Il diritto di maggiorasco era, nell'antico sistema, il diritto del primogenito di
ereditare tutto il patrimonio familiare. L'eredità andava di solito al figlio
maschio maggiore, mentre gli altri ne restavano esclusi. Il maggiorasco era disciplinato da alcune norme legislative secondo cui il matrimonio, la trasmissione dei titoli nobiliari e dell'asse patrimoniale erano appannaggio dei soli primogeniti maschi. Il patrimonio era indissolubile e fedecommesso con la garanzia della sua conservazione. Il destinatario del fedecommesso godeva dell'usufrutto generale dei beni con l'obbligo di conservarli per restituirli ai suoi successori. Per questi vigeva il divieto assoluto di alienazione, ipoteca, donazione, cessione e qualsiasi altra forma di suddivisione dell'asse patrimoniale, che peraltro era soggetto obbligatoriamente all'inventario. Nel secolo XVIII, ai maschi cadetti era preclusa qualunque possibilità di contrarre matrimonio: per strategie familiari, erano destinati ad intraprendere o la carriera ecclesiastica o quella militare. Nel primo caso, la scelta era influenzata dalla possibilità di godere di agganci politico-ecclesiastici; nel secondo, il potere derivante dagli incarichi assegnati consentiva di riflesso un'ascesa politica anche alla casata. Solo nel caso in cui il primogenito non potesse garantire una discendenza, si concedeva eccezionalmente al cadetto la possibilità di contrarre matrimonio. Sottesa è la critica di Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi all’insulsa legge del maggiorascato, legge che offende la famiglia, preludio non di una famiglia ma di sole sofferenze: sofferenze per gli uni, i figli cadetti, costretti a seguire vocazioni inesistenti, sofferenze indirette per l’altro, il primogenito, poiché destinato a far soffrire anch’esso, in futuro, i propri stessi figli, destinato a “tormentarsi a tormentarli nella stessa maniera”. Un personaggio vittima del maggiorascato nei Promessi Sposi è Gertrude, la monaca di Monza. Gertrude è “la signora”, di nobili natali, ultima figlia del principe, identificato storicamente oggi in don Martino di Leyva; discendente di una grande famiglia spagnola, temuto e rispettato in Monza e dintorni, il principe padre, per mantenere intatto decoro e ricchezze della famiglia nelle sole mani del primogenito, predestina tutti i vari figli cadetti al chiostro; infatti, Gertrude non essendo figlia maggiore non poteva ereditare i beni di famiglia. Gertrude viene raffigurata come una fanciullezza già segnata dal suo futuro monacale. Il tumulto dei forni, invece, avvenuto l’11 novembre del 1628, parla della sommossa popolare che si è scatenata a Milano in quei giorni, causata dal forte aumento del prezzo del pane che aveva ridotto alla fame la popolazione. In questo caso la folla un colpo assume una tipologia di comportamento, un altro colpo tende a preferire l’altro. Dice che sono come due nemici che si vogliono appropriare di un corpo e controllarlo, tirandolo sempre verso sé stessi. Perciò, in questo caso, Manzoni condanna la folla, perché assume un comportamento sbagliato, irrazionale e irresponsabile, che, anzi, porta solo ad altri problemi. Di queste osservazioni se ne accorge pure Renzo, quando tra sé e sé pensa a come sia possibile volere il pane se si distruggono i forni. Egli afferma che distruggendo il forno i milanesi non avrebbero più avuto un luogo dove fare il pane, pensa anche che i disordini e la distruzione dei forni non siano il metodo giusto per avere il pane a un prezzo minore e che la gente non si accorge di quello che fa. Renzo si caccia deliberatamente nel pieno del tumulto. Nonostante sia convinto della colpevolezza del vicario, non approva la decisione di ucciderlo e si schiera dalla parte di coloro che vogliono evitare tale delitto. La ragione viene soppressa e non c’è più niente che possa fermare l’onda inferocita di uomini. L’ignoranza soprattutto è tra le cause principali di atteggiamenti sbagliati. La folle agisce con istinto, non rimane molto a meditare sulla strada migliore da scegliere, ma opta per quella più veloce, anche se questa porta a dover compiere comportamenti sbagliati, che a loro volta potrebbero procurare ulteriori problemi. Inoltre, non si pensa a quali siano le vere cause del problema, ma si attribuisce subito la colpa a chi fa più comodo. Questo è un atteggiamento della folla duramente condannato da Manzoni.