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LA CITTA’ VIRTUOSA- AL FARABI

INTRODUZIONE
I- è difficile sottovalutare l’influenza di al farabi sulla filosofia islamica; egli influenzò sicuramente
il pensiero di avicenna e averroè e fu il primo tra gli arabi a cercare di fare una sintesi tra filosofia e
teologia islamica; teorizzò anche sulla struttura del reale e tracciò le prime linee argomentative di
quella che sarà poi la filosofia greco-araba. Il pensiero farabiano appare nettamente superiore
rispetto a quello di al-kindi. Al farabi non era arabo, ma turco; fu un pensatore greco in primis, o
meglio era impregnato di pensiero greco. Le sue riflessioni sono più complesse e ricche di
sfumature, e confermano un punto di vista critico generale che deve essere sempre tenuto fermo
quando si parla di filosofia islamica; Tutti i filosofi islamici furono prima musulmani e poi pensatori
razionalisti.( ciò emerge in modo abbastanza evidente nella filosofia politica di al farabi). Una
chiave molto importante dell’ interpretazione dei suoi testi, risiede nello studio dell’ analisi
compositiva delle sue opere; infatti, Nei suoi scritti al farabi in genere evita di fare dimostrazioni
ma profetizza il suo pensiero. Netton, studioso inglese,lo ha inserito nella schiera di filosofi teologi
che avrebbero tradito o alienato L’ originario messaggio coranico - fondato sull’ immagine di Dio
come libero creatore dal nulla e provvidente guida del genere umano. Ciò sarebbe accaduto a
causa di una fin troppo trascendenza della sostanza divina, infatti, Secondo Netton, al farabi ha reso
il messaggio di Dio privo di significato. La tesi di neton, non può essere discussa nei dettagli,
tuttavia la teoria della trascendenza divina è vigorosamente implicita anche nel corano, nonostante
le affermazioni antropomorfiche del testo sacro. In islam, la filosofia è una declinazione della
religione stessa.
Al farabi viene etichettato come un musulmano sciita; la sua vita fu povera di avvenimenti e anche
quel poco che si sa è privo di certezze. Di lui sappiamo che nacque a Farab introno al 256/870 e che
da giovanissimo si recó a Bagdad per studiare entrando in contatto con maestri e discepoli anche
cristiani. Dalle fonti sappiamo per certo che compì un viaggio in Egitto, e intorno al 339/950 il
filosofo morì a Damasco. Di lui sappiamo che visse facendo il giardiniere ed il musico,
effettivamente compose un’ opera di musicologia; sappiamo che fu di costumi morigerati ed ascetici
a tal punto da essere considerato un mistico. Il suo pensiero però pare avere ben poco di mistico
infatti ha un’ acuta visione razionalistica, e la sua fama è legata ad una feconda attività teoretica che
gli garantì il titolo di secondo maestro, dopo aristotele. La vita di al farabi testimonia la grande crisi
del califfato Abbaside e L’ affermazione di altre famiglie( buyidi) grazie alle quali si ebbe un grosso
sviluppo culturale. Egli in maniera del tutto autonoma e indipendente aderì al neoplatonismo, Molti
sostengono anche la sua vicinanza a tesi sciite e ismailiite (gli ismailiti sostengono che dalla
creazione del mondo si sarebbero succedute 7 epifanie, ognuna composta da un legislatore), visto e
considerato che ad esempio nella città virtuosa quando parla del capo della città, la sua visione è
molto simile al capo della città sciita; ovvero L’ imam.
Al farabi compose moltissimi libri a tal punto che non è possibile fornirne un elenco completo.
Sicuramente possiamo dire che fu un grande organizzatore e sistematore del sapere e nel corso degli
anni rivisitò e rimodellò le sue teorie. Studió in maniera molto analitica e approfondita le opere di
Platone e Aristotele; nel trattato intitolato “ accordo tra le opinione dei due saggi, Platone e
Aristotele”, cerca di concordare le tesi dei due maestri ad oltranza, anche se probabilmente il
trattato non testimonia la vera e definitiva prospettiva dell’ autore.
Nella città virtuosa, questa scelta di metodo porta ad avere una concezione del mondo dove gli
elementi integrati del platonismo e dell’ aristotelismo, hanno un chiaro sigillo musulmano.
Nell’ opera “enumerazione delle scienze “, al farabi concede una verticizzazione del sapere alla
teologia islamica. Per lui, prima vengono le scienze linguistiche, poi la logica; quindi la matematica
e la fisica; al vertice ci sta la metafisica e scienza divina, la politica, la giurisprudenza e la teologia.
La grande importanza conferita alla politica e alla giurisprudenza caratterizzano fortemente la
concezione epistemologica islamica dove la religione, la legge e lo stato sono termini estremamente
interconnessi. Definire i confini della teologia per al farabi è molto difficile; la teologia non è la
scienza che studia Dio, studiare Dio è molto complesso, perché egli si trova in un piano molto alto e
risulta essere inconoscibile.
Anche nel “ libro delle lettere”, (una sorta di commentario della metafisica aristotelica), al farabi
stabilisce una sorta di subalternio tra le varie scienze; la filosofia preceduta dalla logica, precede a
sua volta la religione che sta a monte. ( per al farabi la politica è uno strumento nelle mani della
religione), di conseguenza appare difficile dividere il politico dal divino; per lui metafisica e
politica sono strettamente correlate e insieme queste due discipline ci conducono verso la verità. La
verità dunque coincide con L’ islam,” la città virtuosa “ appare come il disegno di una rigorosa
società islamica in cui, nell’ordinamento politico, sia realizzabile la piena soddisfazione intellettuale
e morale.
La città virtuosa risulta essere l’esito più compiuto del pensiero farabiano, fu composto intorno al
942 così come un altro testo politico “ il libro della scienza politica”. Questi due testi sembrano
essere quasi paralleli, e mettono in luce in modo molto esplicito la concezione socio politica dell’
autore. Altre opere di al farabi, come ‘ il raggiungimento della felicità’ e ‘l’ epistola sull’ intelletto’,
sono dei trattati che ci aiutano a comprendere le due opere politiche farabiane, anche se il pensiero
politico farabiano subì un evoluzione interna.
II- è opportuno fornire una descrizione della città virtuosa. Intanto da quel che sappiamo, al farabi
nell’ opera originale ha pensato di dividere il tutto in 19 sezioni, mentre nell’ edizione di Albert
Nader, il testo è stato diviso in 37 sezioni, anche per questione di traduzione, sostenendo che questa
suddivisione giova maggiormente a una piana comprensione del discorso. Tuttavia il testo può
comunque essere organizzato in una sintesi che comprende 19 punti.
1- bisogna credere nell’ esistenza di Dio altissimo, studiare chi sia e in che modo gli sono stati
attribuiti gli attributi; il problema degli attributi divini è fondamentale nella teologia musulmana.
Nella teologia ortodossa, gli attributi ( vita, potenza, sapienza) sono reali e separabili dalla sapienza
di Dio. Al contrario, secondo la posizione dei mu’taziliti e dello stesso al farabi, gli attributi
coincidono direttamente con L’ essenza di Dio. Dio dunque è la causa di tutti gli altri esseri
esistenti, essi si originano da lui e si connettono a lui.
2- dobbiamo credere all’ esistenza degli angeli, organizzati secondo una precisa gerarchia; c’è da
capire come sono venuti alla vita gli angeli. Ogni Angelo è causa di un corpo celeste, in modo da
formare una struttura ordinata. Al farabi è da considerare il primo teorizzatore della filosofia greco
araba , che tanto incise sulla costruzione del cosmo medievale Cristiano, con la gerarchia degli
intelletti , fino all’ intelletto agente, che illumina quello umano.
3- anche i corpi celesti si legano secondo una gerarchia verticale, e secondo un vincolo che unisce i
precedenti ai successivi.
4- i corpi sublunari sono materiali, bisogna capire come sono stati creati e in che cosa consiste la
loro sostanza.
5- la materia e la forma costituiscono i corpi.
6- come si devono descrivere quegli esseri intelligenti, gli angeli.
7- cosa dei corpi celesti bisogna ritenere particolare.
8- come sono stati prodotti i corpi materiali? L’unico di questi corpi è l’uomo, anch’esso collocato
secondo un ordine gerarchico.
9- cercare di capire come si collocano, bilanciandosi, gli esseri esistenti.
10- l’analisi dell’ uomo e delle sue forze, porta a determinare una gerarchia tra le sue facoltà, alcune
delle quali destinate al comando ex altre all’ obbedienza e al servizio.
11- all’ interno del corpo umano le membra risultano perfettamente ordinate, per cui vi è quello che
dirige e quello che è diretto.
12- vi è una differenza enorme tra maschile e femminile, bisogna studiare i processi riproduttivi e
come si differenziano l’uno rispetto all’ altro.
13- nell’ affrontare il problema dell’ intelletto umano e degli intelligibili, al farabi distingue diversi
tipi di intelletto; quello in atto, in potenza, e l’intelletto materiale. Quello passivo, agente e
acquisito.
14- oltre all’ intelletto egli considera una proprietà specifica dell’ anima anche l’immaginativa. L
immaginativa è una delle caratteristiche principali del profeta; senza di essa il profeta non saprebbe
parlare al popolo. Oltre all’ intelletto il profeta deve possedere anche uno spiccato senso di
immaginazione. Unendo in se intelletto e immaginazione, l’uomo perfetto diviene il filosofo
profeta, che nella città virtuosa è anche il re.
15- l’uomo ha necessità di vivere in società e di cooperare con gli altri. Nella città virtuosa distingue
diversi tipologie di società umana e cerca di enunciarle individuando quella più perfetta. Oltre alla
città virtuosa al farabi ne individua anche altre 4 specie; la città ignorante in cui predomina L
accanimento ai beni materiali, la città perversa, in cui si conosce il bene ma si agisce male. La città
trasformata, la città in cui le varie opinioni hanno modificato il tessuto originariamente positivo. La
città deviante, dove si è pervertita la visione della giustizia e della felicità.
16- si discute sulla felicità degli abitanti delle città virtuosa e lo stato di sofferenza degli abitanti
delle altre città;
17- si discute su come nascono i principi devianti e corruttori
18- come i principi corruttori deviano e deformano la città
19- si discute delle confessioni religiose erronee.
Al farabi non fornisce mai una risposta scevra sui dubbi, egli discute con notevole interesse i
problemi del mondo politico islamico. Nei suoi scritti non cita mai il Corano ma spesso fa dei
riferimenti appropriati a conferma delle tesi filosofiche. A prescindere dagli ovvi e possibili
agganci, la città virtuosa ha poco a che vedere con la repubblica di Platone.
Nella sua opera il primato per eccellenza spetta alla politica,’ la città virtuosa’ è quella dove si
possono esplicare la ricerca intellettuale e la pratica della fede. Questa città non è un’ utopia
( Tommaso Campanella) ( Platone); non implica la delineazione si un modello di città alternativo a
quello già esistente. Per un musulmano, l’unica città perfetta e reale è quella costituita secondo le
regole della divinazione ovvero la società che obbedisce alle indicazioni di Dio. Ovvero la società
dei califfi, i primi quattro che succedettero Maometto.
III- la città virtuosa è apparentemente un testo di sola filosofia politica, che però racconta verità sul
rapporto triunivoco tra cosmo, società e intelletto. Questo legame viene esplicato anche in altre
opere farabiane come ad esempio ‘ il libro della religione’ in cui si dice che il reggitore dello stato,
deve imitare Dio e seguire i modelli stabiliti dall’ ordinatore dell’ universo. Anche nel “ libro della
scienza politica” viene detto che le città sono vincolate le une con le altre, secondo un rapporto di
anteriorità e posteriorità. Essi somigliano alla natura degli esistenti, ordinati per grado a partire dal
primo essere. Vi è dunque uno stretto rapporto molto diretto tra uomo e società gerarchizzata; la
città virtuosa e perfetta, è l’emblema della perfezione celeste, il perfetto governatore della città è L’
emblema di Dio.
È essenzialmente rilevante come nella mente di al farabi, secondo una prospettiva comune del
pensiero islamico, vi è l’idea di un ordine universale voluto da Dio secondo i principi di equilibrio e
giustizia, che è profondamente coranica; nel Corano si dice che egli creo sette cieli l’uno sull’ altro
e stessa identica cosa ci riferisce al farabi nel testo ovvero il fatto che Dio ha creato sette cieli l’uno
sull’ altro. Molti sostengono che al farabi ha fatto questi riferimenti per alludere a qualcosa che
effettivamente voleva nascondere, infatti si parla di scrittura esoterica farabiana. Secondo Miriam
Galston, la scrittura di al farabi è dialettica e al farabi non voleva nascondere alcunchè; dunque, Il
lavoro filosofico farabiano ha un intento primariamente religioso-islamico.
Nei primi capitoli della città virtuosa, egli rimanda al principio inarrivabile della trascendenza
divina dei mu- taziliti, e quindi al presupposto prettamente islamico dell’ alterità assoluta di Dio
rispetto alle altre creature. Altro concetto della città virtuosa che rimanda alla corrente mu’ tazilita è
il concetto secondo cui, da Dio proviene la prima causa e la prima intelligenza, tutte le altre creature
sono state create da lui. Tramite questa teoria, si evita di inquinare L’ assoluta trascendenza del
divino con la generazione e la corruzione dei corpi materiali e sublunari. La sostanza di Dio è
fondamentalmente negativa, egli non ha né corpo, né dimensioni, né parti, ma possiede se stesso e
la sua esistenza. Egli è esistente per essenza e sostanza. In questa ottica deve leggersi la lunga
sezione teologica della città virtuosa (I-IX), e in quest’ ottica deve anche considerarsi l’ emanatismo
farabiano (VII-XI).
Di caratteristico, si ha che nella città virtuosa così come nel libro sulla scienza politica di Al farabi,
si ha una sintesi che sembra prevalentemente di carattere platonico-aristotelico ma è pure
genuinamente di carattere islamico. L’uomo non è Dio, ma egli è in grado di reperire un legame di
collegamento con il mondo eterno; dirigendo la sua mente e il suo intelletto, verso tale mondo
eterno, realizzando così un contatto diretto con L’ esistenza eterna.
I fratelli della purità, una confraternita ancora misteriosa, nata intorno al X secolo in iraq; hanno
strutturato una gerarchia cosmica molto simile a quella plotiniana nelle loro epistole. Essi
individuano all’ apice di tutto il creatore, poi l’intelletto attivo universale, poi l’anima universale.
Nove sono in tutti i livelli; ma ciò che interessa è vedere i rapporti tra i cieli e l’uomo.
IV -Colui che realizza pienamente il contatto con il divino è il profeta filosofo; in lui sono
perfezionate la facoltà razionale e quella immaginativa. La facoltà immaginativa è indispensabile
per potere comunicare con il popolo che non riesce a cogliere pienamente le supreme verità
filosofiche. I profeti infatti sono trasmettitori in termini comprensibili della verità divina. Averroè
nel trattato decisivo individua tre categorie di uomini, corrispondenti a tre modi diversi di approccio
alla verità; il volgò che si accontenta della retorica. I giuristi che si accontentano della dialettica e i
filosofi che utilizzano termini dimostrativi.
Per al farabi filosofia e religione hanno lo stesso contenuto anche se ci si approccia ad essi con
metodologie differenti. Tuttavia, nella concezione di al farabi, nulla indica che solo le verità
filosofiche sono sempre e dovunque valide, mentre quelle religiose no. Anzi il profeta, è qualcosa di
più di un affabulatore, è un imam o un re. Le facoltà pratiche e intellettuali che egli possiede,
convergono a formarne le qualità. Queste qualità nel corso del tempo però si affinano; il capo dello
stato della città virtuosa è filosofo perché pienamente in grado di padroneggiare le facoltà razionali,
è anche re e imam, sia perché si accolla il carico governativo della città, sia perché è in grado di
fornire un’ interpretazione allegorica delle sacre scritture. Il sovrano della città virtuosa, non è un
uomo qualsiasi; anzi è parificato a Dio; i cittadini tendono ad imitare la sua nobiltà così come tutte
le creature tendono ad imitare la sua perfezione. Dall’ opera comunque si evince la convinzione di
al farabi sulla superiorità intellettuale dei filosofi. Per lui, il filosofo re deve possedere in maniera
del tutto perfetta la scienza politica, in quanto essa è l’unica mediante la quale si può acquisire la
felicità. La scienza politica però si occupa anche delle azioni, del modo di vivere, delle qualità
morali e dei costumi. La scienza politica consiste nel mezzo attraverso il quale si conoscono le cose
per raggiungere la felicità. Walzer, ritiene che l’ imam farabiano è assai vicino al filosofo-re di
platone; probabilmente walzer (studioso dei testi di al farabi) facendo questa valutazione, ha tentato
di laicizzare il pensiero farabiano. La politica è dunque una scienza necessaria più che altro. Il
filosofo re ha da fondare la città perfetta nella quale i cittadini possono godere dei migliori comfort
e benessere possibile. La felicità secondo al farabi non è raggiungibile se non tramite la reciproca
collaborazione degli uomini nell’ ambito della società. Al farabi sembra essere lontano dagli
insegnamenti che fornisce il Corano, tuttavia se alla sua tesi togliamo questa dimensione
intellettuale, rivalutando invece lo spessore metafisico della sua tesi; veniamo ricondotti alla figura
dell’ “ uomo perfetto” della tradizione sciita.
V- Nonostante al farabi appare collocato pienamente in un determinato contesto storico e culturale,
è difficile tracciare le coordinate intellettuali dei suoi discorsi. Quando ci si accinge a leggere i suoi
testi è importante soprattutto evitare due rischi; - evitare di identificare al farabi, con Platone e
Aristotele, i filosofi greci sono stati sicuramente i mastri del musulmano, ma le prospettive che
assumono le loro teorie sono completamente diverse. - il secondo rischio è quello di volere a tutti i
costi individuare chissà quali sottintesi significati nella scrittura farabiana. Si è già detto come
comunque al farabi nella città virtuosa non vuole contrapporre il mondo terreno a quello dei cieli;
ma cercare di capire come i due mondi sono interconnessi tra di loro.

LE IDEE DEGLI ABITANTI DELLA CITTA’ VIRTUOSA


CAPITOLI 1 2 3 4 5 6 7 8 9
-IL PRIMO ESSERE; L’ ALTISSIMO NON HA ASSOCIATI; DIO NON HA CONTRARI; DIO E’
INDEFINIBILE; DIO E’ UNICO, SAPIENTE, SAGGIO E VERO; LA GRANDEZZA, LA
MAESTA’ E LA GLORIA DELL’ ALTISSIMO; COME TUTTI GLI ESSERI PROVENGONO DA
DIO; LA GERARCHIA DEGLI ESSERI; I NOMI CON I QUALI E’ NECESSARIO NOMINARE
DIO, ECCELSO E GLORIOSO.
Dio è il primo essere ed è la causa prima dell’ esistenza di tutti gli altri; egli è privo di qualsiasi altra
specie di imperfezione, mentre tutto ciò che è diverso da lui non sfugge dall’ avere qualche
imperfezione. Non vi è alcuna esistenza più eccellente ed antica della sua, inoltre egli è eterno e la
sua esistenza non cessa mai. Non è possibile che vi sia un’esistenza simile alla sua; Dio esiste senza
alcuna causa. Non è materiale e la sua esistenza è priva di materialità così come è priva di fine o
scopo.
L’ altissimo non ha associati ed è distinto da tutto ciò che è diverso da lui. Se avesse associati non
sarebbe più il primo, ma ci sarebbe un’ esistenza anteriore a lui che sarebbe causa della sua
esistenza. L’esistenza perfetta la possiede solo lui, che è il primo; e non può averla nessun altro. Dio
è assolutamente unico.
Dio non ha contrari nonostante tutti gli esseri sono diversi da lui, il contrario è ciò che si
contrappone totalmente a qualcos’altro a tal punto da annullarlo. La diversità non è sinonimo di
contrarietà. Se il primo essere avesse un contrario,ne deriverebbe necessariamente che entrambi
sarebbero soggetti alla corruzione e che il primo potrebbe vivere annientato dal suo contrario. Il
primo è unico nella sua esistenza e nessun essere può parteggiare con lui.
Dio è indivisibile in elementi che compongono la sua sostanza; se fosse stato divisibile, le parti che
compongono la sostanza del primo sarebbero causa della sua esistenza. Dio non possiede grandezza
ne corporeità. Egli è unico, e la caratteristica di un oggetto unico è la sua indivisibilità; così come i
numeri primi. ( il numero uno è indivisibile nella sua sostanza).
L’ esistenza di Dio, così come la sua essenza è unica. Dio si distingue da tutti gli altri esistenti
diversi da lui. Dio non è nella materia e in nessun modo gli si può attribuire materialità; ne
consegue, che Dio è unico secondo la sua sostanza, ovvero la sua intelligenza in atto. Quando una
cosa esiste senza il vincolo della materia, è intelligenza in atto. Dio è intelligenza in atto e non
necessita di un soggetto esterno che lo intellige, perché lui intellige se stesso. La nostra intelligenza,
non è intelligibile; noi comprendiamo le cose non perché siamo per sostanza intelligenze. In Dio,
intelligenza, intelligente e intelligibile, formano un’ unica qualità, un’ unica essenza e un’ unica
sostanza. Inoltre, Dio è sapiente, e per conoscere non ha bisogno di altre essenze; egli non necessita
di conoscere un’ altra essenza al di fuori della sua; la sua sostanza è sufficiente per conoscere ed
essere conosciuto. Inoltre, Dio è anche saggio ( grazie alla sua saggezza dio conosce le cose più
eccellenti, nel modo più eccellente). Del primo essere si afferma che è vero sotto due punti di vista
contemporaneamente; perché la sua esistenza è più perfetta di tutte le altre esistenze; e perché chi lo
intende esistente entra in contatto con altri modi di esistenza. Il primo essere visto che la sua
esistenza è La più perfetta in assoluto, deve essere definito anche vivo e perfetto. Dio essendo
massimamente perfetto, non ha difficoltà a conoscersi. A noi che siamo imperfetti ci risulta gravoso
intelligere la sua esistenza. Questa difficoltà però nel percepirlo, non dipende da Dio, ma è un
nostro difetto. La nostra mente e le nostre facoltà intellettuali, siccome sono deboli non riescono a
comprendere pienamente la grandezza di dio. Quando diventeremo intelligenze in atto e ci saremo
separati dalla materia, il concetto che avremo di Dio nella nostra mente, sarà il più perfetto
possibile.
Dio è grande, maestoso e glorioso; e queste tre qualità esistono in lui in proporzione alla sua
perfezione. La perfezione del primo essere si diversifica dalle perfezioni di tutti gli altri esseri; così
come la sua grandezza e la sua gloria. Non c’è alcuna relazione tra la nostra bellezza e quella di
Dio, tra la nostra gloria e quella di Dio; e se mai ci fosse, sarebbe assolutamente minima.
Il primo essere è quello da cui proviene l’esistenza di tutti gli altri esseri. Poiché è il primo essere,
Dio possiede un’ esistenza che gli è propria e per mezzo di questa esistenza sono fatti esistere tutti
gli altri esseri esistenti. Tutto ciò la cui esistenza proviene da Dio, è fatto esistere grazie a una
emanazione che si comunica dal suo essere all’ essere di un’ altra cosa. Lo scopo della sua esistenza,
è quello di fare esistere altre cose. Il diverso da lui, è fatto esistere per suo mezzo. Dio è un’ unica
essenza e un unica sostanza. Inoltre, affinché lui emani l’esistenza di un altro essere, non è
necessario che vi si aggiunga una cosa diversa dalla sua essenza. E non ha bisogno neanche di uno
strumento estraneo alla sua essenza; come per esempio accade al fuoco per produrre il vapore, per
mezzo dell’ acqua. O come fa il falegname che per tagliare e creare un mobile necessita dell’ accetta
e di altri strumenti.
Gli esseri esistenti generati da Dio, sono molteplici; e nella loro molteplicità , occupano diversi
gradi di eccellenza. Dio dalla sua sostanza emana tutto l’esistente, così come è; sia perfetto sia
imperfetto. Egli emana gli esistenti, ordinandoli secondo un ordine gerarchizzato. Si comincia dal
più perfetto, fino a quello che è meno perfetto fino a diminuire del tutto la perfezione. Tutte le cose
generate da Dio, sono strettamente correlate tra di loro e così tramite questo legame di
interconnessione, il molteplice diviene un unico insieme. È la sostanza ad unire le varie esistenze.
Oltre alle sostanze anche i modi di essere collegano gli esseri l’un l’altro
Il primo viene indicato con una serie di nomi che vengono utilizzati anche per individuare gli esseri
che ci appaiono più eccellenti. Tali nomi, fanno riferimento alla sua perfezione divina. I nomi che
utilizziamo per denominare Dio sono, Eccelso e glorioso. Con tali nomi indichiamo un'unica
sostanza ed un'unica esistenza, affatto impartibili.
CAPITOLI 10 11 12 13
- GLI ESSERI SECONDARI, COME SI DETERMINA LA MOLTEPLICITA’; GLI ESSERI
E I CORPI CHE CI CIRCONDANO; LA MATERIA E LA FORMA; LA DIVISIONE IN
DIVERSI GRADI, I CORPI MONDANI ED I CORPI DIVINI.
Dal soggetto primo che è Dio, si determina poi la molteplicità. Dio dal primo essere, emana il
secondo ( il secondo essere è una sostanza del tutto incorporea che non sta nella materia), il secondo
essere intelligge se stesso e il primo. Dal secondo, in quanto intelligge il primo , è necessario
provenga il terzo. Anche il terzo è un essere immateriale ed è per sostanza; e da esso, per necessità
deriva da lui il quarto essere. Anche il quarto è immateriale e intellige la sua essenza e quella del
primo. Dal quarto poi si genera il quinto, e anche l’esistenza del quinto non è materiale così come
quella del sesto. Così come quella del settimo e dell’ ottavo e del nono, del decimo, L’ undicesimo.
Tutti questi esseri sono immateriali e intelligono loro stessi e il primo, ma con L’ unidicesimo essere
termina quel modo di essere che non ha bisogno di materia o di sostrato. Con la sfera della luna
termina la serie dei corpi celesti la cui natura è di muoversi di moto circolare.
Questi esseri che abbiamo enunciato hanno acquisito perfezione ed eccellenza sin dal primo
momento. La loro gerarchia si interrompe con L’ undicesimo essere; ovvero, con la sfera della luna.
Ciò che esiste dopo di lui nella sfera sublunare non ha perfezione. Nella sfera sublunare troviamo i
corpi naturali come il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra e altri oggetti privi di intelligenza e quelli che
la posseggono.
La sussistenza di ognuno di questi corpi dipende da due cose; la materia e la forma. La materia
esiste a pro della forma, e se non esistesse alcuna forma, non esisterebbe neppure la materia. La
forma esiste perché la sostanza di un essere deve acquisire corporeità. Dei due modi di esistere il
più perfetto è la materialità e il meno perfetto è la forma. Nessuno dei corpi che vengono generati è
stato dotato di forma in un primo momento; ma ad essi è stata data la materia. Per tale motivo, ogni
corpo è in perenne ricerca di una forma grazie alla quale sostanzializzarsi. La materia di un corpo
può ricevere una forma, o anche il contrario di quella forma.
L’ordine gerarchico di questi corpi sublunari, comincia con il più infimo, cui seguono via via quelli
più eccellenti, fino a terminare con quello più eccellente di tutti. Il più infimo corrisponde alla
materia prima comune; più eccellenti di questa sono gli elementi comuni e quindi a seguire
troviamo, i minerali, le piante ecc. per quanto riguarda l’ordine dei corpi sopramondani, in principio
abbiamo il primo essere, poi piano piano tutti gli altri, fino ad arrivare all’ undicesimo essere che
risulta essere il più imperfetto fra tutti. Dopo L’ undicesimo essere, ci sono poi gli orbi celesti che in
tutto sono nove . In tutto gli esseri del mondo sopramondano sono 19; 10 intelligenze che derivano
dal primo essere, e 9 corpi celesti . Le dieci intelligenze non hanno in alcun modo opposti, e ognuna
delle dieci intelligenze, intellige la prima è se stessa.
CAPITOLI 14 15 16 17 18 19 20
-CIO’ CHE E’ COMUNE AI CORPI CELESTI; IN CHE COSA,VERSO CHE COSA E PERCHE’
SI MUOVONO I CORPI CELESTI; I MOTI CIRCOLARI E LA NATURA DEI CORPI CELESTI;
LE CAUSE DA CUI SI FORMANO LA PRIMA FORMA E LA PRIMA MATERIA; L’ ORDINE
DI PRODUZIONE DEI CORPI MONDANI; LA SUCCESSIONE DELLE FORME NELLA
MATERIA PRIMA.
Dunque dopo il primo essere abbiamo 10 intelligenze, che lo intelliggono ed intelliggono se stesse.
Poi abbiamo nove corpi celesti, e poi abbiamo i corpi mondani; composti dagli elementi, questi
compongono l’ordine cosmico. I corpi celesti somigliano tantissimo a quelli mondani per il fatto
che hanno sostrati simili a quelli della materia prima. Ogni corpo celeste, né può avere forme
diverse, né sostrati diversi e neppure contrari. Ognuno di questi corpi celesti, grazie alla sua forma,
è intelletto in atto; e grazie alla sua forma, intellige sia sia l’essenza di quell’essere da cui deriva,
sia il primo. Così come alle dieci intelligenze, i corpi celesti fin dall’ inizio hanno ricevuto le
migliori qualità sostanzalizzanti.
I corpi celesti si differenziano dalle dieci intelligenze perché è impossibile che contengono in se
stessi sin dall’ inizio la metà del loro movimento.I corpi celesti nello spazio si muovono verso
diverse direzioni; le parti dello spazio che stanno attorno al corpo celeste, sono in perfetta relazione
con esso. Ogni corpo celeste si muove all’ interno di una sfera, ossia in un ambiente circolare e il
rapporto che le sue parti hanno con la superficie sottostante è costantemente mutevole.
In genere questi corpi celesti compiono dei moti diversi l’uno dall’ altro e assumono differenti
posizioni rispetto al centro del cosmo. Ciascuno di essi ha come proprietà specifica però quella di
ruotare attorno alla terra, chi più lentamente, chi più velocemente. I corpi celesti, possiedono
dunque una natura comune che li fa muovere attorno alla terra, secondo un’ orbita circolare nel
tempo di un giorno e di una notte.
A motivo della comune natura dei corpi celesti, è necessario postulare l’ esistenza di una materia
prima comune ai corpi sublunari sottostanti; e a motivo della differenza sostanziale degli stessi
corpi celesti, l’esistenza di corpi molteplici e differenti sostanze. Così a motivo della contrarietà dei
corpi celesti, è necessario postulare l’ esistenza di forme contrarie.
Ma come avviene la produzione dei corpi mondani? In primo luogo si producono gli elementi, poi i
corpi del medesimo genere ( nubi, venti, ecc), e poi i corpi dello stesso tipo che si trovano attorno
alla terra o al di sotto di essa. All’ interno degli elementi e dei corpi si producono forze grazie alle
quali essi si muovono. I corpi celesti hanno poi influenza su quelli sublunari ed alcuni agiscono
sugli altri; da ciò si producono numerosissime specie di mescolanze e combinazioni. Tutti i corpi
agiscono creando delle mescolanze che servono a generare altri corpi; E alla fine si arriva a
produrre corpi che non possono più mescolarsi e creare altri corpi. I minerali sono stati generati da
una mescolanza più semplice, i vegetali da una più complessa, gli animali privi di ragione hanno
una mescolanza più complessa, e infine l’uomo, si produce dall’ ultimo tipo di mescolanza.
Una volta che questi corpi ottengono l’ esistenza, è naturale che permangano e si conservino.
Ognuno dei corpi che viene creato, per diritto, merita una sua forma e una sua materia. Quindi ogni
corpo si genera e si conserva per un certo periodo, poi si corrompe a causa di un suo contrario che
acquisisce la forma al posto suo. Dunque, vi è una materia prima comune a due contrari, ognuno dei
quali sussiste grazie ad essa, la materia prima non preferisce uno dei due piuttosto dell’ altro, anche
se non può appartenere a entrambi nel medesimo tempo. Il contrario che annienta l’ elemento
precedente ha una potenza lieve, e ha bisogno di un ausilio esterno per annientare l’altro. I corpi il
cui annientamento è provocato da un contrario esterno, non si dissolvono sempre autonomamente.
Ad alcuni corpi è stata comunque concessa una facoltà particolare, per cui essi producono i loro
simili secondo la loro specie, mentre altri non godono di tale proprietà. L’ordine equilibrato da dio
prevede che ciascuno dei corpi sussista secondo le sue caratteristiche, ma siccome non possono
sussistere tutti nel medesimo momento, ne consegue che alcuni esistono in un determinato
momento, alcuni in un altro.così, il corpo si genera e si conserva per un certo periodo, poi si
corrompe e al suo posto viene il contrario, e così via di continuo. L’ ordine equilibrato esige che,
chiunque possiede la materia di un altro corpo, poi gliela trasmetta. Un corpo può dunque diventare
la materia di un altro.
CAPITOLI 20 21 22 23 24 25
-LE PARTI DELL’ANIMA UMANA E LE SUE FACOLTA’; COME QUESTE FACOLTA’ E
PARTI FORMANO UNA SOLA ANIMA; LA POTENZA RAZIONALE, COME SI INTELLIGE E
PERCHE’; LA DIFFERENZA TRA LA VOLONTA’, L’ ARBITRIO, E LA FELICITA’; LE CAUSE
DEI SOGNI; L’ISPIRAZIONE E LA VISIONE DELL’ ANGELO
Quando viene generato l’uomo, la prima cosa che si produce in lui è la potenza grazie alla quale si
nutre; ovvero la potenza nutritiva. Poi viene generata la potenza con la quale vengono percepite le
qualità tangibili come colori odori ecc. contemporaneamente ai sensi, si produce nell’ uomo un
appetito verso ciò che viene percepito, da cui deriva un corrispondente desiderio di attrazione o
repulsione. poi si produce in lui la facoltà immaginativa, e a seguirne molte altre. Dalla potenza
nutritiva dipendono forze ausiliarie che risiedono in particolari organi e che essa governa; la
potenza nutritiva dominante risiede tra le membra del corpo, mentre le potenze sottomesse ad essa
si dividono tra tutte le altre membra. Anche la potenza sensitiva domina sui cinque sensi; ciascuno
di questi cinque sensi percepisce un oggetto sensibile particolare. La potenza sensitiva dominante è
quella in cui si raggruppano le percezioni attinte dai 5 sensi. La potenza immaginativa invece non
possiede ausiliari in altri organi ma domina le sensazioni; ugualmente la potenza razionale non ha
ausiliari e governa la potenza immaginativa e le parti dominanti della nutritiva e sensitiva. Altre
potenze sono quella appetitiva e quella intellettiva, di cui fanno parte il pensiero, la riflessione e la
deduzione. la conoscenza di qualcosa da parte dell’ uomo avviene o grazie alla facoltà razionale, o a
quella immaginativa o a quella sensoriale; la sensazione in se è però un atto psichico.se si desidera
immaginare qualcosa, diversi sono i modi a nostra disposizione per ottenere lo scopo; si può
immaginare qualcosa che ci aspettiamo accada o che speriamo accada. Tutti gli atti che ci portano a
percepire qualcosa sono corporei, ma la sensazione in se è un atto psichico.
La potenza nutritiva dominante costituisce la materia della potenza sensitiva dominante: la sensitiva
è dunque la forma della della nutritiva. A sua volta, la sensitiva dominante costituisce la materia
dell’ immaginativa.Nell’ uomo, il cuore è l’organo dominatore che nessun altro organo corporeo
domina. Poi in ordine di importanza viene anche il cervello, che pure è un organo dominatore. Il
cervello però è secondo, perché pur dominando altri organi, viene dominato dal cuore; esso è infatti
incaricato di servire il cuore nelle azioni più nobili. Il nostro cuore, è la fonte del calore fisiologico
che si diffonde in tutti gli atri organi, ma è il cervello a temperare il calore trasmesso agli organi dal
cuore. Il cervello, aiuta il cuore impartendo anche ai nervi i movimenti volontari. I nervi sono di
natura terrosa che si secca molto rapidamente,essi hanno bisogno di umidità per raggiungere una
situazione di flessibilità tale che permetta loto di accorciarsi e allungarsi. Essendo il cuore la fonte
di calore fisiologico, il cervello è stato fatto per natura freddo e umido, anche al tatto. Dopo il
cervello vengono in ordine di importanza, il fegato, la milza e poi gli organi genitali. Quando
l’uomo viene creato, il primo organo che si forma è il cuore, poi il cervello, poi il fegato, poi la
milza e infine gli altri. Gli organi genitali sono gli ultimi a mettersi in funzione, perché il loro
dominio sul corpo é debole. Il calore del maschio, proviene dal cuore. Anche la potenza generativa
si divide in dominante e servente; la dominante ha sede nel cuore, la servente negli organi genitali.
La potenza generativa è di due specie; una prepara la materia e l’ altra dona la forma. La potenza
che prepara la materia è femminile, quella che dona la forma è maschile. Lo sperma è lo strumento
generativo del maschio; esso è uno strumento della potenza generativa maschile che agisce
separatamente dall’ individuo. I vasi dello sperma e i testicoli sono invece strumenti generativi uniti
al corpo. Le facoltà generative maschili e femminili sono ben distinte nel genere umano, ma in
molte piante e animali non è così; tipo negli ovipari la potenza femminile ha bisogno di un aiuto
esterno. Nel genere umano gli organi genitali nell’ uomo e nella donna sono ben distinte,mentre in
essi possiamo individuare anche degli organi in comune, ma gli organi che hanno in comune non
sono uguali, nel maschio ad esempio sono più caldi. Un uomo e una donna non differiscono a
riguardo delle potenze generativa, nutritiva e razionale.
Tutte le cose che sono nella materia o dotate di materia, non sono intelligenze ne in atto e ne in
potenza. L’ intelletto umano sopravviene nell’ uomo sin dall’ inizio e ha una disposizione che si
trova in materia e si appresta a ricevere le forme intelligibili; esso è intelligenza in potenza, e anche
intelligibile in potenza. Gli intelligibili in potenza lo diventano in atto quando sono intelletti da una
intelligenza in atto. L’ intelletto materiale dell’ uomo si chiama anche passivo.
L’inclinazione verso ciò che si è percepito si chiama volontà. Tuttavia, se tale inclinazione proviene
da ciò che si è percepito si chiama volontà, ma se proviene dalla speculazione , o dall’ attività
razionale, porta il nome di libero arbitrio.la felicità consiste invece nel raggiungimento della
perfezione da parte dell’ anima umana. Gli atti volontari che ci consentono di pervenire alla felicità
sono le buone azioni. Se, grazie alla potenza razionale, si conosce la felicità, se si aspira ad essa
come al proprio fine, e la si desidera specificamente, allora l’ uomo dovrà compiere degli atti umani
buoni e belli. Mentre se non si conosce la felicità o, pur conoscendola, non si aspira ad essa come
proprio fine, allora gli atti umani non saranno affatto buoni.
Durante il sonno, la potenza immaginativa resta come abbandonata, come svuotata da quei dati
percettivi che sempre i sensi le rinnovano. Lascia il servizio delle potenze razionale e appetitiva, e
si volge a quelle immagini sensibili che aveva precedentemente immagazzinato e conservato.
Agisce su di esse, componendole le une con le altre, o separandole. Oltre a conservare e combinare
le immagini sensibili, ha una terza funzione, l’ imitazione. Obbiettivo principale della potenza
immaginativa, è quello di riprodurre un oggetto, il più fedelmente possibile alla realtà. Da ciò
nascono i sogni. La potenza immaginativa imita qualcosa che accadrebbe nella realtà allo stesso
modo.
CAPITOLI 26 27 28 29
-L’ UOMO HA NECESSITA’ DI VIVERE IN SOCIETA’ E DI COLLABORARE; L’ ORGANO
DOMINANTE; LE QUALITA’ DEL GOVERNANTE DELLA CITTA’ VIRTUOSA; LE CITTA’
OPPOSTE A QUELLA VIRTUOSA
. La descrizione accurata del funzionamento interno del corpo umano assume importanza in quanto
lo stesso procedimento é applicato alla societá virtuosa, cosí chiamata quando essa aspira al bene
che garantisce felicitá. La cittá, luogo di suprema perfezione, deriva dalla necessitá umana di
perseguire la felicitá attraverso la creazione di una comunitá cooperante. Assomiglia a un corpo
sano in cui le varie parti hanno un grado gerarchico stabilito e sono adibite a una precisa funzione.
L'organo dominante é quello piú perfetto e cosí deve risultare il reggente della cittá virtuosa: deve
per natura essere incline a governare e avere un'indole volontaria, soprattutto deve avere una tale
abilitá da non venire dominato da altri.
L’uomo, ha per natura bisogno di vivere in comunità e collaborare con gli altri. Lui per raggiungere
la felicità, necessita di un insieme di persone che lo sostengono, per fargli ottenere ciò di cui ha
bisogno. Ogni individuo collaborando con gli altri riceve quanto gli è indispensabile per
sopravvivere e attingere alla felicità. Per tale motivo gli uomini hanno costituito le umane società.
Alcune di queste società sono perfette, altre imperfette. Quelle perfette sono di tre specie, grandi
medie e piccole. La grande, comprende l’insieme di tutte le società esistenti sulla terra abitata. Le
medie sono le comunità che occupano una parte della terra, e le piccole sono le comunità che in
genere comprende una città. Le società imperfette sono; gli abitanti di un villaggio, di un quartiere,
di una strada,di una singola abitazione. Quartiere e villaggio appartengono alla città; ma essi sono in
un rapporto di servizio con la città stessa. Il bene più alto e la suprema perfezione si attingono in
primo luogo nella città. La città, il cui fine associativo consiste nella cooperazione, si chiama
virtuosa. La città virtuosa somiglia ad un corpo perfetto, nel quale tutte le membra e gli organi
cooperano. Nel corpo, gli organì hanno diversi gradi di eccellenza, ma l’organo dominante è il
cuore. Altri organi agiscono in funzione dominante, fino ad arrivare alle membra che servono senza
dominare. Questo avviene anche nella città virtuosa; le sue parti hanno natura diversa, e sono
disposte con gerarchico grado di eccellenza. Nella città, a capo abbiamo il capo e sotto di lui
troviamo altri soggetti che agiscono in conformità agli ordini del capo.
Così come l’organo più perfetto e dominate nel nostro corpo è il cuore, nella città virtuosa l’organo
più perfetto e dominate è il rais, cioè il governatore. Sotto di lui ci stanno uomini che comanda ma
questi uomini a loro volta comandano altri. Così come il cuore, il rais, è il primo a nascere ed è la
causa dell’ organarsi della città. Chi sta a capo della città è autore di gesti nobili, chi invece si trova
ad un rango inferiore è l’autore di gesti meno nobili. Il reggitore della città virtuosa non può essere
un uomo qualsiasi. Deve possedere virtù e deve essere un uomo che ha intuito la perfezione ed è
divenuto intelligenza e intelligibile in atto. Lui riesce ad intelligere il divino, la sua anima è perfetta
e lui conosce ogni azione idonea al raggiungimento della felicità. Inoltre, deve avere anche una
salda costituzione corporea. Egli è l’ uomo in cui l’ intelletto attivo si è perfezionato, e si trova al
rango più alto della perfezione umana e al limite più alto della felicità. Egli conosce ogni azione
idonea a procurare felicità. Egli deve avere grandi capacità comunicative e capacità di guidare verso
la retta via della felicità.
Il governatore della città virtuosa è il capo che nessun altro è in grado di dominare, è L’ imam. Egli
ha per natura innata a disposizione 12 qualità: membra perfette, acuta intelligenza, è sagace ed
acuto, desideroso di sapere, deve evitare i divertimenti vani e deve essere amante della verità. Deve
avere uno spirito magnanimo, a lui i beni effimeri del mondo devono risultare disgustosi, non deve
avere ne timore ne debolezza. La compresenza di tutte queste qualità in un unico uomo è quasi del
tutto impossibile. Egli oltre a ciò deve essere anche sapiente, deve essere custode delle leggi, deve
possedere efficace eloquenza, essere di robusta complessione fisica. Se un re possiede tutte queste
virtù, ma non possiede La Sapienza, allora la città virtuosa potrebbe rimanere senza re e andrebbe
in contro alla distruzione. Se un uomo possiede le qualità fisiche, e un altro uomo possiede la
sapienza; allora entrambi saranno i capi della città.
Opposte alla città virtuosa, ci stanno anche delle città non virtuose i cui abitanti non conoscono
affatto la felicità. La città ignorante è quella i cui abitanti non conoscono la felicità,anzi non ne
sospettano nemmeno l’ esistenza di ciò che è bene conoscono solo qualche valore esteriore come: la
salute, la ricchezza,ecc. le città ignoranti hanno diverse tipologie; abbiamo la città della parsimonia
abitata da persone il cui fine è quello di sustentarsi; la città rovesciata, il fine degli abitanti è quello
di collaborare per ottenere maggiore ricchezza; la città della depravazione e bassezza; il fine degli
abitanti è godersi i piaceri della vita; la città dell’ onore, i cui abitanti cooperano per acquisire
maggiori onori. Altre città ignoranti sono: quella della potenza, in cui gli abitanti vogliono
prevaricare sugli altri, la città anarchica, i cui abitanti mirano ad essere liberi e a fare tutto ciò che
vogliono. I re di queste città sono l’ esatto contrario dei re delle città virtuose. I re delle città
virtuose si susseguono l’ un l’ altro in tempi diversi, come un’ anima sola. Così come gli abitanti
della città virtuosa che conoscono e compiono atti in comune. Gli abitanti della città virtuosa
conoscono e compiono cose e atti in comune, e ogni cittadino quando compie tali atti in comune,
acquisisce la felicità.

CAPITOLI 30 31
-L’ UNIONE DELLE ANIME L’ UNA CON L’ ALTRA; LE ARTI E LA FELICITA’
In una città, quando una generazione di esseri viventi scompare e i relativi corpi si distruggono, le
anime liberate pervengono alla felicità, e altri uomini ne prendono il posto, occupando gli stessi
ranghi e le stesse posizioni degli uomini precedenti. E quando anche costoro scompaiono e si
liberano della materia, vanno a occupare il medesimo grado di felicità dei loro predecessori. Poiché
sono prive di corporeità, le anime, in qualsiasi modo si uniscono, non subiscono alcuna restrizione
reciproca nello spazio. Ogni volta che due anime si incontrano e si vanno a unire, la loro
intellezione aumenta qualitativamente; pichè le anime sono infinite,l’ accrescimento della potenza
di esse sarà infinito.
Le felicità hanno l’ una relativamente all’ altra, diversi gradi di eccellenza; esse si diversificano, così
come le arti. Al contrario, nelle città malvagie, gli uomini non possono acquisire alcun grado di
felicità e piano piano acquisiscono una maggiore disposizione verso gli atti malvagi.
CAPITOLI 32 33 34
-GLI ABITANTI DI UESTE CITTA’ NON VIRTUOSE; CIO’ CHE E’ COMUNE AGLI
ABITANTI DELLA CITTA’ VIRTUOSA; LE IDEE DEGLI ABITANTI DELLE CITTA’
IGNORANTI E DEVIANTI
Gli abitanti delle città ignoranti, hanno delle anime che rimangono imperfette, essi sono destinati
alla perdizione e all’ annientamento, come le bestie selvagge, i leoni e le vipere.
Gli abitanti della città perversa, grazie alle idee virtuose acquisite, riuscirebbero a liberare le loro
anime dalla materia corrotta. Tuttavia, le disposizioni acquisite con le azioni malvage, portano la
loro anima a conseguire un grave danno.
Per quanto riguarda i cittadini delle città devianti dalla retta via,colui il quale li ha ingannati e li ha
allontanati dalla felicità, deve essere contato tra i cittadini delle città perverse e peccatrici. Costui è
l’ unico vero malvagio, ma anche coloro i quali si sono fatti corrompere periranno. Anche all’
interno delle città trasformate accade la stessa cosa, colui il quale ha trasformato la città e i cittadini
perisce, e con esso anche i cittadini che si sono fatti ingannare.
Le cose comuni che tutti gli abitanti della città virtuosa devono conoscee sono; l’ esistenza della
prima causa e dei suoi attributi, l’ esistenza delle sostanze e dei corpi celesti, devono conoscere il
processo di derivazione delle creature, l’ esistenza della volontà e del libero arbitrio. Devono
conoscere l’ esistenza delle città opposte a quella virtuosa, dei loro abitanti e della loro infelicità.
Queste cose gli abitanti della città virtuosa li possono conoscere in due modi; o perché esistono
nella realtà sensibile e sono percettibile, oppure perché si imprimono nella loro mente per analogia
e imitazione. Spesso questi abitanti delle città virtuose possono arrivare a conoscere qualcosa
prestando fede e confidenza alla visione dei saggi filosofi.
Molte città risultano essere ignoranti o devianti quando le loro religioni riposano su idee corruttrici
di remota origine. Tra queste idee, vi sono le affermazioni di coloro che hanno detto che gli esistenti
di cui facciamo esperienza sono contrari gli uni agli altri, e ognuno tende a distruggere il suo
omologo. Molti di questi abitanti delle città non virtuose pensano che certe cose vanno senza un
ordine, che lagerarcha degli esseri non viene rispettata, che molti vantaggi possono essere acquisiti
anche da persone non meritevoli. Costoro, ritengono che le città debbano combattersi e lottare per
conseguire il bene che gli spetta. Di queste idee tipiche delle città ignoranti, molte si trasmettono
alle altre città. Alcuni abitanti delle città ignoranti pensano che tra gli uomini non esista affetto
reciproco, ne legami naturali o volontari e quindi che ciascun uomo deve odiare il suo simile. Altri
ancora, sostengono che l’ associazione tra simili debba realizzarsi per costrizione, dunque chi ha
bisogno di aiuto deve sottomettere e costringere il suo prossimo a sostenerlo. Certi sostemgono che
alla base del legame tra soggetti ci sia un avo in comune e che dunque tutti coloro i quali
discendono da costui, possono affiliarsi. Vi è chi pensa che il legame tra soggetti si costituisce per
obbedienza ad un capo supremo, altri ancora pensano provenga da un giuramento o dalla
somiglianza di caratteri naturali. Altri sostengono che il legame dipenda dalla promiscuità abitativa.
Questi sostengono che vi sono alcune cose che dovrebbero dar luogo a legami particolari, come la
continua convivenza, il bere, il mangiare, il lavorare insieme, un male improvviso o i divertimenti.
CAPITOLI 35 36
-LA GIUSTIZIA; LA PIETA’ RELIGIOSA
Il 35 lho saltato perché fa discorsi campati per aria
Per quanto riguarda la pietà religiosa, essa consiste nell’ ammettere che una divinità governa l’
universo; consiste nella pratica della glorificazione divina, nelle preghiere, nel rendimento di lode e
di grazie. Se l’ uomo compie questi atti e trascura molti dei beni mondani, sarà risarcito e
ringraziato con le immense delizie cui perverrà dopo la morte. Se, invece, non si affeziona ad
alcuna delle pratiche pie e preferisce i beni mondani di questa vita, sarà punito dopo la morte da
sofferenze immense che lo colpiranno nell’ aldilà. Ora, i sostenitori delle città ignoranti ritengono
che questi principi religiosi siano solo artifici e trappole tese ora a un gruppo di uomini, ora ad un
altro, e utili a chi è incapace di conquistarsi i beni o con l’intesa o con l’ azione. All’interno delle
città non virtuose, chi opera con assiduità e perseveranza per raggiungere i beni mondani,è
considerato dalla gente un uomo felice; il volgo lo onora e lo loda. Al contrario, un uomo che agisce
per il bene prorpio e non per raggiungere i beni mondani, apparirebbe agli occhi del volgo come un
ignorante. Gli abitanti della città virtuosa credono che i beni acquisiti con la forza debbono essere
necessariamente conservati e mantenuti. Molti soggetti creono che è necessario sopraffare gli altri
per conquistare tali beni. Altri soggetti che vivono nelle città ignoranti ostengono che il conflitto tra
gli esseri esistenti ha luogo solo tra specie differenti. Queste, e simili a queste sono le idee degli
abitanti delle città ignoranti.
CAPITOLO 37
-ANCORA SULLE CITTA’ IGNORANTI
Tra le città ignoranti, alcune sono parsimoniose,altre trasformate, altre spregevoli, altre intese solo
nell’ onore, altre ancora anarhiche. Gli abitanti di queste, salvo quelle ananrchiche,sono interessati
ad un'unica specie di scopi, mentre l’anarchica si pone numerose preoccupazioni. Quanto all’
attacco e alla difesa cui sono obbligati gli abitanti delle città pacifiche, essi sono doveri o dell’
insime di tutti gli abitanti, o di una parte sola di essi.tali cittadini si dividono in due gruppi, chi
possiede le capacità di attaccare e difendersi e chi non le possiede. Gli abitanti delle città ignoranti
hanno anime perverse, perché ritengono che combattere sia un bene,sia in campo aperto, sia con l’
inganno. molti antichi hanno creduto che esistono una felicità e una perfezione che l' u’mo attinge
dopo la morte; e che esistono effettivamente virtù e azioni virtuose che l’ uomo compie onde
attingere, per loro mezzo, la felicità dopo la morte. Molti antichi filosofi sostengono che l’ esistenza
naturale dell’ uomo non è quella che possiede adesso,anzi questa di adesso è proprio il contrario di
quella naturale. L’ essere che l’ uomo possiede oggi non è quello naturale. L’ unione dell’ anima al
corpo non è naturale, poiché l’ uomo è essenzialmente anima, il corpo unendosi all’ anima, la
corrompe cambiandone il modo di agire. I vizi derivano dall’ anima, ma solo perché essa si è
mescolata con il corpo,per tale motivo il perfezionamento dell’ anima si raggiunge quando essa si
distacca dal corpo. L’ anima per attingere alla felicità non necessita del corpo,ne di ricchezze e altri
oggetti materiali. Altri filosofi, al contrario, hanno pensato che sia il corpo a costituire la vera natura
dell’ uomo; di conseguenza, la felicità consiste nel distruggere e annientare le inclinazioni dell’
anima. Queste dottrine di antichi filosofi che abbiamo appena citato, sono corruttrici, poiché da esse
derivano idee su cui finiscono per fondarsi credenze religiose della città devianti dalla retta via.
In conclusione, possiamo dire che, L'opera, puramente filosofica, sembra descrivere una societá
utopistica difficilmente applicabile alla realtà.

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