey, mi ha
annunciato il suo matrimonio spiegandomi che si sposava per
avere un bambino: «Se avessi una bambina o anche un ma-
schietto» (dal matrimonio precedente) «non mi sposerei». Né
va sottovalutata l'importanza dei figli come aiuto e assicurazio-
ne per la vecchiaia, le malattie e le difficoltà; e il matrimonio
può servire nello stesso senso.
Il fatto che così tante donne decidano di emigrare nelle
città non significa dunque che la vita in città e la prostituzione
siano cosa facile per loro:
«Sai, la vita cli karuwa, è Dio che ci spinge a farla ... Ora vorrei an-
che il matrimonio, ma non c'è. Qualche volta si passano notti senza

124
aver qualcosa da mangia.re ... Qualche volta mi capita di non riusci.re a
dormire per i problemi», dice Kadidjatou , una donna hausa di circa
35 anni (su cui vedi anche cap. 3). Durante l'intera intervisra entrava
gente a chiede.rie di pagare qualche debito o riprendersi qualcosa che
aveva comprato a credilO e non era riuscita a pagare. I clienti erano
pochi e le toccava spesso accettarli a qualsiasi prezzo potessero pagar-
la: «Tu dici: '1.000'. Se lui ci dice: 'non bo 1.000, non ho che 500', te
dici: 'non fa niente. Possiamo continuare' 1' . Tu li prendi perché non
puoi passare la none così, in bianco, sei costretta a prenderli».

Kadidjatou racconta il suo primo matrimonio.


Aveva 11 anni, non era ancora mescruara. Era un matrimonio forza-
to e i rapporti sessuali sono imposti con violenza e molto dolorosi. E poi:
«Mi picchiava. Non sono rimasta perché mi picchiava. È perché non vo-
levo dormire con lui e anche perché non volevo rimanere con lui. È per
questo del resto che mi picchiava:» e in più il lavoro, pestare (i cereali),
andare a prendere l'acqua ... E le fughe continue, ma ... «Ogni volta che
scappavo, vengono, mi riponano in.dietro. Poi sono scappata per andare
da quella vecchia. È questo che mi ha spinto a fare questa vita di kan,wa,
il fatto che i miei genitori mi hanno costretta (al matrimonio). Quando i
miei genitori mi hanno costretta bo soffeno così tanto... È questo che mi
ha spinto a questa vira da nulla, che erro da ogni pano,.
Va così a vivere in una cittadina vicina, a casa di una karuwa più
vecchia: «Questa vecchia quando ha piccole spese da fare, mi manda
a comprare la birra, le cose da mangiare, rutto. Nella sua concess1on
c'erano delle puttane, ma la vecchia è come la magajia. La vecchia e le
donne mi mandano a comprare la birra e anch'io ho imparato (a be-
re). [. .. ) Quando i mie.i genitori hanno saputo che stavo da questa vec-
chia sono venuti a prendermi per l'.Ìportarmi da mio marito. Una notte
ho saltato il muro e sono tornata da quella donna. Quando hanno vi -
sto che proprio non rimanevo e che ero rutto il tempo da lei, hanno
rotto il matrimonio. [ ... ) Ero piccola allora, non pensavo... io sentivo
solo dire karuwanci, io non sapevo cosa era». Gli uomini vanno là, le
fanno regali: «Mi chiamano, vengo, la vecchia dice: 'Bene, c'è il tale
che ti vuole ..'. Quando prendo i soldi scappo, O!,'lli volta, vado nei
bar, a bere. Mi rifiuto di andare a lerw con loro. Allora il giorno dopo

Il Come si è già det10 (cap. 3) 500 franchi (CFA) e ra a me1à degli anni '80
il prezzo standard in queste forme più povere di prostituzione. Le ragazze che
lavoravano nei bar o nightclub. specie con clienti stranieri, potevano chiedere
molto di più.

125
quando vengono quegli uomini mi schiaffeggiano, mi picchiano: 'Per-
ché te ne sei andata?' Poiché mi sono presa i soldi e ho rifiutato di
dargli il sesso. Diverse volte ho fatto fuori i soldi e non gli ho dato il
sesso. [ ... ] La magajia dice: 'Allora te ma come? Prendi i soldi della
gente e te la svigni così?' Le dico: 'Ma era un regalo che il tipo mi ba
dato'. 'No, no, non fanno regali. Bisogna lasciarli assaggiare di quan-
do in quando'. Un giorno la vecchia mi chiama nella stanza e là nella
stanza c'è un uomo che è venuto. Bè, mi banno chiuso dentro. La vec-
chia è U. Prima si erano messi d'accordo. Il tipo ha parlato, si è messo
d 'accordo con la vecchia. Allora è riuscito a andare a letto con me. Io
urlavo e urlavo, alla fine ho ceduto. [ ... ] È cosl che a poco a poco bo
accettato. È così che mi sono abituata a fare la karuwa. Lei (la
magajia) m'ha detto: «Di quando in quando assaggeranno». Quando
mi ha detto questo ho accettato, ho seguito i suoi consigli. Le ho det-
to: 'È perché fa male'. 'No non fa male, quando ti abitui è finita'». Vi-
ve per un certo tempo da questa donna, le dà la maggior parte dei
suoi guadagni e ne riceve vitto, alloggio e vestiti.
Secondo matri.monio e Ii.torno al villaggio: «Anche il secondo pic-
chiava.... Ah il matrimonio, bisogna solo provarlo ... Quando ho lascia-
to questo secondo marito sono venuta direttamente a Niamey». Dopo
un nuovo periodo di karuwanci sposa uno di cui è innamorata. Il nuo-
vo marito però presto l'abbandona, sparisce, e lei torna a Niamey.
A questo punto Kadidjatou si sente autonoma: «Sai, quello che
guadagno ora è per me. Non dipendo, non sono agli ordini di nessuno.
Sono arrivata a avere una casa per conto mio. Sono cresciuta e sono ar-
rivata a vivere da sola. Sono sola nella mia casa. Mi sento meglio ora».
Sua madre che ha portato dal villaggio e i suoi due figli dipendono da
lei: «La mamma si ammalava tutto il tempo e mi chiamava. Ho preferito
portarla qui. Sono io che mantengo la mamma e i miei figli. Persino il
sapone, sono io a comprarlo, il mangiare sono io, il vestiario io. Se cuci-
no qualcosa spesso glielo porto. Sono io la carne, sono io il col1el/0»16.

La storia di Kadidjatou non è una storia allegra. Pone anzi-


tutto un problema: cosa possiamo chiamare scelta. Kadidjatou
è costretta al matrimonio con lo stupro, e con lo stupro è co-
stretta alla prostituzione. Poi va avanti e indietro tra questi due
poli cercando quello più vivibile o fuggendo la situazione total-
mente intollerabile. Dal racconto di Kadidjatou, come da quelli

16 L'aiuto alla famiglia di origine, procura eo tramite varie forme di lavoro


sessuale ha una lunga storia, cfr. qui n. 30.

126
di altre donne intervistate, emerge chiaramente l'assenza di ve•
re alternative.
È chiaro che le donne si trovano davanti due situazioni am•
bedue impossibili. Abbiamo a che fare con un sistema bipolare
che contiene in sé le condizioni della sua costante riproduzio-
ne. Per i soldi, la terra, gli strumenti o mezzi di produzione le
donne dipendono dagli uomini sia individualmente che come
gruppo. Questo è il dato di base. Le donne hanno, oltre al ma•
trimonio, diverse possibilità di accesso alle risorse, ma queste
passano quasi esclusivamente per il sesso17• L'accesso al denaro,
o semplicemente alla sussistenza, ottenuto tramite il karuwanci
o altre forme di lavoro sessuale fuori del matrimonio sembra
per molte di esse meno pesante. È più diretto, più immediato e
il guadagno una volta ottenuto è di loro totale gestione. A volte
porta anche a una certa autonomia: in effetti si vedono donne
che così riescono ad arrivare all'indipendenza.
A livello economico i rapporti di servizio sessuale vanno da
quelli che appena appena permettono di vivere, come quello di
Kadidjatou, alla situazione già migliore delle ragazze che lavora-
no con stranieri, a quella delle cortigiane di alto livello, alle for-
me che abbiamo visto nei capitoli precedenti di boyfriends ecc.
che integrano salari, e così via. E , come è owio, meno è pressan-
te il bisogno e più la donna ha possibilità non solo di scegliere i
clienti, le condizioni di lavoro, le prestazioni che vuole dare (ve-
di cap. 3 ), ma anche di decidere cosa fare col guadagno.
Vi sono grandi differenze sia nell'uso che le donne fanno dei
soldi che ottengono dagli uomini, che di riuscita economica e di
autonomia. Intanto anche nel caso del lavoro meno retribuito, di-
verse karuwai, se appena possono, cercano di mettere da parte
qualcosa. Le loro case o stanze allora hanno in mostra in vetrina
interi set di pentole smaltate o pile di pagnes18• La quantità e qua-
lità degli oggetti contenuti potrà variare per arrivare fino agli ar-
madi pieni di stoffe costose delle cortigiane che avranno allora ma-
gari anche ori e gioielli. Altri elementi in cui si investono i risparmi

17 Anche per quelle che hanno qualche qualifica esso può dare possibilità
di ottenere un lavoro salariato, o un 1.avoro migliore, cfr. capp. 2 e 5.
18 Tagli di stoffa per il vcs1i10 tradizionale.

127
potranno essere mobilio. Così ad esempio spesso ho visto letti di
ferro decorati, accatastati nelle stanze o ripostigli delle karuwai
che intervistavo. Molti di questi oggetti serviranno come doni di
nozze o per altre occasioni e le karuwai li porteranno al villaggio e
alla propria parentela e serviranno per mantenere o riallacciare
rapporti e insieme avere un qualche prestigio. Seivono anche co-
me indicazione di status e permettono allora di proporsi meglio ai
clienti: «quando uno entra e vede tutte queste cose» dice una ka-
ruwa intervistata a Niamey, «capisce che non ha a che fare con una
poveretta e non può offrire un pagamento troppo basso».
A un livello più alto, dopo o durante il karuwanci, alle ka-
ruwai si aprono altre possibilità: alcune di esse che, oltre al la-
voro sessuale, hanno attività commerciali, ed altre, «rese ab-
bienti e dalla generosità degli amanti e dalla propria previdenza
economica, a un certo punto lasciano i ranghi delle karuwai e a
tutti gli effetti e per tutti gli intenti, diventano donne indipen-
denti. Le donne indipendenti di successo possono avere amanti
o non averne; il fatto importante è che non si considera più che
siano dipendenti economicamente da questi uomini e la loro
ricchezza assicura loro rispetto e uno status sociale più alto»
(Pittin 1983: 294-295). E accade che queste donne che hanno
un successo economico lo manifestino anche con la scelta di
amanti giovani e attraenti ma senza mezzi. Allora, in un rove-
sciamento almeno parziale di ruoli e posizioni sociali, sarà la
donna a fare doni e magari a mantenere l'amante (per situazioni
analoghe tra le cortigiane di Shanghai e, ad esempio, giovani at-
tori, cfr. Hershatter 1997: 116 ss., e per altre nella Cina dopo gli
anni '80 e il rifiorire della prostituzione, ibid.: 353 ).
Uno degli investimenti preferiti in Niger e altrove dalle/em-
mes libresche riescono a organizzarsi e costruirsi un certo capi-
tale è l'acquisto o costruzione di case da affittare (cfr. Bujra
1975, White 1990). Questa scelta di investimento è stata assai
frequente sia a Nairobi che in altre città (Kampala ad esempio)
tanto che nel più vecchio quartiere 'africano' di Nairobi, Pum-
wani ancor oggi la metà delle case appartiene a donne (Bujra
1975: 213 e White, 1990). La costruzione di case è per le donne
un elemento di sicurezza assai più forte del matrimonio. «Non
meraviglia che una donna anziana, ex-prostituta, alla domanda

128
se si era mai sposata, abbia risposto seccata 'Perché mi insulta-
te? La mia casa è il mio marito' (Bujra 1975: 224).
Anche a Niamey alcune delle donne intervistate investivano
in case e ne costruivano sia per uso proprio che per affittarle.
Abbiamo visto come Hadiza,/emme libre di successo (cfr. cap.
3 ), usa per costruire case il dono inesplicabile che possiede, un
dono datole da Dio, come lei dice, che le permette di ottenere
un sacco di soldi dai suoi ammiratori.
Un altro investimento preferito dellefe,nmes libres in Niger
come in altri paesi africani è l'acquisto di un commercio. Così ad
esempio in Camerun, a Yaoundé, aJl'epoca della ricerca di Son-
gue, molti dei bar, ristoranti, nightclub, istituti di bellezza e ne-
gozi di abbigliamento erano gestiti da prostitute ed ex-prostitu-
te: ben sette dei diciassette caffè di Yaoundé (di cui quattro era-
no anche ristoranti) appartenevano a prostitute o ex-prostitute,
come dodici su venticinque boutique di abbigliamento, e la
maggior parte degli istituti di bellezza (Songue 1986: 119-126).
E infine anche il settore economico maschile più tradizio-
nale, l'aJlevamento dei bovini, diventa oggetto d'attenzione. Le
prostirute comprano bestiame. Aicha una ragazza peul del Ni-
ger che lavora a Niamey investe in bestiame i suoi risparmi.
Non si compra solo pagnes o pentole, si compra bovini «per do-
mani» (intervista Niamey 1986). Donne nandi del Kenya diven -
tano indipendenti e capifamiglia comprando terre e mandrie
(Oboler 1985). E il potere maschile intravede un pericolo.

2. Repressione degli uonzin1; resistenza delle donne

191.5, Katsi11a, Nigeria. Ordine delle autorità coloniali inglesi: le


prostitute devono essere cacciate, a quelle "native del.la città devono es-
sere dati sette giorni per sposarsi" (Pirrin 1979: 284).
1948, Kenya. ,<Molte prostitute tornavano a Nandi con i loro gua-
dagni compravano terra e bestiame, e si insediavano a Nandi come
proprietarie indipendenti». L'artra1jone ovvia di questa scelta econo-
micamente vantaggiosa indusse gli uomini nandi «a temere di perdere
il loro controllo sulle donne. Nel 1948, il Consiglio Nativo Locale
passò la cosiddetta Ordinanza delle Donne Perdute, che decretava:

129
Nessuna donna o ragazza nandi sopra i 12 anni di età potrà anda-
re dal Distretto Nandi a qualsiasi luogo fuori dal Distretto Nandi sen-
za permesso scritto del Capo.
Nessun autista Africano di alcun veicolo dovrà portare in tale vei-
colo alcuna donna o ragazza dal Distretto Nandi a qualsiasi luogo
fuori dal Distretto Nandi a meno che tale donna o ragazza non sia in
possesso di un permesso di viaggio valido emesso dal suo Capo.
Questa ordinanza ebbe un'efficacia limitata!» (Oboler 1985: 173-
174).
Anni 1970, 1980, Zimbabwe, Gabon, Zambia, Burkina Faso, Mo-
zambico, Tanzania. La polizia «ripulisce le città» facendo retate. Le
donne che non possono esibire certificati di matrimonio sono arresta-
te come prostitute e sottoposte a varie forme di violenza.

È in un quadro di ricerca di autonomia che vanno viste le con-


siderevoli migrazioni di donne verso le città, dove si mantengono
con il guadagno di molteplici rdazioni, più o meno rigorosamente
tariffate, e con questo escono dai legami coniugali. Ma spesso in
città le donne hanno legittimità solo se sono mogli. È proprio la
rottura con l'istituzione matrimoniale che è inaccettabile per gli
uomini di molte popolazioni, poiché spesso come abbiamo visto
la"prostituzione" non è solo un' alternativa temporanea al matri-
monio. Spesso è proprio il matrimonio in quanto tale che viene rz~
fiutato dalle donne (cfr. ad esempio Dinan 1983, Vidal 1986). Che
le donne possano ottenere con il loro lavoro indipendente un'au-
tonomia economica e personale è sentito come una minaccia per
l'ordine maschile e le reazioni non si fanno attendere.
Siamo infatti su un terreno assai concreto, persino fonda-
mentale per i rapporti tra i sessi: la posta politica in gioco è qui
direttamente la relazione sociale nella quale la transazione con-
cerne la sessualità. E non solo: è una duplice minaccia infatti
quella che le donne fanno pesare a questo punto sull'ordine
maschile. Giacché le donne si sottraggono allo sfruttamento di-
retto del proprio lavoro nel quadro della famiglia e insieme allo
sfruttamento diretto delle loro persone come riproduttrici (e
fornitrici di servizi sessuali). Ossia rimettono in discussione la
specificità del rapporto coniugale: il legame tra i diritti sul loro
lavoro e i diritti che toccano direttamente il loro corpo. Ed è
precisamente usando esse stesse il loro corpo sessuato come

130
strumento di lavoro che esse si sottraggono al lavoro gratuito e
accedono a un' autonomia economica. Non si tratta perciò solo
di un attentato diretto alla struttura di potere e di una emanci-
pazione economica, è anche una fuga dal rapporto di appro-
priazione privata. Reinserirle in questo rapporto sarà allora un
obbiettivo prioritario della politica degli uomini. Il mezzo per
attuarlo è la repressione.
Più ancora che nelle azioni e nei discorsi delle donne o per-
sino nelle azioni a livello familiare per mantenere il controllo
sulle donne, la posta in gioco appare in piena luce nelle misure
e negli interventi politici locali e nazionali contro le donne che
decidono di emigrare e di lavorare nel lavoro del sesso, nel sex
work. A partire dalle misure non ufficiali, come quelle dei Luo.
li matrimonio presso i Luo (Kenya, Uganda), anche nelle città è
in effetti assai stabile, contrariamente a quanto accade in molte altre
etnie della s1essa area dcll' Africa orientale. E non è un caso! Gli uo-
mini luo hanno costituito delle associazioni come la Luo \'Qelfare As-
sociation di Mombasa o di Kampala. Tra le altre funzioni esse hanno
anche quella assai importante di impedire alle donne luo di diventare
delle prostitute. «I.:Unione Luo di Kampala è spesso stata in grado di
rimpatriare (ossia di rispedire al villagio) le donne che rompono con il
sistema» (Southall 1961: 66). A Mombasa «l'associazione fa uso della
forza per catturare, tenere in custodia e poi deportare al villaggio una
donna che esca dai ranghi. Non vi s0110 prostitute luo a Mombasa»
(Wilson 1961: 111, corsivo mio). Le donne che decidono di vivere da
sole, fuori dalle regole tribali luo, fuori dal matrimonio, sono dunque
catturare e deportate ai villaggi. I.:isrituzione matrimoniale e le regole
1ribali sono mantenute dalla violenza maschile collertivamente orga-
nizzata (cfr. anche Parkin 1966: 174).

Altrove si tratta di misure ufficiali emanate da istituzioni


dello stato locali o nazionali. Le donne nandi del Kenya tradi-
zionalmente andavano nelle zone di pianura ad acquistare ce-
reali e davano in cambio non solo pecore e capre ma anche ser-
vizi sessuali. Una ricerca sulle donne, i rapporti tra i sessi presso
i Nandi, e le trasformazioni economiche in questa popolazione
di allevatori (Oboler 1985) mette in rilievo che durante il perio-
do coloniale, i due soli mezzi che le donne avevano per guada-
gnare denaro in modo consistente (e non in misura minima co-

131
me awenjva ad esempio con la vendita di polli o verdure) erano
la produzione ru birra e la prostituzione
«La prostituzione era un fatto tradizionale in Nandi, ed era noto
che le donne che andavano nelle aree di pianura per procurarsi i ce-
reali scambiavano e favori sessuali e bestiame [...]. Negli anni '3 Oe '40
donne nandi si stabilirono nella maggior parte delle città del Kenya
come prostitute. Erano chiaramente in gran numero rispetto al nume-
ro di prostitute provenienti da altri gruppi etnici del Kenya occidenta-
le». Molte di esse al ritorno in paese nandi si installarono come capifa-
miglia indipendenti comprando terre e bestiame. Il loro esempio ri-
schiava di essere contagioso. Per gli uomini nandi ciò equivaleva al ri-
schio di perdere il controllo sulle donne. (Oboler 1985: 173-174).

Il Native Council cercò allora (ma senza riuscirvi, cfr. p. 129 s.)
di bloccare ogni partenza femminile non autorizzata dal capo.
Operazioni analoghe condotte altrove non ebbero miglior suc-
cesso. Così Ie donne haya, poste di fronte al divieto ru lasciare la
regione con l'autobus o con il battello sul Lago Vittoria, noleg-
giarono un charter per raggiungere Nairobi (Southall 1961: 49).
Le donne che emigrano in città cercano ru solito ru rima-
nervi, gli uomini emigrando invece mantengono rapporti più
stretti con il villaggio. La migrazione femminile ha infatti un si-
gnificato assai diverso. È un tentativo di sfuggire alle istituzioni
tribali e alla dominazione maschile in seno alla famiglia, e qui
come altrove essa esprime la rivolta contro la struttura familiare
(cfr. cap. 1).
Gli interventi contro le donne che emigrano da sole nelle
città possono essere più duri di quelli visti a proposito delle don-
ne haya, luo o nandi. In Ghana, neUo Sato di Sefwi Wiawso, ver-
so il 1930, furono emanate una serie di leggi e mjsure per in-
chiodare le donne al matrimonio e con ciò dare agli uomini, ol-
tre agli altri diritti che avevano suUe donne, anche il diritto al
lavoro agricolo gratuito che le donne dovevano fare, compreso
il diritto sul loro lavoro nelle oolture commerciali, ad esempio
quelle del cacao. La ricerca ru P. Roberts su Stato e matrimonio
in Ghana è assai chiarificatrice a questo riguardo: ci fa vedere
un potere maschile direttamente all'opera sul piano della legi-
slazione di Stato.

132
Nello S-rato di Sefwi Wiawso: «Le principali preoccupazioni del
Consiglio di Stato alla fine degli anni 1920-1930 erano innanzitutto il
controllo delle donne che avevano abbandonato i mariti e in secondo
luogo la ges-rione del divorzio sempre più frequente. «Tra i suoi primi
e forse più inquietanti interventi fu il tentativo di eliminare le 'free
women' di Wiawso: le commercianti e le presunte prostitute occasio-
nali o a tempo pieno che avevano abbandonato i maritii o che non ave-
vano guardi:ani maschi noti.
Il Free Women's iWarriage Proclamation (Proclama di matrimonio
delle Free wo111e11), emanato nel 1929, ordinò che tali donne fossero
arrestate, chiuse nei cortili esterni del palazzo dell.'Omanhene in
Wiawso e tenute là finché non venissero richieste da un marito o da
qualsiasi altro uomo che sotto la sua responsabilità Ee prendesse in
consegna. Il richiedente maschile doveva pagare una multa di 5 scelli-
ni per riscattare la donna e impedì rie di condurre ancora le sue
inaccettabili attività» (Roberts I987: 61).

Si tratta dunque di misure simili a quelle che conosciamo


per i cani randagi. E Roberts ci ricorda che non si trarra di mi-
sure particolari e proprie a qu esto stato ma che altri stati della
Costa d' O.ro avevano emanato misure analoghe. Ma occorre
anche sottolineare un altro punto. Le /ree women non davano
fastidio al potere maschile sono per le loro attività di prostitu-
zione - e a questo proposito si agitava il solito spauracchio delle
malattie veneree che viene ovunque usato per giustificare con-
trollo e repressione - esse dav.ano noia anche su un altro piano
assai significativo (Roberts 1987: 61-62):
«Comunque le offese più specifiche di queste 'donne libere' nei
riguardi dell'autorità maschile venivano continuamente sottoposte al-
l'attenzione del Tribunale Nativo. Una che li infuriava era quella di
'donne libere' che davano esse stesse in matrimonio le loro figlie o che
arrangiavanQ i divoro delle figlie». Per uJlo di questi casi il Tribunale
giudicò che il marito era «colpevole di aver fallito nel tenere la moglie
sotto la sua autorità»!

Ossia: è intollerabile che le donne assumano la gestione cli


qualcosa o un potere e abbiano la possibilità cli controllare de-
naro.
Stessa situazione in Nigeria: Pittin mostra tuua una serie cli
provvedimenti, emanati da diverse istanze del potere, per im-
porre iJ matrimonio alle karuwai.

133
Il priimo provvedimento citato da Pittin proviene dalle autorità
coloniali inglesi di Katsina, nel 1915. È quello che abbiamo già visto:
stabilisce che le prostitute devono essere cacciate dalla città, salvo
quelle originarie di Katsina a cui vengono concessi sette giorni di tem-
po per sposarsi (Pittin 1979: 284). A parure da questo, a più riprese,
varie città (per esempio, nel 1958, Sokoto, Kano, Zaria) bandiscono le
«donne libere» e le spingeranno o piuttosto costringeranno a sposar-
si. Il matrimonio forzato, espresso, e a basso prezzo delle karuwai è
chiamato auren gwanjo, matrimonio di seconda mano (gwanjo: ogget-
to di seconda mano), e si può contrarre pagando 10 scellini. La situa-
zione si ripete a Katsina nel 1969. Poi di nuovo nel nord della Nigeria,
durante la siccità negli anni 1972-1973. Le karuwai diventano i capri
espiatori di questo periodo difficile, subiscono violenze e saccheggi.
Nello spazio di pochi giorni si annoverano, a Sokoto, circa 200 matri-
moni di karuwai. A Katsina addirittura la metà delle karuwai si sposa-
no nelle due settimane seguenti la loro espulsione. Quando si ristabili-
sce la calma, le donne ritornano nelle città e quelle che si erano sposa-
te abbandonano il loro matrimonio forzato.

Di questo complesso insieme di interventi vediamo qualche


esempio più recente. Nello Zimbabwe (Jacobs e Howard 1987:
38 ss.) e in diversi altri paesi africani (Tanzania, Mozambico,
Kenya ecc.) vengono effettuate retate e operazioni 'di risana-
mento' delle città. Così nello Zimbabwe, nell 'autunno 1983,
una seri-e di retate porta ali' arresto di varie migliaia di donne
con l'accusa di prostituzione. Si tratta di arresti e deportazioni
in massa, in particolare nella città di Harare ma anche in altri
centri urbani.
La campagna contro la ' prostituzione', come le campagne
simultanee contro il vagabondaggio o gli squatters, fa parte
«dell'estensione del controllo del nuovo stato su altri gruppi
impoveriti e indeboliti. Tuttavia, noi sosteniamo, essa era diret-
ta contro le donne come gruppo di genere. [. ..] Tutte le campa-
gne avevano cause economiche, politiche e ideologiche, ma
quella contro la prostituzione aveva un elemento in più: i tenta-
tivi collettivi e individuali degli uomini di controllare le donne e
la loro sessualità» (ibid.).
Nello Zimbabwe, nel corso delle retate dell'autunno 1983,
,de donne dovevano mostrare i loro certificati di matrimonio

134
per strada, cosa difficile per le donne nere che spesso si sposa-
no secondo il diritto consuetudinario. Si esigeva anche che de-
gli uomini si portassero garanti delle donne nei commissariati e
centri di detenzione per farle riconoscere come non prostitute.
Le donne nere sono state più colpite da queste misure perché
vanno a piedi. [ ... ] le donne arrestate erano considerate, a prio-
ri, delle prostitute» (Barry, Bunch, Castley 1984: 58-59).
Descrivendo una delle prime ondate di arresti a Harare, Jacobs e
Howard (1987: 42) notano l'ampiezza particolare della retata fana
nella wna "The Avenues", abitata da «giovani professionisti di cui al-
cuni erano giovani donne nere, single. È chiaro che mentre alcune
delle donne arrestate erano prostitute, molte delle giovani donne ar-
restate non lo erano. Secondo loro erano state arrestate perché giova-
ni, single e perché si vedeva che si guadagnavano da vivere». In questa
retata furono arresrate donne che andavano a fare la spesa o aspetta-
vano l'autobus oppure che tornavano dal lavoro. Invece le donne che
lavoravano come prostitute negli alberghi di lusso non ebbero prati-
camente noie. Un'altra serie di misure di polizia colpì la vendita di ci-
bi cotti considerata illegale: così con «l'Emergency Powers Act la de-
finizione di 'illegale' arriva a includere diverse delle fonti di reddito
più imporranti per le donne» (ibid.: 42 ).

In Gabon nd 1985 la polizia fa retate di donne considerate


come prostitute: esse sono portate agli accampamenti militari e
date ai soldati (Gaidzanwa 1985: 3).
Ritroviamo in questi arresti in massa elementi che abbiamo
già incontrato in Ghana:
la donna che non è sotto il potere diretto d'un uomo deve es-
sere messa sotto tale potere, è fuori legge, è in situazione d'illega-
lità e pertanto deve essere messa dì nuovo sotto controllo;
l'accesso alle risorse che le donne ottengono con mezzi pro-
pri mette in pericolo le strutture della dominazione maschile
fondate sul controllo politico ed economico (monopolio degli
strumenti e delle risorse) e sull'uso del lavoro gratuito delle don-
ne, e qui in particolare il lavoro agricolo e la produzione dome-
stica. Attività che siano redditizie e producano una indipenden-
za economica saranno ostacolate e al caso proibite.

\'t **

135
Ho riportato qui casi di repressione in vari paesi africani. E si
potrebbe continuare la dimostrazione passando ad altri conti-
nenti, così come sarebbe interessante una ricerca globale sui si-
stemi e sulle forme di repressione messi in atto dalle varie società.
Ma è possibile fin d 'ora proporre alcune riflessioni. A partire da-
gli esempi d'intervento riportati e prendendo in considerazione
elementi della storia sia passata che presente della prostituzione
sembrerebbe possibile delineare l'esistenza di due grandi sistemi
d'intervento e repressione (con eventuali modalità intermedie)
organizzati per gestire la trasgressione delle donne.
1. Si tende a reprimere tale trasgressione in modo diretto: si
restaura l'ordine sociale ristabilendo a livello individuale il mo-
dello fondamentale del rapporto tra i sessi, cioè si reintegrano
le donne nelle strutture di proprietà e di controllo sulla loro
persona da cui sono uscite. Ogni donna deve così essere nuova-
mente posta sotto il controllo diretto di (almeno) un uomo: il
marito in genere oppure (per un tempo di solito più breve) il
padre. Ogni donna "fuorilegge" è spinta, o meglio, costretta a
sposarsi nel più breve tempo possibile. Esemplari in tal senso
sono le ordinanze nigeriane citate da Pittin (1979), che danno
alle donne pochissimi giorni per mettersi in regola, o ancora
quelle di Sefwi Wiawso (Roberts 1987). Ma simili effetti hanno
anche grandi interventi di eliminazione della prostituzione co-
me quello degli anni '50 nella Cina popolare. Le prostitute,
considerate come vittin1e della vecchia società, e «rieducate» al
lavoro19 dopo una permanenza in centri e riformatori dovevano

19 La tentata abolizione della prostituzione è di breve durata e negli aoni


'80 si segnala uoa forte ripresa e di nuovo misure di rieducazione e detenzione:
«Fino al 1991 erano passate oei 103 centci di rieducazione nel paese circa 56
mila prostitute. Nel 1992 la Cina aveva 113 di questi istituti, con una popola-
zione di circa cinquantamila prostitute». La gran parte delle città aveva un
riformatorio, alcune anche più di uno, con varie centinaia di recluse che aveva-
no da passarvi periodi da sei mesi a due anai (Hershaner ibid.: 343). Hershat•
ter riporta a proposito della soppressione della prostituzione nel 1950 a Sban-
ghai e della reclusione delle donne io centri di rieducazione, uno dei più straor-
dinari esempi di manifestazione improvvisata: «una innovativa protesta spon-
rnnea: un cry-in». Cao Manzhi, responsabile all'epoca per la municipalità di
Shanghai, ricorda. Era andato al centro di rieducazione a tenere un discorso aJ.
le donne: «Il momento che cominciai a parlare una delle prostitute gridò: 'So-

136
tornare in famiglia: gli istituti cercavano di far sì che <<le donne
sposate venissero riunite ai mariti e le donne non sposate venis-
sero date in matrùnonio»20 (cfr. Hershatter 1997).
2. Si tende a privare la trasgressione del suo senso di rivolta,
di rivendicazione d 'autonomia economica e di gestione della
propria sessualità che essa rappresenta per le donne, dunque a
eliminare il pericolo che tale trasgressione può costituire per le
strutture della dominazione maschile. Ma si cerca, al tempo
stesso, di far fruttare al massimo l'utilizzazione sessuale delle
donne: per mezzo dell'istituzionalizzazione e della regolamen-
tazione della prostituzione.
a. sotto forme che danno alla prostituzione una organizza-
zione statale o in ogni caso fortemente istituzionalizzata. Ricor-
diamo le "grandes maisons" municipali della Francia del Sud-
est nel XV secolo (Rossiaud 1982, 1984), con gli obbiettivi di
ordine pubblico e di instaurazione della pace sociale che erano
loro tra l'altro attribuiti. O ancora, per certi periodi della storia
della Cina i1nperiale, l'organizzazione statale della prostituzio-
ne, con la sua divisione di classe, dove alcuni bordelli erano ri-
servati agli alti funzionari, altri ai militari, altri ancora alle classi
sociali inferiori. Questi sistemi funzionano non solo sottomet-
tendo a controllo le donne che esercitano la prostituzione per
proprio conto, ma anche col praticare un reclutamento coatto de-
gli effettivi necessari per i bordelli: inganno e abuso di confiden-
za, la violenza o la legge obbligano molte donne a entrare in un la-
voro sessuale forzato. Così nelle città del Sud-est della Francia nel
XV secolo (Rossiaud 1982, 1984), la pratica diffusa dello stupro
di gruppo era il mezzo per ottenere il reclutamento o l'entrata

relle, piangere!'. Fu di grande efficacia: aveva appeno fotto questo appdlo che
p iù di 300 persone cominciarono a piangere simultaneamente. E ognuna di lo-
ro piangeva in modo assolutamente disperato. All'inizio le lacrime erano finte,
ma più piangevano, più tristi divenrnvano [ ...]. Piansero senza smenere per
due ore». A Cao Manzhi non resta che tacere e guardarle piangere e vedere poi
rutte buna re per terra il cibo che viene loro dato (ibid.: 313 ).
20 Uomini in cerca di moglie scrivevano ai rifonnatori chiedendo una
donna in sposa. Lo staff avvertiva l'uomo sul passato della donna e cercava,
non si sa con che successo, di evitare, sia per questi nuovi matrimoni che per i
ritorni da marito o famiglia, che la donna subisse discriminazioni (cfr. Her-
shaner 1997: 318 ss.).

137
forzata nei bordelli: la donna oggetto della violenza veniva consi-
derata puttana e non poteva che entrare nel postribolo. Questa
sorte toccava ovviamente a donne socialmente emarginate: stra-
niere, vedove, mogli abbandonate, donne di classe povera e senza
protezione familiare. Nella Cina imperiale, il reclutamento delle
prostitute veniva fatto anche tramite il sistema penitenziario (le
condannate, o le parenti di condannati, scontavano con il lavoro
sessuale nei bordelli le condanne alla detenzione proprie o di
propri parenti). Pool di donne per i bordelli era anche l'immenso
mercato delle donne e bambine vendute come schiave, concubi-
ne o prostitute di varie categorie dagli stessi membri della loro fa-
miglia (mariti, padri, fratelli)21 , da intermediari o anche da rapito-
ri. Oltre ai bordelli statali, la Cina aveva anche bordelli privari,
autorizzati, regolamentati e tassati dallo Stato (Van Gulik 1971,
Gronewold 1982, Hershatter 1991, 1997, Henriot 1997, e vedi
per le forme di lavoro schiavistico oggi Wijers e Lap-Chew 1997).
b. in forme in cui l'intervento statale è meno diretto a livello
organizzativo (i bordelli sono privati ecc.) ma mira nondimeno
alla gestione completa della trasgressione: ad esempio si hanno
le forme di regolamentazione nell'Europa del XIX e XX secolo
(sulla regolamentazione in Italia in tale periodo cfr. Gibson
2000). E qui, come in altri momenti della storia (per il secolo
XVIlI in Francia cfr. Benabou 1987), e anche in altre parti del
mondo, l'esistenza dei bordelli si accompagna o si è accompa-
gnata a un reclutamento delle prostitute basato su coercizione
e/o inganno (cfr. tra gli altri Jaschok & MierS eds. 1994, Liro
ed. 1998, Thorbek & Pattanaik eds. 2002).
Tutte queste forme cercano dunque di recuperare integral-
mente a vantaggio degli interessi anche economici maschili
ogni aspetto di trasgressione e irregolarità delle donne, col to-
gliere loro ogni controllo e addirittura con il sottoporle a uno
sfruttamento diretto in un sistema parallelo a quello matrimo-
niale. Nel primo caso visto dunque abbiamo una e una sola
struttura o istituzione ammessa di uso della sessualità, del servi-

21 A Taiwan ad esempio l'uso di vendere per un 101 numero di anni le


proprie fìglie anche giovanissime ai bordelli nella forma di servitù obbligata,
come i11de11tured seroonts, è durato fino agli anni '90.

138
zio sessuale deUe donne: il matrimonio. Nel secondo caso due
istituzioni parallele, il matrimonio e il bordello, usano il servi-
zio sessuale femminile - istituzioni di significato sociale diffe-
rente e delle quali una è per le donne generatrice di inferiorità
sociale e di stigma. Questi due sistemi di intervento hanno reso
e rendono più dura e pericolosa la vita deUe donne, specie di
quelle che cercano di sottrarsi al loro controllo. E tuttavia, per-
sino nei momenti deUa loro massima efficacia, questi sistemi
non banno potuto ottenere vittorie totali.
Se si prestasse più attenzione agli interventi istituzionali sia
locali che nazionali, e si facessero ulteriori ricerche documenta-
rie approfondite suUe vite delle donne, le loro storie, speranze,
scelte, migrazioni, si metterebbe senza dubbio in rilievo un
aspetto che non è stato ancora sufficientemente messo a fuoco.
Un aspetto parziale certo ma al tempo stesso fondamentale: che
la storia deUe 'donne libere', dellefe,n,nes libres e delleftee wo-
men, delle prostitute dell'Africa e di altri continenti è anche la
storia, difficile e complessa, di una resistenza.

3. Una globalizzazione di lunga data

Abbiamo fin qui visto panorami locali, quelli tutto sommato


di piccole migrazioni, dai villaggi a Niainey, o Nairobi per citare
i due casi più tranati, spostamenti di donne che vivranno nelle
città mantenendosi con le forme più o meno tradizionali (come
il karuwanct) di lavoro del sesso. Si è trattato soprattutto delle
migrazioni di donne, con decisioni dall' apparenza individuale,
in reazione a rapporti di violenza e diseguaglianza tra i sessi, aUo
sfruttamento e brura.lità subite. E abbiamo visto le reazioni e la
repressione di cui queste donne divengono oggetto.
La migrazione delle donne è oggi un fenomeno di vaste
proporzioni, ,nigrazìoni intern.e tra le zone più povere, le zone
rurali del paese, e quelle più ricche, tnigrazìoni internazionali
verso i paesi più ricchi e industrializzati, donne del Ghana in
Costa d'Avorio, donne filippine o thailandesi in Giappone e Au-
stralia, o nei paesi europei. Non si tratta infatti di fenomeni lon-
tani, donne nigeriane o filippine, colombiane o polacche, domi-

l39
nicane, somale o thailandesi, lavorano accanto a noi, a casa no-
stra. Da tempo oramai siamo di fronte a un fenomeno in pieno
svolgimento, alla globalizzazione, e con ciò a un cambiamento
di scala, ma anche delle caratteristiche delle migrazioni. Le mi-
grazioni transcontinentali di donne degli ultimi anni - donne di
varia provenienza e con vari obbiettivi di lavoro - banno stra-
volto il modello migratorio fino a recentemente a forte, a tratti
quasi totale, prevalenza maschile22. Questa migrazione di don-
ne, che awiene per scelta o come lavoro forzato, interessa non
solo il lavoro sessuale ma in blocco le attività femminili, il lavo-
ro da moglie, da domestica o da prostituta e in genere il lavoro
di cura e assistenza23.
Cerchiamo allora di vedere differenze e somiglianze tra le
migrazioni viste e quelle, si può dire, su scala planetaria, tra il
muoversi su spazi relativamente limitati e con scelte personali,
individuali, delle donne incontrate fin qui e il fenomeno sociale
più recente del muoversi di migliaia di donne da una parte all'al-
tra del mondo. L'ampiezza dei problemi e la complessità dei fe-
nomeni interconnessi, la molteplicità di fattori in gioco non per-
metterà però che di proporre alcuni brevi e schematici appunti.
Intanto una nota. Il problema del rapporto tra locale e glo-
bale non è questione solo recente. Sarebbe erroneo considerare

22 La Danimarca ne dà un esempio forse estremo (cfr. Lisborg 2002):


l'immigrazione dallo Thailandia e Filippine è a larga prevalenza femminile (le
donne sono addirittura 1'83 % degli immigrati dalla Thailandia) e mentre la
maggioranza delle donne thai è tra i 30 e i 39 anni di età, la maggioranza dei
maschi è di bambini o adolescenti, ossia sono figli che emigrano al seguito
delle madri. E i.nsieme vi è un considerevole e crescente numero di donne thai
nel lavoro sessuale. Per l'Italia cfr. anche Ongaro 2001.
" Una interessante discussione sui caratteri attuali del lavoro delle donne
e in generale sulla «femrninilizuizione concreta e metaforica» della produzio-
ne in epoca postfordista in Ongaro 2001. Caratteristiche del lavoro delle don-
ne e in particolare del lavoro domestico, sono (riprendo il testo di Ongaro:
56-57) «l'assenza di contratto e quindi l'assenza di corrispondenza fra remu-
nerazione e ore di lavoro, l'assenza di un mansionario, l'essere un lavoro sen-
za fine, fatto quando le esigenze di altri lo necessitano, non essere regolare né
protetto», dunque caratteristiche «opposte a quelle del lavoro salariato» ma
simile, secondo alcuni studiosi, «alle relazioni servili pre-capitaliste». Sul Ja.
voro di cura cfr. anche l'interessante ricerca di Puoto di Partenza (2004).

140
le situazioni africane di cui si è parlato come fatti solo locali e di
un mondo isolato e quasi fuori del tempo. Un esempio tra quel-
li già visti, quello delle donne che fanno lavoro sessuale esplici-
to a Nairobi. White (1990), facendo la storia della prostituzione
a Nairobi dall'inizio del 1900, mostra al contempo e le scelte
delle donne e come queste si siano situate in una politica assai
più ampia non solo delle loro decisioni individuali ma anche
delle situazioni dei g.r uppi dai quali provengono. Le malaya e le
altre donne nella prostituzione a Nairobi si trovano in pri.mo
luogo a portare il peso dei rapporti di genere del gruppo di
provenienza, e da ciò la loro ricerca di maggiore autonomia o
fuga da situazioni insopportabili di oppressione, ma al tempo
stesso, come Wbite mostra, questa fuga o ribellione trova spazi
per realizzarsi nelle trasformazioni sociali in atto in vari periodi
in Kenya e portate da un intervento esterno, il dominio del co-
lonialismo inglese24 • Un esempio ne è la crescita di Nairobi co-
me città coloniale, l'affluire di masse di lavoratori per la costru-
zione della città, della ferrovia ecc., le richieste sul piano dome-
stico/sessuale di questi lavoratori e insieme le politiche dell'am-
ministrazione coloniale per cui la presenza di donne singole che
possono offrire un servizio sessuale a più uomini è un possible
vantaggio rispetto all'immigrazione di mogli e famiglie che au-
menterebbero le necessità logistiche dei lavoratori (Whire
1990: 94). Tutto ciò crea uno spazio e condizioni per cui donne
di varie emie si trasferiscono in città e vivono di diverse forme
di lavoro sessuale. In altri casi vi sono trasferimenti che si pos-
sono definire come coatti, legati a contrarti servili di vario gene-
re. Le politiche coloniali dei vari paesi, e insieme lo spostan1en-
to sia di coloni e militari sia di masse di uomini nativi delle colo-

24 E avvenimenti diversi come la seconda guerra mondiale a loro volta


porteranno altri cambiamenti anche nel lavoro deUe donne (White 1986). Da
tenere presente anche che nei loro percorsi verso le cirrà e verso altri paesi le
donne ieri come nelle migrazioni arruali - e quale che sia il serrore di lavoro in
cui entrano - non avranno a che fore solo con i rapporti di classe tra uomini e
donne (come poteva essere in alcune deUe popolazion.i di provenienza) ma si
troveranno dentro il complesso ir.treccio di rapporti e divisioni di classe (nel
senso comune) e di discriminazioni di «razza». Ciò che. come sappiamo bene,
vorrà dire subire e dover far fronte• diverse forme di oppressione insieme.

141
nie da una zona alil' altra per lavoro sulle piantagioni o altro, pro-
ducono infatti anche dislocazioni di donne a1 servizio di questi
uomini. Stoler ( 1997: 16 ss.) ricorda, per le colonie olandesi, co-
me nelle piantagioni di Sumatra orientale, secondo quanto sta-
bilito dalle politiche di controllo del lavoro delle compagnie del-
le piantagioni, molte donne di Java, scelte tra i coolie (schiavi),
dovevano svolgere lavoro di servizio domestico e sessuale; man-
tenendo i loro preesistenti contratti di lavoro per la piantagio-
ne25.

3.1 Storie individualz; contesti globali


Ma come passare quasi come con un gioco di zoom dalla
scala immensa dei fenomeni attuali dislocati su area internazio-
nale, alle scelte e :ai movimenti delle singole donne, movimenti
che però si sommano e trasformano il panorama del lavoro fem-
minile.?
D al punto di vista delle donne che lasciano i villaggi o il pro-
prio paese e che spesso si trovano a fare lavoro sessuale, sex work,
le spinte motivazioni ecc. possono essere analoghe o somigliarsi
e anche somigliare a quelle già viste delle donne africane.
Le storie di donne filippine o thailandesi raccontano la mi-
seria nei villaggi, i maltrattamenti famigliari., figli e fratelli da
mantenere, la decisione di partire, poi i lavori miserabili come
domestiche o altro e infine il passaggio al sex work nelle sue va-
rie modalità più o meno sfruttate e organizzate, la prostituzione
con militari e stranieri, i momenti di innamoramento o comun-
que il trovare a tratti un uomo cbe ti mantiene, a volte ti sposa,
a volte, lo speri, ti porta con sé magari in un altro continente. E
raccontano a volte ulteriori tappe, la migrazione in qualche mo-

2' Come nota Bandana Pattanaik (2002: 217), è significativo che l'uso del
termine «traffico» così spesso usato per le migrazioni di donne che fanno sex
work, aon veniva e in genere aon viene usato per descrivere gli spostamenti
del gran numero di uomini e d onne del.le colonie britanniche e olandesi reclu-
tati per lavorare, e trasportati (frequentemente in siruazioni di inganno e
coercizione, elementi oggi al.la base della definizione di «traffico»), in altre
colonie come indenturcd labourerr nelle piantagioni di banane, canna da zuc-
chero, caucciù ecc.

142
do verso i paesi più ricchi, e con essa i ritorni e le situazioni
spesso insopportabili, che siano matrimoni, convivenze o espli-
dta prostituzione, con passaggi spesso ripetuti da una situazio-
ne all'altra. Ne testimoniano le interviste raccolte nelle Filippi-
ne o in altre zone del Sud-est asiatico da Sturdevant e Stoltzfus
(1992) o da Law (1997), quelle tra le donne thai emigrate in
Germania o Danimarca da Ruenkaew (2002), Mix (2002) e da
Lisborg (2002), o quelle di Corso e Trifirò (2003) tra domne di
vari paesi che si trovano in Italia.
Ma le scelte e storie di queste donne (come anche del resto
di quelle del Niger o del Kenya) possono dare solo una parte
del quadro, un quadro di cui l'intervento internazionale è dive-
nuto fattore costitutivo.
Poco appare la situazione, per così dire a ,nonte, che fa da
sfondo anche alla decisione di partire e che si combina con le
strutture oppressive dei rapporti sociali tra i sessi. Così mentre
qualche volta le storie delle donne parlano della perdita delle ter-
re, della disoccupazione di mariti e padri, della povertà, restano
fuori o rimangono poco in luce i momenti, il panorama politico--
economico che ne sono alla base, le trasformazioni legate alla glo-
ballizzazione, il neocolonialismo, i costi delle politiche del fondo
monetario internazionale, la distruzione dell 'agricoltura di sussi-
stenza, la distruzione degli ambienti di foresta e degli ambienti
marini, il divario sempre più grande tra i gruppi sociali, tra aree,
tra città e campagna, con la ben nota femminilizzazione crescente
de!Ja povertà. A cui si aggiungono in vari@ zone le situazioni di
militarizzazione, di guerre e spostamenti di popolazioni26.
A valle, le donne trovano ciò che costituisce il terreno in
cui poi si concretizza la loro decisione e il loro trovare lavoro.
Nel Sud-est asiatico ad esempio, sono le basi militari ne'lle Fi-
lippine, nella Corea del Sud, o a Okinawa, con i grandi centri di
R&R (Rest and Recreation) dislocati in gran parte di quest'area,
creati per i militari io licenza specie nel periodo del.la guerra del
Viemam o della guerra di Corea, e successivamente l'enorme

26 Un panorama noto di cui posso solo elencare rapidamente alcuni cle-


menti. Qui rimando solo, per l'atti.ncnza stretta con il nosrro percorso, n Stur-
devant & Stohzfus 1992: 3 18 ss., Enloe 2000 e Coomarnswamy 2000.

143
business deU'industria del turismo sessuale (di cui i centri di
R&R hanno costituito il modello) con l'intera organizzazione di
«servizi personali», articolata attraverso bar, saune, bar a go-go,
saloni di massaggio (e un salone di massaggio può arrivare ad
impiegare tra 500 e 700 «special service girls» con prezzi e ser-
vizi differenziati) 27 • Le donne emigrando (e le donne locali) po-
tranno trovare lavoro in queste strutture in variabili condizioni
di sfruttamento e gestione28•
Ma evidentemente anche qui, dai racconti delle donne, non
può apparire il background delle situazioni in cui trovano .lavo-
ro, le ramificazioni politico-economiche della organizzazione
dei «servizi personali»: il peso economico di queste grandi

27
Than-Dam Truong {I 990: 1.58 ss.) delinea lo sviluppo del turismo ses-
suale in Thailandia (e il ruolo in questo sviluppo della classe militare locale),
dalla sua impostazione come industria del sesso e ricreazione per i militari
americani durante la guerra in Vietnam fino ali' attuale espansione e globaliz-
zazione del turismo e industria del divertimento (indirizzatn in particolare
verso il servizio sessuale) e le varie modalità di investimento in essa delle mul-
tinazionali. Truong ricorda gli accordi ufficiali tra esercito americano e gover-
no mailandese che sanciscono l'esistenza di questi centri, ad esempio l'accor-
do del 1967 che permeneva ai militari di recarsi in Thailandia in congedi
R&R (e le sue ricadute economiche: i soldati americani nel 1970 arrivano a
spendere nei congedi 20 milioni di dollari ossia l'equivalente di 11n quarto del
valore totale delle e.rportazioni thai/a,rdesi di riso dello stesso anno). Nel 1974
vi erano nel paese oltre 20.000 locali (bar, night-club, bar a go-go, case da thè,
saloni di massaggio e bordelli), nella sola Bangkok nel 1978 risultano oltre
1.100 locali di questo genere. Senza considerare l'enorme sviluppo alberghie-
ro legato anch'esso al rurismo sessuale internazionale. Truong dà un'idea del-
la vastità delle connessioni in cui viene a situarsi e a essere richiesto (e al caso
procurato anche con sistemi di reclutamento coatto e di traffico) il lavoro ses-
suale delle donne mostrando anche i legami tra finanziamenti e promozione
del turismo sessuale e necessità di sviluppo dell'industria aeronautica ameri-
cana con gli investimenti in alberghi, la creazione e lo sviluppo del grande bu-
siness dei tour operators. E cfr. Lim ed. 1998 anche per altri paesi del Sud-est
asiatico. Riporto questi dati sparsi per dare un senso deUe dimensioni dei fe.
nomeni e interessi in gioco, in cui si inseriscono le storie e le lotte delle singole
donne e ora sempre più di gruppi organizzaù di donne.
>8 Prendo in considerazione qui la situazione io Asia del Sud-est ma an-
che in migrazioni in Europa e altrove le donne provenienti da vari paesi e
continenti, secondo le filiere migratorie trovate, e secondo in parte le oppor•
runità e le proprie scelte, avranno accesso a lavori variabili come tipo e come
autonomia.

144
strutture legate a governi, multinazionali, progetti di sviluppo,
organizzazioni internazionali, afflusso di valuta pregiata ecc.
Il lavoro delle donne ha vari risultati, sia sul piano individua-
le-familiare, che per le economie nazionali. Oltre ad assicurare il
proprio mantenimento e quello dei figli, vi sono importanti rifles-
si sul piano delle famiglie d'origine. Al punto che le rimesse a casa
delle prostitute si vedono: così nei villaggi agricoli della Thailan-
dia o delle Filippine le case rifatte e le antenne della tv sui tetti so-
no una indicazione chiara di quali famiglie hanno, o hanno man-
dato in passato, figlie a lavorare nel sex sector (cfr. Lim 1998:
207). E si calcola che, tramite le rimesse inviate, dal lavoro di una
donna traggano beneficio come minimo quattro familiari (la ri-
messa mensile media delle donne nel lavoro del sesso è equivalen-
te a 150 $, ossia tre volte il salario mensile di chi lavora nell'agri-
coltura), ma ne beneficiano anche svariate altre persone collegate
direttamente con il sex sector quali: a) proprietari, managers ed
impiegati dei vari tipi di locali e stabilimenti connessi; b) coloro
che lavorano in settori legati al turismo; c) pubblici ufficiali che
ricevono pagamenti dal sex sector. Si calcola un minimo di
1.200.000 persone che hanno di retti vantaggi economici dal lavo-
ro sessuale di 200.000 persone (stima bassa del numero di sex
workers in Thailandia). Ancora più importanti ne sono gli effetti
sull'occupazione nei settori alberghieri e della ristorazione: il rut-
to mostra «la potenziale dipendenza economica di una larga par-
te della società thailandese dalla industria del sesso» (Boonchala-
ski & Guest 1998: 162). La ricaduta per le economie nazionali è
enom1e. Un solo esempio: in Indonesia negli anni '90 - e senza
calcolare il lavoro di uomini travestiti ecc. - i calcoli danno da 180
milioni di dollari nella stin1a pili bassa a 300 milioni di dollari
quella alta ossia tra lo 0.8 e il 2.4% del prodotto interno lordo
dell'Indonesia (J ones, Suliscyaningsih & Hull 1998: 56-57, cfr. an -
che 51 ss.). E stime elevatissime si hanno per vari altri paesi.

Le migrazioni delle donne si possono quindi vedere come


un punto di intersezione di numerosi fattori:
a. localmente (e si ritroverà a tutte le tappe) il dominio 1na•
schile, i rapporti tra i sessi;

145
b. le decisioni, speranze e obbiettivi delle donne;
c. l'economia locale, nazionale e internazionale;
d. le politiche locali e nazionali, e le politiche internazionali.
Questo intreccio complesso di fattori - problemi dei rap-
porti tra i sessi, politiche locali, politiche e,d economie nazio-
nali e internazionali - è presente indipendentemente dalla
consapevolezza individuale delle donne che scelgono o si tro-
vano a migrare. La spinta, scelta, resistenza o reazione indivi-
duale si situa tuttavia proprio in questo intreccio, che per un
verso la rende possibile, per l'altro la crea sia stimolandola con
offerte di lavoro e soluzioni sia traendone profitto con costri-
zione o inganno con varie forme di reclutamento anche coatto
che impongono alle donne forme di lavoro forzato di tipo schia-
v1st1co.
Intanto importa fissare un punto. A proposito deUe migra-
zioni delle donne si parla spesso di «traffico» di donne. Ma in
primo luogo occo:rre conoscere le cause, le situazioni, motiva-
zioni e attese che spingono le donne a migrare. Altrimenti si ri-
schia di negare l'aspetto di rivolta e di scelta che può essere alla
base della migrazione, e anziché dare un appoggio alla loro lot-
ta e tutelare in ogni caso i loro diritti, si rischia di fare il gioco
della repressione che cerca di colpirle e che è del resto la politi-
ca statale più frequente29 •
Le donne infatti quale che sia la scelta o spinta o costrizione
individuale iniziale (metto alla rinfusa alcune motivazioni che
possono aver dato l'impulso alla partenza e molte sono ormai le

29 Le posizioni del! Il Congresso Mondiale delle P.rostitute (Bruxelles, ot.


tobrc 1986) sono una c ritica esplicita dell'idea fin ad allora più diffusa sulle
migrazioni delle dorme che lavoravano come prostitute - che si trattasse cioè
di «tratta», di puro e semplice «traffico di esseri umani» di tipo schiavistico -
e giustamente situano questo lavoro e le donne che lo fanno nel contesto glo-
bale delle migrazioni delle donne: «Data l'aumentata. internazionalizzazione
dell'industria, inclusa la prostituzione, i diritti e i bisogni specifici delle donne
lavoratrici straniere devono ricevere speciale attenzio.ne in tutti i paesi. [.. .].
Alle donne migrantj, anche quelle che lavorano come p rostitute, spenaoo sia i
diritti dei lavoratori che le protezioni dei lavoratori. Le donne che sono tra-
sportate con iogaono o fori.a dovrebbero potere scegliere tra lo status di rifu-
giato e i.I rito rno al paese di origine» (Pheterson ed. 1989: 197).

146
ricer che, come quelle già citate dove le donne intervistale met-
tono in luce questi elementi, anche più elementi insieme):
Miseria della famiglia, disoccupazione di padri o maritiJO
Morte di genitori o coniugj
Abbandono
DisonoreJI
Sfruttamento, violenza familiare o coniugale
Desiderio di autonomia fisica ed economica
Costrizione e inganno,
le donne, si diceva, nel loro percorso vengono a contatto in va-
rio gr-<1do e modo, con varie istanze del potere, a loro note o
meno ma non per questo meno determinanti: 1. le leggi locali e
nazionali e il loro braccio esecutivo (che in genere agisce entro
un quadro sessista)3 2, 2. le politiche migratorie palesi e coperte

"° Non poche donne partono pe:r mantenere non, o non solo, i propri fì.
gli m,a anche fratelli e sorelle piccoli e/o genitori anziani e senza possibilità di
lavoro, cfr. Sturdevant & Stolrzfus 1992. L:niuto alla famiglia di origine con
varie forme di prostituzione non è certo fatto isolato né recente. Un ,esempio
nello studio classico di Luise \'Uhitc s,ùla storia della prostituzione a Nairobi.
La peste bovina (1890-19 I O) aveva distruno intere mandrie e negli anni 1900-
1914: «Le donne con il lavoro svolto a beneficio delle loro famiglie raffor.ta-
rono una generazione di padri: per meno di matrimoni con prezzi della sposa
inOazionati o per mezzo della prostituzione. le mandrie furono ricosrituite».
Ma, punto importante, come noto \Xlhite, «nella prostituzione la vendita di
servizi sessuali passò sono il controllo diretto della donna» (\Xlhite 1990: 39).
Quest'uso delle figlie, con le varie modalità che vanno dal prc1.zo della sposa
al lavoro domestico (e si ricordi come in Europa a lungo il salario è stato pa-
gato direttamente non alla donna ma. alla famiglia, cfr. Ttlly & Scon l978), al
lavoro di prostituzione con rimesse :alla famiglia, alla vendiia di figlie come
mogli, concubine o prostitute, in Cina ad esempio (cfr. Hershatrer 1997), me•
ritcrcbbc uno studio" sé. Per l'uso e sfruttamento delle rag,izze e donne co-
me sostegno delle famiglie che si ritrova anche oggi, su larga scala, nelle mi-
grazioni verso le città e anche in quelle transnazionali e intercontinentali, cfr.
anche \'Uijers & Lap-Chew I 997.
" Storie di ragazze filippine e coreane parlano della perdita della vergi-
nità, :anche per stupro, come punto determinante nella loro partenza e scelta
del sex work. Dicono di non avere alcra scelta dopo questo fatto, es_,;endo dc-
fìniti,,amcnre stigmatizzate come puttane.
' 2 «SpCSlio la polizia è l'immagine della legge per le donne e la linea di se-
parazione tra applicazione della legge e violazione della legge è assai sottile».
Watti mentre «si ritiene gcnerolmemte che le sex worker; siano pl>M.icolar-

147
{quali quelle di appoggio al turismo sessuale). Tutto ciò nello
stesso tempo apre uno spazio alfa decisione individuale come alla
coercizione e redutan1ento più o meno forzato o con inganno
ossia a ciò che si può definire «traffico»J3 • Le analisi di Wijers e
Lap-Chew ( 1997) e di Coomaraswamy (2000) indicano gli spar-
tiacque tra i vari tipi di rapporti sociali che si instaurano nei
paesi di arrivo e i tipi di sfruttamento a cui le migranti vanno in-
contro e che dipenderanno molto dalle leggi e politiche del
paese 'ospitante'H.
Se da un lato dunque per gli aspetti individuali come la fuga
da situazioni invivibili, da rapporti di dominio maschile e la ri-
cerca di soluzioni migliori, vi è forse un continuum tra le più li-

mente esposte a violenza da parte di clienti [... ] interviste condotte in India e


m Cambogia hanno indicato che sono i poliziotti i principali a perpetrare vio-
lenza» (Pattanaik 2002: 221) e in varia misura ciò sembra vero ben al di là di
questi paesi (dr. Coomaraswamy 2000).
Jl Coomaraswamy (2000, par. 17) sottolinea che per cogliere le attutii
manifestazioni del traffico di donne viene p1·opostn una nuova defini.zioile
che ha come oggetto il «lavoro forzato» e le «pratiche di tipo schiavistico» e
110n l'obbiettivo più ristretto della so/4 prostituzione o de/w sfrutlamento ses-
wale: la documentazione sulle modalità di traffico mostra che il traffico ha
luogo per molti scopi e non è limitato alla prostituzione o altre forme d i sex
work ma «comprende lavoro domestico, lavoro manuale o industriale e il ma-
trimonio o altri rapporti di adozione o personali». Ecco la nuova definizione:
«Il traffico di esseri umani è il reclutamento, trasporto, acquisto e vendita, tra-
sferimento, l'albergare o ricevere persone, mediante minacce o uso di violen•
:ui, ratto, forza, frode, inganno, o coercizione (incluso l'abuso di autorità),
schiavitù per debiti, allo scopo di portare e tenere detta persona, in cambio di
pagamento o meno, in condizione di lavoro forzato o con pratiche di tipo
schiavistico, in una comunità d iversa da quella in cui la persona viveva [. .. )»
(e vedi ivi l'analisi dei singoli elementi del traffico e la descrizione del ronti-
·•uum nei movimenti migratori delle donne).
)< Un esempio: «Nel caso della migrazione internazionale matrimoniale,
la residenza legale è spesso legata al perdurare del ruolo di sponsor del mari•
to. Come conseguenza, le donne che, sia per scelta o per inganno, fono o co-
,tniione, entrano nel mercato matrimoniale, sono poste in posizione vulnem-
bile rispetto alla legge. Molte mogli immigrate sono oggetto di violenza do-
mestica, incluso lo stupro coniugale, ma hanno un accesso scarso o nullo a so-
luzioni legali. Cercare aiuto dalla polizia o dal potere giudiziario può voler di-
re rende.rsi oggetto di immediata depottazione ciò che spesso le donne non
vogliono» (Coomaraswamy 2000, par. 41, corsivo mio).

148
mirate migrazioni di donne viste precedentemente e queste su
scala transnazionale, altri elementi introducono fratture.
In primo luogo il cambiamento di scala del fenomeno e l'alto
livello di organizzazione dell'industria del sesso e dello sfrutta-
mento delle donne esercitato sia in forma criminosa e coatta, sia
in forme più aperte a volte collegate al turismo sessuale, con qui
passaggi graduali tra situazioni differenti di sfruttamento come
and1e Ji co11Lrauua1i1à e Ji possibilità Ji sce!Ul per le donne. In
questa situazione dunque il lavoro sessuale delle donne diviene
in prùno luogo oggetto di guadagno per altri che le donne stesse.
Elementi di continuità si possono vedere invece nella re-
pressione e nei tentativi di gestione delle scelte delle donne da
parte degli apparati stataliJS, nel disconoscimento dei loro dirit-
ti e in effetti nel tentativo costante di mantenere e/o rimettere le
donne in situazioni di dipendenza diretta.
Le donne migranti, e questo è un dato fondamentale e certo
da analizzare meglio, sono assai più spesso degli uomini prese
in rapporti di lavoro di tipo schiavistico che esso sia all'interno
della prostituzione, del servizio domesàco o del matrimonio
come ben mostrano Wijers & Lap-Chew (I 997) o anche nelle
fabbriche, ad esempio nelle Zone di Libero Scambio dove esse
costituiscono dal 70 all'80% della mano d'opera. E comunque
anche al di là del traffico e dei rapporti di lavoro coatti, le poli-
tiche statali (dalle leggi sull'immigrazione alle leggi disciplinanti
il mercato del lavoro) tendono a bloccare le donne migranti nel-
le specifiche posizioni di donne, ossia nei lavori che definiscono
le donne come classe> 6. Una classe che assume così in qualche

" «Che siano rinchiuse in laboratori (swearshops o maquiUadoras] o fab-


briche, o rinchiuse in bordelli, le donne migranti e le donne oggeno di traffi.
co sono spesso soggette a privazione arbitraria e forzata della libertà da parte
di soggcni pubblici e privati» (Coomaraswamy 2000, par. 39).
M CTL Coomaraswamy 2000, par. 40: «Le donne svolgono una proporzio-
ne assolutamente soverchiante dd lavoro salariato non qualificato, incluso il
lavoro alla catena cli montaggio, il lavoro di pulizia, di cucina, e cli cura, sia in
case private come lavoratrici domesùche sia in ristoranti e alberghi, o come
e11trai11e11ses e sex ux,,kers. Questi lavori sono generalmente i lavori pagaù
meno, con poca o nessuna sicurezza e igiene sul lavoro, con pochi o nessu11
diritto o sicure-,za di impiego. Oltre a ciò l'assenza o inadeguatev.a delle leggi

149
modo e in forma evidente (come un tempo la classe operaia) una
struttura internazionale3 8.

sul lavoro e l'assenZll cli labour standards, la natura illegale o sernilegale dd la-
voro costituiscono la base per condizioni cli lavoro forzato, servile e cli estre•
mo sfruttamento, concli.zioni che vanno da trattamenti umilianti, bassa paga e
orari di lavo ro estenuanti fino al lavoro schiavistico o forzato».
Js Con una situazione estremamente complessa (ma si ricordi che ciò vale
anche per la classe operaia). Come si è detto le donne si ritrovano non solo di
fronte il dominio maschile, non solo dunque alle divisioni di classe: tra donne
e uomini, ma anche a quelle tra operai, classe media, ecc., e ad altre divisioni
sociali quali quelle di «razza» o «etniche». E mi sembra però necessurio, nn-
che se non direttamente attinente al tema centrale dd mio lavoro, ricordare
che queste divisioni possono esservi e si ritrovano nei rapporti tra donne in
posizioni sociali diverse, ad esempio tra assistente per anziani («badante») so-
mala e donna italiana che la impiega (Fowsiya Ali Hussein 1999). Discutibili
per me invece per più motivi le posizioni (cfr. Ongaro 2001 e che hanno una
certa diffusione) secondo le quaLi le donne occidentali godrebbero della pa-
rità o emancipazione perché altre, le donne del Sud del mondo, ne verrebbe-
ro a occupare il ruolo subordinato; le donne dd Sud dd mondo sarebbero «la
colonia che oggi sostiene l'emancipazione delle donne occidentali.» (ivi: 72).
Mi pare che si dimentichino troppe cose, in primo luogo, che nel presente e
nel passato, la grande maggioranza delle donne che lavorano fuori casa lo fa al
prezzo di u.n doppio lavoro, in secondo luogo (come in parte accenna anche
Ongaro, ivi: 82) qua.nto perduri il fatto che si considera che se un'altra donna
fa a pagamento il lavoro di riproduzione quotidiana per uno famiglia, si tratti
cli qualcosa che riguarda la sola donna rimpiazzato (tanto che anche Ongaro,
ivi: 54, parla ddla possibilità ddle donne di appaltare la proprio riproduzio-
ne) e infatti si dtiene cbe è lo stipendio cli lei che deve pagare le spese della
,uo personale sostituzione. Anziché vedervi cioè un fatto che conce.me l'insie-
me della riproduzione del gruppo, si presuppone una posizione naturale e
inalterabile delle donne, cli cui esse devono comunque farsi carico. Tanto è
ancora distante una radicale trasformazione dei rapporti d i classe tra i sessi,
una semplice parità e una liberazione delle donne. Riporterei perciò, netta-
mente, alla riorganizzazione del capitale e alle trasformazioni della globalizza-
zione i nuovi pesa.nti sfruttamenti in particolare delle donne dei paesi del Sud
del mondo.

150
5.
La grande beffa: scambio, spoliazione,
censura della sessualità delle donne

1. Una merce 1110/to richiesta

Il sesso è una merce assai richiesta sia trn i ricchi che


tra i poveri, e fa parte integrante dell'economia in-
formale della città.
Preston-Whyte, Varga et al. 2000
Sia.mo a Durban in Sudafrica dove, dai suburbi di estrema
povertà ai quartieri di alberghii e turismo, il sesso è oggetto di
scambio economico. Nella frase citata in epigrafe c'è però un
non detto, qualcosa che sembra tanto normale e ovvio che non
si specifica neppure: ed è che i richiedenti sono uominii e che chi
fornisce la «merce» sono quasii sempre donne o, se si tratta di
uomini, [a forniscono comunque quasi al 100% ad altri uomini 1.
Poiché il senso dello scambio - da chi viene e a chi va la
«merce.» ? - è fondamentale, vale la pena allora di dirlo a chiare
lettere e di porsi una domanda semplice ma forse illuminante:
come mai l'uomo più povero, s·pesso anche nelle situazioni più
miserabili, si può pagare il servizio sessuale della donna più po-
vera, e invece la donna più povera non solo non si può pagare
servizi sessuali ma, si può dire, non ha neppure diritto alla pro-
pria sessualità?

1 E còm é osservauno studio sull"Asia del Sud-t-sl: «L..l la povertà non ha


mai impedito agli uomini di pagare per scrvi1i sessuali, ma il benessere crcscen•
te certo aumenta la possibilità di comprare servizi sessunli» (Lim 1998: 210).

151
Mettiamo insieme alcuni elementi noti:
nel mondo intero vi è una concentrazione assoluta o quasi
delle ricchezze in mano 1naschile;
le donne fanno assai più della metà delle ore di lavoro;
vi è una endemica 'dipendenza economica' delle donne;
lo scambio sessuo-economico è una costante dei rapporti tra i
sesst.
Quale rapporto vi è tra questi elementi? E come si articola-
no tra loro?

Sono partita (cfr. qui cap. 2) da un interrogativo che Mali-


nowski (Malinowski 1922, 1929) si era posto a proposito delle
relazioni sessuali nelle Trobriand. Malinowski, in un capitoletto
intitolato «L'aspetto commerciale dell'amore», riferisce un fat-
to per lui inspiegabile: nella società trobriandese, caratterizzata
da una grande libertà sessuale e dove le donne sarebbero «al-
trettanto propense al rapporto sessuale che gli uomini», gli atti
sessuali femminili vengono definiti come servizi resi dalle donne
agli uomini e come tal.i ricompensati con don.i. Questo regalo/
compenso alle partner femminili è obbligatorio in tutti i rap-
porti, a partire dai giochi sessuali dell'infanzia fino ai rapporti
coniugai.i (il marito darà alla moglie doni per i suoi servizi ses-
suali, o come dice Malinowski <<per la sistemazione sessuale
permanente» che essa gli offre). Ma perché gli atti sessuali delle
donne sono considerati un servizio? La risposta di Malinowski,
lo si è visto, è povera e deludente: si tratterebbe di un fatto di
costume, e come tale arbitrario e illogico. Eppure il problema
che Malinovski pone è di grande importanza. E siamo anzi di
fronte a un fenomeno sociale diffuso sul quale si ha in molte
culture una straordinaria cecità.
Ho provato a riformulare le domande: non «perché gli atti
sessuali femminili sono considerati un servizio?» ma «è possibi-
le pensare a una equivalenza degli atti sessuali femminili e ma-
schili?». Una equivalenza tale che gli atti femminili non siano
un servizio ma vi sia uno scambio di piacere reciproco? E qual.i
ne sarebbero le condizioni? E inoltre la sessualità stessa è dav-
vero qualcosa di istintivo e naturale, un'oasi felice fuori dai rap-
porti di dominio? O non dovremmo piuttosto uscire da questa

152
rappresentazione pressoché paradisiaca ma in effetti assai ideo-
logica e considerare la sessualità come fatto sociale da studiare
nel contesto delle relazioni economiche e di potere tra i sessi. A
questo ci spingono tra l'altro anche i tanti casi visti (ad esempio
quelli dei !Kung o dei Mehioaku, cfr. cap. 2) che mettono in lu-
ce una connessione assai diretta tra sessualità o meglio tra l' uso
dei servizi sessuali delle donne, la divisione sessuale del lavoro e
il differente accesso di uomini e donne alle risorse.
Analizzando in diverse società le modalità dello scambio
sessuo-economico, si è visto come la sessualità si configuri non
come uno scambio reciproco tra uomini e donne, ma come uno
scambio asim,netrico. Non sca111bio di simile con simile, sessua-
lità contro sessualità, ma un compenso maschile contro una
prestazione da parte femn1inile, un pagamento che potrà avere
svariate forme (dal dono al compenso in denaro, dal posto di
lavoro all'avanzamento di carriera, dal prestigio o status sociale
al nome, per dirne alcune) in cambio di una sessualità larga-
mente trasformata in servizio. Il quadro che ne è risultato è tale
da richiedere di approfondire la riflessione sui mezzi che pro-
ducono un così grave condizionamento e blocco della sessualità
delle donne.

2. La direzione dello sca,nbio

Una donna che si afferma e si ribella diventa una


prostituta. Un uomo che lo fa diventa un imperatore.
Proverbio Bengali • Bangladesh
Ripercorriamo in breve, arricchendolo, il cammino fatto.
Abbiamo visto come non si possa accettare un 'idea diffusa era-
dicata nelle società occidentali moderne: l' idea cioè che l'ele-
mento che distingue la prostituta o puttana dalla 'donna per
bene' sia lo scambio di sessualità con un pagamento o compen•
so (in denaro o altro). Scrivendo sul sin1bolismo del denaro tra
gli lmerina del Madagascar, Maurice Bloch (1989: 166) nota:
«In Europa associare lo scambio monetario con quello sessuale o
familiare è visco o come tipicamente immorale o come fonte cli bumor

153
e dissonanza. Al contrario in Madagascar non si sente il bisogno di te-
nere separate le due aree. La cosa giusta per un uomo è di dare alla
sua amante un dono in denaro o beni dopo il rapporto sessuale2.
Questo vale non solo per il sesso pre o extra-matrimoniale, ma anche
- seppure su base meno regolare - per le relazioni matrimoniali».

Non è infatti il pagamento a definire una relazione sessuale


rispetto ad un 'altra. È invece piuttosto il carattere occasionale o
uisualc: <ldla rdazionc:, non lo scambio econornico in sé, né il LÌ·
po di oggetti scambiati, che distingue la prostituzione, esistente
anche in Madagascar, da altre relazioni.
Né si tratta, come si è ben visto nei capitoli precedenti, di
una situazione particolare del l\1adagascar e neppure specifica-
mente africana. La separazione 'morale' di sessualità e denaro e
insieme l'identificazione della loro unione con lo statuto di
'puttana', non regge neppure per la storia europea. Ne parla
Ruth Mazo Karras nella sua bella ricerca sulle 'donne comuni'
nell'Inghilterra medievale:
«La nozione occidentale moderna della prostituta come donna
che prende denaro in cambio di sesso è il prodotto di modi particolari
di concepire la sessualità e il denaro. Non è una categoria che abbia
automaticamente senso in qualsiasi altra cultura» (Karras 1996: 10).
In effetti «la cultura inglese del tardo medioevo non aveva una cate-
goria concettuale specifica per la donna che scambiava sesso per de-
naro» (ibid.: 13 l). Una donna 11011 veniva designata come 'puttana'
(whore) in base allo scambio economico dato che lo scambio riguar-
dava tutte le donne. E inoltre: «La cultura medievale inglese postula-
va che tutte le donne dovessero appartenere a un uomo [.. .). Qualsiasi
donna che non fosse una moglie, o una figlia (direttamente sotto il
controllo paterno) o una serva [...] era sospetta, e il mettere in dubbio
la sua moralità era un modo per tenerla in riga» (ibid.: 135). Qualsiasi
donna non sottoposta al dominio di un padre, marito o padrone era
una donna 'incontrollabile', 'fuori posto' e pertanto a rischio di essere
definita 'puttana'. Anche nel caso dell'Inghilterra medievale (come al-

2 Per inciso si potrà notare dalla formulazione di Bloch come la direzione


dello scambio - dagli uomini un compenso, dalle donne un servizio sessuale -
è cosl generale da diventare un dato ovvio che non richiede commento. È in-
vece proprio questo il problema su cui verte il mio lavoro.
Per la Francia di prima della Rivoluzione cfr. Benabou 1987.

154
trove) lo stigma di puttana, 'the whore stigma' - che Gail Pheterson
(1986, 1996) vede giustamente come uno stigma di genere, ossia uno
stigma che non si applica solo alle prostitute, ma che può colpire
qualsiasi donna - serviva come strumento di controllo sulle donne.
Un'altra situazione può offrire nuovi spunti alla riflessione.
Attualmente a Haiti nella maggioranza della popolazione, che
vive in condizioni di estrema povertà, oltre al matrimonio prati-
cato solo da una minoranza, vi sono vari tipi di unioni sessuali.
La forma più diffusa è il plaçage (plasaj nell'ortografia haitiana),
unione consuetudinaria basata su un accordo sessuo-economi-
co negoziato che stabilisce diritti e doveri reciproci. Nel plaçage
l'uomo mette su una nuova casa (household) in cui 'piazza' la
donna con la quale egli coabiterà almeno a tempo parziale. La
donna dovrà all'uomo fedeltà, mentre, pe.r l'uomo, essere cor-
retto vorrà dire non trascurare economicamente la donna ed
eventuali figli, ma, se ne ha la possibilità economica, potrà ave-
re altre partner. Tutte le relazioni consensuali, incluse quelle co-
niugali ed extra-coniugali sono viste come uno scambio tra in-
put economici da parte dell'uomo e accesso sessuale accordato,
come contropartita, dalla donna. E benché uomini e donne ri-
conoscano il peso del lavoro femminile, la risorsa femminile sa-
liente - la ricchezza o 'terra' di una donna - è il suo sesso (de
Zalduondo & Bemard 1995):
«Si considera esplicitamente che il sesso delle donne abbia un va-
lore economico di scambio, che esso costituisca il «patrimonio» della
donna. Le donne[ ...] si possono riferire ai loro genitali come ' tè m' (la
mia terra) o 'byen' m' (i miei beni) ...». Una donna a cui il marito non
provveda in modo adeguato lo può umiliare in pubblico, afferrandosi
il sesso e gridgnrlo: «P,.rché nin mi hg rlato que,;rn?». T.e donne ('Rrla-
no del sesso come 'lavoro', «sopportabile e giustificabile solo quando
è compensato da riscontri tangibili». E i compensi sarebbero l'espres-
sione della gratitudine dell'uomo per il favore resogli dalla donna col
suo 'lavoro' sessuale (lavoro che porrà comprendere anche la procrea-
zione).
La donna che accerti compensi da più uomini contemporanea-
mente è mal vista. Ma, soprattutto, sarebbe assai mal considerara - e
giudicata lasciva, ipersensuale, o 'calda', e comunque senza cervello-
la donna che avesse rapporti non pagati: «Una donna che faccia sesso

155
con un uomo senza richiedere o senza che le siano stati offerti in cam-
bio benefici tangibili (validi sul piano economico) è considerata legge-
ra / frivola / poco seria (pas serye), stupida (bèt) o sessualmenre de-
viante/ lasciva (chanel)». Il modello a cui devono attenersi le donne è
infatti quello dd poco interesse sessuale ed è un modello imposto an-
che con la violenza. «Una donna che esprima interesse per il sesso o
vada dietro anche a un solo uomo per fare sesso è cho (calda) o ecces-
sivamente sensuale (chanel) e una donna cho è, come minimo, poco
corretta o, al limite, pericolosa». Dunque bisogna calmare (calme) una
donna che si pennetta di esprimere il suo desiderio, magari con uno
stupro collettivo organizzato dallo stesso a cui lei ba osato manifestare
interesse, o comunque con umiliazioni (de Zalduoodo & Bemard
1995: 167-168)3. Giacché le donne devono andare incontro ai deside-
ri maschili, dare all'uomo «ciò che sai che gli piace, e glido devi dare,
per lui» («Quando fai questo non avrai problemi con lui», <lice una
intervista.ta, ibid.: 171); ma non devono né prendere l'iniziativa né chie-
dere sesso. Per concludere a Haiti il compenso è visto come legittimo
e giusto: la donna fa un uso corretto dei suoi 'beni' e, da parte maschi-
le, è corretto dare un pagamento per aver avuto accesso ad ess.i. Ricor•
diamo però - per riprendere i problemi da cui sono partita all'inizio
dd capitolo - l'intreccio strutturale tra economia, divisione d.d lavoro
tra i sessi, dipendenza economica delle donne e scambio sessuo-eco-
nomico a Haiti: 1. una donna col suo regolare lavoro nelle classiche
occupazioni femminili di domestica o di piccolo commercio guada-
gna al mese da dieci a cento volte meno di un uomo cbe lavori nell'edi-
lizia, 2. nello scambio, importa sottolinearlo, la donna non dà solo ses-
so, ma dà anche il suo lavoro domestico e spesso anche quello ripro-
duttivo.

I casi così diversi tra loro e distanti nel tempo e nello spazio,
visti nel nostro percorso, hanno messo in luce come la nostra
comune rappresentazione del rapporto tra sessualità ed econo-
mia - inclusa l'idea di una separazione rigida tra scambio eco-
3 La ricerca a Haiti riporta ad esempio casi di questo tipo: l'uomo corteg-
giato porta amici con lui: «Hanno avuto rapporti con lei uno dopo l'altro, e
dopo facevano commenti l'un con l'altro su ' lei come era'. La ragazza era
umiliata all'estremo[ ... )» (ibid.: 168). Sulla violenza coorro le donne a Haiti, e
la diffusione dello stupro, quasi non punito e la diffusione dello stupro politi-
co, cfr. an.che Coomaraswamy E/CN.4/ 2000/68/ Add.3 , 27 January 2000. Te-
niamo anche conto che sino a pochi anni fa le donne haitiane erano giuridica-
mente delle minori.

156
nomico e sesso nelle relazioni legittime, e viceversa di scambio
economico come elemento distintivo delle relazioni di prostitu-
zione - sia una costruzione ideologica propria di alcune società
e tutt'altro che universalmente valida.
Il caso di Haiti ci interessa in particolare perché rappresenta
un apparente rovesciamento di ciò che la nostra società conside-
ra giusto e appropriato per le donne e con ciò aiuta a chiarire la
posta in gioco: il diritto o meglio il non diritto delle donne a una
sessualità propria, la trasformazione obbligata della sessualità
delle donne in sessualità di servizio. U dominio maschile si co-
struisce su un lavoro complesso - e non disgiunto da violenza -
di controllo e annientamento della sessualità delle donne4.
In questa costruzione un p1UDto centrale sembra proprio il
rapporto sessuo-economico. La strunura generale di divisione
del lavoro e con essa la disuguaglianza di accesso alle risorse fa
sì che le donne dipendano dal loro lavoro sessuale e il sesso
venga definito come il loro ca pitale, la loro terra o merce di
scambio, sia nelle relazioni matrimoniali e riproduttive (cfr. Ta-
bet 1985) sia in relazioni non matrimoniali. Si può forse dire
cbe la differenza di accesso delle donne alle risorse genera (o
impone?) l'utilizzazione del sesso come risorsa? E la sessualità
come servizio? È quanto sembrano indicarci società distanti e
diverse come strunura sociale_ Si può andare così da società
amazzoniche come quella mehinaku (cfr. cap. 2), dove nella di-
visione del lavoro tra i sessi la pesca spetta agli uomini ed è vie-
tata alle donne, ma il pesce (alimento primario) pescato dagli
uomini è il tipico pagamento della sessualità delle donne (in al-
tre popolazioni il prodotto scambiato è la caccia), a società del
Pacifico, a Yap (Isole Caroline) ad esempio, dove la terra ap-
partiene agli uomini (al gruppo patrilocale del marito) e le don-
ne che dunque sono senza terra (/andless) hanno come 'terra' il
loro sesso da dare in cambio della terra del marito. (Ma non si
creda che ciò significhi che le donne sono niantenute dalla terra
del marito e dai suoi prodotti: le donne in cambio della te"a
stessa che non possiedono, debbono il loro lavoro sessuale e ri-

• Per un 'analisi del condizioname nto o «domesticazione» del.la sessualità


delle donne connessa in particolare al.l'obbligo riproduttivo cfr. Tabet 1985.

157
produttivo, e, in cambio del magar - ossia del lavoro investito
nella terra dal gruppo danico del marito - le donne e i loro figli
debbono lavorare per essi sulla loro proprietà, e&. Labby 1976:
19-20, 28). O ancora si va dalla società hausa della Nigeria e del
Niger dove si dice che «le donne per vivere non hanno che il lo-
ro sesso» o che «il sesso è il lavoro delle donne» (Echard 1985 e
Echard, Journet, Lallemand 1981), alle società moderne infine
dove si ha, con le varie forme di prostituzione, J sesso esplicita-
mente organizzato come lavoro (e di nuovo, come dicono le
prostitute italiane, «siamo sedute stÙ nostro capitale»); ma lo
scambio anche nelle società moderne è ben più esteso del solo
ambito ' professionale'.
La transazione economica investe globalmente i rapporti
tra i sessi. E il continuum - ossia non la dicotomia o separazione
delle donne in donne 'per bene' e donne 'per male', ma i pas-
saggi da una posizione all'altra nei rapporti di scambio econo-
mico o anche la compresenza di ruoli e relazioni diverse per la
stessa persona - è sempre più spesso messo in luce da recenti ri-
cerche come la seguente, fatta a Bamako (Le Palec 1994):
«Qui non regge la definizione dell'OMS che considera che una
prostituta è una donna che offre servizi sessuali contro remunerazio-
ne». Infarti ricevere un compenso dall'uomo con cui si hanno rappor-
ti sessuali è una costante quale che sia U tipo di relazione. I giovani
classificano le loro partner sessuali in tre categorie, le 'copines' o 're-
golari' , le 'louches' o segrete, le 'occasionali' ossia ragazze 'raccattate'
per strada, nei locali. Ma non si tratta di categorie rigide e separate: la
ragazza fissa di uno sarà la partner segreta o occ.'lsionale dell'altro. Un
uomo avrà più 'copines' e darà loro assai regolarmente somme per le
loro necessità. Si recribuiscono anche le 'louches' e lo stesso vale per
le 'occasionali '. Le ragazze a loro volta, tenendo nascoste ad ogni pre-
tendente Je altre relazioni, hanno vari amici regolari o segreti con l'i-
dea di 'trovare marito' e altri rapporti, 'occasionali' questi, per 'trova-
re soldi'. Come viene sottolineato: «A Bamako non vi è nulla di scioc-
cante nel collegare rapporti sessuali e denaro. Sarebbe scioccante inve-
ce proprio il non dare niente o non ricevere niente» (corsivo mio). Le
famiglie stesse vedono negli amici delle ragazze dei possibili futuri ge-
neri; spesso accettano tali situazioni - un addestramento delle ragazze
a un'eterosessualità riproduttiva - e si preoccuperebbero piuttosto se
la ragazza non avesse interesse verso questi rapporti.

158
Ritroviamo questa fusione o comunque fluidità di passaggi
tra prospettive 'amorose' matrimoniali e servizio sessuale in
contesti assai diversi tra loro, compresi contesti di esplicita pro-
stituzione. Il bel Libro di Sturdevant e Stoltzfus ( 1992) ce lo do-
cumenta per il contesto neo-coloniale delle Filippine, con le ba-
si militari americane e l'enorme industria di accoglienza con
'hostess' (o hospitality women) 5 creata dapprima per fornire ai
militari delle basi R&R (riposo e ricreazione). Industria di ' ac-
coglienza' che, lo abbiamo visto (cap. 4), è ora riciclata (con i
vari locali, karaoke, bar a go-go, saloni per massaggi ecc.) per il
turismo sessuale da Stati Uniti, Giappone, Australia ed Europa.
Le ragazze, a volte nubili a volte già sposate e con matrimoni fi.
niti male, hanno con i militari e i turisti, come del resto con uo-
mini locali, rapporti di vario tipo, da prestazioni sessuali a tem-
po breve, a storie più lunghe di convivenze, a storie definite co-
me innamoramenti. E le storie qualche volta si concludono con
matrimoni ed en1igrazione dalle Filippine, più spesso con un
ulteriore carico economico di figli da mantenere. (Sturdevan t e
Stoltzfus 1992, Law 1997). Spesso le ragazze, stanche di altri la-
vori pesanti e mal pagati, entrano nel lavoro di 'accoglienza'
(che ha tuttavia anch'esso dure, a volte durissime, condizioni di
sfruttamento) anche per aiutare economicamente genitori, so-
relle e fratelli in situazioni di insostenibile miseria (cfr. cap. 4).
E, amara contraddizione, n1entre (cfr. anche Enloe 2000) il la-
voro sessuale delle donne può essere la base dell' intera econo-
mia - e in effetti su questo lavoro prosperano alberghi, ristoran-
ti, bar, sartorie, taxi, imprese commerciali le più varie, e tutte le
persone che io un modo o nell'altro e a qualsiasi livello hanno a
che fare con questo lavoro (dai padroni dei locali ecc. alla ma-
nodopera di più basso livello), alle donne viene ben poco di
tutto questo:
«La verità è che la vendita del lavoro sessuale delle donne è il fon-
damento di un sistema economico di notevoli dimensioni e ciò è vCIO
per il passato come lo è oggi. È raro che le donne ne traggano un bene-

' Es.~endo fonnalmente vietata la prostituzione, l'industria dd sesso per


le basi milirari era indicata con questi) eufemismo, così come le donne sono
deue hostess e simili.

159
ficio finanziario. Il potere e il denaro sono nelle mani di quelli che
comprano e di quelli che gestiscono il business, e anche dei governi
che si arricchiscono su queste pratiche» (Sturdevant 2001: 144)6.

Della presenza diffusa e possiamo dire globale dello scambio


sessuo-econornico si ha esempio, come accennato, in Sudafrica.
A Durban: dai suburbi più miserabili (dove lo scambio sessuo-
econornico diviene per le donne un fatto di sopravvivenza - sur-
vivai sex - e una donna risponde al ricercatore: «Meglio morire
di Aids in quindici anni che di fame in cinque giorni») ai quartie-
ri ricchi degli alberghi e del turismo, come si è visto, «il sesso è
una merce assai richiesta [...] e fa parte integrante dell'economia
informale della città» (Preston-Whyte, Varga et al. 2000)7.

Ma riprendiamo il nostro problema centrale, quello posto


dalla domanda di Malinowski, ossia cosa fa sì che anche in con-
testi di apparente libertà sessuale (che siano essi alle Trobriand o
altrove) - dove sembrerebbe possibile uno scambio 'paritario' di
piacere per piacere o di servizio per servizio - lo scambio di ses-
sualità tra uomini e donne sia definito e sia in effetti un servizio
da parte /e,nminile (e come tale compensato dal partner maschi-
le)? E come mai è scontato che lo scambio abbia una direzione
fissa: dagli uomini il compenso in cambio della 'sessualità' delle
donne, dalle donne 'sessualità', servizio sessuale, in cambio di
compenso? Il confronto stabilito in interviste e ricerche svolte in
Messico, Brasile, Indonesia e Suriname è illuminante.
Vediamo per prima una ricerca di Prieu.r (1998) sui travesti-
ti, glijotas, a Città del Messico.
A proposito delle relazioni trajotas e i loro amanti (uomini bises-
suali, detti mayates, o machos) viene fuori che «in Messico, quando un
6 Per il peso del sex work nell'economia cli diversi sraù nell'Asia del Sud-
est, cfr. Lim 1998, (e cfr. qui cap. 4) .
7 E ancora in ahre zone poverissime del Sudafrica. (a Gaureog) il diritto de-
gli uomini alle prestazioni sessuali delle donne è raie che nelle taverne solo per
aver accettato una birra offerta la donna non si può sottrarre allo 'scambio': se
rifiuta è costrette anche con la forza e di fronte ad altri avventori a subire il coi-
to (Wojcicki 2002) e questo non viene considerato stupro. Per un esempio (ol•
tre agli studi africani citati) da area diversa, in questo caso Papua New Gui-
nea: Hammar 1992.

160
uomo fa la corte a una donna, la invita fuori e paga per lei e magari le
fa regali. In cambio egli avrà la compagnia di lei per la serata e forse
anche per la notte. Perciò la compagnia della donna e il suo sesso so-
no definiti come il contributo di lei, ancbe se la cosa non è mai pre-
sentata come uno scambio diretto. Quando un uomo coFteggia uno
jota, non si sente in alcun obbligo di pagare, c.iò che riflette il fatto che
il sesso non è definito come qualcosa che egli riceve dallo jola. Quel
che succede tra glijotas e i loro amanti (spesso giovani e bclli) è che il
sesso è definito più spesso come un favore che il mayate concede allo
jota [...], nel senso che la sessualità dello jota non è vista alla stessa
maniera della sessualità femminile. Quando i due banno rapporti,
non è un favore concesso dallo jota: si considera che egli sia motivato
dal suo desiderio stesso e pertanto non gli spetta niente in contraccam-
bio» (Prieur 1998: 240, corsivo mio).
L'idea chiara è che la donna invece, non essendo motivata
dal proprio desiderio (non è pensata né pensabile io questo
contesto come soggetto di sessualità e desiderio), offre un servi-
zio all'uomo, e deve quindi ricevere una contropartita.
Analoga situazione per i travestiti brasiliani in un interes-
sante ricerca cli Don Kulick: è il travestito a fare don i o a man-
tenere nl partner macho (Kulick 1998). Dunque non è pagato
chi è compensato dal suo stesso piacere (si avrebbe qui uno
scambio reciproco e per così dire equivalente), mentre si paga
un servizio, ossia tendenzialmente una non-sessualità.
Altro caso: quello dei travestiti waria dell'Indonesia, uomi-
ni cli classe popolare che seguono occupazioni tracliz:ionalmen-
te femminili (cucina, ricamo, cucito, lavoro di parrucchiera,
ecc. e molti vendono servizi sessuali agli uomini). Essi vengono
definiti da Oetomo come «third gender» (terzo genere).
Sui rapporti sessuali rra wariiJ e partner maschili Oetomo scrive:
«Le dinamiche di potere delle rei azioni sessuali e sentimentali tra wa-
ria e uomini sono complesse e dipendono da molti fattori. Nel rap-
porto sessuale, il penetratore waria ha per lo più il ruolo dominante».
A volte, ciò awiene perché il waria è più grande o più forte o più an-
ziano, ma: «ciò potrebbe anche es.sere dovuto al 111aggior potere finan-
ziario de.I waria; 1uaria ,he hanno iln reddito pirì alto possotro penetrare
uomini pirì poveri poiché i waria pagano per il favore sessuale o perché
gli 110111ini più poven' 11011 possono pagare per l'i11co11tro e perciò devono

161
ficio finanziario. Il potere e il denaro sono nelle mani di quelli che
comprano e di quelli che gestiscono il business, e anche dei governi
che si arricchiscono su queste pratiche» (Sturdevant 2001: 144)6.

Della presenza diffusa e possiamo dire globale dello scambio


sessuo-economico si ha esempio, come accennato, in Sudafrica.
A Durban: dai suburbi più miserabili (dove lo scambio sessuo-
economico diviene per le donne un fatto di sopravvivenza - sur-
vival sex - e una donna risponde al ricercatore: «Meglio morire
di Aids in quindici anni che cli fame in cinque giorni») ai quartie-
ri ricchi degli alberghi e del turismo, come si è visto, «il sesso è
una merce assai richiesta [...] e fa parte integrante dell'economia
informale della città» (Preston-Whyte, Varga et al. 2000) 7.

Ma riprendiamo il nostro problema centrale, quello posto


dalla domanda di Malinowski, ossia cosa. fa sì che anche in con-
testi di apparente libertà sessuale (che siano essi alle Trobriand o
altrove) - dove sembrerebbe possibile uno scambio 'paritario' di
piacere per piacere o di servizio per servizio - lo scambio di ses-
sualità tra uomini e donne sia definito e sia in effetti un servizio
da parte femminile (e come tale compensato dal partner maschi-
le)? E come mai è scontato che lo scambio abbia una direzione
fissa: dag1i uomini il compenso in cambio della 'sessualità' delle
donne, dalle donne 'sessualità', servizio sessuale, in cambio di
compenso? Il confronto stabilito in interviste e ricerche svolte in
Messico, Brasile, Indonesia e Suriname è illuminante.
Vediamo per prima una ricerca di Prieur (1998) sui travesti-
ti, glijotas, a Città del Messico.
A proposito delle relazioni trajotas e i loro amanti (uomini bises-
suali, detti mayates, o 1nachos) viene fuori che «in Messico, quando un
6 Per il peso del sex work nell'economia di di.versi stati nel!'Asia del Sud-
est, dr. Lim 1998, (e cfr. qui cap. 4).
7 E ancora in alrre zone poverissime del Sudafrica (a Gauteng) il diritto de-
gli uomini alle prestazioni sessuali delle donne è tale che oelle taverne solo per
aver accenato una birra offerta la donna non si pu.ò sottrarre allo 'scambio': se
rifiuta è costretta anche con la forza e di frome ad altri avventori a subire il coi-
to (Wojcicki 2002) e questo oon viene considerato stupro. Per un esempio (ol-
tre agli srudi africani citati) da area diversa, io questo caso Papua New Gui-
nea: Hammar 1992.

160
uomo fa la corte a una donna, la invita fuori e paga per lei e magari le
fa regali. In cambio egli avrà la compagnia di lei per la serata e forse
anche per la none. Perciò la compagnia della donna e il suo sesso so-
no definiti come il con.tributo di lei, anche :se la cosa non è mai tpre-
sentata come uno scambio diretto. Quando un uomo corteggia uno
jata, non si sente in alcun obbligo di pagare, ciò che riflene il fatto che
i.I sesso non è definito come qualcosa che egli riceve dallo jota. Quel
che succede tra glijotas e i loro amanti (spesso giovani e belli) è che il
sesso è definito più spesso come un favore che il mayate concede allo
jata [...], nel senso che la sessualità dello jota non è vista alla stessa
maniera della sessualità femminile. Quando i due hanno rapporti,
non è un favore concesso dallo jota: si considera che egli sia motivato
tu1l suo desiderio stesso e pertanto non gli spetta niente in contraccatn·
bio» (Prieur 1998: 240, corsivo mio).

L'idea chiara è che la donna invece, non essendo motivata


dal proprio desiderio (non è pensata né pensabile in questo
contesto come soggetto di sessualità e desiderio), offre un servi-
zio all'uomo, e deve quindi ricevere una contropartita.
Analoga situazione per i travestiti brasiliani in un interes-
sante ricerca di Don Kulick: è il travestito a fare doni o a man-
tenere il partner macho (Kulick 1998). Dunque non è pagato
chi è compensato dal suo stesso piacere (si avrebbe qui uno
scambio reciproco e per così dire equivalente), mentre si paga
un servizio, ossia tendenzialmente una non-sessualità.
Altro caso: quello dei travestiti waria dell'Indonesia, uomi-
ni di classe popolare che seguono occupazioni tradizionalmen-
te femminili (cucina, ricamo, cucito, lavoro di parrucchiera,
ecc. e molti vendono servizi sessuali agli uomini). Essi vengono
definiti da Oetomo come «third gender>> (terzo genere).
Sui rapporti sessuali tra waria e partner maschili Oetomo scrive:
«Le dinamiche di potere delle relazioni sessuali e sentimentali tra wa-
ria e uomini sono complesse e dipendono da molti fattori. Nel rap-
porto sessuale, il penet:ratore waria ha per lo più il ruolo dominante».
A volte, ciò avviene perché il waria è più grande o più forte o più an-
ziano, ma: «ciò potrebbe anche essere dovuto al maggior potere finan-
1.iario del waria; waria che hanno un reddito pizì alto possono penetrare
uo,,,ini più poveri poiché i wari« p«g«110 per il favore sessuale o pe-rç})ef
gli uomini pizì poveri non possono pagare per l'ù1co11tro e perciò devono

161
1985). Che si tratti di una vera educazione che sfocia nel servizio ses-
suale riproduttivo è mostrato da alcuni elementi la cui portata va ben
al di là della società alui: a. la ragazza ha, si può dire, l'obbligo di aver
amanti; b. non deve sapere niente di sesso ma apprendere tutto dal part-
11er; c. la ragazza riceve un compenso ossia impara ad usare la propria
sessualità non in funzione del proprio desiderio e piacere ma come ri-
sorsa; d. non esiste idea di violenza maschile e di non consenso femmi-
nile.
L'intreccio tra violenza e scambio. Nota Giulia Almagioni,
riportando anche chiari casi di stupro individuale e collettivo,
non classificati né riconosciuti come violenza dal gruppo:
«Il concetto e la definizione di violenza non sono scontati né evi-
denti: nel modo di pensare della cultura alui sembra quasi non esiste-
re uno spazio chiaro in cui catalogare episodi di imposizione di un
rapporto sessuale a una donna, da un lato perché in qualche modo si
ritiene che la donna sia sempre consenziénte, e in questa direzione
potrebbe spingere la rappresentazione di fondo delle relazioni sessua-
li come servizi forniti dalle donne agli uomini; dall'altro perché il con-
fine tra sessualità come risorsa di scambio e imposizione sessuale è
fragile e ambiguo» (Almagioni: 120)9.

Vediamo meglio due aspetti dei rapporti tra i sessi beo colti
d a Almagioni (113 s., e qui vedi anche più avanti) e assoluta-
mente centrali per analizzare il condizionamento della sessua-
lità: la violenza e l'accesso diseguale alla conoscenza.
L'estensione e gravità della violenza contro le donne 10, uno
dei punti chiave delle analisi e della pratica politica femroioi~te,
e, negli ultimi anni, finalmente messa in rilievo anche da rap-
porti e ricerche di organismi internazionali 11 , per lungo tempo
è stata pressoché ignorata, comunque sottaciuta.

9 Ciò che è continuamente confermato da moltissime ricerche (cfr. ad


esempio Mane & Aggleton 2000). Le donne negoziano e cercano di ottenere
qualcosa in cambio di un servizio sessuale che banno di fatto l'obbligo di for-
nire e, aggiungerei, che vengono spesso costrelle a fornire (cfr. El Dawla et al.
1998).
°
1 Cfr. anche i capp. 2 e 4.
11 Cfr. ad esempio i rapporti annuali presentati dal I994 al 2003 all'ONU
(ECOSOC, Commission On Human Rigbts) da R Coomaraswamy, Special
Rapporteur on violence againsr women , its causes and consequences.

164
3. La violenw12

... i cosiddetti problemi soggettivi 'individuali', 'pri-


vati' sono in effetti problemi sociali, problemi di
classe, [...] la 'sessualità' non è per le donne una
espressione individuale, soggettiva, ma una istituzio-
ne sociale di violenza.
Monique Wittig 1980

Chiaramente non era possible nessuna autentica re-


lazione umana dove la violenza era la sanzione finale.
Non vi poteva essere alcuna fiducia, alcuna simpatia
genuina: e mentre una specie di amore può a volte
~vere trionfaro su q uesta forma massimamente per-
versa di interazione, la relazione intima era di solito
calcolatrice e sadomasochistica.
Orlando Patterson 1982

Benché i diversi contesti sociali culturali e politici


diano luogo a forme differenti di violenza domesti-
ca, essa è ovunque presente, passando sopra frontie-
re nazionali e identità culturali. Nonostante questa
universalità tuttavia una cospirazione di silenzio
continua a nascondere l'estensione della violenza.
Radhika Coomaraswamy 1996

l2 Si tenga presente la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza con-


tro le doMe, (ONU Risoluzione 48/ I 04, 20 dicembre 1993, arti. I e 2):
Anicolo I. Ai fini della presenre Dichiarazione l'espressione "violenza
cootro le donne" significa ogni atto di violenu fondata su.I genere che abbia
come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o
una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce
di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libenà, che awenga
nella vita pubblica o privata.
Anicolo 2. La violenza contro le donne dovrà comprendere, ma non li-
mùarsi a, quanto segue:
a) La violenza fisica, sessuale e psicologica che awiene in famiglia, inclu-
se le percosse, l'abuso sessuale delle ban1bine nel luogo domestico, la violenza
legata alla dore, lo stupro da pane del marito, le mutilazioni genitali femmini-
li e altre pratiche tradizionali dannose per le donne, la violenza non maritale e
la violenza legata allo sfrunamenco;

165
Silenzio che ha riguardato anche buona parte degli studi
antropologici13•
Ma qui interviene un fatto assai importante per la nostra
analisi: la profonda trasformazione avvenuta nella ricerca negli
tùtimi 15-20 anni. Intanto la sessualità è divenuta un campo di
studio legittimo 14• Due fattori, importanti su scala mondiale, ne-
gli ultimi anni fanno «riscoprire» la sessualità (Vance 1991) co-
me oggetto possibile e «legittimo» di studio e in particolare co-
me oggetto «legittimo» di studio antropologico: la crescita della
popolazione e le politiche demografiche da un lato e dall'altro la

b) La violenza 6sica, sessuale e psicologica cbe awiene all'interno della


comunità nel suo complesso, incluso lo srupro, l'abuso sessuale, la molestia
sessuale e l'intimidazione sul posto di lavoro, negli istituti educativi e altrove,
il traffico delle donne e la prostituzione forzata;
cl La violenza 6sica, sessuale e psicologica perpetrata o condotta dallo
Stato, ovunque essa accada.
13 Sarebbe il caso di analiz,,are lo scollamento notevole tra risultati di ricer•
che e posizioni di agenzie e organismi internazionali (quali Nazioni Unite,
UNAIDS, UNICEF, UNFPA, OMS, ILO, Banca Mondiale) sui rapporti tra i sessi e
sulle discriminazioni sistematiche, sulle violenze - in particolare le violenze do-
mestiche - e le torture a cui sono so11oposte le donne su scala mondiale e nei sin-
goli paesi (e che come più volte ha sottolineato Radhika Coomaraswamy, godo-
no di copertura istituzionale), e invece le posizioni ddl'accademia, e anche dei
media, dove sembra spesso prevalga (per fortuna con eccezioni) silenzio o indif-
ferenza. E, per venire a un terreno più vicino e lirni1a10, sarebbe da interrogarsi
sulle ragioni del ritardo, notevole e indicativo rispetto a programmi americani o
anche europei, quali ad esempio quclli dclla London School of Economics degli
studi emo-antropologici italiani (e in parte anche di quclli francesi per non citare
che due paesi), o almeno di una cospicua parte di essi che sembra non avere nep-
pure integrato nclle problematiche teoriche e nei curricula i problemi dei rap-
porti sociali era i sessi o problemi «di genere» (per usare un'altra terminologia).
Come se i rapporti sociali tra i sessi fossero un terreno estraneo all'antropologia e
all'emologia, e quasi che occuparsi di problemi di questo tipo fosse un fatto solo
politico, non attinente alla ricerca, magari indice di un femminismo fuori tempo
e non «scienti6co». Si può considerare questo come parte della copertura istitu-
zionale di cui usufruisce il dominio maschile nei suoi vari aspetti? Non sarà da
vedervi anche una pratica sisten1atica di delegittimazione che ha inoltre poten-
zialmente riflessi nella riproduzione del potere accademico (cfr. Mathieu 1999)?
Sulla ricerca e leuerarura antropologica sul genere cfr. Busoni 2000 e 2003.
"Caro! Vance (Vance 1991) racconta come fino a tempi recenti negli Sta•
ti Uniti la sessualità fosse un terreno di ricerca che veniva addirittura sconsi-
gliato ai giovani che volcsse.ro fare una carriera accademica.

166
pandemia dell'AIDS. Su questi problemi, che si sono manifestati
in un contesto di trasformazione globale, si sviluppa un dibatti-
to internazionale con una forte presenza politica dei movimenti
femministi, gay e lesbici e la linea di demarcazione tra ricerca ac-
cademica e militantismo sociale e politico si è progressivamente
attenuata (Parker, Barbosa and Aggleton 2000: 2). La problema-
tica e l'impostazione delle ricerche suJla sessualità si modificano.
L'ottica oggi non è più solo quella tradizionale: «Al centro di
questa riformulazione sta una prospettiva di costruzionismo so-
ciale che sposta il fuoco di interesse dalle azioni sessuali di corpi
specifici ai contesti sociali e culturali in cui si esplica la sessua-
lità» (Gagnon and Parker 1995: 12). Le domande cambiano e si
contestualizzano ponendo attenzione al rapporto sociale tra i
partner (e in tale rapporto alle differenze di genere, classe e/o
etniche, di 'razza'), dunque alle differenze di potere, e, nello
specifico, alle modalità e possibilità di ciascuno di 'negoziare' la
gestione dei rapporti sessuali (incluso il poter chiedere e ottene-
re l'uso di preservativo e tecniche di 'safer sex'):
«Così la domanda: 'quante volte avete avuto rapporti nel mese
scorso' deve essere inquadrata da domande quali 'chi ha preso l'ini-
ziativa di fare sesso?', 'in quali condizioni?', ' poteva un partner o l'al-
tro rifiutare?', 'perché avete fatto sesso allora?' ecc. Si vedrà cosl che
il modo di negoziare il rapporto, e come si è conclusa la negoziazione
spesso dipendono da una minaccia in atto o da una precedente mi-
naccia di violenza, che agisce sul cosiddetto ordine naturale delle cose
che non è oggetto di riflessione» (ibid.: 14).

Appare in tutta la sua importanza il peso della violenza


strutturale nel costruire una vulnerabilità alla sieropositività e
all'AIDS, oltre che nei problemi riguardanti la salute riprodutti-
va. Vengono in cupo risalto le disuguaglianze economiche e so-
ciali tra i sessi che sono alla base anche delle relazioni specifiche
nel campo della sessualità: «diventa chiaro che tutte le questioni
riguardanti il sesso devono essere interpretate alla luce delle diffe-
renze di potere tra uomini e donne» (ibid.: 12, corsivo mio). E
un crescente numero di studi sul terreno, condotti sia in Euro-
pa e Nord America che in Africa, Asia e Sud America e di rap-
porti delle agenzie internazionali quali UNAIDS, OMS, UNI-

167
CEF, mettono in luce proprio questo peso determinante e, si
può dire, devastante per le donne, dei rapporti di potere tra i
sessi nel configurare la sessualità.
I dati più recenti, provenienti da ricerche in tutto il mondo 1~,
danno un quadro sconvolgente della pervasività della violenza, in
particolare della violenza domestica. Non va infatti trascurata la
diffusione della violenza di genere nelle sue forme più abituali e
non di aggressioni di estranei, quelle interne alla famiglia e si può
dire tollerate socialmente, esercitate su mogli, conviventi, sorelle,
lavoratrici domestiche, fidanzate o ex-fidanzate 16. Le statistiche
danno secondo i paesi dal 20% a oltre il 50% di donne che han-
no subito maltrattamenti (Heise 1995, UNICEF 2000; per un ra-
pido quadro d'insieme sull'Europa, cfr. Ramonet 2004).
«Secondo la Banca Mondiale ia vioienza contro le ragazze e ie
donne in tutto il mondo causa più morti e invalidità tra le donne nel

l' La letteratura sulla violenza contro le donne è ormai enorme e in conti•


nua crescita. Vi contribuiscono non solo rkercatori/ricercatrici ma attivisti e
organizzazioni cfr. ad esempio tra le molte le ricerche in vari paesi dell'ICWR
(lmemati,onal Center for Research on Women) reperibili in parte S'U Internet
o presso l"ICWR stesso per non parlare dei rapporti dell'ONU (Economie and
Socia! Council, Commission on Human Rights), rapporti Unicef, oltre che il
lavoro dei grandi incontri come quello di Pechino 1995. Anche ndlo specifi-
co della ricerca antropologica sono negli ultimi anni usciti testi collettivi con-
sacrati a vari aspetti della violenza ad esempio al wi/e•beali11g (e&. Counts,
Brown, Campbell 1999). Ma è necessario anche ricordare con Coomara-
swamy (ONU, Economie and Socia! Council, Commission on Human Rigbts,
sessione 59, 9 aprile 2003) come, mentre si è notevolmente ampliata la cono-
scenza e consapevolezza sulla violenza contro le donne, e si siano intradone
modifiche anche nel diritto internazionale (ad esempio sui crimini di guerra
contro le donne) in realtà ben poco sia cambiato per le donne riguardo alla
violenza anche negli ultimi dieci anni. E le stesse convenzioni internazionali
rimangono largamente lettera morta per gli stati stessi che le sottoscrivono.
16 Collier, Rosaldo, Yanagisako (1997: 78) notano a proposto della vio-

lenza nell.a famiglia negli USA: «Ci troviamo confrontati coll'ironia che nella
nostra società il luogo che si suppone sia proprio quello della cura e dell'affet-
to incondizionato è contemporaneamente il luogo dove è più tollerata la vio-
lenza». Infatti, dicon.o, le seorenze contro persone che banno commesso atti
di violenza fisica sono più leggere se si tratta di atti contro familiari e addirit-
tura «sono legalmente perseguiti una minor percentuale di omicidi che coin-
volgono familiari che di omicidi coinvolgenti estranei». E in Italia i dati più re-
centi, anno 2003, vedono una diminuzione degli omicidi degli estranei e un
aun1ento di quelli in famiglia (leggi: assassinio di donne).

168
gruppo di età tra i 15 e i 44 anni che il cancro, la malaria, gli incidenti
di traffico e persino la guerra» (United Narions Population Fund,
UNFPA, Population Issues Briefing Kit 2001). Vi sono anche calcoli
della Banca Mondiale sul costo economico della violenza sulle donne:
«La Banca Mondiale calcola che nei paesi industrializzati molestie
sessuali, stupro e violenza portino via quasi un anno su ogni cinque di
vita sana delle donne tra i 15 e 44 anni di età. Negli Stati Uniti si stima
che i datori di lavoro paghino 4 miliardi di dollari l'anno per assentei-
smo, aumento delle spese mediche, tumover più elevato e diminuzio-
ne della produttività» (UNFPA 2000, corsivo mio). Stime molto alte
anche per Canada e altri paesi industrializzati. Sono uno dei costi pe-
santissimi di un dominio mai totalmente assicurato.
La paura della violenza, la violenza come minaccia, condi-
ziona però le donne ben al di là di quelle che l'hanno diretta-
mente subita17 .
Qui mi voglio riferire brevemente solo a un aspetto della vio-
lenza, q uello che in panicolare «organizza» il campo della ses-
sualità (ma che è al tempo stesso un fatto strutturale generale).
Occorre considerare la violenza sotto due aspetti: uno apparen-
temente individuale o al caso anche di gruppo che prende per
oggetto la singola donna e al contempo è strumento di terrore
per le altre. Tale è lo stupro che può giungere alle forme più bru-
tali com.e lo stupro di gruppo praticato largamente in varie zone
del Pacifico e altrove (Salomon 2000): viene designato dagli uo-
mini con termini (/e konvoi, Fiji, la chaine, N. Caledonia, le relais,
Mali, o ancora la tournante, banlieu parigina) indicanti che è per
loro un gioco; «È un gioco maschile», dichiarano infatti18• Gang

17 A proposito della presenza della minaccia nei rapporti tra i sessi, Mila
Busoni (2001) richiamando oppor1t1namcntc il lesto <lassico di Orlando Pa1-
terson (1982) sulla schiavitù, nota: «L'efficacia della minaccia nel manteni-
mento dell'autorità e del potere è pad se non maggiore della violenza palese e
agita, dal momento che incide sul comportamento, la percezione di sé e l'au-
tostima di chi la subisce».
18 M,anca in varie di queste culture la coocetrualizzazione e fin il termine

per indicare lo stupro (cfr. Salomon 1998, 2003a). Questo non è runavia la re-
gola dr. Salomon 1998: 95, n. 34, che cita società della Melanesia dove «non
solo lo srupro di una donna è un crimine ma è più l'assenza di consenso da
pane della donna che l'ano sessuale in sé che è riprovevole (mentre nel dirino
francese è solameme la penetrazione che definisce lo stupro)».

169
rape che del resto è una forma .di violenza ben conosciuta negli
USA come in Europat9.
Ma non va dimenticata la diffusione di questa forma di vio-
lenza nelle sue forme più abituali, e non cli aggressioni di estra-
nei, quelle interne alla famiglia. È noto ad esempio che anche
nel caso di violenza sessuale su bambine, si tratta per la maggio-
ranza dei casi di fatti che avvengono nell'ambiente immediato,
anche familiare, delle vittime. E la violenza sessuale si può ma-
nifestare con una serie di pressioni, minacce, ricatti affettivi o
altro, com pratiche che vanno dal picchiare al violentare a mal-
trattamenti cli ogni genere, fisici e psichici fino all' assassini<>2°.
Stupro coniugale, stupro domestico e così via. È lo stupro lar-
gamente praticato e secondo le società anche apertamente so-
stenuto e giustificato o comunque in qualche modo tollerato.
Imposizioni e violenze che hann o gravi conseguenze sulle don-
ne e la loro sessualità impedendo loro tra l'altro di proteggersi
da gravidanze non volute e dalle malattie a trasmissione sessua-
le compreso oggi il pericolo di morte da Aids21•
Le mutilazioni sessuali - dalla clitoridectomia all'infibulazio-
ne - costituiscono l'altra forma gravissima, legittimata socialmen-
te dove si pratica, e si può dire istituzionale, di tortura e violenza.
Dobbiamo definire le mutilazioni genitali femminili, così come la
modalità dello stupro individuale e di gruppo, violenza sessuale,
violenza di genere cioè violenza contro le donne come classe. Una
violenza ,che qui si «specializza» e mira con la mutilazione della

19 Forme cli gang rape sono anche .lo stupro collettivo 'emico' .in guerra, e
lo stupro politico come forma di torturo o punizione (di quest'ultimo vedi an-
che le forme «tradizionali» tipo quella già inclicata per i Mehinaku, cfr. cap.
2), olrre che lo stupro appena mascher.ato di bambine e donne nei campi pro-
fughi come in Burundi e altre zone di guerra in Africa.
20 Anche HoUand, Ramazanoglu et al. 1998 mostrano, nella loro ricerca

suUa sessualità giovanile a Londra e Manchester, un continuum nell'uso della


violenza daUa pressione psicologica, al, ricatto affettivo ecc., fino alla violenza
fisica e aUo stupro.
2 1 Lo mostra bene la straordinaria ricerca del Papua New Guinea lnstitu-

te of Meclical Research (The National Sex and Reproduction Research Team


and Caro!Jenkins, 1994) sull'organizzazone sociale dclla sessualità, dalle rap-
presentazioni alle pratiche. Ringrazio Christine Salomon che mi lha fono co-
noscere questo documento.

170
vulva, all'estirpazione, alla radice, della sessualità delle d onne, alla
sua completa subordinazione all'ordine e all'uso maschile. Quan-
to la pratica delle mutilazioni genitali femminili sia radicata e con-
nessa con il domin.io maschile è mostrato anche dalla difficoltà e
lentezza con cui procedono i tentativi (anche quando son o appog-
giati dai governi nazionali e da leggi) di abolirla, nonostante i peri-
coli e i ben conosciuti effetti disastrosi di queste operazioni per la
salute delle donne e nonostante le lotte e il lavoro cli gruppi di
donne (e a volte anche uomini) dei paesi in cui si praticanoll.
La violenza appare dunque nel campo stesso della sessua-
lità come «uno dei meccanismi sociali decisivi per mezzo dei
quali le donne sono costrette in una posizione subordinata ri-
spetto agli uomini>> (Coomaraswamy 1996).

4. I.A conoscenw

Quando la discriminazione in atto contro le donne


[ ...) riflette il potere perdurante di valori maschili
tradizionali da cui le madri stesse potrebbero non
essere immuni, ciò che serve non è semplicemente
libenà di azione ma anche libertà di pensiero - nella
capacità e volontà delle donne di mettere in discus-
sione valori tram.andati.
Amartya Sen 2001
L'altro meccanismo decisivo è quello di impedire o limitare
alle donn e l'accesso alla conoscenza 2J.
Il controllo o addirittura il monopolio della conoscenza e
l'esclusione di classi o gruppi dominati da vasti campi. del sape-

22 La bibliografia sulle FGM, female geni tal mutilarions, è oggi assai vasta
e con numerosi rappor:ti dei gruppi di donne che lavorano nelle diverse nazio-
ni. Mi limito a indicare Hosken 1982, Hicks 1993. Per una discussione delle
posizioni polit ico-ideologiche sulle mutilazioni sessuali cfr. Ma1hieu 1994.
2' Ricordo solo il divario più evidente e noto oggi tra maschi e femmine,
quello dell'istruzione: secondo alcune stime nel mondo vi sono 960 milioni di
adulti analfabeti di cui due terzi donne, 130 milioni di bambini non iscritti al-
le elementari, di cui anche qui due terzi sono bambine (UNFPA, Pop11/atio11 Ts-
sues Briefi11g Ktì 2001 ).

171
re sono aspetti costanti e strumenti fìn troppo noti dei sistemi di
potere. A mantenere il monopolio del sapere e dell'informazio-
ne vengono, nelle diverse società, dedicati sforzi straordinari.
Anche nel caso del dominio maschile un'attività indefessa - ma
senza fine in quanto impossibile a realizzare nella sua totalità, e
tuttavia, insieme alla violenza, indispensabile per il manteni-
mento del potere - ha teso con ogni mezzo e spesso ancora ten-
de a bloccare la conoscenza, la sperimentazione e l'immagina-
zione delle donne in tutti i campi, dalla tecnologia e uso degli
strumenti (cfr. anche Tabet 1979), all'arte, alla filosofia, alla re-
ligione, alla scienza. Ma se conoscenza e immaginazione sono
schiacciate come, con che mezzi, le donne possono pensare il
cambiamento e l'utopia e immaginare che per loro, anche per
loro, un altro mondo è possibile?
La differenza di potere tra i sessi determina un accesso dise-
guale alla conoscenza anche sul terreno della sessualità24 . Ve-
diamone brevemente alcuni aspetti. Intanto il rapporto con la
violenza: con la pratica delle mutilazioni genitali che tocca mi-
lioni di donne è chiaro che la condizione di base primaria per
parlare di conoscenza della sessualità e di esplorazione del desi-
derio è annullata o comunque gravemente inficiata2'. A risultati
simili portano o rendono le altre forme di violenza (sia fisiche
che psichiche) come lo stupro o di condizionamento e repres-
sione mentali, vere e proprie mutilazioni psichiche, che hanno
decretato per milioni di donne l'impossibilità di avere una ses-
sualità propria.
L'accesso differenziale alla conoscenza del proprio corpo e
della propria sessualità infatti costituisce, anche in società che
non praticano le mutilazioni genitali 26, l'altra forma di meno-

2◄ La imponante e complessa analisi cli Nicole C. Mathieu (1985) sulla


coscienza dominata e <<médiatisée» dei.le donne potrebbe utilmente essere ri•
presa e verificata per il terreno specifico della sessualità
2' Che siano le donne stesse a effettuare le operazioni o a sostenere que•

ste pratiche non artenua la violenza di genere che ne è alla base ma al caso de-
ve aumentare la consapevolezza della radicalità della violenza subita dalle
donne, una violenza e coercizione psichica e intc!lertuale quanto fisica.
26 Ma non si dimentichi che la tentazione di estirpare materialmente e

con la violenza la possibilità di piacere delle donne ha avuto una storia anche

172
mazione delle donne e della loro sessualità. Esaminiamo meglio
questa differenza e cosa significhi per la sessualità delle donne.
La disparità nella conoscenza del proprio corpo da parte di
maschi e femmine è frequentemente rilevata (Paiva 2000, Hol-
land, Ramazanoglu et al. 1998,, Tbompson 1995, Fine 1988).
Tale disuguaglianza nella conoscenza, l' assenza di conoscenza
da parte delle donne, sembrano generali o comunque avere una
larghissima diffusione. Se ne trovano abbondanti esempi nelle
ricerche condotte dall'UNAIDS e dall'ICR\"Q' in decine di paesi.
E altre ri cerche sarebbero più che opportune.
La disparità di sapere si verifica anche riguardo agli aspetti
apparentemente più semplici quali la configurazione degli orga-
ni genitali esterni. Lo vediamo dal]' esperienza di centinaia di
workshop serali tenuti, in un progetto di prevenzione dell'AIDS,
a San Paolo in Brasile con migliaia di adolescenti dei due sessi
(Paiva 2000).
I workshop, impostati secondo i principi della pedagogia della li-
berazione di Paulo Freire, si proponevano di portare a una presa di
coscienza, decodificando i modi in cui il contesto socio-culturale e
«script» (copioni) sessuati inconsci regolano la sessualità, e soprattut-
to di costruire un «sujeito sexual>>27, un soggetto sessuale capace di
regolare la propria vita sessuale, di non accettare supinamente le re-
gole sociali come «naturali»; capace di dire no e ottenere che il no
venga rispettato, di esplorare o meno la propria sessualità indipen-
dentemente dall'iniziativa del panner, di ottenere tecniche e mezzi di
sesso sicuro (safe sex) ecc. Nei worrkshop si fanno discussioni, simula-
zioni di situazioni e vengono costruiti con impasti vari dagli studenti
modelli degli organi e parti del corpo sessuali e/o riproduttivi (figure
maschili e femminili intere, seni, natiche lingue, mani, vulve, peni,
bocche ecc.). Dall'esame e discussione dei modelli i ragazzi «hanno

européa è americana con 111 pràtica dél ferro rovéllte ~r bruciare la clitoride di
donne e bambine che avevano «disturbi nervosi» e «curarle» della loro mala1.
tia e dd loro vizio. Tra i vari «disturbi nervosi» da curare con la clitoridecromfa
erano la voglia di andarsene da casa, imeresse per cose nuove, irrequietudine e
nelle donne sposate, «disgusto per i rapporti coniugali». I.:ultima clitocidec10-
mia eseguita allo scopo di «correggere disordini emotivi» di cui si ha notizia
per gli Stai Uniti fu fana nel 1940 a una bambina di 5 anni, cfr. Sheehao 1997.
27 Il concerto di «sujeito», nota Paiva (ibid. ), per la tradizione brasiliana
integra la nozione di cinadinanza.

173
appreso quanto della loro conoscenza del corpo era segnata dal gene-
re e quante cose non sapevano». [n particolare <<ci si attendeva che i
maschi sapessero tutto del piacere, inclusi i modi femminili per raggiun-
gere il piacere - e gli uomini avevano in effetti una conoscenza della vul-
va femminile migliore di quella che aveva la maggior parte delle donne»
(ivi: 224, corsivo mio). Paiva mette in rilievo come le ragazze, pur ma-
nifestando una viva curiosità, desiderio di conoscenza e disponibilità
ad apprendere, conoscessero poco il proprio corpo. Il linguaggio stes-
so usato per descrivere i modelli costruiti di pene e vulva era diverso
secondo il sesso, con i ragazzi che usavano per gli organi termini vol-
gari («street names») spesso con connotazioni aggressive (tipo mazza,
pistola ecc.); le ragazze i nomi del linguaggio familiare infantile. Risul-
ta anche dal lavoro dei workshop che le donne devono comunque fa-
re finta di non sapere e che la sola 'perizia' che una ragazza deve pos-
sedere è quella di saper accettare o rifiutare un partner: «L'unica ca-
pacità che serve a una giovane donna è quella di dire 'sl' o 'no' a 'que-
sto' o 'quel' partner», mentre la gestione del rapporto, la sua imposta-
zione e la conoscenza della sessualità sono riservate ai maschi.

Questa assenza di conoscenza del proprio corl?o emerge in


una interessante ricerca fatta di recente in Brasile. E una ricerca
sulla gestione sociale della riproduzione, tra classe, razza e ses-
so, condotta da Valeria Ribeiro Corossacz (2004a, 20046) in un
ospedale pubblico di Rio de Janeiro.
Alle donne che partecipano ai corsi di preparazione per chi sceglie
la sterilizzazione come metodo anticoncezionale, o al corso assai simile
di pianificazione familiare, vengono impartite nozioni sull' «anatomia e
fisiologia dell'apparato riproduttivo maschile e femminile». Viene lo-
ro mostrato «il disegno di una donna nuda, seduta a gambe aperte
mentre guarda uno specchio che tiene in mano. Dall'altro lato del fo-
glio, un disegno ritrae la vagina». I.:istruttore: «Molte donne che ven-
gono qui non si conoscono, non conoscono l'anatomia esterna del lo-
ro appa.rato riproduttore. [.. .] Questo qui (indicando il clitoride),
qualcuno ne ha sentito parlare? No?». Continua indicando altre parti.
Interviene una donna: «Ho avuto orto figli qui e non bo mai assistito a
qualcosa di simile, mai vista una cosa così! ! ! Non avevo mai sentito
parlare di questo prima». E, si badi, non si tratta di un caso individua-
le, questa è la situazione generale26•

28 Ribeiro Corossacz mette giustamente in luce che nel corso «emerge la


scarsa conoscenza delle donne del loro corpo e del loro sesso» e insieme tuttavia

174
Un altro esempio ci viene dalla Costa d'Avorio (riprenden-
do la ricerca di Giulia Almagioni sugli Alui).
Vì ritroviamo la situazione di disuguaglianza tra i sessi nella cono-
scenza: «Non c'è una trasmissione esplicita del sapere sessuale tra le ge-
nerazioni né alcuna forma di preparazione: è l'uomo che insegna, che
conduce il gioco». Infatti «la ragazza non può sapere niente prima, è il
giorno che conosce il suo primo ragazzo che lo apprende»; «è il ragaz-
zo che l'ha scelta che l'inizia» come dicono le donne intervistate (e la
ragazza che manifesta iniziativa sessuale viene criticata come una che
corre troppo in giro, che 'non resta seduta tranquilla'). Seppure si trarti
di una rappresentazione ideologica e normativa della sessualità essa
mostra, come sonolinea Almagioni, «la presenza di un prec.iso rappor-
to di potere nelle relazioni sessuali fin dalla fase del loro apprendimen-
to, una struttura gerarchica che è intrinseca [... ) al modo stesso cli pen-
sare la sessualità nella cultura alui» (Almagioni 1995-1996: 113 ss.).

L'informazione che le ragazze adolescenti ricevono dagli


adulti in moltissime società, in paesi industrializzati e non, ri-
guardano infatti per lo più le loro capacità riproduttive e sono
quasi solo una messa in guardia sui 'pericoli' del sesso. Michelle
Fine (1988) in un importante saggio analizza il tipo di educa-
zione sessuale della scuola pubblica americana:
«Il discorso sessuale autorizzato definisce ciò che è senza rischio,
ciò che è tabù, ciò che sarà messo a tacere». E di nuovo: «AJle giovani
donne si insegna la paura e lo stare sulla difensiva separati dall'esplo-
razione del deside.rio e in questo contesto vi è poca possibilità che es-
se sviluppino una critica delle pratiche (arrangements) di genere o
sessuali». La tipica impostazione del.l'educazione sessuale s.i può rias-

anthe un osperro di classe, «l'a1teggjan1enro di fronte a questa 'ignoranza' di chi


in quel momento rappresenta il sapere». Nota poi come nelle lezioni si esprima
non solo la progressiva medicalizzazione della sessualità e delle tecniche con-
traccenive, ma affiori «l 'insieme di idee sulla sessualità maschile e femminile ra-
dicate a rigore non nel sapere medico», ma piuttosto neU'«ideologia sessuale
br1Siliana». Si ha cosl «lo sliuamcnto di ruoli» di chi tiene i corsi, tra il ruolo di
medico e specialista da una pane e dall'altra di uomo ponarore dell'ideologia
comune sulla sessualità, con risultati di forte ambiguità e alla fine anche presen-
ta2ione di nozioni opinabili. Si veda anche la discussione di Ribeiro Corossac-~
(200:lb. cap. 7.) sulla «naturalizzazione del.le relazioni sessuali», la «desociali22a-
zione» della sessualità e della riproduzione nel discorso medico e non solo.

175
sumere in pochi tratti: la ragazza adolescente è vista come potenziale
vittima o oggetto della sessualità maschile e non come soggetto ses-
suale a pieno diritto; si privilegia l'eterosessualità coniugale rispetto
alle altre pratiche sessuali, con una insistenza sul self-control, sulla
moralità individuale, astinenza, resistenza alla tentazione e castità pre-
matrimoniale; e solo in ciò le donne sono viste come soggetti che deci-
dono. E per finire è autorizzata e attuata «la eliminazione totale del di-
scorso sul desiderio sessuale /emminile»29.
Situazione simile anche nei paesi europei}O_ Così, in una ri-
cerca svolta tra ragazzi e ragazze dai 16 ai 21 anni a Londra e
Manchester, le ragazze «riferivano la mancanza quasi completa
di una educazione formale o informale sui piaceri fisici del sesso
o sulla potenzialità del loro proprio desiderio. [ ... ] Il contrasto
rispetto al modo in cui i giovani imparavano la sessualità era evi-
dentissimo. Laddove alle ragazze veniva insegnato a badare alla
propria reputazione e a proteggersi dal pericolo, i ragazzi impa-
ravano che i veri uomini sono soggetti consapevoli alla ricerca
del piacere sessuale» (Holland, Ramazanoglu et al. 1998: 7).
Oltre che attraverso la limitazione o spesso vera e propria
soppressione della conoscenza della sessualità, la costrizione
sociale incide con grande peso sui comportamenti delle donne
nelle società più diverse con il contrasto tra il modello normati-
vo della ragazza seria, innocente, che non sa nulla di sesso e at-
tende l'iniziativa dell'uomo, e, per contro, quella stigmatizzata
come 'puttana', la ragazza che sa e decide3 1•

29 Il che certamente non significa l'assenza totale di questo discorso tra le


ragazze, come Fine - e la ricerca inglese di cui parlo sotto - mostrano bene,
ma illustra le condizioni negative e i foni ostacoli frapposti socialmente e an-
che istituzionalmente alla autonomia e capacità di gestione di sé delle ragazze,
con gravi conseguenze, come le agenzie internazionali non si stancano di riba-
dire, sia sul piano delle gravidanze delle adolescenti che di malattie sessual-
mente trasmissibili, in prirnis l' AIDS (e cfr. anche Petchesky 1998a, 19986).
>O Ricerche specifiche sul tema della conoscenza della ses.sualità e del suo
apprendimento, insieme, come è chiaro, a ricerche sulla gestione del sapere e
del potere nei rapporti tra i sessi, sarebbero assai utili anche per i paesi euro-
pei dove ancora manchino.
" Yasmin Tambiah cosl riassume il condizionamento caratterizzato da
messaggi contraddittori e paralizzanti, di vero e proprio double bind (vedi an-

176
Il divieto più o meno rigoroso e che inizia dalla prima infan-
zia, di conoscere ed esplorare il proprio corpo (si pensi quanto
da noi ad esempio sia ben più tollerato il bambino piccolo che
la bambina che tocchi o giochi con il suo sesso) è un elemento
essenziale nel modellare la sessualità femminile e va molto al di
là della questione della verginità. Si tratta di un punto cruciale
che concerne il condizionamento globale della sessualità. In
molte società infatti, come si è visto, la ragazza non deve sapere
niente, né ancor meno avere un desiderio suo. Watti, per ri-
prendere la formulazione icastica di Colette Guillaumin (1992:
52): «L'assenza (di desiderio, d'iniziativa) rimanda al fatto che
ideologicamente le donne SONO il sesso, tutte intere sesso e
usate come tali. [ ...) La donna è sesso, m·a essa non possiede un
sesso: un sesso non possiede se stesso. Gli uomini non sono un
sesso ma ne hanno uno [ ...)». Non è sorprendente allora che
per le ragazze «il punto chiave degli incontri sessuali sia di veni-
re incontro ai bisogni e ai desideri maschili» (Holland, Ramaza-
noglu et al. 1998: 7).
Che essa sia esplicitamente o no rappresentata come servi-
zio da parte femminile, la sessualità delle ragazze deve adattarsi
alla richiesta maschile, senza possibilità o con poca possibilità
di espressione e anche di crearsi un immaginario propri. Un
esempio (anche dei costi per le ragazze di questo stato di cose)
da un'intervista a una ragazza di 17 anni:
«La ragazza non dice niente ... perché... sai, sta insomma al ragaz-
zo di parlare di questo genere di cose... [. ..] Il posto della ragazza sa-
rebbe giusro quello di cenere duro, insomma, il ragazzo chiede e chie-
de e chiede e allora la ragazza cede aUa fine e dice, beh, va bene. Un
po' quello che ci si aspetta. [...] eh sì aUa fine le.i dice sì e allora tutto

che la discussione di Mathieu 1985 su M. Mead e D. Freeman), in cui sono in-


castrate le ragazze in moltissime società: alla ragazza «viene insegnato a dare
poco valore al proprio corpo per paura di attirare un'anenzione maschile non
richiesta. Al tempo stesso deve ottenere l'attenzione maschile come mogLie
appetibile. È tenuta nell'ignoranza del suo corpo perché si sostiene che meno
ne sa e pii, è improbabile che lei esplori la sua sessualità e così comprometta
la sua verginità. E tuttavia al contempo ci si attende che essa sviluppi un at•
tcggiamento sano e consapevole nei confronti della rnatcmità» (citato in Pct-
chesky 2000: 93). Cfr. anche Forte &Judd 1998.

177
va !bene, contentezza, tulto, il ragazzo è veramente contento, pazzo di
contentezza. E lei il giorno dopo è depressa, ecco, come ci si aspetta
che sia» (Holland, Ramazanog]u et al. 1998: 91).
E un'altra ( 19 anni ) alla domanda su cosa si aspetta dal sesso:
[ .. .) la prima cosa che ho davanti alla mente è che voglio - che vo-
glio farlo felice, voglio - io - io penso, sai, io voglio fare tutto per lui,
sai, gli chiedo: «C'è qualcosa che posso fare per te?» se posso fare
- voglio dire quando lui arriva proprio all'orgasmo, per me quello -
quello dawero supera qualsiasi - [. ..] e mi dà una sensazione incredi-
bile, penso è una cosa straordinaria. Ma no, non mi importa certo se,
diciamo, io non ho un orgasmo, non mi importa per niente (ivi: 121).
Manca la possibilità di esprimere il proprio desiderio ma
manca ancor prima - poiché nell'essere umano sessualità e de-
siderio non sono un dato ma un oggetto in costruzione - la pos-
sibilità di conoscerlo, elaborarlo, immaginarlo. Insieme agli al-
tri fattori determinanti di violenza, subordinazione e dipenden-
za, l'impeclimenco e il divieto per le donne di conoscere il pro-
prio corpo e di sperimentare ed immaginare la propria sessua-
lità producono una definizione di sessualità estremamente ri-
dotta. La sessualità è l'atto sessuale ossia il coito, al di fuori di
questo sembra quasi non vi sia sessualità.
All'assenza di conoscenza e elaborazione si accompagna co-
me è ovvio l'assenza di linguaggio. O meglio vi è una presenza
schiacciante: lo spazio del discorso è occupato da un solo tipo
di linguaggio, quello maschile, linguaggio di dominante e che
esprime la dominazione: «Le metafore e i registri semantici uti-
lizzati per descrivere gli atti eterosessuali in varie culture in par•
ticolare occidentali e latino-americane, mostrano come la do-
minazione di genere strutturi in modo universale ma non
uniforme la percezione della sessualità fisica» (Bozon 1999: 3).
E contemporaneamente, correlata a questa presenza e imposi-
zione della parola dominante e insieme correlata al divieto di
conoscenza, vi è l'assenza di parola delle donne> 2 •

12 Di «mutilazione genitale psichica» e di «conseguenze patogenidhe»


parlRno afçuni autori tome cl'fetto non solo della non cçno~c;enz.! in groere
ma della pressoché totale assenza di termini nel linguaggio colloquiale pec in•

178
Basandosi su recenti importanti inchieste francesi, anche
sulla sessualità giovanile, Bozon (1999) nota la difficoltà delle
donne ad avere parole per «dire le loro pratiche sessuali». Così
una ragazza non arriva, neppure 10 anni dopo, a descrivere con
termini concreti il suo primo rapporto: «Ero con un raga.zzo
che non ha saputo fare attenzione e che ... a me, alla mia sensibi-
lità e che è andato fino in fondo ... senza veramente prendere
precauzioni e ... questo nli ha fatto molto male dopo, insomma
moralmente». Descrizione eufemistica che assai difficilmente
farebbe un ragazzo. Da parte delle don:ne, lo svolgimento del
rapporto, l'assenza di. piacere e il disagio fisico ('deplaisir physi-
que') «non possono essere legittimamente detti se non in termi-
ni morali o di relazione»33 • E nello studio sui giovani di Londra

dicare i genitali delle donne, specie i genitali esterni e le loro pani (e mancan-
za di comprensione o accordo persino sui termini scienùfici, tipo «vulva»,. che
risulta anche cermine pressoché indicibile). L'imprecisione, la vaghezza, gli
eulfemismi (cfr. anche avanti) sarebbero le caratteristiche principali dei nomi
pe:r il sesso femminile (a cui si possono però aggiungere, nel linguaggio ma-
schile, termini di schifo o orripilanti tipo «gano nero con la gola cagliana»),
ciò che riflette «un contesto culturale in cui i genitali sono concettuaLnentc
assenti o percepiti negati va mente>>, Il sesso femminile dunque visto come
«caverna», «buco», «fessura», «cavità», o ricettacolo, e all'esterno nulla (o al
caso pelo, cfr. i numerosi termini tipo barba, spazzola o nomi di animali pelo-
si) . Con la conclusione evidente che: «Un linguaggio che non dà modo alle
donne di parlare delle diverse parti dei genitali o ,di concepire i genitali come
fo,mati di diverse pani, può pe rpetuare l'assenza. dci genitali femminili nella
concenualizzazione del loro corpo». Questi i risultati di una recente ricerca
condotta tra undergraduates in cinque università inglesi e corroborata da stu•
di precedenti (Bra un et Ki tzinger 200 I).
'' Cfr. anche Bra un e Kitzingcr 200 I . Dalla loro ricerca semantica sui no-
mi dci genitali femminili e: maschili risulta l'assenza di precisione e di omoge-
neità nei significati nei termini usati per indicare il sesso femminile (cfr. n ota
precedente): «Questa mancanza di precisione e omogeneità fa sl che le donne
abbiano più difficoltà a comunicare con i panner sessuali localizzando le sen-
sazioni, a dare un nome a ,ciò che stanno provando, e a esplorare la latitudine
di sensazioni possibili nei diversi punti». Una tale difficoltà di parola, così
presente in Europa, non sembra tuttavia comune a rurte le società. Si vedano
ad esempio le descrizioni assai più esplicite dei rapporti sessuali fatte da don•
ne kgatla (Botswana) in Schapcra 1971 (la ricerca risale agli anni ' 20). E si
tratta di una popolazione dove il marito ritiene di avere il diritto di costringe-
re anc:he con le botte la moglie al coito e dove moire donne si lamentano della

179
Come gli operai di Nimes ai quali Flora Tristan nd 1844,
non riusciva a far «capire cosa significasse costituire la classe
operaia», e che le dicevano: «Allora bisogna bene che ci siano i
ricchi sennò come farebbero a vivere i poveri?»36 , così le donne
per vivere non possono fare a meno dell"aiuto' degli uomini. Il
cerchio di violenza e sfruttamento, di soppressione intellettuale
e fisica delle donne, si chiude con questa beffa, con questa par-
ticolare amara turlupinatura specifica ai rapporti di genere.

36 F. Trist.an, Le Tour de France. ]ournol 184J-1844, Maspero-La Décou•


verte, Paris 1973: 112. Ringrazio Colette Guillaumin che mi ba fatto conosce•
re questo passo.

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199
Indice

Nota ai testi p. 6

Ringraziamenti 6

1. Problemi di definizione, questioni di potere 7


1. Il continuum dello scambio sessuo-economico 11
l. l Le persone 11
l.2 I:aspetto temporale 14
1.3 Prestazioni e compensi, dal dono alla tari/fa 16
2. DrJ/erenze e f ratture 21
3. La definizione: tratti necessari, tratti sufficienti 24
4. Le definizioni: incoerenza apparente, coerenza effettiva 32

2. Sessualità delle donne e sc01nbio economico 41


1. Al di là delle definizioni comuni 41
2. Il problema di Malinowski 45
3. Dei pesci assai delicati 57
4. Donne non si nasce, lo si diventa 63
5. Relazioni fuori del matrimonio, relazioni alternative
al matrimonio: I.a divisione tra donne del l.avoro sessuale 70

3. I denti della prostituta: negoziazione e misura


nello scambio esplicito 85
l . Fissare il prezzo, fissare i limiti 86
2. Dal servizio globale alte prestazioni speczficate 95
2.1 La sessualità e il servizio sessuale si separano
dal servizio domestico 95
2.2 La sessualità e il servizio sessuale si separano
dal lavoro riproduttivo 98
2.3 La sessualità e il servizio sessuale si separano
dal lavoro di sostegno psichico p. 99
2.4 Il servizio sessuale come lavoro potenzialmente
dissociato dalla sessualità 100
2.5 La frammentazione delle prestazioni 107

4. Fratture nel continuum: scelte delle donne,


repressione degli uomini 111
1. Un sistema bipolare .114
2. Repressione degli uomini, resistenza delle donne 129
3. Una globaliuazione di lunga data 139
3 .1 Storie individua/i, contesti globali 142

5. La grande beffa: scambio, spoliazione, censura


della sessualità delle donne 151
1. Una merce molto richiesta 151
2. La direzione dello scambio 153
3. La violenza 165
4. La conoscenza 171

Bibliografia 183
Finito di stampare nel mCSè di gcnrnùo 2005
dalla Rubbeuino Indust.rie Grafiche ed Ed.itoriali
per conio di Rubbettino Editore Sri
88049 Soveria MnMdli (Catanzaro)
ALTERA
Collana diretta da Renate Siebert

1. Sara Ongaro, Le donne e lo globaliv:azione. Domande di genere


ali'economia globale della ri-produ1.io11e.
2. Geneviève Makaping, Traiettorie di sguardi. E se gli altri/oste voi?
3. Osvaldo Pieroni, Pene d'amore. Atla ricerco del pene perduto. Ma-
schi; ambiente e società
4. Laura Balbo, Riflessioni i11-attuoli di una ex ministro. Pensare la po-
litica anche sociologicamente
5. Melira Richter e Maria Bacchi (a cura di), Le guerre cominciano a
primavera. Soggetti e genere nel conflitto jugoslavo
6. Gabriella Rossetti, Terra incognita. Antropologia e cooperazione: lit•
contri in Africa
7. Sonia Floriani, Identità di frontiera. 1\,figra1.ione, biografie, vita
quotidiana
8. Paola Tabet, La grande be/fa. Sessualità delle donne e scambio sessuo-
econom1co

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