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6.4.

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40.7

Der Staat soll nicht nur den Objektiven und generischen Charakter also den idealen Menschen er soll auch
den subjektiven und spezifischen Individuen ehren, also der Staat soll den subjektiven Charakter ehren, den
spezifischen, das Spezifische alles leben in den Individuos in seinem Gefühl. Indem er das Unsichtbare
reichte Sitten ausbreitet er soll also den sittlichen idealen Menschen verbreiten und nicht das reichte
Erscheinung Entfolgung, cioè eliminare la popolazione, eliminare gli uomini, la legge morale non deve da
sola essere valida se non deve annientare il regno dell’apparizione, non deve ammazzare gli uomini. Quindi
qua la soggettività, l’uomo individuale, l’importanza dell’uomo individuale, del sentimento, la diversità degli
uomini, qui viene data un’importanza che sta in un rapporto dialettico con l’uomo ideale, cioè la scoperta
dell’importanza del singolo.

Quindi arriva così a un rapporto dialettico tra stato e interessi generali dell’uomo ideale e l’individuo, tutti e
due vengono messi in un rapporto dialettico, perché lo stato deve rispettare il singolo (questa è una cosa
molto importante anche nell’attualità). Lo stato dunque viene misurato al grado che dà spazio alla
personalità, alla individualità, alla specificità, alla peculiarità e alla libertà del singolo: ecco questa è la
dimensione che ogni stato deve rispettare.
Il linguaggio filosofico kantiano rende piuttosto complicato perché lui articola qua i diritti dell’individuo nei
confronti dello stato anche come rapporto dei sensi e dei sentimenti nei confronti della ragione. Cioè lui
non ha un concetto vero di società, che è un complesso di rapporti molto dialettici intricati. Lui lavora con
contrapposizioni che conosciamo con sensi e ragione, stato e individuo, in qualche modo li sovrappone,
ragiona prima su un livello, poi sull’altro, poi li mette allo stesso tempo cioè l’uomo ideale = stato = ragione
ecc… e dall’altro lato l’individuo, il sentimento, i sensi, questo rende il testo piuttosto complicato nella sua
comprensione.

Importante è capire che il soggetto singolo viene valutato nella sua individualità e peculiarità nei confronti
dell’idea generale degli interessi generali, lui cerca di instaurare un rapporto dialettico. Da un lato lui dice
“si deve vedere l’uomo nella sua interezza”, die Vollständigeantropologicheschätzung, cioè la visione totale
dell’uomo che è fatto sia di ragione che di sentimenti, l’importanza che dà all’individuo.

Poi lui praticamente tende a vedere la parte esteriore dello stato come rappresentante della interiorità
dell’uomo, cioè se l’uomo mette d’accordo sensi e sentimenti da un lato e ragione dall’altro al suo interno
allora anche lo stato sarà fatto di conseguenza così. Lo stato è il rappresentante della interiorità dell’uomo,
o almeno così dovrebbe essere.

Da lì in poi può lavorare sulla interiorità soprattutto perché alla fin fine nell’ultima delle 27 lettere descrive
lo stato estetico: in fondo non c’è più bisogno dello stato, siamo senza stato perché ognuno ha lo stato
ideale in sé se ha avuto la formazione giusta.

Fin qua è abbastanza limitato alla teoria politica, però va più avanti e più a fondo lì dove analizza il processo
di estraniamento. Per primo sviluppa questo rapporto di stato e individuo nel passato, dice che nella Grecia
era così che ognuno poteva diventare il tutto.
Damals (a quei tempi) bei jenem schönen Erwachsen der Geisteskräfte (con svegliarsi delle forze spirituali) i
sensi e lo spirito non avevano una dimensione, una proprietà che era rigidamente diviso, cioè spirito e
sentimenti non erano divisi chiaramente per quanto riguarda i greci. Non si erano ancora opposti l’uno con
l’altro, non erano ancora in uno stato che erano nemici. E ognuno poteva fare al limite ciò che faceva l’altro
perché ognuno a modo suo onorava la verità. Quanto in alto saliva la ragione però tirava dietro di sé la
materia e anche se divideva le cose chiaramente però non le storpiva, suddivideva la natura umana in
diverse parti e la immaginava nel cerchio dei suoi (la registrazione si interrompe per qualche minuto)

Quindi ai tempi dei greci non c’era questa contrapposizione così forte, c’era la differenza ma non la
contrapposizione tra sensi e sentimenti da un lato e ragione.

Spiegato a livello del rapporto tra individuo e stato, dice “Jene Polypennatur der griechischen Staaten, wo
jedes Individuum eines unabhängigen Lebens genoß und, wenn es mit tat, zum Ganzen werden konnte,
machte jetzt einem kunstreichen Uhrwerke Platz”. Quindi la dimensione greca lo vede da un lato che erano
differente ragione e sentimenti e non erano contrapposti. Nel rapporto individuo-stato lui dice che avevano
una natura di polipo questi stati greci, perché ogni individuo da un lato aveva una vita indipendente, libera
e dall’altra l’identificazione dell’individuo con il tutto. Allora questa dimensione di stato greco, l’uomo
greco, anche noi facciamo questa identificazione dell’individuo e del tutto quando diciamo “l’uomo greco,
l’uomo tedesco” in fondo sono identificazioni di un singolo con un tutto, lo stato, la società, un’etnia e
quindi lui sta del tutto dentro, cioè proviene dal fatto che la società (concetto che non si conosceva) viene
identificato con una persona: lo stato è il re (l’état c’est moi diceva Luigi XIV) e poi se andiamo più indietro
nel tempo si vedeva lo stato come un organo, c’è la testa, i diversi organi e questa identificazione è una
semplificazione e porta davanti agli occhi ciò che è un meccanismo piuttosto complesso.

Comunque lui dice che ai tempi dei greci lo stato era così, che l’individuo era indipendente, era individuo,
però in caso di necessità poteva diventare il tutto, cioè identificarsi con il tutto. Così vede questo come un
ideale. Però quello che segue è una “kunstreichen Uhrwerke”, cioè una presenza che rappresenta il suo
tempo contemporaneo di Schiller, cioè “noi abbiamo uno stato orologeria” dove noi siamo solo delle
piccole rotelle, dove da un ammucchiamento di tanti infiniti piccoli pezzi senza vita è diventata una vita
meccanica nel tutto. Venivano strappati l’uno dall’altro lo stato e la chiesa, le leggi e i costumi, il godimento
veniva staccato dal lavoro, il mezzo dallo scopo, lo sforzo dal compenso. Questo è quello che riflette nella
società lo stato di estraniazione. In generale non abbiamo più il senso del tutto insieme, siamo solo piccoli
pezzi, rotelline, però è importante il godimento dal lavoro cioè se io faccio una sedia non la faccio per me,
la faccio per qualcun altro, qualcun altro si siede sopra e ne gode. C’è proprio la legge della divisione sociale
del lavoro.

“Das Mittel vom Zweck” il mio lavoro, la sedia, viene staccato dallo scopo, che è il sedersi sopra. Lui allude
alla critica della scambio. Marx fa questa critica, valore di scambio e valore d’uso.

Allora per esempio io sono falegname, produco delle sedie e qualcun altro … (la registrazione si blocca min.
10.35) Come faccio una comparazione tra uova e sedia? Quindi dobbiamo avere qualcosa che paragona
l’uovo e la sedia, il valore d’uso di queste due cose non si può comprare. Allora ci vuole un valore di
scambia, che può essere qualcosa che astrae dalla cosa concreta, cioè là sto seduto e l’altra cosa la mangio,
allora si misura a seconda del lavoro che spendo per produrlo. Naturalmente per produrre una sedia ci
metto per esempio due giorni, potrebbe corrispondere a 100 uova. Per 100 uova devo avere le galline, devo
mantenerle, dare da mangiare, ecc... Solo misurando la quantità del lavoro e la qualità del lavoro (perché
uso degli strumenti), diventa una cosa complicata. Quello che lo rende paragonando è il valore del tempo
investito, questa è una cosa complessa perché non è solo il tempo individuale, bensì tutto il tempo che si
trova già dentro gli strumenti che utilizzo, prima devo dal pulcino devo arrivare alla gallina, gli strumenti
diventano sempre più complessi, io stesso devo formarmi, devo fare apprendistato ecc…

Un’altra società sarebbe quella secondo cui ognuno ha i suoi bisogni, per esempio nella famiglia non si
fanno i conti, però se io posso fare qualcosa per i miei figli io non conto il tempo, vedo di che cosa ha
bisogno mio figlio e viceversa tutti gli altri contribuiscono secondo la capacità di ognuno.

La società dello scambio va sempre più avanti, diventa più complessa, si sviluppa ulteriori categorie, si
sviluppano i soldi per esprimere il valore che hanno gli oggetti. E tutto questo naturalmente non si vede più,
mentre una volta si era abituati a scambiare una cosa per un'altra, anche nel feudalesimo c’era il padrone e
il feudatario che dava protezione per un decimo del loro prodotto, per esempio.

Comunque quello che è importante qua è che vede che il godimento, cioè l’uso di una cosa, è differente dal
lavoro che si investe. Il mezzo col quale produco le cose viene slegato dallo scopo. E lo sforzo che faccio è
indipendente dal compenso, perché sono più un piccolo pezzettino legato al tutto e siccome sono un
pezzettino allora anche l’uomo stesso è un pezzetto, non è un uomo completo.

Solo nell’orecchio il rumore monotono della ruota che sto mandando avanti (utilizza qua un’immagine che
è quella della ruota) dello stesso lavoro, anch’io, l’uomo, rimango solo un pezzetto, cioè non sviluppa la
capacità totale delle sue capacità. Quello che vedete qua è veramente l’anticipazione di Marx, da un lato
c’è la divisione del lavoro, tutto viene regolato dal mercato, e dall’altro lato c’è la perdita di universalità,
perché diceva il giovane Marx che si tratta in generale di cambiamenti profondi della società che vengono
vissuti come unilateralizzazione del singolo, come estraniamenti. Comunque questo corrisponde a Marx che
dice “un giorno devo essere pescatore, un altro giorno contadino, un terzo giorno allevatore” cioè tutti i
mestieri insieme, l’uomo ideale che sa fare tutte le cose, che porta tutti i mestieri in sé. Questo attualmente
è una utopia.

Però qua abbiamo la stessa utopia della totalità dell’uomo. E questa totalità, il fine, noi abbiamo perso la
dimensione della totalità e noi possiamo acquisirla solo esteticamente, attraverso l’estetica. Perché alla fin
fine arriva lui alla dimensione del gioco, perché attraverso il gioco possiamo fare tutte le cose, possiamo
immaginarci il tutto per finta, quindi possiamo riacquisire una dimensione del tutto. Perché dice che
chiaramente non possiamo andare più indietro, c’è il concetto di progresso, possiamo andare avanti ma
non possiamo andare indietro, regredire allo stato dei greci. Qua si forma l’inizio e la conseguenza di
un’idea di progresso della società, il concetto fondamentale di storia.

Non possiamo andare indietro, è necessario questo estraniamento per poter arrivare ad uno stadio
superiore. C’è addirittura un processo dialettico, cioè noi dobbiamo soffrire questo estraniamento per
arrivare ad uno stadio superiore. Questo stadio superiore è un uomo che gioca, ovvero si immagina in
diverse cose.
Lui dice dell’estraniamento: se faccio un lavoro e questo diventa la misura dell’uomo, allora in uno dei suoi
cittadini vede solo la memoria, nell’altro vede solo l’intelletto tabellare (cioè i conti), nel terzo vede le
capacità meccaniche, non vede l’uomo nella sua interezza in tutte le possibilità che porta in sé. Ecco anche
questo poi è un’idea del classicismo: noi vogliamo sviluppare noi stessi nella nostra interezza, nella totalità
della nostra capacità, noi potremmo o vorremmo diventare tutto ciò che è possibile. Nella realtà non è
possibile, però ce lo possiamo immaginare, possiamo recuperare nella dimensione estetica questa totalità
dell’uomo che altrimenti abbiamo perso. La Grecia diventa un’utopia, però lui non dice che dobbiamo
andare indietro, ma dice che solo vivendo le nostre contraddizioni possiamo andare avanti. Questo
praticamente è un’anticipazione di Hegel, abbiamo la contrapposizione nella quale poi arriviamo ad uno
stato superiore.

Qua abbiamo quindi questa contraddizione interiore e poi l’intelletto intuitivo e speculativo hanno campi
diversi, suddivisione interiore. E poi parla dello stato prima greco e poi dello sviluppo dell’estraniamento.
Poi dice che era necessario per una cultura superiore.

Per sviluppare la molteplicità dei talenti, delle possibilità nell’uomo non vi era altro mezzo che contrapporli
uno all’altro. Questo antagonismo delle cose è solo uno strumento perché dura solo sulla strada verso la
cultura, c’è l’isolamento delle singole forze.
L’intelletto puro cerca di diventare un’autorità nel mondo dei sensi, mentre la ragion pura alla dimensione
delle esperienze.

Ecco, per il tutto del mondo attraverso questo sviluppo separato delle singole forze dell’uomo per quanto si
possa guadagnare, attraverso le specializzazioni, però non si può negare che i singoli individui ne soffrano,
perché sono unilaterali come Franz Karl.
Così arrivano forze spirituali straordinarie, però solo la temperatura uniforme (l’equilibrio interiore) arriva a
creare l’uno felice, perfetto e completo. Però, dice, io non vorrei che per migliaia di anni si fa questo lavoro
di schiavi, essere divisi all’interno, vivere un secolo per lavorare un secolo, vorrei avere la contentezza oggi,
ora.

E allora deve essere sbagliato che lo sviluppo delle singole forze rende necessario il sacrificio della loro
totalità. Seppure la legge della natura va in questa direzione, dobbiamo essere noi a ricostituire la totalità
della nostra natura che ha distrutto l’arte di singoli artigiani, delle singole attività, però dobbiamo arrivare a
un concetto più alto (höhere Kunst) e ricomporre la totalità. E questo è l’obiettivo dell’arte.

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