APPUNTI
2021
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INDICE
OSSERVAZIONI PRELIMINARI 6
CAPITOLO I. Legislazione nelle Cause dei Santi 7
1. La Legislazione nelle Cause dei Santi dal 1917 al 1983 7
1. Codice di Diritto Canonico
2. Motu proprio Già da qualche tempo
3. Normae servandae in construendis Processibus Ordinariis super causis
historicis
4. Nihil obstat (nulla osta) del Sant’Uffizio
5. Lettera Apostolica Sanctitas clarior
6. Costituzione Apostolica Sacra Rituum Congregatio
2. Legislazione nelle Cause dei Santi del 1983 10
1. Codice di Diritto Canonico
2. Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister
3. Normae servandae in Inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis
Sanctorum
4. Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause
3. Legislazione nelle Cause dei Santi dopo il 1983 13
1. Costituzione Apostolica Pastor bonus
2. Codice dei Canoni delle Chiese Orientali
3. Istruzione Sanctorum Mater
4. Interpretazione autentica del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi
5. Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause di Beatificazione e
Canonizzazione
6. Motu proprio Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae
7. Istruzione Le Reliquie nella Chiesa: Autenticità e Conservazione
4. Osservazioni conclusive 16
CAPITOLO II. Elementi teologici e canonici di una Causa 17
1. Iter (via) di una Causa di Canonizzazione 17
1. Beatificazione dei Servi di Dio
1. Causa che procede sul martirio
2. Causa che procede sulle virtù eroiche (sull’eroicità delle virtù)
3. Causa che procede sull’offerta della vita
2. Canonizzazione dei Beati
2. Definizione di una Causa di Canonizzazione 29
3. Definizione dell’Inchiesta diocesana o eparchiale 29
4. Due (2) Fasi di una Causa di Canonizzazione 31
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5. Procedura alternativa
2. Celebrazione della Sessione di Chiusura dell’Inchiesta
3. Chiusura e invio degli atti dell’Inchiesta 72
1. Conservazione dell’Archetipo
2. Invio degli atti al Dicastero
1. Materiale da inviare (chiuso e sigillato dentro i pacchi)
2. Mezzo di invio
3. Materiale da inviare (esterno ai pacchi)
1. Iscrizione Esterna
2. Busta della(e) Lettera(e)
3. Strumento di Chiusura
CAPITOLO IV. Inchiesta sul Miracolo 75
Osservazioni generali 75
1. Elementi teologici e canonici dell’Inchiesta sul miracolo
1. Le Norme che reggono l’Inchiesta sul miracolo
2. Norma generale
3. Tempo del miracolo
4. Dubbio (oggetto) dell'Inchiesta sul miracolo
5. Elementi costitutivi del miracolo
6. Le prove
2. Inchiesta diocesana o eparchiale 77
1. Fase preliminare all'inizio dell’Inchiesta 77
2. Fase iniziale dell'Inchiesta 79
1. Attore – Postulatore
2. Vescovo competente
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APPENDICI 88
1. Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister 88
2. Normae servandae in Inquisitionibus ab Episcopis faciendis
in Causis Sanctorum 92
3. Motu proprio Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae 99
4. Studio del prof. dott. Waldery Hilgeman: Norme sull’amministrazione
dei Beni delle Cause di Beatificazione e Canonizzazione 103
4. Norme particolari da osservarsi per l’Inchiesta sul miracolo 108
5. Altre Norme da osservarsi per l’Inchiesta sul miracolo 110
BIBLIOGRAFIA 112
Osservazioni preliminari
4. Questi appunti trattano dei seguenti temi: (1) legislazione nelle Cause dei
Santi dal Codice di Diritto Canonico del 1917 fino ad oggi; (2) elementi teologici
e canonici di una Causa di Canonizzazione; (3) Inchiesta su martirio, virtù eroiche
od offerta della vita del Servo di Dio; (4) Inchiesta sul miracolo e, infine, (5)
beatificazione e canonizzazione equipollenti.
5. Alla fine degli appunti vengono aggiunti i diversi testi legislativi necessari
per lo studio della materia e una bibliografia.
2. Cause che procedono per via di culto (per viam cultus): sono le Cause
che proseguono con procedura equipollente: il Servo di Dio, chiamato Beato, è
già oggetto di culto pubblico da tempo immemorabile; sono le Cause dei
cosiddetti “antichi Beati” (beatificazione equipollente). In queste Cause, la
procedura è la seguente:
a. viene pubblicato il “Decreto sul fatto del culto” (della sua
esistenza),
attribuito da tempo immemorabile all’antico Beato;
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Nel 1940 Pio XII stabilì che, prima di procedere all’apertura degli atti dei
Processi Ordinari (sulla fama, sugli scritti e sul non culto) l’allora Congregazione
dei Sacri Riti deve chiedere il nihil obstat del Sant’Uffizio per verificare che non
c’è niente a carico del Servo di Dio che possa ostacolare il prosieguo della Causa.
Alcune Osservazioni
mantenuto, invece, il nihil obstat della Santa Sede (cfr. Normae servandae, n.
15b) secondo la decisione di Pio XII, ossia una semplice dichiarazione da parte
della Santa Sede che non c’è un nulla a carico del Servo di Dio che ostacola il
prosieguo della Causa.
L’8 maggio 1969 Paolo VI sopprime la Congregazione dei Sacri Riti, creando
la Sacra Congregazione per i Sacramenti e la Sacra Congregazione per le Cause
dei Santi, competente per la trattazione delle Cause di Canonizzazione.
Osservazioni giuridiche
Il 25 gennaio 1983, nella stessa data della promulgazione del nuovo Codice,
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ossia qualora si legge nei teti legislativi le voci “martirio e/o virtù eroiche”,
occorre aggiungere “offerta della vita”, in quanto è la terza via alla beatificazione
del Servo di Dio!
Il 4 marzo 2016 Papa Francesco, approvando le nuove norme “per tre anni ad
experimentum a partire dalla data di promulgazione, ha riordinato ex integro le
norme sull’amministrazione dei beni delle Cause e, pertanto, ha abrogato le
Norme promulgate da Giovanni Paolo II il 20 agosto 1983.
- Attualmente di attende la promulgazione delle nuove Norme.
Articolo 2: essa stabilisce i criteri essenziali affinché l’offerta della vita sia
valida ed efficace per la beatificazione: a) offerta libera e volontaria della vita ed
eroica accettazione propter caritatem di una morte certa e a breve termine; b)
nesso tra l’offerta della vita e la morte premature; c) esercizio, almeno in grado
ordinario, delle virtù cristiane prima dell’offerta della vita e, poi, fino alla morte;
d) esistenza della fama di santità (forse si dovrebbe leggere “fama di offerta della
vita”) e di segni, almeno dopo la morte; e) necessità del miracolo per la
beatificazione, avvenuto dopo la morte del Servo di Dio e per sua intercessione.
4. Osservazioni Conclusive
o eparchiale che nella loro fase romana, sempre tenendo conto delle modifiche
riportate dalla Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae;
B. Normae Servandae in Inquisitionibus ab Episcopis faciendis in
Causis Sanctorum del 7 febbraio 1983, ossia le Norme peculiari emanate dal
Dicastero (cfr. Divinus perfectionis Magister, I.2) per l'istruzione dell'Inchiesta
diocesana o eparchiale, sempre tenendo conto dei canoni del CIC 1983 e del
CCEO da applicarsi ex ipsa natura rei e delle modifiche riportate dal motu
proprio
Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae;
C. Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae dell’11 luglio 2017,
che stabilisce l’offerta della vita come una nuova fattispecie dell’iter (via) di
Beatificazione, distinta dalle fattispecie sul martirio e sull’eroicità delle virtù
eroiche.
Essa, inoltre, riporta le modifiche alla legge pontificia della Divinus
perfectionis Magister e delle Normae Servandae in Inquisitionibus ab Episcopis
faciendis in Causis Sanctorum.
particolare. Infatti, nel Nuovo Testamento il termine occorre spesso nel senso
ordinario di testimone (Mc. 14,63; Atti 6,13; ecc.), ma designa soprattutto un tipo
particolare di testimoni e cioè gli apostoli che possono testimoniare, per
esperienza propria, della vita, della morte e, specialmente, della risurrezione di
Gesù (cfr. Atti 1,22; Lc. 24,48; Atti 1,8; 2,32; 10,39,41; 26, 16; I Cor. 14,15;
ecc.). Gli apostoli sono dunque i testimoni autorizzati e ufficiali della missione e
della risurrezione di Cristo, senza che il termine stesso implichi che abbiano dato
testimonianza a Cristo anche con il sacrificio della loro vita.
Ci sono tuttavia dei testi in cui il termine "martus" e i suoi derivati si
avvicinano di più a quest’ultimo significato. Questo si riscontra, per esempio, nel
testo di Marco 13:3, "Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle
sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per rendere
testimonianza (martyrion) davanti a loro". In altri testi ancora, il termine
"martus" viene usato per designare delle persone che effettivamente hanno
testimoniato per Cristo con il sacrificio della loro vita. Ad esempio, Atti 22:20,
dove si parla del "sangue di Stefano, tuo testimone (martyros)", oppure Ap. 2:13,
dove Antipa è chiamato "mio fedele testimone (martus) messo a morte nella
vostra città". In questi e in altri simili testi (Ap. 11:3; 11: 7; 17:6; ecc.) non è
tuttavia certo se il termine "martus" viene usato formalmente per indicare che i
testimoni in questione hanno versato il loro sangue per Cristo o se viene adoperato
nel senso molto più generico di testimone.
Si deve dunque concludere che il Nuovo Testamento non fornisce alcun
esempio chiaro in cui il termine "martus" venga usato nel significato più
restrittivo che ebbe poi a partire dal II-III secolo. Specialmente nel nostro secolo,
gli studiosi hanno tentato di spiegare come, in un tempo relativamente breve, la
parola "martus" abbia acquistato esclusivamente il significato tecnico di
"martire". Per quanto riguarda i tentativi di stabilire una interna connessione tra
il termine "testimone" e quello di "martire" procedendo dal Nuovo Testamento, i
seguenti suggerimenti meritano una particolare considerazione:
a. i martiri ebbero una opportunità privilegiata di testimoniare la loro
fede
negli interrogatori che ordinariamente precedevano la condanna a morte;
b. il martire è testimone di Cristo non solo con la professione di fede,
ma anche con la sua vita e la sua morte, e imita così l'opera e la morte salvifica
del
Redentore. Egli è testimone per eccellenza;
c. la testimonianza dei martiri non è soltanto una manifestazione
umana,
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fare senza peccare. Se, dunque, in questo contesto si parla di "odio alla Fede”
(odium fidei) da parte di colui che uccide il cristiano, si vuole intendere, con
questo termine, l'atteggiamento di ostilità verso il cristianesimo in quanto questo
impedisce il raggiungimento del fine che il persecutore si è proposto.
Non è tuttavia sempre così facile scoprire tutti gli elementi di un martirio.
Spesso e specialmente al giorno d'oggi, i cristiani, che non vogliono cedere alle
pretese di un dittatore, non vengono ufficialmente perseguitati perché cristiani,
ma accusati di crimini comuni e, in modo particolare, bollati quali traditori o
sovvertitori dell'ordine pubblico. Molte volte non ha luogo un regolare processo,
ma essi vengono eliminati di nascosto. Accade spesso che essi non vengono
direttamente uccisi, ma - come già accadeva nell'antichità con coloro che
venivano condannati ai lavori forzati nelle miniere - sono messi in condizioni tali
che arrivano alla morte a causa delle privazioni e degli stenti sofferti.
Né va dimenticato che al giorno d'oggi esistono mezzi e possibilità per far sì
che la personalità di un uomo venga distrutta senza che gli sia tolta la vita. Infine,
la discernibilità del martirio è resa spesso più difficile perché di regola non viene
più offerta ai cristiani una scelta tra l'apostasia e la morte, ma essi vengono
semplicemente uccisi perché, con la loro vita, hanno dimostrato di essere così
profondamente fermi nella fede che il persecutore dispera di farli rinunciare ad
essa.
5. Gli elementi canonici richiesti per la beatificazione del Servo di Dio come
Martire sono: 1° l’istruzione dell’Inchiesta per la raccolta delle prove sulla vita e
sul martirio (materiale e formale) nonché sulla fama di martirio e di segni del
Servo di Dio; 2° lo studio degli atti dell’Inchiesta presso il Dicastero e la
preparazione della relativa Positio super Martyrio; 3° il giudizio di merito da
parte degli organi collegiali del Dicastero; e, infine, 4° l’approvazione definitiva
del Sommo Pontefice del martirio, che comporta la promulgazione del Decreto
sul martirio e la concessione del titolo di “Venerabile Servo di Dio”. Si procede
alla beatificazione del Venerabile Servo di Dio senza il miracolo.
2. Causa che procede sulle virtù eroiche (sull’eroicità delle virtù) (per viam
heroicitatis virtutum)
1. Il termine “esercizio eroico” delle virtù. Esso non implica di per sé che il
Servo di Dio abbia praticato le virtù in una serie di atti particolarmente ardui, né
tanto meno che sia stato favorito da doni mistici o che nella sua vita si siano
verificati fenomeni preternaturali. L'esercizio eroico delle virtù significa invece
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che una persona ha vissuto per lungo tempo, lasciandosi animare in tutto dallo
Spirito di Dio, e ciò nei vari aspetti della vita personale, familiare e sociale. Ciò
vuol dire che la persona in tutto il suo agire è stata guidata dalla fede, animata
dalla carità, sostenuta dalla speranza, e che, di conseguenza, ha praticato le varie
virtù cardinali. Perciò il suo modo di vivere è da considerarsi esemplare.
Per ciò stesso viene chiamato "eroico" anche l'assolvimento costante, fedele
e gioioso di tutti i doveri del proprio stato di vita in mezzo al "terribile
quotidiano" (Benedetto XV e Pio XI): in breve, un esercizio delle virtù
essenzialmente superiore a quello di buoni cristiani che vivono nello stesso stato
e forma di vita. Non è possibile fissare matematicamente il lasso di tempo in cui
un Servo di Dio deve aver praticato le virtù in questo modo, evitando anche i
peccati veniali deliberati e lasciandosi invece guidare in tutto dai dettami della
carità teologale e dalle altre virtù da essa informate (la prassi del Dicastero e di
esaminare gli ultimi 5 o 10 anni del Servo di Dio!).
di intima unione con la Santissima Trinità e quindi a partecipare alla sua vita di
amore. Questa unione di amore con Dio che sarà consumata nella sua pienezza
soltanto nell'altra vita, è tuttavia già ora una realtà, in quanto nel battesimo l'uomo
è stato incorporato in Cristo ed ha così, per opera dello Spirito Santo, cominciato
a vivere della sua vita. Ciò significa a sua volta che è stato avviato il processo
della radicale trasformazione dell'uomo battezzato che, secondo la dinamica
dell'amore divino, deve portarlo ad una sempre maggiore e più intima
conformazione ed identificazione alla Persona del Verbo Incarnato Redentore. È
proprio questo processo della progressiva assimilazione a Cristo che esige
l'eroismo cristiano.
È vero che la suddetta trasformazione è radicalmente ed essenzialmente opera
dell'amore divino. Essa trascende semplicemente le capacità naturali dell'uomo e
dunque non è né può essere il frutto di un volontarismo umano (Pelagianesimo).
D'altra parte, proprio perché si tratta di una unione interpersonale tra Dio e
l’uomo, e proprio perché Dio intende comunicare il suo amore, l'uomo non può
subire questa trasformazione in pura passività (Quietismo). All'invito amoroso di
Dio, l'uomo - prevenuto e sorretto dall'aiuto divino - deve rispondere con un
amore incondizionato e totale che, lungo dal poter esaurirsi in sterile velleità o
fatui sentimentalismi, deve invece essere in sommo grado operoso.
A chi consideri le cose in un ordine puramente teorico ed ideale potrebbe
forse sembrare che una siffatta risposta di amore efficace non sia altro che la
reazione spontanea ed evidente di una persona umana toccata e mossa dall'amore
divino e che, proprio in virtù di questo amore entusiasmante e trascinante, la
trasformazione totale del suo essere in un "alter Christus" possa essere effettuata
rapidamente e con grande facilità. In verità, però, date le condizioni concrete ed
esistenziali in cui vive l'umanità, questa trasformazione di tutto l'essere umano è
un processo tutt'altro che rapido ed agevole, giacché ad esso si oppongono
numerose e gravi difficoltà e prima di tutto l'attuale strutturazione dell'uomo
caduto e peccatore. Questi infatti è profondamente affetto da tendenze egoiste ed
egocentriche che lo spingono costantemente a chiudersi in se stesso, a vedere tutti
e tutto nell'angusta prospettiva del proprio 'io' e a porre se stesso ed i propri
vantaggi al centro di ogni attività.
È evidente che questi atteggiamenti sono diametralmente opposti all'invito di
aprirsi a Dio, di trascendere i confini della propria piccolezza e di abbandonarsi
generosamente alla divina attività trasformatrice che dovrebbe portare l'uomo a
vedere tutto con gli occhi di Dio, ad amare come Dio ama e ad agire sempre ed
unicamente secondo i criteri di questo amore. Precisamente perché da un lato
l'esigenza dell'amore di Dio è totale e assoluta, e non ammette la pur minima
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5. Eroismo e Maturazione. È ovvio che, salvo forse qualche caso del tutto
eccezionale che presupporrebbe un miracolo della grazia divina, questo eroismo
nella vita comune e quotidiana è il frutto di un graduale processo di maturazione.
L'uomo non nasce cristiano perfetto, ma diviene tale attraverso un lungo e
laborioso progresso che raggiungerà il suo termine soltanto quando nella morte
sarà liberato dai vincoli terrestri e pienamente trasformato dalla gloria del Cristo
risorto. Finché è viatore il cristiano non è dunque né infallibile né esente da ogni
debolezza umana.
Chi vuole vivere la sua vita di cristiano in modo eroico, deve, per amore di
Dio e con il suo aiuto, fare sforzi continui per evitare sbagli e persino le più
piccole imperfezioni semi-deliberate, senza d'altronde riuscirvi perfettamente. È
proprio questa una delle espressioni più mature ed essenziali dell'eroismo
cristiano: il saper accettare questo fatto con quel sano senso di realismo che non
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diversità costituzionali che esistono tra le singole persone, oltre ancora alle
diversità dell'ambiente in cui esse - ciascuna a suo modo - devono vivere e
svilupparsi, va dunque pure considerata la diversità delle chiamate divine
che, nel senso più pieno e profondo della parola, sono personali e perciò
singolari, uniche ed irripetibili, proprio perché si tratta di un invito
all’amore che Dio rivolge ad ogni persona come tale e a cui questa deve
rispondere con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutta la sua
mente (Mt. 22: 37) .
Ovviamente, la diversità delle chiamate divine e la diversità nella
distribuzione della grazia che ne consegue, sono intimamente collegate con le
differenze costituzionali ed ambientali che tipificano e contraddistinguono
l'esistenza di ogni persona umana, ma non coincidono con esse. L'identificazione
dell'ordine della natura con quello della grazia è un errore teologico che ha delle
conseguenze gravissime anche per la concezione adeguata dell'eroismo cristiano
e per la realizzazione del medesimo.
Non è superfluo accennare a questa verità o ribadire che né la psicologia,
né la sociologia, né le altre scienze puramente umane, quantunque necessarie ed
utili, possono mai riuscire ad illuminare pienamente il mistero dell'uomo e della
sua vita, né ad offrirgli i mezzi efficaci a viverla con la dovuta profondità, giacché
esse sono essenzialmente incapaci di accertare e misurare la sua dimensione
soprannaturale o di lavorare al livello della grazia che costantemente spinge
l'uomo verso un ideale che è al di sopra delle sue possibilità naturali e gli
conferisce la forza per raggiungerlo.
3. Causa che procede sull’offerta della vita (per viam oblationis vitae)
definitiva del Sommo Pontefice del miracolo che comporta la promulgazione del
Decreto sul miracolo.
Si procede alla beatificazione del Venerabile Servo di Dio dopo
l’approvazione del miracolo dal Sommo Pontefice.
Gli elementi canonici richiesti per la canonizzazione di tutti i Beati, sia Martiri
che Confessori, sono: 1° la beatificazione formale del Venerabile Servo di Dio;
2° un miracolo, attribuito all’intercessione del Beato, che consiste nei seguenti
elementi: a. l’istruzione dell’Inchiesta sul miracolo; b. lo studio degli atti
dell’Inchiesta presso il Dicastero e la preparazione del Summarium; c. il giudizio
da parte della Consulta Medica/Tecnica; d. la preparazione della Positio super
Miro e il giudizio di merito degli organi collegiali del Dicastero; e.
l’approvazione definitiva del Sommo Pontefice del miracolo che comporta la
promulgazione del Decreto sul miracolo; 3° il Concistoro sulla canonizzazione
del Beato.
7. di santità: la santità è una realtà unica: nelle Cause dei Santi la fama,
goduta dal Servo di Dio, è distinta – per motivi pratici – in: (1) “fama di martirio”
del
Servo di Dio, ucciso in odio alla Fede o per una virtù cristiana; (2) “fama di
santità” del Servo di Dio che ha praticato in grado eroico tutte le virtù cristiane;
(3) “fama di offerta della vita” del Servo di Dio che ha offerto la propria vita
propter caritatem.
Per comprendere meglio il ruolo del Vescovo competente per iniziare la Causa
e istruire l’Inchiesta diocesana o eparchiale, si può ricorrere alla figura canonica
dell'Uditore, illustrata nel CIC 1983 can. 1428 §3 e nel CCEO can. 1093 §3:
“L’Uditore, secondo il mandato del giudice, soltanto raccoglie le prove, e dopo
di averle raccolte, le consegna al giudice”.
Applicando questa figura canonica dell’Uditore al Vescovo competente e il
Delegato Episcopale, nominato per istruire l’Inchiesta a nome del Vescovo, gli
elementi comuni alle Cause di Canonizzazione per analogiam sono: l’Uditore è
il Vescovo – il giudice è il Sommo Pontefice; il compito del Vescovo e, a posto
suo, il Delegato Episcopale, è raccogliere tutte le prove e inviarne due copie al
Dicastero.
N.B.: come tutte le analogie, anche questa zoppica, in quanto il Vescovo non
è un “chierichetto” del Sommo Pontefice; secondo la legge del 1983, il Vescovo
ha potere decisionale di iniziare la Causa, di sospenderla e di inviare gli atti al
Dicastero, o meno!
1. fama di martirio: deve essere autentica, diffusa, non creata con arte umana,
spontanea tra una porzione significativa del popolo di Dio e deve esistere nella
morte e sempre crescente dopo la morte;
2. fama di santità: deve essere autentica, diffusa, non creata con arte umana,
spontanea tra una porzione significativa del popolo di Dio e deve esistere nella
vita, nella morte e sempre crescente dopo la morte;
3. fama di offerta della vita: deve essere autentica, diffusa, non creata con arte
umana, spontanea tra una porzione significativa del popolo di Dio e deve esistere
almeno dopo la morte del Servo di Dio e sempre crescente dopo la morte;
9. Osservazioni conclusive
1. Quod non est in scriptis non est in mundo (Quello che non è scritto non
esiste)
- ogni atto giuridico-canonico, richiesto dalla legge nell’esecuzione delle
norme, deve essere scritto “nero sul bianco”, ad esempio, l’identità dell’Attore
tramite l’apposito strumento giuridico; come d’altronde un documento scritto che
attesta l’impossibilità di eseguire una norma, ad esempio, la mancanza di nomine
di Censori Teologi a causa dell’inesistenza di scritti editi del Servo di Dio.
2. Quod non est in actis non est in mundo (Quello che non è negli atti non
esiste)
- ogni atto giuridico-canonico, compiuto dal Vescovo o dal Delegato
Episcopale nell’esecuzione delle norme, deve essere inserito tra gli atti di una
Sessione dell’Inchiesta, ad esempio, i Decreti di nomine, le verbalizzazioni dei
giuramenti, la consegna delle prove documentali e della Relazione da parte della
Commissione Storica, ecc.
Premesse
3. Dubbio o oggetto della Causa (Inchiesta): Una Causa non può essere
canonicamente iniziata se il Servo di Dio non fosse morto per almeno di cinque
(5) anni. Questa regola permette la verifica della crescita della fama del Servo di
Dio dopo la sua morte, necessaria per provare l’autenticità della stessa fama.
Occorre, inoltre, accordare il dubbio o l’oggetto della Causa e, pertanto,
dell’Inchiesta: se la Causa procederà sul martirio, sulle virtù eroiche oppure
sull’offerta della vita. Contrariamente alle cause matrimoniali, una Causa di
Canonizzazione non può procedere su più di un dubbio.
6. Vescovo competente: n. 5a
1. Giurisdizione
Regola generale: colui, che ha il diritto di costituire un Tribunale, può iniziare
una Causa,
1. in base alla sua giurisdizione territoriale: Vescovi diocesani (Chiesa
Latina), Eparchi (Chiese Orientali) e coloro ad essi equiparati dal diritto
(prelatura territoriale, abbazia territoriale, vicariato apostolico, prefettura
apostolica, amministrazione apostolica: cfr. can. 368 CIC; CCEO – nessun
canone simile): Patriarca, Gerarca, Esarca
2. oppure in base alla giurisdizione personale: Prelature Personali
(Opus
Dei), Ordinariati Militari per i propri membri
1. “Norma di premessa”: n. 7
La norma n. 7 è una specie di premessa ai nn. 8 – 10, in quanto distingue 2
tipi di Cause secondo la qualità delle prove. Tale qualità determinerà, di
conseguenza, il contenuto del Libello di domanda del Postulatore:
1. Causa recente: le prove si desumono dalle deposizioni orali di
testimoni oculari (di 1° grado);
2. Causa antica: le prove si desumono solo da fonti scritte
(documenti).
N.B.: in una Causa antica, però, la fama di martirio, di santità e di offerta
della vita e la fama di segni del Servo di Dio, deve essere sempre crescente dopo
la sua morte. Le prove sulla fama attuale (ancora presente), pertanto, si desumono
dalle deposizioni orali di testimoni oculari (cfr. n. 15b).
in grado di testimoniare sulla diffusione della fama ancora presente tra una parte
significativa del popolo di Dio: cfr. n. 15b
2. Domande canoniche
# 1: quando inizia una Causa? quando il Libello viene canonicamente
accettato dal Vescovo (non si tratta della semplice accettazione fisica/materiale
dal Vescovo
# 2: quando il Vescovo potrebbe accettare il Libello, così iniziando la
Causa? canonicamente parlando, lo può accettare in qualsiasi momento!
PERÒ: la prudenza e l’esperienza insegnano che il Vescovo dovrebbe
accettare canonicamente il Libello soltanto dopo aver ricevuto le risposte alle tre
(3) consultazioni che possono essere effettuate simultaneamente:
tra gli atti della Prima Sessione dell’Inchiesta; lettere individuali dei Vescovi
sono sconsigliate.
1. Con lettera del 1940, Pio XII stabilisce che, prima di procedere all’apertura
degli atti dei Processi Ordinari (sulla fama, sugli scritti e sul non culto) dalla
Congregazione dei Sacri Riti, la stessa Congregazione deve chiedere il nihil
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obstat da parte dell’allora Sant’Uffizio per verificare che non c’è niente a carico
del Servo di Dio che potrebbe ostacolare il prosieguo della Causa.
2. Nel 1969, con la promulgazione di Sanctitas clarior, il dovere di chiedere
il nihil obstat da parte del Sant’Uffizio fu conservato, ma in vista della
concessione del nihil obstat ad Causam introducendam. Il carattere giuridico del
nihil obstat del Sant’Uffizio, pertanto, rimase quello del 1940, ossia quello di una
verifica che non c’è niente a carico del Servo di Dio.
Si tratta, pertanto, di due diversi tipi di nihil obstat (quello sopra nel #1 e nel
# 2). L’uso dello stesso termine, nihil obstat, ha confuso il significato del nihil
obstat.
3. Nel 1983, è stato conservato il dovere di chiedere il nihil obstat della
Congregazione per la Dottrina della Fede (l’allora Sant’Uffizio), ed è stata
aggiunta la necessità di chiedere il nihil obstat di altri Dicasteri della curia romana
che potrebbero avere informazioni sul Servo di Dio. Il carattere giuridico del nihil
obstat da parte dei diversi Dicasteri rimane ancora quello di una verifica che non
c’è niente a carico del Servo di Dio negli archivi dei Dicasteri.
Fine dell’Excursus
Se dalle informazioni ricevute (da quanto stabilito dai nn. 1-11 e 15c) fosse
emerso un ostacolo di una certa rilevanza:
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Premesse
1. Delegato Episcopale: n. 6a
1. Persona giuridica: colui che istruisce l’Inchiesta a nome del
Vescovo;
2. Qualità: Il Delegato Episcopale deve: (1) essere sacerdote (qui
subentrano le nozioni di giurisdizione e ordinazione sacerdotale) e, come tale,
deve agire sempre in armonia con, e mai contro, il Vescovo; (2) essere “perito
nella materia teologica, canonica e anche storica, se si tratta di cause antiche”
[Spesso si usa il vecchio termine “Giudice Delegato” impropriamente, in
quanto non è conforme alla nuova legge: solo il Sommo Pontefice è il giudice
nelle Cause dei Santi.]
N.B.: non è permessa la nomina di un “Delegato Episcopale Aggiunto”.
Si potrebbe fare prestare i loro giuramenti anche i tre (3) Membri della
Commissione Storica, i quali dovrebbero essere stati nominati precedentemente
alla Prima Sessione e con decreto separato da quello dell’inizio della Causa.
4. Presiede la Sessione il Vescovo competente, anche con la
partecipazione dei fedeli (prudenza per la solennità della celebrazione, evitando
di creare una specie di “mini-canonizzazione”: cfr. n. 36!), oppure può presiedere,
per motivi seri, “chi per lui” nominato ad hoc con
decreto dal Vescovo competente;
5. Il Cancelliere/Sincello della diocesi/eparchia deve fungere da
Notaio della Sessione di Apertura, in quanto il Notaio dell’Inchiesta non può
autenticare il proprio giuramento.
6. Per quanto riguarda i documenti da allegare agli atti della Prima
Sessione: cfr. Sanctorum Mater, Art. 89.
L’Articolo 89 stabilisce: “Agli atti della Prima Sessione si devono unire gli
atti della causa già compiuti e tutto il materiale già raccolto: ...10. i pareri scritti
dei Censori teologi oppure la dichiarazione sull’assenza di scritti editi; 11. il
materiale raccolto dai periti in materia storica ed archivistica con la loro
Relazione.”
La prassi attuale, che prevede la celebrazione della Sessione di Apertura, ossia
la formale inizio della Causa e dell’Inchiesta, rende impossibile l’applicazione
dei nn. 10 e 11 perché, in una Causa recente, la raccolta delle prove documentali
(nn. 13 e 14) non è ancora terminata!
È altrettanto importante tener presente che, in una Causa recente, dopo la
celebrazione della Prima Sessione si deve sospendere tutto perché gli
Interrogatori per i testi devono essere preparati dal Promotore di Giustizia (n. 15a)
in base alle prove documentali raccolte (nn. 15a e 13-14 e, eventualmente, n. 15c).
Infine, occorre inserire tra gli atti di una futura Sessione dell’Inchiesta tutte le
prove documentali reperite dai nn. 10 e 11 dall’Art. 89 della Sanctorum Mater.
Fine dell’Excursus
Osservazioni preliminari
2. Procedura:
1. Il Postulatore raccoglie gli scritti editi del Servo di Dio;
2. Il Postulatore li consegna al Vescovo con il suo Libello di domanda (cfr.
n. 10, 2°): l’unica eccezione alla regola procedurale, stabilendo che il
Postulatore/Vice Postulatore non può raccogliere le prove nell’Inchiesta; motivo:
gli scritti editi sono facilmente reperibili e di pubblico dominio.
3. Il Vescovo nomina (con decreti separati e segreti) 2 Censori Teologi
(non si conoscono l’identità – totale libertà nel giudizio sugli scritti), i quali
55
Il Decreto sugli scritti non era un’approvazione dei pensieri del Servo di Dio
espressi negli stessi scritti (cfr. dichiarazione del Sant’Uffizio circa gli scritti di
Sant’Alfonso Liguori). Nel Decreto fu semplicemente dichiarato che negli scritti
non c’era qualcosa di contrario alla fede e ai buoni costumi (contra fidem et bonos
mores) che ostacola il prosieguo della Causa.
2. Attuale procedura: gli scritti pubblicati (editi) vengono raccolti dal
Postulatore della Causa. L’esame degli scritti viene effettuato dai Censori Teologi
nominati dal Vescovo competente nella fase diocesana o eparchiale della Causa.
La procedura finisce con i voti scritti di due Censori che è una semplice
dichiarazione che negli scritti editi non c’è qualcosa di contrario alla fede e ai
buoni costumi che ostacola il prosieguo della Causa;
L’Art. 64 § 3 della Sanctorum Mater richiede, inoltre, una delucidazione da
parte degli stessi Censori sulla personalità e sulla spiritualità del Servo di Dio
desunte dagli scritti.
Premesse:
Il n. 14a stabilisce: “Se i voti dei censori teologi sono favorevoli ...”: si
procede, poi, alla raccolta degli scritti non ancora pubblicati e tutti gli altri
documenti che riguardino la Causa.
Si tratta della raccolta delle altre 2 categorie di prove documentali, ossia: (1)
scritti non ancora pubblicati (inediti) del Servo di Dio (di cui ne è l’autore il Servo
di Dio) e (2) tutti e singoli i documenti storici, sia manoscritti sia stampati,
riguardanti in qualunque modo la Causa.
1. Osservazioni Preliminari
Qualcuno ha osservato che il vero pensiero del Servo di Dio spesso si riscontra
nei suoi scritti inediti anziché in quelli pubblicati (editi). Si può, comunque,
ipotizzare la nomina di un Teologo come il quarto (4°) Membro della
Commissione Storica per la censura degli scritti inediti del Servo di Dio.
3. In questa questione, l’attuale prassi del Dicastero si sta evolvendo per
includere nella censura dei Censori Teologi anche gli scritti inediti o non ancora
pubblicati del Servo di Dio. In tal caso, però, si solleva la questione della raccolta
degli scritti non ancora pubblicati: chi li raccoglie (il Postulatore o la
Commissione Storica) e quando: si può ipotizzare anche un secondo gruppo di
Censori Teologi?!
Premessa
Il n. 15a stabilisce: “Ricevuta la relazione” (della Commissione Storica) …”:
- Per una causa recente: terminata la raccolta delle prove documentali (cfr. nn. 13
59
7. Dichiarazione Scritta: n. 24
8. Inchiesta Rogatoriale: n. 26
Premesse
1. Tre (3) modi per ascoltare i testi:
1. il testi si presenta al Tribunale nel territorio del Vescovo competente
2. il Tribunale si sposta, con il permesso scritto del Vescovo ad quem
3. con un’Inchiesta Rogatoriale (dal latino, rogare – chiedere)
2. Osservazione generale: la Lettera Rogatoriale per l’istruzione di
un’Inchiesta Rogatoriale potrebbe essere inviata al Vescovo competente
all’inizio dell’Inchiesta quando il Postulatore presenta il suo Libello di
domanda con l’Elenco dei Testi.
- il Vescovo, che sta istruendo l’Inchiesta (Vescovo a quo), chiede per iscritto
(tramite una “lettera rogatoriale”) al Vescovo, ove dimora il teste (Vescovo ad
quem), di ascoltarlo;
1. Premesse
1. Lingue ammesse presso il Dicastero: francese, inglese, italiano,
latino, spagnolo
2. Principio guida per la traduzione degli atti dell’Inchiesta: tutto
quello che sarà pubblicato sulla Positio super Martyrio, super Virtutibus o super
Oblatione Vitae del Servo di Dio deve essere tradotto in una lingua ammessa:
67
1. quello che non deve essere tradotto: (cfr. Sanctorum Mater, Art. 138
§ 4): tutte le prove documentali, ossia gli scritti editi, gli scritti inediti e tutti gli
altri documenti riguardanti la Causa (il materiale previsto dai nn. 13-14 delle
Normae Servandae)
2. quello che deve essere tradotto: tutto il resto e, inoltre, gli eventuali
Voti dei Censori Teologi (n. 13) e la Relazione della Commissione Storica (n.
14c) perché saranno pubblicati sulla Positio.
3. Osservazione generale: la traduzione degli atti e la confezione delle
due copie di essa sono rette dal. n 31b delle Normae servandae. L’esperienza
insegna, però, che tale lavoro è molto impegnativo e crea lunghe attese per la
chiusura dell’Inchiesta e per l’invio delle due copie degli atti in traduzione e in
lingua originale. Perciò, la prudenza consiglia la nomina e il giuramento del
traduttore
(dei traduttori) avvengano all’inizio dell’Inchiesta, anziché verso la sua fine come
suggeriscono le Normae servandae.
N.B.: alla fine di questa procedura per la traduzione degli atti ci saranno: 2
Archetipi (originale e traduzione), 2 Transunti (originale e traduzione) e 2 Copie
Pubbliche (originale e traduzione)
68
2. Scopo della pubblicazione degli atti: tutelare il diritto delle due Parti nella
Causa: (1) la Chiesa: diritto alla giustizia o alla verità; il diritto viene tutelato dal
Promotore di Giustizia; (2) l’Attore: diritto che l'Inchiesta sia istruita e che tutte
le prove vengano raccolte; i diritto viene tutelato dal Postulatore della Causa.
3. Chi prendono visione degli atti: i rappresentanti giuridici delle due Parti
1. Promotore di Giustizia: ha il diritto ex officio di controllare gli atti
2. Postulatore e/o Vice-Postulatore: la facoltà gli viene concessa dal n.
27c della legislazione
Postulatore devono essere inserite tra gli atti dell’Inchiesta dal Delegato
Episcopale.
Osservazioni preliminari
Procedura remota
1. Ispezioni: il Tribunale visita e ispeziona la tomba, le stanze, ecc. dove
possono essere segni di culto al Servo di Dio – ciascuna visita è una Sessione
dell’Inchiesta.
Eventuali questioni:
- gli “incorruttibili”: l’incorruttibilità non fu mai considerata necessaria per
la canonizzazione. In una Causa viene studiata soltanto la santità del Servo di
Dio: martirio, virtù eroiche o offerta della vita.
- non esistono gli “incorruttibili” tranne il nostro Signore Gesù Cristo (con
la Sua Risurrezione) e la Beata Vergine Maria (con la sua Assunzione);
73
- è proibito estrarre “reliquie” (definizione: parte del corpo del Beato o del
Santo) dai resti mortali (definizione: parte del corpo del Venerabile Servo di Dio
o del Servo di Dio) se non è prossima la sua beatificazione.
2. Procedura prossima
1. Pubblicazione della Dichiarazione sul non culto
1. la Dichiarazione sul non culto è un documento in sé stante diverso dalla
relazione/verbale delle visite; essa che dichiara esplicitamente l’assenza
di qualsiasi segno di culto illegittimo al Servo di Dio;
2. il testo viene preparato dal Notaio dell’Inchiesta
3. la Dichiarazione viene sottoscritta dal Delegato Episcopale e dal
Promotore di Giustizia
2. La Dichiarazione deve essere inserita tra gli atti di una Sessione
dell’Inchiesta dal Delegato Episcopale.
N. 29a: Completati gli atti istruttori: gli atti istruttori sono quegli atti
giuridico-canonici compiuti in ottemperanza alle Normae Servandae: (1) il
completamento della fase iniziale dell’Inchiesta (nn. 1-11); (2) la raccolta delle
prove documentali (nn. 13-14) e quelle testificali (nn. 15-26); (3) la pubblicazione
degli atti (n. 27b-c) e la pubblicazione della Dichiarazione sul non culto (n. 28),
il Vescovo o il delegato ordini che sia fatta una copia conforme, a meno che, per
provati motivi, abbia già permesso di prepararla durante la fase istruttoria.
N. 29b: La copia conforme sia trascritta dagli atti originali e sia fatta in
duplice esemplare.
Osservazioni Preliminari
1. Terminologia
Gli atti dell’Inchiesta sono gli atti canonici compiuti dal Delegato
Episcopale alla presenza del Promotore di Giustizia e verbalizzati dal Notaio
durante le Sessioni dell’Inchiesta:
74
2. La formulazione del n. 29
- rispecchia piuttosto la procedura utilizzata prima
dell’invenzione di fotocopiatrici e di computers: (1) l’Archetipo fu
preparato dal Notaio del Processo; (2) il Transunto dell’Archetipo fu
trascritto a mano dal Copista e inviato al Dicastero; (3) infine, la
Cancelleria del Dicastero, sotto la direzione del Cancelliere, preparava
la Copia Pubblica dal Transunto.
N.B.: la Cancelleria, come ufficio del Dicastero, fu abolita nel 1983; ma è
tutt’ora de facto esistente: un Officiale del Dicastero, incaricato dal Prefetto, è
responsabile per la preparazione definitiva del Transunto e della Copia Pubblica.
(che saranno inviate al Dicastero) agli atti originali che rimarranno nell’archivio
della diocesi o dell’eparchia.
1. Osservazioni preliminari
1. Dopo la dichiarazione dell’autenticità del Transunto da parte del Delegato
Episcopale, vengono celebrate le Sessioni del Tribunale per il confronto del
Transunto con l’Archetipo, ossia la verifica che il Transunto è totalmente fedele
all’Archetipo.
[Il n. 29b stabilisce: “Fatta la copia conforme, sia confrontata con l’originale
…”. La norma suggerisce la creazione simultanea del Transunto e della Copia
Pubblica perché la copia conforme all’originale viene effettuata in duplice
esemplare (n. 29b).]
2. Il confronto del Transunto con l'Archetipo viene effettuato in modo
canonicamente sancito dal Tribunale ed è denominato, per antichissima
tradizione, come la “Collatio et Auscultatio” degli atti dell’Inchiesta:
Collatio (Collazione): uguale numerazione dei fogli del Transunto e della
Copia Pubblica con l'Archetipo;
77
autentica canonica del confronto che evidenzia l’assoluta e totale fedeltà del
Transunto e della Copia Pubblica con l’Archetipo (n. 25b).
2. Mezzo di invio
- “per via sicura”: posta normale – difficoltà doganali; tramite il plico
diplomatico della Nunziatura Apostolica
N.B.: Il testo delle norme stabilite per l’Inchiesta diocesana o eparchiale sul
miracolo si trova nell’Appendice di questi Appunti.
82
Osservazioni generali
2. Norma generale
“L’Inchiesta sui miracoli dev’essere istruita separatamente dall’Inchiesta
sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio e si svolga secondo le norme che
seguono” (n. 32)
1. L’Inchiesta sul miracolo deve essere istruita separatamente dall’Inchiesta
sulle virtù o sull’offerta della vita
- la norma aggiunge: o sul martirio: attualmente il miracolo non è richiesto
per la beatificazione di un martire
2. gli atti devono essere separati e distinti da quelli sulle virtù o sull’offerta
della vita (separati e distinti Archetipo, Transunto e Copia Pubblica)
3. gli stessi Officiali (il Tribunale), nominati per l’Inchiesta sulle virtù
eroiche o sull’offerta della vita possono svolgere gli stessi Offici per l’Inchiesta
sul miracolo, con diversi e separati “Decreti di nomina”
4. l’Inchiesta sul miracolo può essere istruita parallelamente
e
contemporaneamente a quella sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita
6. Le prove si desumono:
1. da fonti scritte o documentali: cartelle cliniche, referti medici, esami
clinici (radiografie, TAC, piastrine, ecc.): sono essenziali per stabilire il fumus
boni iuris
- Interpretazione autentica del 3 giugno 2014 del Pontificio Consiglio per i
Testi Legislativi riguardante il valore giuridico da attribuire ai documenti
tecnologici odierni (celluloide, magnetico o elettronico): nell'apparato
probatorio di una causa di canonizzazione (nella fase diocesana e anche
romana), possono essere ammessi documenti su un supporto celluloide,
magnetico o elettronico, purché siano stati inseriti negli atti processuali dopo
che il giudice abbia accertato la loro utilità, affidabilità e assenza di
manipolazioni.
In modo particolare, pressoché esclusivo, questa norma va applicata
all'Inchiesta sul miracolo, in cui si presentano come prove documentali le cartelle
cliniche, gli esami clinico-medici, ad es., risonanza magnetica, ecografia,
radiografia, piastrine, ecc.
N.B.: L’esperienza insegna, invece, che giova al buon esito dello studio del
caso e all’istruzione dell’Inchiesta se tale relazione fosse piuttosto molto
dettagliata (senza badare alla sua lunghezza)!
1. Attore – Postulatore
- sono già stabiliti perché l’Inchiesta sulle virtù eroiche o sull’offerta della
vita del Servo di Dio è stata già iniziata;
- se la Causa è in fase romana: poiché il Postulatore della fase romana della
Causa deve avere residenza fissa a Roma, è opportuno nominare un
VicePostulatore per la fase diocesana o eparchiale per l’Inchiesta sul miracolo
2. Vescovo competente: n. 5b
- territorio dove è avvenuto il miracolo o il fatto prodigioso (stesso principio
guida: si istruisce l’Inchiesta dove sono le prove, fino a prova contraria)
- non poche volte il miracolo accade in una diocesi/eparchia diversa da
quella ove si sta istruendo la Causa;
- eventuale trasferimento del foro della competenza: viene applicata la stessa
norma del n. 5a (l’istanza del Vescovo ad quem, evidenziando le circostanze
particolari che consigliano il trasferimento della competenza, allegato il consenso
scritto del Vescovo a quo (de iure competente); il rescritto di trasferimento del
Dicastero)
87
3. Fase della Raccolta delle prove testificali: nn. 33b (con rimando ai nn. 15a,
16-18 e 21-24)
3. Dichiarazioni Scritte: n. 24
- quanto evidenziato sopra per l’Inchiesta sul martirio, sulle virtù eroiche o
sull’offerta della vita viene osservato nell’Inchiesta sul miracolo
Osservazioni preliminari
90
1. Legge fondamentale
- non è permesso alcun segno di culto pubblico al Servo di Dio non ancora
beatificato dal Sommo Pontefice (Decreti di Urbano VIII); cfr. anche Normae
servandae, n. 36.
anni dopo la CCI del 1634), osserva che “non esiste una Causa di un antico Beato
al quale non è stato confermato Missa et Officium”.
3. Problema teologico: la massima forma di culto, Missa et Officium,
fu confermata o concessa dal Sommo Pontefice senza l’approvazione
dell’essenza della santità: martirio o eroicità delle virtù del Servo di Dio!
3. Attuale legislazione
In considerazione della situazione attuale ove ci sono antichi Beati che sono
già in possesso della massima forma di culto (un gruppo di numero ristretto di
Cause!) e quelli che non lo sono, vengono presentate due eventuali possibilità:
1. “Decreto della Conferma di culto” non è ancora pubblicato: Art. 33
Art. 33: § 1. Nel caso di un cosiddetto antico Beato, cioè di un Servo di
Dio che è oggetto di culto da tempo immemorabile secondo i Decreti di Urbano
VIII, ai fini della conferma di culto il Vescovo procede secondo le Normae
servandae stabilite per le cause antiche. § 2. Il postulatore presenta al Vescovo
il libello di domanda unitamente alla documentazione come richiesto per le cause
antiche.
Si ribadisce la norma generale per tutte le Cause degli antichi Beati:
§ 1. La Causa segue la procedura di una Causa antica, in quanto ex ipsa
natura la Causa è antica secondo n. 7: “… le prove relative al martirio o alle
virtù o all’offerta della vita (e anche al culto antico) possono desumersi solo da
fonti scritte (prove documentali).
§ 2. Il Vescovo e il Postulatore, pertanto, devono agire secondo le
rispettive norme.
2. Beatificazione equipollente
- promulgati il “Decreto della Conferma di culto” e quello sul martirio,
sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita, l’antico Beato è beatificato
equipollentemente a quelli beatificati formalmente.
4. Canonizzazione equipollente
- vengono invocati gli stessi concetti come per la beatificazione equipollente:
il Servo di Dio è chiamato "Santo" (Servus Dei Sanctus nuncupatus): da tempo
immemorabile è oggetto di culto come Santo; la procedura è quella indicata sopra.
95
APPENDICI
GIOVANNI PAOLO
VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
A PERPETUA MEMORIA
1
Const. dogm. Lumen Gentium, n. 40.
2
Cfr. ibid., n. 50.
3
Const. Apost. Immensa Aeterni Dei, diei 22 ianuarii 1588. Cfr. Bullarium Romanum, ed. Taurinensis, t.
VIII, pp. 985-999.
97
4
Litt. Apost. Caelestis Hierusalem Cives, diei 5 iulii 1634; Urbani VIII P.O.M. Decreta servanda in
beatificatione et canonizatione Sanctorum, diei 12 martii 1642.
5
Acta Apostolicae Sedis 22 (1930), pp. 87-88.
6
Acta Apostolicae Sedis 31 (1939), pp. 174-175.
7
Acta Apostolicae Sedis 61 (1969), pp. 149-153. 8
Ibid., nn. 3-4.
8
Acta Apostolicae Sedis 61 (1969), pp. 297-305.
98
……
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 gennaio 1983, anno quinto del Nostro
Pontificato.
13. Se il Vescovo intende iniziare la causa, chieda circa gli scritti editi
del Servo di Dio il voto di due censori teologi; questi riferiscano se in tali scritti
c'è qualcosa di contrario alla fede e ai buoni costumi [2].
14. a) Se i voti dei censori teologi sono favorevoli, il Vescovo ordina
che vengano raccolti tutti gli scritti del Servo di Dio non ancora pubblicati,
come pure tutti e singoli i documenti storici sia manoscritti sia stampati
riguardanti in qualunque modo la causa [3].
b) Nel fare tale ricerca, soprattutto quando si tratta di cause
antiche,
siano incaricati esperti in storia e archivistica.
c) Adempiuto l'incarico, gli esperti presentino al Vescovo,
assieme con gli scritti raccolti, una diligente e distinta relazione, nella
quale riferiscano e garantiscano d'aver adempiuto fedelmente il loro
compito, uniscano un elenco degli scritti e dei documenti, esprimano un
giudizio circa l'autenticità e il valore di essi, come pure circa la
personalità del Servo di Dio, quale si desume dagli stessi scritti e
documenti.
15. a) Ricevuta la relazione, il Vescovo consegni al promotore di
giustizia o ad un altro esperto tutto ciò che è stato acquisito fino a quel
momento, affinché possa preparare gli interrogatori utili ad indagare e mettere
in luce la verità circa la vita, le virtù, l’offerta della vita o il martirio, la fama di
santità, di offerta della vita o di martirio del Servo di Dio.
b) Nelle cause antiche gli interrogatori riguardino soltanto la
fama di santità, di offerta della vita o di martirio ancora presente e, se è
il caso, il culto reso al Servo di Dio in tempi più recenti.
c) Nel frattempo il Vescovo invii alla Congregazione per le
Cause dei Santi una breve relazione sulla vita del Servo di Dio e
sull'importanza della causa, per vedere se da parte della Santa Sede ci sia
qualcosa in contrario alla Causa.
16. a) Quindi il Vescovo o il suo delegato esamini i testimoni
presentati dal postulatore e gli altri che devono essere interrogati d'ufficio,
assistito da un notaio che trascrive le dichiarazioni di chi depone, il quale alla
fine deve confermarle.
Ma se urge l'esame dei testimoni perché non vadano perdute le prove,
essi devono essere interrogati anche prima che si completi la ricerca dei
documenti [4].
b) All'esame dei testimoni partecipi il promotore di giustizia;
qualora questi non fosse stato presente, gli atti vengano poi sottoposti al
103
Roma, dalla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, 7 febbraio 1983.
Traiano Crisan
Arciv. tit. di Drivasto
Segretario
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri
amici” (Gv 15, 13).
Sono degni di speciale considerazione ed onore quei cristiani che,
seguendo più da vicino le orme e gli insegnamenti del Signore Gesù, hanno
offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri ed hanno perseverato
fino alla morte in questo proposito.
È certo che l’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità,
esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo e, pertanto, è
meritevole di quella ammirazione che la comunità dei fedeli è solita riservare a
coloro che volontariamente hanno accettato il martirio di sangue o hanno
esercitato in grado eroico le virtù cristiane.
Con il conforto del parere favorevole espresso dalla Congregazione delle
Cause dei Santi, che nella Sessione Plenaria del 27 settembre 2016 ha
attentamente studiato se questi cristiani meritino la beatificazione, stabilisco
che siano osservate le norme seguenti:
Art. 1
Art. 2
Art. 3
Art. 4
Art. 5
Art. 1:
“Ai Vescovi diocesani, agli Eparchi e a quanti ad essi sono equiparati dal
diritto, nell’ambito della loro giurisdizione, sia d'ufficio, sia ad istanza dei
109
Art. 2,5:
“L’Inchiesta sui presunti miracoli si faccia separatamente da quella sulle
virtù, sull’offerta della vita o sul martirio”.
Art. 7,1:
“studiare le cause loro affidate con i collaboratori esterni e preparare le
Positiones sulle virtù, sull’offerta della vita o sul martirio”.
Art. 13,2:
“Se il Congresso giudicherà che la causa è stata istruita secondo le norme
di legge, stabilirà di affidarla a uno dei Relatori; il Relatore, a sua volta,
aiutato da un collaboratore esterno, farà la Positio sulle virtù, sull’offerta
della vita o sul martirio, secondo le regole della critica agiografica”.
ART. 6
Art. 7:
“La causa può essere recente o antica; è detta recente, se il martirio, le
virtù o l’offerta della vita del Servo di Dio possono essere provati attraverso
le deposizioni orali di testimoni oculari; è detta antica quando le prove relative
al martirio o le virtù possono essere desunte soltanto da fonti scritte”.
Art. 10,1°:
“nelle cause sia recenti che antiche, una biografia di un certo valore
storico sul Servo di Dio, se esiste, o, in mancanza di questa, un'accurata
relazione cronologica sulla vita e le attività del Servo di Dio, sulle virtù o
sull’offerta della vita o sul martirio, sulla fama di santità e di miracoli, senza
omettere ciò che pare contrario o meno favorevole alla causa stessa”.
110
Art. 10,3°:
“solo nelle cause recenti, un elenco delle persone che possono contribuire
a esplorare la verità sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio del Servo
di Dio, come pure sulla fama di santità e di miracoli, oppure impugnarla”.
Art. 15, a:
“Ricevuta la relazione, il Vescovo consegni al promotore di giustizia o ad
un altro esperto tutto ciò che è stato acquisito fino a quel momento, affinché
possa preparare gli interrogatori utili ad indagare e mettere in luce la verità
circa la vita, le virtù, l’offerta della vita o il martirio, la fama di santità, di
offerta della vita o di martirio del Servo di Dio”.
Art. 15, b:
“Nelle cause antiche gli interrogatori riguardino soltanto la fama di
santità, di offerta della vita o di martirio ancora presente e, se è il caso, il culto
reso al Servo di Dio in tempi più recenti”.
Art. 19:
“A provare il martirio, l'esercizio delle virtù o l’offerta della vita e la fama
dei miracoli di un Servo di Dio che sia appartenuto a qualche istituto di vita
consacrata, i testimoni presentati devono essere, in parte notevole, estranei; a
meno che ciò sia impossibile, a motivo della particolare vita del Servo di Dio”.
Art. 32:
“L'inchiesta sui miracoli dev’essere istruita separatamente dall'inchiesta
sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio e si svolga secondo le norme
che seguono”.
Art. 36:
“Sono proibite nelle chiese le celebrazioni di qualunque genere o i
panegirici sui Servi di Dio, la cui santità di vita è tuttora soggetta a legittimo
esame. Ma anche fuori della chiesa bisogna astenersi da quegli atti che
potrebbero indurre i fedeli a ritenere a torto che l'inchiesta, fatta dal vescovo
sulla vita e sulle virtù, sul martirio o sull’offerta della vita del Servo di Dio,
comporti la certezza della futura canonizzazione dello stesso Servo di Dio”.
Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu
proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa
111
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 11 luglio, quinto del Nostro
Pontificato.
Francesco
Studio
Postulatore di fare un resoconto della sua gestione dei fondi, sia all’Attore della
Causa che alla Congregazione delle Cause dei Santi.
In conformità a questa normativa, la Segreteria di Stato, con lettera del 20
agosto 1983, comunicò alla Congregazione l’approvazione, da parte di Giovanni
Paolo II, delle Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause di
canonizzazione. Esse regolano la gestione dei beni della Causa che deve essere
eseguita ex iustitia verso i donatori.
A motivo della nuova situazione geopolitica del mondo e dell’esperienza della
Congregazione, nell’udienza concessa all’Em.mo Segretario di Stato il 4 marzo
2016, Papa Francesco ha approvato, ad experimentum per tre anni a partire dalla
data di pubblicazione, le Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause di
beatificazione e canonizzazione, abrogando ogni altra norma contraria. Nella
premessa del nuovo testo normativo viene messo in evidenza che le “Cause di
beatificazione e canonizzazione, che per la loro complessità richiedono molto
lavoro, comportano spese per la divulgazione della conoscenza della figura del
Servo di Dio o Beato, per l’Inchiesta diocesana o eparchiale, per la fase romana
e, infine, per le cerimonie di beatificazione o canonizzazione. Per quanto riguarda
la fase romana, la Sede Apostolica, data la natura peculiare di bene pubblico delle
Cause, ne sostiene i costi, a cui gli Attori partecipano tramite un contributo, e
vigila perché gli onorari e le spese siano contenuti e tali da non ostacolarne il
proseguimento”. Questo incipit al testo è di rilievo per meglio inquadrare la
materia oggetto della normativa.
La nuova norma prevede che l’Attore, dopo l’accettazione del Libello di
domanda, costituisca un fondo di beni per le spese della Causa. Detto fondo,
proveniente da offerte sia di persone fisiche sia di persone giuridiche, viene
considerato, a motivo della sua natura particolare, “fondo di Causa pia”. È dunque
la stessa norma a stabilire con estrema chiarezza che i fondi delle Cause sono
fondi di Causa pia, togliendo cosí in via definitiva ogni dubbio su questo
proposito.
Inoltre, è stata introdotta la figura dell’Amministratore del fondo che l’Attore
nomina con il consenso del Vescovo o dell’Eparca. Il Postulatore Generale può
svolgere l’incarico di Amministratore. Per le Cause già pendenti nella fase
romana, il Postulatore comunica alla Congregazione delle Cause dei Santi la
nomina dell’Amministratore. Viene cosí a mancare l’affidamento di diritto al
Postulatore di amministrare i beni della Causa, in conformità con le Normae
Servandae n. 3c.
Sul modo di amministrare il fondo, la normativa ora promulgata dispone che
l’Amministratore è tenuto ad osservare le norme riguardanti l’amministrazione
113
dei beni delle Cause pie (o le pie volontà dei fedeli)9. Sono fondamentali i principi
che affermano che i beni della Chiesa devono essere destinati per gli scopi per i
quali essi sono stati dati (Codice di Diritto Canonico 1983 canone 1267). Le
volontà dei fedeli devono essere adempiute anche nel modo da essi stabilito
(Codice di Diritto Canonico 1983 canone 1300).
Dal momento che l’Amministratore gestisce un bene pubblico ecclesiastico –
le Cause pie appunto – sembra opportuno fare un rinvio alla normativa generale
prevista dal Codice di Diritto Canonico che precisa i compiti degli amministratori
in modo generale nei canoni 1273-1289. Compiti specifici degli amministratori
sono elencati particolarmente nei canoni 1279-1289. Il canone 1282 ricorda che
quanti amministrano i beni ecclesiastici, devono adempiere il loro ufficio a nome
della Chiesa, ad normam iuris; il canone 1283 precisa gli obblighi degli
amministratori prima di assumere il loro ufficio10, e il canone 1284, gli obblighi
assai importanti e dettagliati, che essi hanno come amministratori; il canone 1289
impone l’obbligo di non abbandonare il loro ufficio in modo arbitrario, pena
l’obbligo di risarcire la Chiesa dei danni che potrebbero conseguirne.
Le competenze ordinarie che rientrano nell’ufficio dell’economo (qui da
intendersi, ex ipsa rei natura, l’Amministratore) sono quelle
dell’amministrazione ordinaria.
Si consideri inoltre che, benché l’Amministratore sia colui che detiene
l’amministrazione dei beni, la responsabilità ultima spetterà tuttavia al legale
rappresentante del soggetto giuridico (da intendersi quest’ultimo con l’Attore)11.
L’ente giuridico, infatti, costituitosi Attore e riconosciuto come tale dalla
competente autorità ecclesiastica, necessita, secondo la nuova normativa e
secondo l’ordinamento canonico in generale, della figura di un Amministratore,
il quale deve operare, però, sotto la responsabilità dello stesso.
9
Codice di Diritto Canonico 1983 canoni 1282; 1284-1289; 1299-1310; Codice dei Canoni delle Chiese
Orientali canoni 1020 §§1-2; 1028-1033; 1043-1054.
10
Nello specifico il canone prevede che gli amministratori devono garantire con giuramento avanti
all’Ordinario - o ad un suo delegato - di svolgere onestamente e fedelmente le funzioni amministrative.
Anche se le nuove norme non dicono nulla a questo riguardo, sembra evidente che l’applicazione del
dettame normativo del canone 1283 sia assolutamente norma imprescindibile e che vada applicato in forza
del canone 1403 §2.
11
Nel caso di attori costituiti da persone fisiche, sarà la persona stessa; mentre, nel caso di persone
giuridiche, civili e/o canoniche, è il legale rappresentante (Presidente, Vescovo, Superiore, ecc.).
114
12
L’autorità competente a vigilare, per la fase diocesana o eparchiale e per quella romana, è: a) il Vescovo
diocesano, l’Eparca o chi ad essi è equiparato dal diritto, nell’ambito della sua giurisdizione (cfr. Codice di
Diritto Canonico 1983 canone 1276; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali canone 1022); b) il
Superiore Maggiore per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, nell’ambito della sua
giurisdizione; c) altra autorità ecclesiastica.
13
Codice di Diritto Canonico 1983 canoni 1267 §3 e 1300; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali canoni
1016 e 1044.
14
Le Postulazioni Generali tengono distinte le contabilità delle singole cause (cfr. n. 6 delle Norme
sull’amministrazione dei beni delle Cause di beatificazione e canonizzazione).
115
35. La copia conforme dell'inchiesta assieme ai documenti allegati sia inviata alla
sacra congregazione, secondo quanto stabilito ai nn. 29-31.
29. a) Completati gli atti istruttori, il vescovo o il delegato ordini
che sia redatta una copia conforme, a meno che, considerate le
119
N.B.: Qui vengono elencate le norme da osservarsi che non sono menzionate tra
quelle sopra.
3. Inchiesta Rogatoriale
26. a) Se le indagini sui documenti o sui testimoni devono essere svolte in altra
diocesi, il vescovo o il delegato mandi una lettera al vescovo competente, il quale
procederà secondo le norme qui stabilite.
b) Gli atti di tale inchiesta siano conservati nell'archivio della curia, ma una copia
redatta a norma dei nn. 29-30 sia mandata al vescovo richiedente.
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fruhen Christentum bis zur Gegenwart, München 1994.
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