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Prologo
Ci troviamo nel bel mezzo di una guerra tra le più grandi
potenze, un piccolo bambino, si trova ben nascosto dietro
dei bidoni, molto lontano dai carri armati e i soldati, si
trova dentro una carrozzina, posso già dirvi che la madre,
preoccupata per il bambino lo lasciò lì nella speranza che
qualcuno lo trovasse, sapeva che di lì a poco sarebbe
morta, e così fu, morì poche ore dopo a causa di un
soldato rancoroso a cui fu uccisa la famiglia proprio dal
padre del nostro spirito, che poi morì sempre per opera
dello stesso soldato, una fine tragica. Ma non temete,
perché questa storia è tragica per ben altri motivi.

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CAPITOLO 1
Nei primi giorni rimase lì, immobile, nessuno lo trovò,
solo il quarto giorno, un militare in fuga dal nemico lo
vide, anche se di un altro popolo, il militare non era senza
cuore e vedendo quel bambino lì, tutto solo, decise che se
ne sarebbe preso cura. ogni giorno appena poteva, se
poteva, tornava e si assicurava che potesse sopravvivere,
lo puliva, gli dava da mangiare, gli raccontava storie, gli
portava vestiti caldi per non soffrire troppo il freddo, e gli
dava raccomandazioni. Crebbe, imparò a camminare, a
parlare e a badare a sé almeno il minimo. Il soldato era un
uomo giovane, aveva all’incirca 26 anni, fu catapultato
nella guerra da un giorno all’altro senza nemmeno
rendersene conto, suo fratello era stato ucciso dopo
essersi rifiutato di combattere, suo padre era disabile,
insieme alla moglie cercarono di fuggire, ma nel tentativo
il marito venne colpito e morì, solo la moglie fuggì, il
nostro soldato era venuto a conoscenza del fatto, odiò i
genitori per essere provati a scappare senza avvertirlo e
odiò la mamma per non essere riuscita a salvare il padre,
promise a se stesso che non avrebbe mai più pensato a
loro. I giorni gli scorrevano a dosso senza che a lui
importasse, ogni giorno si chiedeva come mai era ancora

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vivo, tra tutti gli spari tutte le morti, lui era ancora vivo,
proprio lui che non aveva nessuno da cui tornare, si
sentiva in colpa nei confronti dei suoi compagni, perché
lui era vivo e molti di loro ormai non lo erano più,
inizialmente pianse, poi mentì a se stesso, pensando che
ciò che voleva era vendetta, che voleva vendicare quei
compagni persi, ed era per questo che era ancora in vita,
ricordava un discorso con uno di loro: -hai paura?- riflettè
sulla domanda –ti sembrerei bugiardo se rispondessi no?-
-non credo di aver il diritto giudicarti. Io però paura ne ho,
quello che volevo era semplicemente crescere mia figlia
con mia moglie, era tutto ciò che desideravamo, ho paura
di non riuscire a tornare da loro, ed ho paura di non
riuscire mai più ad essere il padre ed il marito che volevo
essere- -vedrai che questa guerra non durerà molto e tu
potrai tornare dalla tua famiglia, sarai uno splendido
padre- mentì, perché in verità non sapeva cosa
rispondere, in quel momento non riusciva a provare
empatia per nessuno, solo rabbia, ripensando a quel
discorso le cose non erano cambiate, quell’uomo era
morto, e come lui altri cento, la colpa non era sua, ma
erano suoi compagni e fin quando sarebbe vissuto lui
avrebbe combattuto per loro, contro l’ingiustizia di quel
mondo crudele. Al contrario di ciò che credeva, quella
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guerra stava durando ormai da molto, la rabbia in lui era
svanita così anche la motivazione che lo spingeva a
combattere, sentiva di star morendo dentro, aveva
imparato a non parlare con nessuno a meno che non
fosse strettamente necessario, per evitare di affezionarsi
a qualcuno che sicuramente sarebbe morto, ormai agiva
in modo automatico guidato dall’istinto di sopravvivenza,
aspettava solo la fine di quell’inferno. Il giorno del suo
compleanno, 12 Gennaio, compiva 30 anni, mentre
fuggiva da un gruppo di nemici, si nascose proprio nel
posto dove si trovava il bambino, lo vide, era un bambino
molto piccolo, i nemici che lo stavano cercando lo
scambiarono per un altro uomo e lui riuscì a scamparsela.
–che ci fai tu qui? I tuoi genitori hanno abbandonato
anche te?- dopo molto tempo riuscì di nuovo a provare
empatia –non so cosa ti sia successo e chi ti abbia
abbandonato, ma oggi è il giorno del mio compleanno,
penso che tu sia un dono del cielo- dopo aver pronunciato
quelle parole rise di se stesso, -non diciamo sciocchezze,
io non credo in queste cose, se davvero ci fosse qualcuno
di buono e misericordioso, non permetterebbe tutto
questo e non farebbe un dono a me, mia mamma quando
ero piccolo mi diceva che un dio deve esserci per forza,
perché è l’unica risposta, che a qualcosa bisogna pur
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credere per vivere. A patto che questo Dio ci sia, io non
vivrei mai per un essere del genere- il bambino guardò
quell’uomo parlare di cose che ancora non poteva capire,
per qualche strana ragione trovò il casco che indossava
molto divertente così scoppiò in una fragorosa risata, il
soldato sorrise –voglio che tu sopravviva, aspettami,
tornerò-. Sapete già che il soldato mantenne la promessa
fatta, quando era fortunato, riusciva anche a conversare
un po’ con quel bambino ancora puro e innocente, aveva
sempre cercato di parlare con lui di cose belle, di favole
con una bella morale e un bel lieto fine, ma sapeva bene
che la realtà era diversa, nella realtà cappuccetto rosso
non sarebbe mai uscita dalla pancia del lupo, ma voleva
che lui ne restasse fuori ancora per un po’ da quella triste
realtà, voleva che non smettesse di credere nel lieto fine
e voleva che per quel bambino un bel lieto fine ci fosse,
perché ormai si era affezionato. Ma dalla realtà non si
fugge. –dov’è che vai ogni volta che mi lasci qui solo? E
perché non posso assolutamente seguirti?- era arrivato il
momento della verità, il soldato abbassò gli occhi a terra
perché si vergognava, si vergognava di dire al bambino
che lui uccideva uomini e distruggeva il loro lieto fine –C’è
la guerra, la gente muore, si spara contro, io sono
costretto ad uccidere gli altri- il bambino, che la morte la
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conosceva ancora solo nella sua versione naturale,
assunse un aria triste –la morte è una brutta cosa, perché
fate la guerra? Nelle favole che mi racconti quando
qualcuno muore sono sempre tutti tristi- poi si rese conto
che anche il suo amico era in pericolo –non voglio che tu
muoia, ti voglio bene- -la guerra c’è perché l’uomo è
cinico ed egoista, vogliono tutti sovrastare gli altri e
comandare su di loro- -che cosa sciocca! Se tutti muoiono
su cosa pensano di comandare? Poi cosa se ne fanno del
potere? Come possono vivere pensando che molte
persone sono morte per la loro guerra?- -più una persona
è potente più vive bene- -non parlare così! Non si può
vivere bene uccidendo altri- il soldato sorrise perché lui
aveva ragione, sembrava elementare e pure uomini molto
più grandi di lui non lo capivano, questo perché avevano
perso la loro innocenza, il bambino si era messo in
disparte, era arrabbiato, non credeva che il suo amico
potesse pensare cose simili, il soldato prima di andar via
gli si avvicinò –non me ne devi volere, hai ragione su
tutto, ma spesso i grandi dimenticano- -Finirà la guerra?- -
Finirà-. L’innocenza del bambino cominciò a tingersi di
blu.

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ben presto però arrivò il momento degli addii, una
promessa che aveva fatto a se stesso, era che non
avrebbe fatto vivere troppo a lungo il bambino in quel
posto orribile, perché lui voleva il suo bene, e per quanto
gli sarebbe piaciuto non allontanarsene mai, era anche
immensamente egoistico non farlo, ed arriva un
momento in cui l’egoismo va messo da parte se si ama
davvero. Era il 12 Gennaio, ma erano passati 6 anni da
quando aveva conosciuto il bambino, circa l’età che
doveva avere ora, era abbastanza grande per fuggire da
solo, appena riuscì, corse dal bambino per passare i suoi
ultimi momenti con lui, era tutto organizzato, quel
pomeriggio sarebbe fuggito grazie all’aiuto di un marinaio
che portava materiale in altri paesi per venderlo.
–Ometto oggi per te è un giorno importante, finalmente
scapperai da questo postaccio,andrai dove non c’è
guerra, ho già organizzato la tua fuga- -la MIA fuga?e tu?
Non vado da nessuna parte senza di te, non voglio
rimanere solo e lasciarti solo- erano seduti su un tronco, il
soldato guardava di fronte a se,i suoi occhi erano vuoti,
ma aveva un sorriso malinconico –Devi abituarti, si è
sempre soli, ci saranno molte situazioni in cui sarai solo,
dalla solitudine non si scappa, fa parte di noi, gli altri
potranno starti accanto, ma devi essere tu a saltare gli
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ostacoli, nessuno lo può fare al posto tuo, nessuno può
capire bene quello che hai dentro. Voglio che tu vada via
da qui e ti goda la vita perché altrimenti non vivrai a
lungo, potrebbero trovarti, fallo anche per me, vivi, e non
dimenticarti di me, io ti prometto che ci rivedremo.- il
bambino piangeva, non voleva andar via ma sapeva che il
suo amico aveva ragione e che doveva ascoltarlo, si
abbracciarono –Vivrò per me e per te e quando ci
rivedremo ti racconterò tutto ciò che ho scoperto-. Quel
pomeriggio il marinaio come stabilito andò a prendere il
bambino e lo portò con se, nascosto in una botte, così da
non farsi scoprire.

Il soldato ora era solo, ricordo il discorso che quel padre


gli fece anni prima “ho paura di non riuscire a tornare da
loro, ed ho paura di non riuscire mai più ad essere il padre
ed il marito che volevo essere” ora capiva, scoppiò in
lacrime –Ho paura anche io, ora ti capisco-. Ma si era
deciso che avrebbe mantenuto la promessa a qualunque
costo, quel bambino gli aveva donato un motivo per
vivere, ora aveva paura, ora si sentiva vivo.

Quel pomeriggio come previsto il bambino si trovava in


rotta verso la pace, o almeno così gli era stato detto. Nella
nave non sembrava esserci nessuno, tranne un vecchio
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uomo dai capelli e la barba grigi, che trasmetteva
gentilezza, aveva tirato fuori il bambino dalla botte poco
prima, che ora lo guardava incuriosito, perché, oltre al
suo amico, non aveva mai visto nessun altro uomo,
quando sentiva passi doveva subito correre a
nascondersi, quindi se qualcuno aveva lontanamente
visto era solo di sfuggita.

Era impaurito, tremava, non sapeva se fidarsi e non


sapeva cosa gli sarebbe aspettato, ma non piangeva,
l’amico aveva avvertito che sarebbe stato solo e che da
solo avrebbe dovuto affrontare molti ostacoli, ma
ripensare al suo sorriso, che prima o poi avrebbe rivisto,
pensare che gli avrebbe potuto raccontare tante cose e
avrebbe potuto vantarsi di tutti gli ostacoli che solo era
riuscito ad affrontare, gli dava coraggio. Il vecchio uomo
che ancora non aveva nemmeno sentito fiatare il
bambino si stava cominciando a preoccupare, così decise
che sarebbe stato opportuno cercare di farlo sentire a suo
agio, -Hai per caso fame?- il bambino scrutò incerto
l’uomo, ma siccome stava davvero morendo di fame si
trovò costretto a parlare –solo un po’- l’uomo gli sorrise,
-allora sai parlare- si diresse verso la cabina della nave, al
suo ritorno portava un piatto con due tramezzini e un

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bicchiere di acqua, porse il piatto ed il bicchiere al
bambino che accettò un po’ esitante, non aveva mai
mangiato altro che pane e acqua, ciò che i tramezzini
contenevano per lui era ignoto, mangiò lentamente
quella delizia nella speranza che non finisse mai, -ti piace-
-molto buono, grazie. Posso sapere cosa c’è dentro?- il
marinaio non era stupito dalla domanda, sapeva bene da
dove veniva, -prosciutto e formaggio, vedrai che una volta
arrivati ci saranno molti altri cibi che potrai assaggiare,
anche più buoni!- il bambino sorrise riconoscente.

Erano passati alcuni giorni, ormai mancava poco, la


relazione tra il marinaio ed il bambino si era limitata a
leggende sui mari, pranzi e cene, era tutto tranquillo ed il
bambino aveva smesso di avere paura di lui, di tanto in
tanto giocavano insieme e il marinaio gli raccontava della
sua nipotina che gli avrebbe tanto voluto presentare.
Erano quasi arrivati, il marinaio si rese conto che una
volta arrivati il bambino non avrebbe avuto dove andare,
così offrì al bambino di restare a casa sua per fare
compagnia a sua moglie, il suo lavoro era fra i mari e la
poverina era sempre sola, il bambino che una casa l’aveva
sempre solo sognata accettò subito, anche perché in
alternativa non avrebbe saputo cosa fare.

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Finalmente erano arrivati, il bambino aveva paura ma il
marinaio gli diceva che ora era al sicuro, e che da quel
momento avrebbe potuto vivere tranquillo. Si guardò
attorno stupefatto, lì non c’era guerra. Il marinaio
accompagnò il bambino a casa sua, era una casetta molto
piccola però aveva un grazioso giardino pieno di fiori
colorati, era dipinta di giallo, all’interno 4 stanze, un
salottino con all’interno un tavolo di legno con quattro
posti, un caminetto che occupava molto spazio, due
poltrone e una grande televisione, un bagno con tutti i
sanitari e qualche candela sparsa, era pieno di mattonelle
rosa antico, una camera da letto con un grande letto
affiancato da due comodini, un armadio ed uno specchio,
per ultima c’era una cucina da dove proveniva un
buonissimo odorino. Seduta su di una poltrona c’era un
anziana signora che nel vedere il marito finalmente di
ritornò corse ad abbracciarlo, solamente dopo si accorse
del bambino, il marito gli raccontò di lui, allora la moglie
subito invitò il bambino sedersi così da potersi riposare e
si diresse verso la cucina, lui così fece,ma siccome era
molto stanco si addormentò anche prima che l’anziana gli
portasse i biscotti che aveva preparato quella mattina. Il
bambino fece un incubo, il suo amico steso a terra che
dormiva, lo chiamava e lui non rispondeva, era morto.
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Quando si svegliò si sentì sollevato, ma un momento
dopo si rese conto che l’amico sarebbe potuto morire da
un momento all’altro e lui non l’avrebbe saputo, non
c’era nulla di rassicurante, si trovava a miglia da lui, in un
posto che non gli sembrava vero, e l’unico modo di
rivederlo era immaginandolo. Si alzò dalla poltrona e si
guardò attorno stupito, era una vera casa, lì non faceva
freddo e non aveva bisogno di vestiti pesantissimi, andò
fuori e vide l’anziana signora innaffiare i fiori, lei si
accorse di lui e gli sorrise –Ti sei svegliato- lo condusse
dentro casa e gli fece fare una doccia, si era sempre
lavato in modo superficiale e non era pulitissimo, finita la
doccia buttò i suoi vestiti tutti rovinati e gli diede quelli di
suo figlio che ancora custodiva come ricordo, il bambino
si sentiva bene, non gli prudeva più da nessuna parte era
pulito e non aveva freddo. A cena il marinaio, che ancora
non era ripartito, cucinò frittata per tutti e tre così
cenarono insieme, c’era allegria, avrebbe tanto voluto
raccontare al suo amico di quella casa gialla che aveva un
bellissimo giardino, dei suoi nuovi vestiti che non gli
stavano grandi ed erano molto belli, della frittata che era
buonissima e l’avrebbe rimangiata ogni giorno, e della
felicità che provava mangiando con i due anziani che gli
mostravano come si usava una tv, si, queste sarebbero
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state le prime cose che gli avrebbe raccontato quando lo
avrebbe rivisto. Finita la cena la vecchietta condusse il
bambino in una stanza che non aveva visto prima, era
piena di giochi e c’erano un lettino ed un armadio, gli
disse che apparteneva a suo figlio che ora era grande,
quindi lui poteva dormire lì. Quella notte il bambino fece
fatica ad addormentarsi, aveva paura di fare di nuovo
quell’incubo, ma alla fine si arrese alla stanchezza.

Era passato qualche giorno, ed il marinaio prima di


ripartire gli aveva annunciato che sarebbe dovuto andare
a scuola, gli aveva comprato dei libri e tutto il necessario.

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