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a startup
La guida pratica sui primi passi
da fare per trasformare un'idea
in un business.
Fabio De Martino
Chi siamo e perché abbiamo scritto questa guida?
Raccogli i dati e analizza: diventa il maggiore esperto del business in cui vuoi entrare
Raccogli Dati Primari
Raccogli Dati Secondari
Valuta i Prodotti Già Sul Mercato
Mappa i Tuoi Competitors
Stima la dimensione del mercato in cui vuoi entrare
Valida le tue ipotesi al più presto e comprendi se qualcuno è interessato a quello che
vuoi fa: l’approccio Lean startup
2020 Startup Geeks. Tutti i diritti riservati.
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Il Business Model Canvas e Value Proposition Canvas
I prossimi passi
About me
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Chi siamo e perché abbiamo scritto questa guida?
Startup Geeks vuole supportare la nuova generazione di imprenditori italiani
ed è la più grande community online di fondatori di startup e aspiranti
imprenditori in Italia.
Abbiamo scritto questa guida perché vogliamo aiutare i giovani (e non solo)
imprenditori a fare i primi passi in un mondo tanto bello quanto difficile.
Speriamo di poter essere una guida di valore in questo percorso.
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Introduzione: come usare questa guida
La volontà è quella di creare una guida che possa supportare gli
intraprendenti che hanno deciso di lanciarsi nel mondo delle “startup”,
fornendo una “cassetta degli attrezzi” che, all’occorrenza, possa venir aperta
ed utilizzata per superare un problema o risolvere una questione.
Parlando con la voce della speranza, non con quella della presunzione, vuole
porsi quale guida per chiunque (con poca esperienza di business ma con una
buona idea imprenditoriale) voglia concretizzare un progetto a carattere
innovativo, passando da “semplice” idea a startup.
Ogni capitolo presenta un passo di riferimento, in modo che la guida possa
essere letta e riletta senza dover seguire, obbligatoriamente, una struttura
preconfezionata.
Questo lascia libertà di approfondimento e di analisi basate su una praticità
che vuole porsi come “conditio sine qua non” a garanzia dell’efficacia della
guida stessa. Proprio in questo senso abbiamo deciso di non dilungarci
troppo, ma piuttosto di inserire dei link a materiale ed articoli che potete
trovare sul nostro sito web.
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Start with why - comprendi cosa ti motiva ad agire
“Chi ha un perché abbastanza forte può superare qualsiasi
come”
Il perché sarà la caffeina che ti permetterà di rimanere sveglio quando fuori è
buio.
Sarà l’adrenalina che ti permetterà di portare avanti il tuo progetto
imprenditoriale, magari impegnandoti la notte, sempre dopo il lavoro da
dipendente che non puoi permetterti di mollare.
Il perché sarà il carburante che ti farà andare avanti, nonostante le possibilità
giochino a tuo sfavore e nonostante tutti, ma proprio tutti, ti dicano di lasciare
perdere.
“Start with Why” direbbe il saggista Simon Oliver Sinek (che del resto ne ha
scritto un l ibro, lo trovi qui).
I soldi, le macchine, la bella casa non sono un perché, ma solo uno dei
possibili risultati della partita.
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Ecco delle altre illusioni; dei perfetti non-perché che si scioglieranno presto,
come neve al sole.
Fare impresa non è per tutti. Dopo il fallimento della mia prima startup, una
newco in piedi da un paio d’anni e dopo aver seguito decine di startup nel
loro viaggio, lo dico con tutta l’umiltà di chi ha deciso di vestire i panni dell’
intraprendente perché ne sente la necessità, ma che solo giorno dopo giorno
ne capisce il “prezzo che si paga”.
Lo dico anche con la consapevolezza che intraprendere non è, per forza di
cose lanciare il nuovo unicorno che sconvolgerà un mercato intero.
Intraprendere è credere in qualcosa, è portare avanti un progetto innovativo
all’interno di una corporate perché senti, dentro di te, che è la cosa giusta. È
cercare di risolvere un problema in un modo diverso, guardando il quadro di
sempre, ma da un’altra prospettiva. Intraprendere è cambiare strada,
decidendo di non percorrere sempre la stessa perché, in fondo, puoi
raggiungere la meta anche modificando il viaggio.
Sovvertire lo status quo, risolvere un bisogno o un problema che affligge le
persone, creare qualcosa che renda la vita migliore.
Ecco la miccia per iniziare ad intraprendere, non per forza creando una
startup (vedremo che non tutto è startup), ma facendo nascere qualcosa di
valore, partendo da una semplice idea.
Metti nero su bianco i tuoi perché. Scrivili in Arial 52, stampali e appendili
al muro.
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Ogni volta che ti troverai a maledire il giorno in cui hai lasciato la strada sicura
per decidere di intraprendere, in qualunque modo tu stia declinando questo
fantastico verbo (che sia facendo startup oppure no), leggili ad alta voce e
ricorda perché hai iniziato.
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Quella che hai in mente è davvero una startup?
“Startup ≠ nuova azienda ≠ azienda in piccolo”
Un paio di anni fa ricevetti l’incarico di aprire e gestire una Srl per conto della
corporate per la quale lavoro.
Oggi come oggi c’è un abuso della parola startup, sembra che tutto sia
startup, dalla nuova pizzeria aperta sotto casa alle prime fasi di avvio di un
qualsiasi spin-off aziendale di cui si legge sul giornale.
Ma è davvero così?
Ci sono varie definizioni di startup che possiamo prendere in considerazione,
tutte vere e tutte atte a definire le caratteristiche necessarie per potersi
trovare in presenza di una startup.
Definizione di startup di Steve Blank
Secondo Steve Blank, una startup è “un’organizzazione temporanea in cerca
di un business model replicabile e scalabile”.
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Secondo Eric Ries una startup è un’istituzione umana concepita per offrire
nuovi prodotti o servizi in condizioni di estrema incertezza.
● scalabilità,
● temporaneità.
Per replicabilità si intende che il modello di business di una startup può
essere ripetuto in diverse aree geografiche e in diversi periodi temporali
senza necessitare di grandi modifiche.
Poniti la seguente domanda: il modello di business che stai strutturando mi
permette di avere una continuità di applicazione indipendente dal contesto,
dalle condizioni di mercato e dalla volatilità delle mode?
La scalabilità è la capacità di una startup di crescere in modo esponenziale
utilizzando poche risorse.
Poniti la seguente domanda: il modello di business che sto strutturando mi
permette di espandermi, senza incontrare limiti legati a scarsità di risorse?
Sono in grado di passare da 1 cliente a 1’000’000 di clienti nel giro di qualche
giorno? Posso raggiungere milioni e milioni di persone in tempi rapidissimi?
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L’innovazione (di processo o di prodotto) è “conditio sine qua non” quando si
parla di startup. Le startup nascono per soddisfare un bisogno non ancora
soddisfatto (o per creare un bisogno non ancora evidente). Nascono per
sovvertire lo “status quo”. Nascono per sconvolgere (o per creare) un mercato.
Ovvero nascono per innovare.
Poniti la seguente domanda: ho un’innovazione che porta un vantaggio
sostanziale (10x o più) rispetto a quanto esiste attualmente?
Ma allora la nuova pizzeria sotto casa può essere definita startup?
Assolutamente no … a meno che non si inventi un nuovo modello di
franchising che le permetta di aprire punti vendita in un numero illimitato di
paesi, in poco tempo e conquistando quote di mercato molto, molto alte.
In poche parole, a meno che non si inventi un nuovo modello di business,
replicabile e scalabile (ovvero che le permetta una rapida crescita su larga
scala) e che la porti allo sconvolgimento del mercato di riferimento.
Ovviamente non c’è nulla di male in tutto ciò, l’avviamento ed il
mantenimento di un “lifestyle business” non è cosa meno complicata rispetto
all’avviamento e alla gestione di una startup.
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Riassumendo, definirei la startup come un’organizzazione temporanea e
destrutturata, alla ricerca di un modello di business replicabile e scalabile.
Sostanzialmente nata dalla volontà di voler risolvere un problema, ha la
necessità di trovare un modello di business che le permetta di crescere,
crescere, crescere e ancora crescere…
Le due principali differenze le possiamo trovare al pto. 1 e 2 dell’elenco
soprastante. Per le PMI non vengono posti vincoli temporali di costituzione e
non vengono poste limitazioni all’oggetto sociale (né in via esclusiva né
prevalente).
Bene, procediamo.
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non preoccuparti, ti saranno comunque d’aiuto nel tuo percorso
imprenditoriale.
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Analizza e valuta le risorse a tua disposizione e non
tralasciare l’aspetto psicologico!
“Conosci veramente te stesso?”
Conoscersi, conoscere i propri punti di forza e di debolezza, non nascondere i
propri limiti e anzi usarli a proprio favore.
Prima ancora di qualsiasi documento, di qualsiasi riga di codice, di qualsiasi
lettera o numero su un foglio bianco bisogna fare l’inventario delle armi a
propria disposizione e cominciare una mappatura di ciò che è necessario.
Questo modus operandi ti permetterà di concentrarti sulle risorse che non
hai a disposizione e ti guiderà nella ricerca di un co-founder o di membri per il
tuo team di progetto.
È un aspetto talmente banale che viene costantemente disatteso. E in quel
caso vedi team omogenei di persone verticali sul marketing (e la parte
tecnica?); vedi team di persone con un’agenda talmente fitta che potranno
lavorare al loro progetto nel 2000-e-mai; vedi team che non ampliano il
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proprio network e si ostinano a trattare il business come un’attività di ricerca
e sviluppo da condurre in laboratorio.
Vedi persone che non sanno quali sono le proprie aree di debolezza e che,
molto spesso, fanno fatica a concentrarsi anche sulle proprie aree di forza.
Proviamo ad analizzare 4 fattori da considerare, mappare e monitorare. Prima
di questo però vorremmo parlarti degli aspetti psicologici, della fiducia in sé
stessi, del mindset, dello spirito di sacrificio; ovvero di tutti quegli aspetti
propri del fare impresa, ma di cui in pochi parlano.
Fai attenzione. Gli aspetti psicologici, spesso trascurati, sono quelli che ti
faranno desistere dalla tua impresa. Un imprenditore, o aspirante tale, ha la
necessità di coltivare come un piccolo bonsai una certa mentalità che sarà la
base per crescere, migliorare e dirigere la propria impresa con successo.
Ecco alcune domande su cui riflettere, non per demoralizzarti, ma per capire
se ci sono le basi giuste; ancor prima di parlare di business e di come
affrontare questo viaggio.
Non balzare questo capitolo, prenditi il tempo per riflettere attentamente su
ognuna di queste e darti una risposta.
Quali sono le tue aspettative nel fare impresa? Vuoi fare come ti pare e
piace oppure sei disposto a dover rendere conto a degli investitori pur di far
crescere il tuo progetto? Non è banale e non tutti rispondono allo stesso
modo. Chi ti darà i soldi vorrà qualcosa in cambio e farà il possibile per
controllare che i suoi soldi vengano utilizzati nel modo giusto.
Inoltre, sappi che inizierai a fare impresa sperando di occuparti di qualcosa
che ami, ma ti ritroverai presto a dover risolvere tutti quei problemi che gli
altri non vogliono neanche sentir nominare.
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Risolvere casini sarà la tua nuova professione.
Cosa sei disposto a sacrificare? Fare impresa richiede grossi sacrifici sia in
termini di soldi che di tempo. Sei disposto a farli?
Hai tanto tempo libero? Sei pronto a cancellarlo? Dimenticati il tempo
libero, i weekend fuori porta ogni due per tre, le serate a guardare Netflix.
Nessuno startupper che conosciamo è un fan del tempo libero, soprattutto
nelle prime fasi del progetto.
Credi in te stesso? Hai un mindset da imprenditore? Gli aspetti emotivi e
psicologici sono tra i primi da affrontare. Bisognerà ritrovare l’entusiasmo nei
momenti più duri, e sapersi confrontare con gente che sa cosa stai
affrontando. Sei pronto a non avere uno stipendio fisso? Sei pronto a lavorare
gratis per mesi e mesi? Sei pronto a non mollare?
Sei pronto per le pressioni sociali? Domande del tipo “allora, quando
diventerai ricco” o “quando lanci la tua app innovativa?” a solo un paio di mesi
dall’inizio del tuo progetto diventeranno all’ordine del giorno. Preparati a
sopportare anche questo, così come dovrai sopportare tutti quelli che ti
diranno: “ma perché non ti trovi un lavoro vero?”
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Uno degli errori più comuni (che ho commesso io stesso) è quello di cercare
di esternalizzare una o più attività core, da cui dipende direttamente il
successo del progetto.
Facciamo un esempio: vuoi lanciare un’app che risolva un problema annoso
per un target di persone specifico, ma non sai programmare?
Esternalizzare lo sviluppo dell’app sarebbe un po’ come avere una bellissima
idea per dipingere un quadro, ma cercare un pittore che possa farlo al tuo
posto. Difficilmente potrebbe funzionare, difficilmente si avrebbe un
allineamento in termini di vision e di mission, inoltre si brucerebbe cassa
senza la giusta focalizzazione.
È un esempio banale ma che potrebbe portarti a cercare un co-founder
tecnico, in modo da sommare le competenze e non dover esternalizzare
un’attività cardine per il progetto.
Qualora le tue competenze tecniche non siano complete assegna un voto
medio basso a questo fattore e ricordati di ampliare il team con persone che
possano sopperire a queste tue carenze.
Soldi
Per una startup, che per sua natura brucia cassa e impone tassi di crescita
mensili molto spinti, i soldi sono come la benzina per la macchina. Se
valutiamo il ciclo di vita di una startup in relazione alla fonti di finanziamento
possiamo notare una prima fase in cui si dovrà fare Bootstrapping.
Fare Bootstrapping vuol dire finanziare con le proprie tasche l’inizio
dell’attività. La capacità di autofinanziamento e, successivamente la capacità
di fundraising, sono aspetti fondamentali per avviare e far crescere il business.
Anche in questo caso è bene valutare le proprie possibilità economiche e
quelle del proprio co-founder (o dei propri co-founders) in relazione al tipo di
business che si vuole lanciare.
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Quanto potresti vivere senza uno stipendio fisso e regolare?
Soprattutto in una prima fase è molto diverso poter investire centinaia di
migliaia di euro in un nuovo business, agendo in uno stato di stabilità
economica, piuttosto che cercare da subito fondi esterni.
Anche in questo caso è necessaria una valutazione prima di partire; capire
quanto serve, quando serve e quanto si ha a disposizione sono informazioni
minime dalle quali partire.
Network
Ecco un fattore che ha l’effetto doping su qualsiasi tipo di iniziativa di
Business. Il network è fondamentale per poter avviare e far crescere
rapidamente un’attività.
È uno degli aspetti più sottovalutati (soprattutto agli inizi) dai founders.
Un buon network ti sarà utile per risolvere e gestire qualunque aspetto del
tuo business (cerchi un Angel che creda nel tuo progetto? Cerchi di ampliare
il team? Sei alla ricerca di un Mentor? Vuoi che la gente parli del tuo
progetto?).
Anche in questo caso è bene analizzare il proprio network, nonché la
specificità dello stesso in relazione al progetto che si vuole lanciare e iniziare
da subito ad ampliarlo entrando in contatto con nuovi professionisti.
Tempo
Ecco il fattore critico di successo per antonomasia. Ti troverai confrontato
costantemente con il fattore tempo. Tempo da dedicare al progetto, giusto
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timing per il lancio della tua idea, tempo per riuscire ad aggredire il mercato
prima dei competitors.
Il tempo è l’unica risorsa che non puoi comprare, non puoi creare e non puoi
immagazzinare.
Se vuoi innovare all’interno di una corporate sarai confrontato giornalmente
con il fattore tempo e se vuoi lanciare una startup il tempo sarà la tua spada
di Damocle.
Il tempo che dedichi al progetto è un fattore da monitorare con molta
attenzione. Anche in questo caso ammettere di potersi ritagliare, in una
prima fase, poco tempo è il primo passo. Il secondo è, banalmente,
collaborare con persone che hanno dalla loro questa preziosa risorsa.
Competenze, soldi, network e tempo non sono dogmi scritti sulla pietra,
come non lo è la creazione di una scala numerica per poterli valutare.
Puoi farlo tramite una Swot Analysis personale, puoi farlo rivedendo la
matrice Tows o in qualsiasi modo ti venga più comodo ma ricordati di
analizzare i tuoi punti di debolezza.
Pensa cosa succederebbe se Superman non sapesse di avere qualche
problemino con la Kriptonyte.
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Ecco quale potrebbe essere il risultato della tua analisi personale. Ecco che il
fattore tempo e competenze tecniche (o di business) sono i due fattori da cui
partire. Una buona soluzione? Cercare un co-founder che possa dedicarsi al
progetto e che copra quegli aspetti tecnici che ti mancano.
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Raccogli i dati e analizza: diventa il maggiore esperto del
business in cui vuoi entrare
“Noi non abbiamo competitors: non esiste”
Immaginati fra qualche mese. Stai esponendo la tua idea davanti ad una
platea di investitori. Arrivi alla sezione del tuo Pitch in cui parli dei
competitors. Sai che l’analisi da te svolta in merito è sommaria, un po’
grossolana e condotta di fretta e furia. Un Angel investor alza la mano, ti
interrompe e ti chiede come mai non hai considerato il tuo principale
competitor che lui stesso ha trovato con solo un paio di click, proprio in quel
momento, sul suo smartphone.
Ecco un modo per sgretolare il castello di credibilità che hai provato a
costruire con tanta fatica.
L’analisi dei dati, l’analisi dei competitors e l’analisi del mercato di
riferimento sono aspetti fondamentali da curare nelle prime fasi di avvio di
una startup.
Se devi spendere energie in qualcosa fallo per studiare il mercato. Studia
prodotti/servizi già sul mercato, analizza i competitors, analizza i
comportamenti dei consumatori … insomma: raccogli dati.
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Raccogli Dati Primari
I dati primari sono quelli che possiamo raccogliere direttamente, parlando
con i potenziali clienti, intervistandoli, valutandone i comportamenti.
Sono dati “difficili” da raccogliere, ma molto utili per capire comportamenti
d’acquisto, bisogni, esigenze, necessità (utilizza soprattutto le interviste per
ottenere dei dati “qualitativi”).
Il consiglio è quello di “sporcarsi” le mani andando sul campo per raccogliere
informazioni. Per dirla alla Steve Blank “Get Out of the Building”.
Siamo bombardati da dati “secondari”, ma attenzione: la facilità di
reperimento (soprattutto grazie ad internet) si abbina, spesso, ad obiettivi di
raccolta differenti dai nostri.
I dati secondari sono utilissimi, ma vanno “calibrati” in funzione delle nostre
esigenze, vanno soppesati, vanno criticati e poi utilizzati.
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Ricorda che prendere spunto da qualcosa che già esiste non è sbagliato e che
migliorare qualcosa che già è sul mercato non è un insuccesso (spesso la vera
rivoluzione sta nella mini-innovazione).
Una volta definito accuratamente il settore che si vuole aggredire bisogna
“mappare” i competitors. Questo, purtroppo, è uno degli aspetti che ho
sottovalutato con la mia prima startup.
Analizza gli stessi competitors sotto molti punti di vista facendo tue le Best
Practices ed evitando di cadere in errori già commessi da altri.
Analizzali da cima a fondo, definendo delle metriche significative per il tuo
business (es.: traffico generato sui loro siti web ecc…) e monitorandone
l’andamento. Sul Web puoi trovare dei tool interessanti (es.: SimilarWeb) che
possono diventare degli ottimi alleati per questo lavoro.
L’analisi, la mappatura, la presa di coscienza dei competitors e dei loro numeri
non devono rimanere fini a sé stessi, ma devono essere sviluppati (e qui ci
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vengono in aiuto numerosi strumenti di business design) per poter mostrare
e dimostrare il valore del prodotto o servizio che vuoi lanciare sul mercato.
Uno strumento molto utile, in tal senso, è la tabella di Benchmarking.
Questo strumento ti permetterà di mettere nero su bianco le caratteristiche
del tuo prodotto o servizio (concentrati su quelle che hanno valore per
davvero) e di metterle a confronto con quelle dei competitors.
Il tema competitors è uno dei pilastri su cui fondare un buon Pitch. La
comparazione non dev’essere vista, quindi, come un mero “esercizio
scolastico” ma dev’essere affrontata con lo scopo di far toccare con mano il
motivo per cui il tuo prodotto/servizio è differente (sperabilmente migliore).
Un altro strumento utile per rappresentare la competition è la matrice di
posizionamento (spesso utilizzata da Steve Jobs per presentare i nuovi
prodotti Apple). La matrice ti permetterà di mostrare il posizionamento dei
competitors e, contemporaneamente, di mostrare come il tuo
prodotto/servizio si inserisce nel contesto competitivo.
Sul tema competitors ricorda che non sempre è vincente arrivare per primi
sul mercato, con un nuovo prodotto o servizio; sicuramente è necessario però
differenziarsi dai competitors con una proposta di valore migliore per il
cliente.
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di mercato positivo ti darà sicuramente un buon appeal verso il mondo degli
investitori.
Un metodo semplice per studiare e illustrare il proprio mercato è quello del
TAM SAM SOM. Abbiamo scritto un articolo molto approfondito, lo trovi qui.
Quando si parla di market size è anche importante sottolineare che non
sempre le dimensioni sono tutto.
I mercati grandi offrono un potenziale enorme ma sono spesso caratterizzati
da un’elevata competitività (a cui magari si aggiungono barriere all’ingresso
poste dai player che già siedono al tavolo su cui vuoi giocare).
Una riduzione della dimensione del mercato si traduce, sovente, in una
riduzione della competitività.
Ecco perché è spesso interessante partire da mercati di nicchia che offrono
(forse) guadagni inferiore ma che potrebbero portarti rapidamente ad una
scalata e alla conquista di quote di mercato importanti. Inoltre, lavorare in un
mercato piccolo ti permetterà di recepire i feedback dei clienti, imparare,
implementare il tuo prodotto/servizio e quindi migliorarti preparando
un’espansione su mercati più importanti.
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Crea un dream team
“Se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai
in compagnia”
Il primo passo fondamentale per avviare una startup, anzi qualsiasi progetto
di imprinting imprenditoriale, è capire che l’idea vale poco.
Molto poco.
Le idee sono gratis e a disposizione di tutti, quello che fa la differenza è
l’Execution; è la resilienza, la motivazione, la perseveranza, l’ardore delle
persone (del team) che rende possibile la magia.
Parlare del team, del ruolo del co-founder e della ricerca di membri per la
propria startup è fondamentale, anche in relazione al capitolo precedente.
Ma se il team è così importante come si possono capire le caratteristiche
che differenziano un team mediocre da un team di successo?
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Queste sono domande spesso ricorrenti, che vengono poste all’interno di
Startup Geeks Premium, quando si parla del team di una startup.
Non c’è una risposta univoca, non c’è bianco oppure nero. Ci sono alcune
riflessioni che possiamo fare insieme.
Il conflitto è produttivo, la fiducia è la base necessaria su cui fondare la
collaborazione ed il bilanciamento delle competenze la vitamina che rafforza
il sistema immunitario della startup.
Con una visione chiara, un’ottima resilienza e delle indiscutibili capacità si
può guidare la nave anche da soli. Questo tutela dal rischio di incomprensioni
e da possibili mal di pancia che nasceranno (soprattutto quando il gioco
inizierà a farsi duro).
Non c’è una risposta giusta e una sbagliata. Dipende da contesto, dalla
startup, dal founder, dal co-founder e da altri n fattori che complicano ancora
di più la decisione.
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Insomma: a te la scelta, ricorda però che nei momenti bui anche Batman ha
bisogno di Robin.
Non c’è una ricetta per creare un buon team, ma è necessaria una buona
dose di intuizione e un pizzico di fortuna. Il tutto dev’essere poi condito da
una spruzzata di consapevolezza (devi sapere chi coinvolgere e quando farlo).
La cosa fondamentale? Il team deve essere motivato, affidabile, rispettoso
ed equilibrato.
Se la motivazione e l’affidabilità non bisogna spiegarle spenderei due parole
sul rispetto e sull’equilibrio.
Un team rispettoso è un team capace di considerare le singole anime che lo
compongono, riconoscendone la professionalità e l’importanza per la startup.
Non c’è serie A, non c’è serie B (questo a prescindere dai ruoli, che sono
fondamentali all’interno di un team ma che non devono giustificare la
presenza di subalterni e di dittatori).
Un team bilanciato è un team i cui componenti coprono tutte le aree
necessarie per far funzionare la startup. Questo aspetto, da non sottovalutare,
è fondamentale per riuscire ad avviare il tuo progetto, come abbiamo visto
nel capitolo sul bilanciamento delle risorse.
Creare un buon team, credibile e allineato, è uno dei compiti principali (e più
ardui) per un founder.
Se stai sviluppando l’idea che cambierà il mondo biomedicale ed il team è
fatto solo da persone esperte di marketing un problema di credibilità
potrebbe esserci. Il team della startup deve avere le conoscenze del contesto
2020 Startup Geeks. Tutti i diritti riservati.
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in cui opera. Questa è un’altra ovvietà (meno ovvia di quanto si possa credere)
e sarà uno degli aspetti da tenere a mente per creare una sana relazione con
gli investitori (soprattutto Business Angel che in una fase early valuteranno
prima di tutto il team con il quale ti presenterai).
1) Parti dal tuo network: iniziamo con la strada più semplice. Il
compagno di università con il quale ti sei trovato così bene durante gli
studi. Il collega di lavoro che fa già parte del tuo team. La persona
conosciuta ad un evento e con la quale hai trovato subito il giusto
feeling. La prima strada da percorrere verte proprio sull’analisi del
proprio network, delle persone che già conosci e con le quali già
collabori (o hai collaboratori in passato).
2) Sfrutta l’online: oggi come oggi l’online offre infinite possibilità di
contatto e condivisione. Esistono numerose piattaforme per cercare
soci online (Founder2be ad esempio), ma nel corso degli anni sono nati
numerose community sui vari social (Facebook e Linkedin in primis).
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Anche la nostra community Startup Geeks Premium tramite i vari
imprenditori al suo interno e il nostro supporto nella ricerca è già stato
terreno fertile per trovare il co-founder.
3) Partecipa agli eventi: partecipare agli eventi permette di ampliare il
proprio network, trovando soci, partners, investitori e colleghi. Ci sono
degli eventi (es.: Startup Weekend) in cui il match tra persone è cuore
dell’evento stesso.
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Valida le tue ipotesi al più presto e comprendi se
qualcuno è interessato a quello che vuoi fa: l’approccio
Lean startup
“The only way to win is to learn faster than anyone else”
Il metodo Lean startup è un approccio, elaborato circa 10 anni fa da Eric Ries e
dettagliato nel libro “Lean Startup” (o nella sua traduzione italiana “Partire
Leggeri”), utile per la buona riuscita di progetti innovativi. È un approccio in
grado di “derischizzare” il rischio derivante dal lancio di un progetto, prodotto,
servizio in un contesto totalmente incerto; lo fa perché individua un percorso
iterativo di analisi e validazione che permette di creare un prodotto, oppure
offrire un servizio, che soddisfa un reale bisogno di una certa parte di
mercato.
Per poter scoprire se esiste davvero qualcuno disposto a pagare per il
prodotto o servizio che vuoi offrire non si può che agire con una serie di
iterazioni, applicando cioè un metodo che si avvicina parecchio al buon
vecchio metodo scientifico.
L’applicazione di un approccio Lean è finalizzata, quindi, alla riduzione di
sprechi (intesi come risorse economiche e temporali).
Capendo velocemente se il mio prodotto o servizio non ha mercato posso
pivottare (ossia cambiare rotta) o abbandonare l’idea prima di aver investito
2020 Startup Geeks. Tutti i diritti riservati.
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troppe risorse (appunto in termini economici e temporali) andando a liberarle
e incanalarle in altri progetti, fondati su presupposti migliori.
L’approccio si basa, concretamente, sul ripetersi (in maniera continua ed
iterativa) di un processo di costruzione, misurazione/monitoraggio e
apprendimento (Build, Measure and Learn).
Il fulcro del metodo di Eric Ries è basato sullo sviluppo di un MVP (Minimum
Viable Product) atto a mostrare al target di clienti definito quelle che sono le
proposte di valore del prodotto o servizio che vuoi lanciare.
1) l’MVP non è un prodotto in piccolo e neanche un prototipo. È una
versione Beta, che racchiude tutte (e solo) le caratteristiche di valore del
tuo prodotto o servizio. L’MVP sarà la prima fonte di apprendimento per
poter lanciare sul mercato un prodotto o servizio apprezzato (l’obiettivo
è ottenere, recepire e implementare il feedback dei potenziali clienti).
2) L’abbiamo già scritto, ma vale la pena ribadirlo, che è importante
definire e parlare ad un target specifico di clienti. Al bando tutte le
affermazioni tipo: “i nostri clienti sono tutti coloro che hanno un PC”. La
volontà di “piacere a tutti” è errata ed impossibile (a meno che voi non
produciate Nutella, in quel caso allora ….).
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Quali sono i primi aspetti da validare e su cui concentrarsi?
I primi aspetti chiave da validare sono due pilastri fondamentali su cui
costruire la tua Business Idea: PROBLEM e CUSTOMER.
La maggioranza delle startup fallisce in quanto il prodotto / servizio offerto
non risponde ad un reale bisogno di un determinato target di clienti. Capire il
problema e definire un target di clienti è paragonabile alla realizzazione delle
fondamenta per una nuova abitazione.
Prima dell’MVP bisogna, per dirla alla Steve Blank, uscire dal proprio ufficio e
andare a parlare con le persone per poter validare i pilastri su cui iniziare a
giocare la partita.
Il consiglio è quello di utilizzare la Javelin Board per mappare le assunzioni
relative al problema e al cliente e successivamente preparare delle interviste
per poter ottenere dei dati (che in questa fase è bene che siano qualitativi
piuttosto che quantitativi).
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Se vuoi approfondire l’uso delle interviste per validare le ipotesi di base, puoi
leggere questo articolo.
Tutti i feedback ricevuti dai possibili clienti, ovvero dagli Early Adopters,
dovranno essere recepiti per costruire o migliorare il proprio MVP.
● Ti permette di capire se qualcuno trova veramente utile il tuo
prodotto/servizio.
● Ti permette di imparare, perfezionare, modificare la tua idea sulla base
dei feedback del mercato (ovvero l’idea è buona, ma magari va
leggermente “limata” per raggiungere il Product Market Fit ottimale).
Per essere efficace bisogna ricordarsi che l’MVP è un perfetto strumento di
apprendimento. In quest’ottica ci sono delle buone Practices che è bene
consigliare:
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Il Business Model Canvas e Value Proposition Canvas
“There’s not a single business model . . . There are really a lot of
opportunities and a lot of options and we just have to discover
all of them”
L’approccio Lean Startup trova una perfetta modellizzazione in uno
strumento di business design che calza a pennello per le startup: Il BUSINESS
MODEL CANVAS.
Queste domande trovano tutte le risposte necessarie all’interno del Model
Canvas, strumento fondamentale per costruire il business plan della tua
startup, migliorare il modello di business esistente o semplicemente andare
ad eseguire delle implementazioni.
Per definizione la startup è alla ricerca di un business model replicabile e
scalabile, proprio in questo senso ci viene in aiuto questo strumento di
pianificazione strategica, pensato dallo svizzero Alexander Osterwalder (ti
suggerisco il suo libro “Creare modelli di business. Un manuale pratico ed
efficace per ispirare chi deve creare o innovare un modello di business.”).
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finanziaria e proposta di valore/offerta che racchiude il suo più grande
vantaggio nella facilità di lettura ed interpretazione delle informazioni.
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L’uso dei post-it è consigliato perché, soprattutto in fase iniziale, vi saranno
numerosi spostamenti e si metteranno fortemente in discussione tutte le
ipotesi alla base del funzionamento della startup stessa.
In quest’area descriverai qual è la tua promessa di valore verso i clienti (ovvero
come ti differenzi dai competitors per risolvere un determinato problema).
Chi sono i clienti della tua startup? Chi pagherà per il tuo prodotto/servizio?
Sembra banale, in realtà è uno dei blocchi più complicati su cui ragionare.
Numerosi sono i casi di successo nei quali il cliente si sente davvero parte
attiva del processo di vendita e post-vendita, generando una fidelizzazione a
garanzia di un valore futuro e non solo immediato.
Arrivando qui hai completato la prima area tematica, legata ai clienti e alla
clientela.
Esploriamo ora gli altri blocchi che completano il Business Model Canvas.
Il blocco “Revenue Streams” rappresenta il flusso di ricavi generato dalla tua
startup (inclusi prezzi e modalità di pagamento).
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Il blocco delle risorse chiave, “Key Resources”, include tutte le risorse principali
(intellettuali, fisiche, finanziarie, umane) che entrano in gioco per garantire il
funzionamento dell’impresa.
Il consiglio per l’utilizzo del Business Model Canvas è quello di osare,
sperimentare e non aver paura di cambiare.
Cerca di farlo puntando sempre su idee chiare e semplici, da approfondire e
validare, ma che prendano in considerazione un numero di ipotesi legate da
un “fil rouge” necessario per renderle gestibili.
Un altro strumento di business design di cui ti vorrei parlare, utile per la
definizione della propria Value Proposition, si chiama Value Proposition
Canvas ed è stato descritto da Alex Osterwalder nel suo libro Value
Proposition Design.
Anche per questo strumento abbiamo scritto un articolo approfondito che
potrà guidarvi nel corretto uso di questo potente tool che potrai leggere
cliccando qui.
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Il consiglio che voglio darti è quello di non fermarsi ad un unico Value
Proposition Canvas, ma di utilizzarlo come strumento di lavoro per
rappresentare ognuna delle Buyer Personas che andrai a definire.
Come il Business Model Canvas anche questo strumento dovrà evolversi con
l’evoluzione della tua startup.
I tools, per essere efficaci dovranno quindi essere affinati, rivisti, messi in
discussione e modificati.
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La tua startup ha bisogno di un Mentor?
"If you cannot see where you are going, ask someone who has
been there before."
Nell’Odissea il Mentore è colui al quale vengono affidate le sorti di Telemaco
durante l’assenza di Ulisse, partito da Itaca in direzione della città di Troia.
Oggigiorno il termine mentore è rimasto nella nostra lingua con il significato
di educatore, consigliere fidato, guida e punto di riferimento.
Il mentore è colui che consiglia, che corregge la rotta, che spinge all’azione e
che motiva il protagonista anche quando il Monte Fato sembra troppo
lontano e l’anello del potere un fardello troppo pesante per un piccolo Hobbit
(scomodando J.R.R. Tolkien… perché, che rimanga tra noi, su Omero non sono
poi così preparato).
La domanda sorge spontanea: alle nostre startup serve davvero una figura
che le affianchi, le guidi, le consigli e le spinga all’azione? Senza ombra di
dubbio la risposta è sì.
E perché mai?
Volendo scomodare una canzone di qualche anno fa direi perché “è un
mondo difficile e una vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto”. 9
Startup su 10 sono destinate al fallimento e quelle che rimangono devono
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coniugare snellezza d’azione, agilità nel business ma solidità delle grandi
imprese.
Il Mentor ha quindi il compito di supportare la startup durante tutto il
suo ciclo di vita creando quelle condizioni che portino ad una diminuzione del
rischio di fallimento mettendo a disposizione degli startupper la propria
esperienza, la propria rete di contatti, la propria conoscenza.
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che per funzionare non può basarsi su un concetto di leadership diffusa alla
Brian Robertson per intenderci).
Il Mentor della startup non si presenta come gerarchicamente superiore allo
startupper, deve mantenere una guida discreta, non imperativa e volta al
consiglio, al sostegno. Una sana attività di mentoring si basa su un
“dare-avere” reciproco che porta un beneficio sia al mentor che alla startup.
L’arte del fundraising, la capacità di attrarre investimenti e la gestione
finanziaria del business (ricorda: cash flow is the king) sono fondamentali per
scalare e fare crescere la tua startup.
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In una guida abbiamo specificato, in relazione al ciclo di vita della startup,
quali sono le tappe di finanziamento.
Qui e ora siamo in una fase iniziale. Vogliamo concretizzare un’idea di
business. Sarebbe fuorviante parlare di round di finanziamento, di venture
capital o di altro.
Questo è un primo aspetto molto importante da tenere a mente: un
finanziamento sbagliato potrebbe portare alla fine della tua startup.
Il tempismo nella gestione del finanziamento è fondamentale. Per dirla alla
Tony D’Amato in ogni maledetta domenica “Mezzo passo fatto un po’ in
anticipo o in ritardo e voi non ce la fate”. Così vale anche per le iniezioni di
capitale che andrete a fare.
- Love capital: ovvero family, friends and fools (3F). Raccogli i soldi da
familiari, amici/conoscenti o folli che credano in te e nella tua capacità
di trasformare un’idea in un business profittevole.
- Business Angel: ovvero una persona che vuole investire nella tua
startup. Non per particolare simpatia ma perché crede in quello che stai
facendo.
Investire quanto? Dipende: da 1.000 a 100.000 Euro potrebbe essere un
range (prendilo con le pinze).
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Quando investe? Nelle fasi iniziali (ci torneremo più tardi).
In questa categoria inserirei: Ex imprenditori con liquidità da spendere;
Individui con elevate disponibilità finanziarie; Associazioni di piccoli e
medi investitori riuniti in fondi comuni creati ad hoc.
Risorse per approfondire la raccolta fondi tramite Friends, Family and Fools:
- 8 Best Practices to Seek Funding From Friends, Family and Fools -
Martin Zwilling
- How to raise and spend "friends & family" money most efficiently for
your startup - Will Little
- Angels 4 Women
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- Business Angels Network Firenze
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I prossimi passi
Se dopo aver letto questa guida ti senti sopraffatto, fermati e fai un bel
respiro. Non devi fare tutto in una volta e non devi fare tutto in una settimana.
Noi siamo qui per aiutarti e oltre ai contenuti informativi che pubblichiamo
(proprio come questo), abbiamo creato un supporto concreto.
Il nostro supporto si chiama Startup Geeks Premium ed è la più grande
community online di imprenditori in Italia.
- Entri in contatto con oltre 150 imprenditori ed esperti: puoi richiedere
feedback e suggerimenti sul tuo progetto all’ora che vuoi. Chiedi e ti
sarà risposto :-)
Io sono uno tra gli oltre 30 Coach esperti selezionati per supportare gli
imprenditori all’interno della community.
- Questo supporto ti farà risparmiare ore di ricerche e tanti soldi (scelte
sbagliate, tempo speso male). Non chiedere a Google quello che puoi
chiedere a chi ha già affrontato la tua stessa situazione. Non affidare i
tuoi soldi ad un professionista senza aver ricevuto feedback da chi l’ha
già utilizzato. La community è un ottimo modo per iniziare a costruire il
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tuo network, assorbire la mentalità da imprenditore e semplificare la
ricerca di co-fondatori, contatti e nuove collaborazioni.
- Accedi a sessioni formative online in diretta con esperti del settore
selezionati da noi, startupper di successo. Impara dalla loro esperienza,
conoscili e studia sui loro materiali. Ogni sessione viene registrata, sono
già disponibili oltre 20 ore di contenuti formativi.
- Accedi ad oltre 20.000 € di sconti sui migliori software e servizi per
avviare la tua startup, dall’hosting su Amazon fino ai software per
gestire il digital marketing.
- Partecipa ai nostri meetup locali in cui potrai entrare in contatto di
persona con gli altri imprenditori della community.
Se pensi che possa fare per te, s copri Startup Geeks Premium.
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About me
Da piccolo volevo fare l’esploratore e penso, oggi,
di non aver tradito del tutto quel bambino che
voleva osservare le cose da prospettive diverse.
Crescendo, poi, ho iniziato a scrivere qualsiasi
cosa valesse la pena mettere nero su bianco, ed
anche in questo caso ho continuato a seguire
quello che oggi ho capito essere uno dei miei
“sentieri a minor resistenza”.
Lavoro come Head of Sales per il mercato svizzero di una delle controllate
della multinazionale svedese AFRY che offre servizi di ingegneria e
progettazione nei settori dell’energia, delle infrastrutture, dell’industria e delle
Digital Solutions.
Se dovessi definirmi scomodando gli aggettivi coniati da Linda Rottenberg
nel suo libro “crazy is a compliment” direi che sono un ottimo esempio di
puzzola; intraprendente alla continua ricerca di innovazione all’interno di
organizzazioni consolidate*.
Mi sono avvicinato al mondo delle startup prima come startupper ed in
seguito come mentor e come Angel Investor. Dal 2015 seguo startup nate e
cresciute su territorio italico ed elvetico, supportandole nel loro percorso per
diventare grandi.
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Nel 2018 ho frequentato la prima edizione del percorso Executive per startup
Mentor offerto da Polihub in collaborazione con MIP, entrando così a far parte
della grande famiglia degli Startup Expert e Mentor di Polihub.
Vuoi spiegarmi il tuo progetto e capire insieme i prossimi passi da fare?
Prenota qui una consulenza.
*Tratto dal libro Crazy is a compliment: nel 1999 quattro dipendenti di
Microsoft si incontrarono davanti a una ciotola di jelly beans (caramelle di
gelatina a forma di fagiolo) per inventare una consolo per videogiochi in
grado di sfidare la PlayStation (Sony). La chiamarono Xbox, mentre i colleghi
scettici la ribattezzarono “coffin (bara) box”. Perfino i loro soci alla Intel li
prendevano in giro. “Ridevamo all’idea che avrebbero buttato al vento
qualche migliaio di dollari” disse un dirigente. Ma il club dei Jelly beans
continuò a far i suoi progetti e ad arruolare alleati, finché non riuscì a
convincere il più forte ei tutti, Bill Gates. La Xbox divenne in seguito la più
grande “startup interna” della Microsoft.
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Grazie per aver letto fino a qui. Teniamoci in contatto!
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lessio@startupgeeks.it g
iulia@startupgeeks.it
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