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Conservatorio di Musica

“Alessandro Scarlatti”
Palermo

Diploma di II livello
in Canto Lirico

“Verdi e i suoi tenori”


Il tenore lirico nell’opera italiana di Verdi
Candidato: Relatori:
Chang-hui Han Prof.ssa Tiziana Arena
Prof. Carlo Fiore
Co-Relatori:
Prof. Marcello Iozzia

10 Marzo 2022

Maestro al Pianoforte:
Marcello Iozzia

Con la partecipazione di:

Chang-hui Han Tenore


PROGRAMMA

Giuseppe Verdi (1813-1901)

“La mia letizia infondere”


(I Lombardi alla prima crociata II/2)

“Ah sì, ben dite…guerra…Tutto parea sorridere …sì: de’corsari il fulmine”


(Il corsaro I/2)

“Quando le sere, al placido”


(Luisa Miller II/10)

“Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime…possente amor mi chiama”


(Rigoletto II/8)

“La donna è mobile”


(Rigoletto III/11)

“Lunge da lei per me non v’ha diletto!... De’miei bollenti spiriti…Oh mio rimorso!”
(La Traviata II/1)

INDICE

La drammaturgia musicale di Giuseppe Verdi ............................................................. 4


I Lombardi alla prima crociata ...................................................................................... 5
Il Corsaro ....................................................................................................................... 7
Luisa Miller ................................................................................................................... 9
La Traviata .................................................................................................................. 11
Rigoletto ...................................................................................................................... 13
Bibliografia.................................................................................................................. 16
La drammaturgia musicale di Giuseppe Verdi

Giuseppe Verdi (Roncole di Busseto, Parma 1813 - Milano 1901) fu senza dubbio
una figura dominante nella cultura musicale italiana del XIX secolo per la sua
originalità di compositore, ma anche per i positivi legami che egli ebbe con la società
del suo tempo. Al contrario di tanti artisti dell'Ottocento che manifestavano disagio e
perfino disprezzo per il mondo borghese che li circondava, Verdi dimostrò sempre un
forte interesse per le idee e i valori della società in cui viveva, la quale a sua volta lo
amò e lo apprezzò come uno dei suoi più autentici rappresentanti.

L’aspetto che marca il melodramma verdiano consiste nella forte drammaticità che
egli riesce a dare ai suoi personaggi. Nelle sue opere sono i sentimenti a
caratterizzare i ruoli dei personaggi e a definire i conflitti e gli intrecci delle
situazioni. Ciò gli consente di mettere in evidenza la complessità dei rapporti, il
trasporto delle passioni, il peso delle responsabilità del potere e l'impossibilità di
sottrarsi al destino, condizione che non riguarda soltanto il singolo ma la vita di un
popolo. I sentimenti personali, di fronte alle grandi questioni di principio e a valori
che trascendono l'ambito individuale, sono in tale modo destinati ad essere sacrificati
per il trionfo di un interesse ideale superiore.

Grazie a queste caratteristiche le opere di Verdi furono in grado di coinvolgere


l'uomo colto, l'aristocratico ma anche il rappresentante della piccola borghesia e
l'uomo del popolo. Verdi si rivolgeva ad un pubblico vario anche con il forte
richiamo della sua musica. La sonorità tipica delle sue opere, l’energia ritmica, gli
slanciati melodici, l'uso massiccio del coro, la forza dei contrasti e delle
caratterizzazioni orchestrali, i contenuti stessi, la trama del libretto curati con la
precisione dei particolari creano una musica appassionata, vigorosa, penetrante,
capace di raggiungere effetti straordinari anche con i mezzi più semplici.
Attraverso le sue opere, Verdi comunicò l'urgenza e il profondo bisogno culturale del
cambiamento, facendo leva sull'inconscio collettivo e rendendo chiare gli ideali di
libertà e della rigenerazione nel segno della giustizia e della moralità.
I Lombardi alla prima crociata
“La mia letizia infondere”
Atto II - scena 2

È un’opera in quattro atti di Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera.


La prima rappresentazione fu al Teatro alla Scala di Milano il 11 Febbraio 1847.

Dramma di argomento religioso, intessuto di scene di processioni, preghiere, un


battesimo e naturalmente una crociata.
Sullo sfondo della prima crociata dell’XI secolo, viene illustrata la rivalità tra i due
fratelli Arvino e Pagano, che amano entrambi Viclinda. Altri temi principali sono
l’amore tra il principe musulmano, Oronte, e la prigionera cristiana, Giselda (figlia di
Arvino e Viclinda) e il sacrificio di Pagano, divenuto eremita.
“La Mia Letizia infondere”
Atto II - scena 2

L’atto si apre nelle stanze di Acciano, tiranno di Antiochia. Il tiranno invoca la


vendetta di Allah sui cristiani, che hanno invaso il territorio.
Nell’aria “La mia letizia infondere”, Oronte chiede alla madre Sofia, segretamente
convertita al cristianesimo, notizie su Giselda, la bella cristiana prigioniera che ama.
La madre gli riferisce che Giselda lo sposerà solo se egli si convertirà al
cristianesimo. Oronte accetta.

La mia latizia infondere vorrei


nel suo bel core!
Vorrei destar co' palpiti
del mio beato amore
tante armonie nell'etere
quanti pianeti egli ha:
ah! ir seco al cielo, ed ergermi
dove mortal, mortal non va!
Ir seco al cielo, ed ergermi
dove mortal, mortal non va!
Dove mortale,
dove mortal mortal non va!
Dove mortal, mortal, mortal non va!
Dove mortal, mortal, mortal non va!
Il Corsaro

Il Corsaro è un melodramma tragico in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di


Francesco Maria Piave tratto dall’omonima novella in versi di George Byron.
L’opera debuttò al Teatro Grande di Trieste il 25 ottobre 1848.

Corrado è esiliato un'isola dell'Egeo insieme alla sua amata Medora. Un giorno è
stanco della sua prigionia e decide di andarsene e di sconfiggere l'odiato pascià turco
Seid a Corone, con un attacco di sorpresa. Seid viene a sapere dell’azione, ma non se
ne cura e festeggia anticipatamente nel suo palazzo la vittoria sui corsari a cui
partecipa Gulnàra, prediletta di Seid, che lei odia. Corrado, con una falsa identità,
irrompe nel bel mezzo della festa, combattendo contro Seid, mentre i suoi corsari
tentano d'incendiare le navi ottomane. Ma l'impresa fallisce: sconfitti i corsari,
Corrado è condannato a morte. Gulnàra però si è innamorata di Corrado e durante la
notte uccide Seid per liberarlo. I due tornano sull'isola dove trovano Medora che, alla
falsa notizia che l'amato era morto, si è avvelenata. Quando Corrado scopre la morte
di Medora, ignorando le preghiere di Gulnàra, si suicida gettandosi dalla scogliera.
“Ah sì, ben dite…guerra…Tutto parea sorridere …sì: de’corsari il fulmine”
Atto I - Scena 2

Un’aria cantata da Corrado, Capitano dei Corsari e pirata del Mar Ionio, che promette
al re di salvare il paese dalla crisi.

CORRADO:
Ah sì, ben dite... guerra...
Perenne, atroce, inesorabil guerra
Contro gli uomini tutti;
Io per essi fui reo... tutti gli abborro!
Temuto da costor ed esecrato
Infelice son io, ma vendicato!
Tutto parea sorridere
Al viver mio primiero:
L'aura, la luce, l'etere
E l'universo intero;
Ma un fato inesorabile
Ogni mio ben rapì.
Più non vedrò risorgere
Dell'innocenza il dì.

Si: de'Corsari il fulmine


Vibrar disegno io stesso,
Dal braccio nostro oppresso
Il Musulman cadrà.
All'armi e intrepidi
Cadiam sull'empia Luna;
Qual possa in noi s'aduna,
Il perfido vedrà!
All’armi!
Luisa Miller

Luisa Miller è un’opera in tre atti, su libretto italiano di Salvadore Cammarano,


basata sull’opera teatrale Kabale und Liebe (intrigo e amore) del drammaturgo
tedesco Friedrich von Schiller.

L’opera parla dell’amore ostacolato tra il giovane Rodolfo, figlio del conte di Walter,
e Luisa, figlia del vecchio soldato Miller. Il padre di Rodolfo è contro il loro amore
dato che vorrebbe il figlio sposo della cugina e duchessa Federica. Rodolfo non vuole
separarsi dalla sua amata a tal punto di minacciare al padre di rivelare a tutti che, per
impossessarsi della contea, ha ucciso il signore legittimo, suo cugino.
“Quando le sere, al placido”
Atto II - Scena 10

Dopo che Rodolfo legge la lettera in cui Luisa le scrisse falsamente di non averlo mai
amato resta amareggiato e deluso.

Oh! Fede negar potessi agl'occhi miei!


Se cielo e terra, se mortali ed angeli
Attestarmi volesser ch'ella non è rea
Mentite! Io responder dovrei, tutti mentite
Son cifre sue!
Tanta perfidia! Un'alma sì nera! Si mendace!
Ben la conobbe il padre!
Ma dunque i giuri, le speranze, la gioia
Le lagrime, l'affanno?
Tutto è menzogna,
tradimento, inganno!

Quando le sere al placido


Chiaror d'un ciel stellato,
Meco figgea nell'etere
Lo sguardo innamorato,
E questa mano stringermi
Dalla sua man sentia...
Ah!... mi tradia!...
Allor, ch'io muto, estatico
Da' labbri suoi pendea,
Ed ella in suon angelico,
“Amo te sol” dicea,
Tal che sembrò l'empireo
Aprirsi all'alma mia!...
Ah!... mi tradia!
La Traviata

La traviata è un'opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria


Piave, tratta da La signora delle camelie, opera teatrale di Alexandre Dumas.
La prima rappresentazione avvenne al Teatro La Fenice il 6 marzo 1853.

La giovane cortigiana parigina, Violetta Valéry si innamora di Alfredo e decide di


abbandonare la su vecchia vita. Quindi lascia la trasgressiva Parigi con i suoi lussi e
si trasferisce in campagna con l’amato. Lì i due vivono felici, fino a quando un
giorno arriva il padre di Alfredo, Germont, e chiede a Violetta di lasciare Alfredo per
sempre perché la loro convivenza disdicevole rischia di far saltare il matrimonio di
sua figlia, la sorella di Alfredo. Violetta cerca di opporsi, ma alla fine, convinta da
Germont, scrive una lettera di addio ad Alfredo, spiegandogli che ha nostalgia di
Parigi. Alfredo, sconvolto dalla rabbia e dalla delusione, la raggiunge e la offende
pubblicamente gettandole del denaro ai piedi. Violetta, malata di tisi, è ormai in fin di
vita quando Alfredo, venuto a sapere la verità, va a chiederle perdono. Dopo averlo
rivisto per l’ultima volta, Violetta muore.
“Lunge da lei per me non v’ha diletto! … De’miei bollenti spiriti…Oh mio rimorso!”
Atto II, scena 1

Violetta oramai ha abbandonato la sua vita a Parigi da cortigiana e si trova presso la


sua casa di campagna insieme ad Alfredo, che è appena tornato da una battuta di
caccia. In questa famosa aria esprime il suo amore per Violetta, e la felicità che lei gli
ha saputo dare rinunciando alla mondanità per vivere con lui.

ALFREDO:

Lunge da lei per me non v'ha diletto! Io vivo quasi in ciel


Volaron già tre lune Io vivo in ciel
Dacché la mia Violetta Dell'universo immemore
Agi per me lasciò, dovizie, onori, Io vivo quasi in ciel
E le pompose feste Ah sì! Io vivo quasi in cielo
Ove, agli omaggi avvezza, Io vivo quasi in ciel
Vedea schiavo ciascun di sua bellezza
Ed or contenta in questi ameni luoghi Oh mio rimorso! Oh infamia!
Tutto scorda per me. Qui presso a lei Io vissi in tale errore!
Io rinascer mi sento, Ma il turpe sonno a frangere
E dal soffio d'amor rigenerato il ver mi balenò!
Scordo ne' gaudi suoi tutto il passato. Per poco in seno acquetati,
o grido o grido dell’onore;
De' miei bollenti spiriti m’avrai securo vindice;
Il giovanile ardore quest’onta laverò.
Ella temprò col placido
Sorriso dell'amore! Oh mio rossor! Oh infamia!
Dal dì che disse: vivere Ah, sì, quest’onta laverò.
Io voglio a te fedel, Sì laverò.
Dell'universo immemore Oh mio rossor! Oh infamia!
Io vivo quasi in ciel. Ah, sì, quest’onta…
sì, quest’onta laverò.
Dal dì che disse: vivere Ah, sì, quest’onta…
Io voglio, a te fedel, sì, quest’onta laverò.
Ah sì! Dell'universo immemore
Io vivo, io vivo quasi
Rigoletto

Rigoletto è un'opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria


Piave, tratta dal dramma di Victor Hugo.
L’opera debuttò al Teatro La Fenice di Venezia l’11 marzo 1851.

Rigoletto narra le vicende di un deforme buffone di corte e la sua bella e ingenua


figlia Gilda. Un giorno, durante una festa di gala, il frivolo duca di Mantova, che ha
l’abitudine di confondersi tra il popolo in incognito, confida al fido Borsa di voler
conquistare la ragazza che vede sempre all’uscita della chiesa, ovvero Gilda. Intanto,
in disparte, fra i cortigiani si sparge la voce secondo cui Rigoletto avrebbe un’amante.
La notizia è lo spunto giusto per i cortigiani e per il conte di Ceprano per vendicarsi
delle continue beffe dell’uomo rapendo la donna. Non sanno infatti che non si tratta
dell’amante, bensì proprio di sua figlia. Rigoletto giura di vendicarsi e decide così di
rivolgersi ad un sicario, Sparafucile, che dovrà sparare al duca attirato in una
locanda fuori città dalla sorella Maddalena.
“Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime…possente amor mi chiama”
Atto II Scena 8

In quest’aria il duca affranto piange perché la notte precedente ha trovato vuota la


casa di Gilda. Sicuro che la giovane sia stata rapita, giura di vendicarla.

DUCA

Ella mi fu rapita! Ei che vorria coll'anima


E quando, o ciel?... ne' brevi Farti quaggiù beata;
Istanti, prima che il mio presagio Ei che le sfere agli angeli
interno Per te non invidiò.
Sull'orma corsa ancora mi spingesse!
Schiuso era l'uscio! e la magion Possente amor mi chiama,
deserta! volar io deggio a lei;
E dove ora sarà quell'angiol caro? il serto mio darei
Colei che prima poté in questo core per consolar quel cor.
Destar la fiamma di costanti affetti? il serto mio darei
Colei sì pura, al cui modesto sguardo per consolar quel cor.
Quasi spinto a virtù talor mi credo!
Ella mi fu rapita! Ah! sappia alfin chi l'ama,
E chi l'ardiva?... ma ne avrò vendetta. conosca alfin chi sono,
Lo chiede il pianto della mia diletta. apprenda ch'anco in trono ha degli
schiavi Amor.
Parmi veder le lagrime Apprenda ch'anco in trono,
Scorrenti da quel ciglio, ch'anco in trono
Quando fra il dubbio e l'ansia ha degli schiavi
Del subito periglio, ha degli schiavi Amor.
Dell'amor nostro memore
Il suo Gualtier chiamò. Ha degli schiavi Amor.
Ned ei potea soccorrerti, Amor!
Cara fanciulla amata;
“La donna è mobile”
Atto III Scena 11

Rigoletto conduce Gilda alla locanda di Sparafucile, dove si trova il Duca in


incognito, per mostrare a sua figlia la sua vera natura. Li Gilda osserva come il duca
deride le donne che si innamorano di lui per poi corteggiare Maddalena, la sorella di
Sparafucile, come già aveva fatto con lei.

DUCA

La donna è mobile È sempre misero


Qual piuma al vento Chi a lei s'affida
Muta d'accento Chi le confida
E di pensiero Mal cauto il core

Sempre un amabile Pur mai non sentesi


Leggiadro viso Felice appieno
In pianto e riso Chi su quel seno
È menzognero Non liba amore

La donna è mobile La donna è mobile


Qual piuma al vento Qual piuma al vento
Muta d'accento Muta d'accento
E di pensier E di pensier
E di pensier E di pensier
E di pensier E... di pensier
Bibliografia

M. Baroni, G. Vinay, E. Fubini, P. Petazzi, P. Santi, Storia della Musica, Einaudi,


Torino 1988
A. Titone, Giuseppe Verdi. Rigoletto, Il trovatore, La traviata, L’EPOS, Palermo
2010
A. Titone, Giuseppe Verdi. Macbeth, Il Corsaro, Luisa Miller, L’EPOS, Palermo
2012
D. Romeo, Giuseppe Verdi e la cultura del melodramma, Scienze e Lettere, Roma
2012

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