Così dunque anche tra i Celti, come il Misantropo di Menandro, io recavo affanni a me stesso.
Tuttavia, se la selvatichezza dei Celti sopportava ciò, logicamente lo tollera male una città felice
come questa, beata e popolosa di uomini, dove ci sono molti
ballerini, molti flautisti, più mimi che cittadini, e dove non
c’è rispetto per chi governa.
Pensavi davvero che la tua selvatichezza, la tua misantropia, la tua goffaggine, potessero andar
d’accordo con tutto questo? Tu, il più idiota e attaccabrighe di tutti gli uomini tanto sciocca e
leggera è questa animuccia, che i più IGNOBILI dicono sapiente, da credere di doverla adornare ed
abbellire con LA SAGGEZZA?
Hai torto, poiché in primo luogo noi non sappiamo cosa mai sia la saggezza: ne udiamo solo il
nome, non vediamo gli effetti. Se è come tu vivi ora, sapere che bisogna sottomettersi agli dei e alle
leggi, trattare da pari a pari con quelli di uguale condizione e accettare benignamente la superiorità
in mezzo a loro, darsi cura e provvedere a che i poveri non subiscano minimamente ingiustizia dai
ricchi e per questo avere noie, quante è naturale che tu ne abbia avute spesso, inimicizie,
risentimenti, insulti; inoltre, quindi, sopportare tutto ciò con forza, non adirarsi e non abbandonarsi
alla collera, dominare sé stessi per quanto è possibile, ed esercitare LA SAGGEZZA; se poi si pone
anche questo come effetto della saggezza, astenersi da ogni piacere che non sembri in pubblico
troppo sconveniente o degno di biasimo, persuaso che non è possibile che sia saggio in privato, in
casa e di nascosto, chi in pubblico vuole essere smodato e si diletta nei teatri; se dunque
essenzialmente la saggezza è questa, ti sei rovinato e ora rovini anche noi, che della servitù non
sopportiamo neppure il nome, né verso gli dei, né verso le leggi; è dolce infatti essere liberi in tutto.