Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
di pavia
10 Aprile 2010
“Vampiri Mark? Non sarà mica una cosa tipo Twilight o cose simili?”
“Ana mia cara, Twilight e simili sono tutte baggianate! La storia che ti sto
raccontando non ha nulla di romantico, sono solo bestie assetate di sangue che lottano
tra loro, schiacciando e distruggendo tutto quello che si trovano davanti, l'apoteosi
della razza umana, la possibilità di fare tutto! Forse è arrivato il momento di aprire la
seconda bottiglia di vino. Assaggialo, io non posso bere altrimenti mi si impasterebbe
la bocca ed addio alla storia.” Per immedesimarti ancora di più nel nostro Jerome da
adesso in poi ti racconterò la storia in prima persona come se noi vivessimo le sue
avventure e le vedessimo con i suoi occhi.
1853 Londra
I primi giorni dopo essere stato trasformato sono stati sconvolgenti, diventi
consapevole di tutto ciò che ti circonda, senti il vociare della servitù che si agita
diversi piani sotto di te, senti i topi che corrono nella soffitta della casa come se ti
corressero in testa, i tuoi movimenti diventano più veloci e precisi, e poi non
dimentichiamoci la vita eterna, rimanere giovani e forti per sempre non è certo da
sottovalutare, quale mai misero prezzo potrà essere rubare un po' di sangue agli umani
contro la possibilità di praticare la mia arte per sempre?!
Animato da questi pensieri probabilmente inizia un po' troppo ad indulgere nei piaceri
della carne, durante quegli anni turbolenti la società stava cambiando, i duelli con la
spada stavano via via sparendo, ma Delacroix mi teneva molto impegnato organizzava
spesso delle lussuose feste in cui potevo estasiare il pubblico con la mia abilità e
festeggiare con loro i miei successi per il resto della notte.
Il mio sire era così follemente innamorato di me che mi permetteva forse un po'
troppo, con il senno di poi mi rendo conto che mostrare così apertamente le mie
soprannaturali abilità rischiava di farci scoprire dagli esseri umani o peggio essere
puniti dagli altri abitanti della notte.
E fu così che partimmo alla volta della caotica Londra per cambiare aria, sulla scia
dell'appena terminata Rivoluzione Industriale, l'Inghilterra era divenuto un paese ricco
di vita, di cultura e di divertimento. Da lì partivano spedizioni verso tutto il mondo
per esplorare e conoscere tutto ciò che ancora di oscuro vi rimaneva, i salotti degli
esploratori erano sicuramente i più interessanti, loro come me amavano esporre i loro
trofei di caccia, parlare delle loro scoperte e farsi ammirare dagli altri per la loro
abilità.
In quegli anni la vita di clan era poco interessante per me, seppure la mia arte era
ancora riconosciuta, iniziavano sempre più a farsi largo e a prendere sempre più
potere persone che sapevano solo buttare della vernice su una tela oppure urlare due o
tre parole su un sottofondo musicale.
La mia insoddisfazione mi portò ad avvicinarmi a una donna, Janette Rymer la moglie
di un facoltoso lord inglese, le sue feste erano memorabili, vi partecipavano acrobati e
bestie feroci recuperate dal marito durante le sue spedizioni nell'Africa nera, nonchè i
personaggi più strambi.
Il mio primo incontro con lei avvenne durante una seduta spiritica organizzata da
quella che era sicuramente una truffatrice, per movimentare la serata decisi di fare
qualche scherzetto e far spaventare a morte gli astanti e così finsi di venire posseduto
da uno spirito maligno, iniziai ad agitarmi sulla sedia assumendo posizioni innaturali
per un essere umano, smisi di far circolare il sangue assumendo un pallore cadaverico
e una temperatura glaciale come il cadavere che ero in realtà.
Quello che mi stupì fu appunto la reazione di Janette, negli altri astanti l'emozione più
diffusa era lo sbigottimento e il terrore, lei invece mi guardava affascinata come una
falena anela alla fiamma che poi la brucerà.
Fu così che, complice l'assenza del marito, io e lei iniziammo a frequentarci. Quella
donna mi intrigava, non era la solita nobildonna tutta facciata e poca sostanza, scoprii
in breve che scriveva addirittura dei brevi racconti dell'orrore che poi pubblicava sotto
falso nome, io di contro la incuriosivo per la vita che vivevo a dispetto delle mie
nobili origini.
E fu così che con il passare del tempo decisi di raccontarle tutto di me, e quando dico
tutto intendo il pacchetto completo dalla nascita alla morte e oltre, lei non pareva
spaventata da me, e seppur non interessata alla vita eterna, mi chiese di sfruttare la
mia vita per scrivere una delle sue storie e pubblicarla. Al momento non mi era
sembrata una cattiva idea, a chi mai avrebbe potuto interessare una delle storielle da
un penny che lei scriveva, e così dal 1865 al 1867 pubblicò una serie di libretti
intitolati a Varney il Vampiro con lo pseudonimo di James Malcolm Rymer.
1880 Londra
Era da ormai diverso tempo che mi ero separato dal mio Sire, ero sempre più preso
dal vivere la mia vita con Janette disinteressandomi da tutto il resto, quando una notte
piombò nella mia casa nell'East End Delacroix in persona.
“Presto Jerome! E' ora che tu te ne vada da qui! I libri di questa donna stanno
prendendo piede , alcune copie sono giunte agli occhi di chi gestisce questa città! E
non è per nulla contento dell'effetto che potrebbero avere sulla popolazione umana, ha
dato il via a una vasta operazione di contenimento dei rischi, e dato che tu sei il
principale rischio in questa faccenda, temo per quello che potrebbe capitarti!!Vattene
ora, a lei ci penso io, non hai tempo per preoccuparti per lei, preoccupati per te stesso!
Sei tu quello maggiormente in pericolo,ti ritroverò!”
E così colto completamente alla sprovvista baciai intensamente Janette sussurrandole
di non preoccuparsi e che ci saremmo rivisti presto, che ora si trovava in buone mani
e non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Presi la porta e me ne andai di corsa, scappai al porto organizzando in fretta e furia
una spedizione di una cassa abbastanza grossa da contenermi per tornare sul
continente sperando che la sete non mi facesse fare qualche stupidaggine durante il
viaggio.
Rientrai dapprima nella dimora ancestrale della mia famiglia, dove scoprii che i miei
genitori erano morti di vecchiaia da qualche anno ormai, non fidandomi a stare li
affidai le mie terre a un nostro fedele vassalo che le avrebbe amministrate in mia
vece.
Mi rimisi in viaggio e mi stabilii ad Amsterdam.
1910 Amsterdam
Dal giorno della mia precipitosa fuga non seppi più nulla di Delacroix,né di Janette,
attesi invano per diversi anni che qualcuno si presentasse alla mia porta o loro o
qualcuno dei miei presunti aguzzini, e invece tutto taceva, così iniziai ad inviare gente
ad indagare su quello che era successo.
Non vi era nessuna notizia sembravano semplicemente spariti nel nulla, le ipotesi
erano veramente di ogni tipo, dal Principe di Londra che li aveva uccisi ed aveva fatto
terra bruciata attorno a loro, a Delacroix che aveva portato in salvo Janette e ora
vivevano nascosti per evitare gli inseguitori all'ipotesi più assurda in cui il mio Sire
aveva architettato tutto colto dalla gelosia nei confronti di Janette per punirmi e farmi
perdere l'unica persona che avevo mai amato in tutta la vita.
Rimasto solo e con l'unica compagnia della mia spada decisi di vivere una vita ritirata
e di studio, eviando il più possibile i rapporti sia con gli altri fratelli che con gli
umani, se non quelli strettamente necessari alla sopravvivenza.
In quegli anni mi dedicai all'apprendimento dei rudimenti dell'occulto, mi sembrava
un campo di studio interessante, fino dal primo incontro con Janette mi era rimasta la
curiosità di scoprire se la medium fosse effettivamente una truffatrice o qualche fondo
di verità ci fosse.
1918 Amsterdam – Monaco di Baviera - Giza
La mia vita ritirata non sarebbe potuta continuare per sempre e nel 1918 mi dovetti di
nuovo scontrare con la brutale realtà, una notte d'estate ricevetti l'invito a partecipare
a una festa tenuta dal Primogenito di Berlino del mio clan, i toni della lettera facevano
facilmente intuire che non avevo realmente una possibilità di scelta.
Così ancora una volta mi staccai da quello che avevo costrutito fino a quel momento e
mi recai, incerto del mio futuro, a sentire le motivazioni della mia convocazione.
Il nome di questo Primogenito era Enver Neumann, un ancilla del nostro clan, in quel
periodo in Germania si stavano agitando venti di cambiamento e rivoluzione, era da
poco sorto un gruppo di mortali che si faceva chiamare “Società di Thule” che
nascondendosi dietro fini politici e antisemiti mirava a dominare il mondo sfruttando
mezzi esoterici.
Neumann sosteneva che dietro la nascita di questa società vi si nascondeva
sicuramente qualche fratello, che fosse un Tremere o un ancora più oscuro Tzimisce ai
tempi non era dato saperlo, il mio compito e di pochi altri fratelli scelti era quello di
indagare sulla questione e nel caso sottrarre più cose possibili al nemico, io venni
scelto sopratutto per la mia abilità nel combattere e per i miei recenti studi in ambito
esoterico.
La Società di Thule nascondeva bene il suo operato, fino all'inizio della seconda
guerra mondiale si muoveva nell'ombra cercando informazioni e raccogliendo quante
più leggende trovasse in giro, con lo scoppio del conflitto le attività dei Thule si
fecero più pratiche in seguito alle scoperte fatte mandarono in giro diverse missioni
per il globo, sempre coperte ed accompagnate da operazioni militari su vasta scala.
Ricevetti il compito di seguire due ufficiali delle SS che si stavano dirigendo in Africa
al seguito degli Afrika Korps, per andare a verificare la presenza di tomi definiti
magici all'interno di una stanza della grande piramide di Giza, i due ufficiali erano
accompagnati da un membro del partito una donna dall'aspetto spettrale molto magra
e pallida, e da un intera divisione di SS oltre 100 soldati.
Decidemmo che sarebbe stato più prudente aspettare che fossero loro a correre i rischi
e a recuperare i tomi dalla piramide, sempre che effettivamente esistessero, noi li
avremmo poi requisiti agli ufficiali o alla nazista.
Insolitamente l'operazione di recupero venne fatta di notte, forse per sfruttare ka
segretezza garantita dalla notte, e grazie a questo anche noi potemmo tenerne d'occhio
lo svolgimento.
Dopo meno di un'ora dall'ingresso della divisione nella piramide, si iniziarono a
sentire spari, esplosioni e grida atroci che veniva amplificati dalla piramide e
trasportati nel silenzio del deserto dai cunicoli da cui filtrava l'aria. Per qualche
motivo le SS stavano morendo una dietro l'altra, noi ci facemmo ancora più indietro
spaventati da quello che ci sarebbe potuto essere all'interno della tomba.
Dopo interminabili ore di combattimento uno sparuto gruppo di uomini comandati da
uno dei due ufficiali uscì correndo dall'ingresso della piramide, erano palesemente
terrorizzati e correvano come se il diavolo in persona li stesse seguendo, raggiunsero
la relativa sicurezza dell'accampamento che avevano creato alla base della piramide e
li vedemmo entrare nella tenda dove si era sistemata la donna.
Il silenzio della notte era agghiacciante, noi tenevamo d'occhio sia la tenda sia la
piramide incerti su cosa ne sarebbe potuto uscire, nessun movimento.
La prima a muoversi fu la donna che usci dalla sua tenda da sola e si diresse verso una
delle jeep con un pacchetto avvolto in stracci sotto braccio, era il nostro momento
dovevamo agire e recuperare l'oggeto trafugato, uscimmo dai nostri nascondigli e ci
avventammo sulla donna, lei d icontro per nulla impressionata ci squadrò e senza dire
niente si lanciò alla gola del brujah che doveva essere la nostra forza di attacco, nel
giro di pochi secondi sfoderò gli artigli facendo cadere l'involto a terra e si gettò
contro l'altro conficcandogli saldamente le braccia fino al gomito nel torace per poi
conludere la sua azione iniziando a succhiarne il sangue. Dopo un primo momento di
sbigottimento gli altri miei compagni si gettare su di lei, io al contrario mentre loro la
tenevano occupati preferii recuperare il tomo e darmela a gambe sul fuoristrada su cui
lei stava per salire, se i Thule avevano mandato una donna come lei sicuramente quel
libro doveva essere importante per cui il mio compito era portarlo lontano da li, non
valeva la pensa che io sacrificassi la mia vita invano per salvare dei compagni di cui
non mi importava nulla.
Feci il viaggio dal Cairo a Berlino guardandomi costantemente alle spalle e
sussultando a ogni rumore, memore della brutalità espressa in così pochi secondi dalla
donna, seppur abile con la spada non avrei potuto nulla contro di lei, era riuscito ad
abbattare il più forte tra noi in pochi secondi.
Con il pacco ben al sicuro, tornai a Berlino dove ricevetti il plauso dell'ancilla del mio
clan per il successo della missione, dopo la perdita del manufatto la guerra per la
Germania e le attività della Società erano in rapido declino, io continuavo
stancamente a seguirne gli sviluppi, ma le devastazioni che avevo attorno e i milioni
di morti che si erano susseguiti in quegli anni iniziavano a pesare sulla mia anima.
Nel 1946 a seguito della fine della guerra, venni liberato dai miei doveri verso il clan
e presi la decisione di ritirarmi nel mio castello in Valle D'Aosta dove feci approntare
una camera segreta in cui poter riposare indisturbato negli anni a venire.
1946 – 2000 Torpore volontario
2000 Castello di Issogne (Valle d'Aosta)
Ormai il tempo di risvegliarsi è giunto sono passati quasi sessant'anni da quando ho
deciso di ritirarmi dal mondo, il periodo della guerra è sicuramente passato, tutta
quella sofferenza e morte ovunque saranno sicuramente finiti, è il momento di lasciare
da parte la solitudine per tornare nel mondo, chissà ora la gente come si vestirà chissà
se la gente si sfida ancora per placare un offesa o quella parte di mondo ha proseguito
nel suo declino ormai iniziato più di 150 anni fa.
Al mio risveglio uscii dal rifugio che mi ero fatto costruire 50 anni prima, per fortuna
nessuno l'aveva trovato con passare del tempo, lo strato di polvere e il pulviscolo che
ammantava ogni cosa me lo confermava con certezza. Presi congedo temporaneo
dalla mia dimora di nascosto di modo che la famiglia che fungeva da attuali custodi
non notasse la mia presenza, e mi diressi verso la città vera e propria per vedere come
fosse cambiato il mondo.
Non appena raggiunsi la periferia della piccola città di Issogne iniziai già da subito ad
intuire il cambiamento, macchine ovunque di fattezze molto più eleganti rispetto a
quelle squadrate degli anni 40, le persone vestite in abiti nettamente più comodi e alla
mano anche se meno eleganti e raffinati di quelli di una volta, le mie vesti spiccavano
in netto contrasto rispetto a quelle degli altri passanti, era ora di aggiornarsi e di
mettersi qualcosa di più consono al tempo, avrei dovuto trovare anche un metodo
alternativo per portare con me la spada, seppur era finita l'epoca dei duelli averne una
dietro mi infondeva una certa sicurezza.
Presi anche contatto con alcuni numeri di vecchi compagni del passato, la maggior
parte era ovviamente inutilizzabile, ma uno alla fine rispose e dopo un veloce scambio
di convenevoli venni aggiornato sulle importanti novità avvenuti nell'ultimo
cinquantennio, chiesi anche di essere invitato ad un Eliseo per poter rientrare a pieno
titolo nella vita, in fin dei conti essere immortali e passare l'eternità da soli non era da
me, il tempo aveva ormai lenito le ferite del cuore e dell'anima, era il momento di
ripartire.
2000 Parigi
Ed eccomi ancora una volta in questa città che è stata per lungo tempo il centro del
mondo, per quanto riguarda i cainiti questa città ricopre ancora un ruolo molto
importante, quale posto migliore di quello della mia rinascita per tornare in sella.
Mi presentai al primogenito del mio clan, al principe, ed iniziai a fare la conoscenza
dei miei nuovi fratelli di clan. Ora più di un tempo il mio clan era pieno solo di poeti,
pittori e cantanti quando descrivevo l'arte che meglio padroneggiavo la maggior parte
di loro o annuiva inarcando un sopracciglio oppure apertamente si chiedeva se
davvero quella fosse arte.
Dopo un paio di colloqui aevo già voglia di ritornare a riposare nel mio castello, il
mio clan era pieno solo di debosciati che non sapevano fare nulla e credevano che
suonare volesse dire buttare insieme qualche nota a caso con una chitarra, ovviamente
per me la vera musica era Chopin, Liszt e lo stesso valeva per ogni forma d'arte,
qeusti cosiddetti artisti non erano degni di definirsi tali.
Ma in quel momento mi venne in mente non so come e non so perchè la frase di un
film che avevo visto arrivando in volo a Parigi “Quelli che non sanno fare insegnano,
quelli che non sanno insegnare insegnano ginnastica” la morale era che c'era sempre e
comunque una soluzione perchè non trasporlo nel mondo dell'arte, se io non potevo
essere un artista avrei sempre potuto appropriarmi dell'arte degli altri e spacciarla
come mia!
10 Aprile 2010
“Allora Ana che te ne pare del mio racconto, ti ha ispirato qualche bel disegno da
mostrarmi”
“Mark non so sei proprio sicuro di voler fare una graphic novel sui vampiri, non mi
fraintendere, con te lavorerei su qualsiasi soggetto, credo però che twilight abbia
svalutato parecchio l'argomento! Ora è solo roba da adolescenti in preda ad una crisi
ormonale”
“Hai perfettamente ragione mia dolce Ana, bisogna ammettere che qualcuno ha fatto
un lavoro maledettamente buono, mettendo in giro questa storia dei vampiri che
brillano alla luce del sole e adorano i gattini! Questo sicuramente distoglie l'attenzione
da quello che siamo veramente e ci permette di agire indisturbati!”
“Quello che siamo veramente?! Dai Mark mi stai prendendo in giro, non mi dire che
sei anche tu uno di quei fan di Twilight che vogliono essere come il loro eroe
Cullen!!Non ti facevo così!”
“Oh no Ana, io non credo assolutamente di essere come quella fatina dai denti a
punta, io la gente la uccido per davvero” disse Jerome mentre si avventava su Ana
tappandole la bocca con una mano e mordendola sul collo per prosciugarla.
Finita la sua opera Jerome prese sottobraccio la cartellina con il fumetto ineditto di
Ana e dopo aver versato un po' di vodka sul tavolo mise un mozzicone di sigaretta
acceso nelle mani del cadavere sicuro che da li a poco si sarebbe scatenato l'inferno
nella villetta.
“Uff mi aspetta un lungo lavoro per cambiare le firme sulle varie tavole, il mio editore
ha poca pazienza e gli ho promesso una nuova grapich novel entro la metà del mese,
dovrò rimboccarmi le maniche! Addio mia dolce Ana è stato un vero piacere fare la
tua conoscenza!!”
Parigi
1850
Non
avevo
mai
pensato
di
potermi
annoiare
della
mia
spada.
Eppure
fu
ciò
che
accadde,
dopo
i
primi
anni
di
furore
nei
quali
l’acuita
percezione
del
mio
corpo
mi
infondeva
di
un
senso
di
onnipotenza.
Delacroix,
pur
gentile
e
condiscendente
come
un
innamorato,
era
un
sire
esigente
sotto
molti
aspetti:
pretendeva
il
mio
tempo,
la
mia
attenzione,
la
mia
arte,
il
mio
amore;
non
si
poneva
nemmeno
il
problema
che
i
nostri
obiettivi
potessero
non
essere
i
medesimi,
e
usava
qualsiasi
mezzo
per
ottenere
la
mia
collaborazione.
Non
desiderava
insegnarmi
qualcosa
di
nuovo,
voleva
solo…
guardarmi.
Inizialmente
funzionò:
sconfiggere
umani
o
ghoul
in
duelli
quasi
recitati
era
facile,
e
lo
divenne
sempre
più
intanto
che
allenavo
le
mie
nuove
capacità.
Dopo
alcuni
anni
smise
di
funzionare,
e
cominciai
a
sentire
i
morsi
della
maledizione:
avevo
sempre
cercato
di
semplificarmi
la
vita,
e
ora,
ironicamente,
mi
mancava
il
sapore
della
sfida.
Mi
ponevo
anche
sempre
più
domande
riguardanti
la
nostra
esistenza:
sapevo
che
non
eravamo
gli
unici,
ma
niente
della
mia
precedente
esperienza
avrebbe
potuto
prepararmi
al
dedalo
della
corte
di
Jean
François
Villon,
Principe
di
Parigi,
Re
di
Francia,
Visconte
di
Algeri
e
Tunisi,
dove
dopo
almeno
un
anno
di
capricci
avevo
convinto
Delacroix
a
presentarmi.
Ebbi
tempo
di
pentirmene:
ero
un
infante,
molto
più
in
fondo
alla
catena
alimentare
di
quanto
non
fossi
mai
stato
in
tutta
la
mia
vita.
Il
Primogenito
Toreador,
Eleonora
d’Aquitania,
mi
squadrò
semplicemente
dalla
testa
ai
piedi,
annuendo
distrattamente
al
mio
sire.
Cercai
qualche
collega
spadaccino,
e
i
confronti
non
fecero
bene
al
mio
ego.
Scottato
ma
nonostante
tutto
interessato,
cercai
di
frequentare
l’Elysium
Bruajh
del
Ponte
Nuovo,
ritrovo
di
neonati
e
guerrieri
assortiti.
Londra
1855
Grazie
a
Dio
e
a
tutti
i
Santi,
Lady
Mary
non
ebbe
un
grande
bisogno
dei
nostri
servigi:
non
credo
di
aver
incontrato
una
donna
più
noiosa
e
svenevole
in
tutta
la
mia
esistenza,
le
sue
feste
facevano
rabbrividire.
Certo,
potrei
non
aver
inaugurato
la
nostra
conoscenza
nel
migliore
dei
modi,
dato
che
per
prima
cosa
mi
feci,
accidentalmente!,
sfidare
a
duello
dalla
sua
progenie,
Gregory
Thomas
Montgomery,
per
aver
chiesto
qualcosa
del
tenore
“E
chi
diavolo
sarebbe
sta
Lady
Mary”.
Montgomery
era
un
triste
figuro,
perfetto
esponente
di
una
classe
di
mercanti
arricchiti
che
prima
o
poi
riescono
ad
accedere
come
MP
alla
Camera
dei
Comuni,
quel
genere
di
arrivista
borioso
e
insicuro
che
invidierà
per
sempre
la
vera
Qualità,
e
le
sue
abilità
di
duellante
si
potevano
descrivere
solo
come
patetiche:
Delacroix
rimase
estasiato
dalla
mia
brillante
vittoria.
Erano
però
le
ultime
braci
della
sua
infatuazione
per
me,
e
quando
finalmente
mi
presentò
come
Neonato
a
Queen
Anne,
una
cosa
ridicola,
avrei
dovuto
esserlo
da
almeno
quindic’anni,
seppi
che
potevo
tentare
di
costruirmi
una
vita.
Poi
incontrai
Jeannette,
e
credetti
per
anni
troppo
brevi
di
avercela
fatta,
finchè
la
storia
di
Delacroix,
un
vicesceriffo
ficcanaso
stavolta
di
nome
Julian
Kestrel,
e
una
valigia
frettolosa
non
si
ripetè
di
nuovo.
E
la
mia
colpa
crebbe.
1911
Amsterdam
Eccetto
per
il
particolare
fiabescamente
inquietante
dell’Elysium
sui
pattini,
una
volta
che
mi
misi
il
cuore
in
relativa
pace,
la
capitale
olandese
mi
si
confaceva
abbastanza:
in
una
comunità
molto
ridotta
rispetto
alle
sterminate
corti
di
Parigi
e
Londra
i
miei
talenti
erano
impiegabili
in
attività
più
alla
mia
portata,
ed
ebbi
modo
di
fare
esperienza
in
modo
graduale,
scegliendo
le
mie
battaglie
invece
di
vedermele
imposte.
In
quel
periodo
il
declino
coloniale
lasciava
spazio
alla
ripresa
lanciata
dalla
rivoluzione
industriale,
e
Amsterdam
era
un
polo
d’affari
piuttosto
fiorente,
e
uno
scalo
obbligato
per
molti
traffici
diretti
al
continente.
Pur
continuando
a
tenere
le
orecchie
aperte,
mi
dedicai
semplicemente
a
me
stesso.
Dopotutto,
era
la
cosa
che
mi
riusciva
meglio.
1919
Berlino
Fu
piuttosto
paradossale:
nel
mio
periodo
di
autoimposto
esilio
avevo
rifuggito
troppo
la
compagnia
dei
miei
concittadini,
e
i
miei
sforzi
degli
ultimi
anni
non
avevano
cancellato
la
diffidenza
verso
il
rifugiato
che
in
effetti
ero;
in
compenso,
fu
uno
dei
pochi
favori
che
mi
ero
accollato
a
passare
dalle
mani
del
mio
insegnante
di
lingue
antiche
a
quelle
di
Neumann.
La
Germania
non
se
la
passava
bene
dopo
la
fine
della
Grande
Guerra,
e
il
clan
Toreador
era
rimasto
piuttosto
spopolato
dall’esodo
verso
Parigi,
che
aveva
lasciato
al
comando
più
Ancillae
ambiziose
che
Anziani
inarrivabili.
Il
Principe,
il
Ventrue
Giovanni
Federico
di
Brandeburgo-‐Ausbach,
era
saldamente
al
timone,
per
quanto
ne
potessi
capire
io,
ma
lo
shock
della
Prima
guerra
mondiale
aveva
scosso
tutti,
e
spinse
la
lotta
per
il
potere
lungo
la
china
degenerata
della
follia.
Neumann
mi
aveva
semplicemente
comprato
come
carne
da
cannone,
occultista
però
eh!,
e
nemmeno
ripensandoci
a
mente
fredda
posso
dire
di
aver
compreso
del
tutto
il
suo
disegno,
probabilmente
più
simile
a
“Cerchiamo
di
salvare
la
pelle
dall’Inferno”
rispetto
a
quanto
non
percepii
al
tempo.
Ciò
su
cui
metterei
la
mano
sul
fuoco
è
che
la
Società
di
Thule
era
marcia
fino
all’osso:
conteneva
di
tutto,
umani,
vampiri,
probabilmente
demoni,
forse
Sabbat
e
addirittura
sentii
pronunciare
in
un
sussurro
la
parola
Baali.
Non
scoprii
mai
di
chi
diavolo
fosse
ghoul,
o
progenie,
o
qualunque
cosa
fosse,
Lanz
von
Liebenfels,
ma
la
sua
follia
fu
per
anni
una
delle
mie
paure
più
profonde.
Si
disse
che
il
clan
Malkavian
vi
avesse
avuto
una
mano
pesante,
che
avessero
preferito
velocizzare
la
corsa
della
spirale
per
avvicinarne
il
deragliamento
e
lo
schianto.
Non
posso
confermarlo
né
smentirlo,
a
mio
giudizio
il
baratro
sarebbe
ugualmente
stato
vicino
ma
non
affronto
volentieri
il
pensiero
che
qualcuno
abbia
causato
volontariamente
e
consapevolmente
certe…
cose.
Quello
che
capii
fu
che
sia
la
fazione
Brandeburgo-‐Ausbach
sia
i
vertici
del
clan
Tremere,
sia
chiunque
volesse
una
fetta
di
potere,
erano
invischiati
con
la
Società
di
Thule:
non
saprei
dire
però
quanto
la
promuovessero
in
prima
battuta
o
quanto
volessero
semplicemente
sfruttarla
per
i
propri
fini.
Iniziai
come
impiegato.
Portavo
pacchi,
scrivevo
rapporti,
esaminavo
oggetti.
Mi
tenevo
fuori
dai
guai,
insomma,
ma
ci
presi
anche
un
certo
gusto.
Iniziavo
a
pensare
che
lavorare
per
Neumann
non
fosse
così
male,
quando
ovviamente
il
premio
per
il
mio
buon
lavoro
fu
di
essere
trasferito
ad
incarichi
più
scomodi
e
pericolosi.
Negli
anni
fra
il
’30
e
il
’40,
fui
affiancato
a
Miguel
Torres,
un
Toreador
di
udibilissime
origini
spagnole
che
stava
preparando
e
poi
ripagando
la
promozione
ad
Ancilla:
era
un
brav’uomo,
non
che
io
la
considerassi
una
particolare
qualità,
ma
era
facile
andare
d’accordo
con
lui,
e
soprattutto
era
uno
spadaccino
come
me,
anzi,
migliore;
capiva
anche
il
nostro
mondo
molto
meglio
di
me,
e
finalmente,
alla
mia
ormai
ragguardevole
età,
trovai
qualcuno
disponibile
ad
ampliarmi
un
po’
il
quadro.
Devo
molto
a
Torres.
Dopo
il
’46,
finii
per
dovergli
anche
più
della
vita.
Sul
finire
degli
anni
Trenta
le
nostre
missioni
divennero
via
via
più
complesse:
recupero
crediti,
furto
puro
e
semplice,
qualche
aspetto
di
diplomazia.
Quando
fui
mandato
a
Giza
ormai
mi
ero
fatto
le
ossa,
ma
niente
avrebbe
potuto
prepararmi
al
dopo,
nemmeno
le
urla
in
lontananza
nelle
profondità
di
una
piramide,
né
il
viso
disumano
di
una
donna
spettrale.
Sul
momento
ressi
bene
lo
stress:
presi
il
pacco
e
scappai
più
veloce
che
potevo,
abbandonando
i
miei
compagni,
Torres
compreso.
Sapevo
che
la
donna
mi
avrebbe
inseguito.
Al
Cairo
mi
indebitai
con
un
Setita
di
nome
Sardo
Numspa,
che
organizzò
l’ennesima
fuga
precipitosa
della
mia
esistenza:
in
cambio,
oltre
a
un
favore
minore,
avrei
dovuto
solo
portare
con
me
una
sua
cara
amica,
facendole
da
scorta
guardacaso
proprio
fino
a
Berlino
con
la
protezione
del
mio
status
di
camarillico.
Non
mi
feci
domande
e
non
avevo
modo
di
contrattare,
mi
bastava
andarmene
di
lì
per
non
farvi
più
ritorno.
Neumann
mi
accolse
coprendomi
di
elogi.
E
poi
mi
vendette
(no,
scusate,
mi
promosse)
con
tanti
saluti
e
complimenti
a
coloro
che
avevo
appena
derubato.
Non
compresi
mai
del
tutto
quali
accordi
fossero
intercorsi,
se
i
miei
nuovi
capi
sapessero
del
mio
ruolo
a
Giza,
o
con
quanta
precisione:
probabilmente
no,
dato
che
non
mi
furono
“estratte”
informazioni
approfondite.
Mi
sentivo
soprattutto
un
giocattolo
regalato
ad
un
bambino
viziato
e
crudele
per
placarlo
e
distrarlo.
Ripensai
per
la
prima
volta
da
anni
a
Delacroix,
che
per
la
prima
volta
faceva
una
bella
figura
a
confronto.
Non
credo
che
Liebenfels,
di
cui
ero
guardia
del
corpo,
mano
armata
e
tuttofare,
ritenesse
di
starmi
punendo:
solo
che
tutto
quello
che
faceva
era
massacrare;
per
lui
la
tortura
era
una
gioia,
la
strage
di
non
ariani
una
missione
sacra,
la
vivisezione
di
ebrei
e
piccoli
animali
un
interesse
scientifico
e
morale.
Un
po’
eccessivo
per
i
miei
standard:
non
che
non
avessi
mai
ucciso
il
mio
uomo
in
duello,
ma
diciamo
che
ci
vedevo
una
certa
differenza.
All’inizio
presi
la
cosa
con
la
mia
solita
filosofia,
dovevo
resistere
e
cercare
di
cavarne
qualcosa
per
me,
ma
cinque
anni
immerso
fino
al
collo
nel
sangue
e
nel
terrore
lasciarono
un
segno
indelebile
nella
mia
mente.
Peggio
ancora,
entro
il
primo
anno
di
servizio
ero
talmente
compromesso
che
tradire
avrebbe
significato
condannarmi
a
morte
da
solo.
Il
cerchio
si
stava
stringendo
attorno
alla
Società
di
Thule,
un
cerchio
che
avevo
collaborato
a
disegnare
col
mio
lavoro
degli
ultimi
dieci
anni,
ma
da
quanto
sapevo
vi
erano
coinvolti
talmente
tanti
pezzi
grossi
che
per
non
essere
spazzati
via
avrebbero
dovuto
scaricare
la
colpa
su
molte
pedine
come
me.
Ero
praticamente
perfetto,
senza
agganci,
senza
potere,
il
miglior
custode
di
segreti
che
avrebbero
ucciso
me
per
primo.
Il
mio
unico
amico
l’avevo
abbandonato
sulla
strada
di
Giza:
Torres
era
riuscito
a
tornare
salvo,
non
so
quanto
sano,
e
mi
aveva
comprensibilmente
tolto
il
saluto.
Gli
portai
rancore
per
un
po’,
in
fondo
lui
avrebbe
fatto
lo
stesso
nei
miei
panni,
mi
dicevo,
e
in
più
si
era
staccato
politicamente
da
Neumann,
avvicinandosi
al
nuovo
astro
nascente
del
clan
Toreador,
Christine,
bloccandomi
di
fatto
la
medesima
strada.
L’unico
spiraglio
di
decenza
che
io
abbia
visto
in
questo
periodo
mi
fu
offerto
da
Coleman.
Uno
strano
personaggio,
un
Tremere
piuttosto
vecchio
ma
non
molto
potente
nella
corte,
che
assieme
alla
sua
coterie
di
progenie
e
amichetti
assortiti
commerciava
in
oggetti
magici,
spostandosi
molto
spesso.
Lo
conoscevo
molto
superficialmente
fin
da
Amsterdam,
e
ci
avevo
fatto
affari
più
volte
negli
anni
precedenti,
a
intermittenza.
Nel
’46
mi
salvò
dai
momenti
più
crudi
delle
pulizie
seguenti
alla
caduta
di
Hitler,
imponendomi
un
favore
per
futili
motivi
e
usandolo
poi
per
spedirmi
a
Bolzano
a
consegnare
un
oggetto
magico
e
fragile
a
uno
dei
suoi
nipoti,
un
neonato
promettente
di
nome
Eforao
Coltrane.
Non
seppi
mai
perché
l’aveva
fatto,
ma
gliene
sarò
eternamente
grato.
Nonostante
questa
tregua,
alla
fine
degli
anni
Quaranta
la
mia
mente
era
piuttosto
sconvolta,
e
sapevo
che
si
stava
avvicinando
la
mia
fine.
Fui
quasi
sollevato
quando
fu
Torres
ad
attirarmi
in
un’imboscata
nella
quale
mi
ero
fatto
attirare,
sfidandomi
a
duello:
onestamente,
non
credevo
di
meritarlo.
Rimasi
ancora
più
sorpreso
quando
tutto
ciò
che
fece
fu
sconfiggermi,
fermandosi
al
primo
sangue,
e
non
ho
così
tanto
orgoglio
da
risentirmi
per
avergli
fatto
pietà.
Dinanzi
al
suo
gesto
onorevole,
l’orrore
di
ciò
che
avevo
commesso
mi
assalì
tutto
assieme.
Non
amo
ripensarmi
così
debole,
ma
la
mia
reazione
fu
di
piangere
come
un
bambino,
aggrappandomi
a
lui
come
ad
un’ancora
di
salvezza,
e
raccontandogli
confusamente
tutti
i
dettagli
più
compromettenti
delle
attività
di
Liebenfels.
Torres
mi
portò
da
Christine,
che
in
cambio
di
un
favore
maggiore
mi
diede
una
seconda
possibilità.
Le
informazioni
che
avevo
rivelato
permisero
allo
Sceriffo,
il
Gangrel
senza
nome,
di
raggiungere
dei
risultati
importanti,
e
di
salvare
il
mio
fratello
di
clan
Samuel
Demis,
la
cui
sire
Elisabeth
era
un’alleata
di
Christine.
Appena
potei
andarmene,
tornai
a
casa.
2000
Aosta
Fu
il
profumo
del
sangue
a
svegliarmi.
Fresco
e
giovane.
Il
nipotino
di
dieci
anni
dei
miei
affittuari
aveva
trovato
la
botola
della
cantina
in
cui
riposavo.
Cercai
di
fermarmi,
ma
la
sete
fu
più
forte,
e
il
mio
ritorno
al
mondo
fu
subito
macchiato
da
un
crimine.
Me
ne
dispiacqui
sinceramente,
ma
ormai
cosa
potevo
farci?
Il
Marchese
(per
l’usanza
francese)
o
il
Principe
(per
quella
italiana)
di
Aosta,
Sulpice
Cerise-‐Mistralis
fu
“clemente”.
Mi
ricordavo
vagamente
di
lui
dai
tempi
di
Parigi,
anche
se
cento
anni
prima
non
aveva
lo
sciocco
accento
francese
posticcio
di
cui
si
fregiava
ora,
e
lui
conosceva
il
mio
sire,
anche
se
non
seppe
o
non
volle
dirmene
nulla.
Sistemò
il
mio
problema,
ma
il
prezzo
che
pretese
fu
altissimo:
la
cessione
della
mia
tenuta
di
Issogne,
terra
della
mia
famiglia
da
secoli.
Esitai…
ma
non
avevo
scelta.
In
compenso
Mistralis
mi
diede
qualche
contatto
per
ricominciare
da
Parigi.
2014
Parigi
Dopo
un
primo
momento
di
smarrimento
davanti
a
un
risveglio
così
poco
piacevole,
mi
convinsi
che
un
taglio
netto
non
fosse
poi
una
cattiva
soluzione,
e
non
ci
misi
molto
a
trovare
una
fonte
di
reddito
alternativa,
che
divenne
anche
una
grande
fonte
di
intrattenimento
per
me,
quasi
una
droga,
e
riuscii
anche
a
farmi
un
minimo
di
nome
pur
in
una
corte
complessa
e
ben
poco
più
amichevole
ora
di
quanto
non
fosse
per
un
Infante,
tanti
anni
fa.
Avevo
il
vantaggio
di
poter
fare
un
raffronto,
qualcuno
si
ricordava
anche
di
me
o
di
Delacroix,
e
sfruttai
tutto
ciò
che
avevo
a
disposizione.
Mi
presentai
spavaldamente
al
Duca
di
Avon,
ricordandogli
il
favore
contratto
dal
mio
sire
e
offrendomi
di
lavorare
per
lui,
che
non
rimase
molto
colpito
ma
mi
affidò
qualche
incarico.
Più
che
sufficiente
per
cominciare.
Dopo
alcuni
anni,
con
alcune
mosse
ben
pianificate
riuscii
addirittura
a
diventare
il
“trastullo
del
mese”
di
Ninon
de
Lenclos,
Anziano
e
Primogenito
del
mio
clan.
La
mia
strada
sembrava
ben
avviata,
i
miei
interessi
occulti
vennero
considerati
utili,
e
anche
la
mia
esperienza
egiziana
tornò
buona:
ridendo
e
scherzando,
la
mia
vita
abbracciava
ormai
quasi
due
secoli,
e
qualcosa
ne
avevo
pur
imparato.
Stranamente
però,
al
mio
vecchio
conoscente
Desgrez,
ora
Sceriffo
nonostante
fosse
solo
un’Ancilla,
le
mie
piccole
libertà
artistiche
non
piacquero
molto,
e
quando
mi
confrontò,
dicendomi
che
mi
aveva
tenuto
d’occhio
perché
ben
ricordava
la
mia
propensione
alle
violazioni
della
legge,
non
la
presi
bene.
Neanche
lui
prese
bene
il
mio
non
prenderla
bene,
e
l’unica
gentilezza
che
mi
fece
fu
quella
di
conservare
la
mia
spada
durante
il
mio
torpore.
Mia
dolce
Ana,
la
tua
conoscenza
non
fu
poi
un
così
grande
piacere
come
il
tuo
sangue
mi
aveva
promesso.
Fui
svegliato
dopo
tre
anni,
e
le
mode,
si
sa,
cambiano
velocemente.
Mentre
mi
chiedevo
come
rimettere
assieme
i
cocci
per
l’ennesima
volta,
la
soluzione
mi
venne
da
una
fonte
inaspettata.
Attraverso
Wolfie,
ancilla
Toreador
e
ambasciatore
di
Germania
a
Parigi,
Christine
reclamò
il
pagamento
del
favore
che
le
dovevo:
avrei
dovuto
recarmi
a
Pavia,
un
luogo
di
cui
sapevo
ben
poco
se
non
le
voci
correnti,
come
supporto
nel
clan
Toreador
per
la
fazione
di
Madonna
Lucrezia
Bulgarini,
Granduchessa
o
Principessa
o
Vescovo
di
Reggio
Emilia
e/o
di
Bologna,
a
seconda
di
chi
me
ne
parlava.
Chi
conosci
Samuel
Demis
(pg,
l’ex
ragazzo
dell’Albina),
neonato
Toreador:
un
tizio
più
sfigato
di
te
a
cui
hai
casualmente
e
indirettamente
salvato
la
vita.
Bibliotecario
vecchio
dentro,
ha
dato
di
matto
quando
i
nazisti
cominciarono
coi
Bücherverbrennungen
e
ha
aggredito
Goebbels
in
mezzo
a
una
piazza
dopo
un
comizio.
E’
stato
in
mano
alla
Società
di
Thule
per
anni,
e
hai
una
buona
idea
di
che
esperimenti
gli
abbiano
fatto
addosso.
Christine
ti
ha
detto
che
è
stato
per
un
po’
a
Pavia
per
una
perizia
del
Codice
di
Milano,
per
cui
gli
hai
fatto
una
telefonatina
prima
di
partire
e
la
maggior
parte
delle
informazioni
sul
luogo
che
hai
ti
vengono
da
lui.
Come
previsto,
la
sua
testa
non
è
più
proprio
a
posto,
se
pure
lo
è
mai
stata.
Max
(pg,
Defi),
neonato
Brujah:
parte
di
una
coterie
di
guerrieri
arrivata
a
Berlino
più
o
meno
nel
tuo
stesso
periodo,
di
cui
facevano
parte
anche
altri,
di
cui
l’unico
nome
che
ricordi
vagamente
è
Varon
Zaranek.
Erano
carne
da
cannone
usata
per
la
guerra
al
Sabbat.
Daniel
Coltrane
detto
Eforao,
neonato
Tremere:
non
lo
conosci
bene
ma
non
lo
potresti
mai
dimenticare,
più
per
le
circostanze
in
cui
l’hai
conosciuto
che
per
il
vostro
effettivamente
brevissimo
incontro.
Gregory
Thomas
Montgomery,
neonato
Toreador
(pg
di
Noa
Bose):
un
coglione,
chi
l’avrebbe
mai
detto.
Rocambole,
anziano
Malkavian:
si
parla
addosso
come
pochi,
ma
l’unica
volta
che
ti
ha
parlato
è
stato
cortese
verso
la
tua
arte.
Doc
Holliday
(pg
Garla),
neonato
Toreador:
una
specie
di
cowboy,
tu
giravi
per
posti
un
po’
più
fini
di
lui,
e
all’Elysium
del
Ponte
Nuovo
non
eri
esattamente
il
benvenuto.
Però
l’hai
visto
a
qualche
party
di
quelli
un
po’
divertenti.
Dorothea
von
Lieven,
anziano
Toreador:
e
quindi
se
tu
fossi
stato
più
fortunato
e
avessi
fatto
tutti
i
compiti
ora
saresti
anziano
anche
tu?
Sai
praticamente
tutte
le
cose
pubbliche
che
ha
fatto
da
quando
era
mortale
ad
oggi,
perché
siete
contemporanei,
lei
era
una
vip
ed
è
stata
abbracciata
a
Parigi
una
ventina
d’anni
dopo
di
te.
Alienazioni
Compensazione:
Trovi
oltremodo
seccante
che
la
tua
arte
non
sia
più
molto
considerata
al
giorno
d’oggi,
e
che
tanti
imbrattacarte
tentino
di
qualificarti
come
stupida
carne
da
cannone.
Il
tuo
riscatto
è
divenuto
quello
di
farti
bello
con
le
penne
del
pavone,
rubando
opere
altrui
per
proporle
a
nome
tuo.
In
qualche
modo
poi
le
vittime
dei
tuoi
furti
trovano
anche
la
morte.