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LE CAUSE DI CANONIZZAZIONE

APPUNTI

prof. dott. Robert J. Sarno

Pontificia Università Urbaniana

2021
2

INDICE

OSSERVAZIONI PRELIMINARI 6
CAPITOLO I. Legislazione nelle Cause dei Santi 7
1. La Legislazione nelle Cause dei Santi dal 1917 al 1983 7
1. Codice di Diritto Canonico
2. Motu proprio Già da qualche tempo
3. Normae servandae in construendis Processibus Ordinariis super causis
historicis
4. Nihil obstat (nulla osta) del Sant’Uffizio
5. Lettera Apostolica Sanctitas clarior
6. Costituzione Apostolica Sacra Rituum Congregatio
2. Legislazione nelle Cause dei Santi del 1983 10
1. Codice di Diritto Canonico
2. Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister
3. Normae servandae in Inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis
Sanctorum
4. Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause
3. Legislazione nelle Cause dei Santi dopo il 1983 13
1. Costituzione Apostolica Pastor bonus
2. Codice dei Canoni delle Chiese Orientali
3. Istruzione Sanctorum Mater
4. Interpretazione autentica del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi
5. Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause di Beatificazione e
Canonizzazione
6. Motu proprio Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae
7. Istruzione Le Reliquie nella Chiesa: Autenticità e Conservazione
4. Osservazioni conclusive 16
CAPITOLO II. Elementi teologici e canonici di una Causa 17
1. Iter (via) di una Causa di Canonizzazione 17
1. Beatificazione dei Servi di Dio
1. Causa che procede sul martirio
2. Causa che procede sulle virtù eroiche (sull’eroicità delle virtù)
3. Causa che procede sull’offerta della vita
2. Canonizzazione dei Beati
2. Definizione di una Causa di Canonizzazione 29
3. Definizione dell’Inchiesta diocesana o eparchiale 29
4. Due (2) Fasi di una Causa di Canonizzazione 31
3

5. Quattro (4) Fasi dell’Inchiesta diocesana o eparchiale 31


6. Compito del Vescovo [Delegato Episcopale] 31
7. Elementi richiesti per l’inizio della Causa 32
1. Fama di santità: martirio, virtù eroiche od offerta della vita
2. Fama di segni: grazie, favori, miracoli
8. Dubbio (oggetto) dell'Inchiesta 33
9. Osservazioni conclusive 34
CAPITOLO III. Inchiesta su martirio, virtù eroiche e offerta della vita 35
Premesse 35
Fase preliminare all’inizio della Causa 35
I. Fase iniziale dell'Inchiesta 36
1. Attore della Causa
2. Postulatore della Causa
3. Vice-Postulatore della Causa
4. Amministratore del “Fondo di Beni” della Causa
5. Vescovo competente
6. Libello di domanda del Postulatore
7. Le tre (3) Consultazioni prima di iniziare la Causa
1. Con la Conferenza Episcopale
2. Con i Fedeli
3. Con la Santa Sede
Excursus sul “nulla osta della Santa Sede”
8. Eventuale ostacolo contro la Causa
9. Pubblicazione del “Decreto dell’Inizio della Causa”
10. Prima Sessione o Sessione di Apertura dell’Inchiesta
Excursus sull’Articolo 89 dell’istruzione Sanctorum Mater
II. Fase della raccolta delle prove documentali 49
1. Scritti pubblicati (editi) del Servo di Dio - Censori Teologi
4

Excursus sull’esame degli scritti


2. Scritti non ancora pubblicati (inediti) e altri documenti –
Commissione Storica
III. Fase della raccolta delle prove testificali 53
Premessa 53
1. Gli Interrogatori (domande) per i testi 54
2. Eccezione alla procedura: ne pereant probationes
3. Tre (3) tipi di testi
4. Escussione (ascolto) dei testi (testimoni)
5. Testi non ammessi a testimoniare
6. Autentica (conferma) delle prove
7. Dichiarazione scritta
8. Inchiesta Rogatoriale
Excursus sull’Inchiesta Rogatoriale
9. Traduzione degli atti dell’Inchiesta
IV. Fase finale dell'Inchiesta 62
1. Completamento degli atti istruttori dell’Inchiesta 62
1. Pubblicazione degli atti dell’Inchiesta
2. Pubblicazione della Dichiarazione sul non culto
Excursus sul culto pubblico (ecclesiastico)
2. Chiusura dell’Inchiesta 67
1. Confezione delle due copie degli atti originali
1. Confezione dell’Archetipo dell’Inchiesta
2. Confezione del Transunto dell’Archetipo
3. Confronto del Transunto con l’Archetipo
4. Confezione della Copia Pubblica
5

5. Procedura alternativa
2. Celebrazione della Sessione di Chiusura dell’Inchiesta
3. Chiusura e invio degli atti dell’Inchiesta 72
1. Conservazione dell’Archetipo
2. Invio degli atti al Dicastero
1. Materiale da inviare (chiuso e sigillato dentro i pacchi)
2. Mezzo di invio
3. Materiale da inviare (esterno ai pacchi)
1. Iscrizione Esterna
2. Busta della(e) Lettera(e)
3. Strumento di Chiusura
CAPITOLO IV. Inchiesta sul Miracolo 75
Osservazioni generali 75
1. Elementi teologici e canonici dell’Inchiesta sul miracolo
1. Le Norme che reggono l’Inchiesta sul miracolo
2. Norma generale
3. Tempo del miracolo
4. Dubbio (oggetto) dell'Inchiesta sul miracolo
5. Elementi costitutivi del miracolo
6. Le prove
2. Inchiesta diocesana o eparchiale 77
1. Fase preliminare all'inizio dell’Inchiesta 77
2. Fase iniziale dell'Inchiesta 79
1. Attore – Postulatore
2. Vescovo competente
6

3. Presentazione “fisica” del Libello di domanda


4. Stabilire il fumus boni iuris
5. Accettazione “canonica” del Libello
6. Celebrazione della Prima Sessione o Sessione di Apertura
3. Fase della raccolta delle prove testificali 81
1. Gli Interrogatori per i testi
2. Escussione dei testi
3. Dichiarazioni Scritte
4. Altre norme da osservarsi nell’Inchiesta
4. Fase finale dell'Inchiesta 82
CAPITOLO V. Beatificazione e canonizzazione equipollenti 83
1. Osservazioni preliminari 83
1. Legge fondamentale
2. Definizione della beatificazione
3. Le due (2) procedure per la Beatificazione
2. Storia della questione 84
1. Decretali di Gregorio IX: 1234
2. Coelestis Cives Ierusalem: 1634
3. Prassi contra legem: 1634 – 1917
4. Codice di Diritto Canonico: 1917
5. Prassi del Dicastero dal 1917 al 1983
3. Attuale legislazione 85
1. Divinus perfectionis Magister: 1983
2. Istruzione Sanctorum Mater: 2007
1. “Decreto della Conferma di Culto” non ancora pubblicato
2. “Decreto della Conferma di Culto” già pubblicato
7

3. Canonizzazione degli antichi Beati


4. Canonizzazione equipollente 87

APPENDICI 88
1. Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister 88
2. Normae servandae in Inquisitionibus ab Episcopis faciendis
in Causis Sanctorum 92
3. Motu proprio Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae 99
4. Studio del prof. dott. Waldery Hilgeman: Norme sull’amministrazione
dei Beni delle Cause di Beatificazione e Canonizzazione 103
4. Norme particolari da osservarsi per l’Inchiesta sul miracolo 108
5. Altre Norme da osservarsi per l’Inchiesta sul miracolo 110

BIBLIOGRAFIA 112

Osservazioni preliminari

1. Questi appunti si limitano allo studio della legislazione, promulgata nelle


Cause dei Santi, e della prassi attuale della Congregazione delle Cause dei Santi
riguardanti la fase diocesana o eparchiale di una Causa di Canonizzazione,
tralasciando la sua fase romana.
8

2. In questi appunti, le voci “Congregazione” e “Dicastero” sono


scambievoli.

3. Qualora si parla di una “Causa di Canonizzazione”, si tratta della fine della


procedura, ossia la canonizzazione intesa, dal punto di vista canonico, come la
sentenza definitiva del Sommo Pontefice circa la santità del Servo di Dio.
Nel parlare di una Causa di Canonizzazione sono ovviamente intese le prime
due tappe della medesima Causa, ossia: (1) la dichiarazione della venerabilità del
Servo di Dio, in quanto giudicato dal Sommo Pontefice come autentico e vero
Martire (a causa della sua uccisione in odio alla Fede) o autentico e vero
Confessore (a causa delle sue virtù eroiche o della sua offerta della vita propter
caritatem), nonché (2) la beatificazione (formale o equipollente) del Servo di Dio,
quest’ultima tappa essendo la prima concessione pontificia di culto pubblico ed
ecclesiastico.

4. Questi appunti trattano dei seguenti temi: (1) legislazione nelle Cause dei
Santi dal Codice di Diritto Canonico del 1917 fino ad oggi; (2) elementi teologici
e canonici di una Causa di Canonizzazione; (3) Inchiesta su martirio, virtù eroiche
od offerta della vita del Servo di Dio; (4) Inchiesta sul miracolo e, infine, (5)
beatificazione e canonizzazione equipollenti.

5. Alla fine degli appunti vengono aggiunti i diversi testi legislativi necessari
per lo studio della materia e una bibliografia.

CAPITOLO I Legislazione nelle Cause dei Santi

1. Legislazione nelle Cause dei Santi dal 1917 al 1983

1. Codice di Diritto Canonico

Il lavoro sul Codice di Diritto Canonico, chiamato anche il Codice


pianobenedettino, fu iniziato da Pio X. Il Codice, promulgato da Benedetto XV
nel 1917, contiene la codificazione di tutte le norme allora vigenti nelle Cause dei
Santi.
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Le norme riguardanti le Cause di Canonizzazione sono inserite, dal canone


1999 al canone 2141, del IV° Libro, De Processibus: Pars Secunda: De Causis
Beatificationis Servorum Dei et Canonizationis Beatorum.
Si distinguono 2 categorie o tipi di Cause:
1. Cause che procedono per via di non culto (per viam non cultus): sono le
Cause che proseguono con procedura formale o normale: il Servo di Dio non è
oggetto di culto. In tali Cause, la procedura è la seguente:
a. il Vescovo istruisce 3 Processi Ordinari, ossia con potestà ordinaria:
1. Processo Informativo (Processus Informativus): sulla fama di santità,
di virtù in genere, o sulla fama di martirio, della causa di martirio, e di miracoli
del Servo di Dio (N.B.: il processo riguarda soltanto la fama goduta dal Servo di
Dio. Il Vescovo deve provare l’esistenza della fama, richiesta perché la Sede
Apostolica dia inizio formale alla Causa con la pubblicazione dell’apposito
Decreto.)
2. Processo sugli scritti (Processus diligentiarum): per la raccolta di gli
scritti del Servo di Dio
3. Processo sul non culto (Processus super non cultu) per stabilire che
la Causa segue l’iter della procedura formale o normale anziché quella della
beatificazione equipollente; tale Processo termina nella Sentenza Definitiva del
Giudice Delegato del Tribunale diocesano o eparchiale.
b. Dopo lo studio degli atti da parte del Dicastero e la conferma
dell’esistenza della fama del Servo di Dio, la Sede Apostolica pubblica il
“Decreto dell’Introduzione della Causa” (N.B.: il Sommo Pontefice firmava il
decreto con il nome di battesimo anziché quello da Pontefice!)
c. il Vescovo, con potestà apostolica, ossia della Sede Apostolica,
istruisce due Processi Apostolici: (1) sulla continuazione della fama, dalla quale
si soleva dispensare; e (2) sul martirio o sulle virtù eroiche in specie del Servo di
Dio.

2. Cause che procedono per via di culto (per viam cultus): sono le Cause
che proseguono con procedura equipollente: il Servo di Dio, chiamato Beato, è
già oggetto di culto pubblico da tempo immemorabile; sono le Cause dei
cosiddetti “antichi Beati” (beatificazione equipollente). In queste Cause, la
procedura è la seguente:
a. viene pubblicato il “Decreto sul fatto del culto” (della sua
esistenza),
attribuito da tempo immemorabile all’antico Beato;
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b. viene pubblicato il Decreto sul martirio o sulle virtù eroiche del


Beato.
c. pubblicati i due Decreti sopra menzionati, l’antico Beato è
considerato beatificato equipollentemente (equivalentemente) a quelli beatificati
con la procedura formale o normale.
d. con i miracoli richiesti dalla legge si procede alla canonizzazione
del
Beato. In effetti, l’antico Beato viene beatificato senza i miracoli richiesti per
quelli beatificati con la procedura formale o normale.

2. Motu proprio Già da qualche tempo

Il 6 febbraio 1930 Pio XI istituì l’Ufficio Storico-agiografico presso l’allora


Congregazione dei Sacri Riti per studiare le Cause “storiche” (le Cause che non
dispongono di testi oculari). Oggi tali Cause, invece, vengono chiamate “antiche”
perché tutte le Cause, antiche e recenti, hanno un aspetto “storico”.

3. Normae servandae in construendis Processibus Ordinariis super causis


historicis

Il 4 gennaio 1939 Pio XI cambiò la procedura per le Cause “storiche”: (1) il


Vescovo costituisce una Commissione Storica per la raccolta di tutte le prove
documentali nella Causa; (2) egli istruisce un solo Processo per l’escussione di
alcuni testimoni oculari sulla fama attuale o ancora presente del Servo di Dio.
(N.B.: questa procedura verrà, poi, estesa a tutte le Cause antiche e recenti, e
sarà la procedura adottata dalla legge del 1983!)

4. Il nihil obstat (nulla osta) del Sant’Uffizio

Nel 1940 Pio XII stabilì che, prima di procedere all’apertura degli atti dei
Processi Ordinari (sulla fama, sugli scritti e sul non culto) l’allora Congregazione
dei Sacri Riti deve chiedere il nihil obstat del Sant’Uffizio per verificare che non
c’è niente a carico del Servo di Dio che possa ostacolare il prosieguo della Causa.

5. Lettera Apostolica Sanctitas clarior


11

Il 19 marzo 1969 Paolo VI cercava di incorporare la teologia del Concilio


Vaticano II riguardo alla collegialità dei Vescovi e di venire incontro al desiderio
dei Vescovi per una maggiore agilità procedurale nelle Cause di Canonizzazione.
1. Sanctitas clarior concede al Vescovo il diritto di iniziare una Causa, previo
il nihil obstat della Santa Sede all’introduzione della Causa (nihil obstat ad
Causam introducendam); il nihil obstat della Santa Sede fu concesso dalla
Congregazione per le Cause dei Santi, competente in materia.
2. Per ottenere il nihil obstat ad Causam introducendam:
a. il Vescovo deve provare, con l’apposita documentazione,
l’esistenza della fama di martiro o di santità di vita e la fama di segni,
goduta dal Servo di
Dio;
b. il Dicastero deve chiedere il nihil obstat da parte della
Congregazione per la Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio). N.B.: questo
requisito, stabilito da Pio XII nel 1940, non è stato abolito con la nuova
procedura della Sanctitas clarior!
3. Per quanto riguarda l’istruzione del processo diocesano o eparchiale,
Sanctitas clarior ha esteso la riforma di Pio XI del 1939 per le Cause
storiche/antiche anche alle Cause recenti: il Vescovo istruisce, con potestà
ordinaria, un solo Processo, denominato il “Processo Cognizionale”, previo il
nihil obstat della Santa Sede all’introduzione della Causa.

Alcune Osservazioni

1. Sanctitas clarior esibisce una specie di “schizofrenia”, in quanto il


Vescovo ha il potere di introdurre la Causa ma soltanto con il permesso della
Santa Sede.
- La legge del 1983 elimina la necessità del nihil obstat all’introduzione della
Causa da parte della Santa Sede affinché il Vescovo possa introdurre la Causa
(cfr. DPM I.1)!
2. Sanctitas clarior ha creato una confusione con l’utilizzo dell’espressione
“nihil obstat”. In realtà, c’erano due diversi tipi di nihil obstat: (a) quello della
Congregazione per la Dottrina della Fede (un requisito all’interno della
Congregazione delle Cause dei Santi e non menzionato nella Sanctitas clarior)
che era previo alla concessione del (b) nihil obstat all’introduzione della Causa
affinché il Vescovo possa introdurre la Causa.
- La legge del 1983 cambierà radicalmente questa norma: viene eliminato il
“nihil obstat” all’introduzione della Causa da parte della Santa Sede e viene
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mantenuto, invece, il nihil obstat della Santa Sede (cfr. Normae servandae, n.
15b) secondo la decisione di Pio XII, ossia una semplice dichiarazione da parte
della Santa Sede che non c’è un nulla a carico del Servo di Dio che ostacola il
prosieguo della Causa.

6. Costituzione Apostolica Sacra Rituum Congregatio

L’8 maggio 1969 Paolo VI sopprime la Congregazione dei Sacri Riti, creando
la Sacra Congregazione per i Sacramenti e la Sacra Congregazione per le Cause
dei Santi, competente per la trattazione delle Cause di Canonizzazione.

2. Legislazione nelle Cause dei Santi del 1983

1. Codice di Diritto Canonico

Il 25 gennaio 1983 Giovanni Paolo II ha promulgato il nuovo Codice di Diritto


Canonico che tratta delle Cause di Canonizzazione solo nel canone 1403:
§ 1. Le cause di canonizzazione dei Servi di Dio sono regolate da una
peculiare legge pontificia.
§ 2. Alle stesse Cause si applicano inoltre le disposizioni di questo Codice,
ogniqualvolta in quella legge si rinvia al diritto universale, o si tratta di norme
che per la natura stessa della cosa le riguardano.

Osservazioni giuridiche

1. Il Codice rappresenta un riordinamento totale (ex integro) della legge nelle


Cause dei Santi.
2. Con la promulgazione stessa del Codice, avvenuta il 25 gennaio 1983, tutte
le norme precedenti, incluse quelle nelle Cause dei Santi, sono state abrogate: il
Codice del 1917, la riforma di Pio XI del 1930 e del 1939, e la riforma di Paolo
VI del 1969.
3. Occorreva, pertanto, promulgare nella stessa data del 25 gennaio 1983, una
nuova legge nelle Cause dei Santi.

2. Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister

Il 25 gennaio 1983, nella stessa data della promulgazione del nuovo Codice,
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Giovanni Paolo II ha promulgato la “peculiare legge pontificia” nelle Cause dei


Santi, contenuta nella Costituzione Apostolica Il Divin Maestro e Modello di
perfezione.
La Costituzione è composta di una specie di Introduzione e della parte
legislativa, suddivisa in 3 parti di 16 norme; il n. 17 riguarda l’entrata del vigore
della nuova legge:

1. INTRODUZIONE: suddivisi in 2 sezioni e una frase conclusiva di portata


giuridico-canonica:
a. Sezione teologica: di 5 paragrafi che trattano della chiamata
universale alla santità; della santità “canonizzabile” o “canonizzata”, evidenziata
nel martirio o nelle virtù eroiche del Servo di Dio; infine, viene evidenziato lo
scopo della canonizzazione: i Santi canonizzati vengono proposti ai fedeli come
modelli (imitazione), secondo la dottrina della comunione dei Santi, essi
intercedono per i fedeli (intercessione) e sono onorati con il culto pubblico
(venerazione).
b. Sezione storica: di 6 paragrafi che presentano una breve cronistoria
dell'evoluzione della legislazione nelle Cause dei Santi da Sisto V a Paolo VI, e
l’importanza del Concilio Vaticano II nel campo.
c. Frase conclusiva: è una specie di introduzione alle seguenti parti
legislative della Costituzione: “Per il futuro, dunque, abrogate al riguardo tutte
le leggi di qualsiasi genere, stabiliamo che si osservino le norme che seguono.”
N.B.: i Decreti di Urbano VIII del 17° secolo che riguardano il culto, in quanto
esplicitamente menzionati nella Costituzione, sono tutt’ora vigenti.

2. PARTE LEGISLATIVA: suddivisa in 3 parti di 16 norme, evidenziando le


2 fasi di una Causa di Canonizzazione: Parte I: Fase diocesana (o eparchiale) e
Parte II e Parte III: Fase romana della Causa; il n. 17, infine, stabilisce la data
dell’entrata in vigore della Costituzione.
N.B.: la parola “eparchiale” viene inserita per tutti i riferimenti alla fase di una
Causa nella Chiesa locale con la pubblicazione dell’Istruzione Sanctorum Mater
nel 2007.

PARTE I: INCHIESTE AFFIDATE AI VESCOVI (nn. 1-2): evidenzia lo


schema generale della procedura nella fase diocesana o eparchiale:
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a. Il N. 1 tratta di chi ha il potere/diritto di iniziare la Causa e, di conseguenza,


di istruire l’Inchiesta diocesana o eparchiale: Ai Vescovi, agli Eparchi e quanti
ad essi sono equiparati dal diritto ... compete il diritto di investigare ...
N.B.: si evidenzia un radicale cambiamento di procedura dalle legislazioni
precedenti nelle Cause dei Santi: non è più la Santa Sede che inizia la Causa (1)
ai sensi del CIC 1917 con il “Decreto di Introduzione della Causa”; (2) ai sensi
della Sanctitas clarior del 1969, che lo fa il Vescovo, previo il “nihil obstat
all’introduzione della Causa” della Santa Sede!

[Domanda d’interpretazione della legge: Se questo è il punto di partenza della


nuova legge (il contesto), come viene interpreto il n. 15c (il testo) riguardante il
“nihil obstat” della Santa Sede” …?]

b. Il N. 2 stabilisce la procedura da seguire nella fase diocesana o epachiale di


una Causa di Canonizzazione: In tali inchieste il Vescovo proceda secondo le
Norme peculiari da emanarsi dalla Sacra Congregazione delle Cause dei Santi
... e con il seguente ordine.
Si evidenziano le 4 fasi dell’Inchiesta: (1) fase iniziale; (2) fase della raccolta
delle prove documentali; (3) fase della raccolta delle prove testificali; e, infine,
(4) fase finale, ossia (a) la chiusura definitiva dell’Inchiesta e (b) l’invio di due
copie degli atti originali dell’Inchiesta al Dicastero.

[N.B.: Le Parti II e III della Costituzione Apostolica trattaano rispettivamente


della struttura della Congregazione delle Cause dei Santi e della procedura da
seguire nella fase romana di una Causa di Canonizzazione. Esse non fanno parte
della materia di questo corso.]

3. Normae servandae in Inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis


Sanctorum

Il 7 febbraio 1983, in ottemperanza al N. 2 appena menzionato sopra (In tali


inchieste il Vescovo proceda secondo le Norme peculiari da emanarsi dalla
Sacra Congregazione delle Cause dei Santi ...), sono state pubblicate le 36 norme
che stabiliscono la procedura dell’Inchiesta sul martirio, sulle virtù eroiche e sul
miracolo, chiamate le Normae servandae.
N.B.: con la promulgazione della Lettera Apostolica Maiorem hac
dilectionem. De Oblatione Vitae l’11 luglio 2017, sono state riportate alcune
modifiche, sia alla Divinus perfectionis Magister sia alle Normae servandae,
15

ossia qualora si legge nei teti legislativi le voci “martirio e/o virtù eroiche”,
occorre aggiungere “offerta della vita”, in quanto è la terza via alla beatificazione
del Servo di Dio!

4. Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause

Il 20 agosto 1983, in ottemperanza al n. 3c delle Normae servandae, “Al


postulatore viene affidato il compito di amministrare, secondo le norme date
dalla Sacra Congregazione, i beni offerti per la causa”, tali norme sono state
approvate da Giovanni Paolo II.
Il 4 marzo 2016 le Norme del 1983 sono state abrogate da quelle di Papa
Francesco, approvate ad experimentum per tre anni.
- Attualmente si attende l’approvazione delle nuove norme.

3. Legislazione nelle Cause dei Santi dopo il 1983

1. Costituzione Apostolica Pastor bonus

Il 28 giugno 1988 Giovanni Paolo II la promulgato la Costituzione Apostolica


sulla Curia Romana: (1) il nome del Dicastero viene cambiato dalla “Sacra
Congregazione per le Cause dei Santi” in “Congregazione delle Cause dei Santi”;
(2) al Dicastero vengono attribuite le 3 seguenti competenze:
1. sulle Cause di canonizzazione: (Artt. 71 e 72)
a. studiare tutto che porta alla canonizzazione dei Servi di Dio (Art. 71);
b. e assistere i Vescovi nell'istruzione delle Cause e studiare quanto inviato
al Dicastero dai Vescovi per il giudizio del Sommo Pontefice (Art. 72);
2. sulla concessione del titolo di Dottore della Chiesa (Art. 73)
Il Dicastero esamina la questione della concessione ai Santi del titolo di
Dottore della Chiesa, previo il voto della Congregazione per la Dottrina della
Fede sull’eminente dottrina (eminens doctrina) del Santo.
3. sulle reliquie dei Santi e Beati: autenticità e conservazione (Art. 74)
- Attualmente si attende la promulgazione della Costituzione Apostolica sulla
Curia Romana.

2. Codice dei Canoni delle Chiese Orientali del 1990


16

Il 18 ottobre 1990 Giovanni Paolo II ha approvato il Codice che, simile a


quello della Chiesa Latina del 1983, tratta delle Cause di Canonizzazione in un
canone solo:
Canone 1057: Nelle cause dei Servi di Dio, che saranno annoverati tra i Santi,
siano osservate le norme speciali stabilite dal Romano Pontefice.

3. Istruzione Sanctorum Mater

Il 17 maggio 2007 è stata pubblicata l’istruzione Madre dei Santi, approvata


da Benedetto XVI il 22 febbraio 2007.
In quanto un’istruzione, essa intende chiarire le disposizioni delle leggi
vigenti nelle Cause dei Santi, facilitare la loro applicazione e indicare i modi
della loro esecuzione (cfr. Introduzione):
1. l’istruzione definisce l’Inchiesta, istruita dal Vescovo competente,
come quella “diocesana o eparchiale”, esprimendo meglio la natura della Chiesa
e la natura universale della legislazione vigente nelle Cause dei Santi.
2. l’istruzione è un vademecum per una Causa di Canonizzazione nella
sua fase diocesana o eparchiale, illustrando, paso per paso, la procedura da
seguire per la retta e valida istruzione dell’Inchiesta secondo Divinus perfectionis
Magister e le Normae servandae del 1983.
N.B.: l’Appendice dell’istruzione, intitolata Ricognizione canonica delle
spoglie mortali di un Servo di Dio, è stata abrogata con la pubblicazione
dell’istruzione Le Reliquie nella Chiesa: Autenticità e Conservazione dell’8
dicembre 2017 (il cui testo si trova, in varie lingue, sul sito web:
www.causesanti.va sotto la voce “Documenti”).

4. Interpretazione autentica del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi

In data 3 giugno 2014, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi si è


pronunciato sul valore giuridico da attribuire ai documenti tecnologici odierni
(celluloide, magnetico o elettronico), presentati nelle Cause di Canonizzazione:
“nell'apparato probatorio di una causa di canonizzazione (nella fase diocesana
e anche romana), possono essere ammessi documenti su un supporto celluloide,
magnetico o elettronico, purché siano stati inseriti negli atti processuali dopo
che il giudice abbia accertato la loro utilità, affidabilità e assenza di
manipolazioni.”
N.B.: in modo piuttosto esclusivo, questa interpretazione sarebbe applicata
nell'Inchiesta sul miracolo, in cui vengono presentati come prove gli esami
17

clinico-medici, ad es., risonanza magnetica, TAC, ecografia, radiografia,


piastrine ecc. In un’Inchiesta sul martirio, sulle virtù eroiche e sull’offerta della
vita, tale interpretazione sembra alquanto inapplicabile.

5. Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause di Beatificazione e


Canonizzazione

Il 4 marzo 2016 Papa Francesco, approvando le nuove norme “per tre anni ad
experimentum a partire dalla data di promulgazione, ha riordinato ex integro le
norme sull’amministrazione dei beni delle Cause e, pertanto, ha abrogato le
Norme promulgate da Giovanni Paolo II il 20 agosto 1983.
- Attualmente di attende la promulgazione delle nuove Norme.

6. Motu proprio Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae

L’11 luglio 2017 Papa Francesco ha pubblicato la Lettera Apostolica, data in


forma motu proprio, “Amore più grande di questo. Sull’Offerta della Vita”, che
stabilisce quanto segue:
Articolo 1: l’offerta della vita è una nuova fattispecie dell’iter (via) di
beatificazione e canonizzazione, distinta dalle fattispecie sul martirio e
sull’eroicità delle virtù;

Articolo 2: essa stabilisce i criteri essenziali affinché l’offerta della vita sia
valida ed efficace per la beatificazione: a) offerta libera e volontaria della vita ed
eroica accettazione propter caritatem di una morte certa e a breve termine; b)
nesso tra l’offerta della vita e la morte premature; c) esercizio, almeno in grado
ordinario, delle virtù cristiane prima dell’offerta della vita e, poi, fino alla morte;
d) esistenza della fama di santità (forse si dovrebbe leggere “fama di offerta della
vita”) e di segni, almeno dopo la morte; e) necessità del miracolo per la
beatificazione, avvenuto dopo la morte del Servo di Dio e per sua intercessione.

Gli Articoli 3-6 riportano le modifiche alla Divinus perfectionis Magister e


alle Normae servandae del 1983 riguardanti l’offerta della vita come una nuova
fattispecie di beatificazione, distinta da quella sul martirio e sulle virtù eroiche.
18

7. Istruzione Le Reliquie nella Chiesa: Autenticità e Conservazione

L’8 dicembre 2017 Papa Francesco ha approvato l’istruzione che espone la


procedura canonica da seguire (1) per verificare l’autenticità delle reliquie (dei
Santi e Beati) e, per analogia, dei resti mortali (dei Venerabili Servi di Dio e dei
Servi di Dio) e (2) per garantire la loro conservazione e per promuovere la
venerazione delle reliquie tramite le possibili specifiche operazioni: (a)
ricognizione canonica (b) prelievo di frammenti e confezione di reliquie (c)
traslazione dell’urna; (d) alienazione delle reliquie:
a. in quanto un’istruzione, si rivolge ai Vescovi diocesani, agli Eparchi e a
quanto ad essi sono equiparati dal diritto nonché a coloro che partecipano alle
procedure;
b. si stabilisce quanto è necessario per ottenere il consenso del Dicastero per
effettuare tali operazioni;
c. infine, viene stabilita la procedura per il pellegrinaggio delle reliquie.
N.B.: come già detto, l’Appendice dell’istruzione Sanctorum Mater è stata
abrogata; pertanto, non è più necessario compiere la ricognizione canonica delle
spoglie mortali dei Servo di Dio prima che si chiuda l’Inchiesta diocesana o
eparchiale! Si deve, invece, procedere a compiere quanto richiesto dal n. 28 delle
Normae servandae.

4. Osservazioni Conclusive

1. Peculiare legge pontificia: la legislazione nelle Cause dei Santi è


peculiare, in quanto contiene norme peculiari (particolari o speciali), stabilite dal
Sommo Pontefice, riguardanti le Cause di Beatificazione e Canonizzazione.

2. Universale legge: la legislazione nelle Cause dei Santi è universale,


ossia vigente per la Chiesa Latina e per tutte le Chiese Orientali.
Essendo le Cause di Beatificazione e Canonizzazione la competenza
esclusiva della Congregazione delle Cause dei Santi, la Congregazione delle
Chiese Orientali, pertanto, non ha competenza in materia.

3. Testi legislativi: la legislazione nelle Cause dei Santi è riportata nei


tre
(3) seguenti testi legislativi:
A. Divinus perfectionis Magister del 25 gennaio 1983, che contiene la
legge pontificia riguardante le Cause di Canonizzazione, sia nella fase diocesana
19

o eparchiale che nella loro fase romana, sempre tenendo conto delle modifiche
riportate dalla Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae;
B. Normae Servandae in Inquisitionibus ab Episcopis faciendis in
Causis Sanctorum del 7 febbraio 1983, ossia le Norme peculiari emanate dal
Dicastero (cfr. Divinus perfectionis Magister, I.2) per l'istruzione dell'Inchiesta
diocesana o eparchiale, sempre tenendo conto dei canoni del CIC 1983 e del
CCEO da applicarsi ex ipsa natura rei e delle modifiche riportate dal motu
proprio
Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae;
C. Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae dell’11 luglio 2017,
che stabilisce l’offerta della vita come una nuova fattispecie dell’iter (via) di
Beatificazione, distinta dalle fattispecie sul martirio e sull’eroicità delle virtù
eroiche.
Essa, inoltre, riporta le modifiche alla legge pontificia della Divinus
perfectionis Magister e delle Normae Servandae in Inquisitionibus ab Episcopis
faciendis in Causis Sanctorum.

4. L’istruzione Sanctorum Mater del 17 maggio 20107 non è un testo


legislativo bensì un’istruzione che illustra passo per passo l'applicazione concreta
e precisa della legislazione nelle Cause dei Santi del 1983. Occorre sempre tenere
conto delle modifiche riportate dalla Maiorem hac dilectionem. De Oblatione
Vitae
CAPITOLO II Elementi teologici e canonici di una Causa

1. Iter (via) di una Causa di Canonizzazione

1. Beatificazione dei Servi di Dio

1. Causa che procede sul martirio (per viam martyrii)

1. Definizione del martirio. Il martirio è la volontaria accettazione, o


tolleranza della morte per la fede cristiana o per l'esercizio di un'altra virtù in
connessione con Dio (Martyrium esse voluntariam mortis perpessionem, sive
tolerantiam propter Fidem Christi, vel alium virtutis actum in Deum relatum) –
cfr. BENEDICTUS XIV, De Servorum Dei beatificatione et beatorum
canonizatione, Prati 1839-1841, Lib. III, cap. I1, n. 1).
20

2. La definizione qui riportata mette in evidenza i due (2) elementi che


dovranno essere provati in una Causa di Canonizzazione per la proclamazione di
martirio del Servo o dei Servi di Dio, ossia il martirio materiale e il martirio
formale, sia da parte del persecutore che da parte della vittima:
a. martirio materiale: che la morte del Servo di Dio sia realmente
avvenuta, cioè che il Servo di Dio sia stato ucciso (mediante fucilazione, o
avvelenato, o assassinato con un'iniezione letale, ecc.). Le sofferenze tollerate per
la fede sono indubbiamente una fonte di merito e costituiscono delle
testimonianze impressionanti; tuttavia, perché esista il martirio è assolutamente
necessario che sia avvenuta la morte fisica.
b. martirio formale:
1. da parte del persecutore: che la morte sia stata inflitta in odio
alla fede (in odium fidei), cioè che l'uccisore abbia agito per odio alla fede.
Tale odio ha per oggetto non solo le verità da credere (per esempio, la fede
in Cristo come Salvatore e Redentore del mondo, nella Chiesa, ecc.), ma
anche l'esercizio delle virtù richieste dalla fede, e cioè una vita coerente
con la fede cristiana. Il termine "odium fidei" non significa
necessariamente che l'uccisore odiava Dio o la Chiesa, bensì che
pretendeva dal Servo di Dio un atto che questi, a motivo della sua fede,
non poteva né voleva prestare (la negazione di un dogma, un atto contro la
morale, per esempio, contro la castità, la giustizia, ecc.). I moderni sistemi
totalitari spesso non vogliono creare dei martiri e quindi adducono altri
motivi per la loro uccisione. Di conseguenza, la prova del martirio può
essere difficile, specie se si impone il discernimento tra motivi politici e
religiosi delle parti coinvolte.
2. da parte della vittima: che la morte sia stata accettata per
amore della stessa fede e per motivi soprannaturali. Non è necessario che
venga offerta esplicitamente al martire la possibilità di avere salva la vita
se apostata dalla fede; basta che egli sia conscio che la pratica di una vita
integralmente cristiana può avere come conseguenza la morte. È anche da
tener presente che il tentativo di fuga o di nascondersi non costituisce un
ostacolo per la proclamazione del martirio.

3. Il termine "martire". Esso deriva dal greco "martus" che significa


"testimone". Nella terminologia teologica però lo stesso termine, già fin dal II-III
secoli, designa una persona che ha dato testimonianza per Cristo e per la sua
dottrina con il sacrificio della vita. Sorge così il problema di come, in un tempo
relativamente breve, il termine "martire" abbia acquistato questo significato
21

particolare. Infatti, nel Nuovo Testamento il termine occorre spesso nel senso
ordinario di testimone (Mc. 14,63; Atti 6,13; ecc.), ma designa soprattutto un tipo
particolare di testimoni e cioè gli apostoli che possono testimoniare, per
esperienza propria, della vita, della morte e, specialmente, della risurrezione di
Gesù (cfr. Atti 1,22; Lc. 24,48; Atti 1,8; 2,32; 10,39,41; 26, 16; I Cor. 14,15;
ecc.). Gli apostoli sono dunque i testimoni autorizzati e ufficiali della missione e
della risurrezione di Cristo, senza che il termine stesso implichi che abbiano dato
testimonianza a Cristo anche con il sacrificio della loro vita.
Ci sono tuttavia dei testi in cui il termine "martus" e i suoi derivati si
avvicinano di più a quest’ultimo significato. Questo si riscontra, per esempio, nel
testo di Marco 13:3, "Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle
sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per rendere
testimonianza (martyrion) davanti a loro". In altri testi ancora, il termine
"martus" viene usato per designare delle persone che effettivamente hanno
testimoniato per Cristo con il sacrificio della loro vita. Ad esempio, Atti 22:20,
dove si parla del "sangue di Stefano, tuo testimone (martyros)", oppure Ap. 2:13,
dove Antipa è chiamato "mio fedele testimone (martus) messo a morte nella
vostra città". In questi e in altri simili testi (Ap. 11:3; 11: 7; 17:6; ecc.) non è
tuttavia certo se il termine "martus" viene usato formalmente per indicare che i
testimoni in questione hanno versato il loro sangue per Cristo o se viene adoperato
nel senso molto più generico di testimone.
Si deve dunque concludere che il Nuovo Testamento non fornisce alcun
esempio chiaro in cui il termine "martus" venga usato nel significato più
restrittivo che ebbe poi a partire dal II-III secolo. Specialmente nel nostro secolo,
gli studiosi hanno tentato di spiegare come, in un tempo relativamente breve, la
parola "martus" abbia acquistato esclusivamente il significato tecnico di
"martire". Per quanto riguarda i tentativi di stabilire una interna connessione tra
il termine "testimone" e quello di "martire" procedendo dal Nuovo Testamento, i
seguenti suggerimenti meritano una particolare considerazione:
a. i martiri ebbero una opportunità privilegiata di testimoniare la loro
fede
negli interrogatori che ordinariamente precedevano la condanna a morte;
b. il martire è testimone di Cristo non solo con la professione di fede,
ma anche con la sua vita e la sua morte, e imita così l'opera e la morte salvifica
del
Redentore. Egli è testimone per eccellenza;
c. la testimonianza dei martiri non è soltanto una manifestazione
umana,
22

ma una attestazione dello stesso Spirito Santo e perciò particolarmente preziosa


(cfr. Mt. 10:19-20).
Anche se tutte queste considerazioni hanno un valore, si deve tuttavia
dubitare se esse possono, nel loro insieme, spiegare il fatto che il termine
"martus" acquistò, in un tempo così breve, il significato esclusivo di "martire".
Come è stato osservato, può accadere che un termine perda il suo significato
primitivo e ne acquisti un altro, e ciò a causa di una serie di fatti e circostanze. Ci
si può dunque chiedere se non è possibile che il termine "martus = testimone"
abbia acquistato il significato di martire proprio quando il martirio era un fatto
frequente nella vita della Chiesa e quando la testimonianza per eccellenza, per
Cristo e per la sua dottrina, era data nel modo più evidente da coloro che venivano
uccisi per la fede in lui. D'altra parte questo sviluppo può essere stato
ulteriormente accelerato dal fatto che nelle lotte contro il Docetismo, che negava
la realtà del corpo di Cristo e, con ciò, la realtà della sua passione e morte, la
testimonianza che i martiri avevano dato proprio con la loro morte fu considerata
una prova particolarmente preziosa e convincente contro siffatte teorie.
Comunque sia, anche se il problema terminologico rimane ancora oggi
alquanto enigmatico e forse non potrà mai essere risolto definitivamente, il fatto
è che a partire dalla metà del II secolo, il termine "martus" possiede gia
frequentemente l'attuale significato di martire, che ben presto diventerà l'unico.
Un'ultima chiarificazione nei riguardi del significato del termine "martire" viene
apportata con l'andare del tempo e diviene di comune accettazione nel IV secolo:
essa consiste nella distinzione tra coloro che avevano sofferto per la loro fede
(confessores) e quelli che avevano sacrificato la vita (martyres) per essa. Soltanto
questi ultimi vengono designati con il termine "martire".

4. Il Concetto di martirio. Quanto complicata è la storia del termine "martus",


altrettanto chiara è la realtà che esso designa: la morte subita da un cristiano per
la sua fede. Si può trattare della fede in tutta la rivelazione, ovvero in una parte
di essa, ossia in un dogma particolare. Si può e si deve pure parlare di martirio
quando il cristiano, a motivo della sua fede, si è rifiutato di trasgredire un
comandamento (per esempio, contro la giustizia o contro la castità).
Mentre da parte del cristiano è determinante che egli, per amore di Dio e pur
rendendosi conto delle conseguenze alle quali va incontro, non voglia far nulla
che sia in contrasto con la sua fede; da parte di chi gli infligge la morte non è
necessario che agisca direttamente e formalmente per odio contro Dio, contro la
persona di Cristo, la sua dottrina o la sua Chiesa. Basta che per motivi ideologici
o per altri motivi voglia forzare il cristiano a commettere atti che questi non può
23

fare senza peccare. Se, dunque, in questo contesto si parla di "odio alla Fede”
(odium fidei) da parte di colui che uccide il cristiano, si vuole intendere, con
questo termine, l'atteggiamento di ostilità verso il cristianesimo in quanto questo
impedisce il raggiungimento del fine che il persecutore si è proposto.
Non è tuttavia sempre così facile scoprire tutti gli elementi di un martirio.
Spesso e specialmente al giorno d'oggi, i cristiani, che non vogliono cedere alle
pretese di un dittatore, non vengono ufficialmente perseguitati perché cristiani,
ma accusati di crimini comuni e, in modo particolare, bollati quali traditori o
sovvertitori dell'ordine pubblico. Molte volte non ha luogo un regolare processo,
ma essi vengono eliminati di nascosto. Accade spesso che essi non vengono
direttamente uccisi, ma - come già accadeva nell'antichità con coloro che
venivano condannati ai lavori forzati nelle miniere - sono messi in condizioni tali
che arrivano alla morte a causa delle privazioni e degli stenti sofferti.
Né va dimenticato che al giorno d'oggi esistono mezzi e possibilità per far sì
che la personalità di un uomo venga distrutta senza che gli sia tolta la vita. Infine,
la discernibilità del martirio è resa spesso più difficile perché di regola non viene
più offerta ai cristiani una scelta tra l'apostasia e la morte, ma essi vengono
semplicemente uccisi perché, con la loro vita, hanno dimostrato di essere così
profondamente fermi nella fede che il persecutore dispera di farli rinunciare ad
essa.

5. Gli elementi canonici richiesti per la beatificazione del Servo di Dio come
Martire sono: 1° l’istruzione dell’Inchiesta per la raccolta delle prove sulla vita e
sul martirio (materiale e formale) nonché sulla fama di martirio e di segni del
Servo di Dio; 2° lo studio degli atti dell’Inchiesta presso il Dicastero e la
preparazione della relativa Positio super Martyrio; 3° il giudizio di merito da
parte degli organi collegiali del Dicastero; e, infine, 4° l’approvazione definitiva
del Sommo Pontefice del martirio, che comporta la promulgazione del Decreto
sul martirio e la concessione del titolo di “Venerabile Servo di Dio”. Si procede
alla beatificazione del Venerabile Servo di Dio senza il miracolo.

2. Causa che procede sulle virtù eroiche (sull’eroicità delle virtù) (per viam
heroicitatis virtutum)

1. Il termine “esercizio eroico” delle virtù. Esso non implica di per sé che il
Servo di Dio abbia praticato le virtù in una serie di atti particolarmente ardui, né
tanto meno che sia stato favorito da doni mistici o che nella sua vita si siano
verificati fenomeni preternaturali. L'esercizio eroico delle virtù significa invece
24

che una persona ha vissuto per lungo tempo, lasciandosi animare in tutto dallo
Spirito di Dio, e ciò nei vari aspetti della vita personale, familiare e sociale. Ciò
vuol dire che la persona in tutto il suo agire è stata guidata dalla fede, animata
dalla carità, sostenuta dalla speranza, e che, di conseguenza, ha praticato le varie
virtù cardinali. Perciò il suo modo di vivere è da considerarsi esemplare.
Per ciò stesso viene chiamato "eroico" anche l'assolvimento costante, fedele
e gioioso di tutti i doveri del proprio stato di vita in mezzo al "terribile
quotidiano" (Benedetto XV e Pio XI): in breve, un esercizio delle virtù
essenzialmente superiore a quello di buoni cristiani che vivono nello stesso stato
e forma di vita. Non è possibile fissare matematicamente il lasso di tempo in cui
un Servo di Dio deve aver praticato le virtù in questo modo, evitando anche i
peccati veniali deliberati e lasciandosi invece guidare in tutto dai dettami della
carità teologale e dalle altre virtù da essa informate (la prassi del Dicastero e di
esaminare gli ultimi 5 o 10 anni del Servo di Dio!).

2. Il termine eroismo (dal greco heros, eroe). Esso designa un valore, un


coraggio eccezionale. Cominciò a far parte della terminologia tecnica teologica
da quando Roberto Grossatesta usò l'espressione virtus heroica nella sua
traduzione latina dell'Etica a Nicomaco di Aristotele. Adoperato da San Alberto
Magno, da San Tommaso d'Aquino ed altri Scolastici, il termine acquistò presto
una importanza particolare per la teologia ascetica e mistica e venne in seguito
ampiamente elaborato dai teologi e dai canonisti interessati alle Cause di
Canonizzazione. Sono rimaste classiche fino ad oggi le autorevoli disquisizioni
di Prospero Lambertini (1675-1758) che divenne poi il Papa Benedetto XIV.
L'eroismo cristiano si riscontra per eccellenza nel più sublime esercizio della
carità, ossia il martirio "col quale il discepolo è reso simile al Maestro che
liberamente accetta la morte per la salute del mondo e a Lui viene conformato
nell’effusione del sangue" (“Lumen Gentium” n. 42). Viene poi qualificato eroico
anche il comportamento del cristiano che è in modo così profondo e intenso
ispirato dalla carità da avvicinarsi alla perfezione del martirio. Secondo che si
tratti soltanto di determinate attività di un cristiano ovvero di tutta l'impostazione
della sua vita, si parla di atti eroici e dell'esercizio eroico di una o più virtù, ovvero
della tendenza eroica alla perfezione e della santità eroica.

3. Le Premesse Teologiche. Come già si vede da queste brevi chiarificazioni,


la dottrina sull'eroismo cristiano va inquadrata nella teologia della santità e in
modo particolare in quella della carità, e procede dunque dal fatto che tutta
l'umanità, e con ciò ogni singola persona umana, è in Cristo chiamata ad una vita
25

di intima unione con la Santissima Trinità e quindi a partecipare alla sua vita di
amore. Questa unione di amore con Dio che sarà consumata nella sua pienezza
soltanto nell'altra vita, è tuttavia già ora una realtà, in quanto nel battesimo l'uomo
è stato incorporato in Cristo ed ha così, per opera dello Spirito Santo, cominciato
a vivere della sua vita. Ciò significa a sua volta che è stato avviato il processo
della radicale trasformazione dell'uomo battezzato che, secondo la dinamica
dell'amore divino, deve portarlo ad una sempre maggiore e più intima
conformazione ed identificazione alla Persona del Verbo Incarnato Redentore. È
proprio questo processo della progressiva assimilazione a Cristo che esige
l'eroismo cristiano.
È vero che la suddetta trasformazione è radicalmente ed essenzialmente opera
dell'amore divino. Essa trascende semplicemente le capacità naturali dell'uomo e
dunque non è né può essere il frutto di un volontarismo umano (Pelagianesimo).
D'altra parte, proprio perché si tratta di una unione interpersonale tra Dio e
l’uomo, e proprio perché Dio intende comunicare il suo amore, l'uomo non può
subire questa trasformazione in pura passività (Quietismo). All'invito amoroso di
Dio, l'uomo - prevenuto e sorretto dall'aiuto divino - deve rispondere con un
amore incondizionato e totale che, lungo dal poter esaurirsi in sterile velleità o
fatui sentimentalismi, deve invece essere in sommo grado operoso.
A chi consideri le cose in un ordine puramente teorico ed ideale potrebbe
forse sembrare che una siffatta risposta di amore efficace non sia altro che la
reazione spontanea ed evidente di una persona umana toccata e mossa dall'amore
divino e che, proprio in virtù di questo amore entusiasmante e trascinante, la
trasformazione totale del suo essere in un "alter Christus" possa essere effettuata
rapidamente e con grande facilità. In verità, però, date le condizioni concrete ed
esistenziali in cui vive l'umanità, questa trasformazione di tutto l'essere umano è
un processo tutt'altro che rapido ed agevole, giacché ad esso si oppongono
numerose e gravi difficoltà e prima di tutto l'attuale strutturazione dell'uomo
caduto e peccatore. Questi infatti è profondamente affetto da tendenze egoiste ed
egocentriche che lo spingono costantemente a chiudersi in se stesso, a vedere tutti
e tutto nell'angusta prospettiva del proprio 'io' e a porre se stesso ed i propri
vantaggi al centro di ogni attività.
È evidente che questi atteggiamenti sono diametralmente opposti all'invito di
aprirsi a Dio, di trascendere i confini della propria piccolezza e di abbandonarsi
generosamente alla divina attività trasformatrice che dovrebbe portare l'uomo a
vedere tutto con gli occhi di Dio, ad amare come Dio ama e ad agire sempre ed
unicamente secondo i criteri di questo amore. Precisamente perché da un lato
l'esigenza dell'amore di Dio è totale e assoluta, e non ammette la pur minima
26

riserva o eccezione, e dall'altro lato l'insieme delle tendenze egoistiche ed


egocentriche è fortemente radicato in tutto l'essere dell'uomo peccatore, che è per
di più continuamente sotto l’influsso di ciò che la Sacra Scrittura chiama il
peccato del mondo ed esposto alle insidie del Principe delle Tenebre, la vita del
cristiano che veramente vuole vivere come tale è una lotta costante e durissima
che esige da lui un autentico eroismo.

4. Eroismo e Vita. Lo stesso esempio aiuta pure a comprendere più a fondo


alcuni aspetti della dottrina sull'eroismo cristiano che non di rado vengono
trascurati o fraintesi. Contrariamente a certe convinzioni popolari, l’eroismo
cristiano non va affatto identificato con il complimento di determinati atti che per
la loro stessa natura sono eccezionalmente difficili o addirittura spettacolari e
sensazionali. È vero che ogni cristiano dovrà, nel corso della sua vita, affrontare
delle situazioni che richiedono delle scelte fondamentali, che impegnano fino in
fondo la sua carità verso Dio e verso gli uomini e gli offrono così la possibilità di
praticare le virtù in modo eroico.
Tuttavia, date le condizioni della nostra esistenza, queste decisioni
privilegiate sono piuttosto rare e devono comunque essere eseguite nelle
circostanze della vita comune di ogni giorno. Anzi, è proprio nel logorio, nella
routine e nella noia della vita quotidiana che il vero eroismo con cui l'uomo in
detti momenti accetta la volontà del Signore viene messo a prova e collaudato,
differenziandosi da un solo apparente eroismo. L’eroismo cristiano è dunque di
regola e nella stragrande maggioranza dei casi l’eroismo di chi vive la sua vita
ordinaria in modo perfettamente cristiforme con fede e costanza.

5. Eroismo e Maturazione. È ovvio che, salvo forse qualche caso del tutto
eccezionale che presupporrebbe un miracolo della grazia divina, questo eroismo
nella vita comune e quotidiana è il frutto di un graduale processo di maturazione.
L'uomo non nasce cristiano perfetto, ma diviene tale attraverso un lungo e
laborioso progresso che raggiungerà il suo termine soltanto quando nella morte
sarà liberato dai vincoli terrestri e pienamente trasformato dalla gloria del Cristo
risorto. Finché è viatore il cristiano non è dunque né infallibile né esente da ogni
debolezza umana.
Chi vuole vivere la sua vita di cristiano in modo eroico, deve, per amore di
Dio e con il suo aiuto, fare sforzi continui per evitare sbagli e persino le più
piccole imperfezioni semi-deliberate, senza d'altronde riuscirvi perfettamente. È
proprio questa una delle espressioni più mature ed essenziali dell'eroismo
cristiano: il saper accettare questo fatto con quel sano senso di realismo che non
27

si abbandona allo scoraggiamento, all'autolesionismo e alla commiserazione di


se stesso, ma conosce soltanto la volontà di correggersi alacremente e di
proseguire con fortezza, umiltà e serenità sulla via del Signore.
Il fatto che il cristiano deve costantemente crescere nella carità e nelle altre
virtù implica pure un'altra conseguenza che è della massima importanza per
l’adeguata comprensione della dottrina teologica circa l'eroismo cristiano. Questa
crescita segue infatti, secondo le disposizioni della Provvidenza ordinaria di Dio,
le leggi generali della vita che non cresce per salti ma secondo l'interna dinamica
di uno sviluppo organico ed armonioso. Ciò significa che ogni progresso nella
virtù non è soltanto un invito a progredire oltre, ma anche la premessa per un
ulteriore progresso. Di conseguenza, l'eroicità del comportamento dell'uomo non
va misurata secondo un ideale astratto, bensì secondo le attuali condizioni del suo
sviluppo concreto ed esistenziale.

6. Differenziazioni nella tendenza all’eroismo:


a. La diversità nelle persone. Nel valutare l'intensità nel tendere
verso l’eroismo è assolutamente necessario tenere in conto sia le
condizioni concrete della vita di ciascuno, sia pure le singole fasi dello
sviluppo dell’uomo; a maggior ragione poi si deve tener conto delle
numerose e marcate differenziazioni che distinguono ogni membro del
genere umano dai suoi simili. Come persona, ogni uomo possiede infatti le
sue qualità tipiche, uniche ed irripetibili, che, lungi dal coincidere con le
caratteristiche individuali derivanti dalla sua materialità, costituiscono
invece il nucleo più intimo del suo essere spirituale. È evidente che la
diversità delle singole persone in ciò che è l'ultimo fondamento di tutta la
loro esistenza, differenzia pure la loro capacità di ricevere l'amore e di
amare e, dunque, anche la loro capacità di lasciarsi trasformare dall'amore
di Dio e di vivere la loro vita cristiana in modo eroico.
In questo contesto vanno tenute in conto in modo particolare quelle
differenziazioni che risultano dalla diversità del sesso. Il modo di agire e di
reagire è infatti costituzionalmente diverso secondo che si tratti di una persona di
sesso maschile o femminile. Le conseguenze di questa realtà, che si riflettono in
ogni manifestazione della vita umana, si fanno ovviamente sentire tanto più
profondamente quanto più intimamente sono in gioco i valori fondamentali e cioè
l'amore di Dio e degli uomini, che sono appunto le forze ispiratrici dell’eroismo
cristiano.
b. La diversità dell’ambiente. È inoltre doveroso valutare
debitamente quel complesso di fattori che, nel loro insieme, costituiscono
28

l’ambiente in cui si sviluppa e decorre la vita dell'uomo e dal quale il suo


comportamento, pur non venendo determinato, è però fortemente
condizionato. Come la moderna psicologia sottolinea giustamente, tutta la
vita affettiva dell'uomo dipende, per esempio, grandemente dal fatto se nei
primi anni della sua infanzia egli ha vissuto in condizioni che hanno
favorito ovvero ostacolato o addirittura impedito lo sviluppo spontaneo
della sua innata tendenza ad amare.
L’amore e la comprensione riscontrate o meno in senso alla famiglia; il
contatto con compagni buoni o cattivi durante il turbolento periodo di
adolescenza; l’inserzione riuscita in un ambiente di lavoro confacentesi alle
capacità ed aspirazioni di una persona, ovvero la mancanza di esso; le condizioni
favorevoli o sfavorevoli alla giusta scelta dello stato di vita - e, qualora si tratti
del matrimonio, di un compagno di vita veramente adatto - nonché le
conseguenze che derivano da una tale scelta; l’incontrarsi o no con un vero amico;
le possibilità concrete di trovare una sicura direzione spirituale o di rimanerne
privato: questi ed altri numerosi elementi sono altrettanti fattori che influiscono
profondamente sulla vita dell'uomo ed incidono dunque in modo tutt'altro che
indifferente non solo sulle condizioni in cui deve vivere il suo eroismo cristiano,
ma anche sulla sua stessa prontezza a viverlo.
Le precedenti osservazioni intendono d’altronde unicamente a sottolineare
l’estensione e l'importanza di queste diversificazioni; esse non vogliono in alcun
modo suggerire che vi sia una proporzione matematica tra le condizioni in cui si
svolge la vita di un uomo e le sue possibilità di viverla in modo eroico. Infatti,
come le circostanze che umanamente parlando sembrerebbero le più propizie per
una vita cristiana perfetta possono essere frustrate dall'indolenza e dalla
faciloneria di chi si accontenta della mediocrità, così è ben possibile che proprio
le condizioni avverse e pressoché disperate costituiscano l'occasione e un potente
stimolo per una vita autenticamente eroica
Se ciò è vero già per il solo fatto che, come persona, l’uomo è libero e, dunque,
per quanto riguarda la sua vita interiore, non è mai predeterminato ad una
reazione specifica, tanto più è vero quando si considera la presenza della grazia
che non manca mai a chi è di buona volontà e si lascia guidare e plasmare
dall’amore del suo Dio onnipotente.
c. La diversità dei doni soprannaturali. Abbiamo cominciato a
toccare un altro aspetto della complessa realtà dell'eroismo cristiano e cioè
quello della diversità dei doni soprannaturali che lo Spirito Santo
''distribuisce a ciascuno come vuole" (1 Cor. 12:11) e che ciascuno riceve
"secondo la misura di fede che Dio gli ha dato" (Rom. 12: 3). Oltre alle
29

diversità costituzionali che esistono tra le singole persone, oltre ancora alle
diversità dell'ambiente in cui esse - ciascuna a suo modo - devono vivere e
svilupparsi, va dunque pure considerata la diversità delle chiamate divine
che, nel senso più pieno e profondo della parola, sono personali e perciò
singolari, uniche ed irripetibili, proprio perché si tratta di un invito
all’amore che Dio rivolge ad ogni persona come tale e a cui questa deve
rispondere con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutta la sua
mente (Mt. 22: 37) .
Ovviamente, la diversità delle chiamate divine e la diversità nella
distribuzione della grazia che ne consegue, sono intimamente collegate con le
differenze costituzionali ed ambientali che tipificano e contraddistinguono
l'esistenza di ogni persona umana, ma non coincidono con esse. L'identificazione
dell'ordine della natura con quello della grazia è un errore teologico che ha delle
conseguenze gravissime anche per la concezione adeguata dell'eroismo cristiano
e per la realizzazione del medesimo.
Non è superfluo accennare a questa verità o ribadire che né la psicologia,
né la sociologia, né le altre scienze puramente umane, quantunque necessarie ed
utili, possono mai riuscire ad illuminare pienamente il mistero dell'uomo e della
sua vita, né ad offrirgli i mezzi efficaci a viverla con la dovuta profondità, giacché
esse sono essenzialmente incapaci di accertare e misurare la sua dimensione
soprannaturale o di lavorare al livello della grazia che costantemente spinge
l'uomo verso un ideale che è al di sopra delle sue possibilità naturali e gli
conferisce la forza per raggiungerlo.

7. Gli elementi canonici richiesti per la Beatificazione di un Servo di Dio


come Confessore che ha vissuto le virtù cristiane in modo eroico sono: 1°
l’istruzione dell’Inchiesta sulla vita e sulle virtù eroiche (sull’eroicità delle virtù)
nonché sulla fama di santità e di segni del Servo di Dio; 2° lo studio degli atti
dell’Inchiesta presso il Dicastero e la preparazione della relativa Positio super
Virtutibus; 3° il giudizio di merito da parte degli organi collegiali del Dicastero;
4° l’approvazione definitiva del Sommo Pontefice delle virtù eroiche, che
consiste nella promulgazione del Decreto sulle Virtù e nella concessione del titolo
di
“Venerabile Servo di Dio”; 5° un miracolo, attribuito all’intercessione del Servo
di Dio, che consiste nei seguenti elementi: a. l’istruzione dell’Inchiesta sul
miracolo; b. lo studio degli atti dell’Inchiesta presso il Dicastero e la preparazione
del Summarium; c. il giudizio da parte della Consulta Medica/Tecnica del
Dicastero; d. la preparazione della Positio super Miro e il giudizio di merito degli
30

organi collegiali del Dicastero; e. l’approvazione definitiva del Sommo Pontefice


del miracolo che comporta la promulgazione del Decreto sul miracolo.
Si procede alla cerimonia della Beatificazione del Venerabile Servo di Dio
dopo l’approvazione definitiva del miracolo dal Sommo Pontefice.

3. Causa che procede sull’offerta della vita (per viam oblationis vitae)

1. Fondamento teologico. Questa fattispecie non è affatto nuova in quanto già


ai tempi del Promotore Generale della Fede Prospero Lambertini, poi Papa
Benedetto XIV, si discuteva della possibilità della canonizzazione di un Servo di
Dio in base alla sua offerta della propria vita quale massimi espressione di amore
per il prossimo. L’offerta della vita trova il suo fondamento teologico nel Vangelo
di Giovanni 15:13: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita
per i propri amici”. L’esempio e il modello dell’offerta della vita per il prossimo,
pertanto, è il nostro Signore Gesù Cristo che ha liberamente offerto la Sua vita
sulla croce. La Lettera Apostolica ribadisce chiaramente che la santità è
l’imitazione di Cristo, il divino Maestro di perfezione.
Pertanto, come afferma la Lettera Apostolica Maiorem hac dilectionem. De
Oblatione Vitae, “(S)ono degni di speciale considerazione ed onore quei cristiani
che, seguendo più da vicino le orme e gli insegnamento del Signore Gesù, hanno
offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri ed hanno perseverato
fino alla morte in questo proposito”. Prosegue la Lettera: “È cero che l’eroica
offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità, esprime una vera, piena ed
esemplare imitazione di Cristo e, pertanto, è meritevole di quella ammirazione
che la comunità dei fedeli è solita riservare a coloro che volontariamente hanno
accettato il martirio di sangue o hanno esercitato in grado eroico le virtù
cristiane”.

2. Possiamo, pertanto, concludere che gli elementi che distinguono i Servi di


Dio, beatificati o canonizzati dalla Santa Sede, sono chiaramente ribaditi anche
per quelli che hanno offerto la vita per gli altri propter caritatem. Il Servo di Dio
viene proposto dalla Chiesa all’imitazione dei fedeli come una via sicura per
raggiungere la meta del pellegrinaggio terreno, ossia perfetta unione con Dio nel
cielo. Nella comunione dei santi, i fedeli possono chiedere liberamente
l’intercessione di quello che ha offerto il suo aiuto in questo cammino. Infine, la
Chiesa lo onora con la venerazione, ossia con il culto pubblico ed ecclesiastico,
che viene espresso per eccellenza nella celebrazione della Liturgia Eucaristica e
nella recita della Liturgia delle Ore (Missa et Officium) in suo onore.
31

3. Criteri teologici dell’offerta della vita. L’Articolo 2 della Lettera


Apostolica, però, definisce i parametri dell’offerta della vita, separandola da
un’interpretazione troppo larga. Dall’inizio è chiaro che non si tratta di un’offerta
generica della vita, ad esempio quella di una madre o padre di famigli, di un
sacerdote o suora, che offrono la loro vita per i figli o i fedeli.
La Lettera stabilisce che l’offerta della vita, affinché sia valida ed efficace per
la Beatificazione del Servo di Dio, deve rispondere ai seguenti criteri: (1) l’offerta
della vita deve essere libera e volontaria nonché eroica, in quanto è l’accettazione
propter caritatem di una morte certa e a breve termine; deve esistere, pertanto,
un nesso stretto tra l’offerta della vita e la morte prematura; (2) le virtù cristiane
devono essere esercitate, almeno in grado ordinario anziché eroico, prima
dell’offerta della vita e fino alla morte; (3) deve esistere tra una porzione
significativa del Popolo di Dio la fama di offerta della vita e di segni, almeno
dopo la morte e sempre crescente dopo di essa.
Così viene ribadito il principio che la Causa di Canonizzazione è un processo
di discernimento da parte della Chiesa della volontà di Dio che questo Servo di
Dio venga canonizzato. La fama di offerta della vita è il fondamento teologico
(fumus boni iuris) di una Causa del Servo di Dio in base alla quale il Vescovo
può iniziare la Causa. Inoltre, la fama di offerta della vita deve essere corredata
da una fama di segni, ossia di grazie, favori e anche miracoli attributi
all’intercessione del Servo di Dio che ha offerto la propria vita propter caritatem
per il prossimo.

4. Gli elementi canonici richiesti per la beatificazione di un Servo di Dio


come Confessore che ha offerto la vita propter caritatem sono: 1° l’istruzione
dell’Inchiesta sulla vita e sull’offerta della vita nonché sulla fama di offerta della
vita e di segni del Servo di Dio; 2° lo studio degli atti dell’Inchiesta presso il
Dicastero e la preparazione della relativa Positio super Oblatione Vitae; 3° il
giudizio di merito da parte degli organi collegiali del Dicastero; 4°
l’approvazione definitiva del Sommo Pontefice dell’offerta della vita, che
consiste nella promulgazione del Decreto sull’offerta della vita e nella
concessione del titolo di “Venerabile Servo di Dio”; 5° un miracolo, attribuito
all’intercessione del Servo di Dio, che consiste nei seguenti elementi: a.
l’istruzione dell’Inchiesta sul miracolo; b. lo studio degli atti dell’Inchiesta presso
il Dicastero e la preparazione del Summarium; c. il giudizio da parte della
Consulta Medica/Tecnica; d. la preparazione della Positio super Miro e il
giudizio di merito degli organi collegiali del Dicastero; e. l’approvazione
32

definitiva del Sommo Pontefice del miracolo che comporta la promulgazione del
Decreto sul miracolo.
Si procede alla beatificazione del Venerabile Servo di Dio dopo
l’approvazione del miracolo dal Sommo Pontefice.

2. Canonizzazione dei Beati

Gli elementi canonici richiesti per la canonizzazione di tutti i Beati, sia Martiri
che Confessori, sono: 1° la beatificazione formale del Venerabile Servo di Dio;
2° un miracolo, attribuito all’intercessione del Beato, che consiste nei seguenti
elementi: a. l’istruzione dell’Inchiesta sul miracolo; b. lo studio degli atti
dell’Inchiesta presso il Dicastero e la preparazione del Summarium; c. il giudizio
da parte della Consulta Medica/Tecnica; d. la preparazione della Positio super
Miro e il giudizio di merito degli organi collegiali del Dicastero; e.
l’approvazione definitiva del Sommo Pontefice del miracolo che comporta la
promulgazione del Decreto sul miracolo; 3° il Concistoro sulla canonizzazione
del Beato.

2. Definizione di una Causa di Canonizzazione

Premessa: per sapere che cos’è un’Inchiesta diocesana o eparchiale occorre


sapere prima che cos’è una Causa di Canonizzazione. Gli elementi di una
definizione si evidenziano nell’Introduzione della Costituzione Apostolica
Divinus perfectionis Magister: una Causa come un processo di discernimento da
parte della competente autorità ecclesiastica, il Santo proposto per limitazione dei
fedeli, il Santo, in quanto appartenente alla Comunione dei Santi, intercede per i
fedeli, e venerazione del Santo attraverso il culto pubblico da parte della Chiesa
unviersale.

1. Definizione: Una Causa di Canonizzazione (canonizzazione, in quanto è la


sentenza definitiva del Sommo Pontefice sulla santità del Servo di Dio) è un
processo di discernimento da parte della legittima autorità ecclesiastica,
verificando che il Servo di Dio (un defunto fedele cattolico):
1. è degno di imitazione dai fedeli a causa dello straordinario esempio: (a) del
suo martirio, (b) del suo esercizio eroico di tutte le virtù cristiane o (c) dell’offerta
della vita propter caritatem;
2. essendo nel cielo, può essere invocato dai fedeli per la sua intercessione
presso Dio (dottrina della Comunione dei Santi);
33

3. è venerato dalla Chiesa e nella Chiesa con il titolo di “Santo” e il culto


pubblico (onori liturgici – onori degli altari).

3. Definizione dell’Inchiesta diocesana o eparchiale

L’Inchiesta è il processo, istruito dal Vescovo, dall’Eparca o da colui ad essi


equiparato dal diritto, competente de iure (secondo il diritto), per la raccolta di
tutte le prove documentali e testificali pro et contra la Canonizzazione del Servo
di Dio morto in concetto di santità:
1. è il processo: è un vero e proprio processo giuridico-canonico, istruito
secondo le norme della vigente legge pontificia peculiare nelle Cause dei Santi.

2. istruito dal Vescovo, dall’Eparca o da colui ad essi equiparato dal diritto,


competente de iure (secondo il diritto);
- presunzione di diritto: l'Inchiesta viene istruita nel territorio dove si trovano
le prove, fino a prova contraria; competenza viene definita dalla legge
ecclesiastica positiva (cfr. n. 5 delle Normae servandae).

3. per la raccolta di tutte le prove documentali e testificali pro et contra:


1. l’oggetto di ogni processo (ecclesiastico e civile) è raggiungere la certezza
morale sulla verità, che è la giustizia per le 2 parti della Causa (la Chiesa e
l’Attore);
- la definizione della certezza morale (Pio XII): la conclusione che ogni
persona ragionevole raggiungerebbe in considerazione delle prove e delle
argomentazioni presentate nel caso specifico.
2. si richiede la raccolta di tutte le prove documentali e testificali, incluse
quelle contro la Canonizzazione del Servo di Dio (probationes omnino plenae –
raccolta di tutte le prove sul martirio, sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita e
sul miracolo)

4. la canonizzazione: sono incluse le 3 tappe di una Causa:


1. Venerabilità [fase iniziale]: in tutte le Cause è necessario provare l’essenza
della santità, ossia il martirio, le virtù eroiche o l’offerta della vita del Servo di
Dio; approvata l’essenza della santità, il Sommo Pontefice concede al Servo di
Dio il titolo di “Venerabile Servo di Dio”, al quale non è permesso alcun culto
pubblico!
2. Beatificazione [fase seconda o, spesso chiamata la fase intermedia, in
quanto è la prima concessione di culto pubblico]: è l’atto con il quale il Sommo
34

Pontefice concede al Venerabile Servo di Dio il titolo di “Beato” e permette che


gli viene concesso il culto liturgico, limitato a tempi e luoghi determinati dalla
legge, in suo onore;
3. Canonizzazione [fase finale o definitiva, in quanto è la sentenza definitiva
sulla santità del Servo di Dio]: atto infallibile con il quale il Sommo Pontefice
concede al Beato il titolo di “Santo” e ordina che gli viene concesso il culto
liturgico universale.

5. di un Servo di Dio: il titolo di Servo di Dio non ha alcun effetto giuridico;


i titoli di Venerabile, Beato e Santo, invece, sì! L’Art. 4 § 2 della Sanctorum
Mater afferma: È chiamato Servo di Dio il fedele cattolico di cui è stata iniziata
la causa di beatificazione e canonizzazione.

6. morto in concetto di santità: la fama è l’opinione tra una porzione


significativa dei fedeli (sensus fidelium) sulla santità del Servo di Dio a motivo
del suo martirio o dell’eroicità delle sue virtù o dell’offerta della sua vita
(semplicemente detto, il Servo di Dio può essere imitato dai fedeli)

7. di santità: la santità è una realtà unica: nelle Cause dei Santi la fama,
goduta dal Servo di Dio, è distinta – per motivi pratici – in: (1) “fama di martirio”
del
Servo di Dio, ucciso in odio alla Fede o per una virtù cristiana; (2) “fama di
santità” del Servo di Dio che ha praticato in grado eroico tutte le virtù cristiane;
(3) “fama di offerta della vita” del Servo di Dio che ha offerto la propria vita
propter caritatem.

4. Due (2) Fasi di una Causa di Canonizzazione

La Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister divide la Causa in


2 fasi:
1. Fase diocesana o eparchiale, la quale consiste dell’inizio giuridico-
canonico della Causa e dell’istruzione dell’Inchiesta per la raccolta di tutte le
prove nella stessa Causa (cfr. DPM, Parte I, nn. 1-2, 1° - 6°);
2. Fase romana, la quale consiste dello studio degli atti dell’Inchiesta
diocesana o eparchiale e del giudizio di merito sulla Causa (cfr. DPM, Parte II,
nn. 3-12 e Parte III, nn. 13-16).
35

5. Quattro (4) Fasi dell’Inchiesta diocesana o eparchiale

1. La Divinus perfectionis Magister stabilisce che la procedura in genere


dell’Inchiesta consiste di 3 elementi (cfr. DPM, PARTE I, n. 2, 1° - 6°):
1. la raccolta di tutte le prove secondo le Normae servandae …;
2. la produzione di 2 copie fedeli agli atti originali; 3. l’invio delle 2 copie
al Dicastero.
2. La medesima Costituzione suddivide la fase diocesana o eparchiale in 4
fasi:
1. Fase iniziale dell'Inchiesta
2. Fase della raccolta delle prove documentali
3. Fase della raccolta delle prove testificali 4. Fase finale dell’Inchiesta.

6. Compito del Vescovo [Delegato Episcopale]

Per comprendere meglio il ruolo del Vescovo competente per iniziare la Causa
e istruire l’Inchiesta diocesana o eparchiale, si può ricorrere alla figura canonica
dell'Uditore, illustrata nel CIC 1983 can. 1428 §3 e nel CCEO can. 1093 §3:
“L’Uditore, secondo il mandato del giudice, soltanto raccoglie le prove, e dopo
di averle raccolte, le consegna al giudice”.
Applicando questa figura canonica dell’Uditore al Vescovo competente e il
Delegato Episcopale, nominato per istruire l’Inchiesta a nome del Vescovo, gli
elementi comuni alle Cause di Canonizzazione per analogiam sono: l’Uditore è
il Vescovo – il giudice è il Sommo Pontefice; il compito del Vescovo e, a posto
suo, il Delegato Episcopale, è raccogliere tutte le prove e inviarne due copie al
Dicastero.
N.B.: come tutte le analogie, anche questa zoppica, in quanto il Vescovo non
è un “chierichetto” del Sommo Pontefice; secondo la legge del 1983, il Vescovo
ha potere decisionale di iniziare la Causa, di sospenderla e di inviare gli atti al
Dicastero, o meno!

7. Elementi richiesti per l’inizio della Causa

1. Fama di santità: martirio, virtù eroiche od offerta della vita

Prima di iniziare il processo canonico, ossia l’Inchiesta diocesana o


eparchiale, occorre stabilire il fumus boni iuris della Causa, che può essere
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definito come l’indicazione della presunzione dell'esistenza di sufficiente


presupposto (nelle Cause dei Santi: la fama di martirio, di santità (virtù eroiche)
o di offerta della vita del Servo di Dio) per applicare un istituto giuridico (nelle
Cause dei Santi: l’Inchiesta diocesana o eparchiale).
Questo significa che c’è una ragionevole possibilità di successo del processo
(dove c’è fumo c’è arrosto!). La fama del Servo di Dio è il fumus boni iuris della
Causa!

1. Definizione della fama

La fama è l’opinione diffusa tra una porzione significativa dei fedeli:


1. circa la morte subíta dal Servo di Dio per la fede (in odium fidei) o
per una virtù cristiana (aut pro virtute in Deum relata): fama di martirio (fama
martyrii)
2. circa la purità e l'integrità di vita e circa le virtù da lui praticate in
grado eroico: fama di santità (fama sanctitatis)
3. circa l’offerta della vita propter caritatem: fama di offerta della vita
(fama oblationis vitae)
N.B.: (a) dal punto di vista teologico, la fama è il frutto dell'azione dello
Spirito Santo nei cuori dei battezzati – sensus fidelium; (b) come già evidenziato
sopra, la santità è una cosa sola: per le Cause di canonizzazione la fama è distinta,
per motivi pratici, in fama di martirio, fama di santità (virtù eroiche) e fama di
offerta della vita.

2. Le qualità della fama

1. fama di martirio: deve essere autentica, diffusa, non creata con arte umana,
spontanea tra una porzione significativa del popolo di Dio e deve esistere nella
morte e sempre crescente dopo la morte;
2. fama di santità: deve essere autentica, diffusa, non creata con arte umana,
spontanea tra una porzione significativa del popolo di Dio e deve esistere nella
vita, nella morte e sempre crescente dopo la morte;
3. fama di offerta della vita: deve essere autentica, diffusa, non creata con arte
umana, spontanea tra una porzione significativa del popolo di Dio e deve esistere
almeno dopo la morte del Servo di Dio e sempre crescente dopo la morte;

2. Fama di segni: grazie, favori, miracoli


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1. Per essere autentica, la fama di martirio, di santità o di offerta della vita


deve essere corredata da una fama di segni, goduta dal Servo di Dio tra una
porzione significativa dei fedeli.
2. Definizione della fama di segni: è l’opinione diffusa tra una porzione
significativa del popolo di Dio circa grazie, favori e miracoli ottenuti da Dio
attraverso l'intercessione del Servo di Dio;
3. L’esistenza di una fama di segni è la conferma divina circa l’autenticità,
ossia l’origine divina della fama di martirio, di santità (virtù eroiche) e di offerta
della vita come vera opera dello Spirito Santo nei cuori dei battezzati.

8. Dubbio (oggetto) dell'Inchiesta

Ci sono 3 fattispecie dell’iter (via) di Beatificazione e Canonizzazione


secondo le quali le prove documentali e testificali devono essere raccolte durante
l’Inchiesta:
1. per la Causa che procede sul martirio del Servo di Dio, le prove devono
essere raccolte: “sulla vita e sul martirio nonché sulla fama di martirio e di segni
del Servo di Dio” (super vita et martyrio necnon fama martyrii et signorum Servi
Dei)
2. per la Causa che procede sulle virtù eroiche (sull’eroicità delle virtù) del
Servo di Dio, le prove devono essere raccolte: “sulla vita e sulle virtù nonché
sulla fama di santità e di segni del Servo di Dio” (super vita et virtutibus necnon
fama sanctitatis et signorum Servi Dei)
3. per la Causa che procede sull’offerta della vita del Servo di Dio, le prove
devono essere raccolte: “sulla vita e sull’offerta della vita nonché sulla fama di
offerta della vita e di segni del Servo di Dio” (super vita et oblatione vitae necnon
fama oblationis vitae et signorum Servi Dei)
N.B.: l'Inchiesta viene istruita soltanto su una delle fattispecie, e cioè: o sul
martirio o sulle virtù o sull’offerta della vita del Servo di Dio

9. Osservazioni conclusive

1. L’Inchiesta diocesana o eparchiale è un autentico processo:


l’Inchiesta deve essere condotta secondo la peculiare legge pontificia e le
norme del Codice di Diritto Canonico nonché la prassi del Dicastero.

2. Principi fondamentali giuridici di diritto processuale:


38

1. Quod non est in scriptis non est in mundo (Quello che non è scritto non
esiste)
- ogni atto giuridico-canonico, richiesto dalla legge nell’esecuzione delle
norme, deve essere scritto “nero sul bianco”, ad esempio, l’identità dell’Attore
tramite l’apposito strumento giuridico; come d’altronde un documento scritto che
attesta l’impossibilità di eseguire una norma, ad esempio, la mancanza di nomine
di Censori Teologi a causa dell’inesistenza di scritti editi del Servo di Dio.
2. Quod non est in actis non est in mundo (Quello che non è negli atti non
esiste)
- ogni atto giuridico-canonico, compiuto dal Vescovo o dal Delegato
Episcopale nell’esecuzione delle norme, deve essere inserito tra gli atti di una
Sessione dell’Inchiesta, ad esempio, i Decreti di nomine, le verbalizzazioni dei
giuramenti, la consegna delle prove documentali e della Relazione da parte della
Commissione Storica, ecc.

3. Ogni processo ha un inizio e una fine nel tempo e nello spazio:


1. Prima Sessione o Sessione di Apertura dell’Inchiesta: viene
celebrata per i giuramenti di adempiere fedelmente l’incarico e mantenere il
segreto
2. Ultima Sessione o Sessione di Chiusura dell’Inchiesta: viene
celebrata per i giuramenti de munere bene adimpleto (di aver adempiuto
fedelmente l’incarico)
3. Altre Sessioni: tra la Prima e l’Ultima Sessione ci sono Sessioni
nelle quali vengono effettuati altri atti canonici prescritti dalla legge pontificia
peculiare, dalle norme del Codice di Diritto Canonico e dalla prassi del Dicastero.
N.B.: tutte le Sessioni dell’Inchiesta, dalla Prima a quella Ultima, devono essere
numerate in ordine cronologico.

CAPITOLO III Inchiesta su martirio, virtù eroiche e offerta della vita

Premesse

1. Occorre tenere presenti le modifiche riportate dalla Lettera Apostolica


Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae alle Normae servandae in
Inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis Sanctorum.
39

Fondamentalmente si tratta di aggiungere “offerta della vita” ovunque si


leggano “martirio” e “virtù eroiche”. Questo va applicato anche alla Cost. Apost.
Divinus perfectionis Magister e l’istruzione Sanctorum Mater.
2. In questi Appunti le citazioni, “n. con un numero”, riferiscono all’apposito
numero delle Normae servandae del 7 febbraio 1983.
3. Nell’Appendice di questi Appunti si trovano i testi della Costituzione
Apostolica Divinus perfectionis Magister delle Normae servandae in
Inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis Sanctorum e del Motu proprio
Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae.

Fase preliminare all’inizio della Causa

Regola di prudenza: Non esiste una norma canonica riguardante quanto


segue, bensì si tratta di una regola di prudenza: avere un colloquio/incontro con
il Vescovo prima di chiedere l’inizio di una Causa di Canonizzazione, tenendo
presente che occorre: (1) verificare la competenza canonica del Vescovo nel cui
territorio si può iniziare la Causa e istruire l’Inchiesta; (2) costatare l’esistenza di
un’autentica fama di santità e di segni, goduta dal Servo di Dio tra una porzione
significativa del popolo di Dio; (3) tener presente che si può chiedere l’inizio
della Causa soltanto 5 anni dopo la morte del Servo di Dio.

1. Competenza del Vescovo: la questione è se il Vescovo sia competente ad


iniziare la Causa secondo il diritto (de iure), stabilito dal n. 5, oppure se sia util o
addirittura necessario trasferire la competenza dal Vescovo de iure competente al
Vescovo che vorrebbe o dovrebbe iniziare la Causa.
N.B.: nella Causa sul martirio di più Servi di Dio, si applica la norma che si
possono conglobare più Servi di Dio in un’unica Causa solo se avessero subíto il
martirio "nello stesso luogo e nella stessa persecuzione".
Si deve, comunque, sempre stabilire la competenza del Vescovo per ogni
singolo Servo di Dio del gruppo.

3. Se iniziare la Causa, o meno: Innanzitutto, occorre dimostrare al Vescovo


il fondamento teologico per l’inizio della Causa: (1) l’esistenza della fama di
martirio o di virtù eroiche o di offerta della vita e sull’esistenza della fama di
segni; (2) l’importanza ecclesiale della Causa.
40

3. Dubbio o oggetto della Causa (Inchiesta): Una Causa non può essere
canonicamente iniziata se il Servo di Dio non fosse morto per almeno di cinque
(5) anni. Questa regola permette la verifica della crescita della fama del Servo di
Dio dopo la sua morte, necessaria per provare l’autenticità della stessa fama.
Occorre, inoltre, accordare il dubbio o l’oggetto della Causa e, pertanto,
dell’Inchiesta: se la Causa procederà sul martirio, sulle virtù eroiche oppure
sull’offerta della vita. Contrariamente alle cause matrimoniali, una Causa di
Canonizzazione non può procedere su più di un dubbio.

4. Attore e il Postulatore della Causa: (1.) Si tratta della persona e della


capacità dell’Attore di promuovere la Causa, ossia di assumere le responsabilità
morali e finanziarie della Causa e il conseguente riconoscimento dell’Attore da
parte del Vescovo competente.
(2) Si tratta, inoltre, della persona e della capacità del Postulatore, quale
rappresentante giuridico dell’Attore per la fase diocesana o eparchiale della
Causa e la conseguente approvazione dal Vescovo.

4. “Fondo di Beni” della Causa e l’Amministratore del Fondo: Una nuova


figura canonica nelle Cause dei Santi è stata istituita con la promulgazione delle
Norme sull'Amministrazione dei Beni delle Cause di Beatificazione e
Canonizzazione del 7 marzo 2016: quella dell’Amministratore, il quale
amministra i beni della Causa costituiti in un apposito “Fondo di beni”. La
persona scelta dall’Attore deve avere l’approvazione del Vescovo.

I. Fase iniziale dell'Inchiesta: nn. 1 – 12; n. 15b-c

Premessa: Ottenuto l’esito positivo del colloquio con il Vescovo, si procede


alla fase iniziale della Causa/dell’Inchiesta che è composta degli atti iniziali per
la costituzione dei parametri canonici della Causa e, pertanto, dell’Inchiesta: (1)
la competenza canonica del Vescovo; (2) lo strumento giuridico della
costituzione dell’Attore e l’approvazione del Vescovo competente; (3) il
“Mandato del Postulatore” da parte dell’Attore e l’approvazione del Vescovo
competente; (4) il “Mandato del Vice-Postulatore” e l’approvazione dell’Attore;
(5) il “Libello di domanda” del Postulatore, preparato a nome dell’Attore della
Causa e presentato al Vescovo competente secondo il diritto.

1. Attore della Causa: n. 1a


41

1. Definizione: colui che promuove la Causa: (1) chiede al Vescovo


competente di iniziare la Causa con il formale libello di domanda; (2) assume le
responsabilità morali (divulgare conoscenza del Servo di Dio) e finanziarie
(affrontare tutte le spese) della Causa.

2. Costituzione canonica dell’Attore


1. L’Attore si costituisce con uno strumento giuridico scritto (quod non
est in scriptis non est in mundo)
2. L’Attore deve essere riconosciuto dall’autorità ecclesiastica per
quanto riguarda la capacità canonica e finanziaria. Come viene riconosciuto non
è specificato dalla legge – può essere un ente che gode già di personalità canonica
(di diritto pontificio o diocesano/eparchiale), oppure tramite un semplice
riconoscimento con un documento scritto del Vescovo competente.

3. Chi può essere l’Attore della Causa


1. il Vescovo ex officio, non in quanto persona fisica, ma in quanto
rappresentante morale e giuridico della diocesi/eparchia
2. una persona fisica – un cattolico battezzato (è possibile, ma
pressoché impossibile che una persona sola assuma le responsabilità morali e
finanziarie della Causa)
3. una persona giuridica: Istituto di Vita Consacrata, Società di Vita
Apostolica, Associazione clericale e/o laicale
4. un “Guild” (gilda, corporazione, associazione)
– stabilito specificamente per promuovere la Causa. Anch’esso deve
essere giuridicamente costituito con un documento scritto.
5. più enti insieme – è necessario, però, definire precisamente le
responsabilità giuridiche di ciascun ente a causa delle difficoltà di natura pratica:
nella Causa devono sempre agire in solidum.

2. Postulatore della Causa: nn. 1b – 3

1. Definizione: è il rappresentante giuridico dell’Attore davanti a tutte le


autorità ecclesiastiche, legittimamente costituito (nominato) dall’Attore con un
“Mandato di Postulatore” (Si suggerisce che l’Attore utilizzi il testo preparato dal
Dicastero.)
42

2. Nomina (costituzione) del Postulatore: n. 2a


1. Il Postulatore diocesano/eparchiale (spesso chiamato “Postulatore
ad casum”) viene nominato dall'Attore della Causa, secondo il diritto naturale (ex
iure naturali), in quanto il Postulatore è il rappresentante giuridico dell’Attore.
2. Il Postulatore Generale viene nominato per più Cause appartenenti
allo stesso istituto religioso e di quelli ad esso aggregati secondo il diritto (non si
tratta di un legame spirituale). Occorre utilizzare il testo preparato dal Dicastero.
3. Eccezione alla regola: l’Attore può nominare un Postulatore con
dimora fissa a Roma. Il Postulatore, poi, nomina un Vice-Postulatore, con
l’approvazione dell’Attore della Causa, con residenza in diocesi o eparchia. Il
compito del Vice-
Postulatore è seguire l’istruzione dell’Inchiesta nome del Postulatore romano.
Per motivi pratici, la persona scelta come Vice-Postulatore per seguire
l’Inchiesta nella diocesi o eparchia a nome del Postulatore romano, dovrebbe
essere sottoposto al Vescovo competente per la sua accettazione!

3. Approvazione della nomina del Postulatore


1. La nomina del Postulatore diocesano/eparchiale deve essere
approvata dal competente Vescovo diocesano o eparchiale; non c’è una regola
riguardante la sua dimora fissa.
2. La nomina del Postulatore Generale, invece, deve essere approvato
dal Dicastero.

3. Figura giuridica del Postulatore: n. 3a


1. Chi può essere il Postulatore: sacerdote diocesano/eparchiale (con il
permesso del Vescovo/Eparca), religioso e religiosa (con permesso del
Superiore/della Superiora), laico e laica cattolico (con lettera commendatizia del
parroco o di un’altra autorità ecclesiastica).
2. Qualità richieste: “esperti” in teologia, diritto, storia e “pratici” nella
prassi del Dicastero. Non si parla di titolo academici, ad esempio licenza o laurea
nella rispettiva materia.

4. Diritti e Doveri del Postulatore


1. n. 1b: rappresentare l’Attore davanti a tutte le autorità
ecclesiastiche
43

2. n. 3b: Primo compito (“Imprimis, Anzitutto”): svolgere le


indagini per conoscere la fama del Servo di Dio e l’importanza ecclesiale
della Causa, e riferire al Vescovo.
Non viene specificata la natura delle indagini: non si tratta, però, di un
Processo poiché il Postulatore non ha l’autorità giuridico-canonica per farne uno.
La prassi del Dicastero ha stabilito che sono sufficienti alcune brevi
dichiarazioni scritte da parte di persone che sono in grado di riferirne al Vescovo.
3. n. 3c: stabilisce che il Postulatore deve amministrare i beni della Causa:
dopo la promulgazione delle Norme sull'Amministrazione dei Beni del 7 marzo
2016, la prassi del Dicastero è che questo non è più il compito del Postulatore
bensì l’Amministratore del “Fondo di Beni” della Causa, nominato
appositamente per tale compito. Il Postulatore Generale, invece, può assumere
l’incarico di Amministratore.
4. nn. 8 – 10: preparare il Libello di domanda al Vescovo competente;
5. n. 12: il diritto di essere informato di un ostacolo di una certa
rilevanza e il diritto di provare a eliminarlo. Sembra ragionevole che questa
norma va applicata per tutto l’iter dell’Inchiesta, in quanto il Postulatore è il
rappresentante giuridico dell’Attore.
6. n. 15a: può collaborare nella preparazione degli Interrogatori
7. n. 27c: può prendere visione degli atti dopo la loro pubblicazione
8. Secondo la prassi del Dicstero, il Postulatore e/o il Vice Postulatore
partecipa alla Prima Sessione e all’Ultima Sessione per prestare il giuramento di
rito (infatti, si tratta di una norma inesistente!).

3. Vice-Postulatore della Causa: n. 4


1. persona giuridica: egli è il sostituto (vice) del Postulatore, con tutti
gli stessi diritti e doveri; non può mai agire contro la volontà del Postulatore.
2. viene nominato dal Postulatore con un “Mandato di Vice-
Postulatore, con l'approvazione dell'Attore
3. stesse qualità sono richieste come quelle richieste per il Postulatore:
n. 3a 4. il Postulatore può nominare un numero illimitato di Vice-Postulatori
5. il Vice-Postulatore del Postulatore Generale o del Postulatore romano:
egli agisce nella diocesi o nell’eparchia e mai in Urbe (egli non può rappresentare
il Postulatore o l’Attore davanti al Dicastero!)

4. Amministratore del “Fondo di Beni” della Causa


Come già evidenziato sopra, le Norme sull'Amministrazione dei Beni delle
Cause di Beatificazione e Canonizzazione del 7 marzo 2016 richiede la
44

costituzione di un “Fondo di Beni” della Causa e un Amministratore, debitamente


nominato dall’Attore, per mezzo di uno strumento giuridico con effetti ecclesiali
e civili, con l’approvazione del Vescovo.

5. Norme sull’amministrazione dei Beni delle Cause di Beatificazione e


Canonizzazione del 7 marzo 2016: Uno studio di questa materia, preparato dal
prof. dott. Waldery Hilgeman, si trova nell’Appendice di questi Appunti.

6. Vescovo competente: n. 5a

Premessa: Una delle innovazioni importanti della legislazione del 1983 è la


seguente: “Ai Vescovi diocesani, agli Eparchi (Chiese Orientali) e a quanti ad
essi sono equiparati dal diritto, nell’ambito della propria giurisdizione …
compete il diritto di investigare …”, ossia iniziare la Causa di canonizzazione e
istruire l’Inchiesta (cfr. DPM, I. n. 1).
L’Attore è “colui che può chiedere che venga iniziata la Causa”. Qui, invece,
si tratta di “colui che può iniziare la Causa”. In breve, non è più la Santa Sede che
inizia una Causa di Canonizzazione!

1. Giurisdizione
Regola generale: colui, che ha il diritto di costituire un Tribunale, può iniziare
una Causa,
1. in base alla sua giurisdizione territoriale: Vescovi diocesani (Chiesa
Latina), Eparchi (Chiese Orientali) e coloro ad essi equiparati dal diritto
(prelatura territoriale, abbazia territoriale, vicariato apostolico, prefettura
apostolica, amministrazione apostolica: cfr. can. 368 CIC; CCEO – nessun
canone simile): Patriarca, Gerarca, Esarca
2. oppure in base alla giurisdizione personale: Prelature Personali
(Opus
Dei), Ordinariati Militari per i propri membri

2. Legge ecclesiastica positiva: n. 5a


Competente ad iniziare la Causa di Canonizzazione è il Vescovo nel cui
territorio il Servo di Dio è morto
N.B.: presunzione della legge: si istruisce l’Inchiesta nel territorio in cui si
trovano le prove (perché l’Inchiesta mira alla raccolta delle prove), fino a prova
contraria.
45

3. Trasferimento della competenza: n. 5a


1. Chi è competente a trasferire la competenza: soltanto il Dicastero
2. Procedura: il Vescovo, che vuole istruire la Causa (Vescovo ad
quem), invia al Prefetto del Dicastero l’istanza (definizione: richiesta scritta):
(1) egli chiede il trasferimento della competenza; (2) allega all’istanza
copia del consenso scritto del Vescovo che è de iure competente ad istruire la
Causa (Vescovo a quo); e (3) indica le circostanze particolari o i motivi che
consiglino il trasferimento.
N.B.: l’eccezione prevista nel n. 5a, “a meno che particolari circostanze,
...” va applicata anche per l’Inchiesta sul miracolo, in considerazione del principio
che si istruisce l’Inchiesta nel luogo dove si trovano le prove, fino a prova
contraria.

7. Libello di domanda del Postulatore: nn. 7 e nn. 8 – 10

1. “Norma di premessa”: n. 7
La norma n. 7 è una specie di premessa ai nn. 8 – 10, in quanto distingue 2
tipi di Cause secondo la qualità delle prove. Tale qualità determinerà, di
conseguenza, il contenuto del Libello di domanda del Postulatore:
1. Causa recente: le prove si desumono dalle deposizioni orali di
testimoni oculari (di 1° grado);
2. Causa antica: le prove si desumono solo da fonti scritte
(documenti).
N.B.: in una Causa antica, però, la fama di martirio, di santità e di offerta
della vita e la fama di segni del Servo di Dio, deve essere sempre crescente dopo
la sua morte. Le prove sulla fama attuale (ancora presente), pertanto, si desumono
dalle deposizioni orali di testimoni oculari (cfr. n. 15b).

2. Definizione del Libello di domanda: n. 8


1. Il Libello di domanda (Supplex Libellus/Supplice Libello) è la richiesta
scritta del Postulatore, a nome dell’Attore della Causa, che viene indirizzato e
presentato (fisicamente o materialmente) al Vescovo de iure competente,
chiedendo l’inizio della Causa e l’istruzione dell’Inchiesta.
N.B.: Il Libello è richiesto dal diritto processuale ad validitatem di ogni
processo!
2. Difficoltà del testo legislativo:
1. la differenza tra: Chiunque intenda iniziare una causa: il Vescovo
competente e Chiunque intenda chiedere l’inizio: l’Attore della Causa
46

2. presenti al Vescovo: esiste una differenza netta tra la semplice


presentazione “fisica o materiale” del Libello e la sua accettazione canonica dal
Vescovo, che nel diritto significa l’inizio formale di una Causa.
Qui si tratta della semplice presentazione “fisica o materiale” del
Libello di domanda del Postulatore al Vescovo competente.

3. Tempo di presentazione del Libello di domanda: n. 9


1. n. 9a: soltanto dopo 5 anni – determinazione arbitraria ma fondata sulla
qualità della fama che deve essere sempre crescente dopo la morte
2. n. 9b: se esibito dopo 30 anni: il Postulatore deve spiegare nel suo Libello
di domanda i motivi per il ritardo della presentazione dello stesso Libello.
In seguito alla spiegazione dei motivi da parte del Postulatore, il Vescovo
deve pubblicare la Dichiarazione dell’assenza di frode e dolo nel procrastinare
l’inizio della Causa

4. Contenuto del Libello di domanda: nn. 10 e 15b


1. gli elementi richiesti per la validità del Libello: il Postulatore deve
chiedere esplicitamente, a nome dell’Attore, l’inizio della Causa e l’istruzione
dell’Inchiesta (cfr. CIC 1983, cc. 1501-1503; CCEO, cc. 1104 § 2, 1185-1187)
2. eventualmente, in ottemperanza al n. 9b, evidenziare i motivi del
ritardo di più di 30 anni della presentazione del Libello e la mancanza di frode e
dolo nel procrastinare la sua presentazione. 3. eventualmente, dichiarare
l’assenza di scritti pubblicati (editi).
4. Allegare al Libello i seguenti elementi: 1°: “una biografia di valore
storico oppure un’accurata relazione
cronologica”: illustrare la vita, attività, morte (martirio), offerta della vita del
Servo di Dio, evidenziando la fama di martirio, di santità o di offerta della vita, e
la fama di segni;
2°: copia di “tutti gli scritti pubblicati (editi) del Servo di Dio”:
- definizione di scritti pubblicati: sono scritti, scritti dal Servo di Dio
e pubblicati da lui e/o da altri (anche post mortem)
- in assenza di scritti pubblicati (1) il Postulatore lo deve dichiarare
nel suo Libello e (2) il Vescovo deve pubblicare la Dichiarazione dell'inesistenza
di scritti pubblicati;
3°: “Elenco dei Testi” (Notula Testium): sono i testi indotti dal
Postulatore
1. nelle Cause recenti: testi pro et contra la Causa
2. nelle Cause antiche: 12/15 testi “qualificati” oculari: sono quelli
47

in grado di testimoniare sulla diffusione della fama ancora presente tra una parte
significativa del popolo di Dio: cfr. n. 15b

8. Le tre (3) Consultazioni prima di iniziare la Causa

1. Premesse 1. Confusione di terminologia


n. 11a: “Accettato il libello …”: abbiamo già spiegato la distinzione tra la
presentazione/accettazione fisica/materiale del Libello, e l’accettazione del
Libello che ha un effetto giuridico-canonico, ossia il formale inizio della Causa.
N.B.: In brevi parole, l’accettazione giuridico-canonica del Libello del
Postulatore tramite un specifico Decreto comporta l’inizio formale e canonico
della Causa e, di conseguenza, dell’Inchiesta diocesana o eparchiale.

2. Domande canoniche
# 1: quando inizia una Causa? quando il Libello viene canonicamente
accettato dal Vescovo (non si tratta della semplice accettazione fisica/materiale
dal Vescovo
# 2: quando il Vescovo potrebbe accettare il Libello, così iniziando la
Causa? canonicamente parlando, lo può accettare in qualsiasi momento!
PERÒ: la prudenza e l’esperienza insegnano che il Vescovo dovrebbe
accettare canonicamente il Libello soltanto dopo aver ricevuto le risposte alle tre
(3) consultazioni che possono essere effettuate simultaneamente:

2. Tre (3) Consultazioni (n. 11a, 11b e 15c)

1. Con la Conferenza Episcopale: n. 11a


1. si tratta di consultazione anziché consenso con la “conferenza
episcopale, almeno regionale” (ad esempio, Italia e Brasile sono canonicamente
divisi in regioni); altri paesi, invece, no. “L’almeno regionale” significa, pertanto,
consultazione con la conferenza nazionale.
Ormai è prassi del Dicastero di accettare il parere dei Vescovi della
provincia metropolitana ecclesiastica.
2. il contenuto della consultazione; il parere sull’opportunità della
Causa (religiosa, sociale, nazionale, internazionale, ecc.) e sull’importanza
ecclesiale nazionale e universale della Causa, anziché sulla santità del Servo di
Dio, della quale non poche volte i Vescovi ne sanno poco.
3. Procedura: un documento, firmato dal Presidente e del Segretario
Generale della conferenza, che dichiara il parere dei Vescovi, deve essere inserito
48

tra gli atti della Prima Sessione dell’Inchiesta; lettere individuali dei Vescovi
sono sconsigliate.

2. Con i Fedeli: n. 11b


1. il Vescovo pubblica il Libello del Postulatore, chiedendo
informazioni utili, indicando una persona per eventuale contatto;
2. viene reso pubblico, in forma di “Editto” nella Cattedrale, sul sito
web, sul giornale diocesano/eparchiale, ecc.;
3. viene reso pubblico anche in un’altra diocesi o eparchia, se
necessario, con il consenso scritto del rispettivo Vescovo o Eparca (questione
canonica di giurisdizione territoriale)
4. Procedura: copia dell’Editto deve essere inserito tra gli atti della
Prima Sessione dell’Inchiesta.

3. Con la Santa Sede: n. 15c


1. Richiesta: il Vescovo competente deve inviare una lettera al Prefetto
del Dicastero, chiedendo le investigazioni presso i Dicasteri della curia romana
per ottenere il nulla osta della Santa Sede alla Causa; alla lettera si allega un breve
curriculum vitae del Servo di Dio, evidenziando brevemente l’importanza
ecclesiale della Causa (di circa 2 pagine).
2. Risposta: arriverà al Vescovo tramite una lettera del Dicastero con
3 possibili risposte:
a. nihil obstat (nulla osta): non c’è un ostacolo alla Causa;
b. non obstare (non osta): la Causa può procedere; di solito viene
allegata una Nota, evidenziando il punto o i punti da chiarire durante l’Inchiesta;
c. obstare (osta): la Causa non può procedere perché c’è un ostacolo
perentorio alla Causa a carico del Servo di Dio
N.B.: obstare da parte della Santa Sede è decisione vincolante! si può,
però, chiedere i motivi dell’obstare e cercare di eliminare l’ostacolo.
3. Procedura: la lettera del Dicastero con il nihil obstat o il non obstare con
Nota deve essere inserita tra gli atti della Prima Sessione dell’Inchiesta.

Excursus sul “nulla osta della Santa Sede”

1. Con lettera del 1940, Pio XII stabilisce che, prima di procedere all’apertura
degli atti dei Processi Ordinari (sulla fama, sugli scritti e sul non culto) dalla
Congregazione dei Sacri Riti, la stessa Congregazione deve chiedere il nihil
49

obstat da parte dell’allora Sant’Uffizio per verificare che non c’è niente a carico
del Servo di Dio che potrebbe ostacolare il prosieguo della Causa.
2. Nel 1969, con la promulgazione di Sanctitas clarior, il dovere di chiedere
il nihil obstat da parte del Sant’Uffizio fu conservato, ma in vista della
concessione del nihil obstat ad Causam introducendam. Il carattere giuridico del
nihil obstat del Sant’Uffizio, pertanto, rimase quello del 1940, ossia quello di una
verifica che non c’è niente a carico del Servo di Dio.
Si tratta, pertanto, di due diversi tipi di nihil obstat (quello sopra nel #1 e nel
# 2). L’uso dello stesso termine, nihil obstat, ha confuso il significato del nihil
obstat.
3. Nel 1983, è stato conservato il dovere di chiedere il nihil obstat della
Congregazione per la Dottrina della Fede (l’allora Sant’Uffizio), ed è stata
aggiunta la necessità di chiedere il nihil obstat di altri Dicasteri della curia romana
che potrebbero avere informazioni sul Servo di Dio. Il carattere giuridico del nihil
obstat da parte dei diversi Dicasteri rimane ancora quello di una verifica che non
c’è niente a carico del Servo di Dio negli archivi dei Dicasteri.

Conclusione: alla luce del I.1 della Costituzione Apostolica Divinus


perfectionis Magister, che riconosce al Vescovo, all’Eparca e a colui ad essi
equiparato dal diritto, di iniziare una Causa di Canonizzazione, il nihil obstat
della Santa Sede, richiesto dal n. 15c delle Normae servandae e concesso dalla
Congregazione delle Cause dei Santi, quale organo della Santa Sede competente
nelle Cause dei Santi, è, pertanto, una dichiarazione che non c’è niente a carico
del Servo di Dio, anziché il permesso della Santa Sede affinché il Vescovo possa
iniziare la Causa.

Fine dell’Excursus

Osservazione finale: Infine, tanto più essenziale e indispensabile è effettuare


le tre (3) consultazioni, richieste dai nn. 11a, 11b e 15c, prima di decidere l’inizio
canonico della Causa di Canonizzazione e dell’Inchiesta diocesana o eparchiale,
in quanto potrebbe emergere un ostacolo inaspettato!

9. Eventuale Ostacolo contro la Causa: n. 12

Se dalle informazioni ricevute (da quanto stabilito dai nn. 1-11 e 15c) fosse
emerso un ostacolo di una certa rilevanza:
50

n. 12a: - il Vescovo ha il dovere di informare il Postulatore


- Il Postulatore ha il diritto di eliminare, se possibile, l’ostacolo
n. 12b: se il Vescovo decide di non iniziare la Causa egli deve avvertire il
Postulatore con motivi (motivi in forma scritta?: qui subentra la questione della
“buona fama” del Servo di Dio e dell’eventuale scandalo dei fedeli)
N.B.: Sembra che quanto stabilito dal n. 12 deve essere applicato per tutto
l’iter dell’Inchiesta, in quanto il Postulatore è il rappresentante giuridico
dell’Attore della Causa.

10. Pubblicazione del “Decreto dell’Inizio della Causa”

Premesse

N.B.: Prima di esaminare la materia contenuta nel n. 10. Pubblicazione del


“Decreto dell’Inizio della Causa” e nel 11. Prima Sessione o Sessione di Apertura
dell’Inchiesta, occorre osservare che nella legislazione del 1983 non esiste una
norma che richiede la pubblicazione del Decreto dell’inizio della Causa e,
tantomeno, le celebrazioni della Sessione di Apertura e della Sessione di
Chiusura. Tali prescrizioni, da considerarsi prater legem, sono state istituite
dall’istruzione Sanctorum Mater del 2007.

1. Prima di assumere qualsiasi officio nell’Inchiesta (nella Chiesa) sono


richiesti: (1) il Decreto di nomina di colui/colei che prenderà parte alla Causa e
(b) il giuramento da parte del nominato “di adempiere fedelmente il suo incarico
e di tenere il segreto d’ufficio”: n. 6c
2. Si nota la distinzione di terminologia tra (1) gli Officiali dell’Inchiesta (il
Tribunale) e (2) i Partecipanti all’Inchiesta (tutti gli altri che ricoprono un ufficio
nell’Inchiesta: ad esempio, Censori Teologi, Membri della Commissione Storica,
Copista (Fotocopista), Traduttore, Trascrittore, Portitore, ecc.).
3. Va ribadito il principio esposto sopra: In brevi parole, l’accettazione
giuridico-canonica del Libello del Postulatore tramite un specifico Decreto
comporta l’inizio formale e canonico della Causa e, di conseguenza,
dell’Inchiesta diocesana o eparchiale.

1. Elementi del “Decreto dell’Inizio della Causa”

Nel Decreto, il Vescovo competente deve:


1. dichiarare esplicitamente l’accettazione del Libello di domanda del
51

Postulatore, legittimamente nominato dall’Attore e da lui stesso approvato;


2. dichiarare esplicitamente l’inizio della Causa;
3. nominare gli Officiali dell’Inchiesta (spesso denominato
semplicemente “il Tribunale” o i “Membri del Tribunale”) i quali, a nome suo,
sono incaricati dallo stesso Vescovo a istruire l’Inchiesta, a suo nome, ossia: il
Delegato Episcopale, il Promotore di Giustizia e il Notaio; se necessario, egli può
nominare dei Notai Aggiunti.
4. infine, indicare la data, l’ora e il luogo della Prima Sessione o
Sessione di Apertura dell’Inchiesta, celebrata (tenuta) per i giuramenti, richiesti
dal n. 6c.

2. Gli Officiali dell’Inchiesta: il Tribunale

1. Delegato Episcopale: n. 6a
1. Persona giuridica: colui che istruisce l’Inchiesta a nome del
Vescovo;
2. Qualità: Il Delegato Episcopale deve: (1) essere sacerdote (qui
subentrano le nozioni di giurisdizione e ordinazione sacerdotale) e, come tale,
deve agire sempre in armonia con, e mai contro, il Vescovo; (2) essere “perito
nella materia teologica, canonica e anche storica, se si tratta di cause antiche”
[Spesso si usa il vecchio termine “Giudice Delegato” impropriamente, in
quanto non è conforme alla nuova legge: solo il Sommo Pontefice è il giudice
nelle Cause dei Santi.]
N.B.: non è permessa la nomina di un “Delegato Episcopale Aggiunto”.

2. Promotore di Giustizia: nn. 6b, 15a e 16b


1. Persona giuridica: colui che, a nome della Chiesa, promuove la
giustizia; egli garantisce il raggiungimento della certezza morale sulla verità e
tutela il bene comune: la verità è la giustizia;
2. Qualità: deve essere sacerdote; “perito nella materia teologica,
canonica e anche storica, se si tratta di cause antiche”: n. 6a-b
3. Funzione del Promotore di Giustizia: egli promuove la giustizia in
tre
(3) modi:
1. garantisce che vengano osservate tutte le norme procedurali:
presunzione del diritto è che questa procedura è il modo migliore per raggiungere
la certezza morale sulla verità;
52

2. prepara gli Interrogatori per i testi utili ad indagare e mettere in luce


la verità (n. 15a);
3. partecipa ed è presente a tutte le Sessioni dell’Inchiesta; qualora
fosse assente, per motivo grave, egli deve leggere gli atti della Sessione (n. 16b)
N.B.: non è permessa la nomina di un “Promotore di Giustizia Aggiunto”.

3. Notaio dell’Inchiesta: nn. 16a, 25b e 28b


1. Persona giuridica: deve essere un cattolico battezzato, laico o
laica;
2. Funzioni: (1) fa il verbale di tutte le Sessioni del Tribunale –
quod non est in scriptis et non est in actis, non est in mundo!; (b) dichiarare
l’autenticità dei documenti.
N.B.: Ci deve essere un solo “Notaio dell’Inchiesta”, ma possono essere
nominati altri come “Notai Aggiunti” se necessari e/o utili per il buon andamento
dell’Inchiesta; essi sostituiscono il Notaio dell’Inchiesta con tutti i poteri e diritti.

11. Prima Sessione o Sessione di Apertura dell’Inchiesta

1. Suggerimenti di natura pratica


Occorre avere a disposizione: (1) copia della Sacra Scrittura per i giuramenti
da prestarsi durante la Sessione; (2) il sigillo del Vescovo e della diocesi/eparchia
per l’uso del Cancelliere/Sincello, il quale deve fungere da Notaio della Prima
Sessione; (3) sigilli individuali che vengono creati per il Delegato Episcopale, il
Promotore di Giustizia e il Notaio dell’Inchiesta: il timbro fa fede alla firma.

2. Procedura delle Prima Sessione


1. Canonicamente parlando, la celebrazione della Sessione di Apertura
non è prevista nella legge del 1983 (tantomeno la Sessione di Chiusura!)
2. La celebrazione di una Prima Sessione è stata istituita dai Vescovi
per motivi pastorali, diventando così prassi prater legem!
3. La Sessione viene celebrata (tenuta) per il formale inizio della Causa
e dell’Inchiesta nonché per i giuramenti di ciascuno “di adempiere fedelmente il
suo incarico e di tenere il segreto d’ufficio” del Vescovo, degli Officiali
dell’Inchiesta (i Membri del Tribunale), del Postulatore e/o del Vice Postulatore
diocesano/eparchiale della Causa (cfr. n. 6c).
53

Si potrebbe fare prestare i loro giuramenti anche i tre (3) Membri della
Commissione Storica, i quali dovrebbero essere stati nominati precedentemente
alla Prima Sessione e con decreto separato da quello dell’inizio della Causa.
4. Presiede la Sessione il Vescovo competente, anche con la
partecipazione dei fedeli (prudenza per la solennità della celebrazione, evitando
di creare una specie di “mini-canonizzazione”: cfr. n. 36!), oppure può presiedere,
per motivi seri, “chi per lui” nominato ad hoc con
decreto dal Vescovo competente;
5. Il Cancelliere/Sincello della diocesi/eparchia deve fungere da
Notaio della Sessione di Apertura, in quanto il Notaio dell’Inchiesta non può
autenticare il proprio giuramento.
6. Per quanto riguarda i documenti da allegare agli atti della Prima
Sessione: cfr. Sanctorum Mater, Art. 89.

Excursus sull’Articolo 89 della Sanctorum Mater

L’Articolo 89 stabilisce: “Agli atti della Prima Sessione si devono unire gli
atti della causa già compiuti e tutto il materiale già raccolto: ...10. i pareri scritti
dei Censori teologi oppure la dichiarazione sull’assenza di scritti editi; 11. il
materiale raccolto dai periti in materia storica ed archivistica con la loro
Relazione.”
La prassi attuale, che prevede la celebrazione della Sessione di Apertura, ossia
la formale inizio della Causa e dell’Inchiesta, rende impossibile l’applicazione
dei nn. 10 e 11 perché, in una Causa recente, la raccolta delle prove documentali
(nn. 13 e 14) non è ancora terminata!
È altrettanto importante tener presente che, in una Causa recente, dopo la
celebrazione della Prima Sessione si deve sospendere tutto perché gli
Interrogatori per i testi devono essere preparati dal Promotore di Giustizia (n. 15a)
in base alle prove documentali raccolte (nn. 15a e 13-14 e, eventualmente, n. 15c).
Infine, occorre inserire tra gli atti di una futura Sessione dell’Inchiesta tutte le
prove documentali reperite dai nn. 10 e 11 dall’Art. 89 della Sanctorum Mater.

Fine dell’Excursus

II. Fase della raccolta delle prove documentali: nn. 13 – 14


54

Il n. 13 stabilisce: “Se il Vescovo intende iniziare la Causa …”: e cioè


pubblicato il “Decreto dell’Inizio della Causa” e celebrata la Prima Sessione
dell’Inchiesta, si procede alla fase della raccolta delle prove documentali secondo
la procedura stabilita dai nn. 13 e 14.

Osservazioni preliminari

1. In ogni processo ci sono 2 categorie (tipi) di prove:


1. le prove documentali: un documento è un'entità fisica
o digitale in cui sono registrate delle informazioni.
2. le prove testificali: la prova testificale (di un teste o
testimone) è la narrazione di fatti della causa fatta al Tribunale da un
soggetto che non è parte nel processo, ossia l’Attore della Causa, il
Postulatore, il Vice-Postulatore nonché tutti gli Officiali e i Partecipanti
all’Inchiesta.
2. Le prove documentali sono suddivise in 3 categorie (tipi) di prove: 1.
n. 13: gli scritti pubblicati (editi) del Servo di Dio
2. n. 14:
1. tutti gli scritti del Servo di Dio non ancora pubblicati
2. tutti e singoli i documenti storici sia manoscritti sia stampati
riguardanti in qualunque modo la Causa

1. Scritti pubblicati (editi) del Servo di Dio - Censori Teologi: n. 13

1. Definizione: Per scritti editi (pubblicati) del Servo di Dio (egli ne


è autore) si intende qualsiasi opera pubblicata o dal Servo di Dio stesso e da
altri (pubblicata dal Servo di Dio o da altri, anche dopo la sua morte): SM,
Art. 62 § 2.

2. Procedura:
1. Il Postulatore raccoglie gli scritti editi del Servo di Dio;
2. Il Postulatore li consegna al Vescovo con il suo Libello di domanda (cfr.
n. 10, 2°): l’unica eccezione alla regola procedurale, stabilendo che il
Postulatore/Vice Postulatore non può raccogliere le prove nell’Inchiesta; motivo:
gli scritti editi sono facilmente reperibili e di pubblico dominio.
3. Il Vescovo nomina (con decreti separati e segreti) 2 Censori Teologi
(non si conoscono l’identità – totale libertà nel giudizio sugli scritti), i quali
55

prestano giuramento (separatamente), de munere bene adimplendo et secreto


servando, davanti al Vescovo e il Cancelliere/Sincello;
N.B.: Eccezione alla regola: nel caso di un ingente molle di scritti editi, il
Vescovo può nominare più Censori Teologi, purché ciascuno scritto viene
esaminato da 2 Censori Teologi
- Quando nominare i Censori Teologi: dopo la pubblicazione del Decreto
dell’inizio della Causa e la celebrazione della Prima Sessione dell’Inchiesta
N.B.: non si tratta di una Commissione Teologica perché ciascun Censore
esamina gli scritti separatamente e segretamente l’uno dall’altro!

3. Compito di ciascun Censore:


- leggere le opere pubblicate e preparare il proprio voto scritto, contenente:
1. un elenco degli scritti pubblicati esaminati;
2. dichiarare se negli scritti c’è qualcosa di contrario alla fede e ai
buoni costumi;
3. fare osservazioni sulla personalità e sulla spiritualità del Servo di
Dio desunte dagli stessi scritti (SM, Art. 64 § 3)
4. in calce al voto, ciascuno Censore appone la propria firma, luogo e
data

4. Deposizione dei Censori Teologi: non vengono chiamati a deporre


davanti al Tribunale come testimoni.

5. Eventuale mancanza di scritti editi: in base alla dichiarazione del


Postulatore nel suo Libello di domanda, il Vescovo deve pubblicare la
Dichiarazione sull'inesistenza di scritti pubblicati che deve essere inserita tra gli
atti della Prima Sessione di Apertura.

Excursus sull’esame degli scritti

1. Antica procedura: nel Processiculus Diligentiarum (Processicolo sugli


scritti) gli scritti furono soltanto raccolti dal Postulatore della Causa. L’esame (il
giudizio o la censura degli stessi scritti fu effettuato dai Consultori Teologi
nominati dall’allora Congregazione dei Sacri Riti. La procedura terminò nella
pubblicazione del Decretum super scriptis.
56

Il Decreto sugli scritti non era un’approvazione dei pensieri del Servo di Dio
espressi negli stessi scritti (cfr. dichiarazione del Sant’Uffizio circa gli scritti di
Sant’Alfonso Liguori). Nel Decreto fu semplicemente dichiarato che negli scritti
non c’era qualcosa di contrario alla fede e ai buoni costumi (contra fidem et bonos
mores) che ostacola il prosieguo della Causa.
2. Attuale procedura: gli scritti pubblicati (editi) vengono raccolti dal
Postulatore della Causa. L’esame degli scritti viene effettuato dai Censori Teologi
nominati dal Vescovo competente nella fase diocesana o eparchiale della Causa.
La procedura finisce con i voti scritti di due Censori che è una semplice
dichiarazione che negli scritti editi non c’è qualcosa di contrario alla fede e ai
buoni costumi che ostacola il prosieguo della Causa;
L’Art. 64 § 3 della Sanctorum Mater richiede, inoltre, una delucidazione da
parte degli stessi Censori sulla personalità e sulla spiritualità del Servo di Dio
desunte dagli scritti.

Fine Excursus sull’esame degli scritti

2. Scritti non ancora pubblicati (inediti) e altri documenti - Commissione


Storica: n. 14

Premesse:
Il n. 14a stabilisce: “Se i voti dei censori teologi sono favorevoli ...”: si
procede, poi, alla raccolta degli scritti non ancora pubblicati e tutti gli altri
documenti che riguardino la Causa.
Si tratta della raccolta delle altre 2 categorie di prove documentali, ossia: (1)
scritti non ancora pubblicati (inediti) del Servo di Dio (di cui ne è l’autore il Servo
di Dio) e (2) tutti e singoli i documenti storici, sia manoscritti sia stampati,
riguardanti in qualunque modo la Causa.

1. Osservazioni Preliminari

1. Le Normae servandae non richiedono il voto dei Censori Teologi sugli


scritti inediti del Servo di Dio.
2. L’Art. 64 § 2 della Sanctorum Mater afferma: “Si consiglia che i Censori
teologi esaminino anche gli scritti inediti del Servo di Dio ed esprimano un loro
voto ...”.
57

Qualcuno ha osservato che il vero pensiero del Servo di Dio spesso si riscontra
nei suoi scritti inediti anziché in quelli pubblicati (editi). Si può, comunque,
ipotizzare la nomina di un Teologo come il quarto (4°) Membro della
Commissione Storica per la censura degli scritti inediti del Servo di Dio.
3. In questa questione, l’attuale prassi del Dicastero si sta evolvendo per
includere nella censura dei Censori Teologi anche gli scritti inediti o non ancora
pubblicati del Servo di Dio. In tal caso, però, si solleva la questione della raccolta
degli scritti non ancora pubblicati: chi li raccoglie (il Postulatore o la
Commissione Storica) e quando: si può ipotizzare anche un secondo gruppo di
Censori Teologi?!

2. Costituzione della Commissione Storica

1. Secondo la prassi, il Vescovo deve nominare tre (3) esperti (spesso


chiamati Periti Storici) in materia storica e archivistica, con decreto unico e
separato dal
Decreto dell’Inizio della Causa.
2. I Periti della Commissione Storica possono essere nominati
contemporaneamente alla pubblicazione del Decreto dell’Inizio della Causa e
essi possono prestare il requisito giuramento di adempiere fedelmente il suo
incarico e di tenere il segreto d’ufficio (cfr. n. 6c) davanti al Vescovo durante la
Prima Sessione di Apertura.
N.B.: Eccezione alla regola: un solo membro della Commissione Storica può
appartenere allo stesso istituto religioso del Servo di Dio, ad esempio l’Archivista
dello stesso istituto, il quale può agevolare la ricerca e la raccolta delle prove
documentali ivi reperibili - cfr. Sanctorum Mater, Art. 69 § 1.

3. Compito della Commissione Storica: ricercare, raccogliere, relazione

Il compito dei Membri della Commissione Storica è il seguente:


1. Ricercare negli archivi: si vede l’importanza del n. 10, 1°!
2. Raccogliere fotocopie degli originali, che devono essere autenticate
con l’apposizione del nome e del timbro di un notaio o di un pubblico ufficiale
che ne faccia fede (cfr. n. 25b) delle seguenti prove:
1. scritti non ancora pubblicati (diario, lettere personali, ecc.)
2. tutti e singoli i documenti storici, sia manoscritti sia stampati, riguardanti
in qualunque modo la Causa
N.B.: non vengono raccolti gli originali!
58

3. Preparare la Relazione: cfr. n. 14c


1. essa viene preparata e sottoscritta da tutti i Membri della Commissione
in solidum (come un ente singolo, perché è una Commissione!),
2. Nella Relazione, i Membri della Commissione Storica devono:
1. riferire e garantire d'aver adempiuto fedelmente il compito loro
affidato
2. unire un elenco degli scritti inediti e dei documenti reperiti
3. esprimere un giudizio circa la loro autenticità e il loro valore
4. come pure circa la personalità del Servo di Dio, quale si desume dagli
stessi scritti e documenti
5. elencare tutti gli archivi consultati, inclusi quelli in cui non è stato
trovato nulla (cfr. Sanctorum Mater, Art. 73 § 2, n. 2)
3. in calce alla Relazione si appongono il luogo e la data della
presentazione della Relazione
4. ciascun Membro della Commissione appone la propria firma.
N.B.: si deve lasciare spazio anche per divergenze di opinioni (ciascun perito
può dire il suo, forse in un documento a parte).

4. Testimonianza dei 3 Periti come testi d’ufficio (ex officio): n. 21b


1. Ciascun perito deve essere chiamato separatamente a deporre ex officio, in
quanto ricoprono un ufficio nell’Inchiesta: quello di ricercare e raccogliere le
prove documentali.
2. Ciascuno deve rispondere alle due domande sul loro lavoro; in realtà sono
3 domande.
3. Altre domande ex officio possono essere poste ai periti dal Delegato
Episcopale, specialmente qualora fosse necessario chiarire alcuni elementi
riguardanti il Servo di Dio.
N.B.: si tenga presente che in una Causa antica i testi non possono testimoniare
sul martirio, le virtù eroiche o l’offerta di vita della Serva di Dio in quanto non
sono testimoni oculari dei fatti.
Il n. 15b richiede che gli interrogatori siano soltanto sulla fama attuale (ancora
presente) del Servo di Dio.

III. Fase della raccolta delle prove testificali: nn. 15a-b; 16 – 21 e 23 – 26

Premessa
Il n. 15a stabilisce: “Ricevuta la relazione” (della Commissione Storica) …”:
- Per una causa recente: terminata la raccolta delle prove documentali (cfr. nn. 13
59

e 14), il Promotore di Giustizia procede alla preparazione degli Interrogatori per


i testi (testimoni) per raccogliere le prove testificali, ossia per l’escussione
(ascolto) dei testi indotti dal Postulatore della Causa (cfr. n. 10, 3°).
Poiché gli Interrogatori sono basati sulle prove documentali, l’Inchiesta in una
Causa recente deve essere fermata dopo la celebrazione della Prima Sessione (cfr.
Excursus sull’Art. 89 dell’istruzione Sanctorum Mater).
- Per una causa antica: dopo la Prima Sessione si può, in qualsiasi momento,
procedere ad ascoltare i testi qualificati sulla fama ancora presente del Servo di
Dio (cfr. n. 15b).

Osservazioni preliminari (già riportate sopra, ma è molto utile ripeterle!)


1. Esistono 2 categorie (tipi) di prove:
1. prove documentali
2. prove testificali: la prova testimoniale è la narrazione di fatti
della causa fatta al Tribunale da soggetti che non sono parti nel processo,
ossia l’Attore della Causa e il suo Postulatore/Vice-Postulatore, e la Chiesa
– tutti gli Officiali e i partecipanti all’Inchiesta.
2. L’Inchiesta è istruita per la raccolta di tutte le prove (probationes
omnino plenae), ossia:
1. tutte le prove pro e contro la canonizzazione del Servo di Dio
2. tutte le prove che riguardino ogni elemento del dubbio
dell’Inchiesta su il martirio, le virtù eroiche e l’offerta della vita

1. Gli Interrogatori (domande) per i testi: n. 15a-b

1. Natura degli Interrogatori: si tratta di un interrogatorio, con domande


specifiche e precise sul dubbio dell’Inchiesta che richiedono risposte specifiche
e precise dai testi

2. Quando vengono preparati gli Interrogatori


- in una Causa recente: dopo la raccolta delle prove documentali,
perché le domande per i testi sono basate sulle prove documentali: cfr. n. 15a:
Il Vescovo consegni ... tutto ciò che è stato acquisito fino a quel momento:
cioè dal n. 1 fino al n. 14c e, eventualmente, anche il n. 15c
- in un Causa antica: in qualsiasi momento, in quanto le domande
riguardano
“soltanto” la fama ancora presente del Servo di Dio: n. 15b
60

3. Chi prepara gli Interrogatori


- il Promotore di Giustizia “o da un altro esperto”: ad esempio, il Postulatore:
si tratterebbe comunque di collaborazione anziché sostituzione da parte del
Postulatore; l’ultimo Responsabile per gli Interrogatori è sempre il Promotore di
Giustizia

4. Autentica degli Interrogatori


- essi vengono firmati e timbrati, con luogo e data, dal Promotore di Giustizia,
quale garanzia morale e canonica che essi sono “utili ad indagare e mettere in
luce la verità” sul Servo di Dio (specifico compito del Promotore di Giustizia: n.
15a)

5. Contenuto degli Interrogatori


1. Ci sono tre (3) elementi in una Causa recente: (1) sulla vita; (2) sul
martirio (materiale e formale), sulle virtù eroiche (ogni singola virtù) o
sull’offerta della vita: (cfr. Maiorem hac dilectionem, Art. 2 per i 4 elementi di
natura teologica); e, infine, (3) sulla fama di martirio, di santità o di offerta della
vita, nonché sulla fama di segni: n. 15a
2. Ce n’è un elemento solo in una Causa antica: gli Interrogatori
riguardano “soltanto” (1) la fama di martirio, di santità o di offerta della vita
ancora presente e (2) la fama di segni ... ancora presente [“ancora presente”
viene spesso indicato come la “continuazione della fama”, e cioè fino ad oggi]:
n. 15b
N.B.: Qualora si tratta di una Causa antica, gli Interrogatori devono riguardare
“soltanto” la fama o il culto ancora presente (in tempi più recenti); vengono
chiamati a deporre una decina (da 10 a 15) testi oculari qualificati, ossia quelli
capaci di testimoniare sulla diffusione della fama tra una porzione significativa
dei fedeli.

6. Qualità degli Interrogatori: Sanctorum Mater, Art. 79


1. vengono preparati in modo da sollecitare risposte che evidenzino la
conoscenza di fatti concreti e le fonti della sua conoscenza;
2. iniziano con le domande circa l’identità del teste e il suo rapporto
con il Servo di Dio;
3. le domande siano brevi, non capziose, non subdole, non suggerenti
le risposte, adattate alla comprensione del teste e non riguardino simultaneamente
più questioni
61

2. Eccezione alla procedura: ne pereant probationes: n. 16a, § 2

1. Normale procedura in una Causa recente: raccogliere le prove documentali


prima di ascoltare i testi, i quali sono escussi (ascoltati) in base alle prove
documentali
N.B.: l’istituto giuridico di ne pereant probationes non può essere invocato in
una Causa antica!
2. Eccezione alla procedura: escussione di alcuni testi "perché non si perdano
le prove" (ne pereant probationes): si può invocare questa eccezione alla legge
per ascoltare alcuni testi per motivi di età avanzata o di pericolo di morte, prima
che si completi la ricerca delle prove documentali e cioè, che la Causa e
l’Inchiesta sono già iniziate!
In una Causa recente: alcuni/pochi testi (forse 5 o 6 al massimo) vengono
ascoltati, perché si tratta di un’eccezione anziché della regola. Non si deve/può
iniziare l’escussione di tutti i testi indotti da Postulatore!

3. Tre (3) tipi di testi

1. di 1° grado: quelli che hanno visto (testi oculari o testi de visu)


2. di 2° grado: quelli che hanno sentito da quelli che hanno visto (de auditu a
videntibus);
3. di 3° grado: quelli che hanno sentito da quelli che hanno sentito da quelli
che hanno visto (de auditu ab audientibus): tale testimonianza non è prevista
dalla legge
N.B.: (1) “oculare” significa familiarità e rapporto (contatto) diretto e
immediato con il Servo di Dio per un certo periodo consistente; (2) secondo la
legislazione del 1983 una Causa è recente qualora ci sia un sufficiente numero di
testi oculari sul martirio, sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita; altrimenti la
Causa è, per natura delle prove, antica (n. 7)!

4. Escussione (ascolto) dei testi (testimoni): nn. 16-21

1. Chi sono presenti alla Sessione: n. 16a-b 1. I 3 Officiali


dell’Inchiesta (il Tribunale):
1. Delegato Episcopale, che conduce le Sessioni: n. 16a
2. Promotore di Giustizia: sua eventuale assenza è
un’eccezione anziché una regola e deve essere giustificata:
n. 16b
62

3. Notaio o Notaio Aggiunto: stende il verbale della Sessione


e trascrive le dichiarazioni del teste: n. 16a
2. il teste: un solo teste per volta! Vengono chiamati a deporre:
1. per una Causa recente:
1. testi indotti dal Postulatore nella Notula Testium: nn. 10, 3°, 15b;
2. se occorre, testi ex officio, che siano in grado di contribuire al
completamento dell’Inchiesta: n. 21a
3. i 3 periti della Commissione Storica, come testi ex officio
4. eventuali testi contro la Causa: n. 21a
5. un “conteste”: qualcuno nominato da un teste durante la sua
testimonianza e chiamato a deporre ex officio dal Delegato
Episcopale
2. per una Causa antica:
1. testi qualificati (capaci di testimoniare circa la diffusione della
fama tra una parte significativa dei fedeli: una decina di testi
indotti dal Postulatore e almeno 2 testi ex officio; come già detto,
vengono ascoltati soltanto sulla fama ancora presente
2. i 3 periti della Commissione Storica come testi ex officio
3. eventuali testi contro la Causa: n. 21a
4. un “conteste”: qualcuno nominato da un teste durante la sua
testimonianza e chiamato a deporre ex officio dal Delegato
Episcopale
N.B.: Nelle Sessioni tenute per l’escussione dei testi, il Postulatore e il Vice
Postulatore non possono essere presenti sub poena nullitatis della Sessione per
garantire la completa libertà del teste.

2. Domande da porre ai testi: n. 16c


1. gli Interrogatori del Promotore di Giustizia: ciascuna domanda in ordine
cronologico, richiedendo la risposta del teste;
2. se necessario, il Delegato può porre delle domande ex officio: altre
domande poste ai testi dal Delegato Episcopale, per meglio chiarire le
testimonianze o le eventuali difficoltà emerse;

3. Testi secondo la qualità della testimonianza: n. 17


1. Presupposizione: ... tutti siano degni di fede”: n. 17
2. 1° grado: testi oculari (de visu) sono quelli che hanno avuto familiarità
e rapporto e contatto diretto con il Servo di Dio: n. 17
1. famiglia di sangue: consanguinei e parenti;
63

2. famiglia religiosa: confratelli e/o consorelle: n. 18


- ulteriore regola: una parte notevole (notabilis pars – più della metà)
di testi deve essere estranei alla famiglia religiosa e anche alla famiglia
di sangue: n. 19
3. 2° grado: de auditu a videntibus: ... se occorre, possono
aggiungersene altri
1. presunzione di “possono aggiungersene altri” (non devono):
si presume che la Causa è recente e che ci sia un sufficiente numero
di testi oculari
2. la voce “possono” non significa escludere i testi di 2° grado,
specialmente se possono contribuire qualcosa alla ricerca della
verità!

5. Testi non ammessi a testimoniare (inviolabilità della coscienza): n. 20


1. foro sacramentale: il sacerdote per quanto riguarda tutto ciò di cui è venuto
a conoscenza attraverso la confessione sacramentale (sigillo sacramentale)
2. foro extra-sacramentale: i confessori abituali o i direttori spirituali per
quanto riguarda tutto ciò manifestato nel foro di coscienza
3. il Postulatore (e il Vice-Postulatore) durante tale incarico
4. tutti i Partecipanti all’Inchiesta durante munere, tranne i periti della
Commissione Storica che devono essere chiamati a deporre ex officio: n. 21b. Si
nota che i Censori Teologi non vengono chiamati a deporre.

6. Autentica (conferma) delle prove: nn. 23 e 25

1. Definizione: l’autentica o la conferma delle prove significa


l’ammissibilità delle prove come prove legittime sul dubbio dell’Inchiesta
2. Conferma delle prove testificali: n. 25a
1. da parte del Tribunale: firma e timbro del Delegato Episcopale e del
Promotore di Giustizia, in calce al verbale della Sessione
2. da parte del teste: con giuramento prima (di dire la verità) e dopo la
testimonianza (di aver detto la verità), con la sua firma, in calce al verbale
della Sessione
N.B.: i testi devono indicare esempi concreti e devono indicare la fonte della
loro conoscenza; diversamente la loro testimonianza è da ritenersi nulla: n. 23
3. Conferma delle prove documentali: la firma e il timbro di un Notaio: n. 25b
64

7. Dichiarazione Scritta: n. 24

Regola generale: la testimonianza scritta non sostituisce quella orale. Pertanto,


il n. 24 delle Normae Servandae va interpretato secondo questa regola!
1. Se un testimone preferisce consegnare ... qualche scritto da lui redatto in
precedenza – la sua Dichiarazione scritta diventa una testimonianza addizionale
2. quando consegnare: “sia contestualmente alla testimonianza o al di fuori
di essa”; occorre tener presente che il teste non deve conoscere gli Interrogatori
prima della sua testimonianza. Si desume, pertanto, che la Dichiarazione scritta
deve essere preparato in modo autonomo e spontaneo.
4. ammissibilità della Dichiarazione scritta come prova legittima: purché ... lo
scrittore prova con giuramento che (1) ne è l’autore e (2) il contenuto è vero

N.B.: la stessa regola dell’ammissibilità viene applicata ad una “Dichiarazione


ad rei perpetuam memoriam”, ossia una dichiarazione circa una persona la cui
Causa di Canonizzazione non è in corso;
1. Qualora venisse iniziata, poi, la Causa, tale dichiarazione è ammissibile
come prova documentale durante l’istruzione dell’Inchiesta, purché lo scrittore
provi con giuramento che (1) ne è l’autore e (2) il contenuto è vero.
2. se l’autore della dichiarazione è ancora in vita quando si comincia la
Causa, egli deve essere chiamato a testimoniare in ottemperanza alla regola
generale menzionata sopra all’inizio del n. 7 dal titolo, Dichiarazione Scritta: n.
24

8. Inchiesta Rogatoriale: n. 26

Premesse
1. Tre (3) modi per ascoltare i testi:
1. il testi si presenta al Tribunale nel territorio del Vescovo competente
2. il Tribunale si sposta, con il permesso scritto del Vescovo ad quem
3. con un’Inchiesta Rogatoriale (dal latino, rogare – chiedere)
2. Osservazione generale: la Lettera Rogatoriale per l’istruzione di
un’Inchiesta Rogatoriale potrebbe essere inviata al Vescovo competente
all’inizio dell’Inchiesta quando il Postulatore presenta il suo Libello di
domanda con l’Elenco dei Testi.

1. Definizione dell’Inchiesta Rogatoriale


65

- il Vescovo, che sta istruendo l’Inchiesta (Vescovo a quo), chiede per iscritto
(tramite una “lettera rogatoriale”) al Vescovo, ove dimora il teste (Vescovo ad
quem), di ascoltarlo;

2. Richiesta per l’Inchiesta Rogatoriale


1. Lettera Rogatoriale del Vescovo a quo: il Delegato
Episcopale può inviare la lettera rogatoriale al Vescovo ad quem;
sembra più opportuno, invece, che la lettera viene indirizzata dal
Vescovo a quo al Vescovo ad quem.
2. Contenuto della lettera: (1) la richiesta esplicita di istruire
l’Inchiesta Rogatoriale per l’escussione dei testi, allegando: (1) la
Notula Testium, preparata dal Postulatore (con nome/cognome del teste
(dei testi) e indirizzo) e (2) copia degli Interrogatori del Promotore di
Giustizia dell’Inchiesta

3. Procedura nell’Inchiesta Rogatoriale (secondo le Normae servandae)


1. ricevuta la Lettera Rogatoriale, il Vescovo ad quem pubblica
il “Decreto di Nomina” dei Membri del Tribunale dell’Inchiesta
Rogatoriale: Delegato Episcopale, Promotore di Giustizia e
Notaio/Notai Aggiunti; si può anche nominare il Copista dell’Inchiesta
con decreto separato.
2. il Vescovo presiede alla celebrazione della Prima Sessione
per il suo giuramento e quelli dei Membri del Tribunale; può anche
giurare il Copista.
3. il Tribunale ascolta i testi secondo gli Interrogatori del
Promotore di Giustizia dell’Inchiesta Principale;
4. il Copista confeziona una sola copia degli atti originali:
1. gli atti originali sono conservati presso
l’Archivio della Curia del Vescovo competente ad istruire
l’Inchiesta Rogatoriale (dove dimorano i testi);
2. la copia degli atti originali viene inviata al
Vescovo/Delegato Episcopale dell’Inchiesta Principale;
5. il Vescovo presiede alla celebrazione dell’Ultima Sessione
per il suo giuramento e quello dei Membri del Tribunale
6. ricevuti la copia degli atti originali dell’Inchiesta Rogatoriale,
il Delegato Episcopale dell’Inchiesta Principale, durante una Sessione
dell’Inchiesta Principale ordina l’inserimento degli atti dell’Inchiesta
Rogatoriale tra gli atti dell’Inchiesta Principale.
66

Excursus sull’Inchiesta Rogatoriale

È opportuno ribadire che il n. 26 delle Normae Servandae del 1983


stabilisce che le prove documentali e testificali che si trovano in altre Diocesi o
Eparchie vengano raccolte tramite un’Inchiesta Rogatoriale. L'istruzione
Sanctorum Mater, invece, segue il Codice di Diritto Canonico del 1983 che
stabilisce l’istruzione dell’Inchiesta Rogatoriale soltanto per l'escussione di testi.
Il problema che si presenta oggi è la difficoltà di inviare uno o più Membri
della Commissione Storica per ricercare e raccogliere le prove documentali che
si trovano negli archivi al di fuori della Diocesi o dell'Eparchia istruttrice e in
quelli della Santa Sede. Tale compito aumenta delle spese inutili ed eccessive
(viaggio, vitto, alloggio, ecc.).
A questo autore sembra necessario e opportuno invocare il n. 26 anche per
la raccolta delle prove documentali e chiedere, mediante una Lettera Rogatoriale,
che tale compito sia svolto da qualcuno già presente nella Diocesi o nell’Eparchia
ad quem. In altre parole, il Vescovo istruttore dell’Inchiesta (a quo) può chiedere
al Vescovo ad quem di nominare qualcuno per ricercare tali prove e di inviare
fotocopie degli eventuali documenti ivi reperiti.
Per quanto riguarda gli archivi dei Dicasteri della Santa Sede, il Vescovo
a quo può scrivere al Prefetto del rispettivo Dicastero per conoscere ed eseguire
la procedura per effettuare la ricerca presso l’archivio e ottenere fotocopia dei
documenti ivi reperiti.
In ogni caso, si ribadisce che il Postulatore e il Vice Postulatore della Causa
nonché il Postulatore Generale non possono svolgere questo compito.

Fine Excursus sull’Inchiesta Rogatoriale

9. Traduzione degli atti dell’Inchiesta: n. 31b

1. Premesse
1. Lingue ammesse presso il Dicastero: francese, inglese, italiano,
latino, spagnolo
2. Principio guida per la traduzione degli atti dell’Inchiesta: tutto
quello che sarà pubblicato sulla Positio super Martyrio, super Virtutibus o super
Oblatione Vitae del Servo di Dio deve essere tradotto in una lingua ammessa:
67

1. quello che non deve essere tradotto: (cfr. Sanctorum Mater, Art. 138
§ 4): tutte le prove documentali, ossia gli scritti editi, gli scritti inediti e tutti gli
altri documenti riguardanti la Causa (il materiale previsto dai nn. 13-14 delle
Normae Servandae)
2. quello che deve essere tradotto: tutto il resto e, inoltre, gli eventuali
Voti dei Censori Teologi (n. 13) e la Relazione della Commissione Storica (n.
14c) perché saranno pubblicati sulla Positio.
3. Osservazione generale: la traduzione degli atti e la confezione delle
due copie di essa sono rette dal. n 31b delle Normae servandae. L’esperienza
insegna, però, che tale lavoro è molto impegnativo e crea lunghe attese per la
chiusura dell’Inchiesta e per l’invio delle due copie degli atti in traduzione e in
lingua originale. Perciò, la prudenza consiglia la nomina e il giuramento del
traduttore
(dei traduttori) avvengano all’inizio dell’Inchiesta, anziché verso la sua fine come
suggeriscono le Normae servandae.

2. Procedura da seguire per la traduzione


Principio guida: (1) oltre a confezionare l'Archetipo, il Transunto e la
Copia Pubblica in lingua originale (2) occorre confezionare l’Archetipo, il
Transunto e la Copia Pubblica, tradotti in una lingua ammessa dal Dicastero
1. Traduttore: Decreto di nomina e giuramento - all’inizio dell’Inchiesta 2.
Dichiarazione dell’autenticità della traduzione: – terminata la traduzione,
l'Archetipo in traduzione viene consegnato al Delegato Episcopale il quale,
durante una Sessione dell’Inchiesta, accetta l’Archetipo in traduzione e lo
dichiara autentico (in pratica significa che ci sono un Archetipo in lingua originale
e uno in traduzione).
[per i prossimi passi, cfr. la prossima sezione che tratta della Chiusura
dell’Inchiesta]:
3. Si confeziona il Transunto dell’Archetipo in traduzione
4. Si effettua la Collatio et Auscultatio degli atti in traduzione 5.
Si confeziona la Copia Pubblica in traduzione
6. oppure si utilizza la procedura alternativa.

N.B.: alla fine di questa procedura per la traduzione degli atti ci saranno: 2
Archetipi (originale e traduzione), 2 Transunti (originale e traduzione) e 2 Copie
Pubbliche (originale e traduzione)
68

Domanda: è necessario produrre 2 copie di tutto, anche di quello che non


deve essere tradotto, ossia le prove documentali (cfr. Sanctorum Mater, Art. 138
§ 4), creando 2 Archetipi (originale e traduzione), 2 Transunti (originale e
traduzione) e 2 Copie Pubbliche (originale e traduzione) in forma completa? -
Risposta: sì, perché così lo studio degli atti sarà molto facilitato.

IV. Fase finale dell'Inchiesta: nn. 27-30, 31b

Premessa: Lo scopo dell’Inchiesta diocesana o eparchiale è la raccolta delle


prove documentali e testificali, prescritta rispettivamente dai nn. 13-14 e dai nn.
15-26.
1. I nn. 27-28, in realtà, riguardano la chiusura canonica dell’Inchiesta con il
completamento degli atti istruttori della medesima:
Il n. 27 riguarda la pubblicazione degli atti dell’Inchiesta, proteggendo così
i diritti alla verità delle due parti nell’Inchiesta, ossia della Chiesa, rappresentata
dal Promotore di Giustizia, e dell’Attore della Causa, rappresentato dal suo
Postulatore.
Il n. 28 richiama i Decreti di Urbano VIII e il Codice di Diritto Canonico
del 1917, con la verifica dell’identità del Servo di Dio tramite la ricognizione
canonica semplice dei suoi resti mortali.
2. La fase finale dell’Inchiesta, pertanto, è composta: (1) del completamento
degli atti istruttori dell’Inchiesta: nn. 27-28 (2) della chiusura dell’Inchiesta: (1)
con la confezione delle due copie degli atti originali (nn. 29-30 e 31b) e (2) con
la Sessione Finale o Sessione di Chiusura (norma inesistente!); e, infine, (3) della
conservazione e dell’invio degli atti dell'Inchiesta al Dicastero (n. 31).

1. Completamento degli atti istruttori dell’Inchiesta: nn. 27-28

N. 27a è simile al n. 7 per quanto riguarda il Libello di domanda del


Postulatore; è una specie di “premessa” alla fase finale dell’Inchiesta: da una
parte, è un’esortazione alla prudenza, richiamando i principi generali del diritto
processuale circa la retta ed efficace istruzione di un processo; dal punto di vista
canonico, è una norma che ribadisce il principio riguardante le prove omnino
plenae in una Causa di Canonizzazione.
69

N. 27b: “Raccolte quindi tutte le prove (documentali e testificali) ...”,


stabilisce la pubblicazione degli atti dell’Inchiesta per la loro ispezione da parte
del Promotore di Giustizia (ex officio) e del Postulatore o Vice-Postulatore della
Causa (ex facultate legislatoris), rispettivamente rappresentati canonici della
Chiesa e dell’Attore della Causa.

1. Pubblicazione degli Atti dell’Inchiesta: n. 27b-c

1. Definizione della pubblicazione degli atti: l’atto canonico con il quale il


Delegato Episcopale permette soltanto alle parti nella Causa (Chiesa e Attore) di
prendere visione degli atti dell’Inchiesta affinché possono verificare la
sufficienza delle prove documentali e testificali.
N.B.: la pubblicazione degli atti è richiesta per la validità giuridica
dell’Inchiesta!

2. Scopo della pubblicazione degli atti: tutelare il diritto delle due Parti nella
Causa: (1) la Chiesa: diritto alla giustizia o alla verità; il diritto viene tutelato dal
Promotore di Giustizia; (2) l’Attore: diritto che l'Inchiesta sia istruita e che tutte
le prove vengano raccolte; i diritto viene tutelato dal Postulatore della Causa.

3. Chi prendono visione degli atti: i rappresentanti giuridici delle due Parti
1. Promotore di Giustizia: ha il diritto ex officio di controllare gli atti
2. Postulatore e/o Vice-Postulatore: la facoltà gli viene concessa dal n.
27c della legislazione

4. Modo di pubblicare gli atti Il Delegato Episcopale pubblica gli atti


dell’Inchiesta con il “Decreto della Pubblicazione degli Atti”, stabilendo il
minimo “tempo utile” (14 giorni lavorativi?) per l’esame degli atti dal Promotore
di Giustizia e dal Postulatore della Causa.

5. Le Dichiarazioni del Promotore di Giustizia e del Postulatore: devono


dichiarare, in modo scritto orale, la sufficienza delle prove raccolte nell’Inchiesta,
o chiedere la raccolta di altre prove documentali e/o testificali.

6. Inserimento tra gli atti dell’Inchiesta


Il “Decreto di pubblicazione degli atti” e le dichiarazioni scritte o la
verbalizzazione delle dichiarazioni orali del Promotore di Giustizia e del
70

Postulatore devono essere inserite tra gli atti dell’Inchiesta dal Delegato
Episcopale.

2. Pubblicazione della Dichiarazione sul non culto: n. 28

Osservazioni preliminari

1. Distinzione essenziale: nell’atto di beatificazione e canonizzazione


si tratta della concessione di culto pubblico ecclesiastico, anziché il culto privato,
ossia la devozione di una persona fisica (singola);
2. Principio guida: ogni atto di culto pubblico è proibito al Servo di
Dio non ancora beatificato dalla Sede Apostolica. Si nota la differenza tra il culto
reso al Beato (permesso, limitato e circoscritto) e quello al Santo (universale).
3. Come già accennato, la legislazione di Urbano VIII è ancora
vigente, in quanto esplicitamente menzionata nella Sezione I, 1. 2. 6° della
Divinus perfectionis Magister e nel n. 28 delle Normae Servandae.
4. La voce Dichiarazione sul non culto è scambievole con la
Dichiarazione circa l’osservanza dei decreti di Urbano VIII: n. 28a.

Excursus sul culto pubblico (ecclesiastico)

1. Testi legislativi sul culto (in ordine cronologico)

1. Decreti di Urbano VIII (1623 - 1644)


Lo scopo della riforma urbaniana fu: (1) di riorganizzare la procedura nelle
Cause di Canonizzazione e (2) di togliere o impedire abusi nella venerazione di
certi Servi di Dio morti in concetto di santità, ma non ancora canonizzati né
beatificati dalla Sede Apostolica.
La legislazione di Urbano VIII è composta di: (1) una serie di decreti,
pubblicati il 13 marzo 1625 e il 2 ottobre 1625; (2) il Breve Caelestis Hierusalem
cives, pubblicato il 5 luglio 1634; (3) il Corpus legislativo del 1642 che riassume
e conferma i Decreti del 1625:
1. circa le immagini: è proibito di esporre le immagini dei Servi di Dio
negli Oratori, nelle Chiese o in altri luoghi pubblici, o anche in luoghi privati con
segni di santità (aureola, raggi, nimbo);
2. circa libri contenenti i gesti, i miracoli o le rivelazioni dei Servi di
Dio: l'autore deve dichiarare espressamente la sottomissione ai Decreti di Urbano
VIII, inserendo all'inizio e alla fine del libro una Protestatio Auctoris;
71

3. circa gli ex-voto: se ne permette la conservazione anche nelle


sacrestie, purché in segreto e in modo da evitare il culto del Servo di Dio.

2. CIC 1983, can. 1187


Con culto pubblico è lecito venerare solo quei Servi di Dio, i quali
dall’autorità della Chiesa sono elencati nell’albo dei Santi o dei Beati.

3. Divinus perfectionis Magister 1983 (Sezione I, 1. 2. 6°)


Il Vescovo inoltre aggiunga una dichiarazione sull’osservanza dei decreti di
Urbano VIII sul non culto.

4. Normae Servandae del 7 febbraio 1983


- n. 28a: Prima che l’inchiesta sia conclusa il Vescovo o il delegato ispezioni
diligentemente la tomba del servo di Dio, la camera nella quale abitò o morì e
altri eventuali luoghi dove si possano trovare segni di culto in suo onore, e faccia
una dichiarazione circa l'osservanza dei decreti di Urbano VIII sul non culto.
- n. 28b: Di tutto ciò che è stato fatto si rediga una relazione da allegare
agli atti.
- n. 36: proibizione nelle Chiese e fuori della Chiesa celebrazioni di
qualunque genere, dei panegirici e di altri atti che potrebbero indurre i fedeli a
ritenere a torto che l’istruzione dell’Inchiesta comporta la certezza della futura
beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio:
Qualora la santità di vita del Servo di Dio è ancora sotto studio, sono proibiti
§ 1. dentro le chiese: solenni celebrazioni di qualunque genere e panegirici
(omelie o discorsi elogiando la santità del Servo di Dio § 2. fuori delle Chiese:
“... quegli atti che potrebbe indurre i fedeli a ritenere a torto che l’Inchiesta ...
comporti la certezza della futura canonizzazione del Servo di Dio”

5. CCEO 1990, can. 885


Con culto pubblico è lecito venerare solo quei Servi di Dio, i quali
dall’autorità della Chiesa sono annoverati tra i Santi o i Beati.

2. Culto pubblico (ecclesiastico)

1. Regola generale: il culto pubblico è permesso soltanto ai Servi di


Dio, già beatificati (in modo formale o equipollente) dalla Sede Apostolica.
2. Definizione del culto pubblico: il culto tenuto con la partecipazione
di più fedeli in una Chiesa, un Oratorio o qualche altro luogo pubblico, dove i
72

fedeli possono radunarsi per il culto sotto la presidenza di un Vescovo, Presbitero,


Diacono o Laico delegato.
3. Culto pubblico per eccellenza: celebrazione della Liturgia
Eucaristica e recitazione della Liturgia delle Ore (Missa et Officium), spesso nel
giorno di nascita nel cielo (dies natalis), in onore del Beato o del Santo;
4. Altri atti di culto pubblico sono: (1) seppellire le spoglie mortali
sotto un altare; (2) dedicare una Chiesa o Cappella in onore suo; (3) dare alle sue
reliquie quella devozione (pellegrinaggio, festa, processione) riservata ai Beati
ed ai Santi; (4) rappresentarlo con aureola o corona, con luce o raggi; (5) collocare
in una Chiesa o cappella un’immagine o un quadro del Servo di Dio; (6) collocare
degli ex-voto sulla tomba, o altri simboli che possano indurre i fedeli a credere
che la Chiesa si è pronunciata sulla santità del Servo di Dio.

Fine Excursus sul culto

Procedura per la pubblicazione della Dichiarazione sul non culto

Procedura remota
1. Ispezioni: il Tribunale visita e ispeziona la tomba, le stanze, ecc. dove
possono essere segni di culto al Servo di Dio – ciascuna visita è una Sessione
dell’Inchiesta.

2. Ricognizione Canonica “semplice”: significa riconoscere (verificare)


canonicamente (tramite la visita di un’autorità ecclesiastica, ossia il Tribunale)
che in questa tomba sono i resti mortali del Servo di Dio, la cui Inchiesta è in
corso.
N.B.: con l’abrogazione dell’Appendice della Sanctorum Mater non è più
necessario aprire la bara del Servo di Dio e ispezionare i resti mortali.

Eventuali questioni:
- gli “incorruttibili”: l’incorruttibilità non fu mai considerata necessaria per
la canonizzazione. In una Causa viene studiata soltanto la santità del Servo di
Dio: martirio, virtù eroiche o offerta della vita.
- non esistono gli “incorruttibili” tranne il nostro Signore Gesù Cristo (con
la Sua Risurrezione) e la Beata Vergine Maria (con la sua Assunzione);
73

- è proibito estrarre “reliquie” (definizione: parte del corpo del Beato o del
Santo) dai resti mortali (definizione: parte del corpo del Venerabile Servo di Dio
o del Servo di Dio) se non è prossima la sua beatificazione.

3. La Relazione (verbale) di quanto compiuto viene preparata dal Notaio


dell’Inchiesta e inserita tra gli atti dell’Inchiesta dal Delegato Episcopale: n. 27b.

2. Procedura prossima
1. Pubblicazione della Dichiarazione sul non culto
1. la Dichiarazione sul non culto è un documento in sé stante diverso dalla
relazione/verbale delle visite; essa che dichiara esplicitamente l’assenza
di qualsiasi segno di culto illegittimo al Servo di Dio;
2. il testo viene preparato dal Notaio dell’Inchiesta
3. la Dichiarazione viene sottoscritta dal Delegato Episcopale e dal
Promotore di Giustizia
2. La Dichiarazione deve essere inserita tra gli atti di una Sessione
dell’Inchiesta dal Delegato Episcopale.

2. Chiusura dell’Inchiesta: nn. 29-30

1. Confezione delle due copie degli atti originali: nn. 29-30

N. 29a: Completati gli atti istruttori: gli atti istruttori sono quegli atti
giuridico-canonici compiuti in ottemperanza alle Normae Servandae: (1) il
completamento della fase iniziale dell’Inchiesta (nn. 1-11); (2) la raccolta delle
prove documentali (nn. 13-14) e quelle testificali (nn. 15-26); (3) la pubblicazione
degli atti (n. 27b-c) e la pubblicazione della Dichiarazione sul non culto (n. 28),
il Vescovo o il delegato ordini che sia fatta una copia conforme, a meno che, per
provati motivi, abbia già permesso di prepararla durante la fase istruttoria.
N. 29b: La copia conforme sia trascritta dagli atti originali e sia fatta in
duplice esemplare.

Osservazioni Preliminari

1. Terminologia
Gli atti dell’Inchiesta sono gli atti canonici compiuti dal Delegato
Episcopale alla presenza del Promotore di Giustizia e verbalizzati dal Notaio
durante le Sessioni dell’Inchiesta:
74

1. l’Archetipo: è composto degli atti originali dell'Inchiesta;


viene chiuso e sigillato dopo l’Ultima Sessione dell’Inchiesta e conservato
nell'archivio segreto della Curia diocesana o eparchiale: n. 30b
2. il Transunto: è la fotocopia dell'Archetipo; viene inviato al
Dicastero e conservato nell’Archivio dello stesso Dicastero.
3. la Copia Pubblica: è la fotocopia del Transunto; insieme al
Transunto, la Copia Pubblica viene inviata al Dicastero; essa sarà
consegnata al Postulatore della Causa nella sua fase romana e utilizzata per
lo studio della Causa.

2. La formulazione del n. 29
- rispecchia piuttosto la procedura utilizzata prima
dell’invenzione di fotocopiatrici e di computers: (1) l’Archetipo fu
preparato dal Notaio del Processo; (2) il Transunto dell’Archetipo fu
trascritto a mano dal Copista e inviato al Dicastero; (3) infine, la
Cancelleria del Dicastero, sotto la direzione del Cancelliere, preparava
la Copia Pubblica dal Transunto.
N.B.: la Cancelleria, come ufficio del Dicastero, fu abolita nel 1983; ma è
tutt’ora de facto esistente: un Officiale del Dicastero, incaricato dal Prefetto, è
responsabile per la preparazione definitiva del Transunto e della Copia Pubblica.

3. “Nostra” scelta terminologica


- la formulazione, “copia conforme in duplice esemplare”
mette l’enfasi sul fatto che le due copie devono essere totalmente fedeli
all’Archetipo;
- per facilitare il nostro studio, parleremo semplicemente delle
“due copie dell’Archetipo, ossia il Transunto e la Copia Pubblica”.

1. Confezione dell’Archetipo dell’Inchiesta

Prima di parlare della confezione delle due copie (Transunto e Copia


Pubblica) degli atti originali (Archetipo), è assolutamente necessario parlare della
confezione dello stesso Archetipo, in quanto le due copie sono fotocopie
dell’Archetipo.
N.B.: Il Notaio dell’Inchiesta è responsabile per la confezione dell’Archetipo;
il Copista dell’Inchiesta è responsabile per la confezione del Transunto e della
Copia Pubblica degli atti originali dell’Inchiesta.
1. l’utilizzo di un computer:
75

1. stampare solamente una copia degli atti


2. stampare su un lato solo della pagina di misura A4 (europea)
o di simile misura per motivi tipografici; la stessa regola viene seguita
per le fotocopie di ogni documento;
3. lasciare spazio sul margine sinistro per la rilegatura definitiva
del Transunto e della Copia Pubblica da parte del Dicastero.
2. l’utilizzo di un registratore: 1. permettere l’ascolto della
testimonianza, o una parte di essa, da parte del teste affinché possa esercitare
il suo diritto di confermare, aggiungere o eliminare qualcosa.
2. stampare tutta la testimonianza e permettere al teste, se è possibile,
firmare il giuramento alla fine (l’essenziale per la validità è la firma del teste
all’inizio della testimonianza, anziché alla fine)
N.B.: mettere tutto su pendrive (e farne più back-up!); anch’essi vengono
chiusi e sigillati tra gli atti dell’Archetipo.
3. Sistemare i fogli:
1. in ordine strettamente cronologico, secondo la rispettiva
Sessione, in gruppi di più o meno da 350 a 400 fogli, seguendo una
divisione logica
2. tutti i fogli devono rimanere sciolti e non rilegati! La
rilegatura avverà in Congregazione.
4. Sistemare, dall’inizio, gli atti dell’Inchiesta in 2 pile diverse:
Pila # 1 - Prove documentali, nel seguente ordine: (a) i Voti scritti dei
Censori Teologi; (b) la Relazione della Commissione Storica; (c) tutte le prove
documentali, ossia tutti gli scritti inediti e i documenti il motivo: il lavoro dei
Censori Teologi e della Commissione Storica è
completato prima della fine dell’Inchiesta; si può, pertanto, sistemare questi atti
in forma definitiva appena possibile e numerare i fogli con un’apposita
macchinetta
Pila # 2 – tutto il resto, ossia tutti gli atti compiuti dal Tribunale
Pila # 3: eventuale copia degli eventuali scritti pubblicati del Servo di Dio.

2. Confezione del Transunto dell’Archetipo

1. Confezione del Transunto


N.B.: Fedeltà è la parola chiave per la procedura della confezione delle due
copie (il Transunto e la Copia Pubblica) dell’originale (l’Archetipo).
Lo scopo della procedura è garantire l’assoluta e totale fedeltà delle due copie
76

(che saranno inviate al Dicastero) agli atti originali che rimarranno nell’archivio
della diocesi o dell’eparchia.

1. Figura canonica del Copista


- anche il termine “Copista” rispecchia la precedente procedura, illustrata
sopra (oggi, infatti, il Copista viene meglio chiamato piuttosto il “Fotocopista”)
1. Definizione: è colui/colei che, sotto la direzione del Delegato
Episcopale (e, dal punto di vista pratico, con l’aiuto del Notaio
dell’Inchiesta), è responsabile per la confezione del Transunto e della
Copia Pubblica dall’Archetipo, preparato dal Notaio.
2. “Decreto di nomina” e il suo giuramento davanti il Delegato
Episcopale; si potrebbe prestare giuramento durante la Prima Sessione
dell’Inchiesta.
3. quando: n. 29a stabilisce alla fine dell’Inchiesta; esperienza e
la prassi ormai consolidata insegnano che sia nominato all’inizio
dell’Inchiesta!
2. Procedura per la confezione del Transunto 1. il Copista effettua una
fotocopia di tutti gli atti originali dell’Inchiesta
2. il Copista esibisce la fotocopia (il Transunto) al Tribunale in una o più
Sessioni dell’Inchiesta e il Delegato Episcopale lo dichiara “autentica”

3. Confronto del Transunto con l’Archetipo: n. 30a

1. Osservazioni preliminari
1. Dopo la dichiarazione dell’autenticità del Transunto da parte del Delegato
Episcopale, vengono celebrate le Sessioni del Tribunale per il confronto del
Transunto con l’Archetipo, ossia la verifica che il Transunto è totalmente fedele
all’Archetipo.
[Il n. 29b stabilisce: “Fatta la copia conforme, sia confrontata con l’originale
…”. La norma suggerisce la creazione simultanea del Transunto e della Copia
Pubblica perché la copia conforme all’originale viene effettuata in duplice
esemplare (n. 29b).]
2. Il confronto del Transunto con l'Archetipo viene effettuato in modo
canonicamente sancito dal Tribunale ed è denominato, per antichissima
tradizione, come la “Collatio et Auscultatio” degli atti dell’Inchiesta:
Collatio (Collazione): uguale numerazione dei fogli del Transunto e della
Copia Pubblica con l'Archetipo;
77

Auscultatio (Ascolto): uguale contenuto di ciascun foglio del Transunto e


della Copia Pubblica con l'Archetipo;
3. La terminologia Collatio et Auscultatio rispecchia la precedente procedura
prima di fotocopiatrici e computers e del cambiamento della legge del 1983. Con
la vecchia procedura si confezionava solo il Transunto nella diocesi o eparchia;
con quella nuova, sono confezionate il Transunto e la Copia Pubblica.
Il confronto con l’originale, però, rimane sempre necessario; come viene
effettuato, però, deve essere aggiornato secondo gli sviluppi tecnici dei nostri
tempi.

2. Procedura della Collatio et Auscultatio: nn. 30a e 25b


1. il Tribunale si raduna in diverse Sessioni (quante necessarie) per
effettuare la Collatio et Auscultatio del Transunto con l’Archetipo
2. il Copista e il Notaio effettuano i controlli delle pagine alla presenza
del Delegato Episcopale e del Promotore di Giustizia.
3. il Notaio dell’Inchiesta deve apporre il suo timbro e le sue sigle
(anziché il suo nome-cognome intero) in calce a destra di ciascun foglio del
Transunto (n. 30a), quale l’autentica canonica del confronto che evidenzia
l’assoluta e totale fedeltà del Transunto con l’Archetipo (n. 25b).

4. Confezione della Copia Pubblica


Dopo la Collatio et Auscultatio (il confronto) del Transunto con l’Archetipo,
il Copista effettua una fotocopia del Transunto, che già riporta il timbro e le sigle
del Notaio in calce di ciascuna pagina a destra (n. 30a), effettuato durante la
Collatio et Auscultatio del Transunto con l’Archetipo. In tale maniera, sono
effettuate la copia conforme all’originale in duplice esemplare, ossia le due copie
dell’originale.

5. Procedura alternativa (a quella appena descritta)


Problema: si può osservare: Così, non viene effettuato il confronto della Copia
Pubblica con l’Archetipo! Si propone, pertanto, un’altra procedura per il
confronto del Transunto e della Copia Pubblica con l’Archetipo:
1. il Copista effettua subito 2 fotocopie degli atti originali, anziché una
sola copia degli atti originali;
2. nelle diverse Sessioni, come sopra indicate, viene effettuata la
Collatio et Auscultatio del Transunto e della Copia Pubblica con l’Archetipo;
3. il Notaio appone il suo timbro e le sue sigle in calce a destra di
ciascun foglio sia del Transunto che della Copia Pubblica (n. 30a), quale
78

autentica canonica del confronto che evidenzia l’assoluta e totale fedeltà del
Transunto e della Copia Pubblica con l’Archetipo (n. 25b).

2. Celebrazione della Sessione di Chiusura dell’Inchiesta

1. La procedura è simile a quella della Prima Sessione o Sessione di


Apertura dell’Inchiesta:
1. Presieduta dal Vescovo o da qualcuno, da lui delegato con
decreto, preferibilmente un Vescovo;
2. Partecipanti alla Sessione: i 3 Officiali dell'Inchiesta e i Notai
Aggiunti, il Postulatore e/o Vice Postulatore, il Portitore degli atti,
nonché i fedeli (sacerdoti e laici), secondo la prudente decisione del
Vescovo
3. Rito di celebrazione: è svolto ai sensi del n. 36 delle Normae
servandae

2. Atti della Sessione di Chiusura


1. giuramenti separati da parte del Vescovo, dei 3 Officiali
dell'Inchiesta, dei Notai Aggiunti, del Postulatore e/o Vice Postulatore,
sono di aver adempiuto fedelmente l’incarico e di mantenere il segreto
(n. 6c);
2. Il “Decreto di nomina” del Portitore degli atti viene preparato
prima della Sessione di Chiusura.
L’incarico del Portitore è consegnare al Dicastero (nell’ufficio
dell’exCancelleria) il Transunto e la Copia Pubblica, garantendo la loro integrità
fino alla definitiva consegna al Dicastero.
3. All’inizio dell’Ultima Sessione il Portitore giura di adempiere
fedelmente i suo incarico.

3. Verbale della Sessione di Chiusura


1. viene preparato dal Notaio dell’Inchiesta
2. tutti, che prestano giuramento, devono sottoscrivere il verbale
3. il Notaio farà, poi, 2 fotocopie del verbale della Sessione di
Chiusura:
l’originale viene allegata all’Archetipo, una fotocopia del verbale al Transunto e
l’altra alla Copia Pubblica.
79

[Qualora ci fosse una traduzione degli atti, si fa altrettanto per il verbale


della Sessione di Chiusura che viene inserita nell’Archetipo, nel Transunto e nella
Copia Pubblica in traduzione.]

6. Fine giuridico-canonica dell’Inchiesta

Terminata la Sessione di Chiusura dell’Inchiesta diocesana o eparchiale, tutti


gli Officiali dell'Inchiesta decadono dall'ufficio, incluso il Postulatore diocesano o
eparchiale della Causa.

3. Conservazione e invio degli atti dell'Inchiesta: nn. 30-31

N.B.: Integrità è la parola chiave per la procedura dell’invio degli atti al


Dicastero, ossia: salvaguardare l'integrità dell’Archetipo, che sarà conservato
presso la Curia diocesana o eparchiale, e del Transunto e della Copia Pubblica
fino alla loro consegna al Dicastero.
Lo scopo della procedura per la chiusura e l’invio degli atti al Dicastero è
escludere ogni possibilità della manomissione degli atti.
Per questo motivo, l’Archetipo, il Transunto e la Copia Pubblica devono
essere chiusi e sigillati in pacchi: quale garanzia canonica della loro integrità.

1. Conservazione dell’Archetipo 1. Per l’Archetipo: “L’originale, chiuso e


munito di sigilli, sia custodito nell’archivio della Curia” (n. 30): esso deve
essere conservato nel settore segreto della Curia diocesana o eparchiale e,
poiché è sotto il segreto istruttorio, non può essere aperto senza il consenso
scritto del Dicastero, su richiesta del Vescovo.
La stessa regola viene applicata per l’eventuale Archetipo in traduzione (n.
31b).

2. Per il Transunto e la Copia Pubblica:


La copia conforme dell’inchiesta e i documenti allegati siano trasmessi per
via sicura alla Sacra Congregazione in duplice esemplare debitamente chiusi e
muniti di sigilli, assieme ad una copia dei libri del servo di Dio esaminati dai
censori teologi, con il giudizio di questi; (n. 31a)
La stessa regola viene applicata per gli eventuali Transunto e Copia Pubblica
in traduzione (n. 31b).
80

2. Invio degli atti al Dicastero: n. 31

1. Materiale da inviare (chiuso e sigillato dentro i pacchi)

1. La copia conforme dell’inchiesta ... in duplice esemplare, ossia il


Transunto e la Copia Pubblica
2. Se è stata fatta la traduzione degli atti, saranno inviati al Dicastero il
Transunto e la Copia Pubblica in lingua originale e il Transunto e la Copia
Pubblica in traduzione, anch’essi chiusi e muniti di sigilli dentro i pacchi
3. … e i documenti allegati ... (confusione canonica – i documenti fanno
parte del processo e, pertanto, parte integrale del Transunto e della Copia
Pubblica; pertanto, sono chiusi e sigillati dentro i pacchi!)
4. assieme ad una copia dei libri del Servo di Dio esaminati dai Censori
Teologi, con il giudizio di questi” (confusione canonica - i voti dei Censori
Teologi fanno parte del processo e, pertanto, parte integrale del Transunto e della
Copia Pubblica; pertanto, sono chiusi e sigillati dentro i pacchi!)

2. Mezzo di invio
- “per via sicura”: posta normale – difficoltà doganali; tramite il plico
diplomatico della Nunziatura Apostolica

3. Materiale da inviare (esterno ai pacchi)

1. Iscrizione Esterna: il foglio su ciascun pacco, attestando il contenuto dello


stesso pacco

2. Busta della(e) Lettera(e) (Plicum litterarum): “Il Vescovo o il delegato


mandi inoltre al Cardinale Prefetto una dichiarazione sulla credibilità dei testi e
la legittimità degli atti”: n. 31c
- una busta chiusa e sigillata, contenente la dichiarazione
indirizzata al Prefetto del Dicastero e scritta da “chi ha istruito l'Inchiesta”
(Art. 147 § 1 dell’istruzione Sanctorum Mater) e, per prassi, sottoscritta
dal Promotore di Giustizia, attestando la credibilità dei testimoni e la
legittimità degli atti
- è il momento opportuno segnalare anche le difficoltà o le
obiezioni che sono emerse durante l’Inchiesta.
81

- secondo la prassi anche il Vescovo scrive al Prefetto, in


quanto è il Vescovo che ha deciso di iniziare la Causa e, pertanto, il vero
responsabile per l’Inchiesta;

3. Strumento di Chiusura (Instrumentum Clausurae): è il verbale della


chiusura dei pacchi contenenti gli atti dell’Inchiesta
N.B.: lo Strumento di Chiusura non deve essere confuso con il verbale
dell’Ultima Sessione di Chiusura dell’Inchiesta

CAPITOLO IV Inchiesta sul Miracolo

N.B.: Il testo delle norme stabilite per l’Inchiesta diocesana o eparchiale sul
miracolo si trova nell’Appendice di questi Appunti.
82

Osservazioni generali

1. Le norme che reggono l’Inchiesta sul miracolo


1. Normae servandae nn. 32-35 e n. 22;
2. alcune delle quali con rimando ai nn. 5b (Vescovo competente); 15a
(Preparazione degli Interrogatori); 16-18 e 21-24 (testimonianza dei testi); 29-31
(Fase finale dell’Inchiesta);
3. quanto prescritto dal can. 1403 § 2 del Codice di Diritto Canonico: Alle
stesse Cause si applicano inoltre le disposizioni di questo Codice, ogniqualvolta
in quella legge si rinvia al diritto universale (nota dell’autore: non lo fa mai!), o
si tratta di norme che per la natura stessa della cosa le riguardano (nota
dell’autore: tale determinazione solleva difficoltà procedurali)

2. Norma generale
“L’Inchiesta sui miracoli dev’essere istruita separatamente dall’Inchiesta
sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio e si svolga secondo le norme che
seguono” (n. 32)
1. L’Inchiesta sul miracolo deve essere istruita separatamente dall’Inchiesta
sulle virtù o sull’offerta della vita
- la norma aggiunge: o sul martirio: attualmente il miracolo non è richiesto
per la beatificazione di un martire
2. gli atti devono essere separati e distinti da quelli sulle virtù o sull’offerta
della vita (separati e distinti Archetipo, Transunto e Copia Pubblica)
3. gli stessi Officiali (il Tribunale), nominati per l’Inchiesta sulle virtù
eroiche o sull’offerta della vita possono svolgere gli stessi Offici per l’Inchiesta
sul miracolo, con diversi e separati “Decreti di nomina”
4. l’Inchiesta sul miracolo può essere istruita parallelamente
e
contemporaneamente a quella sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita

3. Tempo del miracolo


1. per la Beatificazione: il miracolo deve essere accaduto dopo la morte del
Servo di Dio e attribuito alla sua intercessione; il miracolo è la conferma divina
sia del giudizio umano sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita, che della
presenza del Servo di Dio nel cielo.
83

2. per la Canonizzazione: il miracolo deve essere accaduto dopo la


beatificazione formale o equipollente del Servo di Dio e attribuito alla sua
intercessione
Eccezione alla regola: qualora un miracolo sia avvenuto dopo la
promulgazione del decreto sul miracolo richiesto per la Beatificazione, oppure
dopo la promulgazione del decreto sul martirio, e prima del rito della
beatificazione, il Postulatore può inoltrare istanza al Prefetto, chiedendo la
dispensa pontificia ad cautelam dal tempo del miracolo richiesto per la
canonizzazione.

4. Dubbio (oggetto) dell'Inchiesta


1. su una presunta guarigione miracolosa: l’Inchiesta è istruita “sull'asserita
guarigione miracolosa di (nome e cognome del sanato), attribuita
all'intercessione del Servo di Dio (nome e cognome) o del Venerabile Servo di
Dio o del Beato.
2. su un fatto o evento prodigioso (non guarigione): “Qualora si trattasse di
presunti casi miracolosi, che non sono guarigioni (ad esempio, scampato
pericolo, moltiplicazioni, ecc. ...), la Congregazione provvede alla nomina di
Periti Tecnici competenti. La Consulta Tecnica procede in modo analogo alla
Consulta Medica” (cfr. Regolamento della Consulta Medica del 24 agosto 2016,
Art. 2).
N.B.: Poiché pressoché tutti i miracoli esibiti nelle Cause dei Santi sono
guarigioni, in questi Appunti tralasciamo lo studio di un fatto o evento prodigioso
(non guarigione).

5. Elementi costitutivi del miracolo


La formulazione del dubbio dell’Inchiesta sul miracolo, esposta sopra nel n.
4, 1°, evidenzia i due elementi costitutivi del miracolo:

1. Elemento scientifico (inspiegabilità scientifica)


1. la guarigione deve essere: (1) scientificamente inspiegabile (diagnosi,
prognosi, terapia, stato attuale del sanato – inefficienza o insufficienza della
terapia come spiegazione dello stato attuale del sanato, ossia la sua guarigione);
(2) istantanea; (3) perfetta; (4) duratura.
2. la mancanza dell’intervento umano permette di porre la domanda se ci sia
stato l’intervento divino, concesso attraverso l’intercessione del Beato, del
Venerabile Servo di Dio o del Servo di Dio.
84

3. si rispetta la competenza e, pertanto, non si chiede MAI al medico se il


caso sia un miracolo o meno – questa è una domanda teologica!

2. Elemento teologico (intercessione)


ci deve essere lo stretto nesso di “causa ed effetto” tra la scientificamente
inspiegabile guarigione e la concessione del miracolo da Dio attraverso
l’intercessione del Beato, Venerabile Servo di Dio o Servo di Dio (N.B.: i Santi
non fanno i miracoli!)

6. Le prove si desumono:
1. da fonti scritte o documentali: cartelle cliniche, referti medici, esami
clinici (radiografie, TAC, piastrine, ecc.): sono essenziali per stabilire il fumus
boni iuris
- Interpretazione autentica del 3 giugno 2014 del Pontificio Consiglio per i
Testi Legislativi riguardante il valore giuridico da attribuire ai documenti
tecnologici odierni (celluloide, magnetico o elettronico): nell'apparato
probatorio di una causa di canonizzazione (nella fase diocesana e anche
romana), possono essere ammessi documenti su un supporto celluloide,
magnetico o elettronico, purché siano stati inseriti negli atti processuali dopo
che il giudice abbia accertato la loro utilità, affidabilità e assenza di
manipolazioni.
In modo particolare, pressoché esclusivo, questa norma va applicata
all'Inchiesta sul miracolo, in cui si presentano come prove documentali le cartelle
cliniche, gli esami clinico-medici, ad es., risonanza magnetica, ecografia,
radiografia, piastrine, ecc.

2. dalle deposizioni orali di testimoni oculari: ci deve essere un sufficiente


numero di testi oculari; le testimonianze di testi di 2° grado sono aggiuntive e
non sostitutive;
- in un cosiddetto “caso storico” (l’asserito miracolo accadde molto tempo fa),
ci deve essere un sufficiente numero di testi oculari degli avvenimenti, anche se
sono ormai deceduti al momento dell’istruzione dell’Inchiesta.

Inchiesta diocesana o eparchiale

1. Fase preliminare all’inizio dell’Inchiesta


85

1. Compito del Postulatore


è stabilire (a sua propria soddisfazione) l’esistenza del fumus boni iuris, ossia
l’esistenza dell’elemento scientifico e dell’elemento teologico del caso e,
pertanto, del fondamento per chiedere ufficialmente dal Vescovo competente
l’istruzione dell’Inchiesta sul miracolo

2. Procedura da seguirsi dal Postulatore


1. raccogliere alcune brevi dichiarazioni scritte del sanato e di altri
coinvolti nel caso, ad esempio medici, infermieri, parenti del sanato, ecc., circa
lo svolgimenti dei fatti.
2. raccogliere tutte le prove documentali menzionate nel n. 6, 1° sopra
(questione della “privacy”: e, in particolare, se si tratti di un minorenne; in tal
caso occorre ottenere il consenso dei genitori).
N.B.: la differenza della procedura sul miracolo da quella sul martirio, sulle
virtù o sull’offerta della vita: il Postulatore raccoglie tutte le prove documentali
perché i documenti sono facilmente reperibili.

3. Studio del materiale raccolto dal Postulatore 1. Per quanto riguarda


l’elemento scientifico
1. Il Postulatore chiede, privatamente, il parere di uno o due medici
specializzati nel campo della malattia “soltanto” circa l’elemento scientifico del
miracolo, ossia l’inspiegabilità scientifica de caso (cfr. sopra n. 5, 1°).
2. Se il sanato è già deceduto, il Postulatore raccoglie il certificato di
decesso e/o l’autopsia, indicando la causa di morte, che deve risultare diversa
dalla malattia dalla quale il sanato è stato guarito: in assenza di questo il caso non
può procedere.
2. Per quanto riguarda l’elemento teologico
Ottenuto il parere positivo del perito medico, il Postulatore chiede,
privatamente, il parere di un teologo circa l’elemento teologico del caso; se perito
in materia, lo stesso Postulatore lo può fare (cfr. sopra n. 5, 2°).

4. Preparazione di una Relazione sul caso


Il n. 33a richiede che, insieme al Libello di domanda per l’istruzione
dell’Inchiesta, il Postulatore deve presentare al Vescovo competente “una breve
ma accurata” Relazione, indicando lo svolgimento del caso con date e tempi
precisi, le persone coinvolte nel caso, ecc.
86

N.B.: L’esperienza insegna, invece, che giova al buon esito dello studio del
caso e all’istruzione dell’Inchiesta se tale relazione fosse piuttosto molto
dettagliata (senza badare alla sua lunghezza)!

5. Colloquio con il Vescovo competente


Per questa fase preliminare all’Inchiesta non esiste una norma
giuridicocanonica, ma piuttosto una regola di prudenza: avere un
colloquio/incontro con il Vescovo competente a norma del n. 5b delle Normae
servandae.
Subentra qui l’eventuale trasferimento della competenza – cfr. Normae
servandae, n. 5a, “… a meno che circostanze particolari, ecc.”

2. Fase iniziale dell'Inchiesta

1. Attore – Postulatore
- sono già stabiliti perché l’Inchiesta sulle virtù eroiche o sull’offerta della
vita del Servo di Dio è stata già iniziata;
- se la Causa è in fase romana: poiché il Postulatore della fase romana della
Causa deve avere residenza fissa a Roma, è opportuno nominare un
VicePostulatore per la fase diocesana o eparchiale per l’Inchiesta sul miracolo

2. Vescovo competente: n. 5b
- territorio dove è avvenuto il miracolo o il fatto prodigioso (stesso principio
guida: si istruisce l’Inchiesta dove sono le prove, fino a prova contraria)
- non poche volte il miracolo accade in una diocesi/eparchia diversa da
quella ove si sta istruendo la Causa;
- eventuale trasferimento del foro della competenza: viene applicata la stessa
norma del n. 5a (l’istanza del Vescovo ad quem, evidenziando le circostanze
particolari che consigliano il trasferimento della competenza, allegato il consenso
scritto del Vescovo a quo (de iure competente); il rescritto di trasferimento del
Dicastero)
87

3. Presentazione “fisica” del Libello di domanda: n. 33a


Definizione del Libello: richiesta scritta del Postulatore, a nome dell’Attore
della Causa, per istruire l’Inchiesta sul miracolo, con i seguenti allegati:
1. tutte le prove documentali già raccolte dal Postulatore, ossia
tutti i documenti e elementi medico-clinici indicati sopra.
2. la Relazione sul caso, preparata dal Postulatore;
3. la Notula Testium (testi indotti dal Postulatore)
1. tutti testi devono essere oculari: sanato, medici curanti,
infermieri, parenti, amici: familiarità e rapporto con il sanato e
quanto avvenuto circa la guarigione
2. se necessario per completare l’Inchiesta, anche testi di
2° grado
(“possono aggiungersene altri …; ma tutti siano degni di fede” – nn. 17 e 21)
4. se il sanato è già deceduto, il certificato di decesso e/o
l’autopsia

4. Stabilire il fumus bonis iuris: n. 33a “Il Vescovo competente … chieda il


giudizio di uno o due esperti”: il Vescovo competente deve stabilire
“canonicamente” il fumus boni iuris del caso, in base al quale accetta il Libello
di domanda del Postulatore e inizia l’Inchiesta sul miracolo
1. il Vescovo deve chiedere il giudizio previo: (1) di uno o due periti
specializzati nel campo della malattia circa l'elemento scientifico del caso;
2. ex prudentia, anche il parere di un perito teologo circa l’elemento
teologico del caso
3. il Vescovo “dovrebbe” chiedere i pareri di 2 Periti ab inspectione:
n. 34b
1. compito: visitare il sanato per verificare la natura duratura
della guarigione
2. Procedura: (1) Decreti di nomina e giuramenti:
separatamente; (2) visite separate al sanato; (3) Relazione scritta di ciascun
perito; (4) vengono chiamati, poi, dal Tribunale come testi d’ufficio

5. Accettazione “canonica” del Libello: nn. 33a e 34 a-b


Stabilito canonicamente (dal Vescovo) il fumus boni iuris, il Vescovo
pubblica il Decreto dell’Inizio dell’Inchiesta, nel quale egli:
1. accetta esplicitamente il Libello di domanda del Postulatore;
88

2. dichiara esplicitamente l’inizio dell’Inchiesta sul miracolo;


3. e, nello stesso Decreto nomina i 4 Officiali dell’Inchiesta
(Tribunale): (1) il Delegato Episcopale; (2) il Promotore di Giustizia; (3)
il Notaio (e Notai
Aggiunti), nonché (4) il Perito Medico per quanto riguardo l’elemento scientifico
del caso: n. 34a

6. Celebrazione della Prima Sessione o Sessione di Apertura


La procedura è simile a quella esposta sopra per la Prima Sessione o Sessione
di Apertura per l’Inchiesta sul martirio, sulle virtù eroiche e sull’offerta della vita:
la Sessione è celebrata per i giuramenti, di adempiere fedelmente il loro incarico
edi tenere il segreto istruttorio (n. 6c): Vescovo, i 4 Officiali dell’Inchiesta
(Tribunale), il Postulatore e/o il Vice Postulatore della Causa

3. Fase della Raccolta delle prove testificali: nn. 33b (con rimando ai nn. 15a,
16-18 e 21-24)

1. Gli Interrogatori per i testi: n. 15a


- si segue la stessa procedura stabilita per l’Inchiesta sul martirio, sulle virtù
eroiche o sull’offerta della vita: vengono preparati dal Promotore di Giustizia: n.
15a
- il Promotore di Giustizia deve chiedere l’aiuto del Perito medico/tecnico,
secondo la sua competenza
- il Postulatore può offrire al Promotore di Giustizia dell’Inchiesta
informazioni utili per la preparazione degli Interrogatori per i testi.

2. Escussione dei testi: nn. 16-21a e 22-23


Principio guida: quanto evidenziato sopra per l’Inchiesta sul martirio, sulle
virtù eroiche o sull’offerta della vita viene osservato nell’Inchiesta sul miracolo:
1. testi di 1° grado (oculari) e, se utili, testi di 2° grado;
2. testi ex officio: n. 21a; 23 (giuramento prima e dopo la
testimonianza; fonte della conoscenza)
3. Medici curanti: n. 22
89

1. testimonianza diretta: n. 22a


2. caso di eventuale rifiuto: n. 22b
1. una Relazione scritta;
2. tramite una “persona interposta”, ossia una persona
interposta tra il Tribunale e il teste medico curante; (nomina,
giuramento, testimonianza della persona interposta)
4. Due (2) Periti ab inspectione: n. 34b

3. Dichiarazioni Scritte: n. 24
- quanto evidenziato sopra per l’Inchiesta sul martirio, sulle virtù eroiche o
sull’offerta della vita viene osservato nell’Inchiesta sul miracolo

4. Altre norme da osservarsi nell’Inchiesta (cfr. Capitolo Inchiesta sul


martirio, sulle virtù eroiche, sull’offerta della vita)
- ex ipsa rei natura, devono essere osservati anche:
- n. 20: testi che non devono essere ammessi a testimoniare;
- n. 25: autentica delle prove documentali e testificali;
- n. 26: eventuale Inchiesta Rogatoriale

4. Fase finale dell'Inchiesta: n. 35 (con rimando ai nn. 29-31)


Si segue la stessa procedura stabilita per l'Inchiesta sul martirio, sulle virtù
eroiche o sull’offerta della vita, ossia
1. n. 27: pubblicazione degli atti dell’Inchiesta: decreto; tempo utile per il
Promotore di Giustizia e il Postulatore (Vice Postulatore) e le loro
dichiarazioni scritte o orali
2. nn. 29-30: confezione delle due copie degli atti originali e l’invio al
Dicastero
3. n. 31b: eventuale traduzione degli atti in una lingua ammessa dal Dicastero
CAPITOLO V
Beatificazione Equipollente

Osservazioni preliminari
90

1. Legge fondamentale
- non è permesso alcun segno di culto pubblico al Servo di Dio non ancora
beatificato dal Sommo Pontefice (Decreti di Urbano VIII); cfr. anche Normae
servandae, n. 36.

2. Definizione della beatificazione


- l’atto pontificio in cui il Sommo Pontefice concede al Venerabile Servo di
Dio: (1) il titolo di “Beato” e (2) permette il culto pubblico in suo onore, limitato
a tempi e luoghi determinati dalla legge.
N.B.: sono evidenziati i 2 elementi costitutivi della beatificazione:
concessione del titolo di Beato e del culto pubblico limitato.

3. Le 2 procedure per la Beatificazione 1.


Beatificazione formale: “per via di non culto”
- il Servo di Dio viene beatificato con la procedura formale (“iter
normale”): (1) per un Martire (soltanto l’approvazione del martirio); (2) per un
Confessore (l’approvazione delle virtù eroiche o dell’offerta della vita e
l’approvazione di un miracolo, avvenuto dopo la sua morte e attribuito alla sua
intercessione)

2. Beatificazione equipollente: “per via di culto”


Si tratta della Causa di un “antico Beato” o della “Conferma di Culto”: da
tempo immemorabile (ab immemorabili tempore – passati 100 anni), il Servo di
Dio è (1) comunemente chiamato “Beato” (Beatus nuncupatus) e (2) è oggetto di
culto pubblico in qualche forma
N.B.: canonicamente parlando, si tratta del Servo di Dio non ancora beatificato
dalla Sede Apostolica; pastoralmente parlando, però, si utilizza il titolo “Beato”
perché il Servo di Dio è comunamente conosciuto così.

1. Storia della questione

Premessa: Le Cause degli antichi Beati costituiscono un gruppo limitato di


Cause. Il culto fu concesso dai Vescovi (Canonizzazione vescovile), anziché dal
Sommo Pontefice, tra la morte di Alessandro III (†1181) e prima del tempo
stabilito dalla Costituzione Apostolica Coelestis Cives Ierusalem (in seguito
CCI), promulgata da Urbano VIII il 5 luglio 1634, e cioè:
91

- l’antico Beato è oggetto di culto, attribuitogli dai Vescovi tra il 1181 e il


1534; soltanto dopo 100 anni (1634) tale culto divenne immemorabile.

1. Decretali di Gregorio IX: 1234


La lettera di Papa Alessandro III al Re della Svezia (data incerta) fu inserita
tra i Decretali e, di conseguenza, la canonizzazione pontificia divenne legge
ecclesiastica universale (“riserva pontificia” della Canonizzazione)

2. Coelestis Cives Ierusalem (d’ora in poi CCI): 1634


CCI stabilì la procedura per la canonizzazione dell’antico Beato da parte
dalla Sede Apostolica:
1. prima si pubblica il “Decreto del fatto del culto immemorabile”: e
cioè che il Servo di Dio, chiamato Beato, è oggetto di culto, attribuitogli tra il
1181 (anno della morte di Alessandro III) e il 1534 (100 anni prima della
promulgazione della stessa CCI);
2. tale culto abusivo può essere tollerato per motivi provati e, pertanto,
la Causa è un’eccezione (casus exceptus) ai Decreti di Urbano VIII che
ordinarono l’eliminazione del culto; 3. inoltre, si deve provare l’essenza di
santità, ossia il martirio o le virtù eroiche del Servo di Dio
4. Conclusione: pubblicati il “Decreto del fatto del culto
immemorabile” e anche “Decreto sul martirio” o del “Decreto sulle virtù
eroiche” dalla Sede
Apostolica, il Servo di Dio fu considerato beatificato equipollentemente
(equivalentemente) con gli stessi effetti (concessione di culto pubblico, ossia
Missa et Officium) come quelli beatificati con l’iter formale: il culto
illegittimo/abusivo diventa legittimo perché confermato dal Sommo Pontefice.
5. con l’approvazione dei miracoli, si procede alla canonizzazione.

3. Prassi contra legem: 1634 – 1917


1. Il “Decreto del fatto del culto immemorabile”, richiesto dalla
legislazione urbaniana, si trasformò in “Decreto della Conferma di Culto”
dell’antico Beato, in quanto, provato che il Beato fu oggetto di culto pubblico,
attribuitogli tra il 1181 e il 1534, la forma massima di culto (Missa et Officium)
in suo onore fu confermata e, in quelle Cause ove mancava Missa et Officium, gli
fu concesso: beatificazione a tutti gli effetti!
2. Infatti, Prospero Lambertini, nella sua opera De servorum Dei
beatificatione et beatorum canonizatione, scritta tra il 1734 e il 1738 (100/104
92

anni dopo la CCI del 1634), osserva che “non esiste una Causa di un antico Beato
al quale non è stato confermato Missa et Officium”.
3. Problema teologico: la massima forma di culto, Missa et Officium,
fu confermata o concessa dal Sommo Pontefice senza l’approvazione
dell’essenza della santità: martirio o eroicità delle virtù del Servo di Dio!

4. Codice di Diritto Canonico: 1917


1. Canone 2134: “Edito il decreto del fatto di culto immemorabile e
dell’eroicità delle virtù o del martirio, il Servo di Dio è da considerarsi
equipollentemente beatificato, se la conferma dello stesso culto è provata con
decreto del Romano Pontefice”.
2. Canone 2135: beatificato equipollentemente, possono essere
concessi al Servo di Dio quegli atti di culto pubblico riservati a quelli beatificati
formalmente.
Con questi due canoni, l’antica procedura stabilita da Urbano VIII fu
ripristinata.

5. Prassi del Dicastero dal 1917 al 1983


1. La Congregazione dei Sacri Riti e, poi, quella per le Cause dei Santi,
continuavano a pubblicare il “Decreto della Conferma di Culto” per diverse
Cause degli antichi Beati, confermando il culto (Missa et Officium), senza la
dimostrazione dell’essenza della santità (martirio o virtù eroiche)
2. Si procedeva direttamente alla canonizzazione, richiedendo la
dimostrazione del martirio o dell’eroicità delle virtù dell’antico Beato e i
miracoli, attribuiti alla sua intercessione.

3. Attuale legislazione

1. La Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister del 1983


legifera unicamente per una Causa nella quale esiste il culto che viene
attribuito al Servo di Dio secondo i Decreti di Urbano VIII, e esiste fino ad
oggi.
Ancora una volta viene ripristinata la legislazione urbaniana del 1634 e del
Codice di Diritto Canonico del 1917: occorre dimostrare (1) l’essenza della
santità: martirio, virtù eroiche o offerta della vita del Servo di Dio e (2) il culto
reso al Servo di Dio da tempo immemorabile fino ad oggi.

2. Istruzione Sanctorum Mater del 2007: Artt. 33-35


93

In considerazione della situazione attuale ove ci sono antichi Beati che sono
già in possesso della massima forma di culto (un gruppo di numero ristretto di
Cause!) e quelli che non lo sono, vengono presentate due eventuali possibilità:
1. “Decreto della Conferma di culto” non è ancora pubblicato: Art. 33
Art. 33: § 1. Nel caso di un cosiddetto antico Beato, cioè di un Servo di
Dio che è oggetto di culto da tempo immemorabile secondo i Decreti di Urbano
VIII, ai fini della conferma di culto il Vescovo procede secondo le Normae
servandae stabilite per le cause antiche. § 2. Il postulatore presenta al Vescovo
il libello di domanda unitamente alla documentazione come richiesto per le cause
antiche.
Si ribadisce la norma generale per tutte le Cause degli antichi Beati:
§ 1. La Causa segue la procedura di una Causa antica, in quanto ex ipsa
natura la Causa è antica secondo n. 7: “… le prove relative al martirio o alle
virtù o all’offerta della vita (e anche al culto antico) possono desumersi solo da
fonti scritte (prove documentali).
§ 2. Il Vescovo e il Postulatore, pertanto, devono agire secondo le
rispettive norme.

2. “Decreto della Conferma di Culto” è stato già pubblicato: Art. 34


Art. 34: “Qualora sia stato pubblicato il decreto di conferma di culto
dell’antico Beato, come è accaduto nel passato, senza la previa dimostrazione
delle virtù eroiche o del martirio, in vista della canonizzazione il Vescovo
procede all’istruzione dell’Inchiesta sulla vita e sulle virtù eroiche o sul martirio,
seguendo la procedura stabilita dalle Normae servandae per le cause antiche.”
Si esplicita la prassi del Dicastero per la Causa dell’antico Beato nella
quale il “Decreto della Conferma di Culto” è stato già pubblicato dalla Sede
Apostolica: rimane ancora la necessità di dimostrare l’essenza della santità
(martirio, virtù eroiche o offerta della vita) con l’istruzione dell’Inchiesta
diocesana o eparchiale. Si procede alla Canonizzazione con il miracolo.

1. Fase diocesana o eparchiale della Causa: il Vescovo istruisce


l’Inchiesta
- sul martirio: sulla vita, sul martirio e sulla fama di martirio e
di segni nonché sul culto reso al Servo di Dio in tempi più recenti
- o sulle virtù eroiche: sulla vita, sulle virtù eroiche e sulla fama
di santità e di segni nonché sul culto reso al Servo di Dio in tempi più
recenti
94

- o sull’offerta della vita: sulla vita, sull’offerta della vita e sulla


fama di offerta della vita e di segni nonché sul culto reso al Servo di Dio
in tempi più recenti
N.B.: se il “Decreto della Conferma di Culto” è stato già pubblicato dalla Sede
Apostolica, è necessario inserire tra gli atti dell’Inchiesta copia del “Decreto”.

2. Beatificazione equipollente
- promulgati il “Decreto della Conferma di culto” e quello sul martirio,
sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita, l’antico Beato è beatificato
equipollentemente a quelli beatificati formalmente.

3. Canonizzazione degli antichi Beati: Articolo 35


SM, Articolo 35 afferma: “Promulgato il decreto sulla conferma di culto e
sulle virtù eroiche o sul martirio (o sull’offerta della vita) del Beato, si procede
alla canonizzazione con l’approvazione di un miracolo avvenuto dopo la
conferma di culto”.
L’Art. 35 verbalizza la prassi attuale del Dicastero: per la Canonizzazione
dell’antico Beato occorre un miracolo, attribuito alla sua intercessione e avvenuto
(1) dopo la promulgazione del “Decreto della Conferma di Culto” (avvenuta
molto tempo fa) oppure (2) dopo la promulgazione del Decreto unico sul martirio,
sulle virtù eroiche o sull’offerta della vita e sul culto del Servo di Dio.

4. Canonizzazione equipollente
- vengono invocati gli stessi concetti come per la beatificazione equipollente:
il Servo di Dio è chiamato "Santo" (Servus Dei Sanctus nuncupatus): da tempo
immemorabile è oggetto di culto come Santo; la procedura è quella indicata sopra.
95

APPENDICI

TESTI LEGISLATIVI NELLE CAUSE DEI SANTI

Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister

AAS 75 (1983), pp. 349-355

(Qui si presenta solo la parte


che riguarda la fase diocesana o eparchiale della Causa)

Il Divin Maestro di perfezione

GIOVANNI PAOLO
VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
A PERPETUA MEMORIA

Il Divin Maestro e Modello di perfezione, Cristo Gesù, che con il Padre e


lo Spirito Santo è proclamato "il solo santo", amò la Chiesa come una sposa e
diede se stesso per essa, al fine di santificarla e renderla gloriosa al suo cospetto.
Dato quindi il precetto a tutti i suoi discepoli di imitare la perfezione del Padre,
manda a tutti lo Spirito Santo, affinché li muova interiormente ad amare Dio
con tutto cuore e ad amarsi a vicenda, come Egli li ha amati. I seguaci di Cristo
96

- come insegna il Concilio Vaticano II - non secondo le loro opere, ma secondo


il disegno e la grazia di Lui chiamati e giustificati nel Signore Gesù, nel
battesimo della fede sono diventati veramente figli di Dio e partecipi della
natura divina, e perciò realmente santi. 1
Tra questi, in ogni tempo Dio ne sceglie molti affinché, seguendo più da
vicino l'esempio di Cristo, con l'effusione del sangue o l'esercizio eroico delle
virtú, diano fulgida testimonianza del Regno dei cieli.
La Chiesa poi, che fin dalle origini della religione cristiana ha sempre
creduto che gli Apostoli e i Martiri sono a noi uniti strettamente in Cristo, li ha
venerati in maniera particolare insieme con la beata Vergine Maria e i santi
Angeli, e ha piamente implorato l'aiuto della loro intercessione. A questi ben
presto furono aggiunti anche altri, che più da vicino avevano imitato la verginità
e la povertà di Cristo, e finalmente gli altri che il singolare esercizio delle virtù
cristiane e i carismi divini raccomandavano alla devozione e all'imitazione dei
fedeli.
Mentre consideriamo la vita di coloro che hanno fedelmente seguito
Cristo, in modo nuovo siamo spinti a cercare la Città futura, e apprendiamo la
via più sicura per la quale, tra le mutevoli cose del mondo, possiamo
raggiungere la perfetta unione con Cristo, cioè alla santità, secondo lo stato e la
condizione propria di ciascuno. In realtà, circondati da un gran nugolo di
testimoni, per mezzo dei quali Dio si fa presente a noi e ci parla, siamo con
grande forza attratti a raggiungere il suo Regno nei cieli. 2
Accogliendo tali segni e la voce del Signore suo con la più grave riverenza
e docilità, da tempi immemorabili, la Sede Apostolica, per il grave ufficio ad
essa affidato di insegnare, santificare e reggere il Popolo di Dio, da tempo
immemorabile propone all'imitazione, venerazione e invocazione dei fedeli gli
uomini e le donne che si sono distinti per il fulgore della carità e delle altre virtú
evangeliche, e, svolte le debite inchieste, nell'atto solenne di canonizzazione
che li dichiara Santi o Sante.
La trattazione delle cause di canonizzazione, che il Nostro Predecessore
Sisto V affidò alla Sacra Congregazione dei Riti da lui istituita3, nel corso dei
secoli venne sempre più perfezionato con nuove norme, specialmente ad opera

1
Const. dogm. Lumen Gentium, n. 40.
2
Cfr. ibid., n. 50.
3
Const. Apost. Immensa Aeterni Dei, diei 22 ianuarii 1588. Cfr. Bullarium Romanum, ed. Taurinensis, t.
VIII, pp. 985-999.
97

di Urbano VIII. 4 In seguito Prospero Lambertini (poi Papa Benedetto XIV)


raccolte anche le esperienze del passato, ha tramandato tali norme nell'opera De
Servorum Dei beatificazione et de Beatorum canonizatione, che per quasi due
secoli ha costituito la regola presso la Sacra Congregazione dei Riti. Infine tali
norme furono inserite nel Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1917.
Nel nostro tempo, poiché il notevole progresso delle discipline storiche ha
mostrato la necessità di dotare la Congregazione competente di un più valido
strumento di lavoro, per meglio rispondere alle esigenze della critica storica, il
Nostro Predecessore di f.m. Pio XI, con la Lettera Apostolica m.p. del 6
febbraio 1930 Già da qualche tempo, istituì presso la Sacra Congregazione dei
Riti la "Sezione storica", alla quale affidò lo studio delle cause "storiche". 5 Lo
stesso Pontefice, il 4 gennaio 1939, ordinò di pubblicare le Normae servandae
in construendis processibus ordinariis super causis historicis 6, con le quali di
fatto rese superfluo il processo "apostolico", di modo che da allora per le cause
"storiche" fu fatto un unico processo di autorità ordinaria.
Paolo VI inoltre, con la Lettera Apostolica m.p. Sanctitas clarior del 19
marzo 1969 7, stabilì che anche per le cause recenti si facesse un unico processo
cognizionale, per raccogliere cioè le prove, che il Vescovo istruisce, previa però
l'autorizzazione della Santa Sede. 8
Lo stesso Pontefice, con la Costituzione Apostolica "Sacra Rituum
Congregatio” 8 dell'8 maggio 1969, al posto della Sacra Congregazione dei Riti
costituì due nuovi Dicasteri, affidando ad uno di essi il compito di regolare il
Culto Divino, all'altro invece di trattare le cause dei santi; in quella stessa
occasione modificò alquanto la procedura di esse.
Infine, dopo le ultime esperienze, Ci è sembrato molto opportuno rivedere
ancora la procedura nell'istruzione delle cause, e riordinare la stessa
Congregazione per le Cause dei Santi, in modo da andare incontro alle esigenze
degli studiosi e ai desideri dei nostri Fratelli nell'episcopato, i quali più volte
hanno sollecitato una maggiore agilità di procedura, conservata però la solidità
delle ricerche in un affare di tanta importanza. Pensiamo inoltre che, alla luce
della dottrina sulla collegialità proposta dal Concilio Vaticano II, sia assai

4
Litt. Apost. Caelestis Hierusalem Cives, diei 5 iulii 1634; Urbani VIII P.O.M. Decreta servanda in
beatificatione et canonizatione Sanctorum, diei 12 martii 1642.
5
Acta Apostolicae Sedis 22 (1930), pp. 87-88.
6
Acta Apostolicae Sedis 31 (1939), pp. 174-175.
7
Acta Apostolicae Sedis 61 (1969), pp. 149-153. 8
Ibid., nn. 3-4.
8
Acta Apostolicae Sedis 61 (1969), pp. 297-305.
98

conveniente che i Vescovi stessi vengano maggiormente associati alla Sede


Apostolica nel trattare le cause dei santi.
Per il futuro, dunque, abrogate al riguardo tutte le leggi di qualsiasi genere,
stabiliamo che si osservino le norme che seguono.

INCHIESTE AFFIDATE AI VESCOVI

1) Ai Vescovi diocesani, agli Eparchi e quanti ad essi sono equiparati


dal diritto, nell'ambito della loro giurisdizione, sia d’ufficio, sia ad istanza dei
singoli fedeli o di legittime associazioni e dei loro rappresentanti, compete il
diritto di investigare circa la vita, le virtù, l’offerta della vita o il martirio e la
fama di santità, di offerta della vita o di martirio, sui presunti miracoli ed
eventualmente sul culto antico del Servo di Dio, di cui si chiede la
canonizzazione.

2) In tali inchieste il Vescovo proceda secondo le Norme peculiari da


emanarsi dalla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, e con il seguente
ordine:
1° Richieda al postulatore della causa, legittimamente nominato
dall'attore, un'accurata informazione sulla vita del Servo di Dio e si faccia da
lui dare ragguagli circa i motivi che appaiono favorevoli alla promozione della
causa di canonizzazione.
2° Se il Servo di Dio ha pubblicato scritti da lui editi, il Vescovo li faccia
esaminare da censori teologici.
3° Se nei medesimi scritti nulla si sarà trovato contro la fede e i buoni
costumi, il Vescovo disponga che altri scritti inediti (lettere, diari ecc.) nonché
tutti i documenti che in qualsiasi modo sono collegati con la causa, vengano
ricercati da persone idonee che, dopo aver espletato fedelmente l'incarico,
redigano una relazione sulle indagini svolte.
4° il Vescovo, se in base a tali risultati riterrà prudentemente che si possa
procedere oltre, curi che siano esaminati nel debito modo i testi presentati dal
postulatore e gli altri che d'ufficio.
Se però sia urgente l'esame dei testi perché non si perdano le prove, gli stessi
siano interrogati anche se non è terminata la raccolta dei documenti.
5° L'inchiesta sui presunti miracoli si faccia separatamente da quella sulle
virtú, sull’offerta della vita o sul martirio.
99

6° Finite le inchieste, sia inviato in duplice copia alla Sacra Congregazione


per le Cause dei Santi, l'esemplare autentico di tutti gli atti, insieme con una
copia dei libri del Servo di Dio, esaminati dai censori teologici e con il giudizio
di questi.
Il Vescovo inoltre aggiunga una dichiarazione sull'osservanza dei decreti di
Urbano VIII sul non culto.

……

Vogliamo inoltre che queste norme e nostre disposizioni siano ferme ed


efficaci nel presente e nel futuro, abrogate per quanto è necessario le
Costituzioni e Ordinanze Apostoliche promulgate dai Nostri Predecessori, e
tutte le altre prescrizioni anche degne di particolare menzione e deroga.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 gennaio 1983, anno quinto del Nostro
Pontificato.

Normae Servandae in Inquisitionibus ab Episcopis Faciendis in Causis


Sanctorum

AAS 75 (1983), pp. 396-403

Norme da osservarsi nelle Inchieste Diocesane nelle Cause dei Santi

La Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister del 25 gennaio


1983 ha stabilito la procedura per le inchieste che d'ora in poi devono essere
svolte dai Vescovi nelle cause dei santi; così pure ha affidato a questa Sacra
Congregazione il compito di emanare speciali norme a tale scopo. La medesima
Sacra Congregazione ha quindi redatto le seguenti norme. Il Sommo Pontefice
ha voluto che fossero esaminate dall'assemblea plenaria dei Padri preposti a
detta Congregazione, tenuta nei giorni 22 e 23 giungo 1981; e poi, dopo aver
sentito anche il parere di tutti i Padri preposti ai Dicasteri della Curia Romana,
le ha ratificate e ne ha ordinato la pubblicazione.
100

1. a) L'attore promuove la causa di canonizzazione; può adempiere


tale ufficio chiunque faccia parte del popolo di Dio o qualunque associazione
di fedeli ammessa dall'autorità ecclesiastica.
b) L'attore tratta la causa tramite un postulatore legittimamente costituito.
2. a) Il postulatore viene costituito dall'attore tramite un mandato di
procura redatto a norma del diritto, con l'approvazione del Vescovo.
b) Mentre la causa viene trattata presso la Sacra
Congregazione, il postulatore, purché approvato dalla stessa
Congregazione, deve avere dimora stabile a Roma.
3. a) Possono svolgere l'ufficio di postulatore i sacerdoti, i membri
di Istituti di vita consacrata e i laici; tutti devono essere esperti in teologia,
diritto canonico e storia, come pure nella prassi della Sacra Congregazione.
b) Anzitutto è compito del postulatore svolgere le indagini
sulla vita del Servo di Dio di cui si tratta, per conoscere la sua fama di
santità e l'importanza ecclesiale della causa, e riferire al Vescovo.
c) Al postulatore viene affidato anche il compito di
amministrare,
secondo le norme date dalla Sacra Congregazione, i beni offerti per la causa.
4. Il postulatore ha il diritto di farsi sostituire, con legittimo mandato
e con il consenso degli attori, da altri che vengono chiamati vice-postulatori.
5. a) Nell'istruire le cause di canonizzazione, il Vescovo competente
è quello nel cui territorio il Servo di Dio è morto, a meno che particolari
circostanze, riconosciute dalla Sacra Congregazione, non consiglino
diversamente.
b) Se si tratta di un asserito miracolo, è competente il Vescovo
nel cui
territorio il fatto è avvenuto.
6. a) Il Vescovo può istruire la causa direttamente o tramite un suo
delegato, che sia sacerdote, veramente perito nella materia teologica, canonica
e anche storica, se si tratta di cause antiche.
b) Anche il sacerdote, che viene scelto come promotore di
giustizia,
deve possedere le stesse doti.
c) Tutti gli officiali, che prendono parte alla causa, devono
giurare di
adempiere fedelmente il loro incarico, e sono tenuti al segreto.
7. La causa può essere recente o antica; è detta recente, se il martirio,
le virtù o l’offerta della vita del Servo di Dio possono essere provati attraverso
101

le deposizioni orali di testimoni oculari; è detta antica quando le prove relative


al martirio o le virtù o l’offerta della vita possono essere desunte soltanto da
fonti scritte.
8. Chiunque intenda iniziare una causa di canonizzazione, presenti al
Vescovo competente, tramite un postulatore, il libello di domanda, con il quale
si chiede l'istruzione della causa.
9. a) Nelle cause recenti, il libello di domanda deve presentarsi non
prima di cinque anni dalla morte del Servo di Dio.
b) Se viene presentato dopo 30 anni, il Vescovo non può
procedere oltre se non si sia accertato, con un'accurata indagine, che nel
caso non c'è stata da parte degli attori alcuna frode o inganno nel
procrastinare l'avvio della causa.
10. Il postulatore, insieme con il libello di domanda, deve presentare:
1° nelle cause sia recenti che antiche, una biografia di un certo valore
storico sul Servo di Dio, se esiste, o, in mancanza di questa, un'accurata
relazione cronologica sulla vita e le attività del Servo di Dio, sulle virtù o
sull’offerta della vita o sul martirio, sulla fama di santità e di miracoli, senza
omettere ciò che pare contrario o meno favorevole alla causa stessa [1];
2° tutti gli scritti pubblicati del Servo di Dio in copia autentica;
3° solo nelle cause recenti, un elenco delle persone che possono
contribuire a esplorare la verità sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio
del Servo di Dio, come pure sulla fama di santità o di miracoli, oppure
impugnarla.
11. a) Accettato il libello, il Vescovo consulti la Conferenza
episcopale, almeno regionale, sull'opportunità di iniziare la causa.
b) Inoltre renda pubblica la petizione del postulatore nella
propria diocesi e, se lo riterrà opportuno, anche nelle altre diocesi, con il
consenso dei rispettivi Vescovi, invitando tutti i fedeli a fornirgli notizie
utili riguardanti la causa, se ne hanno da dare.
12. a) Se dalle informazioni ricevute fosse emerso qualche ostacolo di
una certa rilevanza contro la causa, il Vescovo ne informi il postulatore,
affinché lo possa eliminare.
b) Se l'ostacolo non è stato rimosso e il Vescovo perciò riterrà
che la
causa non debba ammettersi, avverta il postulatore, esponendo i motivi della
decisione.
102

13. Se il Vescovo intende iniziare la causa, chieda circa gli scritti editi
del Servo di Dio il voto di due censori teologi; questi riferiscano se in tali scritti
c'è qualcosa di contrario alla fede e ai buoni costumi [2].
14. a) Se i voti dei censori teologi sono favorevoli, il Vescovo ordina
che vengano raccolti tutti gli scritti del Servo di Dio non ancora pubblicati,
come pure tutti e singoli i documenti storici sia manoscritti sia stampati
riguardanti in qualunque modo la causa [3].
b) Nel fare tale ricerca, soprattutto quando si tratta di cause
antiche,
siano incaricati esperti in storia e archivistica.
c) Adempiuto l'incarico, gli esperti presentino al Vescovo,
assieme con gli scritti raccolti, una diligente e distinta relazione, nella
quale riferiscano e garantiscano d'aver adempiuto fedelmente il loro
compito, uniscano un elenco degli scritti e dei documenti, esprimano un
giudizio circa l'autenticità e il valore di essi, come pure circa la
personalità del Servo di Dio, quale si desume dagli stessi scritti e
documenti.
15. a) Ricevuta la relazione, il Vescovo consegni al promotore di
giustizia o ad un altro esperto tutto ciò che è stato acquisito fino a quel
momento, affinché possa preparare gli interrogatori utili ad indagare e mettere
in luce la verità circa la vita, le virtù, l’offerta della vita o il martirio, la fama di
santità, di offerta della vita o di martirio del Servo di Dio.
b) Nelle cause antiche gli interrogatori riguardino soltanto la
fama di santità, di offerta della vita o di martirio ancora presente e, se è
il caso, il culto reso al Servo di Dio in tempi più recenti.
c) Nel frattempo il Vescovo invii alla Congregazione per le
Cause dei Santi una breve relazione sulla vita del Servo di Dio e
sull'importanza della causa, per vedere se da parte della Santa Sede ci sia
qualcosa in contrario alla Causa.
16. a) Quindi il Vescovo o il suo delegato esamini i testimoni
presentati dal postulatore e gli altri che devono essere interrogati d'ufficio,
assistito da un notaio che trascrive le dichiarazioni di chi depone, il quale alla
fine deve confermarle.
Ma se urge l'esame dei testimoni perché non vadano perdute le prove,
essi devono essere interrogati anche prima che si completi la ricerca dei
documenti [4].
b) All'esame dei testimoni partecipi il promotore di giustizia;
qualora questi non fosse stato presente, gli atti vengano poi sottoposti al
103

suo esame, affinché egli possa osservare e proporre quanto riterrà


necessario e opportuno.
c) I testimoni siano esaminati anzitutto sugli interrogatori; poi
il Vescovo o il suo delegato non tralasci di porre ai testimoni altre
domande necessarie o utili, affinché quanto essi hanno detto sia meglio
chiarito o le eventuali difficoltà emerse siano chiaramente sciolte e
spiegate.
17. I testimoni devono essere oculari; a questi, se occorre, possono
aggiungersene altri che hanno sentito da coloro che hanno visto; ma tutti siano
degni di fede.
18. Come testimoni siano presentati anzitutto i consanguinei e i
parenti del Servo di Dio e altri che abbiano avuto con lui familiarità e rapporto.
19. A provare il martirio, l'esercizio delle virtù o l’offerta della vita e
la fama dei miracoli di un Servo di Dio che sia appartenuto a qualche istituto di
vita consacrata, i testimoni presentati devono essere, in parte notevole, estranei;
a meno che ciò sia impossibile, a motivo della particolare vita del Servo di Dio.
20. Non siano ammessi a testimoniare:
1° il sacerdote, per quanto riguarda tutto ciò di cui è venuto a conoscenza
attraverso la confessione sacramentale;
2° i confessori abituali o i direttori spirituali del Servo di Dio, per quanto
riguarda anche tutto ciò che dal Servo di Dio hanno appreso nel foro di
coscienza, fuori della confessione sacramentale.
3° il postulatore della causa, durante tale incarico.
21. a) Il Vescovo o il delegato chiami d'ufficio alcuni testimoni, che
siano in grado di contribuire, se occorre, al completamento dell'inchiesta,
soprattutto se sono contrari alla causa stessa.
b) Devono essere chiamati come testimoni d'ufficio gli esperti
che hanno svolto le indagini sui documenti e redatto la relazione sui
medesimi; essi devono dichiarare sotto giuramento:
1° di avere svolto tutte le indagini e di aver raccolto tutto quanto che
riguardi la causa;
2° di non aver alterato o mutilato alcun documento o testo.
22. a) I medici curanti, quando si tratta di guarigioni prodigiose, vanno
indotti come testimoni.
b) Qualora essi si rifiutino di presentarsi al Vescovo o al
delegato, questi provveda che preparino sotto giuramento, se possibile,
una relazione scritta sulla malattia e il suo decorso da inserire negli atti,
104

o almeno si cerchi di ottenere tramite interposta persona, il loro parere,


da sottoporre poi ad esame.
23. I testimoni nella loro testimonianza, da confermarsi con
giuramento, devono indicare la fonte della loro conoscenza di quanto
asseriscono; diversamente la loro testimonianza è da ritenersi nulla.
24. Se un testimone preferisce consegnare al Vescovo o al suo
delegato, sia contestualmente alla deposizione sia al di fuori di essa, qualche
scritto da lui redatto in precedenza, tale scritto sia accettato, purché il teste
stesso provi con giuramento che ne è l'autore e che in esso sono esposte cose
vere; e tale scritto sia accluso agli atti della causa.
25. a) In qualunque modo i testimoni hanno rilasciato le informazioni,
il Vescovo o il delegato curi diligentemente di autenticarle sempre con la sua
firma e con il proprio timbro.
b) I documenti e le testimonianze scritte, sia raccolte dagli
esperti sia rilasciate da altri, siano dichiarate autentiche con l'apposizione
del nome e del timbro di un notaio o di un pubblico ufficiale che ne faccia
fede.
26. a) Se le indagini sui documenti o sui testimoni devono essere
svolte in altra diocesi, il Vescovo o il delegato mandi una lettera al Vescovo
competente, il quale procederà secondo le norme qui stabilite.
b) Gli atti di tale inchiesta siano conservati nell'archivio della
Curia, ma
una copia redatta a norma dei nn. 29-30 sia mandata al Vescovo richiedente.
27. a) Il Vescovo o il delegato curi con somma diligenza e impegno
che nella raccolta delle prove nulla venga omesso di quanto in qualunque modo
abbia attinenza con la causa, tenendo per certo che il felice esito della causa
dipende in gran parte dalla sua buona istruzione.
b) Raccolte quindi tutte le prove, il promotore di giustizia
esamini tutti gli atti e documenti per potere, se gli sembra necessario,
richiedere ulteriori indagini.
c) Al postulatore deve darsi anche la facoltà di esaminare gli
atti per
potere, se è il caso, completare le prove con nuovi testimoni o documenti.
28. a) Prima che l'inchiesta sia conclusa il Vescovo o il delegato
ispezioni diligentemente la tomba del Servo di Dio, la camera nella quale abitò
o morì e altri eventuali luoghi dove si possano mostrare segni di culto in suo
onore, e faccia una dichiarazione circa l'osservanza dei decreti di Urbano VIII
sul non culto [5].
105

b) Di tutto ciò che è stato fatto si rediga una relazione da


allegare agli atti.
29. a) Completati gli atti istruttori, il Vescovo o il delegato ordini che
sia fatta una copia conforme, a meno che, per provati motivi, abbia già
permesso di prepararla durante la fase istruttoria.
b) La copia conforme sia trascritta dagli atti originali e sia fatta
in
duplice esemplare.
30. a) Fatta la copia conforme, sia confrontata con l'originale, e il
notaio firmi ciascuna pagina almeno con le sigle e vi apponga il suo timbro.
b) L'originale, chiuso e munito di sigilli, sia custodito
nell'archivio della Curia.
31. a) La copia conforme dell'inchiesta e i documenti allegati siano
trasmessi per via sicura alla Sacra Congregazione in duplice esemplare
debitamente chiusi e muniti di sigilli, assieme ad una copia dei libri del Servo
di Dio esaminati dai censori teologi, con il giudizio di questi [6].
b) Se è necessaria la traduzione degli atti e dei documenti in
una lingua ammessa presso la Sacra Congregazione, si producano due
copie della versione dichiarata autentica, e siano inviate a Roma insieme
con la copia conforme.
c) Il Vescovo o il delegato mandi inoltre al Cardinale Prefetto
una
dichiarazione sulla credibilità dei testimoni e la legittimità degli atti.
32. L'inchiesta sui miracoli dev'essere istruita separatamente
dall'inchiesta sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio e si svolga
secondo le norme che seguono [7].
33. a) Il Vescovo competente a norma del n. 5 b, dopo aver ricevuto il
libello del postulatore insieme con una breve ma accurata relazione del presunto
miracolo e con i documenti ad esso relativi, chieda il giudizio di uno o due
esperti.
b) Poi, se avrà deciso di istruire l'inchiesta canonica,
esaminerà, di persona o tramite un suo delegato, tutti i testimoni, secondo
le norme stabilite sopra nei nn. 15a, 16-18 e 21-24.
34. a) Se si tratta di guarigione da una malattia, il Vescovo o il
delegato chieda l'aiuto di un medico, il quale proponga le domande ai testimoni
per chiarire meglio le cose secondo la necessità e le circostanze.
b) Se il guarito è vive ancora, sia visitato da alcuni esperti,
perché possa
106

risultare la durata della guarigione.


35. La copia conforme dell'inchiesta assieme con i documenti allegati
sia inviata alla Sacra Congregazione, secondo quanto stabilito nei nn. 29-31.
36. Sono proibite nelle chiese le celebrazioni di qualunque genere o i
panegirici sui Servi di Dio, la cui santità di vita è tuttora soggetta a legittimo
esame.
Ma anche fuori della chiesa bisogna astenersi da quegli atti che potrebbero
indurre i fedeli a ritenere a torto che l'inchiesta, fatta dal Vescovo sulla vita e sulle
virtù, sul martirio o sull’offerta della vita del Servo di Dio, comporti la certezza
della futura canonizzazione del Servo di Dio stesso.

Giovanni Paolo II, per divina Provvidenza papa, nell'udienza concessa il


7 febbraio 1983 al sottoscritto Cardinale Prefetto della Congregazione, Si è
degnato di approvare e ratificare le presenti norme, ordinandone la
pubblicazione e l'entrata in vigore da oggi; esse dovranno essere debitamente
e scrupolosamente osservate da tutti i Vescovi che istruiscono le cause di
canonizzazione e dagli altri cui spetta, nonostante qualsiasi disposizione in
contrario anche degna di speciale menzione.

Roma, dalla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, 7 febbraio 1983.

Pietro Card. Palazzini


Prefetto

Traiano Crisan
Arciv. tit. di Drivasto
Segretario

(1) Cfr. Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister, n. 2.1.


(2) Cfr. ibid., 2.2.
(3) Cfr. ibid., n. 2.3.
(4) Cfr. ibid., n. 2.4.
(5) Cfr. ibid., n. 2.6.
(6) Ibid.
(7) Ibid., n. 2, 5.
107

Lettera Apostolica in forma di motu proprio


Maiorem hac dilectionem. De Oblatione Vitae
(11 luglio 2017)

“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri
amici” (Gv 15, 13).
Sono degni di speciale considerazione ed onore quei cristiani che,
seguendo più da vicino le orme e gli insegnamenti del Signore Gesù, hanno
offerto volontariamente e liberamente la vita per gli altri ed hanno perseverato
fino alla morte in questo proposito.
È certo che l’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità,
esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo e, pertanto, è
meritevole di quella ammirazione che la comunità dei fedeli è solita riservare a
coloro che volontariamente hanno accettato il martirio di sangue o hanno
esercitato in grado eroico le virtù cristiane.
Con il conforto del parere favorevole espresso dalla Congregazione delle
Cause dei Santi, che nella Sessione Plenaria del 27 settembre 2016 ha
attentamente studiato se questi cristiani meritino la beatificazione, stabilisco
che siano osservate le norme seguenti:

Art. 1

L’offerta della vita è una nuova fattispecie dell’iter di beatificazione e


canonizzazione, distinta dalle fattispecie sul martirio e sull’eroicità delle virtù.
108

Art. 2

L’offerta della vita, affinché sia valida ed efficace per la beatificazione di un


Servo di Dio, deve rispondere ai seguenti criteri:
a) offerta libera e volontaria della vita ed eroica accettazione propter
caritatem di una morte certa e a breve termine; nesso tra l’offerta della vita e la
morte prematura;
b) esercizio, almeno in grado ordinario, delle virtù cristiane prima
dell’offerta della vita e, poi, fino alla morte;
1. c) esistenza della fama di santità e di segni, almeno dopo la morte;
d) necessità del miracolo per la beatificazione, avvenuto dopo la morte del
Servo di Dio e per sua intercessione.

Art. 3

La celebrazione dell’Inchiesta diocesana o eparchiale e la relativa Positio


sono regolate dalla Costituzione apostolica Divinus perfectionis Magister del
25 gennaio 1983, in Acta Apostolicae Sedis Vol. LXXV (1983, 349-355), e
dalle Normae servandae in inquisitionibus ab Episcopis facendis in Causis
Sanctorum del 7 febbraio dello stesso anno, in Acta Apostolicae Sedis Vol.
LXXV (1983, 396-403), salvo quanto segue.

Art. 4

La Positio sull’offerta della vita deve rispondere al dubium: An constet de


heroica oblatione vitae usque ad mortem propter caritatem necnon de
virtutibus christianis, saltem in gradu ordinario, in casu et ad effectum de quo
agitur.

Art. 5

Gli articoli seguenti della citata Costituzione Apostolica sono così


modificati:

Art. 1:
“Ai Vescovi diocesani, agli Eparchi e a quanti ad essi sono equiparati dal
diritto, nell’ambito della loro giurisdizione, sia d'ufficio, sia ad istanza dei
109

singoli fedeli o di legittime associazioni e dei loro rappresentanti, compete il


diritto di investigare circa la vita, le virtù, l’offerta della vita o il martirio e la
fama di santità, di offerta della vita o di martirio, sui presunti miracoli, ed
eventualmente, sul culto antico del Servo di Dio, di cui si chiede la
canonizzazione”.

Art. 2,5:
“L’Inchiesta sui presunti miracoli si faccia separatamente da quella sulle
virtù, sull’offerta della vita o sul martirio”.

Art. 7,1:
“studiare le cause loro affidate con i collaboratori esterni e preparare le
Positiones sulle virtù, sull’offerta della vita o sul martirio”.

Art. 13,2:
“Se il Congresso giudicherà che la causa è stata istruita secondo le norme
di legge, stabilirà di affidarla a uno dei Relatori; il Relatore, a sua volta,
aiutato da un collaboratore esterno, farà la Positio sulle virtù, sull’offerta
della vita o sul martirio, secondo le regole della critica agiografica”.

ART. 6

Gli articoli seguenti delle citate Normae servandae in inquisitionibus ab


Episcopi facendis in Causis Sanctorum sono così modificati:

Art. 7:
“La causa può essere recente o antica; è detta recente, se il martirio, le
virtù o l’offerta della vita del Servo di Dio possono essere provati attraverso
le deposizioni orali di testimoni oculari; è detta antica quando le prove relative
al martirio o le virtù possono essere desunte soltanto da fonti scritte”.

Art. 10,1°:
“nelle cause sia recenti che antiche, una biografia di un certo valore
storico sul Servo di Dio, se esiste, o, in mancanza di questa, un'accurata
relazione cronologica sulla vita e le attività del Servo di Dio, sulle virtù o
sull’offerta della vita o sul martirio, sulla fama di santità e di miracoli, senza
omettere ciò che pare contrario o meno favorevole alla causa stessa”.
110

Art. 10,3°:
“solo nelle cause recenti, un elenco delle persone che possono contribuire
a esplorare la verità sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio del Servo
di Dio, come pure sulla fama di santità e di miracoli, oppure impugnarla”.

Art. 15, a:
“Ricevuta la relazione, il Vescovo consegni al promotore di giustizia o ad
un altro esperto tutto ciò che è stato acquisito fino a quel momento, affinché
possa preparare gli interrogatori utili ad indagare e mettere in luce la verità
circa la vita, le virtù, l’offerta della vita o il martirio, la fama di santità, di
offerta della vita o di martirio del Servo di Dio”.

Art. 15, b:
“Nelle cause antiche gli interrogatori riguardino soltanto la fama di
santità, di offerta della vita o di martirio ancora presente e, se è il caso, il culto
reso al Servo di Dio in tempi più recenti”.

Art. 19:
“A provare il martirio, l'esercizio delle virtù o l’offerta della vita e la fama
dei miracoli di un Servo di Dio che sia appartenuto a qualche istituto di vita
consacrata, i testimoni presentati devono essere, in parte notevole, estranei; a
meno che ciò sia impossibile, a motivo della particolare vita del Servo di Dio”.

Art. 32:
“L'inchiesta sui miracoli dev’essere istruita separatamente dall'inchiesta
sulle virtù o sull’offerta della vita o sul martirio e si svolga secondo le norme
che seguono”.

Art. 36:
“Sono proibite nelle chiese le celebrazioni di qualunque genere o i
panegirici sui Servi di Dio, la cui santità di vita è tuttora soggetta a legittimo
esame. Ma anche fuori della chiesa bisogna astenersi da quegli atti che
potrebbero indurre i fedeli a ritenere a torto che l'inchiesta, fatta dal vescovo
sulla vita e sulle virtù, sul martirio o sull’offerta della vita del Servo di Dio,
comporti la certezza della futura canonizzazione dello stesso Servo di Dio”.

Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu
proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa
111

contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga


promulgato mediante la pubblicazione sul quotidiano “L’Osservatore
Romano”, entrando in vigore il giorno stesso della promulgazione e che,
successivamente, sia inserito in Acta Apostolicae Sedis.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 11 luglio, quinto del Nostro
Pontificato.

Francesco

Studio

Norme sull’amministrazione dei Beni delle


Cause di Beatificazione e Canonizzazione
[del 7 marzo 2016]

autore: prof. dott. Waldery Hilgeman

Il n. 3c delle Normae servandae stabilisce che il terzo compito del Postulatore


della Causa è amministrare i beni offerti per la Causa, secondo le norme date dalla
Sacra Congregazione. Le libere offerte dei fedeli per il prosieguo della Causa
sono considerate, in un certo senso, come un segno concreto della fama di
martirio o di santità o dell’offerta della vita, goduta dal Servo di Dio tra i fedeli.
Tali offerte sono destinate dai donatori allo scopo di promuovere la Causa, perché
sono convinti della santità del Servo di Dio. Spesso sono offerte in ringraziamento
per i favori celesti ricevuti attraverso la sua intercessione. Come tali, esse non
possono essere destinate per altri fini, seppur importanti. Secondo il n. 3c, il
Postulatore ha il diritto di raccogliere tali fondi per le spese che la Causa dovrà
affrontare per il suo iter canonico. Da questo diritto segue il dovere del
112

Postulatore di fare un resoconto della sua gestione dei fondi, sia all’Attore della
Causa che alla Congregazione delle Cause dei Santi.
In conformità a questa normativa, la Segreteria di Stato, con lettera del 20
agosto 1983, comunicò alla Congregazione l’approvazione, da parte di Giovanni
Paolo II, delle Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause di
canonizzazione. Esse regolano la gestione dei beni della Causa che deve essere
eseguita ex iustitia verso i donatori.
A motivo della nuova situazione geopolitica del mondo e dell’esperienza della
Congregazione, nell’udienza concessa all’Em.mo Segretario di Stato il 4 marzo
2016, Papa Francesco ha approvato, ad experimentum per tre anni a partire dalla
data di pubblicazione, le Norme sull’amministrazione dei beni delle Cause di
beatificazione e canonizzazione, abrogando ogni altra norma contraria. Nella
premessa del nuovo testo normativo viene messo in evidenza che le “Cause di
beatificazione e canonizzazione, che per la loro complessità richiedono molto
lavoro, comportano spese per la divulgazione della conoscenza della figura del
Servo di Dio o Beato, per l’Inchiesta diocesana o eparchiale, per la fase romana
e, infine, per le cerimonie di beatificazione o canonizzazione. Per quanto riguarda
la fase romana, la Sede Apostolica, data la natura peculiare di bene pubblico delle
Cause, ne sostiene i costi, a cui gli Attori partecipano tramite un contributo, e
vigila perché gli onorari e le spese siano contenuti e tali da non ostacolarne il
proseguimento”. Questo incipit al testo è di rilievo per meglio inquadrare la
materia oggetto della normativa.
La nuova norma prevede che l’Attore, dopo l’accettazione del Libello di
domanda, costituisca un fondo di beni per le spese della Causa. Detto fondo,
proveniente da offerte sia di persone fisiche sia di persone giuridiche, viene
considerato, a motivo della sua natura particolare, “fondo di Causa pia”. È dunque
la stessa norma a stabilire con estrema chiarezza che i fondi delle Cause sono
fondi di Causa pia, togliendo cosí in via definitiva ogni dubbio su questo
proposito.
Inoltre, è stata introdotta la figura dell’Amministratore del fondo che l’Attore
nomina con il consenso del Vescovo o dell’Eparca. Il Postulatore Generale può
svolgere l’incarico di Amministratore. Per le Cause già pendenti nella fase
romana, il Postulatore comunica alla Congregazione delle Cause dei Santi la
nomina dell’Amministratore. Viene cosí a mancare l’affidamento di diritto al
Postulatore di amministrare i beni della Causa, in conformità con le Normae
Servandae n. 3c.
Sul modo di amministrare il fondo, la normativa ora promulgata dispone che
l’Amministratore è tenuto ad osservare le norme riguardanti l’amministrazione
113

dei beni delle Cause pie (o le pie volontà dei fedeli)9. Sono fondamentali i principi
che affermano che i beni della Chiesa devono essere destinati per gli scopi per i
quali essi sono stati dati (Codice di Diritto Canonico 1983 canone 1267). Le
volontà dei fedeli devono essere adempiute anche nel modo da essi stabilito
(Codice di Diritto Canonico 1983 canone 1300).
Dal momento che l’Amministratore gestisce un bene pubblico ecclesiastico –
le Cause pie appunto – sembra opportuno fare un rinvio alla normativa generale
prevista dal Codice di Diritto Canonico che precisa i compiti degli amministratori
in modo generale nei canoni 1273-1289. Compiti specifici degli amministratori
sono elencati particolarmente nei canoni 1279-1289. Il canone 1282 ricorda che
quanti amministrano i beni ecclesiastici, devono adempiere il loro ufficio a nome
della Chiesa, ad normam iuris; il canone 1283 precisa gli obblighi degli
amministratori prima di assumere il loro ufficio10, e il canone 1284, gli obblighi
assai importanti e dettagliati, che essi hanno come amministratori; il canone 1289
impone l’obbligo di non abbandonare il loro ufficio in modo arbitrario, pena
l’obbligo di risarcire la Chiesa dei danni che potrebbero conseguirne.
Le competenze ordinarie che rientrano nell’ufficio dell’economo (qui da
intendersi, ex ipsa rei natura, l’Amministratore) sono quelle
dell’amministrazione ordinaria.
Si consideri inoltre che, benché l’Amministratore sia colui che detiene
l’amministrazione dei beni, la responsabilità ultima spetterà tuttavia al legale
rappresentante del soggetto giuridico (da intendersi quest’ultimo con l’Attore)11.
L’ente giuridico, infatti, costituitosi Attore e riconosciuto come tale dalla
competente autorità ecclesiastica, necessita, secondo la nuova normativa e
secondo l’ordinamento canonico in generale, della figura di un Amministratore,
il quale deve operare, però, sotto la responsabilità dello stesso.

9
Codice di Diritto Canonico 1983 canoni 1282; 1284-1289; 1299-1310; Codice dei Canoni delle Chiese
Orientali canoni 1020 §§1-2; 1028-1033; 1043-1054.
10
Nello specifico il canone prevede che gli amministratori devono garantire con giuramento avanti
all’Ordinario - o ad un suo delegato - di svolgere onestamente e fedelmente le funzioni amministrative.
Anche se le nuove norme non dicono nulla a questo riguardo, sembra evidente che l’applicazione del
dettame normativo del canone 1283 sia assolutamente norma imprescindibile e che vada applicato in forza
del canone 1403 §2.
11
Nel caso di attori costituiti da persone fisiche, sarà la persona stessa; mentre, nel caso di persone
giuridiche, civili e/o canoniche, è il legale rappresentante (Presidente, Vescovo, Superiore, ecc.).
114

L’Attore, infatti, ricevuto il bilancio dall’Amministratore, dopo averlo


approvato tempestivamente, ne invia copia all’Autorità competente per la
vigilanza12.
Il testo nuovo in materia di amministrazione mette in rilievo solo alcuni dei
doveri dell’Amministratore: a) rispettare scrupolosamente l’intenzione degli
offerenti 13 ; b) tenere una contabilità regolarmente aggiornata 14 ; c) redigere
annualmente i bilanci, preventivo e consuntivo, da presentare all’Attore per la
dovuta approvazione; d) inviare al Postulatore copia dei bilanci approvati
dall’Attore.
Tuttavia, sembra opportuno richiamare alcuni principi generali che presiedono
l’amministrazione dei beni ecclesiastici:
1) l’amministrazione riguarda i beni ecclesiastici attraverso i quali la Chiesa
raggiunge i propri fini soprannaturali. L’amministratore ecclesiastico, pertanto,
deve amministrare i beni a nome della Chiesa, secondo le norme della Chiesa,
secondo la natura e la missione della Chiesa, nel rispetto delle finalità proprie dei
beni ecclesiastici. Tali finalità sono qui da intendersi come il raggiungimento
della beatificazione e canonizzazione);
2) l’amministrazione va fatta sempre sotto la vigilanza16 dei superiori
ecclesiastici, sia della Santa Sede17 (canoni 1255; 1256; 1273), sia degli Ordinari
(canone 1276), sia dei superiori religiosi (canoni 1276; 636);
3) Vanno osservate sempre le volontà dei fedeli, come già detto, trattandosi
di volontà pie, che hanno cioè un fine e una motivazione religiosa, di culto e
quindi di relazione con Dio. Perciò le offerte date per determinati fini non
possono essere destinate che per quel fine (canoni 1267, § 3; 1308);
4) i beni devono essere amministrati con prudenza, in modo che si evitino
pericoli per essi ed anche scandali per la Chiesa. In genere, si può dire che a tale
scopo tendono soprattutto le norme che riguardano i consigli di amministrazione,
i consensi e i pareri da ottenere, quando il diritto li prescrive, le licenze e i
permessi debiti18.

12
L’autorità competente a vigilare, per la fase diocesana o eparchiale e per quella romana, è: a) il Vescovo
diocesano, l’Eparca o chi ad essi è equiparato dal diritto, nell’ambito della sua giurisdizione (cfr. Codice di
Diritto Canonico 1983 canone 1276; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali canone 1022); b) il
Superiore Maggiore per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, nell’ambito della sua
giurisdizione; c) altra autorità ecclesiastica.
13
Codice di Diritto Canonico 1983 canoni 1267 §3 e 1300; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali canoni
1016 e 1044.
14
Le Postulazioni Generali tengono distinte le contabilità delle singole cause (cfr. n. 6 delle Norme
sull’amministrazione dei beni delle Cause di beatificazione e canonizzazione).
115

La nuova norma inoltre prevede al n. 19 che “celebrata la beatificazione o la


canonizzazione, l’Amministratore del fondo rende conto dell’amministrazione
complessiva dei beni per la debita approvazione” e al n. 20 prevede che “dopo la
Canonizzazione: a) la Congregazione delle Cause dei Santi, a nome della Sede
Apostolica, dispone dell’eventuale rimanenza del fondo, tenendo presenti le
richieste di utilizzo da parte dell’Attore e le esigenze del ‘Fondo di Solidarietà’;
b) adempiuto quanto prescritto dal n. 20 a, il fondo della Causa e la Postulazione
cessano di esistere”.
Infine è previsto dal n. 21 che “presso la Congregazione delle Cause dei Santi
è costituito un ‘Fondo di Solidarietà’ che viene alimentato con offerte libere degli
16
A proposto della vigilanza sull’amministrazione delle Cause di beatificazione e canonizzazione la
normativa prevede quanto segue:
- n. 10. la vigilanza viene esercitata su tutti i movimenti inerenti la Causa, sia in entrata che in uscita;
- n. 11. l’autorità competente a vigilare annualmente revisiona, approva i bilanci della Causa e ne invia
copia alla Congregazione delle Cause dei Santi.
17
Nel caso specifico con la dicitura Santa Sede è qui da intendersi la Congregazione delle Cause dei Santi
in quanto dicastero della Curia Romana competente per la trattazione della materia. Anche in questo caso
la normativa ha previsto quanto segue:
- n. 12. la Congregazione delle Cause dei Santi come Alta autorità di vigilanza:
a. può richiedere in qualsiasi momento all’Amministratore, come anche al Postulatore e all’Attore della
Causa, ogni informazione finanziaria e relativa documentazione a supporto;
b. verifica i bilanci pervenuti dalle autorità competenti di cui al numero 9;
c. controlla, durante la fase romana, gli onorari e ogni altra spesa in base a quanto stabilito dalla
medesima Congregazione.
- 13. L’Amministratore è tenuto a seguire in modo diligente tutte le norme emesse dalla Congregazione
delle Cause dei Santi riguardanti l’attività amministrativo-finanziaria di una Causa.
- 14. In caso di inadempienze o di abusi di natura amministrativo-finanziaria da parte di quanti partecipano
allo svolgimento della Causa, la Congregazione delle Cause dei Santi interviene disciplinarmente (Codice
di Diritto Canonico 1983 canoni 1377, 1386, 1399; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali canoni
14491463).
18
A questo proposito il n. 7 delle nuove Norme stabilisce: “Qualora l’Attore intenda utilizzare anche una sola parte
dei beni per scopi diversi dalla Causa dovrà ottenere l’autorizzazione della Congregazione delle Cause dei Santi”.
Attori o di qualsiasi altra fonte”, oltre a quanto può provenire dalle Postulazioni
che cessano di esistere per i motivi suddetti.
Al n. 22 è previsto che “nei casi in cui vi sia reale difficoltà a sostenere i costi
di una Causa in fase romana, l’Attore può chiedere un contributo alla
Congregazione delle Cause dei Santi per il tramite dell’Ordinario competente”.
La normativa detta, tuttavia, un criterio generale a questo proposito agli Ordinari:
“Prima di inviare l’eventuale richiesta, verifichi la posizione
economicofinanziaria del fondo e l’impossibilità di alimentarlo con il
116

reperimento di ulteriori sussidi”. La Congregazione delle Cause dei Santi valuterà


caso per caso.

Norme particolari da osservarsi per


l’Inchiesta sul miracolo
117

N.B.: Qui vengono elencate le norme delle Normae servandae…, pubblicate


dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 7 febbraio 1983, che riguardano in
modo specifico l’Inchiesta sul miracolo, con i rimandi ivi contenuti.

32. L'inchiesta sui miracoli va istruita separatamente dall'inchiesta sulle virtù


[o il martirio] e si svolga secondo le norme che seguono.
33. a) Il vescovo competente a norma del n. 5b, dopo aver ricevuto il libello
del postulatore assieme ad una breve ma accurata relazione dell'asserito miracolo
e ai documenti ad esso relativi, chieda il giudizio di uno o due esperti.
5. b) Se si tratta di un asserito miracolo, è competente il vescovo sul
cui territorio il fatto è avvenuto [“a meno che particolari circostanze,
riconosciute dalla Congregazione, non consiglino diversamente”: cfr.
n. 5a].

33. b) Se avrà poi deciso di istruire l'inchiesta canonica, esaminerà di persona


o tramite un suo delegato tutti i testimoni, secondo le norme stabilite sopra ai nn.
15a, 16-18 e 21-24.
15. a) …, il vescovo consegni al promotore di giustizia o ad un
altro esperto tutto ciò che è stato acquisito fino a quel momento,
affinché possa predisporre gli interrogatori utili ad indagare e mettere
in luce la verità circa [il miracolo].
16. a) Quindi il vescovo o un suo delegato esamini i testimoni
presentati dal postulatore e gli altri che devono essere interrogati
d'ufficio, assistito da un notaio che trascrive le parole di chi depone, il
quale alla fine conferma la deposizione.
Ma se urge l'esame dei testimoni per non perdere le prove (ne pereant
probationes), essi devono essere interrogati [l’Inchiesta sulle virtù è
già in corso].
b) All'esame dei testimoni partecipi il promotore di giustizia; qualora
questi non fosse stato presente, gli atti vengano poi sottoposti al suo
esame, affinché egli possa fare le sue osservazioni e proporre quanto
gli parrà necessario e opportuno.
c) I testimoni siano esaminati anzitutto sugli interrogatori stabiliti; poi
il vescovo o il suo delegato non tralasci di porre ai testimoni altre
domande necessarie o utili, affinché quanto essi hanno detto sia
chiarito o le eventuali difficoltà emerse siano appianate o superate.
118

17. I testimoni devono essere testimoni oculari; a questi, se


occorre, possono essere aggiunti altri testimoni che hanno sentito da
coloro che hanno visto; ma tutti siano degni di fede.
18. Come testimoni siano presentati anzitutto i consanguinei e
parenti del (sanato) e quanti altri abbiano (partecipato a quanto
accaduto).
21. a) Il vescovo o il delegato chiami d'ufficio alcuni testimoni,
che siano in grado di contribuire, se occorre, al completamento
dell'inchiesta.
22. a) I medici curanti, quando si tratta di guarigioni prodigiose,
vanno prodotti come testimoni.
b) Qualora essi si rifiutassero di presentarsi al vescovo o al delegato,
questi provveda che redigano sotto giuramento, se possibile, una
relazione scritta da mettere agli atti sulla malattia e il suo decorso, o
almeno si cerchi di ottenere tramite interposta persona, un loro
giudizio, da sottoporre poi ad esame.
23. I testimoni nella loro testimonianza, che dev'essere
confermata con giuramento, devono indicare la fonte della loro
conoscenza di quanto asseriscono; diversamente la loro testimonianza
è da ritenersi nulla.
24. Se un testimone preferisce consegnare al vescovo o al suo
delegato, sia contestualmente alla deposizione sia al di fuori di essa,
qualche scritto da lui redatto in precedenza, tale scritto venga accettato,
purché il teste stesso provi con giuramento che ne è l'autore e che in
esso sono esposte cose vere; e tale scritto venga accluso agli atti della
causa.

34. a) Se si tratta di guarigione da una malattia, il vescovo o il delegato chieda


l'aiuto di un medico, il quale pone le domande ai testimoni per chiarire meglio le
cose secondo la necessità e le circostanze.
b) Se il guarito è ancora vivente, alcuni esperti lo visitino, per costatare se la
guarigione è duratura.

35. La copia conforme dell'inchiesta assieme ai documenti allegati sia inviata alla
sacra congregazione, secondo quanto stabilito ai nn. 29-31.
29. a) Completati gli atti istruttori, il vescovo o il delegato ordini
che sia redatta una copia conforme, a meno che, considerate le
119

circostanze sicure, abbia già permesso di prepararla durante la fase


istruttoria.
b) La copia conforme sia trascritta dagli atti originali e venga fatta in
duplice esemplare.
30. a) Fatta la copia conforme, la si confronti con l'originale, e il
notaio firmi ciascuna pagina almeno con le sigle e vi apponga il suo
timbro.
b) L'originale chiuso in busta e contrassegnato dai timbri sia custodito
nell'archivio della curia.
31. a) La copia conforme dell'inchiesta e i documenti allegati
vengano trasmessi per via sicura alla Congregazione in duplice
esemplare debitamente chiusi e contrassegnati dai timbri.
b) Se è necessaria una traduzione degli atti e dei documenti in una
lingua ammessa presso la sacra congregazione, si producano due copie
della versione dichiarata autentica, e siano inviate a Roma assieme alla
copia conforme.
c) Il vescovo o il delegato mandi inoltre al cardinale prefetto una
dichiarazione sulla credibilità dei testimoni e la legittimità degli atti.

Altre Norme da osservarsi per l’Inchiesta sul miracolo

N.B.: Qui vengono elencate le norme da osservarsi che non sono menzionate tra
quelle sopra.

1. Quelli non ammessi a testimoniare


20. Non siano ammessi a testimoniare:
1° il sacerdote, per quanto riguarda tutto ciò di cui è venuto a conoscenza
attraverso la confessione sacramentale;
2° i confessori abituali o i direttori spirituali del Servo di Dio, per quanto
riguarda anche tutto ciò che dal Servo di Dio hanno appreso nel foro di coscienza,
fuori della confessione sacramentale.
3° il postulatore della causa, durante tale incarico.

2. Autentica delle prove testificali e documentali


25. a) Qualunque sia il modo con cui i testimoni hanno rilasciato le informazioni,
il vescovo o il delegato abbia diligente cura di autenticarle sempre con la sua
firma e col proprio timbro.
120

b) I documenti e le testimonianze scritte, sia raccolte dagli esperti sia rilasciate


da altri, siano dichiarate autentiche con l'apposizione del nome e del timbro di un
notaio o di un pubblico ufficiale che ne faccia fede.

3. Inchiesta Rogatoriale
26. a) Se le indagini sui documenti o sui testimoni devono essere svolte in altra
diocesi, il vescovo o il delegato mandi una lettera al vescovo competente, il quale
procederà secondo le norme qui stabilite.
b) Gli atti di tale inchiesta siano conservati nell'archivio della curia, ma una copia
redatta a norma dei nn. 29-30 sia mandata al vescovo richiedente.

4. Pubblicazione degli atti dell’Inchiesta, con Decreto


27. b) Raccolte quindi tutte le prove, il promotore di giustizia esamini tutti gli atti
e documenti per potere, se gli parrà necessario, richiedere ulteriori indagini.
c) Al postulatore dev'essere data anche la facoltà di esaminare gli atti per potere,
se lo ritiene opportuno, completare le prove con nuovi testimoni o documenti.

5. Eventuale Traduzione degli atti


31. b) Se è necessaria la traduzione degli atti e dei documenti in una lingua
ammessa presso la Sacra Congregazione, si producano due copie della versione
dichiarata autentica, e siano inviate a Roma insieme con la copia conforme.
121

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