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Picus in Ausoniis, proles Saturnia, terris

rex fuit…
(Ovid. met. XIV 320 s.)

Hoc (Asclum) Picus quondam, nomen memorabile ab alto


Saturno, statuit genitor…
(Sil. Pun. VIII 439 s.)
Pubblicato con il contributo del
Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata

Responsbile grafica e stampa:


Americo Pascucci

© Copyryght 2019 Edizioni Tored s.r.l.

SSN 0394-3968 – ISBN 978-88-99846-12-1

Distribuzione: Edizioni TORED s.r.l.


Vicolo Prassede, 29 - 00019 TIVOLI (Roma) Italia
Tel. +39 0774313923 - diretto +39 3479368140
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Indice del Volume XXXIX - 2019

Saggi e articoli
N. LUCENTINI, Complessi con elementi celtici nel Piceno meridionale,
tra Tenna e Vibrata, e un corredo chietino ................................... pag. 9
Y.A. MARANO, La cristianizzazione delle città delle Marche in età tar-
doantica (IV-VI sec. d.C.) ........................................................ » 51

Note e relazioni
F. BELFIORI, Disiecta membra dal Piceno: nuove considerazioni sulle
terrecotte architettoniche di Offida (AP)...................................... » 117
M.R. CIUCCARELLI - M. BILÒ, Archeologia preventiva ad Ancona ... » 141
D. DI MICHELE, Anfore dalle Marche: una breve revisione dei dati editi » 167
S.M. MARENGO, A proposito di un alfabetario ................................... » 179
V. LANI, L’anfiteatro di Fanum Fortunae .......................................... » 189
L. PEDICO, Centuriazione e sistemi alternativi di divisione territoriale:
il caso di Attidium e Tuficum ................................................... » 205
G. SINOPOLI, Domus romane di via Fanti ad Ancona: scavi e contesto
urbanistico ................................................................................. » 225

Schede e notizie
G. PACI, I liberti ascolani di Tito Elvio ................................................ » 289

Bibliografia
SCHEDE PER LOCALITÀ
Osimo (AN) (S. FINOCCHI) ........................................................... » 295

SEGNALAZIONI
a cura di F. CANCRINI - G. PACI - M. PASQUALINI ......................... » 319
Giulia Sinopoli

DOMUS RoManE Di Via FanTi aD anCona:


SCaVi E ConTESTo uRBaniSTiCo

Gli scavi archeologici di via Fanti, nel centro storico di ancona,


permisero il rinvenimento di strutture residenziali pertinenti all’epoca
romana. nonostante la notorietà del sito, dovuta agli affreschi in ii stile
recuperati ed esposti al Museo archeologico nazionale delle Marche,
esso non era mai stato oggetto di uno studio dedicato. il recente ritro-
vamento della documentazione prodotta durante le indagini ha offerto
l’opportunità di analizzare sistematicamente il contesto e di tentarne
una ricostruzione, senza dimenticare l’inserimento nel tessuto topogra-
fico dell’ancona romana1.
le immagini riprodotte nelle pagine seguenti vengono pubblicate
su concessione del Ministero per i Beni e le attività Culturali e del
Turismo – Soprintendenza archeologia, Belle arti e paesaggio delle
Marche2.

1
il presente articolo è tratto dalla mia tesi di specializzazione Domus romane
di via Fanti ad Ancona. Scavi e inquadramento urbanistico, discussa a Bologna nel
marzo 2018. Desidero ringraziare il mio relatore prof. Sandro De Maria e la mia
correlatrice Dott.ssa Maria Raffaella Ciuccarelli per avermi offerto l’opportunità
di studiare un contesto così importante per l’archeologia della mia città.
2
Figg. 1 (inv. 13644), 3 (inv. 13649), 5 (inv. 433713), 6 (inv. 433723), 7
(inv. 123588), 8 (inv. 210541), 9 (inv. 210501), 10 (inv. 210587), 11 (inv.
210528), 13 (inv. 210516), 15 (inv. 210510), 17 (inv. 210471), 18 (inv. 210537).
le altre figure sono mie rielaborazioni della documentazione grafica conservata in
Soprintendenza.

Picus XXXIX (2019), pp. 225-285 – ISSN 0394-3968


226 Giulia Sinopoli

Storia degli studi

il sito di via Fanti è stato oggetto di brevi e generici cenni in opere


miscellanee o in bollettini, ma mai di uno studio specifico e dedicato. il
primo a segnalarne la scoperta fu l’allora Soprintendente annibaldi3, i
cui contributi presentavano già i limiti che avrebbero connotato la ri-
cerca successiva, ovvero la mancata analisi del settore nord-orientale
dello scavo e il quasi esclusivo interesse per il vano semicircolare affre-
scato, alla cui rilevanza si deve la menzione del complesso da parte di
numerosi studiosi in trattazioni sulla pittura romana4.
per la mia ricerca è risultato imprescindibile il volume Ancona.
Forma e urbanistica di S. Sebastiani, che nelle pagine su via Fanti forni-
sce informazioni relative a contesto, quote e datazioni, dimensioni e tec-

3
G. anniBalDi, Scoperta di costruzioni romane, in Fasti Archaeol. X (1955),
n. 4283, p. 341; iD., Riaffiora una casa romana in via Fanti, in «Rivista di ancona»
ii, 5 (1959), pp. 18-20; iD., Ancona. Scavi e scoperte, in Fasti Archaeol. Xiii (1958),
n. 4078, p. 266; iD., L’architettura dell’antichità nelle Marche, in Atti dell’XI Congresso
di Storia dell’architettura, Roma 1965, pp. 45-86 (in part. pp. 79-80).
4
B. anDREaE, Archäeologische Funde und Grabungen im Bereich der Soprinten-
denzen von Nord- und Mittelitalien 1949-1959, in «archäeologischer anzeiger»
(1959), pp. 172-204, in part. pp. 175-176 e 185-186 fig. 46; F. l. BaSTET - M. DE
VoS, Proposta per una classificazione del terzo stile pompeiano, ‘s-Gravenhage 1979
(‘archeologische Studiën van het nederlands instituut te Rome’ iV), p. 125 nota
13; M. DE VoS - a. DE VoS, Scavi Nuovi sconosciuti (I 11, 14; I 11, 12): pitture
memorande di Pompei. Con una tipologia provvisoria dello stile a candelabri, in «Me-
dedelingen van het nederlands instituut te Rome» XXXVii (1975), pp. 47-85
(vd. p. 57); G. lEpoRE - M. ZaCCaRia, La pittura parietale romana tra Romagna e
Marche: la nuova documentazione di Suasa, in Le Marche. Archeologia, Storia, Ter-
ritorio. Atti del Convegno: L’entroterra marchigiano nell’antichità: ricerche e scavi (Ar-
cevia, 16-17 novembre 1991), arcevia-Sassoferrato 1991, pp. 95-116, in part. pp.
97-98; R. linG, Roman Painting, Cambridge 1991, p. 168; M. luni, Archeologia
nelle Marche. Dalla preistoria all’età tardoantica, Firenze 2003, p. 317; p. G. p. MEy-
BooM, The Nile Mosaic of Palestrina. Early Evidence of Egyptian Religion in Italy,
leiden 1995 (‘E.p.R.o.’ 121), p. 340 nota 16; H. MiElSCH, Funde und Forschungen
zur Wandmalerei der Prinzipatszeit von 1945 bis 1975, mit einem Nachtrag 1980, in
Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt, ii.12.2, Berlin-new york 1981, pp.
157-264, in part. p. 170; M. J. VERSluyS, Aegyptiaca Romana. Nilotic Scenes and
the Roman Views of Egypt, leiden-Boston 2002, pp. 172-173; l. MERCanDo, Af-
fresco di età romana, da Ancona, in l. MERCanDo, Restauri d’arte in Italia, Roma
1965, p. 38, n. 10.
Domus romane di via Fanti ad ancona 227

niche costruttive tratte dalla documentazione disponibile al momento


della redazione, ovvero relazione di scavo, rilievi su lucido e fotografie5.
il contributo della studiosa è diventato punto di riferimento per chi si
è occupato successivamente del complesso: vanno ricordate le schede
dedicate ai pavimenti degli edifici 1 e 2 nell’ambito del progetto Tess.
Sistema per la catalogazione informatizzata dei pavimenti antichi promosso
dall’università degli Studi di padova6. più recentemente p. Quiri ha de-
scritto gli affreschi in un volume sull’arte romana nei musei delle Mar-
che7, mentre M. E. Micheli ha analizzato i caratteri specifici delle pitture
dal punto di vista stilistico, iconografico e interpretativo, ampliando la
ricerca al contesto di rinvenimento8. ultimo in ordine di tempo è l’in-
tervento di a. Santucci al convegno internazionale Roma ed il Mondo
Adriatico. Dalla ricerca archeologica alla pianificazione del territorio (Mace-
rata, 18-20 maggio 2017), dal titolo L’illusione amplificata: considerazioni
sull’ambiente dipinto della domus di via Fanti ad Ancona e i suoi ‘modelli’.
ne è prevista la pubblicazione degli atti del convegno9.

5
S. SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, Roma 20042, pp. 59-62 n. 31.
6
S. FERRaRi, Domus di via Fanti, Amb.1, lastricato in travertino, in TESS –
scheda 6560 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6560), 2008; iD.,
Domus di via Fanti, vano 2, tessellato con inserti, in TESS – scheda 6563 (http://tess.
beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6563), 2008; iD., Domus di via Fanti,
vano3, tessellato con inserti marmorei, in TESS – scheda 6562 (http://tess.benicul-
turali.unipd.it/web/scheda/?recid=6562), 2008; iD., Domus di via Fanti, vano 5,
commessi di laterizi, in TESS – scheda 6561 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/
scheda/?recid=6561), 2008; iD., Domus di via Fanti, vano 6, ninfeo, inserti marmorei
su tessellato, in TESS – scheda 6564 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/
scheda/?recid=6564), 2008.
7
p. QuiRi, Affresco parietale, in Arte romana nei Musei delle Marche, Roma
2005, pp. 285-286, n. 150.
8
M. E. MiCHEli, “Il Nilo in Adriatico”. Scene di paesaggio nilotico nel complesso
edilizio di Via Fanti ad Ancona, in n. ZiMMERMann (hrsg.), Antike Malerei Zwischen
Lokalstil und Zeitstil. Akten des XI. Internationalen Kolloquiums der AIPMA (Asso-
ciation Internationale pour la Peinture Murale Antique) (13.-17. September 2010 in
Ephesos), Wien 2014, pp. 409-414, tav. CXliii; EaD., Sepolti nel marmo: il caso di
Ancona, in G. BalDini - p. GiRolDini (a cura di), Dalla Valdelsa al Conero. Ricerche
di archeologia e topografia storica in ricordo di Giuliano de Marinis, Firenze 2016, pp.
315-322, in part. pp. 320-321.
9
Riporto questa informazione su gentile comunicazione della prof.ssa anna
Santucci.
228 Giulia Sinopoli

Fig. 1 – Gli edifici rinvenuti nell’interpretazione degli scavatori.

Storia dello scavo10

il rinvenimento del sito archeologico di via Fanti (Fig. 1) è avve-


nuto nel corso dei lavori per la costruzione di un edificio scolastico in-
titolato a n. Tommaseo presso il secondo chiostro del complesso di S.
Francesco alle Scale, in un’area di proprietà comunale tra via Fanti e
via orsini (allora via dell’ospedale). i lavori, affidati all’impresa arturo

10
archivio di Stato di ancona - Fascicolo b. 32 ancona 108; verbali della
Giunta Comunale; archivio del Comune - Edilizia Scolastica; archivio ammi-
nistrativo della Soprintendenza archeologia Belle arti paesaggio delle Marche –
Sezione archeologia: a.V.S. cass. 2 fasc. 37 - Rinvenimento di tratti di mosaici
nella costruenda Scuola in Via Fanti.
Domus romane di via Fanti ad ancona 229

paoloni & figli, si svolsero dal giugno 1955 al gennaio 1957, con due
interruzioni necessarie alle indagini archeologiche negli strati di terreno
di riporto individuati fino a 8 m di profondità. le strutture antiche rin-
venute furono documentate e demolite, ma si può ragionevolmente sup-
porre che le aree non scavate conservino altri resti.
la riprogettazione del sistema di fondazione determinò la messa in
opera di pilastri in cemento armato su plinti: a questo scopo furono
aperti dei pozzi a sezione quadrata che vennero utilizzati anche per con-
durre le ricerche, con alcuni ampliamenti o ulteriori saggi in punti con-
siderati interessanti11. altri rinvenimenti, riguardo ai quali non
disponiamo al momento di ulteriori informazioni, sono menzionati in
riferimento alla costruzione della palestra a prosecuzione del settore
nord-occidentale della scuola, avvenuta nel 1959 a opera della ditta
antognini Edoardo & Figli12.

Documentazione13

la documentazione grafica non si è conservata integralmente. Si


tratta di lucidi14 e di disegni a lapis a vari livelli di dettaglio, questi ultimi
recentemente ritrovati15 e caratterizzati da una certa disomogeneità nel

11
anniBalDi, Riaffiora una casa romana in via Fanti, cit., p. 18 (cfr. inv. 61479:
accanto al pozzo 1 c’è scritto chiaramente “per plinti”); il disegno con intestazione
Progetto per Scuola Media in via Fanti-Palestra. Pianta piano seminterrato e fondazioni
mostra la distribuzione dei pilastri di fondazione che coincide perfettamente con
quella dei pozzi di scavo.
12
Lavori di costruzione della palestra ginnastica annessa alla scuola media “N.
Tommaseo” in via Fanti – Ancona eseguiti dall’impresa Antognini Edoardo & Figli di
Ancona. Relazione del Direttore dei Lavori in accompagnamento del conto finale (21
mar 1960).
13
archivio Disegni della SaBap: ancona Via Fanti resti di edifici romani
– Dis. Giovagnini (1955-1956).
14
Consultati per la redazione delle tesi di laurea inedite che si sono occupate
di questo sito: R. Di MaRCo, Pitture di età romana nelle Marche, università Carlo
Bo di urbino, relatrice prof.ssa M. E. Micheli, a.a. 2008-2009; E. GuaSTapaGlia,
Monumenti di Pittura Romana ad Ancona, università di Firenze, relatrice prof.ssa
G. Capecchi, a.a. 2001-2002; M. TaRDini, Abitazioni urbane delle Marche di età ro-
mana. Problemi storici e topografici, alma Mater Studiorum università di Bologna,
relatrice prof.ssa D. Scagliarini Corlaita, a.a. 1992-1993.
15
Comunicazione personale della Dott.ssa M.R. Ciuccarelli e della Dott.ssa
M. Mancini della Soprintendenza archeologia Belle arti e paesaggio delle Marche.
230 Giulia Sinopoli

linguaggio delle didascalie, nell’indicazione dei valori metrici, nell’uso


della riduzione in scala, nell’adozione di campiture e tratti di contorno.
le fotografie in bianco e nero mancano di riferimenti e la loro qualità
ha reso spesso difficoltoso identificare le strutture16.
il fascicolo conservato presso l’archivio della Soprintendenza for-
nisce informazioni relative al cantiere, alle operazioni di distacco e al
restauro di affreschi e mosaici e contiene la rassegna stampa sulla sco-
perta17. la relazione di scavo, redatta dall’ing. Diego Giovagnini, appare
interrotta18.
i materiali raccolti durante le indagini sono stati ritrovati nel
201319; si conservano soltanto tredici cassette a fronte dei quarantasei
lotti in cui li divide l’inventario provvisorio sulla base della data di con-
segna e del pozzo di rinvenimento20. in attesa di un loro studio appro-
fondito è possibile affermare che le sintetiche informazioni disponibili
fanno intuire la perdita di elementi strutturali non altrimenti documen-
tati. un primo approccio ai reperti è testimoniato dalle duecento schede
Ra redatte da l. Brecciaroli Taborelli nel 1973 e corrispondenti ai soli
pezzi inventariati21; non si conosce il motivo dell’interruzione di questo
lavoro né il criterio di selezione degli oggetti.

16
alle fotografie si aggiungono sei diapositive a colori dedicate agli affreschi
(invv. 123586, 123588-123592).
17
Un palazzo dell’età augustea viene alla luce in via Fanti, in «Voce adriatica»
31 ottobre 1955; Furono piceni e non greci i primi abitatori della città, in «il Tempo»
4 novembre 1955; Ammireremo nel Museo archeologico un ninfeo con affreschi e mo-
saico, in «il Resto del Carlino» 13 giugno 1957; Una casa romana riaffiora in via
Fanti, in «il Tempo» 12 dicembre 1959.
18
Edifici romani scoperti in via Fanti Ancona (1955-1956) – Scavi per la costru-
zione di un edificio scolastico (Scuola Media N. Tommaseo) - Relazione illustrativa. Vd.
GuaSTapaGlia, op. cit., pp. 6 e 28-32: la studiosa deve aver consultato la relazione
quando era ancora integra.
19
in occasione dello svuotamento del rifugio di S. palazia in via Birarelli,
adibito a deposito (comunicazione personale della Dott.ssa M.R. Ciuccarelli e della
Dott.ssa M. Mancini della Soprintendenza archeologia Belle arti e paesaggio
delle Marche). Venti esemplari di lucerna di varia tipologia sono conservati nei
depositi del Museo archeologico nazionale delle Marche.
20
Soprintendenza archeologica per le Marche – inventario provvisorio dal
1901.
21
le schede sono state recuperate, sottoposte a riscontro e parzialmente di-
gitalizzate sulla piattaforma SigecWeb nel 2017 durante il mio tirocinio presso la
Soprintendenza.
Domus romane di via Fanti ad ancona 231

Strutture, cronologia e interpretazione

il sistema di riferimento topografico dell’area di scavo traeva origine


da due punti fissi, individuati rispettivamente presso il piano stradale di
via Fanti, in corrispondenza dello spigolo settentrionale della facciata
o dello stipite sud del portale di palazzo Camerata (quote relative indi-
cate con q1), e presso via orsini, 49,20 m a sud-ovest del primo (quote
relative indicate con q2)22. in questo settore il dislivello moderno è di
ca 10 m, compatibile con il valore di 9 m riportato dalla letteratura per
l’epoca romana23, pertanto suscita perplessità la differenza di ca 5,40 m
tra i due valori altimetrici relativi misurati per ciascun punto del sito
che si evince dalla documentazione grafica.
lo scavo non fu condotto con metodo rigorosamente stratigrafico,
perché l’obiettivo era quello di liberare, documentare e demolire le
emergenze antiche nel minor tempo possibile, recuperando affreschi e
mosaici e raccogliendo i materiali mobili. ne consegue che identificare
le strutture, ricostruirne i rapporti in verticale all’interno di un singolo
pozzo e in orizzontale tra aperture diverse risulta difficoltoso. È stata per-
tanto necessaria un’attenta analisi di ogni dettaglio dei disegni e delle
fotografie che portasse a dei riscontri reciproci, in modo tale da colmare
eventuali lacune per compensazione; in alcuni casi si è dovuta accettare
un’irrimediabile perdita di informazioni.

22
invv. 13644, 61476 e 61479. in riferimento a q1 le piante danno indica-
zioni diverse; inv. 61479, l’unica a riportare una didascalia, indica genericamente
“q1 quote del terreno riferite al piano strada di via Fanti all’altezza del portone d’ingresso
principale a bugnato a sinistra del Palazzo”; inv. 61482 segnala come punto a quota 0
lo stipite nord del portale di palazzo Camerata ma misura le distanze dallo spigolo
dell’edificio.
23
pianta inv. 61479: via Fanti 39,40 m s.l.m.; via orsini 29,52 e 29,49 m
s.l.m. uno stralcio aerofotogrammetrico del 1999 riporta le quote di tutta la zona:
in riferimento a via orsini viene segnalato un valore di 31,56 m s.l.m. misurato
in corrispondenza dell’incrocio con via Fanti, lungo la quale invece le quote fu-
rono prese in più punti a causa della forte pendenza; in corrispondenza di palazzo
Camerata leggiamo 41,77 m. le misurazioni più recenti hanno dunque portato a
un rialzo dei valori di ca 2 m, confermando la differenza di ca 10 m tra le due
strade nel settore di nostro interesse. Vd. SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica,
cit., p. 59.
232 Giulia Sinopoli

Si è scelto di mantenere la denominazione degli edifici assegnata


all’epoca dello scavo e quella degli ambienti interni proposta da S. Se-
bastiani, ormai invalse in letteratura; alla luce dei dati emersi è stato
però necessario apportare delle aggiunte e delle piccole modifiche. Ecco
quindi la denominazione seguita nel testo:

– Edificio 1 (definito a dalla Sebastiani)


- vano a.1;
– Edificio 2
- vano a.2;
- vano B;
- vano C;
- vano D;
- vano E;
- vano F;
– Edificio 3
- vano G;
- vano H;
- vano i;
- vano l;
– Edificio 4
- mosaico M;
- mosaico n;
– Edificio 5
- vano o.

Qui di seguito si riporta la ricostruzione delle strutture, edificio per


edificio. Saranno proposte anche alcune riflessioni sulla cronologia as-
soluta e sulla destinazione d’uso dei vani, necessariamente provvisorie
e parziali in attesa dello studio dei materiali.

Edificio 1 (Fig. 2)24

l’edificio 1 si addossava con i suoi muri perimetrali orientale e set-


tentrionale a un profondo taglio operato nella rupe argillosa, delimitan-
dola e contenendola. occupava un’area lunga 23 m e larga 13, con il

24
Disegni invv. 13649-13651, 61403-61404, 61483-61487.
Domus romane di via Fanti ad ancona 233

Fig. 2 – l’edificio 1.
234 Giulia Sinopoli

corpo principale che misurava ca 15 x 11 m; non conosciamo la sua


estensione totale, che evidentemente proseguiva oltre i limiti di cantiere
verso sud, ovest e forse nord, né la posizione del vano di accesso.
i muri perimetrali si conservavano in alcuni punti per un’altezza di
almeno 4 m; essi alternavano gettate di cementizio a ricorsi di due o tre
file di mattoni legati da malta (45 x 30 x 6-7 cm) su cui erano lievi
tracce di intonaco non dipinto. il muro più settentrionale, perpendico-
lare a quello che chiudeva il corpo principale a nord, si conservava solo
per 2,70 m di lunghezza; anch’esso serviva a contenere il pendio ma alla
luce delle incongruenze emerse dalla documentazione non è possibile
stabilire con certezza se fosse contemporaneo al resto dell’edificio o po-
steriore, pertanto l’assegnazione alla fase più antica è qui proposta senza
pretesa di sicurezza25.
l’articolazione dello spazio interno è scarsamente conosciuta: gli
scavatori hanno documentato l’esistenza di tre setti perpendicolari al
muro perimetrale nord, che dovevano delimitare vani ampi rispettiva-
mente 1,70 o 1,85 m, 2,05 m e 4,45 m da est a ovest; essi furono sicura-
mente rasati in antico per permettere la stesura dei pavimenti
dell’edificio 2 e dunque la loro cresta si trovava a meno di 1 m dal piano
di appoggio; non c’è coerenza tra l’indicazione fornita dai disegni, se-
condo cui la tecnica adottata sarebbe stata la medesima dei muri prin-
cipali26, e quanto riportato dalla relazione che parla di soli laterizi. non
abbiamo traccia dei pavimenti associati.
nel settore meridionale era collocato l’ambiente a.1 (Fig. 3), con
asse maggiore perpendicolare al corpo principale dell’edificio. l’area oc-
cupata dal vano non è stata indagata per intero; le misure ricavabili
lungo i lati rinvenuti sono 9 x 4,4 m ca. il muro che lo chiudeva a nord
era realizzato in cementizio su uno zoccolo in mattoni alto 1,15 m (i
mattoni misuravano 42 x 30 x 5,5 cm).

25
la relazione si scavo lo descrive come “la solita struttura a pietrame grezzo”
facendo pensare a una coerenza, e dunque a una contemporaneità, con il resto
dell’edificio, ma i disegni invv. 13650-13651 non mostrano i ricorsi in laterizi e in
base a essi il muro sembrerebbe sovrapporsi alla cresta di quello perpendicolare e
gli sarebbe dunque posteriore; neanche la foto inv. 210588 risulta chiarificatrice.
26
Questa informazione è riportata anche da SEBaSTiani, Ancona. Forma e
urbanistica, cit., p. 59.
Domus romane di via Fanti ad ancona 235

Fig. 3 – Edificio 1, vano a.1, pianta, prospetti e sezione.

lo scavo ha permesso il rinvenimento del tratto meridionale della


parete est e di due segmenti della parete settentrionale, che conserva-
vano lacerti di pittura; la zona dipinta era definita in basso da uno zoc-
colo rosso-scuro e sul resto della parete da una coloritura nera o
grigio-scura nella quale si inseriva una serie di pannelli a sviluppo oriz-
zontale: dal basso verso l’alto una stretta fascia bianca o cenere, una cor-
nice rossa quasi impercettibile a delimitare una specchiatura nera o in
grigio scuro, una fascia nera e due pannelli rispettivamente rosso e
bianco. potrebbe trattarsi di un esempio molto semplice di ii stile ini-
ziale? Sembra che non ci fossero elementi figurati e non disponiamo di
indicazioni relative all’imitazione di ortostati o di particolari tipologie
lapidee, ma sappiamo che l’edificio 2, posteriore, fu affrescato in un ii
236 Giulia Sinopoli

stile tardo. la mancanza di fotografie delle pareti ci impedisce di smen-


tire o confermare questa ipotesi.
il pavimento era realizzato in lastre di travertino (32 x 18 x 5÷6,5
cm ca) allettate su una preparazione stesa direttamente sull’argilla, con
il lato maggiore in senso nord-sud. Secondo la relazione di scavo erano
bianche, mentre l’inventario provvisorio le definisce colorate27; erano
delimitate da un listello nero di ardesia largo 5 cm lungo il perimetro
dell’ambiente e solo 1 cm tra una lastra e l’altra. Questo assetto può a
mio avviso essere considerato un esemplare di opus sectile non marmoreo
a modulo medio a rettangoli listellati o a isodomo listellato, secondo la
definizione fornita da Guidobaldi, che assegna queste tipologie al i sec.
a.C. e ritiene che l’introduzione dell’uso di lastre marmoree dal 28 a.C.
ca abbia determinato gradualmente l’esaurirsi della loro realizzazione28.
in base ai dati forniti dalla documentazione è possibile calcolare la
quota di appoggio dei muri riferita al punto q1, compresa tra –9,40 e –
9,90 m ca e compatibile con il valore di –9,37 m ca assegnabile alla su-
perficie del pavimento in lastre di travertino.
la proposta di datazione dell’edificio può basarsi esclusivamente sui
dati relativi al vano a.1. Come si è visto, le pitture parietali potrebbero

27
n. 187. Sulla base della descrizione è possibile assegnare al medesimo con-
testo anche le pianchette in travertino segnalate al n. 206.
28
F. GuiDoBalDi, Pavimenti in opus sectile di Roma e dell’area romana: proposte
per una classificazione e criteri di datazione, in p. pEnSaBEnE (a cura di), Marmi antichi.
Problemi d’impiego, di restauro e d’identificazione, Roma 1985 (‘Studi miscellanei,
università degli Studi Roma Seminario di archeologia e Storia dell’arte Greca e
Romana’ vol. 26), pp. 171-233; iD. (a cura di), Sectilia Pavimenta di Villa Adriana,
Roma 1994, pp. 45-48: i sectilia sono “ottenuti per giustapposizione in contrasto
cromatico di elementi geometrici tagliati a misura di lastrine di materiali lapidei
piuttosto teneri che gradualmente vennero sostituiti con vere e proprie specie mar-
moree soprattutto d’importazione”; le lastre sono disposte in modo da “comporre un
più esteso motivo geometrico ripetitivo o simmetrizzato, oppure un motivo geome-
trico vegetale o, assai più raramente, un motivo figurato”; lo studioso include nella
categoria dei settili non marmorei anche i pavimenti a lastre quadrate o rettangolari
in cui il contrasto cromatico è dovuto a differenze tra il loro colore e quello dei listelli
in ardesia che le contornavano, secondo uno schema che verrà mantenuto anche
nelle redazioni marmoree; vd. iD., Sectilia pavimenta: la produzione più antica in mate-
riali non marmorei o misti, in R. FaRioli CaMpanaTi (a cura di), Atti del I Colloquio
A.I.S.C.O.M. (Ravenna, 29 aprile-3 maggio 1993), Ravenna 1994, pp. 451-471.
Domus romane di via Fanti ad ancona 237

essere inquadrate in un sobrio ii stile iniziale e il pavimento sembrerebbe


rientrare in una tipologia di tarda età repubblicana. le caratteristiche
elencate puntano verso un’assegnazione dell’ambiente a.1 al i sec. a.C.,
forse alla prima metà. Se questa proposta cronologica cogliesse nel segno
si dovrebbe parlare di un breve uso dell’edificio 1, che sarebbe stato in
funzione per pochi decenni prima dell’obliterazione.
Secondo la Guastapaglia il vano a.1 potrebbe essere interpretato
come un tablino o un triclinio29; sicuramente si trattava di una sala ri-
levante, considerando anche l’affresco alle pareti e le dimensioni, ma i
dati a nostra disposizione sono insufficienti a stabilire a quale funzione
fosse deputata.

Edificio 2 (Fig. 4)
l’edificio 2 si sovrappose al precedente reimpiegandone in parte i
muri perimetrali est e nord e obliterandone quelli interni nel settore
settentrionale. non è possibile stabilire al momento se il vano a.1 sia
stato abbandonato oppure se abbia trovato un impiego nella nuova fase
edilizia, che comportò una rotazione di ca 15 gradi verso ovest rispetto
all’orientamento delle strutture più antiche.
l’area interessata dall’edificio 2 misurava ca 13 x 14 m ed era arti-
colata in almeno cinque vani accomunati dalla quota q1 –8,92 m delle
superfici pavimentali.
l’ambiente più meridionale, F30, è noto per la metà orientale della
sua estensione, il cui asse principale misurava ca 7 m e quello minore 4
m. Era delimitato da un muro rettilineo a nord e da un altro approssi-
mativamente semicircolare a sud, realizzati con la medesima tecnica
mista descritta in riferimento all’edificio 1; il primo si conservava per
poco più di 5 m in altezza e fu riportato alla luce per una pari lunghezza,
mentre il secondo si appoggiava al muro perimetrale orientale dell’edi-
ficio precedente che fu reimpiegato per una lunghezza di ca 2,3 m, per
cui si ipotizza che per ragioni di simmetria anche nella metà occidentale
del vano la parete diventasse rettilinea in prossimità del muro nord; la
lunghezza totale di quello meridionale si può calcolare in oltre 11 m.

29
GuaSTapaGlia, op. cit., pp. 19-20.
30
Disegni invv. 13645, 13647, 61396-61397 e 61410; foto invv. 210528,
219616, 342042, 433707-433710, 433712, 433719 e 433723.
238 Giulia Sinopoli

Fig. 4 – l’edificio 2.
Domus romane di via Fanti ad ancona 239

un colonnato distingueva una corte scoperta centrale da un am-


bulacro curvilineo, traendo origine da un muro in laterizi perpendicolare
alla parete nord e lungo 0,9 m che si può immaginare trovasse un suo
corrispettivo a ovest; la prima colonna, dal diametro di 30 cm, si addos-
sava a questo setto di cui condivideva la tecnica costruttiva e si conser-
vava per 50 cm in altezza mentre le altre, a giudicare dalla foto inv.
219616, sarebbero state in pietra. Esse poggiavano con un intercolumnio
di ca 1 m su una cordonata in lastroni di pietra bianca.
l’ambulacro era largo 0,95 m ca, ma alle estremità si ampliava fino
a 1,25 m; aveva una copertura a un solo spiovente inclinato che poggiava
sulle colonne, come testimoniano gli alloggiamenti quadrati per le travi
individuati sulla parete orientale e l’andamento dell’affresco su quella
nord. il pavimento era decorato a mosaico e si conservava per un tratto
di lunghezza compresa tra i 4 e i 5 m. la tessitura del tappeto era obliqua;
a un primo settore monocromo bianco presso l’estremità faceva seguito
il resto a fondo nero con inserti marmorei distribuiti su file non regolari,
di forma variabile e di vari colori (giallo, nero, rosso, grigio, bianco).
le pareti erano rivestite di affreschi in ii stile oggi esposti nel Museo
archeologico nazionale delle Marche su supporti che riproducono la
volumetria del vano di provenienza31 (Figg. 5 e 6); l’allestimento origi-
nario comprendeva anche i resti pavimentali e di due colonne in una
ricostruzione completa di quanto fu rinvenuto durante gli scavi32. la su-
perficie pittorica recuperata arriva fino a 2,88 m di altezza, ha un’esten-
sione di ca 15 m2 e ricopriva le pareti dell’estremità orientale33, dando

31
Gli affreschi furono riportati alla luce nel settembre 1955; due mesi dopo
furono asportati da restauratori dell’istituto Centrale per il Restauro (l. VlaD BoR-
RElli, Attività archeologica dell’Istituto Centrale del Restauro: 1953-1955, in Fasti Ar-
chaeol. X (1955), n. 317, pp. 31-34, in part. p. 32), ma le operazioni si protrassero
fino al 1957 e un altro intervento fu compiuto nel 1964 (l. MERCanDo, Affresco
di età romana, da Ancona, cit.).
32
SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., p. 61 fig. 62. non si conosce
l’ubicazione degli elementi oggi mancanti: è probabile che si trovino nei magazzini
del Museo, ma al momento non è possibile effettuare alcuna ricognizione (comu-
nicazione personale della Dott.ssa n. Frapiccini, Direttrice del Museo archeolo-
gico nazionale delle Marche).
33
QuiRi, art. cit. Rispetto a quanto esposto al Museo, l’affresco continuava
verso sud con un basso frammento di zoccolo.
240 Giulia Sinopoli

Fig. 5 – Edificio 2, vano F, strutture e rivestimenti in situ.


Domus romane di via Fanti ad ancona 241

Fig. 6 – ancona, Museo archeologico nazionale delle Marche,


affreschi dal vano F.

continuità illusionistica al colonnato e replicandolo sul muro. Su uno


zoccolo nilotico con piante e animali acquatici e pigmei in barca (questi
ultimi oggi scomparsi), sormontato da una predella, poggiano delle co-
lonne tuscaniche con fusti a calici fitomorfi policromi che sorgono da
cespi capovolti e sono decorati da nastri rossi avvolti attorno alle parti
sommitali, le quali invadono il registro superiore sorreggendo una cor-
nice ocra. in corrispondenza degli angoli tra le pareti le colonne sono
sostituite da due lesene ocra di diversa altezza per adattarsi all’anda-
mento della copertura. Gli intercolumni sono occupati su un piano po-
steriore da archi bianchi a sesto ribassato impostati su pilastri rosa con
abaco rigido e aggettante; l’area inquadrata è campita in nero. il registro
superiore verde è delimitato da una cornice a ovoli e in corrispondenza
di ogni arco è decorato da un pannello rettangolare bianco con motivi
vegetali, che diventa triangolare sulla parete nord. Entro una doppia
242 Giulia Sinopoli

cornice ocra si svolge infine un fregio di maschere su fondo rosso scuro,


ciascuna delle quali poggia su foglie di acanto rovesciate, ha volto rosato
e capigliatura grigio-azzurra.
la parte centrale del vano era occupata da una corte a cielo aperto
con pavimento a quota q1 –9,06 m; conservatosi in minima parte, esso
era realizzato in lastre di pietra calcarea (75 x 40 cm) e lungo la cordo-
nata del colonnato la sua superficie si abbassava a formare un piccolo
canale per il deflusso delle acque largo ca 6 cm.
la parete settentrionale era intonacata di bianco, mentre quella
orientale, ovvero la superficie del muro che dava inizio al colonnato ri-
volta verso la corte, ha restituito un lacerto di affresco con scena figurata
(144 x 57 cm), anch’esso musealizzato: su uno sfondo color prugna entro
cornice ocra una gigantesca figura maschile nuda afferra per le braccia
un giovane, pure senza vestiti, sollevandolo contemporaneamente sulla
sua gamba destra (Fig. 7). in letteratura vi si riconosce l’episodio di Er-
cole che scaglia lica in mare oppure un momento di gioco tra un
satiro/sileno e un satirello/fanciullo, impegnati in una sorta di altalena
o di piroetta34. Ercole e lica tuttavia non sono mai rappresentati in quel
momento drammatico35 e lo schema iconografico, attestato in un lungo
periodo di tempo su supporti diversi36, appare sempre legato all’ambito

34
anniBalDi, Riaffiora una casa romana in via Fanti, cit., p. 20; C. HöCkER,
Antike Gemmen, Kataloge der Staatlichen Kunstsammlungen Kassel nr. 15, kassel
1987- 1988, pp. 65-66 n. 38; QuiRi, art. cit.
35
i due personaggi sono in genere raffigurati davanti all’altare di Crise, a
volte in compagnia anche di Filottete, sulla ceramica attica a figure rosse: vd. H.
FRoninG, Chryse i, in L.I.M.C. iii (1986), pp. 279-281 (vd. p. 280, nn. 1-5); R.
VollkoMMER, Lichas, in L.I.M.C. Vi (1992), pp. 286-288.
36
Vasi: a. GREiFEnHaGEn, Alte Zeichnungen nach unbekannten griechischen
Vasen, München 1976, pp. 31-32 n. 18, fig. 31. Gemme: E. BRanDT - E. SCHMiDT,
Antike Gemmen in deutschen Sammlungen i.2: Staatliche Sammlung München,
München 1970, p. 35 n. 743, tav. 86; HöCkER, op. cit., pp. 65-66 n. 37; M.
MaaSkanT-klEiBRink, Catalogue of the Engraved Gems in the Royal Coin Cabinet
The Hague. The Greek, Etruscan and Roman Collection, The Hague - Wiesbaden
1978, pp. 170-171 n. 337 e p. 67 figg. 337a e 337b, p. 211 n. 487 e p. 91 figg. 487a
e 487b; V. SCHERF - p. GERCkE - p. ZaZoFF, Antike Gemmen in deutschen Sammlungen
III: Braunschweig, Göttingen, Kassel, Wiesbaden 1970, pp. 35 n. 99 e tav. 13 fig.
99; p. ZaZoFF, Die Antiken Gemmen, München 1983, tav. 74 fig. 1. Monete: M.
BERnHaRT, Dionysos und seine Familie auf griechischen Münzen, in «Jahrbuch für nu-
mismatik und Geldgeschichte» 1 (1949), pp. 8-175 (vd. p. 24 e tav. Vi fig. 8).
Domus romane di via Fanti ad ancona 243

Fig. 7 – ancona, Museo archeologico nazionale delle Marche,


affreschi dal vano F, dettaglio.

dionisiaco. proprio ad ancona è conservato un cratere a campana a


figure rosse databile alla metà del V sec. a.C. in cui un’intera famiglia,
composta da due satiri e una menade, si diverte in questo modo37. al
netto delle variabili relative alla postura dei personaggi, all’orienta-
mento del gruppo e ad alcuni dettagli, l’impianto fondamentale e dun-
que il significato rimangono sempre i medesimi. nell’affresco anco-
netano un elemento che sembrerebbe una coda è visibile in corrispon-

37
ManaM inv. 3198; vd. F. BRoMMER, Satyrspiele. Bilder Griechischer Vasen,
Berlin 1944, pp. 34 e 38 fig. 36; GREiFEnHaGEn, op. cit., pp. 31-32 n. 18; i.
kRauSkopF - E. SiMon - B. SiMon, Mainades, in L.I.M.C. Viii. Supplementum
(1997), pp. 780-803, in part. p. 790 n. 92.
244 Giulia Sinopoli

denza del fondoschiena del giovane, come segnalato dalla Dott.ssa


Guastapaglia, e anche questo dettaglio fa propendere per la seconda
ipotesi interpretativa. la prof.ssa Micheli, pur accettando questa let-
tura, non esclude però che i due personaggi possano essere identificati
con Ercole e lica, proponendo dell’associazione tra questo tema e il
soggetto nilotico un’interpretazione legata alla presenza in città di ve-
terani cesariani, uno dei quali avrebbe abitato la domus e avrebbe
scelto un episodio che richiamasse le figure di antonio (per il quale
avrebbe simpatizzato) e p. Ventidio Basso oppure semplicemente il
tema della punizione, adatto alla temperie culturale successiva alla
battaglia di azio38.
l’ingresso del vano F non è stato trovato, ma possiamo affermare
che l’accesso avvenisse dal settore occidentale non indagato e che non
vi fosse un collegamento diretto con la sala B, vista la mancanza un
varco. È invece presumibile che F e C comunicassero, ma non possiamo
esserne certi.
Tra il muro est dell’edificio 1 e la parete meridionale del muro cur-
vilineo fu rinvenuto un lacerto di pavimento in cocciopesto di laterizio
(a.2)39 che ne seguiva l’andamento ed era conservato per una lunghezza
di 2,30 m e una larghezza di 2 m ca. la sua posizione stratigrafica non è
chiara; secondo la relazione la superficie si trovava a quota q2 –4,08 m
(q1 –9,50 m ca) e dunque il cocciopesto sarebbe appartenuto all’edificio
1; dai disegni però si ricava il valore q1 –8,97/8,92 m e ciò farebbe pro-
pendere per l’attribuzione all’edificio 2; i reperti provenienti dal pozzo
3 (inv. provv. n. 189) potrebbero essere decisivi per confutare o conva-
lidare questa ipotesi.
il settore centrale dell’edificio 2 era occupato da due sale a pianta
rettangolare, denominate B (est) e C (ovest). a giudicare dalla rico-
struzione degli scavatori il primo ambiente40 doveva misurare ca 4,8 x
5,2 m; il muro che lo chiudeva a sud coincideva con quello rettilineo
del vano F, mentre il muro settentrionale in cementizio, che si conser-
vava in modo discontinuo fino a 4 m di altezza, incontrava l’angolo

38
GuaSTapaGlia, op. cit., pp. 65-70; MiCHEli, “Il Nilo in Adriatico”, cit., pp.
411 e 413; EaD., Sepolti nel marmo, cit., pp. 320-321.
39
inv. 13645, 13648, 61388 e 61479.
40
invv. 61385, 61387 e 61416; fotografie invv. 210541, 210543 e 210585.
Domus romane di via Fanti ad ancona 245

nord-est del muro perimetrale dell’edificio 1 individuando così uno spa-


zio di risulta triangolare.
le pareti meridionale e settentrionale, le sole conosciute, erano ri-
coperte da intonaco bianco. il pavimento, rinvenuto in tre lacerti, era
realizzato in tessellato a orditura diritta41. un bordo esterno bianco e
una cornice nera delimitavano un tappeto musivo bianco punteggiato
di nero e campito da inserti marmorei policromi (giallo, rosso, nero,
grigio, verde) di varia forma disposti secondo una certa regolarità. il
lacerto centrale ospitava uno pseudoemblema geometrico (Fig. 8), il
cui perimetro era seguito da alcuni degli inserti lapidei: una cornice
quadrata di 1,18 m di lato e 18 cm di spessore era composta da quadrati
concentrici agli angoli e da due rettangoli caricati da losanghe concen-
triche e separati da un motivo a scacchiera su ciascun lato. all’interno
una treccia a due capi circondava una sorta di ruota centrale a spicchi
chiari e scuri alternati, del diametro di 65 cm ca. Gli spazi di risulta tra
la cornice e la treccia erano occupati sul lato orientale da un ramoscello
a tre foglie e da un kantharos; probabilmente le figure si ripetevano
anche dall’altra parte, ma i disegni e le foto non ci permettono di af-
fermarlo con sicurezza.
Due tratti murari tra loro paralleli pertinenti all’edificio 1 erano
stati rasati e inglobati nelle fondazioni e nello strato preparatorio del
mosaico: si tratta del più orientale dei tre setti interni già citati e del
segmento nord del muro perimetrale est. Ciò dimostra che il vano B si
estendeva oltre il limite orientale dell’edificio più antico e rende plau-
sibile che per chiudere la sala a est e isolarla dalla rupe siano state rac-
cordate le estremità dei muri antecedenti rimaste separate. la resa
grafica della pianta inv. 61384 infatti sembrerebbe testimoniare un al-
largamento del percorso del muro originario, ma non sono attestate altre
evidenze che confermino in modo inequivocabile questa ipotesi.
il vano C era adiacente a B e a F, rispettivamente a ovest del
primo e a nord del secondo, e occupava un’area rettangolare di 5,90 x
5,35 m ca42. anche in questo caso la sala condivideva, almeno in
parte, il muro meridionale con l’ambiente F; quello settentrionale, se-
41
Si ricava questa impressione dalle foto che ne mostrano i resti.
42
inv. 13644, 13653, 61385-61386, 61475-61476 e 61481; fotografie invv.
210501-210502 e 210544.
246 Giulia Sinopoli

Fig. 8 – Edificio 2, vano B, pavimento musivo, lacerto centrale.

condo la relazione, era realizzato in mattoni pieni (45 x 30 x 6 cm) le-


gati da calce: la documentazione grafica conferma questo dato soltanto
per l’angolo nord-occidentale che corrispondeva allo stipite sud del
vano D, mentre per il resto sembra indicare una parte superiore in la-
terizi su zoccolo in pietrame. Sembra che le pareti della sala fossero
intonacate.
anche questo ambiente ha restituito tre lacerti di mosaico pavi-
mentale, sotto il quale doveva passare un tratto di muro dell’edificio 1
parallelo a quelli citati a proposito della sala B ma la cui presenza è se-
gnalata solo da alcune piante. Si tratta di un tessellato bianco a orditura
diritta (tessere con lato tra gli 8 e i 10 mm) diviso in un settore interno
e in uno periferico da una cornice nera larga 8 cm; entrambi erano pun-
teggiati da tessere nere, tasselli lapidei neri e inserti marmorei policromi
di varie forme (Fig. 9). il lacerto settentrionale ha restituito un ulteriore
bordo esterno formato da triangoli neri disposti alternativamente di base
e di vertice lungo la parete in modo da creare una fascia continua. Si ri-
Domus romane di via Fanti ad ancona 247

Fig. 9 – Edificio 2, vano C, pavimento musivo, lacerto meridionale.

scontra una certa affinità stilistica con il pavimento del vano adiacente,
anche se in questo caso gli inserti sembrano disposti in modo ancora
più regolare e non esistono evidenze della presenza di un disegno cen-
trale. È plausibile che i pavimenti dei vani B e C siano stati recuperati43,
ma essi sono attualmente irreperibili.
Credo che sulla base delle loro caratteristiche i pavimenti del set-
tore formato dai vani B, C ed F possano essere datati al periodo di tran-
sizione tra il ii e il iii stile: i tessellati bianchi con inserti lapidei sono
generalmente associati a pareti di ii stile, mentre nel periodo successivo

43
presso l’archivio della Soprintendenza è conservato un avviso vergato a
mano, datato agosto 1955, relativo al sollevamento di un mosaico che si disgregò
durante l’operazione a causa della grande umidità: considerando la data della co-
municazione e quelle dei rilievi le ipotesi di identificazione più plausibili sono mo-
saico M, pavimento del vano B o quello dell’ambiente C, ma poiché viene
sottolineato il problema dell’umidità escluderei la prima possibilità, visto che quel
mosaico si trovava a una quota superficiale e decisamente superiore rispetto agli
altri due.
248 Giulia Sinopoli

predominano i pavimenti a tappeto nero. in età augustea la forma e la


disposizione degli inserti tendono a diventare sempre più geometriche
e regolari e le scaglie marmoree sostituiscono progressivamente quelle
in calcare colorato: nei mosaici dell’edificio 2 le crustae geometriche
erano disposte in modo abbastanza uniforme, seguendo le caratteristiche
planimetriche delle stanze, ed erano ricavate dal marmo ma anche da
altri lapidei. alla medesima datazione rimandano i motivi a contrasto
bianco/nero del quadrato centrale del vano B, ovvero la treccia a due
capi, la losanga inscritta in un rettangolo e il quadrato caricato da un
altro del colore opposto, questi ultimi tipici del periodo del ii stile pit-
torico e in particolare diffusi dalla metà del i sec. a.C., specialmente
nelle composizioni a cassettoni44.
la cronologia proposta per i pavimenti trova riscontro negli affre-
schi del vano F. in un primo momento, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60,
essi furono datati all’età di Caligola a causa di una tendenza ribassista

44
un confronto per la ruota a spicchi in un riquadro al centro del pavimento
si segnala a pompei in un altro contesto di ii stile, ovvero la Casa delle nozze di
nettuno e anfitrite (iX 2, 27). Vd. BaSTET- DE VoS, op. cit., pp. 107 ss.; M. E.
BlakE, The Pavements of the Roman Buildings of the Republic and Early Empire, in
«Memoirs of the american academy in Rome» vol. Viii (1930), pp. 7-159, tavv.
1-50 (vd. p. 84 e tav. 20 fig. 2); G. GHini, Impianti residenziali a Lanuvio e loro de-
corazione musiva, in i. BRaGanTini - F. GuiDoBalDi (a cura di), Atti del II Colloquio
A.I.S.C.O.M. (Roma, 5-7 dicembre 1994), Bordighera 1995, pp. 483-500 (vd. pp.
486 e 496 fig. 4); M. l. MoRRiConE MaTini, Aspetti del repertorio decorativo dei mo-
saici repubblicani di Roma, in p. pEnSaBEnE (a cura di), Marmi antichi. Problemi d’im-
piego, di restauro e d’identificazione, Roma 1985 (‘Studi miscellanei’ 26), pp.
135-143, in part. p. 137; M. S. piSapia, I pavimenti di II stile della villa A di Oplontis,
in R. M. CaRRa BonaCaSa - F. GuiDoBalDi (a cura di), Atti del IV Colloquio
A.I.S.C.O.M. (Palermo, 9-13 dicembre 1996), Ravenna 1997, pp. 555-564, in part.
pp. 557-558; V. SanToRo - M. a. ToMEi, Roma, Palazzo di Domiziano sul Palatino.
Pavimenti flavi e augustei rimessi in luce nei recenti interventi di consolidamento, in C.
anGElElli - a. paRiBEni (a cura di) Atti del XX Colloquio A.I.S.C.O.M.(Roma
19-22 marzo 2014), Tivoli 2015, pp. 13-20, in part. pp. 14-15 e 20 fig. 7; M. R.
SanZi Di Mino, Pavimentazioni a Roma e nel Lazio, in aa.VV., Roma repubblicana
dal 270 a.C. all’età augustea, Roma 1987, pp. 49-63, in part. pp. 54-56, M. a.
ToMEi, Mosaici bianchi e neri dagli ambienti lungo la via nova sul Palatino, in i. BRa-
GanTini- F. GuiDoBalDi (a cura di), Atti del II Colloquio A.I.S.C.O.M. (Roma, 5-
7 dicembre 1994), Bordighera 1995, pp. 425-432, in part. p. 426.
Domus romane di via Fanti ad ancona 249

che coinvolse tutte le principali attestazioni del ii stile45, mentre suc-


cessivamente sono stati attribuiti alla tarda età repubblicana, ovvero
alla fase iib del ii stile (anni 30-20 del i sec. a.C.)46, perché presentano
una commistione di aspetti ancora solidamente architettonici quali co-
lonne, archi e pilastri, e di altri che preludono agli sviluppi successivi:
progressivo venir meno dell’illusione prospettica, chiusura e partizione
delle superfici pittoriche, zoccolo figurato, vegetalizzazione dei fusti delle
colonne, capitelli con abaco a profilo rigido, decorazioni fitomorfe tra
cui il fregio a girali di acanto, maschere teatrali. Elementi egizi, tra cui
paesaggi nilotici e con pigmei, comparvero in mosaici e pitture fin dal

45
anniBalDi, Riaffiora una casa romana in via Fanti, cit.; i. JaCopi, Sistemi de-
corativi di II stile a Roma, in aa.VV., Roma repubblicana dal 270 a.C. all’età augustea,
Roma 1987, pp. 65-76, in part. p. 76; i. iaCopi, La decorazione pittorica dell’Aula
Isiaca, Milano 1997, p. 5; MERCanDo, Affresco di età romana, da Ancona, cit.
46
per le caratteristiche e alcuni esempi di ii stile finale vd. BaSTET - DE VoS,
op. cit., pp. 18 e 23; i. BRaGanTini - M. DE VoS, Museo Nazionale Romano, Le Pitture
II.1, Le decorazioni della villa romana della Farnesina, Roma 1982, pp. 129 ss.; G. Ca-
RETToni, Una nuova pittura nella casa di Livia, in p. RoManElli - G. CaRETToni,
Nuove pitture del Palatino, in «Bollettino d’arte» ser. iV, n. iii (1955), pp. 209-213
(vd. p. 211); iD. 1983, pp. 68-69 fig. 10, tavv. C e H; iD. 1987, p. 79; D. CoRlàiTa
SCaGliaRini, Spazio e Decorazione nella Pittura Pompeiana, in «palladio. Rivista di
Storia dell’architettura» XXiii – XXV (1974-1976), pp. 3-44 (vd. p. 32 nota 26);
DE VoS - DE VoS, op. cit., pp. 57 e 70; Di MaRCo, op. cit., pp. 55-57, e relativa bi-
bliografia; iaCopi, op. cit.; iaCopi, op. cit., pp. 69-76; M. lanDolFi, Dalle origini alla
città del tardo impero, in Ankon 1. Una città tra Oriente ed Europa, Jesi 1992, pp. 14-
35, in part. pp. 32-33; linG, op. cit., pp. 23 ss.; luni, op. cit., p. 317; MiCHEli, “Il
Nilo in Adriatico”, cit., pp. 409-413; EaD., Sepolti nel marmo, cit., pp. 320-321;
MiElSCH, art. cit.; QuiRi, art. cit.; V. SpinaZZola, Pompei alla luce degli scavi nuovi di
via dell’Abbondanza (anni 1910-1923), I-III, Roma 1953, pp. 346 e 352; V. M.
STRoCka, Il secondo stile, in G. CERulli iRElli (a cura di), La pittura di Pompei. Te-
stimonianze dell’arte romana nella zona sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C., Milano 1999,
pp. 211-219, in part. pp. 204, 216 e 219; VERSluyS, op. cit., p. 173; M. R. SanZi Di
Mino (a cura di), La Villa della Farnesina in Palazzo Massimo alle Terme, Milano 1998,
pp. 15 e 58, figg. 69-70, p. 115 fig. 136. per gli elementi egittizzanti nell’arte romana
vd. M. DE VoS, L’egittomania in pitture e mosaici romano-campani della prima età impe-
riale, leiden 1980 (‘E.p.R.o.’84) e VERSluyS, op. cit. Eugenio la Rocca propone una
revisione cronologica del ii stile che porterebbe a rialzarne la seconda fase a prima
del 36 a.C. (E. la RoCCa, Gli affreschi della casa di Augusto e della villa della Farnesina:
una revisione cronologica, in E. la RoCCa - p. léon - C. paRiSi pRESiCCE, Le due patrie
acquisite. Studi di archeologia dedicati a Walter Trillmich, Roma 2008, pp. 223-242).
250 Giulia Sinopoli

ii sec. a.C. e sono dunque tipici del ii stile anche se ebbero una maggiore
diffusione in epoca augustea47. Spesso queste iconografie furono private
del loro valore originario e assunsero una funzione decorativa adatta alle
aspirazioni di autorappresentazione, evasione e cosmopolitismo dei com-
mittenti romani. ancona dunque recepì i modelli più aggiornati della
pittura romano-campana, pur semplificandoli.
la cronologia proposta per i vani B, C ed F va estesa al resto del-
l’edificio, i cui pavimenti e muri sembrano riferirsi alla medesima fase,
e considerando la sequenza stratigrafica rappresenta un terminus ante
quem per la costruzione del precedente edificio 1.
Questo era certamente un settore di prestigio all’interno dell’abi-
tazione. Gli ambienti B e C si estendevano rispettivamente per 26 e
32 m2 ca e presentavano una scarsa caratterizzazione planimetrica priva
di zone funzionalmente distinte, come sembra di evincere dai resti
strutturali e musivi; erano probabilmente deputati al soggiorno o al ri-
cevimento di ospiti e non escluderei un uso conviviale, ma non è pos-
sibile definirli triclini in mancanza di dati sull’eventuale presenza di
incassi per i letti e sulla posizione delle soglie. il passaggio da un vano
all’altro doveva essere garantito da una porta aperta nel muro in co-
mune oppure attraverso un disimpegno o un corridoio non conserva-
tosi a nord, mentre è da escludere che il vano F li mettesse in
collegamento perché era certamente separato dall’ambiente B. al mo-
mento dunque non accoglierei la proposta della prof.ssa Micheli, che

47
Colonne: credo che un confronto stringente sia individuabile nelle co-
lonne del tablino della Casa di obellio Firmo a pompei, che però sono più sottili.
per la vegetalizzazione dei fusti cfr. anche: cubicolo superiore della Casa di augusto;
Casa di livia sul palatino, aula isiaca. Decorazione vegetale: la sua importanza in
questa fase emerge con chiarezza nella Villa della Farnesina, per esempio nel cubi-
colo B. Maschere: ne esistono numerosi esempi dipinti, come nella Villa dei Misteri,
in quella di Fannius Synistor, nella Casa del labirinto, nei Praedia di Giulia Felice,
nella Casa delle nozze d’argento, in quelle del Toro, del Criptoportico e di obellio
Firmo, nella Casa di augusto sul palatino, nella Villa della Farnesina. Zoccoli di-
pinti a tema egittizzante: possono essere citati quelli del calidarium della Casa del
Criptoportico, di un cubicolo della Casa di obellio Firmo (evanido), del peristilio
della Casa dello Scultore a pompei dove si può riscontrare un confronto puntuale
per le anatre della scena anconetana, del cubicolo della Casa di livia sul palatino
(pannelli separati da anforette stilizzate) e della parete absidata dell’aula isiaca.
Domus romane di via Fanti ad ancona 251

ha riconosciuto nell’assetto del settore la tipologia del vano absidato


con corridoio anulare associato a prestigiosi cubicula48. Vani con muri
curvilinei e portici semicircolari sono caratterizzati in genere dall’as-
sialità ottica rispetto ad altri spazi e dalla partecipazione a precisi per-
corsi all’interno degli edifici49. il vano F era invece peculiare perché

48
MiCHEli, Sepolti nel marmo, cit., p. 321. la studiosa cita come esempio l’am-
biente semicircolare della Villa della Farnesina (vd. G. luGli, La pianta dell’antica
casa della Farnesina, in «Mélanges d’archéologie et d’histoire» 55 (1938), pp. 5-28
e in part. pp. 21-25), caratterizzato però da due corridoi concentrici che mettevano
in comunicazione le due metà della casa e individuavano un emiciclo centrale
posto in fondo a un ambiente rettangolare.
49
Spazi semicircolari o con estremità absidata, anche associati a portici, po-
tevano trovarsi in edifici e spazi pubblici come terme, ninfei, santuari, fori, oppure
in grandi residenze. nelle villae i portici curvilinei potevano trovarsi in facciata e
fungere da solaria oppure essere collocati all’interno: a questo proposito possono
essere menzionati la villa di pompeo ad albano laziale (terza fase di i sec. d.C.),
con un ampio emiciclo del diametro di ca 20 m collocato al centro del palazzo e
aperto verso est, sicuramente comunicante con i settori laterali e retrostanti, per
il quale vd. E. ToRToRiCi, Castra Albana, Roma 1975 (= ‘Forma italiae’ Regio i,
11), pp. 31-33; il complesso dei Sette Bassi, il cui settore termale (edificio 2) com-
prendeva un portico semicircolare aggettante che garantiva la visuale sul grande
parco sottostante, in continuità con una balconata finestrata rettilinea, e il cui
spazio interno era caratterizzato da una fontana sul lato di fondo e da finestre aperte
nella parete curva interna (vd. M. DE FRanCESCHini, Ville dell’Agro Romano, Roma
2005, pp. 209-214 n. 75; l. QuiliCi, La via Latina da Roma a Castel Savelli, Roma
1978, pp. 106-110 e fig. 102: la villa, ubicata presso l’antica via Latina, risale al ii
sec. ma oblitera strutture di età repubblicana); il portico citato da plinio il Giovane
in riferimento alla sua villa di Laurentum (Lettera a Gallo ii, 17), che si trovava
dopo l’atrio ed era delimitato su tutto il perimetro da colonne alternate a vetrate
che riparavano l’ambulacro. Sono attestati casi di vere e proprie porticus curvatae,
come per esempio quella di Copia (vd. C. G. MalaCRino, Il cantiere di costruzione
della grande porticus semicircolare di Copia, in S. CaMpoREalE - H. DESSalES - a.
piZZo (eds.), Arqueología de la construcción II. Los procesos constructivos en el mundo
romano: Italia y provincias orientales (Certosa di Pontignano, Siena, 13-15 de Noviem-
bre de 2008), Madrid - Mérida 2010, pp. 247-261). anche la pittura mostra strut-
ture che associavano colonne e pianta curvilinea, come per esempio il sesto
pannello delle pitture odissiache dell’Esquilino (fase iia del ii stile), nel quale l’edi-
ficio a destra si configura come un colonnato semicircolare con due colonne al
centro del lato rettilineo aperto e una sorta di edicola distila all’interno (vd. R.
BiERinG, Die Odysseefresken vom Esquilin, München 1995, p. 83 e tavv.; linG, op.
cit., p. 36). Con l’epoca tardoantica e le grandi villae l’elemento curvilineo si diffuse
252 Giulia Sinopoli

associava una pianta semicircolare a pareti chiuse verso l’esterno e a co-


lonne interne, non si trovava in fondo ad assi visivamente connotati e
non era connesso a un ambiente maggiore o a un giardino, perciò non
era una semplice esedra50; d’altro canto, non poteva essere nemmeno
una sorta di balconata panoramica, a meno che non ci fossero delle fi-
nestre aperte a occidente. Escluderei la possibilità che la corte centrale
fosse adibita ad area per il consumo di pasti, perché la sua superficie non
doveva raggiungere i 10 m2 su un totale di ca 2251. il ricorso ai termini
impluvium o ninfeo con xystus52 per riferirsi a questo ambiente non trova
riscontro materiale, perché non sono attestate tracce di cisterne né di
vasche, scalette d’acqua, condutture idrauliche nei muri o a terra53. lo
strettissimo canale perimetrale serviva a far defluire l’acqua piovana e
non sappiamo dove scaricasse. Certamente l’ambulacro invogliava al
passeggio e a ciò era adatto lo schema parattattico degli affreschi, utile
anche a mascherare l’andamento non perfettamente semicircolare del

largamente, anche in forme combinate (F. GuiDoBalDi, Distribuzione topografica,


architettura e arredo delle domus tardoantiche, in S. EnSoli - E. la RoCCa (a cura
di), Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana. Catalogo della mostra Roma
2000-2001, Roma 2000, pp. 134-136).
50
alla luce delle riflessioni di S. SETTiS, ‘Esedra’ e ‘ninfeo’ nella terminologia
architettonica del mondo romano. Dall’età repubblicana alla tarda antichità, in Aufstieg
und Niedergang der Römischen Welt i.4, Berlin - new york 1973, pp. 661-745, in
part. pp. 662 e ss., forse il modo migliore di definire il vano F è “ambiente semicir-
colare” o “absidato”, perché non era un’esedra nell’uso moderno del termine (“una
stanza largamente aperta verso l’esterno”), in quanto il muro settentrionale lo chiu-
deva totalmente. un’esedra può essere concepita come un ambiente di pianta va-
riabile (ma in genere rettangolare) sensibilmente aperto verso l’esterno,
eventualmente dotato di portico e adatto a riunioni e conversazioni. la pianta se-
micircolare sembra essere stata eccezionale.
51
Questa ipotesi è rigettata anche dalla prof.ssa a. Santucci (comunicazione
personale).
52
anniBalDi, Scoperta di costruzioni romane, cit.; iD., Riaffiora una casa romana
in via Fanti, cit.; iD., L’architettura dell’antichità nelle Marche, cit., p. 80. Questo ter-
mine viene impiegato nella maggior parte della letteratura, per es. in luni, op. cit.,
p. 317, e dal prof. Cagiano de azevedo (nota del 20/10/1955 relativa all’esame au-
toptico degli affreschi in situ) ma viene rifiutato dalla prof.ssa a. Santucci (comu-
nicazione personale).
53
n. nEuERBuRG, L’architettura delle fontane e dei ninfei dell’Italia antica, napoli
1965, pp. 53-59 e 81-102.
Domus romane di via Fanti ad ancona 253

muro; in particolare la scelta di una composizione che duplicava sulle


pareti il colonnato reale in un gioco di corrispondenze richiama il mo-
dello del peristilio54.
la mia ipotesi è che si trattasse infatti di uno pseudoperistilio,
quindi di uno spazio prestigioso ma al tempo stesso raccolto, in cui ac-
cogliere ospiti selezionati55. l’ambiente meridionale dell’Edificio a Tri-
plice Esedra di Villa adriana a Tivoli è forse l’esempio che gli si avvicina
di più, con le ovvie differenze di carattere cronologico, qualitativo e
rappresentativo. Si tratta infatti di un giardino chiuso con un muro di
fondo semicircolare e un portico che ne seguiva l’andamento56. il vano
F di via Fanti era pavimentato e non sappiamo se la zona centrale ospi-
tasse un qualche apprestamento particolare; credo comunque che avesse
una funzione affine a quella dell’esedra di Tivoli. in un contesto che
forse non permetteva di riservare un’ampia area della casa a una corte
colonnata di grandi dimensioni probabilmente il dominus non volle ri-
nunciare a un vano prestigioso ed esclusivo che esprimesse la propria va-
lenza attraverso la decorazione e l’adozione di una pianta semicircolare
a plasmare lo spazio della residenza; l’otium che vi si praticava è ben rap-
presentato a mio avviso dalle raffigurazioni di carattere nilotico e dioni-
siaco, indizi di cultura raffinata, ma anche di benessere e abbondanza.
lo spazio di risulta tra il muro settentrionale della sala C e quello
perimetrale dell’edificio 1 era occupato dal piccolo vano E, dalla pianta
trapezoidale (Fig. 10)57. la documentazione non è concorde nel ripor-
tarne le misure e a giudicare dai valori forniti dalla relazione, 2,30 x 1,50
m, si potrebbe pensare che si sia scavata un’estensione quasi doppia ri-
spetto a quella mostrata dai disegni e dalle fotografie, fino al confine con
l’ambiente D. la parete meridionale del vano era intonacata. il pavi-
mento, che obliterava il più occidentale tra i muri interni dell’edificio
1, era a commesso di laterizi disposti in coppie a stuoia (11 x 7 cm). Fu
individuata la porta, di cui si erano conservati gli stipiti in arenaria (due

54
linG, op. cit., p. 50; MiCHEli, “Il Nilo in Adriatico”, cit., pp. 411 e 413; EaD.,
Sepolti nel marmo, cit., pp. 320-321.
55
anche la Dott.ssa Guastapaglia parla di giardino chiuso (GuaSTapaGlia,
op. cit., pp. 51-52).
56
a. GiuBilEi, Villa Adriana: il cosiddetto Edificio con Triplice Esedra, in «Bol-
lettino d’arte» 64 (1990), pp. 47-58, in part. pp. 49-56.
57
invv. 13651, 13653 e 61479; foto inv. 210587-210588.
254 Giulia Sinopoli

blocchi alti 20 cm e larghi 35 cm ca) e che si apriva sul lato orientale


del vano. Tali caratteristiche ne rivelano la funzione secondaria, forse
di disimpegno tra il settore più prestigioso e il resto dell’abitazione che
si sviluppava più a ovest.
la relazione di scavo si interrompe dopo la descrizione di queste
strutture, pertanto non siamo in grado di valutare la natura dell’area
che fu liberata a est dell’ambiente con lo scavo del pozzo 9 e che viene
riportata dai disegni; non ne conosciamo lo sviluppo oltre il limite orien-
tale del pozzo stesso e non sappiamo se mettesse in qualche modo in co-
municazione le due grandi sale centrali con il vano E, anche se era
sicuramente frequentata vista la sua posizione davanti all’ingresso di
quest’ultimo.
a ovest un’altra porta permetteva il passaggio all’ambiente D, il
più occidentale tra quelli conosciuti58, scavato per una lunghezza di ca
2,3 m e una larghezza di 1,6 m; il vano della porta conservava la soglia
in marmo larga 1,20 m. lo stipite meridionale coincideva con la faccia
esterna dell’angolo nord-occidentale del vano C, mentre quello set-
tentrionale era l’estremità del breve muro orientale ed era realizzato
in laterizi (45 x 30 x 6 cm), come il muro nord; le pareti erano into-
nacate. i muri sud e ovest non si erano conservati o non furono inter-
cettati dallo scavo. il pavimento era in cocciopesto su strato di
preparazione. non è possibile al momento avanzare ipotesi sulla fun-
zione dell’ambiente.
alla luce di quanto esposto mi sembra probabile che l’edificio 2 si
estendesse ancora più a occidente, dove probabilmente si apriva l’in-
gresso alla residenza.

Fasi successive

in letteratura non si trova nessun riferimento alla storia dell’area


dopo la caduta in disuso dell’edificio 2, ma l’analisi della documenta-
zione ha portato a riconoscere tracce di fasi di trasformazione e oblite-
razione, di cui non è possibile ricostruire i reciproci rapporti perché si
tratta di esigui elementi isolati.

58
inv. 210586.
Domus romane di via Fanti ad ancona 255

Fig. 10 – Edificio 2, vano E.

la parete del muro perimetrale est del precedente edificio 1 ha re-


stituito lacerti di pittura rossa a una quota superiore a quella della co-
pertura dell’ambulacro semicircolare del vano F (Fig. 11)59; escludendo
che si tratti di un residuo della decorazione della fase più antica e che
fosse pertinente a un piano superiore dell’edificio 2, il cui sviluppo in
quel punto è negato dalla presenza della corte scoperta, mi pare plausi-
bile l’attribuzione a una fase successiva con obliterazione dell’ambiente
F e ulteriore reimpiego della parete del muro di contenimento della
rupe. Ciò spiegherebbe la conservazione dell’affresco in ii stile per tutta
la sua altezza: il pavimento dell’eventuale stanza ricavata sul riempi-
mento si sarebbe trovato più o meno alla quota dei fori di alloggiamento

59
Disegni invv. 13645, 13647, 61398-61399 e 61410; foto inv. 210528.
256 Giulia Sinopoli

della copertura dell’ambulacro mosaicato. in ogni caso è evidente che


tale lacerto pittorico sia anteriore alla costruzione dell’edificio 5, il cui
piano di spiccato doveva trovarsi a una quota superiore (cfr. infra)60. il
riutilizzo dell’area del vano F sembra confermato anche dalla sovrappo-
sizione di un tratto di muro a quello interno del colonnato che pare te-
stimoniata dal disegno inv. 61398 ma che non è possibile mettere in
relazione con altre strutture.
il pavimento dell’ambiente B fu coperto da uno strato di materiale
di riporto alto 0,8 m (interfaccia superiore a q1 –8,12 m ca) sopra il
quale fu eretto un muro a pietrame e malta parallelo alla parete meri-
dionale, da cui distava ca 2,40 m61; la cresta arrivava a 2,50 m dall’in-
terfaccia di contatto con lo strato sottostante, dunque a quota q1 –5,62
m. un altro muro in laterizi, dall’andamento pressoché perpendicolare,
fu rinvenuto in corrispondenza dello spazio di risulta tra gli edifici 1 e
262, con cresta a quota q1 –5,72 m ca; non ne conosciamo lo sviluppo
in altezza. Esso venne definito “moderno” ma credo non si possa esclu-
dere che fosse invece antico. la documentazione disponibile non per-
mette di ricostruire i rapporti stratigrafici con le altre strutture, ma
sembra comunque plausibile l’anteriorità di entrambi i muri descritti ri-
spetto all’edificio 5.
la pianta inv. 13652 raffigura un riempimento a pietrame tra i muri
settentrionali dei vani B e C e quello perimetrale dell’edificio 1; l’esi-
stenza della porta orientale del vano E presuppone il passaggio a un altro
ambiente, pertanto tale riempimento doveva essere successivo all’uso
dell’edificio 2, di cui sembra che coprisse le strutture63. non disponiamo
però di ulteriori riscontri che ci permettano di stabilire quanto fosse
esteso e quali rapporti intrattenesse con i muri appena descritti.
Due tratti murari in pietrame e malta furono rinvenuti subito a
est del complesso degli edifici 1-264. il loro allineamento e la resa gra-

60
Credo che l’intonaco che si vede sotto la risega nei disegni invv. 13647 e
61392 corrisponda a questo affresco e che si tratti del medesimo brano raffigurato
nel disegno inv. 61410 e nelle foto invv. 201528 e 210962.
61
invv. 61414-61415 e 61479.
62
invv. 61488-61491.
63
inv. 13653; fotografia inv. 210588.
64
pozzo 5: invv. 13647, 61460-61464; pozzo 13: invv. 13650, 61409, 61411-
61413. Cfr. anche inv. 61384.
Domus romane di via Fanti ad ancona 257

Fig. 11 – lacerti pittorici pertinenti all’obliterazione dell’edificio 2.

fica analoga ne suggeriscono la contemporaneità, come le quote che pur


non essendo calcolabili con certezza assoluta rientrano nella medesima
forbice di valori. nel caso del muro più meridionale la cresta e l’estre-
mità inferiore della parte scavata e disegnata si sarebbero trovate rispet-
tivamente a q1 –3,13 m e –4,83 m oppure –3,80 e –5,50 m ca; per l’altro
tratto, che a sud piegava verso oriente, si ricostruisce l’intervallo q1 –
3,23 m/–4,63 m oppure –3,90/–5,30 m. in entrambi i casi il confronto
con il resto della documentazione fa propendere per la seconda coppia
di valori. le pareti orientali di entrambi erano a contatto diretto con
l’argilla, quindi è presumibile che svolgessero una funzione di limite o
di contenimento del pendio. non è semplice associare queste strutture
a una fase precisa, perché la loro posizione in pianta sembrerebbe sug-
gerire una corrispondenza con lo spessore e l’andamento ricostruibili per
il presunto muro perimetrale est dell’edificio 2, ma non possiamo stabi-
lire eventuali rapporti fisici tra di essi, mentre per quanto le quote cal-
colabili le pongano sullo stesso livello dell’edificio 5 le evidenti
differenze tecniche suggeriscono cautela nell’interpretazione.
258 Giulia Sinopoli

in attesa dello studio dei materiali è al momento impossibile in-


quadrare cronologicamente quanto descritto in questo paragrafo se non
nei termini di una generica posteriorità al i sec. a.C., e ovviamente in
presenza di tratti murari isolati o di brani di affresco non si può tentare
nemmeno una definizione funzionale.

Edificio 5 (Fig. 1265)


la novità più significativa emersa dall’analisi della documentazione
consiste nel riconoscimento di un ulteriore edificio mai menzionato in
letteratura né rappresentato nelle piante generali. in continuità con la
denominazione delle altre strutture gli ho assegnato il numero 5. Se ne
conservava soltanto un ambiente absidato, o: esso insisteva sull’area
dei precedenti vani a.2 ed F e fu riportato alla luce a una profondità di
0,6-0,7 m dal piano di calpestio66: si tratta dunque dell’ultima fase di
occupazione del sito attestata dai disegni e dalle fotografie.
l’ambiente o era definito da due tratti rettilinei in senso est-ovest
e da un’abside curvilinea, in senso nord-sud, ampia 3,85 m e profonda
1,58 m con prospetto interno verso est (Fig. 13). ai suoi lati la parete
era larga rispettivamente 40 cm a sud e 30 a nord. i muri avevano il me-
desimo orientamento di quelli dell’edificio 2. le fondazioni erano in
muratura di pietrame con superficie di spiccato in mattoni (21-23 x 6-
7 cm) mentre l’elevato era in laterizi67, con un arco inserito al centro
dell’abside e costruito con mattoni lunghi 45 cm; il prospetto esterno
del muro curvilineo includeva un tratto in opera reticolata lungo ca 1
m. l’elevato formava con la struttura fondativa una risega di 9 cm e si
conservava in modo discontinuo fino a 1,85 m di altezza, restituendo
anche tracce di intonaco.
i quindici filari di mattoni ritrovati alla sommità del muro dell’edi-
ficio 1 in questo settore sono a mio avviso la prova di un ulteriore reim-

65
la non perfetta sovrapponibilità dei disegni relativi a questo settore di
scavo ha determinato nella Fig. 12 una deformazione della resa grafica dell’abside,
che risulta un po’ schiacciata, soprattutto nel tratto meridionale.
66
invv. 61389-61393, 61395-61396 e 61398-61399; fotografie invv. 210514-
210516, 210692 e 433708.
67
Tra la prima e la seconda assisa di mattoni dell’elevato si trovava un filare
di tavelline lunghe 18-20 cm e spesse 3-3,5 cm.
Domus romane di via Fanti ad ancona 259

Fig. 12 – l’edificio 5.
260 Giulia Sinopoli

Fig. 13 – Edificio 5, vano o, muro absidato.

piego della struttura che per la sua posizione risultava particolarmente


vantaggiosa. Questi laterizi, spessi 6 cm, furono messi in opera per ade-
guare la quota a quella in uso e poggiavano sulla cresta del muro più antico
formando una risega profonda 30 cm, che si trovava a quota q1 –4,82 m
ca, in corrispondenza dell’interfaccia di spiccato dell’ambiente o; credo
dunque che il suo rivestimento in cocciopesto possa essere ciò che resta
della pavimentazione o della sua preparazione. la parete est distava da
quella occidentale 0,70 m nel suo tratto meridionale e 1,90 m in quello
settentrionale, pertanto la pianta dell’ambiente era asimmetrica.
il muro che chiudeva la stanza a sud non è rappresentato chiara-
mente; quello opposto sembra aver subito un intervento di aggiunta di
un paramento in mattoni al prospetto meridionale ed era anch’esso do-
tato di un arco.
Sembra che i muri proseguissero anche dalle estremità dell’abside
verso sud e verso nord, nel secondo caso fino alla linea del muro setten-
trionale dell’ambiente F per una lunghezza di ca 1,80 m. alcuni disegni
raffigurano un blocco di cementizio impostato sulla risega del muro del-
l’edificio 1, in corrispondenza di quello che separava i vani F e B, e in-
Domus romane di via Fanti ad ancona 261

tonacato su entrambe le facce, a sud apparentemente in continuità con


l’intonaco presente sui laterizi contigui. potrebbe essere stato pertinente
al vano o; ciò presupporrebbe un raccordo con il muro dell’edificio 2,
la cui cresta era 0,69 m più in basso.
l’impiego di una tecnica costruttiva distinta da quella principale
non risulta contrastante con questa proposta, perché si è visto che l’ab-
side stessa presentava un tratto in opera reticolata. le informazioni sullo
sviluppo del resto dell’edificio 5 appaiono scarsissime. al momento è
impossibile definire la funzione del vano o e fornire una cronologia se
non indicando una generica posteriorità al i sec. a.C.

Edificio 3 (Fig. 14)

nel settore nord-orientale dell’area di scavo furono rinvenuti i resti


di quattro vani G-l che occupavano una superficie di ca 15,3 x 14,5 m
a una quota superiore rispetto all’edificio 2. non sappiamo se e come si
sviluppasse il resto, sebbene sembri appurato che non ci fossero altri am-
bienti a ovest né presumibilmente a sud. non conosciamo i percorsi in-
terni perché non sono state localizzate le porte.
i piani di spiccato dei muri seguivano l’andamento ascendente
verso est della rupe argillosa, con differenze di livello minime che com-
portarono interventi di entità meno considerevole rispetto al taglio ope-
rato per creare lo spazio destinato ad accogliere l’edificio 1; la quota dei
pavimenti si manteneva costante sulla media di q1 –3 m.
l’edificio è conosciuto in modo più approssimativo e a volte con-
fuso rispetto a quelli descritti in precedenza, ma è evidente il ricorso a
diverse tecniche edilizie con l’adozione di materiali differenti; il rinve-
nimento delle fondazioni è documentato in modo discontinuo, anche
nel caso di tratti murari distanti pochi metri e allineati tra loro. Di con-
seguenza sarà necessario descrivere queste variazioni che potrebbero es-
sere indizi di interventi di rifacimento.
il vano i occupava il settore sud-occidentale dell’edificio e misurava
approssimativamente 8,8 x 5,65 m68. il muro settentrionale in pietrame

68
GuaSTapaGlia, op. cit., pp. 28-31 e 48; invv. 13651, 61407-61408, 61426-
61427, 61438-61441, 61474; 61477; foto inv. 210599.
262 Giulia Sinopoli

Fig. 14 – l’edificio 3.
Domus romane di via Fanti ad ancona 263

calcareo semisquadrato, legato con malta cementizia e intonacato, si con-


servava per un’altezza massima di 1,30 m e una lunghezza di 769, inter-
rompendosi prima dell’angolo con il muro occidentale. Quest’ultimo fu
portato alla luce per ca 8 m tra gli ambienti i e G: sono note le tracce di
uno strato di fondazione in calcestruzzo su cui era stato costruito l’elevato
in pietrame calcareo conservatosi per 0,8 m in altezza; in corrispondenza
del vano G rimaneva sulla cresta una fila di mattoni (42 x 30 x 7 cm70)
che doveva costituire il piano di spiccato. il breve tratto di muro meri-
dionale rinvenuto raggiungeva un’altezza analoga; la risega di fondazione
è collocabile a q1 –2,40 m, dato incompatibile con la quota q1 –3 m at-
testata per tutti i pavimenti dell’edificio. l’ipotesi al momento più plau-
sibile, pur in mancanza di riscontri, è quella di un rifacimento del muro
con contestuale innalzamento del livello pavimentale. l’elevato di prima
fase, in pietrame calcareo e tufaceo posato direttamente sull’argilla, sa-
rebbe funto pertanto da fondazione della nuova struttura in mattoni e
pietre legati da malta e messi in opera in filari abbastanza regolari. il muro
orientale era in comune con il vano l e sarà descritto in seguito.
il pavimento in cocciopesto, steso direttamente sull’argilla, è stato
dissotterrato in tre punti, le cui quote oscillano di poco attorno al valore
medio q1 –3 m. al di sotto correva un canale di scarico (definito “cu-
nicolo”) individuato nel settore meridionale del vano e al di là del muro
sud, dove proseguiva con una lieve curva verso sud-est; la pendenza era
compresa tra il 2 e il 3%. il fondo della struttura era a quota q1 –4 m; il
piano di scorrimento in laterizi si trovava su una preparazione in mura-
tura ed era delimitato da due cordoli formati ciascuno da tre filari di
mattoni a sostegno di una copertura alla cappuccina; la sezione rettan-
golare misurava 35 x 20 cm. non conoscendo l’intero percorso del ca-
nale non è possibile stabilire con certezza se all’interno del vano i si
svolgessero attività legate all’impiego di acqua.
immediatamente a nord si trovava l’ambiente G, che occupava
un’area di 8,8 x 5,7 m ca71. la parete meridionale restituì agli scavatori

69
GuaSTapaGlia, op. cit., p. 28, citando la relazione riporta una lunghezza
di 6,80 m e un’altezza massima di 1 m, ma tali dati sono smentiti dal disegno inv.
61474.
70
lunghezza e larghezza dei mattoni sono indicate da GuaSTapaGlia, op.
cit., p. 28, mentre lo spessore si ricava anche dal disegno inv. 61406.
71
GuaSTapaGlia, op. cit., pp. 28-29; invv. 13646, 61405-61406, 61470-
264 Giulia Sinopoli

un ampio lacerto di affresco policromo, lungo 4 m ca72: un basso zoccolo


rosso, un registro mediano a scansione iterativa in cui fasce nere verticali
separavano ampi pannelli gialli da altri rosso scuro più stretti, una cor-
nice composta da tre zone chiare alternate a due rosse, un registro supe-
riore organizzato in ulteriori campiture gialle e rosse. non si conoscono
i dettagli della decorazione ma la mia ipotesi è che si trattasse di un
esempio di ii stile finale oppure di iii stile.
il muro occidentale è stato descritto in riferimento al vano i; quello
orientale poggiava su una fondazione alta 20 cm, la cui metà superiore
era costituita da uno strato di cocciopesto laterizio; l’elevato si conservava
fino a 1,10 m di altezza ed era realizzato in pietrame calcareo e malta ce-
mentizia. la superficie della parete era movimentata da due pilastri in
mattoni (44 x 30 x 5,5 cm): quello meridionale era largo 50 cm ca e spor-
gente per 30 o 45-47 cm, si conservava in altezza per 60-80 cm e distava
1 m ca dalla parete sud; l’esistenza e la posizione del pilastro settentrionale
sono indicate dall’andamento della cornice del mosaico pavimentale. la
conservazione del muro per tutta la sua ampiezza nel tratto che separava
la sala G dal vano H dimostra che non era possibile passare dall’una al-
l’altro. non fu rinvenuta alcuna traccia del muro settentrionale.
la superficie del pavimento del vano G si trovava a quota q1 –2,90
m; il dislivello tra lo strato preparatorio e la rupe era colmato da un
riempimento. Si trattava di un tessellato bianco a ordito obliquo (Fig.
15), conservatosi per 8,45 x 4,45 m ca: una cornice a tessitura diritta,
composta da due fasce nere alternate a tre bianche per una larghezza to-
tale compresa tra 10 e 15 cm, seguiva l’andamento delle pareti. una
cornice quadrata (lato 3,28 m, larghezza 0,47 m) racchiudeva un disegno
centrale perso già in antico: su ciascun lato fasce bianche e nere deli-
mitavano un fregio a otto pelte nere con i dorsi verso l’esterno, quadrati
bianchi caricati da altri neri agli angoli e una treccia continua a due
capi bianca su fondo nero. la sobrietà del pavimento pare inquadrarsi
bene nell’orizzonte cronologico tardorepubblicano-augusteo e comun-
que entro il i sec. d.C., quando il colore prevalente rimase il bianco. la
fascia nera e sottile è tipica dei pavimenti in ii stile e può essere rad-

61471, 61473-61474, 61477-61478, 61480¸ fotografie invv. 210505-210508,


210510-210511.
72
Valore riportato da GuaSTapaGlia, op. cit., p. 29. Cfr. inv. 61474.
Domus romane di via Fanti ad ancona 265

Fig. 15 – Edificio 3, vano G, pavimento musivo.

doppiata a partire dalla fase iib; le pelte e la treccia a due capi si trovano
in pavimenti associati a pitture sia di ii che di iii stile, quindi risultano
diffuse tra il i sec. a.C. e quello successivo, ma anche più tardi73. le ca-

73
BaSTET - DE VoS, op. cit., pp. 107-110; G. BECaTTi (a cura di), Scavi di
Ostia IV. Mosaici e pavimenti marmorei, Roma 1961, pp. 263-265; l. CEnCiaioli,
Assisi: resti di una domus romana con mosaici e affreschi, in a. paRiBEni (a cura di),
Atti del VII Colloquio A.I.S.C.O.M. (Pompei, 22-25 marzo 2000), Ravenna 2001,
pp. 277-292 (vd. p. 285); k.M. D. DunBaBin, Mosaics of the Greek and Roman
World, Cambridge 1999, pp. 53 ss.; linG, op. cit., pp. 47 ss.; M.l. MoRRiConE, Mo-
saico, in E.A.A. V (1973), pp. 209-240; F. RinalDi, Ambienti di rappresentanza, in
F. GHEDini - M. anniBalETTo (a cura di), Atria Longa Patescunt. Le forme dell’abi-
tare nella Cisalpina romana, Roma 2012, pp. 71-95, in part. p. 93; ToMEi, cit. Du-
rante il periodo di iii e iV stile la treccia a due capi veniva usata per riquadrature
di impluvi e di campi ornamentali; il motivo è attestato anche più tardi: ad ancona
per esempio, a poche centinaia di metri dal sito di via Fanti, è impiegato nella cor-
266 Giulia Sinopoli

ratteristiche della sala G puntano verso una datazione alla tarda età re-
pubblicana-prima età imperiale e aiutano a inquadrare cronologica-
mente la prima fase dell’edificio 3. Era una stanza importante e presti-
giosa, destinata quasi certamente a funzioni di rappresentanza e al rice-
vimento degli ospiti. Si potrebbe pensare a un uso conviviale, ma
sebbene il rapporto tra i lati fosse di 3:2 non si può parlare con certezza
di un triclinio, perché non ce ne sono le evidenze74.
il vano l confinava a ovest con i e a nord con H; occupava
un’area di 5,65 x 4,15 m ca75. in corrispondenza dell’angolo sud-occi-
dentale i muri si conservavano fino a 1,40 m di altezza; erano in mu-
ratura di pietrame semisquadrato messo in opera con una certa
regolarità. la medesima tecnica fu osservata in prossimità dell’angolo
sud-orientale, dove la struttura in pietrame era impiegata come fon-
dazione di un elevato in tecnica mista conservato in altezza per 0,8 m,
la cui metà orientale era costruita in pietrame e mattoni rotti mentre
quella occidentale associava tre filari di mattoni e uno di blocchi di
arenaria; la parete interna era intonacata. Credo che non si possa
escludere che anche questo tratto di fondazione fosse ciò che rimaneva
di un muro precedente in fase con le strutture dell’altro angolo e con la
fondazione meridionale del vano i, della quale avrebbe condiviso il

nice dello pseudoemblema realizzato per nascondere la lacuna derivante dall’aspor-


tazione del labrum del vano l del complesso termale associato all’anfiteatro, inter-
vento inquadrato nella seconda fase di ii sec. d.C. (vd. M. R. CiuCCaRElli et al., Il
complesso termale nell’area dell’anfiteatro romano di Ancona: considerazioni preliminari
sulle fasi e sulle tipologie pavimentali, in F. GuiDoBalDi - G. ToZZi (a cura di), Atti del
XVII Colloquio A.I.S.C.O.M. (Teramo, 10-12 marzo 2011), Tivoli 2012, pp. 133-
146, in part. p. 139). le pelte erano adatte agli spazi delle soglie e delle cornici ed
erano usate anche a coppie addossate come motivo decorativo dei riquadri.
74
non sempre l’impaginazione del pavimento dei triclini ne ripartiva la su-
perficie in porzioni caratterizzanti (vd. F. RinalDi, op. cit., p. 75). in questo caso
però il riquadro centrale aveva un lato di ca 3 m e probabilmente era troppo grande
per essere un segna-mensa. i pilastri lungo la parete orientale sembrano quasi for-
mare un incasso ampio ca 2,70 m; la segnalazione di intonaco colorato su quel
tratto di parete fa capire che esso era a vista. la sua interpretazione come alloggia-
mento di un eventuale letto contrasta con il fatto che un tavolo sistemato nel ri-
quadro centrale sarebbe stato lontano oltre 2 m.
75
GuaSTapaGlia, op. cit., p. 31; invv. 13651, 61421-61423, 61432-61433,
61442-61444, 61452-61457; fotografia inv. 210728.
Domus romane di via Fanti ad ancona 267

destino: la tecnica edilizia sembra infatti del tutto analoga e anche la


profondità di rinvenimento, pur con alcune oscillazioni, potrebbe con-
fermarlo; la quota della risega di fondazione dovrebbe corrispondere a
q1 -2,70 m ca76. il muro orientale è conosciuto soltanto per un brevis-
simo tratto in corrispondenza dell’angolo con quello meridionale; si era
conservato fino a 1,80 m dal piano di spiccato ed era costituito da un
nucleo in cementizio rivestito su entrambi i lati da paramenti in pie-
trame semisquadrato.
presso l’angolo nord-occidentale i muri si conservavano fino a 0,80
m di altezza; conosciamo meglio il tratto ovest, caratterizzato dalla so-
vrapposizione di un “muro a pietrame calcareo e malta cementizia” alto
0,50 m a un “muro a pietrame sottostante” alto 0,30 m e altrettanto ag-
gettante. la terminologia impiegata descrive un assetto che potrebbe
avere un’implicazione cronologica o funzionale, ma che non trova ri-
scontro nel resto del vano. il tratto sopra la risega e la parete settentrio-
nale erano intonacati.
il più antico pavimento attestato in questo ambiente era in coc-
ciopesto steso direttamente sull’argilla; ne fu riportato alla luce un pic-
colo lacerto presso l’angolo sud-occidentale a una quota q1 –3 m ca,
un valore del tutto compatibile con quelli relativi ai pavimenti dei
vani G e i77. un rifacimento è attestato da un ampio brano di mosaico
adiacente ai muri dell’angolo nord-occidentale e posto a quota q1 –
2,60 m ca, 30 cm più in basso dell’interfaccia di sovrapposizione dei
muri; questa seconda stesura potrebbe essere associata alla risega a q1
–2,70 m segnalata presso l’angolo sud-orientale. nonostante le incer-
tezze e le incongruenze sembra dunque possibile riconoscere le evi-
denze di due fasi di vita dell’ambiente; ma al momento non si può
stabilire con sicurezza a quale fosse pertinente il tratto di muro nord-
occidentale sotto la risega.
il vano H occupava un’area di 4,15 x 3,5 m ca nel settore nord-
orientale dell’edificio 378; oltre ai muri condivisi con gli ambienti l e G

76
Cfr. infra Edificio 4.
77
Credo che la foto inv. 210736 rappresenti proprio questo pavimento in
cocciopesto, con la lacuna in prossimità dell’angolo tra i due muri perpendicolari
tra loro.
78
GuaSTapaGlia, op. cit., p. 30; invv. 13646, 61434-61437, 61445-61451,
61470-61472.
268 Giulia Sinopoli

ne conosciamo il lato settentrionale e in parte quello orientale. il muro


nord è stato rinvenuto in due tratti, compreso l’angolo est: i rilievi mo-
strano la giustapposizione di due strutture costruite con tecniche e ma-
teriali differenti e a quote diverse. il muro interno insisteva su esigue
fondazioni costituite da un solo filare di pietrame sopra il quale una pla-
tea di laterizi triangolari segnalava il piano di spiccato e fungeva da base
per l’elevato in muratura di pietrame, la cui cresta arrivava a un’altezza
massima di ca 1,14 m. in fase con il muro si trovava un pavimento in
cocciopesto di cui fu riportato alla luce un lacerto in corrispondenza
dell’angolo nord-orientale e il cui sottofondo poggiava direttamente
sull’argilla. per la sua superficie si può calcolare una quota q1 –2,96 m
ca, perfettamente compatibile con quella media dei pavimenti del resto
dell’edificio 3 (q1 –3 m).
il muro esterno fu realizzato in tecnica mista, in analogia con
quanto descritto per l’angolo sud-orientale del vano l: a nord su una
platea in pietrame si impostava un elevato con piano di spiccato in la-
terizi e formato da un filare di conci di arenaria squadrati (h 0,46 m) e
da uno in cui gettate di muratura di pietre, mattoni rotti, tegole e marmi
(h 0,7 m) si alternavano a blocchi di mattoni (h 6 cm) su otto file. la
faccia esterna era forse rivestita da un paramento in pietrame. Consi-
derando le caratteristiche grafiche e i valori metrici riportati dai disegni
credo che il valore più attendibile in relazione alla quota del piano di
posa di queste strutture sia q1 –2,66 m ca, che appare compatibile con
quella della risega di fondazione del muro sud del vano l (q1 -2,70 m
ca): ciò, unitamente alle analogie tecniche, potrebbe indicarne l’appar-
tenenza alla medesima fase. Credo pertanto che la sequenza proposta
dagli scavatori, che interpretarono come precedente il muro più esterno
a tecnica mista, al quale sarebbe stato aggiunto quello più interno a pie-
trame, definito “addossato”, sia da capovolgere79.
l’angolo e il muro orientale hanno restituito soltanto opera qua-
drata di arenaria, rispettivamente su due e tre filari impostati diretta-
mente sull’argilla. non sappiamo se il resto dell’elevato fosse analogo
a quello pertinente all’ambiente l (nucleo cementizio e due paramenti

79
i dati forniti dalla relazione e riportati da GuaSTapaGlia, op. cit., p. 30
suggeriscono invece un’interpretazione dei due muri come risalenti alla medesima
fase, come se si fosse trattato di un’unica struttura.
Domus romane di via Fanti ad ancona 269

esterni), né se quest’ultimo poggiasse su blocchi di arenaria. Dalla


pianta inv. 13644 appare chiaro che si conoscesse il muro anche presso
l’angolo sud-orientale del vano H, ma non ci sono giunti disegni di
dettaglio.
la lettura di queste strutture soffre di una serie di incertezze ma
sembra coerente con i dati ricavati in relazione agli altri settori dell’edi-
ficio: per questo motivo, seppure in assenza di informazioni su un’even-
tuale seconda stesura pavimentale, credo che si possa riconoscere una
sequenza di due fasi anche nella vita del vano H. Ricostruire la destina-
zione d’uso del settore orientale dell’edificio è praticamente impossibile
con conoscenze così scarse, per cui sarà importante studiare i relativi
materiali.

Fasi successive
i rifacimenti descritti non sembrano aver intaccato l’articolazione
interna dei quattro vani dell’edificio 3 e per questo si è preferito ana-
lizzarli in continuità con i medesimi. allo stato attuale delle nostre co-
noscenze è possibile riconoscere un solo intervento che abbia
determinato un effettivo cambiamento nello spazio interno, ovvero il
ridimensionamento della grande sala G, con la costruzione di un nuovo
muro settentrionale che ne ridusse la larghezza a 3,40 m (Fig. 14)80. la
struttura fu realizzata in opera mista di mattoni (42 x 30 x 5,5 cm) e
pietre calcaree squadrate (alte 10-12 cm) legati con malta cementizia
e disposti in modo regolare; fu impostata direttamente sul mosaico e la
cresta arrivava fino a 1,10 m di altezza, dunque a quota q1 -1,80 m ca.
un tratto perpendicolare, conservatosi per 1,15 m di lunghezza, si giu-
stappose parzialmente al muro est, allineandosi al pilastro in laterizi
meridionale dal quale distava 0,75 m e occupando la posizione di quello
settentrionale.
la documentazione riporta dati contrastanti rispetto all’estremità
opposta: secondo una versione dopo 2,25 m la nuova struttura avrebbe

80
invv. 13644, 61470-61471, 61473, 61477-61478 e 61480. la foto inv.
210508 mostra nell’angolo in alto a sinistra una struttura ad arcate laterizie che
doveva disturbare il complesso residenziale all’altezza del primo muro nord del vano
G; non ne esistono apparentemente altre tracce, quindi non possiamo sapere cosa
fosse né a che epoca risalisse.
270 Giulia Sinopoli

piegato di 90° verso nord proseguendo per 1,20 m ca e rispettando così


il disegno al centro del pavimento81, mentre secondo l’altra il muro sa-
rebbe stato rettilineo e si sarebbe conservato per una lunghezza di 5,40
m, sovrapponendosi così alla parte centrale del mosaico. l’unica foto
che ritrae questo settore di scavo non permette di distinguere se l’angolo
retto che lasciava scoperto il centro del pavimento fosse una caratteri-
stica della costruzione o non piuttosto il risultato della demolizione con-
testuale alle indagini.
allo stato attuale delle nostre conoscenze è impossibile stabilire in
che sequenza siano stati realizzati tutti gli interventi che interessarono
l’edificio 3; il mantenimento in funzione del mosaico del vano G po-
trebbe indicare un’anteriorità rispetto al rifacimento dei pavimenti at-
testato negli altri ambienti oppure semplicemente la volontà di
conservare un elemento di prestigio.
Ritengo che non si possano riconoscere negli edifici 2 e 3 due nuclei
di una stessa residenza terrazzata, a causa delle differenze costruttive e
del dislivello tra i pavimenti che si attestava sui 6 m ca e avrebbe reso
necessaria una qualche forma di collegamento di cui non è documentata
alcuna traccia. l’orientamento analogo è comune a tutto il quartiere
(cfr. infra) e dunque non può essere considerato decisivo in tal senso.

Edificio 4 (Fig. 16)


l’edificio 3 fu cancellato dalla sovrapposizione di strutture succes-
sive di cui rimanevano poche tracce a meno di 1 m di profondità.
il mosaico M fu rinvenuto a cavallo dei muri che dividevano i pre-
cedenti vani G, i ed l e in corrispondenza dell’angolo sud-occidentale
di quest’ultimo, a quota q1 -1,60 m; se ne conservava un ampio lacerto,
che misurava 9,20 x 3,20 m ca (Fig. 17)82. la resa grafica delle emergenze
non è sempre coerente e suscita alcuni dubbi circa il rapporto stratigra-
fico con le strutture antecedenti, soprattutto nel settore dei vani i ed l,
ma le immagini fotografiche sembrano testimoniare a favore della totale

81
la pianta riportata qui (Fig. 14) mostra questa ipotesi ricostruttiva.
82
invv. 61384, 61424-61426, 61432-61433, 61438, 61440, 61470-61471,
61473-61478, 61482; fotografie invv. 210471-210472, 203644. Confrontando i di-
versi disegni e le foto che riproducono il pavimento emerge una certa difformità
nella resa dell’andamento dei suoi margini.
Domus romane di via Fanti ad ancona 271

Fig. 16 – l’edificio 4.
272 Giulia Sinopoli

Fig. 17 – Edificio 4, mosaico M.

obliterazione dei muri interni dell’edificio 3. a giudicare da alcuni di-


segni sembrerebbe che il mosaico si estendesse almeno fino alla cresta
del muro nord di seconda fase del vano G, alla quale si sarebbe sovrap-
posto. Era realizzato in tessere bianche di 2 cm di lato; nell’angolo nord-
orientale rimaneva parte di un bordo in marmo, di cui non conosciamo
il colore, che ne seguiva il perimetro ed era largo 2,2 cm. a 5,1 m dal
limite nord del lacerto principale fu rinvenuta una risarcitura in marmo
di forma rettangolare (19 x 26 cm)83.

83
Essa può essere identificata con i quattro frammenti citati dall’inventario
provvisorio al n. 162.
Domus romane di via Fanti ad ancona 273

nell’angolo sud-orientale del vano l, a contatto con le due pareti,


fu recuperato un frammento musivo in tessere bianche la cui superficie
era a 0,7 m di profondità e 1,1 m più in alto della risega di fondazione.
Considerando tali valori, la distanza da ciò che restava del mosaico M
(ca 1,20 m) e la monocromia credo plausibile che anche questo brano
fosse pertinente al medesimo pavimento; qualora questa ipotesi fosse
corretta la risega di fondazione del muro meridionale si sarebbe trovata
a q1 –2,70 m ca84.
l’andamento dei margini meridionali dei due lacerti suggerisce il
mantenimento dell’ingombro dei muri che chiudevano a sud il prece-
dente edificio 3 e che potrebbero quindi essere stati reimpiegati, al con-
trario dei loro omologhi settentrionali. non è comunque possibile
ricostruire l’assetto del vano a cui apparteneva il pavimento M e che
certamente doveva essere molto esteso.
in corrispondenza dell’ambiente H ne fu impiantato uno nuovo con
relativo pavimento musivo bianco a quota q1 –1,46 m, che denomine-
remo n85. la documentazione relativa appare incompleta e incoerente,
ma è possibile tentare una ricostruzione di massima. Furono rinvenuti i
resti dei muri occidentale, settentrionale e orientale, che si sovrappo-
nevano alle strutture precedenti con un leggero slittamento verso est, e
di un muro meridionale probabilmente di prima fase.
il muro nord si conservava per un’altezza di 0,2 m e una lunghezza
di 4 m ca in corrispondenza della parete interna; esso formava un angolo
ottuso con il muro est, che assumeva un andamento leggermente curvi-
lineo e misurava 5,10 m lungo la parete interna per un’altezza di 0,3 m.
Entrambi erano stati edificati con pietrame e laterizi mescolati a calce
e ricoperti da strati di cocciopesto, calce, rena e intonaco bianco. il
muro orientale sicuramente obliterava quello dell’edificio 3 nel suo
tratto nord, mentre come si è visto il mosaico M probabilmente ne ri-
spettava l’elevato a meridione; la documentazione non permette di ri-
solvere questa grave incongruenza, né di ricostruire i limiti dei due
pavimenti in quell’area.

84
Cfr. supra.
85
Disegni invv. 13644, 13646, 61449, 61470-61472, 61477-61478; fotografie
invv. 210536-210537. nella pianta SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit.,
p. 60 fig. 60 questo pavimento e i relativi muri perimetrali sono resi a linea di con-
torno rossa.
274 Giulia Sinopoli

il settore ovest è l’unico in relazione al quale disponiamo della raf-


figurazione del riempimento in pietrame e terriccio che obliterò le strut-
ture precedenti; nella sezione sembra possibile riconoscere due strati
sovrapposti, con quello superiore probabilmente più compatto per fun-
gere da preparazione su cui stendere il sottofondo dei mosaici M ed n.
nel riempimento fu impiantato il muro occidentale del nuovo vano,
che si era conservato per una lunghezza di ca 2 m dall’angolo con quello
nord; la fondazione in pietrame calcareo era a una quota sicuramente
maggiore di q1 -2,70 m, mentre la cresta dell’elevato in laterizi arrivava
a q1 -1,58 m ca. la parete occidentale era intonacata.
Due disegni testimoniano l’esistenza di un tratto di muro meri-
dionale riportato alla luce per 0,8 m approssimativamente sulla linea
del pilastro meridionale del vano G, a quanto pare sotto il mosaico n.
la posizione stratigrafica e le caratteristiche tecniche appaiono del
tutto analoghe a quelle del muro occidentale: ricavato anch’esso nel
riempimento, presentava una fondazione a pietrame calcareo e un ele-
vato a sacco, con nucleo cementizio e paramenti in mattoni lunghi
15-20 cm e spessi 5-7 cm, conservato per un’altezza di 0,54 m. la pa-
rete meridionale era intonacata. prendendo come riferimento la su-
perficie del mosaico n a quota q1 –1,46 m si può calcolare quella
inferiore della fondazione come q1 –2,36 m ca e quindi quella del
piano di spiccato, pari a q1 –2,16 m ca; la rasatura del muro era a quota
q1 –1,60 m ca.
l’angolo tra i due muri era cancellato da una lacuna, ma ritengo
che si possa affermare la loro contemporaneità e l’appartenenza del mo-
saico a una seconda fase dell’edificio che avrebbe comportato l’innalza-
mento del livello pavimentale con contestuale obliterazione del muro
meridionale ai fini dell’ampliamento del vano; questo intervento po-
trebbe essere confermato dal fatto che lo strato superiore del riempi-
mento sopraccitato pare coprire in parte le due pareti del muro
occidentale; di conseguenza anche il pavimento M sarebbe stato suc-
cessivo alla costruzione di quest’ultimo.
Del mosaico n si conservava un lacerto approssimativamente ret-
tangolare (Fig. 18): il disegno inv. 61470 riporta le misure di 3,9 x 1,6
m ca, ma alla luce dei ragionamenti precedenti la larghezza doveva cor-
rispondere alla distanza tra il muro nord e quello meridionale di prima
Domus romane di via Fanti ad ancona 275

Fig. 18 – Edificio 4, vano n, pavimento musivo.


Edificio 2, vano C, pavimento musivo, lacerto meridionale.

fase, ovvero 5,5 x 2,5 m ca; a est un segmento lungo e stretto seguiva
verso sud l’andamento non rettilineo della parete e portava il lato orien-
tale a misurare in totale 5,1 m ca86.
le incongruenze grafiche impediscono di stabilire quali fossero esat-
tamente i rapporti stratigrafici tra i due pavimenti, i quali non offrono
spunti di analisi stilistica a fini cronologici, anche se considerando la
proposta di datazione avanzata per l’edificio 3 mi sembra logico pensare
che risalissero almeno all’età imperiale.

Contestualizzazione

le strutture riportate alla luce tra via Fanti e via orsini si inserivano
in un più ampio contesto abitativo che ha restituito numerose testimo-
nianze e del quale le pagine che seguono tentano di fornire un quadro
sintetico.

86
GuaSTapaGlia, op. cit., p. 32.
276 Giulia Sinopoli

L’abitato antico
la continuità insediativa nell’area dell’attuale centro cittadino fin
da epoca piceno-greca87 si rispecchia anche nel percorso del circuito
murario antico, che non dovrebbe aver subito particolari alterazioni nel
corso del tempo, sebbene non sia al momento chiaro a quale epoca ap-
partengano le prime evidenze88. alla luce delle segnalazioni e dei rin-
venimenti è possibile riconoscere una distribuzione dei segmenti murari
fortemente condizionata dall’orografia del promontorio. in epoca ro-

87
G. piGnoCCHi, L’abitato preromano ed ellenistico-romano di Ancona tra il colle
Guasco e il colle dei Cappuccini, in F. EManuElli - G. iaCoBonE, Ancona greca e ro-
mana e il suo porto. Contributi di studio, ancona 2015, pp. 159-176, in part. p. 159;
SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., pp. 17-18.
88
il problema risiede nella difficoltà di individuare una cronologia precisa
per l’opera quadrata e nelle condizioni di rinvenimento delle strutture, a piccoli
lacerti sparsi e spesso inglobati in mura o edifici posteriori, perciò è possibile tentare
di ricostruire l’andamento della cinta muraria antica ma senza avere la certezza
della sua datazione precisa, che viene fatta oscillare tra il iV e il i sec. a.C. per le
ipotesi ricostruttive e la cronologia vd. n. alFiERi, Topografia storica di Ancona an-
tica, in «atti e Memorie della R. Deputazione di Storia patria delle Marche», ser.
V, voll. ii-iii (1938), pp. 151-235 (in part. pp. 161-165 e 193-195); G. anniBalDi,
Ancona. Scavi nella città, in Fasti Archaeol. Viii (1953), n. 3593, p. 266; iD., L’ar-
chitettura dell’antichità nelle Marche, cit., pp. 46, 49-52; M. l. CanTi poliCHETTi,
Santa Maria della Piazza. Recupero di un documento di storia urbana, Falconara M.
1981, pp. 17-21; G. DE MaRiniS - p. QuiRi, Ancona dalle origini alla fine del mondo
antico, in «Città ideale. Cultura, ambiente e turismo nelle Marche» anno iii, n. 2
(2000), pp. 50-55 (vd. p. 53); luni, op. cit., pp. 208-211; G. MilZi, Duemila anni
di storia sotto il Museo della Città, 2017 http://www.fattodiritto.it/duemila-anni-di-
storia-sotto-il-museo-della-citta/; M. MoRETTi, Ancona. Regio V – Picenum, Roma
1945 (‘italia Romana: municipi e colonie’ ser. i, vol. Viii), pp. 41-44; S. pETRElli,
Ancona. Santa Maria della Piazza. Per una rilettura della stratigrafia archeologica, in
«picus» 34 (2014), pp. 147-158, in part. pp. 149-152; M. SalVini - l. palERMo,
Archeologia urbana ad Ancona: lo scavo sul Lungomare Vanvitelli, in G. BalDElli - F.
lo SCHiaVo (a cura di), Amore per l’antico. Dal Tirreno all’Adriatico, dalla Preistoria
al Medioevo e oltre. Studi di antichità in ricordo di Giuliano de Marinis vol. 2, Roma
2014, pp. 589-605, in part. p. 593; S. SEBaSTiani, Sulle fasi urbane di Ancona antica,
in «archeologia classica» XXXV (1983), pp. 287-296, in part. pp. 295-296; EaD.,
Ancona. Forma e urbanistica, cit., pp. 22-23, 44-45 nn. 7-8, 81-82; EaD., Ancona:
il sistema urbano in età romana, in BalDElli - lo SCHiaVo (a cura di), Amore per
l’antico, cit., pp. 577-588, in part. pp. 578-579.
Domus romane di via Fanti ad ancona 277

mana la cinta presumibilmente circondava il Colle Guasco89 e scendeva


verso sud lungo l’asse rappresentato da via Birarelli e via Fanti90, costeg-
giando il Colle dei Cappuccini ed escludendo il Cardeto, fino all’altezza
di piazza del plebiscito91. Dopo aver piegato verso ovest giungeva all’area
della chiesa di S. Maria della piazza e da lì risaliva verso il Guasco se-
guendo l’andamento dell’arco portuale sulla linea degli attuali via Saffi,
piazza Dante e lungomare Vanvitelli92. non si può escludere che la zona
sacra e il porto fossero dotati di cinte dedicate connesse a quella prin-
cipale. la tecnica utilizzata prevedeva il ricorso all’opera quadrata di
arenaria/calcare giallo ammorsata al piano roccioso e disposta in tratti
che seguivano le curve di livello, con integrazioni in mattoni93.
i tre assi viari fondamentali sono stati concordemente riconosciuti
dagli studiosi sulla base dei rinvenimenti e dei calcoli metrologici: il più
importante, che toccava le principali aree pubbliche della città alle pen-
dici dei colli Guasco e dei Cappuccini, corrispondeva alle attuali vie

89
Due tratti in opera quadrata di arenaria, di cui uno pseudoisodomo con
anathyrosis e l’altro in conci di reimpiego, sono visibili presso l’antico convento di
S. Bartolomeo, in seguito istituto Giovagnoni Birarelli (vd. SEBaSTiani, Ancona.
Forma e urbanistica, cit., pp. 44-45 nn. 7-8).
90
lungo questa linea si apre porta Cipriana, che divide via Fanti da via Bi-
rarelli; l’esile arco risparmiato dai bombardamenti è la probabile testimonianza di
una continuità con l’antico: la sua denominazione infatti parrebbe derivare dalla
presenza del tempio di Venere sull’acropoli e la strada che conduceva all’edificio
sacro con tutta probabilità passava per quella porta. in mancanza di emergenze ar-
cheologiche la presenza di un tratto della cinta muraria in quel settore è ipotizzata
anche sulla base dell’andamento di via Fanti che, essendo rozzamente curvilineo,
quasi a gomito, indurrebbe a riconoscervi l’influenza di una preesistenza quale un
circuito murario.
91
procopio di Cesarea colloca il tratto murario davanti al Colle astagno
(dorsale meridionale) proprio all’altezza di piazza del plebiscito: vd. SEBaSTiani,
Ancona. Forma e urbanistica, cit., p. 82.
92
attestazioni in S. Maria della piazza, via Buoncompagno, piazza Dante
alighieri, Via della Cisterna, Via Ferretti, lungomare Vanvitelli (SEBaSTiani, An-
cona. Forma e urbanistica, cit., p. 7 n. 74, pp. 46-47 nn. 14 e 17, p. 51 n. 20, p. 62
n. 32, p. 66 n. 40). Delle segnalazioni riguardano anche vicolo Foschi, via Saffi e
via Carducci.
93
luni, op. cit., p. 215. le caratteristiche dei tratti murari fanno ipotizzare
che essi non avessero tanto funzione difensiva quanto di contenimento dei pendii,
per regolarizzare il fronte mare e creare terrazzamenti per edificare.
278 Giulia Sinopoli

Ferretti-pizzecolli-Gramsci94; a circa due actus di distanza a est correva


una seconda arteria, lungo le odierne vie Birarelli e Fanti; tra queste due
strade si estendeva, su terrazzamenti a quote comprese tra i 40 e i 25 m
s.l.m., un ricco quartiere residenziale in una posizione panoramica sul
porto e sulla costa. presso le mura altre abitazioni sorgevano probabil-
mente nella zona di S. Maria della piazza tra i 15 e i 5 m s.l.m. a ovest
la strada portuale doveva corrispondere alla sequenza lungomare Van-
vitelli-via della loggia95. alcune delle porte conservatesi, più recenti,
si trovano proprio lungo questi percorsi dimostrandone la funzionalità96.
numerosi rinvenimenti di strutture a carattere residenziale, pub-
blico, produttivo dimostrano che il centro abitato si estendeva senza so-
luzione di continuità anche a sud del circuito murario nella valle della
pennocchiara, almeno fino ai limiti della dorsale meridionale97. È pro-
babile che questa estensione sia stata raggiunta già in epoca augustea98,
quando ancona conobbe un’ampia serie di interventi di carattere sia
pubblico che privato, con un primo potenziamento del porto, l’irreggi-
mentazione delle acque e la realizzazione di strade lastricate, edifici pub-
blici e ricche domus. il rinvenimento di tratti di strada basolata con

94
Due tratti di basolato obliterati dall’ambiente con natatio a ridosso del
lato occidentale dell’anfiteatro testimoniano la presenza di tale percorso, più o
meno con lo stesso orientamento dell’odierna via pio ii che prosegue la linea di
via Ferretti verso nord; a diretto contatto con la superficie della strada fu rinve-
nuta ceramica “megarese” di ii sec. a.C. (vd. CiuCCaRElli et al., op. cit., p. 133;
SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., pp. 45-46 n. 9). un lastricato è
stato trovato anche in piazza Stracca (vd. SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbani-
stica, cit., pp. 52 n. 22).
95
Tratti di lastricato sono stati rinvenuti in largo della Dogana, Via Saffi,
lungomare Vanvitelli (vd. SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., p. 54 nn.
25-26 e p. 8 n. 76).
96
porta Cipriana tra via Birarelli e via Fanti, porta S. pietro a dividere via
Bernabei da via Matteotti e l’arco del Rastrello da cui parte via pizzecolli.
97
DE MaRiniS - QuiRi, op. cit., p. 54; luni, op. cit., p. 201; S. SConoCCHia,
Ancona greca nelle fonti antiche, in F. EManuElli - G. iaCoBonE, Ancona greca e ro-
mana e il suo porto. Contributi di studio, ancona 2015, pp. 21-45, in part. p. 34; SE-
BaSTiani, Sulle fasi urbane di Ancona antica, cit., pp. 293-294; EaD., Ancona. Forma
e urbanistica, cit., pp. 82-94; EaD., Ancona: il sistema urbano in età romana, cit., pp.
579, 584-585; TaRDini, op. cit., p. 125.
98
poMponio MEla (ii, 64): “et illa in angusto illorum duorum promontorium ex
diverso coëuntium inflexi cubiti imagine sedens, et ideo a Grais dicta Ancona”.
Domus romane di via Fanti ad ancona 279

andamento parallelo alle vie attuali99 suggerisce la continuità tra la via-


bilità antica e quella odierna e la probabile corrispondenza degli attuali
corsi Mazzini e Garibaldi ad assi romani.
le prosecuzioni extraurbane delle strade interne si possono rico-
noscere nell’asse via Matteotti-Corso amendola verso S-E, lungo il
quale si estendevano le necropoli, e in quello di via Cialdini verso la
costa n-o.

Le residenze private e le domus del quartiere


ad ancona nessuna abitazione di epoca romana è stata scavata
nella sua interezza; al momento il tipo di edificio più attestato è quello
della domus di livello medio-alto, in particolare nello scenografico quar-
tiere intramuraneo dove le residenze erano disposte su quote digradanti
sul pendio collinare regolarizzato, in modo da avere con tutta probabilità
una vista sul mare; in questo contesto si inserisce il sito di via Fanti. in
generale si parla di una prima fase di i sec. a.C. alla quale sarebbe seguita
una seconda di i-ii sec. d.C., dunque si suppone che quest’area sia stata
pianificata in età augustea e poi restaurata con Traiano.
la domus di via orsini100 era orientata come gli edifici 2 e 3 di via
Fanti. Si conosce il settore sud-orientale di un grande peristilio101 for-

99
in via degli orefici, all’angolo tra via del Gallo e corso Mazzini, sotto alla
Corte d’appello, nell’isolato di via Menicucci (vd. alFiERi op. cit., pp. 177-178; Mura
e porte greche, romane e medievali, in I Sedici Forti di Ancona https://www.isediciforti-
diancona.com/mura-antiche; MoRETTi, op. cit., pp. 40-41; SEBaSTiani, Sulle fasi ur-
bane di Ancona antica, cit., pp. 293-294; EaD., Ancona. Forma e urbanistica, cit., pp.
66, 68 nn. 39, 41 e 47, p. 75 nn. 56 e 58, pp. 83 e 87-89; TaRDini, op. cit., p. 124).
100
anniBalDi, L’architettura dell’antichità nelle Marche, cit., p. 80; S. FERRaRi,
Domus di vicolo Orsini, Amb.2, tessellato con inserti marmorei, in TESS – scheda 6552
(http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6552), 2008; iD., Domus di
vicolo Orsini, Amb.3, con pavimento in tessellato e inserti, in TESS – scheda 6553
(http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6553), 2008; iD., Domus di
vicolo Orsini, corte con pavimento a commessi laterizi, in TESS – scheda 6551
(http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6551), 2008; M. luni, op.
cit., p. 317; SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., pp. 54-56 n. 28; TaRDini,
op. cit., pp. 80-82.
101
le dimensioni del peristilio dovevano essere notevoli: lo si conosce per
18 m ma si calcola che ne misurasse 40 in lunghezza, tanto da far ipotizzare all’an-
280 Giulia Sinopoli

mato da colonne corinzie in arenaria a delimitare un’area scoperta pa-


vimentata in opera spicata con pozzo e canaletta. il porticato ha resti-
tuito due pavimenti in mosaico. l’edificio, impiantato tra il i sec. a.C.
e quello successivo, presenta tracce di diverse fasi che testimoniano la
chiusura degli intercolumni con divisione dell’ambulacro in più vani e
infine la conversione a laboratorio di recupero del materiale lapideo.
la domus di palazzo panzini Bevilacqua si estende tra via Matas e
la soprastante via orsini102. le strutture di i sec. a.C. in opera quadrata
di arenaria erano orientate come l’edificio 1 di via Fanti. Sono stati in-
dagati undici vani, tra cui la sala a con semicolonne alle pareti e il pe-
ristilio l con colonne in laterizio, conosciuto in parte lungo i lati
settentrionale e occidentale. a nord sono stati individuati due vani co-
municanti, il primo con mosaico nero punteggiato in bianco e con in-
serti in marmo, il secondo con pavimento policromo raffigurante una
sequenza di arcate103. nelle adiacenze era presente un vano diviso in an-
ticamera e sala con mosaico bianco e nero. altre strutture rinvenute in
lacerti più a sud a una quota leggermente superiore fanno pensare a una
seconda fase e presentano un orientamento analogo a quello degli edifici
2 e 3 di via Fanti e del peristilio di via orsini104.

dreae che fosse pertinente a un edificio pubblico (vd. anDREaE, op. cit., pp. 173-
174).
102
SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., pp. 56-59 n. 30; S. FERRaRi,
Domus di Palazzo Panzini, corte 9, mosaico bianco e nero, in TESS – scheda 6556
(http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6556), 2008; iD., Domus di
Palazzo Panzini, vano 1, tessellato bianco, in TESS – scheda 6557 (http://tess.beni-
culturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6557), 2008; iD., Domus di Palazzo Panzini,
vano 11, tessellato bianco, in TESS - scheda 6558 (http://tess.beniculturali.unipd.it/
web/scheda/?recid=6558), 2008; TaRDini, op. cit., p. 61.
103
la decorazione ad arcate è un motivo caratteristico dell’epoca tardore-
pubblicana, sebbene sia attestata anche più tardi. l’esemplare anconetano, non
leggibile con sicurezza, sembrerebbe ispirato alle rappresentazioni di mura urbiche,
perché sembra di potervi riconoscere una muratura isodoma, o di navalia.
104
anDREaE, op. cit., pp. 174-175; anniBalDi, Ancona. Scavi nella città, cit.;
S. FERRaRi, Domus di Palazzo Panzini, vano 12, tessellato bianco, in TESS – scheda
6559 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6559), 2008; luni, op.
cit., p. 317; SEBaSTiani, Ancona: il sistema urbano in età romana, cit., pp. 581-582;
TaRDini, op. cit., pp. 61-70: la lievissima variazione delle quote dei piani di calpe-
stio non permetterebbe di riconoscere fasi chiaramente distinte.
Domus romane di via Fanti ad ancona 281

l’ipotesi secondo la quale l’accesso all’edificio 2 di via Fanti sa-


rebbe avvenuto da ovest implicherebbe una forma di viabilità secon-
daria, approssimativamente in corrispondenza di via orsini, ma non
disponiamo di alcuna evidenza archeologica in questo senso. lungo via
Matas sono attestati anche altri tratti di muri e lacerti pavimentali105.
la presenza di edifici residenziali in questo settore, a quote intermedie
tra due rilevanti strade di epoca romana, suggerisce la presenza di un
tracciato di minore importanza, approssimativamente in corrispondenza
di via Matas. altri resti sono segnalati nel medesimo quartiere106.
Sono numerosi i rinvenimenti effettuati a breve distanza l’uno
dall’altro in corrispondenza dell’attuale centro cittadino, ridotti però ad
alcuni mosaici e pochi vani interi, che testimoniano la presenza fuori
dal circuito murario di una zona fittamente abitata cronologicamente
affine al quartiere descritto in precedenza107.

105
S. FERRaRi, Domus di via Matas, Amb.1, tessellato bianco, in TESS – scheda
6554 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6554), 2008; SEBa-
STiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., pp. 6-7 n. 73 e p. 56 n. 29.
106
Sotto il convento annesso a S. Francesco alle Scale, in corrispondenza
della sala podesti, sono segnalati due mosaici geometrici a quote differenti che
dovrebbero trovarsi ancora in situ. Sono pertinenti a due diverse fasi di un me-
desimo edificio o ambiente e si datano l’uno alla fine della Repubblica e l’altro
agli inizi dell’impero (vd. luni, op. cit., p. 318; l. MERCanDo, Ancona, in M.
GaGGioTTi et al., Umbria - Marche, Roma - Bari 1980, pp. 227-240, in part. p.
232; MoRETTi, op. cit., p. 73; SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., p. 64
n. 35). nell’area della chiesa di S. pietro furono rinvenuti strutture murarie in
opera quadrata di arenaria, mosaici e pavimenti in esagonette laterizie (vd. S.
FERRaRi, presso ex-S.Pietro, Amb.1, pavimento a commessi laterizi (esagoni), in
TESS – scheda 6570 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=6570),
2008; MERCanDo, Ancona, cit.; SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., p. 65
n. 36). andreae cita dei mosaici geometrici rinvenuti in via Scosciacavalli e in via
Fanti ma non esistono altre informazioni in merito (vd. anDREaE, op. cit., p. 176).
107
anche in questo caso una prima panoramica è offerta da SEBaSTiani, An-
cona. Forma e urbanistica, cit. Corte d’appello: p. 68 nn. 47-49; via Zappata: p. 68
n. 46 (mosaico perduto durante i bombardamenti); Corso Mazzini: pp. 70-71 n.
52; Mercato delle Erbe – Casa ponis: pp. 68-70 nn. 50-51; Galleria Dorica: pp. 71-
72 n. 53; palazzo Mengoni: p. 67 n. 45; via Menicucci: pp. 72-75 nn. 54-59. Quella
di via Buoncompagno è una scoperta più recente: vd. G. MilZi, Duemila anni di
storia sotto il Museo della Città, cit.; iD., Nuova al Museo, il cantiere progettuale, 2017
http://www.fattodiritto.it/nuova-al-museo-il-cantiere-progettuale/; iD., Soprinten-
282 Giulia Sinopoli

Considerando le abitazioni di ancona nel loro complesso si nota


che il settore d’ingresso è andato quasi sempre perduto; non è al mo-
mento attestato l’uso dell’atrio, ma è difficile stabilire se tale mancanza
sia legata solo alla casualità dei rinvenimenti o se rifletta una tendenza
locale, dunque se il peristilio ne facesse le veci come vano di rappresen-
tanza e organizzazione dei percorsi. È ricorrente la presenza di spazi sco-
perti, alcuni di dimensioni rilevanti ma sobri nell’uso dei materiali e
delle tecniche decorative. la distribuzione del settore di servizio, quando
riconoscibile, non sembra rispondere a un criterio univoco.
numerosi i pavimenti tessellati, nei quali domina il motivo geo-
metrico a vari livelli di complessità, e gli esemplari con inserti marmorei.
in altri casi invece, indipendentemente dalle dimensioni e dalla proba-
bile destinazione d’uso degli ambienti, si è optato per una soluzione a
tappeti bianchi incorniciati da fasce nere semplici o doppie. l’arte mu-
siva domestica in città si presenta dunque molto sobria ed elegante e i
temi figurati appaiono solo in due esemplari policromi108. Sono noti
anche rivestimenti in cotto, lastricati in pietra e cocciopesti109. oltre a
quello di via Fanti sono attestati esempi minori di pareti affrescate, come
in un vano dell’isolato sotto la Corte d’appello110.

Conclusioni

lo studio del contesto di via Fanti ha restituito l’immagine di un


sito pluristratificato e complesso, presentando una serie di aspetti critici
dovuti allo stato di conservazione delle emergenze, al metodo di scavo
non estensivo né stratigrafico e alla documentazione non sempre chiara,

denza di nuovo al lavoro, 2017 http://www.fattodiritto.it/soprintendenza-di-nuovo-


al-lavoro/; iD., Sotto il Museo della Città spunta l’Ancona romana, in Cronache An-
cona.it 10/02/2017 https://www.cronacheancona.it/2017/02/10/sotto-il-museo-
della-citta-spunta-lancona-romana/12351/. Vd. anche SConoCCHia, art. cit.; SE-
BaSTiani, Sulle fasi urbane di Ancona antica, cit., pp. 294-295; EaD., Ancona. Forma
e urbanistica, cit., pp. 86-87; EaD., Ancona: il sistema urbano in età romana, cit., pp.
579 e 584-585.
108
Testa di oceano da corso Garibaldi SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbani-
stica, cit., p. 67 n. 44; mosaico con pesci dalla Galleria Dorica: ibid., pp. 71-72 n. 53.
109
luni, op. cit., pp. 320-325, 334-335, 347-348; SEBaSTiani, Ancona. Forma
e urbanistica, cit., p. 8; TaRDini, op. cit., pp. 87, 90, 124-142.
110
SEBaSTiani, Ancona. Forma e urbanistica, cit., p. 68 n. 49.
Domus romane di via Fanti ad ancona 283

ma ha comunque permesso di individuare le fasi e le strutture principali,


identificandone alcune trascurate o mai menzionate in letteratura.

in antico l’area compresa tra le attuali vie Fanti e orsini rientrava


in un quartiere urbano costruito in posizione panoramica, affacciato
sulla curva del porto e al tempo stesso abbastanza vicino ai principali
edifici e spazi pubblici. le caratteristiche morfologiche del terreno
hanno costretto gli abitanti di ancona ad addomesticare i pendii delle
colline; lo stesso avvenne nel nostro caso in età tardorepubblicana, con
la costruzione dell’edificio 1 nello spazio ricavato attraverso un lungo e
profondo taglio della rupe argillosa e il contenimento del terreno a
monte grazie ai muri perimetrali dell’edificio stesso. la sovrapposizione
di fasi successive dimostra che la sua collocazione e la sua funzione so-
struttiva erano ritenute vantaggiose.
l’edificio 2 è meglio documentato; obliterò quello precedente al-
l’incirca alla fine del i sec. a.C., sfruttandone l’area e in parte le strutture
attraverso un innalzamento di quota minimo e cancellandone l’artico-
lazione interna. la rotazione del suo asse rispetto all’orientamento del-
l’edificio più antico trova un preciso riscontro in altre domus del
quartiere, tutte datate tra il i sec. a.C. e quello successivo, e potrebbe
dunque essere legata alla definizione della viabilità urbana durante
l’epoca augustea111. Si è potuto riconoscere labili tracce di interventi
edilizi successivi che al momento non è possibile datare; è probabile che
un’obliterazione totale abbia preceduto la costruzione dell’edificio 5, i
cui resti furono rinvenuti poco al di sotto del piano di calpestio mo-
derno. il riconoscimento di quest’ultima fase, esclusa dalle piante com-
plessive e mai menzionata in letteratura, rappresenta una delle novità
che lo studio approfondito della documentazione ha permesso di appor-
111
la prof.ssa Micheli ha ricostruito sinteticamente la storia del settore oc-
cidentale del sito menzionando una prima fase tardorepubblicana a cui avrebbero
fatto seguito un ampliamento in avanzata epoca augustea e infine una radicale ri-
strutturazione in età traianea; la studiosa tuttavia non specifica meglio questa ri-
costruzione e non spiega sulla base di cosa la proponga, a meno che non faccia
riferimento a quanto documentato in generale per il quartiere nel quale si inseriva
il complesso (vd. MiCHEli, “Il Nilo in Adriatico”, cit., pp. 411 e 413; EaD., Sepolti
nel marmo, cit., pp. 320-321). l’unica fonte bibliografica citata è SEBaSTiani, An-
cona. Forma e urbanistica, cit., che però non fa mai riferimento a una fase traianea.
284 Giulia Sinopoli

tare alla conoscenza del sito, anche se non è stato possibile stabilire le
ragioni dell’oblio che ha colpito la struttura.
analogamente sono state definite meglio le caratteristiche del set-
tore nord-orientale dell’area scavata, poco considerato dagli studiosi. la
costruzione dell’edificio 3, identificato a una quota sensibilmente più
alta, comportò minimi interventi di sistemazione della superficie argil-
losa, che fu leggermente intaccata e spianata. È probabile che la resi-
denza sia stata costruita subito dopo l’edificio 2; sappiamo che subì
alcuni rifacimenti che però non ne modificarono i volumi, tranne nel
caso del vano G, in cui un nuovo muro settentrionale fu sovrapposto al
pavimento musivo. la sovrapposizione dell’edificio 4 ebbe invece un
impatto davvero notevole, con la cancellazione delle precedenti divi-
sioni interne ma con il possibile mantenimento dei muri perimetrali
meridionali e il rispetto dell’orientamento dell’edificio 3.
lo scavo parziale ha impedito una conoscenza completa dell’orga-
nizzazione interna dello spazio e dei percorsi, che sarebbe utile per defi-
nire in maniera più precisa la destinazione d’uso dei singoli vani. Tutto
quanto fu riportato alla luce venne sistematicamente demolito per fare
spazio ai pilastri di fondazione della scuola; non si può escludere che le
parti non esplorate si trovino ancora sotto l’edificio, protette dal terreno
non asportato.
Soltanto un ulteriore approfondimento basato sullo studio sistema-
tico dei materiali potrà aiutare a chiarire alcuni dei punti oscuri della
ricostruzione di questo contesto e fornire dati più sicuri su cronologia,
decorazione, funzione dei singoli vani e presenza di eventuali “strutture
fantasma” la cui esistenza può essere ipotizzata sulla base dei dati forniti
dall’inventario provvisorio o di alcuni reperti.
non disponiamo al momento di informazioni decisive in relazione
alle emergenze ritrovate durante la realizzazione della palestra annessa
alla scuola. Considerando però la quota raggiunta dai lavori e l’anda-
mento del muro più settentrionale dell’edificio 1 credo non si possa
escludere che i rinvenimenti pertenessero al complesso in questione o
in alternativa ad altre costruzioni del quartiere112. È auspicabile che in

112
la sezione riportata dalla tav. 8a del progetto architettonico-esecutivo di
ristrutturazione e messa a norma dell’edificio scolastico (30 marzo 1999) mostra
che la quota raggiunta dal pavimento del piano seminterrato e della palestra cor-
Domus romane di via Fanti ad ancona 285

futuro si approfondisca la ricerca anche in questo senso, per rendere più


definito il quadro della zona residenziale di maggior prestigio dell’an-
cona romana.

RIASSUNTO
Il complesso edilizio di età romana rinvenuto ad Ancona tra via Fanti e via Orsini viene
qui ricostruito per la prima volta sulla base della revisione di tutta la documentazione dispo-
nibile, che ha reso possibile una descrizione dettagliata delle strutture e il riconoscimento di
fasi mai menzionate prima. L’inquadramento cronologico dipende dallo stile di affreschi e pa-
vimenti, in attesa di un futuro studio degli oggetti recuperati durante le indagini. L’area era
inserita in un ricco quartiere residenziale, non lontano dai principali edifici pubblici e affacciato
sul mare, che presenta un alto potenziale per nuovi studi e di cui viene tracciato un quadro
sintetico.
ancona, scavi urbani, abitazioni romane, documentazione, contesto urbanistico.

ABSTRACT
The Roman complex found in Ancona between via Fanti and via Orsini is reconstructed
here for the first time on the basis of the avaiable documents. It is possibile to offer a detailed
description of the structures and of their phases of construction. Their chronology depends on
the style of frescoes and pavements, waiting for future study of the objects collected during the
archaeological excavations. The area was part of a lavish residential block, not far from the
most important public spaces and with a view of the sea.
ancona, urban excavations, Roman houses, documentation, urban context.

risponde a quella del manto stradale di via orsini, dunque le fondazioni devono
arrivare ancora più in profondità. i plinti e i pilastri relativi si dispongono lungo
due file parallele che continuano quelle periferiche del settore nord-occidentale
della scuola (cfr. disegno Progetto per Scuola Media in via Fanti – Ancona. Pianta
fondazioni del piano seminterrato). le piante invv. 61384-61385 sembrano indicare
lo scavo di pozzi e la presenza di altre emergenze a nord-ovest del settore di nostro
interesse, in corrispondenza dell’area della successiva palestra e oltre, ma al mo-
mento non è possibile stabilirne la natura e capire se si trattasse di saggi ulteriori
o di scoperte antecedenti, né se ci fossero relazioni con quanto riportato alla luce
durante il cantiere antognini.

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