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Vecchia cronaca

di pavia
 
 

Jerome  Costa  –    Neonato  Toreador  


10 Aprile 2010
“Guarda Mark” disse Ana indicando lo schermo del computer, “pare che le recensione
della tua ultima graphic novel siano tutte molto entusiastiche! E' stata veramente una
fortuna per me che tu abbia deciso di sfruttare la mia abilità per la tua prossima storia,
anche se i miei disegni iniziano ad essere visti in giro poterli associare al nome del
grande Mark Ross mi permetterà di fare un enorme balzo in avanti nella mia carriera”.
“Ana se sono qui è sopratutto grazie alla bellezza dei tuoi disegni e al tuo talento, la
storia che mi hai fatto vedere prima è veramente buona, sicuramente se la presentassi
al tuo editore la pubblicherebbe in men che non si dica! Ma non perdiamoci in
chiacchiere mia cara, anche se la notte è giovane sono pur sempre qui per raccontarti
una storia e fare in modo che tu la possa disegnare, se possibile vorrei andarmene
sfruttando il favore delle tenebre”.
“Mark non sai che onore sia stato per me essere contattata. Quando ho sentito il tuo
messaggio in segreteria ho subito pensato ad uno scherzo. Allora ho chiamato
immediatamente il mio editore senza riflettere che fosse notte fonda! Incredibile poter
conoscere di persona il grande Mark Ross! So benissimo quanto tu sia riservato e a
quanto tu tenga alle tue creazioni! Ma inizia pure a raccontare. Ah! A proposito,
grazie mille per la bottiglia di vino che mi hai portato. È davvero squisito! Mentre
parlavamo ho fatto una veloce ricerca su internet dell'etichetta ed ho scoperto che
l'annata 1890 è una delle migliori! Deve esserti costato una fortuna procurartelo! Non
avresti dovuto”.
“Per te questo ed altro mia cara. È il minimo che potessi fare per quello che stai
facendo per me, bevi un altro bicchiere mentre io inizio a raccontare la trama del
nostro prossimo successo”.
 
18 Agosto 1806 Valle D'Aosta
La storia di cui ti parlerò narra le vicende del piccolo Jerome Costa nato in questo
preciso giorno nel castello di Issogne, vicino ad una piccola cittadina italiana in Val
d'Aosta, ultimo discendente della famiglia dei Costa.
Il ragazzino cresceva nel più totale benessere garantito dalla nobiltà della sua famiglia
d'origine, in quegli anni i nobili potevano ancora permettersi di vivere amministrando
i propri terreni ai fittavoli.
Il ragazzo fin in tenera età dimostrò di avere un'anima avventurosa seppur a suo agio
nella comodità della vita dorata di nobile, egli preferiva passare gran parte del suo
tempo ad esercitarsi con la spada e a duellare con la servitù del castello.
 
1820 Parigi
A seguito dell'insoddisfazione dimostrata nel seguire gli affari di famiglia dal giovane
Jerome i suoi genitori presero la decisione di mandarlo a Parigi a studiare con
Georges LèFevre uno dei migliori maestri di sciabola e fioretto.
L'adattamento alla vita alla corte di Francia non fu dei più facili per il giovane
Jerome, pur essendo anche lui di nobili origini, discendeva da una piccola famiglia
che dominava su un territorio ricco di miniere e pascoli fertili, ma che non produceva
prodotti ad alto valore come oro o altro, per cui le persone che lui incontrava
tendevano a trattarlo più come un borghese che come un nobil uomo, quale era
effettivamente di rango.
Decise che il metodo giusto per lui per ottenere una rivalsa su quei boriosi buoni a
nulla fosse quello di divenire ancora più abile nella spada e buttarsi nelle sfide a
duello che seppure in diminuzione rispetto al passato a quel tempo riscuotevano
ancora un discreto successo e un discreto seguito.
 
1830 Parigi
Negli anni passati ad allenarsi con la spada, Jerome ottenne la sua rivalsa. Si offrì di
sostituire molti nobiluomini come campione nei loro duelli “d'offesa” e ne provocò
altrettanti per proprio conto da cui uscì sempre vivo e quindi vittorioso. Grazie alla
sua abilità riuscì a stringere delle amicizie con esponenti di importanti famiglie della
nobiltà in declino e della borghesia francese dell'epoca.
I venti di cambiamento soffiavano impetuosi in quel periodo, le decisioni del Re di
Francia di isolare la borghesia a favore della nobiltà non stavano venendo accolte in
maniera favorevole né tranquilla dalla gente, e fu così che ebbe luogo la cosidetta
“Rivoluzione di Luglio”.
La folla parigina insorse e scese nelle piazze a protestare contro il Re, arrivando a
scontrarsi contro il regio esercito avendo la meglio, il re fu costretto a dimettersi e al
suo posto venne elevato Luigi Filippo conte d'Orlais.
 
“Mia cara Ana, a questo punto ti starai chiedendo che cosa centri tutto questo con il
nostro Jerome, da che parte si sarà schierato, con la nobiltà che l'ha maltrattato oppure
con i borghesi verso cui gli stessi suoi pari l'avevano spinto, bhè non che lui fosse un
codardo, ma in fin dei conti quella non era la sua patria, la sua vera casa era ben
lontana da Parigi e così passo quelle folli 5 giornate dal 26 al 31 rintanato nella sua
modesta casa nell'anello esterno di Parigi, abbastanza al sicuro dai combattimenti che
imperversavano nelle strade”.
 
“Ebbene, starai pensando che con la salita al potere della borghesia le cose
miglioreranno per il nostro spadaccino, in verità quello è stato proprio l'inizio della
sua fine”.
Con il ridimensionamento della nobiltà, molti usi e costumi che erano stati portati
avanti grazie ai nobili stavano per cadere in disuso, la mentalità molto più pragmatica
della borghesia fece si che nel periodo seguente fossero riportate in auge vecchie leggi
di oltre 200 anni prima che vietavano l'uso dei duelli come modalità di soddisfazione
ad un offesa.
Le cose per Jerome cominciarono a precipitare, quella che era stata la sua ragione di
vita ed orgoglio fino a poco tempo prima ora gli veniva preclusa, provò ancora a fare
qualche duello, ma il rischio di essere scoperto dalla polizia spesso e volentieri
allontanava gli eventuali sfidanti. Con il diminuire dei duelli anche i favori che gli
venivano concessi iniziarono a scemare e mancando il flusso di denaro proveniente
dalla sua famiglia che si era andato ad assottigliare nel tempo, Jerome si ritrovò presto
a non avere più un soldo e la popolarità che gli aveva dato la sua arte fino a poco
tempo prima sparita.
Depresso e sempre più spesso in stati alterati dovuti all'abuso di alcool, fu costretto
ben presto a vendere ciò che aveva di più prezioso, la sua spada, abbandonandosi
sempre di più all'apatia che precede la fine.
 
“Mark non mi è ben chiara una cosa, ma dove ci sta portando la storia, quello che
sembrava il protagonista è prossimo alla fine e probabilmente alla morte, vuoi usare il
classico espediente del vecchio amico che torna e lo salva così che poi tutti possano
vivere felici?”
“Ebbene si Ana ci sei andata vicina, proprio una sera del 1833 si presenta alla porta di
Jerome il servitore di un certo Damion Delacroix, recando un invito a cena e la notizia
di un regalo da ricevere presso la sua abitazione parigina per quella stessa notte”.
 
Spinto più che altro dalla fame Jerome decise di seguire il servitore, giungendo così
alla casa del suo misterioso ospite, venne fatto accomodare e condotto in un lussuoso
salone con un piedestallo al centro e un elegantissimo uomo accomodato su un
lussuoso divanetto.
“Caro il mio Jerome è da moltissimo tempo che seguo i tuoi duelli, la tua abilità con
la spada è veramente impareggiabile, veder balenare il tuo stocco in fulminei assalti e
in altrettanto veloci parate, mi ha sempre riempito di una delizia incommensurabile.
Non ti puoi nemmeno rendere conto del fremito che provochi in me ogni volta che ti
vedo combattere, restavo paralizzato per momenti lunghi come l'eternità ad osservare
il guizzare dei tuoi muscoli sotto la giubba, ad osservare il sangue che colava lungo il
filo della tua lama dopo il primo contatto con la carne del nemico, non so cosa darei
per rivivere quei momenti inebrianti.
Jerome a metà fra il lusingato e lo sconcertato chiese, ”Chi siete Signore? Non ricordo
di avervi mai visto partecipare ai miei duelli? Siete per caso uno di quelli che ho
sconfitto e ora volete prendervi gioco di me?”
“Mio splendido Jerome non mi sognerei mai di prenderti in giro, anzi ho deciso di
farti un regalo, solleva pure quel panno e scopri tu stesso che cosa nasconde”. Jerome
così fece e sollevò il panno rimanendo stupito da quello che vi era celato, la sua
adorata spada perduta e infine ritrovata.
“Prendila pure è tua io non ho nessun diritto di possederla, in cambio però ti chiedo
una cosa, un ultimo duello a cui assistere”. Allo schioccare delle sue dita la porta si
aprì ed entro un uomo con un fioretto in mano che iniziò a disporsi in posizione di
duello.
“Su forza mio piccolo Jerome non essere timido, per quest'ultimo spettacolo riceverai
in cambio la tua adorata spada e una buonuscita che potrei definire regale, non ti resta
che combattere un ultima volta”.
Dal canto suo il nobiluomo non sapeva se accettare o meno non riusciva a fidarsi di
quello strano tipo, daltronde di fronte a lui c'era tutto quello che aveva sempre
desiderato, la sua spada e un pubblico a cui mostrare la sua abilità. E così il duello
ebbe inizio.
In pochi istanti Jerome fu subito addosso all'avversario, lo scambio di colpi era
furioso, ma l'onore del primo sangue e della vittoria arrise al nostro eroe, soddisfatto
fece qualche passo indietro e abbassò la spada in segno di saluto, accorgendosi appena
in tempo che l'altro duellante non aveva la minima intenzione di porre fine allo
scontro, vista l'indecisione Delacroix disse “Suvvia mio tenero Jerome non avrai
pensato di potertela cavare con un paio di colpi e poche gocce di sangue versato!
Fammi ammirare l'ardore di un uomo che combatte per la propria sopravvivenza”
Lo spadaccino nemico si era posizionato a bloccare l'unica porta che avrebbe potutto
condurre fuori di lìverso la salvezza. Jerome rischiò contemporaneamente di farsi
prendere dallo sconforto e dalla spada del nemico, dopo un paio di colpi che lo misero
in netto svantaggio reagì con la forza che solo la disperazione può darti, iniziando a
portare assalti furiosi, fino alla sconfitta dell'avversario.
Quando il suo respiro tornò normale Jerome si controllò le ferite per verificarne
l'eventuale gravità e si rese conto con estremo stupore che pur essendo stato uno
scontro molto cruento, i colpi del nemico si bloccavano sempre poco prima di
incidere la carne, tagliando e sminuzzando solo i vestiti.
Ripresosi dallo shock della scoperta Costa si girò velocemente su se stesso per
puntare la spada veso Delacroix, notando solo ora che il divano su cui era stato seduto
fino a pochi istanti prima ora appariva desolantemente vuoto, rimase perfettamente
immobile fino a che qualcosa sussurrò alle sue spalle”Non avrei mai potuto
permettere che un capolavore come te fosse rovinato con dei tagli, per restare al mio
fianco devi rimanere perfetto per sempre”. Ai sussurri seguirono un abbraccio
d'acciaio e un caldo bacio sul collo.
Jerome sentiva la sua vita abbandonarlo poco a poco, ma allo stesso tempo non poteva
fare a meno di provare una fortissima eccitazione verso quel abbraccio così caldo e
letale che lo stava uccidendo poco a poco, e si abbandonò completamente ad esso.

10 Aprile 2010
“Vampiri Mark? Non sarà mica una cosa tipo Twilight o cose simili?”
“Ana mia cara, Twilight e simili sono tutte baggianate! La storia che ti sto
raccontando non ha nulla di romantico, sono solo bestie assetate di sangue che lottano
tra loro, schiacciando e distruggendo tutto quello che si trovano davanti, l'apoteosi
della razza umana, la possibilità di fare tutto! Forse è arrivato il momento di aprire la
seconda bottiglia di vino. Assaggialo, io non posso bere altrimenti mi si impasterebbe
la bocca ed addio alla storia.” Per immedesimarti ancora di più nel nostro Jerome da
adesso in poi ti racconterò la storia in prima persona come se noi vivessimo le sue
avventure e le vedessimo con i suoi occhi.
 
1853 Londra
I primi giorni dopo essere stato trasformato sono stati sconvolgenti, diventi
consapevole di tutto ciò che ti circonda, senti il vociare della servitù che si agita
diversi piani sotto di te, senti i topi che corrono nella soffitta della casa come se ti
corressero in testa, i tuoi movimenti diventano più veloci e precisi, e poi non
dimentichiamoci la vita eterna, rimanere giovani e forti per sempre non è certo da
sottovalutare, quale mai misero prezzo potrà essere rubare un po' di sangue agli umani
contro la possibilità di praticare la mia arte per sempre?!
Animato da questi pensieri probabilmente inizia un po' troppo ad indulgere nei piaceri
della carne, durante quegli anni turbolenti la società stava cambiando, i duelli con la
spada stavano via via sparendo, ma Delacroix mi teneva molto impegnato organizzava
spesso delle lussuose feste in cui potevo estasiare il pubblico con la mia abilità e
festeggiare con loro i miei successi per il resto della notte.
Il mio sire era così follemente innamorato di me che mi permetteva forse un po'
troppo, con il senno di poi mi rendo conto che mostrare così apertamente le mie
soprannaturali abilità rischiava di farci scoprire dagli esseri umani o peggio essere
puniti dagli altri abitanti della notte.
E fu così che partimmo alla volta della caotica Londra per cambiare aria, sulla scia
dell'appena terminata Rivoluzione Industriale, l'Inghilterra era divenuto un paese ricco
di vita, di cultura e di divertimento. Da lì partivano spedizioni verso tutto il mondo
per esplorare e conoscere tutto ciò che ancora di oscuro vi rimaneva, i salotti degli
esploratori erano sicuramente i più interessanti, loro come me amavano esporre i loro
trofei di caccia, parlare delle loro scoperte e farsi ammirare dagli altri per la loro
abilità.
In quegli anni la vita di clan era poco interessante per me, seppure la mia arte era
ancora riconosciuta, iniziavano sempre più a farsi largo e a prendere sempre più
potere persone che sapevano solo buttare della vernice su una tela oppure urlare due o
tre parole su un sottofondo musicale.
La mia insoddisfazione mi portò ad avvicinarmi a una donna, Janette Rymer la moglie
di un facoltoso lord inglese, le sue feste erano memorabili, vi partecipavano acrobati e
bestie feroci recuperate dal marito durante le sue spedizioni nell'Africa nera, nonchè i
personaggi più strambi.
Il mio primo incontro con lei avvenne durante una seduta spiritica organizzata da
quella che era sicuramente una truffatrice, per movimentare la serata decisi di fare
qualche scherzetto e far spaventare a morte gli astanti e così finsi di venire posseduto
da uno spirito maligno, iniziai ad agitarmi sulla sedia assumendo posizioni innaturali
per un essere umano, smisi di far circolare il sangue assumendo un pallore cadaverico
e una temperatura glaciale come il cadavere che ero in realtà.
Quello che mi stupì fu appunto la reazione di Janette, negli altri astanti l'emozione più
diffusa era lo sbigottimento e il terrore, lei invece mi guardava affascinata come una
falena anela alla fiamma che poi la brucerà.
Fu così che, complice l'assenza del marito, io e lei iniziammo a frequentarci. Quella
donna mi intrigava, non era la solita nobildonna tutta facciata e poca sostanza, scoprii
in breve che scriveva addirittura dei brevi racconti dell'orrore che poi pubblicava sotto
falso nome, io di contro la incuriosivo per la vita che vivevo a dispetto delle mie
nobili origini.
E fu così che con il passare del tempo decisi di raccontarle tutto di me, e quando dico
tutto intendo il pacchetto completo dalla nascita alla morte e oltre, lei non pareva
spaventata da me, e seppur non interessata alla vita eterna, mi chiese di sfruttare la
mia vita per scrivere una delle sue storie e pubblicarla. Al momento non mi era
sembrata una cattiva idea, a chi mai avrebbe potuto interessare una delle storielle da
un penny che lei scriveva, e così dal 1865 al 1867 pubblicò una serie di libretti
intitolati a Varney il Vampiro con lo pseudonimo di James Malcolm Rymer.
 
1880 Londra
Era da ormai diverso tempo che mi ero separato dal mio Sire, ero sempre più preso
dal vivere la mia vita con Janette disinteressandomi da tutto il resto, quando una notte
piombò nella mia casa nell'East End Delacroix in persona.
“Presto Jerome! E' ora che tu te ne vada da qui! I libri di questa donna stanno
prendendo piede , alcune copie sono giunte agli occhi di chi gestisce questa città! E
non è per nulla contento dell'effetto che potrebbero avere sulla popolazione umana, ha
dato il via a una vasta operazione di contenimento dei rischi, e dato che tu sei il
principale rischio in questa faccenda, temo per quello che potrebbe capitarti!!Vattene
ora, a lei ci penso io, non hai tempo per preoccuparti per lei, preoccupati per te stesso!
Sei tu quello maggiormente in pericolo,ti ritroverò!”
E così colto completamente alla sprovvista baciai intensamente Janette sussurrandole
di non preoccuparsi e che ci saremmo rivisti presto, che ora si trovava in buone mani
e non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Presi la porta e me ne andai di corsa, scappai al porto organizzando in fretta e furia
una spedizione di una cassa abbastanza grossa da contenermi per tornare sul
continente sperando che la sete non mi facesse fare qualche stupidaggine durante il
viaggio.
Rientrai dapprima nella dimora ancestrale della mia famiglia, dove scoprii che i miei
genitori erano morti di vecchiaia da qualche anno ormai, non fidandomi a stare li
affidai le mie terre a un nostro fedele vassalo che le avrebbe amministrate in mia
vece.
Mi rimisi in viaggio e mi stabilii ad Amsterdam.
 
1910 Amsterdam
Dal giorno della mia precipitosa fuga non seppi più nulla di Delacroix,né di Janette,
attesi invano per diversi anni che qualcuno si presentasse alla mia porta o loro o
qualcuno dei miei presunti aguzzini, e invece tutto taceva, così iniziai ad inviare gente
ad indagare su quello che era successo.
Non vi era nessuna notizia sembravano semplicemente spariti nel nulla, le ipotesi
erano veramente di ogni tipo, dal Principe di Londra che li aveva uccisi ed aveva fatto
terra bruciata attorno a loro, a Delacroix che aveva portato in salvo Janette e ora
vivevano nascosti per evitare gli inseguitori all'ipotesi più assurda in cui il mio Sire
aveva architettato tutto colto dalla gelosia nei confronti di Janette per punirmi e farmi
perdere l'unica persona che avevo mai amato in tutta la vita.
Rimasto solo e con l'unica compagnia della mia spada decisi di vivere una vita ritirata
e di studio, eviando il più possibile i rapporti sia con gli altri fratelli che con gli
umani, se non quelli strettamente necessari alla sopravvivenza.
In quegli anni mi dedicai all'apprendimento dei rudimenti dell'occulto, mi sembrava
un campo di studio interessante, fino dal primo incontro con Janette mi era rimasta la
curiosità di scoprire se la medium fosse effettivamente una truffatrice o qualche fondo
di verità ci fosse.
 
1918 Amsterdam – Monaco di Baviera - Giza
La mia vita ritirata non sarebbe potuta continuare per sempre e nel 1918 mi dovetti di
nuovo scontrare con la brutale realtà, una notte d'estate ricevetti l'invito a partecipare
a una festa tenuta dal Primogenito di Berlino del mio clan, i toni della lettera facevano
facilmente intuire che non avevo realmente una possibilità di scelta.
Così ancora una volta mi staccai da quello che avevo costrutito fino a quel momento e
mi recai, incerto del mio futuro, a sentire le motivazioni della mia convocazione.
Il nome di questo Primogenito era Enver Neumann, un ancilla del nostro clan, in quel
periodo in Germania si stavano agitando venti di cambiamento e rivoluzione, era da
poco sorto un gruppo di mortali che si faceva chiamare “Società di Thule” che
nascondendosi dietro fini politici e antisemiti mirava a dominare il mondo sfruttando
mezzi esoterici.
Neumann sosteneva che dietro la nascita di questa società vi si nascondeva
sicuramente qualche fratello, che fosse un Tremere o un ancora più oscuro Tzimisce ai
tempi non era dato saperlo, il mio compito e di pochi altri fratelli scelti era quello di
indagare sulla questione e nel caso sottrarre più cose possibili al nemico, io venni
scelto sopratutto per la mia abilità nel combattere e per i miei recenti studi in ambito
esoterico.
La Società di Thule nascondeva bene il suo operato, fino all'inizio della seconda
guerra mondiale si muoveva nell'ombra cercando informazioni e raccogliendo quante
più leggende trovasse in giro, con lo scoppio del conflitto le attività dei Thule si
fecero più pratiche in seguito alle scoperte fatte mandarono in giro diverse missioni
per il globo, sempre coperte ed accompagnate da operazioni militari su vasta scala.
Ricevetti il compito di seguire due ufficiali delle SS che si stavano dirigendo in Africa
al seguito degli Afrika Korps, per andare a verificare la presenza di tomi definiti
magici all'interno di una stanza della grande piramide di Giza, i due ufficiali erano
accompagnati da un membro del partito una donna dall'aspetto spettrale molto magra
e pallida, e da un intera divisione di SS oltre 100 soldati.
Decidemmo che sarebbe stato più prudente aspettare che fossero loro a correre i rischi
e a recuperare i tomi dalla piramide, sempre che effettivamente esistessero, noi li
avremmo poi requisiti agli ufficiali o alla nazista.
Insolitamente l'operazione di recupero venne fatta di notte, forse per sfruttare ka
segretezza garantita dalla notte, e grazie a questo anche noi potemmo tenerne d'occhio
lo svolgimento.
Dopo meno di un'ora dall'ingresso della divisione nella piramide, si iniziarono a
sentire spari, esplosioni e grida atroci che veniva amplificati dalla piramide e
trasportati nel silenzio del deserto dai cunicoli da cui filtrava l'aria. Per qualche
motivo le SS stavano morendo una dietro l'altra, noi ci facemmo ancora più indietro
spaventati da quello che ci sarebbe potuto essere all'interno della tomba.
Dopo interminabili ore di combattimento uno sparuto gruppo di uomini comandati da
uno dei due ufficiali uscì correndo dall'ingresso della piramide, erano palesemente
terrorizzati e correvano come se il diavolo in persona li stesse seguendo, raggiunsero
la relativa sicurezza dell'accampamento che avevano creato alla base della piramide e
li vedemmo entrare nella tenda dove si era sistemata la donna.
Il silenzio della notte era agghiacciante, noi tenevamo d'occhio sia la tenda sia la
piramide incerti su cosa ne sarebbe potuto uscire, nessun movimento.
La prima a muoversi fu la donna che usci dalla sua tenda da sola e si diresse verso una
delle jeep con un pacchetto avvolto in stracci sotto braccio, era il nostro momento
dovevamo agire e recuperare l'oggeto trafugato, uscimmo dai nostri nascondigli e ci
avventammo sulla donna, lei d icontro per nulla impressionata ci squadrò e senza dire
niente si lanciò alla gola del brujah che doveva essere la nostra forza di attacco, nel
giro di pochi secondi sfoderò gli artigli facendo cadere l'involto a terra e si gettò
contro l'altro conficcandogli saldamente le braccia fino al gomito nel torace per poi
conludere la sua azione iniziando a succhiarne il sangue. Dopo un primo momento di
sbigottimento gli altri miei compagni si gettare su di lei, io al contrario mentre loro la
tenevano occupati preferii recuperare il tomo e darmela a gambe sul fuoristrada su cui
lei stava per salire, se i Thule avevano mandato una donna come lei sicuramente quel
libro doveva essere importante per cui il mio compito era portarlo lontano da li, non
valeva la pensa che io sacrificassi la mia vita invano per salvare dei compagni di cui
non mi importava nulla.
Feci il viaggio dal Cairo a Berlino guardandomi costantemente alle spalle e
sussultando a ogni rumore, memore della brutalità espressa in così pochi secondi dalla
donna, seppur abile con la spada non avrei potuto nulla contro di lei, era riuscito ad
abbattare il più forte tra noi in pochi secondi.
Con il pacco ben al sicuro, tornai a Berlino dove ricevetti il plauso dell'ancilla del mio
clan per il successo della missione, dopo la perdita del manufatto la guerra per la
Germania e le attività della Società erano in rapido declino, io continuavo
stancamente a seguirne gli sviluppi, ma le devastazioni che avevo attorno e i milioni
di morti che si erano susseguiti in quegli anni iniziavano a pesare sulla mia anima.
 
Nel 1946 a seguito della fine della guerra, venni liberato dai miei doveri verso il clan
e presi la decisione di ritirarmi nel mio castello in Valle D'Aosta dove feci approntare
una camera segreta in cui poter riposare indisturbato negli anni a venire.
 
1946 – 2000 Torpore volontario
 
2000 Castello di Issogne (Valle d'Aosta)
Ormai il tempo di risvegliarsi è giunto sono passati quasi sessant'anni da quando ho
deciso di ritirarmi dal mondo, il periodo della guerra è sicuramente passato, tutta
quella sofferenza e morte ovunque saranno sicuramente finiti, è il momento di lasciare
da parte la solitudine per tornare nel mondo, chissà ora la gente come si vestirà chissà
se la gente si sfida ancora per placare un offesa o quella parte di mondo ha proseguito
nel suo declino ormai iniziato più di 150 anni fa.
Al mio risveglio uscii dal rifugio che mi ero fatto costruire 50 anni prima, per fortuna
nessuno l'aveva trovato con passare del tempo, lo strato di polvere e il pulviscolo che
ammantava ogni cosa me lo confermava con certezza. Presi congedo temporaneo
dalla mia dimora di nascosto di modo che la famiglia che fungeva da attuali custodi
non notasse la mia presenza, e mi diressi verso la città vera e propria per vedere come
fosse cambiato il mondo.
Non appena raggiunsi la periferia della piccola città di Issogne iniziai già da subito ad
intuire il cambiamento, macchine ovunque di fattezze molto più eleganti rispetto a
quelle squadrate degli anni 40, le persone vestite in abiti nettamente più comodi e alla
mano anche se meno eleganti e raffinati di quelli di una volta, le mie vesti spiccavano
in netto contrasto rispetto a quelle degli altri passanti, era ora di aggiornarsi e di
mettersi qualcosa di più consono al tempo, avrei dovuto trovare anche un metodo
alternativo per portare con me la spada, seppur era finita l'epoca dei duelli averne una
dietro mi infondeva una certa sicurezza.
Presi anche contatto con alcuni numeri di vecchi compagni del passato, la maggior
parte era ovviamente inutilizzabile, ma uno alla fine rispose e dopo un veloce scambio
di convenevoli venni aggiornato sulle importanti novità avvenuti nell'ultimo
cinquantennio, chiesi anche di essere invitato ad un Eliseo per poter rientrare a pieno
titolo nella vita, in fin dei conti essere immortali e passare l'eternità da soli non era da
me, il tempo aveva ormai lenito le ferite del cuore e dell'anima, era il momento di
ripartire.
 
2000 Parigi
Ed eccomi ancora una volta in questa città che è stata per lungo tempo il centro del
mondo, per quanto riguarda i cainiti questa città ricopre ancora un ruolo molto
importante, quale posto migliore di quello della mia rinascita per tornare in sella.
Mi presentai al primogenito del mio clan, al principe, ed iniziai a fare la conoscenza
dei miei nuovi fratelli di clan. Ora più di un tempo il mio clan era pieno solo di poeti,
pittori e cantanti quando descrivevo l'arte che meglio padroneggiavo la maggior parte
di loro o annuiva inarcando un sopracciglio oppure apertamente si chiedeva se
davvero quella fosse arte.
Dopo un paio di colloqui aevo già voglia di ritornare a riposare nel mio castello, il
mio clan era pieno solo di debosciati che non sapevano fare nulla e credevano che
suonare volesse dire buttare insieme qualche nota a caso con una chitarra, ovviamente
per me la vera musica era Chopin, Liszt e lo stesso valeva per ogni forma d'arte,
qeusti cosiddetti artisti non erano degni di definirsi tali.
Ma in quel momento mi venne in mente non so come e non so perchè la frase di un
film che avevo visto arrivando in volo a Parigi “Quelli che non sanno fare insegnano,
quelli che non sanno insegnare insegnano ginnastica” la morale era che c'era sempre e
comunque una soluzione perchè non trasporlo nel mondo dell'arte, se io non potevo
essere un artista avrei sempre potuto appropriarmi dell'arte degli altri e spacciarla
come mia!
 
10 Aprile 2010
“Allora Ana che te ne pare del mio racconto, ti ha ispirato qualche bel disegno da
mostrarmi”
“Mark non so sei proprio sicuro di voler fare una graphic novel sui vampiri, non mi
fraintendere, con te lavorerei su qualsiasi soggetto, credo però che twilight abbia
svalutato parecchio l'argomento! Ora è solo roba da adolescenti in preda ad una crisi
ormonale”
“Hai perfettamente ragione mia dolce Ana, bisogna ammettere che qualcuno ha fatto
un lavoro maledettamente buono, mettendo in giro questa storia dei vampiri che
brillano alla luce del sole e adorano i gattini! Questo sicuramente distoglie l'attenzione
da quello che siamo veramente e ci permette di agire indisturbati!”
“Quello che siamo veramente?! Dai Mark mi stai prendendo in giro, non mi dire che
sei anche tu uno di quei fan di Twilight che vogliono essere come il loro eroe
Cullen!!Non ti facevo così!”
“Oh no Ana, io non credo assolutamente di essere come quella fatina dai denti a
punta, io la gente la uccido per davvero” disse Jerome mentre si avventava su Ana
tappandole la bocca con una mano e mordendola sul collo per prosciugarla.
Finita la sua opera Jerome prese sottobraccio la cartellina con il fumetto ineditto di
Ana e dopo aver versato un po' di vodka sul tavolo mise un mozzicone di sigaretta
acceso nelle mani del cadavere sicuro che da li a poco si sarebbe scatenato l'inferno
nella villetta.
“Uff mi aspetta un lungo lavoro per cambiare le firme sulle varie tavole, il mio editore
ha poca pazienza e gli ho promesso una nuova grapich novel entro la metà del mese,
dovrò rimboccarmi le maniche! Addio mia dolce Ana è stato un vero piacere fare la
tua conoscenza!!”
 
Parigi  1850  
Non  avevo  mai  pensato  di  potermi  annoiare  della  mia  spada.  
Eppure   fu   ciò   che   accadde,   dopo   i   primi   anni   di   furore   nei   quali   l’acuita  
percezione   del   mio   corpo   mi   infondeva   di   un   senso   di   onnipotenza.   Delacroix,  
pur   gentile   e   condiscendente   come   un   innamorato,   era   un   sire   esigente   sotto  
molti   aspetti:   pretendeva   il   mio   tempo,   la   mia   attenzione,   la   mia   arte,   il   mio  
amore;  non  si  poneva  nemmeno  il  problema  che  i  nostri  obiettivi  potessero  non  
essere   i   medesimi,   e   usava   qualsiasi   mezzo   per   ottenere   la   mia   collaborazione.  
Non   desiderava   insegnarmi   qualcosa   di   nuovo,   voleva   solo…   guardarmi.  
Inizialmente   funzionò:   sconfiggere   umani   o   ghoul   in   duelli   quasi   recitati   era  
facile,  e  lo  divenne  sempre  più  intanto  che  allenavo  le  mie  nuove  capacità.    
Dopo   alcuni   anni   smise   di   funzionare,   e   cominciai   a   sentire   i   morsi   della  
maledizione:  avevo  sempre  cercato  di  semplificarmi  la  vita,  e  ora,  ironicamente,  
mi   mancava   il   sapore   della   sfida.   Mi   ponevo   anche   sempre   più   domande  
riguardanti  la  nostra  esistenza:  sapevo  che  non  eravamo  gli  unici,  ma  niente  della  
mia   precedente   esperienza   avrebbe   potuto   prepararmi   al   dedalo   della   corte   di  
Jean   François   Villon,   Principe   di   Parigi,   Re   di   Francia,   Visconte   di   Algeri   e  
Tunisi,   dove   dopo   almeno   un   anno   di   capricci   avevo   convinto   Delacroix   a  
presentarmi.  

Ebbi   tempo   di   pentirmene:   ero   un   infante,   molto   più   in   fondo   alla   catena  
alimentare   di   quanto   non   fossi   mai   stato   in   tutta   la   mia   vita.   Il   Primogenito  
Toreador,   Eleonora   d’Aquitania,   mi   squadrò   semplicemente   dalla   testa   ai   piedi,  
annuendo   distrattamente   al   mio   sire.   Cercai   qualche   collega   spadaccino,   e   i  
confronti  non  fecero  bene  al  mio  ego.  Scottato  ma  nonostante  tutto  interessato,  
cercai   di   frequentare   l’Elysium   Bruajh   del   Ponte   Nuovo,   ritrovo   di   neonati   e  
guerrieri  assortiti.    

Dico   “cercai”   perché   le   scene   di   gelosia   di   Delacroix   mi   dissuasero   presto   dal  


perseguire   questa   strada,   anche   se   forse   da   sole   non   ci   sarebbero   riuscite   se   la  
strada  non  mi  fosse  sembrata  così  accidentata.  Ancora  oggi  mi  chiedo  se  sia  stato  
lui   a   pagare   un   neonato   Brujah,   Carleton,   per   “insegnarmi   il   mio   posto”  
abbandonandomi   quasi   morto   per   strada,   o   se   fu   semplicemente   la   mia  
inesperienza  a  provocare  il  suo  temperamento  già  allora  famoso  per  la  scortesia.  
Probabilmente  anche  il  naturale  legame  tra  sire  e  progenie,  o  qualche  disciplina  
usata   al   momento   giusto,   mi   incentivarono   a   rientrare   all’ovile   con   una   buona  
dose  di  coda  tra  le  gambe.    
Mi   ributtai   nelle   nostre   feste   con   una   smania   febbrile,   e   Delacroix,   credo  
sinceramente   felice   di   riavermi   tutto   per   sé   e   più   “vivace”   di   quanto   non   fossi   da  
tempo,   mi   assecondò   in   ogni   genere   di   piacevole   eccesso.   La   cosa   ci   sfuggì   di  
mano,  e  qualcuno  iniziò  a  mettere  il  naso  nei  nostri  affari:  cercammo  di  darci  una  
regolata   e   di   depistare   i   seccatori   per   qualche   mese,   ma   alla   fine   il   vicesceriffo  
Desgrez  comunicò  puntigliosamente,  prove  alla  mano,  al  mio  sire  che  era  ora  di  
darci  un  taglio.    
Delacroix  cercò  di  spacciarmela  come  una  sua  decisione,  ma  la  realtà  fu  che  per  
riparare   a   Londra   dovette   pagare   un   favore   a   Sua   Grazia   il   Duca   di   Avon,  
anziano   Toreador   e   ambasciatore   inglese   a   Parigi,   un   vecchio   bastardo   vizioso  
che  non  si  sprecò  ad  indorare  la  pillola  prima  di  spedirci  da  Lady  Mary  Wortley  
Montagu.  

 
Londra    1855  
Grazie  a  Dio  e  a  tutti  i  Santi,  Lady  Mary  non  ebbe  un  grande  bisogno  dei  nostri  
servigi:  non  credo  di  aver  incontrato  una  donna  più  noiosa  e  svenevole  in  tutta  la  
mia   esistenza,   le   sue   feste   facevano   rabbrividire.   Certo,   potrei   non   aver  
inaugurato  la  nostra  conoscenza  nel  migliore  dei  modi,  dato  che  per  prima  cosa  
mi  feci,  accidentalmente!,  sfidare  a  duello  dalla  sua  progenie,  Gregory  Thomas  
Montgomery,   per   aver   chiesto   qualcosa   del   tenore   “E   chi   diavolo   sarebbe   sta  
Lady  Mary”.  Montgomery  era  un  triste  figuro,  perfetto  esponente  di  una  classe  di  
mercanti   arricchiti   che   prima   o   poi   riescono   ad   accedere   come   MP   alla   Camera  
dei  Comuni,  quel  genere  di  arrivista  borioso  e  insicuro  che  invidierà  per  sempre  
la   vera   Qualità,   e   le   sue   abilità   di   duellante   si   potevano   descrivere   solo   come  
patetiche:  Delacroix  rimase  estasiato  dalla  mia  brillante  vittoria.  

Erano  però  le  ultime  braci  della  sua  infatuazione  per  me,  e  quando  finalmente  mi  
presentò   come   Neonato   a   Queen   Anne,   una   cosa   ridicola,   avrei   dovuto   esserlo  
da  almeno  quindic’anni,  seppi  che  potevo  tentare  di  costruirmi  una  vita.    
Poi  incontrai  Jeannette,  e  credetti  per  anni  troppo  brevi  di  avercela  fatta,  finchè  
la  storia  di  Delacroix,  un  vicesceriffo  ficcanaso  stavolta  di  nome  Julian  Kestrel,  e  
una  valigia  frettolosa  non  si  ripetè  di  nuovo.  E  la  mia  colpa  crebbe.  
 
1911  Amsterdam  
Eccetto  per  il  particolare  fiabescamente  inquietante  dell’Elysium  sui  pattini,  una  
volta   che   mi   misi   il   cuore   in   relativa   pace,   la   capitale   olandese   mi   si   confaceva  
abbastanza:  in  una  comunità  molto  ridotta  rispetto  alle  sterminate  corti  di  Parigi  
e  Londra  i  miei  talenti  erano  impiegabili  in  attività  più  alla  mia  portata,  ed  ebbi  
modo  di  fare  esperienza  in  modo  graduale,  scegliendo  le  mie  battaglie  invece  di  
vedermele  imposte.    

In   quel   periodo   il   declino   coloniale   lasciava   spazio   alla   ripresa   lanciata   dalla  
rivoluzione   industriale,   e   Amsterdam   era   un   polo   d’affari   piuttosto   fiorente,   e  
uno   scalo   obbligato   per   molti   traffici   diretti   al   continente.   Pur   continuando   a  
tenere  le  orecchie  aperte,  mi  dedicai  semplicemente  a  me  stesso.  Dopotutto,  era  
la  cosa  che  mi  riusciva  meglio.  

 
1919  Berlino  
Fu  piuttosto  paradossale:  nel  mio  periodo  di  autoimposto  esilio  avevo  rifuggito  
troppo   la   compagnia   dei   miei   concittadini,   e   i   miei   sforzi   degli   ultimi   anni   non  
avevano   cancellato   la   diffidenza   verso   il   rifugiato   che   in   effetti   ero;   in   compenso,  
fu   uno   dei   pochi   favori   che   mi   ero   accollato   a   passare   dalle   mani   del   mio  
insegnante  di  lingue  antiche  a  quelle  di  Neumann.  
La   Germania   non   se   la   passava   bene   dopo   la   fine   della   Grande   Guerra,   e   il   clan  
Toreador   era   rimasto   piuttosto   spopolato   dall’esodo   verso   Parigi,   che   aveva  
lasciato   al   comando   più   Ancillae   ambiziose   che   Anziani   inarrivabili.   Il   Principe,   il  
Ventrue   Giovanni   Federico   di   Brandeburgo-­‐Ausbach,   era   saldamente   al  
timone,  per  quanto  ne  potessi  capire  io,  ma  lo  shock  della  Prima  guerra  mondiale  
aveva  scosso  tutti,  e  spinse  la  lotta  per  il  potere  lungo  la  china  degenerata  della  
follia.  
Neumann  mi  aveva  semplicemente  comprato  come  carne  da  cannone,  occultista  
però  eh!,  e  nemmeno  ripensandoci  a  mente  fredda  posso  dire  di  aver  compreso  
del  tutto  il  suo  disegno,  probabilmente  più  simile  a  “Cerchiamo  di  salvare  la  pelle  
dall’Inferno”  rispetto  a  quanto  non  percepii  al  tempo.  Ciò  su  cui  metterei  la  mano  
sul   fuoco   è   che   la   Società   di   Thule   era   marcia   fino   all’osso:   conteneva   di   tutto,  
umani,   vampiri,   probabilmente   demoni,   forse   Sabbat   e   addirittura   sentii  
pronunciare  in  un  sussurro  la  parola  Baali.  Non  scoprii  mai  di  chi  diavolo  fosse  
ghoul,   o   progenie,   o   qualunque   cosa   fosse,   Lanz   von   Liebenfels,     ma   la   sua   follia  
fu   per   anni   una   delle   mie   paure   più   profonde.   Si   disse   che   il   clan   Malkavian   vi  
avesse   avuto   una   mano   pesante,   che   avessero   preferito   velocizzare   la   corsa   della  
spirale   per   avvicinarne   il   deragliamento   e   lo   schianto.   Non   posso   confermarlo   né  
smentirlo,   a   mio   giudizio   il   baratro   sarebbe   ugualmente   stato   vicino   ma   non  
affronto   volentieri   il   pensiero   che   qualcuno   abbia   causato   volontariamente   e  
consapevolmente   certe…   cose.   Quello   che   capii   fu   che   sia   la   fazione  
Brandeburgo-­‐Ausbach   sia   i   vertici   del   clan   Tremere,   sia   chiunque   volesse   una  
fetta   di   potere,   erano   invischiati   con   la   Società   di   Thule:   non   saprei   dire   però  
quanto   la   promuovessero   in   prima   battuta   o   quanto   volessero   semplicemente  
sfruttarla  per  i  propri  fini.  
Iniziai  come  impiegato.  Portavo  pacchi,  scrivevo  rapporti,  esaminavo  oggetti.  Mi  
tenevo   fuori   dai   guai,   insomma,   ma   ci   presi   anche   un   certo   gusto.   Iniziavo   a  
pensare   che   lavorare   per   Neumann   non   fosse   così   male,   quando   ovviamente   il  
premio  per  il  mio  buon  lavoro  fu  di  essere  trasferito  ad  incarichi  più  scomodi  e  
pericolosi.   Negli   anni   fra   il   ’30   e   il   ’40,   fui   affiancato   a   Miguel   Torres,   un  
Toreador  di  udibilissime  origini  spagnole  che  stava  preparando  e  poi  ripagando  
la   promozione   ad   Ancilla:   era   un   brav’uomo,   non   che   io   la   considerassi   una  
particolare  qualità,  ma  era  facile  andare  d’accordo  con  lui,  e  soprattutto  era  uno  
spadaccino  come  me,  anzi,  migliore;  capiva  anche  il  nostro  mondo  molto  meglio  
di   me,   e   finalmente,   alla   mia   ormai   ragguardevole   età,   trovai   qualcuno  
disponibile  ad  ampliarmi  un  po’  il  quadro.  Devo  molto  a  Torres.  Dopo  il  ’46,  finii  
per  dovergli  anche  più  della  vita.  
Sul   finire   degli   anni   Trenta   le   nostre   missioni   divennero   via   via   più   complesse:  
recupero   crediti,   furto   puro   e   semplice,   qualche   aspetto   di   diplomazia.   Quando  
fui   mandato   a   Giza   ormai   mi   ero   fatto   le   ossa,   ma   niente   avrebbe   potuto  
prepararmi   al   dopo,   nemmeno   le   urla   in   lontananza   nelle   profondità   di   una  
piramide,  né  il  viso  disumano  di  una  donna  spettrale.  

Sul  momento  ressi  bene  lo  stress:  presi  il  pacco  e  scappai  più  veloce  che  potevo,  
abbandonando   i   miei   compagni,   Torres   compreso.   Sapevo   che   la   donna   mi  
avrebbe   inseguito.   Al   Cairo   mi   indebitai   con   un   Setita   di   nome   Sardo   Numspa,  
che  organizzò  l’ennesima  fuga  precipitosa  della  mia  esistenza:  in  cambio,  oltre  a  
un   favore   minore,   avrei   dovuto   solo   portare   con   me   una   sua   cara   amica,  
facendole  da  scorta  guardacaso  proprio  fino  a  Berlino  con  la  protezione  del  mio  
status  di  camarillico.  Non  mi  feci  domande  e  non  avevo  modo  di  contrattare,  mi  
bastava  andarmene  di  lì  per  non  farvi  più  ritorno.  
Neumann   mi   accolse   coprendomi   di   elogi.     E   poi   mi   vendette   (no,   scusate,   mi  
promosse)   con   tanti   saluti   e   complimenti   a   coloro   che   avevo   appena   derubato.  
Non  compresi  mai  del  tutto  quali  accordi  fossero  intercorsi,  se  i  miei  nuovi  capi  
sapessero  del  mio  ruolo  a  Giza,  o  con  quanta  precisione:  probabilmente  no,  dato  
che   non   mi   furono   “estratte”   informazioni   approfondite.   Mi   sentivo   soprattutto  
un   giocattolo   regalato   ad   un   bambino   viziato   e   crudele   per   placarlo   e   distrarlo.  
Ripensai  per  la  prima  volta  da  anni  a  Delacroix,  che  per  la  prima  volta  faceva  una  
bella  figura  a  confronto.  Non  credo  che  Liebenfels,  di  cui  ero  guardia  del  corpo,  
mano  armata  e  tuttofare,  ritenesse  di  starmi  punendo:  solo  che  tutto  quello  che  
faceva  era  massacrare;  per  lui  la  tortura  era  una  gioia,  la  strage  di  non  ariani  una  
missione  sacra,  la  vivisezione  di  ebrei  e  piccoli  animali  un  interesse  scientifico  e  
morale.   Un   po’   eccessivo   per   i   miei   standard:   non   che   non   avessi   mai   ucciso   il  
mio  uomo  in  duello,  ma  diciamo  che  ci  vedevo  una  certa  differenza.  
All’inizio   presi   la   cosa   con   la   mia   solita   filosofia,   dovevo   resistere   e   cercare   di  
cavarne  qualcosa  per  me,  ma  cinque  anni  immerso  fino  al  collo  nel  sangue  e  nel  
terrore   lasciarono   un   segno   indelebile   nella   mia   mente.   Peggio   ancora,   entro   il  
primo   anno   di   servizio   ero   talmente   compromesso   che   tradire   avrebbe  
significato   condannarmi   a   morte   da   solo.   Il   cerchio   si   stava   stringendo   attorno  
alla  Società  di  Thule,  un  cerchio  che  avevo  collaborato  a  disegnare  col  mio  lavoro  
degli   ultimi   dieci   anni,   ma   da   quanto   sapevo   vi   erano   coinvolti   talmente   tanti  
pezzi  grossi  che  per  non  essere  spazzati  via  avrebbero  dovuto  scaricare  la  colpa  
su   molte   pedine   come   me.   Ero   praticamente   perfetto,   senza   agganci,   senza  
potere,   il   miglior   custode   di   segreti   che   avrebbero   ucciso   me   per   primo.   Il   mio  
unico   amico   l’avevo   abbandonato   sulla   strada   di   Giza:   Torres   era   riuscito   a  
tornare  salvo,  non  so  quanto  sano,  e  mi  aveva  comprensibilmente  tolto  il  saluto.  
Gli  portai  rancore  per  un  po’,  in  fondo  lui  avrebbe  fatto  lo  stesso  nei  miei  panni,  
mi   dicevo,   e   in   più   si   era   staccato   politicamente   da   Neumann,   avvicinandosi   al  
nuovo   astro   nascente   del   clan   Toreador,   Christine,   bloccandomi   di   fatto   la  
medesima  strada.  

L’unico  spiraglio  di  decenza  che  io  abbia  visto  in  questo  periodo  mi  fu  offerto  da  
Coleman.  Uno  strano  personaggio,  un  Tremere  piuttosto  vecchio  ma  non  molto  
potente  nella  corte,  che  assieme  alla  sua  coterie  di  progenie  e  amichetti  assortiti  
commerciava   in   oggetti   magici,   spostandosi   molto   spesso.   Lo   conoscevo   molto  
superficialmente   fin   da   Amsterdam,   e   ci   avevo   fatto   affari   più   volte   negli   anni  
precedenti,  a  intermittenza.  Nel  ’46  mi  salvò  dai  momenti  più  crudi  delle  pulizie  
seguenti   alla   caduta   di   Hitler,   imponendomi   un   favore   per   futili   motivi   e  
usandolo  poi  per  spedirmi  a  Bolzano  a  consegnare  un  oggetto  magico  e  fragile  a  
uno   dei   suoi   nipoti,   un   neonato   promettente   di   nome   Eforao   Coltrane.   Non  
seppi  mai  perché  l’aveva  fatto,  ma  gliene  sarò  eternamente  grato.  
Nonostante   questa   tregua,   alla   fine   degli   anni   Quaranta   la   mia   mente   era  
piuttosto   sconvolta,   e   sapevo   che   si   stava   avvicinando   la   mia   fine.   Fui   quasi  
sollevato  quando  fu  Torres  ad  attirarmi  in  un’imboscata  nella  quale  mi  ero  fatto  
attirare,   sfidandomi   a   duello:   onestamente,   non   credevo   di   meritarlo.   Rimasi  
ancora   più   sorpreso   quando   tutto   ciò   che   fece   fu   sconfiggermi,   fermandosi   al  
primo  sangue,  e  non  ho  così  tanto  orgoglio  da  risentirmi  per  avergli  fatto  pietà.  
Dinanzi   al   suo   gesto   onorevole,   l’orrore   di   ciò   che   avevo   commesso   mi   assalì  
tutto  assieme.  Non  amo  ripensarmi  così  debole,  ma  la  mia  reazione  fu  di  piangere  
come   un   bambino,   aggrappandomi   a   lui   come   ad   un’ancora   di   salvezza,   e  
raccontandogli  confusamente  tutti  i  dettagli  più  compromettenti  delle  attività  di  
Liebenfels.    
Torres  mi  portò  da  Christine,  che  in  cambio  di  un  favore  maggiore  mi  diede  una  
seconda  possibilità.  Le  informazioni  che  avevo  rivelato  permisero  allo  Sceriffo,  il  
Gangrel   senza   nome,   di   raggiungere   dei   risultati   importanti,   e   di   salvare   il   mio  
fratello  di  clan  Samuel  Demis,  la  cui  sire  Elisabeth  era  un’alleata  di  Christine.  
Appena  potei  andarmene,  tornai  a  casa.  
 
2000  Aosta    

Fu  il  profumo  del  sangue  a  svegliarmi.  Fresco  e  giovane.  Il  nipotino  di  dieci  anni  
dei  miei  affittuari  aveva  trovato  la  botola  della  cantina  in  cui  riposavo.  Cercai  di  
fermarmi,  ma  la  sete  fu  più  forte,  e  il  mio  ritorno  al  mondo  fu  subito  macchiato  
da  un  crimine.  Me  ne  dispiacqui  sinceramente,  ma  ormai  cosa  potevo  farci?  
Il   Marchese   (per   l’usanza   francese)   o   il   Principe   (per   quella   italiana)   di   Aosta,  
Sulpice  Cerise-­‐Mistralis  fu  “clemente”.  Mi  ricordavo  vagamente  di  lui  dai  tempi  di  
Parigi,  anche  se  cento  anni  prima  non  aveva  lo  sciocco  accento  francese  posticcio  
di  cui  si  fregiava  ora,  e  lui  conosceva  il  mio  sire,  anche  se  non  seppe  o  non  volle  
dirmene  nulla.  Sistemò  il  mio  problema,  ma  il  prezzo  che  pretese  fu  altissimo:  la  
cessione   della   mia   tenuta   di   Issogne,   terra   della   mia   famiglia   da   secoli.   Esitai…  
ma   non   avevo   scelta.   In   compenso   Mistralis   mi   diede   qualche   contatto   per  
ricominciare  da  Parigi.  

 
2014  Parigi  
Dopo   un   primo   momento   di   smarrimento   davanti   a   un   risveglio   così   poco  
piacevole,  mi  convinsi  che  un  taglio  netto  non  fosse  poi  una  cattiva  soluzione,  e  
non  ci  misi  molto  a  trovare  una  fonte  di  reddito  alternativa,  che  divenne  anche  
una   grande   fonte   di   intrattenimento   per   me,   quasi   una   droga,   e   riuscii   anche   a  
farmi   un   minimo   di   nome   pur   in   una   corte   complessa   e   ben   poco   più   amichevole  
ora  di  quanto  non  fosse  per  un  Infante,  tanti  anni  fa.    
Avevo  il  vantaggio  di  poter  fare  un  raffronto,  qualcuno  si  ricordava  anche  di  me  o  
di   Delacroix,   e   sfruttai   tutto   ciò   che   avevo   a   disposizione.   Mi   presentai  
spavaldamente  al  Duca  di  Avon,  ricordandogli  il  favore  contratto  dal  mio  sire  e  
offrendomi  di  lavorare  per  lui,  che  non  rimase  molto  colpito  ma  mi  affidò  qualche  
incarico.  Più  che  sufficiente  per  cominciare.  Dopo  alcuni  anni,  con  alcune  mosse  
ben  pianificate  riuscii  addirittura  a  diventare  il  “trastullo  del  mese”  di  Ninon  de  
Lenclos,   Anziano   e   Primogenito   del   mio   clan.   La   mia   strada   sembrava   ben  
avviata,   i   miei   interessi   occulti   vennero   considerati   utili,   e   anche   la   mia  
esperienza  egiziana  tornò  buona:  ridendo  e  scherzando,  la  mia  vita  abbracciava  
ormai  quasi  due  secoli,  e  qualcosa  ne  avevo  pur  imparato.  
Stranamente   però,   al   mio   vecchio   conoscente   Desgrez,   ora   Sceriffo   nonostante  
fosse   solo   un’Ancilla,   le   mie   piccole   libertà   artistiche   non   piacquero   molto,   e  
quando   mi   confrontò,   dicendomi   che   mi   aveva   tenuto   d’occhio   perché   ben  
ricordava   la   mia   propensione   alle   violazioni   della   legge,   non   la   presi   bene.  
Neanche   lui   prese   bene   il   mio   non   prenderla   bene,   e   l’unica   gentilezza   che   mi  
fece  fu  quella  di  conservare  la  mia  spada  durante  il  mio  torpore.  Mia  dolce  Ana,  la  
tua   conoscenza   non   fu   poi   un   così   grande   piacere   come   il   tuo   sangue   mi   aveva  
promesso.  
Fui   svegliato   dopo   tre   anni,   e   le   mode,   si   sa,   cambiano   velocemente.   Mentre   mi  
chiedevo   come   rimettere   assieme   i   cocci     per   l’ennesima   volta,   la   soluzione   mi  
venne   da   una   fonte   inaspettata.   Attraverso   Wolfie,   ancilla   Toreador   e  
ambasciatore   di   Germania   a   Parigi,   Christine   reclamò   il   pagamento   del   favore  
che  le  dovevo:  avrei  dovuto  recarmi  a  Pavia,  un  luogo  di  cui  sapevo  ben  poco  se  
non   le   voci   correnti,   come   supporto   nel   clan   Toreador   per   la   fazione   di   Madonna  
Lucrezia  Bulgarini,  Granduchessa  o  Principessa  o  Vescovo  di  Reggio  Emilia  e/o  di  
Bologna,  a  seconda  di  chi  me  ne  parlava.  

Cosa  potevo  dire…  perché  no?  


Obiettivo   di   serata:   A   quanto   ti   è   stato   detto,   in   Italia   la   situazione   del   clan  
Toreador   vede   una   lotta   per   il   potere   piuttosto   aperta   tra   Guglielmo   de’   Pazzi,  
Principe   di   Firenze   e   Tribuno,   e   Lucrezia   Bulgarini:   il   primo   è   sicuramente   in  
posizione   migliore,   la   seconda   è   stata   messa   in   grande   difficoltà   dalla   guerra  
contro   il   Sabbat   che   tutt’ora   infesta   la   regione.   Il   tuo   ruolo   dovrebbe   essere  
quello   di   rafforzare   la   fazione   Bulgarini,   chissà   perché,   de’   Pazzi   sembra   molto  
meglio,  ma  non  conosci  bene  la  politica  attuale  di  Christine.  
Una   faccenda   invece   da   trattare   con   maggiore   discrezione,   ma   piuttosto  
interessante   anche   per   te,   è   la   taglia   che   la   Bulgarini   ha   messo   sulla   testa   di  
Lomax  del  clan  Nosferatu:  chi  glielo  porterà  vivo  riceverà  la  nomina  ad  Ancilla.  
Sarebbe  bello  sapere  chi  diavolo  sia.  
Pavia   è   ad   ogni   modo   un   centro   importante,   sede   degli   eroici   e   ammanicati  
Anziani   che   hanno   sconfitto   un   certo   Monçada   che   sembra   aver   terrorizzato   il  
mondo  di  recente,  e  la  sua  voce  ha  un  grande  peso  nella  penisola.  Nella  pratica,  
sembrerebbe   essere   una   colonia   penale   in   cui   buttare   disturbatori   assortiti   a  
morire  contro  il  Sabbat.  Una  spedizione  francese  di  cento  cainiti  è  partita  l’estate  
scorsa  in  aiuto  dell’amico  e  alleato  pavese,  e  risiede  ora  in  Milano.  Non  fai  fatica  a  
immaginarti  le  intenzioni  francesi…  
Ad   ogni   modo,   quando   ti   vengono   pensieri   del   tipo   “che   merda”,   ti   ricordi   da   che  
merda   ti   ha   estratto   Torres   e   improvvisamente   Pavia   ti   sembra   una   terra   di  
ottime   opportunità   dove   saresti   felice   di   essere   accettato.   Il   massimo   sarebbe  
partire  col  piede  giusto.  
Ricevi  0,5  px  se  vieni  accolto  a  Pavia  entro  il  termine  della  serata.  
Ne   ricevi   altri   0,5   se   il   primogenito   Toreador   in   carica   al   termine   della   serata  
dichiara  di  non  riconoscere  de’  Pazzi  come  Tribuno.  
 

Chi  conosci  
Samuel   Demis   (pg,   l’ex   ragazzo   dell’Albina),   neonato   Toreador:   un   tizio   più  
sfigato  di  te  a  cui  hai  casualmente  e  indirettamente  salvato  la  vita.  Bibliotecario  
vecchio   dentro,   ha   dato   di   matto   quando   i   nazisti   cominciarono   coi  
Bücherverbrennungen   e   ha   aggredito   Goebbels   in   mezzo   a   una   piazza   dopo   un  
comizio.  E’  stato  in  mano  alla  Società  di  Thule  per  anni,  e  hai  una  buona  idea  di  
che  esperimenti  gli  abbiano  fatto  addosso.  Christine  ti  ha  detto  che  è  stato  per  un  
po’   a   Pavia   per   una   perizia   del   Codice   di   Milano,   per   cui   gli   hai   fatto   una  
telefonatina  prima  di  partire  e  la  maggior  parte  delle  informazioni  sul  luogo  che  
hai   ti   vengono   da   lui.   Come   previsto,   la   sua   testa   non   è   più   proprio   a   posto,   se  
pure  lo  è  mai  stata.  
Max   (pg,   Defi),   neonato   Brujah:   parte   di   una   coterie   di   guerrieri   arrivata   a  
Berlino  più  o  meno  nel  tuo  stesso  periodo,  di  cui  facevano  parte  anche  altri,  di  cui  
l’unico   nome   che   ricordi   vagamente   è   Varon   Zaranek.   Erano   carne   da   cannone  
usata  per  la  guerra  al  Sabbat.  
Daniel   Coltrane   detto   Eforao,   neonato   Tremere:   non   lo   conosci   bene   ma   non   lo  
potresti  mai  dimenticare,  più  per  le  circostanze  in  cui  l’hai  conosciuto  che  per  il  
vostro  effettivamente  brevissimo  incontro.  

Christine,   ancilla   Toreador,   primogenito   di   Berlino:   una   supermodella   bionda  


alta  1.90.  Ha  fatto  carriera  da  quando  sgomitava  e  faceva  i  bocchini  allo  Sceriffo  
senza  nome  per  farsi  largo.    
Meinz   Holst,   anziano   Ventrue,   Principe   di   Berlino:   si   diceva   fosse   progenie   di  
qualche  tipo  di  matusalemme,  ai  tuoi  tempi  bazzicava  in  città  ma  non  era  proprio  
al   vertice.   Cmq   se   ha   steccato   quella   merda   di   Brandeburgo-­‐Ausbach   è  
sicuramente  una  brava  persona.  
Matthias  Koll,  neonato  Ventrue:  ti  conoscevi  piuttosto  superficialmente.  

Gregory  Thomas  Montgomery,  neonato  Toreador  (pg  di  Noa  Bose):  un  coglione,  
chi  l’avrebbe  mai  detto.  

Rocambole,  anziano  Malkavian:  si  parla  addosso  come  pochi,  ma  l’unica  volta  che  
ti  ha  parlato  è  stato  cortese  verso  la  tua  arte.  

Doc   Holliday   (pg   Garla),   neonato   Toreador:   una   specie   di   cowboy,   tu   giravi   per  
posti  un  po’  più  fini  di  lui,  e  all’Elysium  del  Ponte  Nuovo  non  eri  esattamente  il  
benvenuto.  Però  l’hai  visto  a  qualche  party  di  quelli  un  po’  divertenti.  
Dorothea  von  Lieven,  anziano  Toreador:  e  quindi  se  tu  fossi  stato  più  fortunato  e  
avessi   fatto   tutti   i   compiti   ora   saresti   anziano   anche   tu?   Sai   praticamente   tutte   le  
cose   pubbliche   che   ha   fatto   da   quando   era   mortale   ad   oggi,   perché   siete  
contemporanei,  lei  era  una  vip  ed  è  stata  abbracciata  a  Parigi  una  ventina  d’anni  
dopo  di  te.    

La   situazione   Assamita:   Parigi   è   molto   moderna   a   proposito   di   questo   clan,   e  


Villon  ha  da  pochi  anni  nominato  Primogenito  Tegyrius,  che  hai  visto  spesso  sia  
in   giro   sia   negli   Elysium   sia   a   casa   di   Ninon,   per   cui   sei   piuttosto   ferrato  
sull’argomento.  Tegyrius  è  il  capo  della  meno  numerosa  fazione  degli  scismatici  
del  clan,  i  cui  membri  sono  per  lo  più  musulmani,    e  vizier  (una  specie  di  saggi  o  
santoni),   di   solito   contrari   alla   diablerie,   che   stanno   cercando   di   entrare   in  
Camarilla.  L’altra  fazione  è  quella  dei  lealisti,  il  cui  capo  si  chiama  Ur-­‐shulgi:  sono  
quelli   che   controllano   Alamut   e   seguono   rigidamente   il   codice   di   Haquim,   sono  
dei   fanatici,   non   si   mescolano   e   vorrebbero   sterminare   tutti   i   loro   infedeli,  
diablerizzando   liberamente   secondo   i   loro   antichi   dettami.   Essendo   però   tutti  
negri   assassini,   è   molto   difficile   capire   da   che   parte   stanno   i   singoli,   da   una   parte  
e  dall’altra  le  spie  pullulano.    
Poco  dopo  l’attentato  a  Charlie  Hebdo  ad  esempio  è  stata  beccata  una  di  queste  
spie,   e   Ninon   durante   la   vostra   scopatina   d’addio   ti   ha   detto   che   il   Principe   ha  
dato  licenza  a  Tegyrius  di  occuparsi  dei  suoi  come  preferisce.  Il  Primogenito  ha  
prontamente  giustiziato  il  traditore.  
 

Tratti  della  Bestia  


Prima,   la   Masquerade   (Con):   Sì,   in   alcuni   periodi   della   tua   vita   sei   stato   un   po’  
leggero  nei  confronti  della  prima  tradizione.  E  l’hai  anche  pagata  cara.  Le  accuse  
a  questo  proposito  risvegliano  di  botto  il  tuo  senso  di  colpa  e  le  tue  tentazioni…  e  
non  puoi  fare  a  meno  di  bere  chi  ti  provoca.  
Troppo  sangue  (Cor):  Hai  visto  veramente  troppi  morti,  e  troppe  torture.  Non  hai  
particolari   remore   a   uccidere   per   ragioni   che   ritieni   giuste,   logiche   o   almeno  
necessarie,  ma  il  sadismo  fine  a  se  stesso  ti  terrorizza.  

Alienazioni  
Compensazione:   Trovi   oltremodo   seccante   che   la   tua   arte   non   sia   più   molto  
considerata  al  giorno  d’oggi,  e  che  tanti  imbrattacarte  tentino  di  qualificarti  come  
stupida   carne   da   cannone.   Il   tuo   riscatto   è   divenuto   quello   di   farti   bello   con   le  
penne   del   pavone,   rubando   opere   altrui   per   proporle   a   nome   tuo.   In   qualche  
modo  poi  le    vittime  dei  tuoi  furti  trovano  anche  la  morte.  

 
 

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