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Territori che si sovrappongono e storie che si intrecciano: Said e

Gramsci in contrappunto.
Comincio questa relazione dedicata al contrappunto come paradigma di comprensione della realtà a
partire da una citazione tratta dal Quaderno 24 dei Quaderni gramsciani. Gramsci scrive che:

Lo stesso raggio luminoso passando per prismi diversi dà rifrazioni di luce diversa: se si vuole la stessa
rifrazione occorre tutta una serie di rettificazioni dei singoli prismi. La «ripetizione» paziente e sistematica è
un principio metodico fondamentale: ma la ripetizione non meccanica, «ossessionante», materiale; ma
l’adattamento di ogni concetto alle diverse peculiarità e tradizioni culturali, il presentarlo e ripresentarlo in
tutti i suoi aspetti positivi e nelle sue negazioni tradizionali, organando sempre ogni aspetto parziale nella
totalità. Trovare la reale identità sotto l’apparente differenziazione e contraddizione, e trovare la sostanziale
diversità sotto l’apparente identità è la più delicata, incompresa eppure essenziale dote del critico delle idee e
dello storico dello sviluppo storico.1

In queste parole il pensatore di Ghilarza esprime uno dei centri metodologici del suo lavoro
carcerario, quello di una scrittura – e di conseguenza un paradigma epistemologico – che potremmo
definire come per composizione. In queste parole Gramsci si rende conto, infatti, di cosa implichi il
pensiero dell’identità, organico e sintetico, non solo a livello puramente politico, ma dialettico e –
per così dire – teoretico.

Questo è dimostrato dalla parte finale della citazione che ho fatto poc’anzi. Gramsci scrive come il
compito del critico delle idee sia quello di «trovare la reale identità sotto l’apparente
differenziazione e contraddizione, e trovare la sostanziale diversità sotto l’apparente identità».
Entrando maggiormente nella profondità del testo gramsciano e lavorando – proprio come lui – per
composizione potremmo notare come questo compito sia scisso in un, e come questa scissione si
rivolga a due diverse manifestazioni della totalità sociale, da una parte distruggere, dall’altra
ricostruire. Distruggere sul piano egemonico la prigione del concetto e andare oltre quel feticismo
dell’unità2. Ricostruire sul piano dei subalterni e delle subalterne, partire dalla loro
«necessariamente disgregata ed episodica»3 per giungere alla costruzione di nuova soggettività e di
nuovo senso.

Il nostro sguardo, proprio come il raggio luminoso evocato da Gramsci, riflette l’altro da noi in base
al suo posizionamento, ad ogni movimento e ad ogni sfaccettatura della sua presenza nel mondo.
Un po’ come gli occhiali colorati di cui parlava Kant nella Critica della ragion pura, infatti, il
nostro sguardo è sempre condizionato dal qui ed ora (spazio e tempo avrebbe detto Kant) nel quale
avviene la rappresentazione del mondo. Gli occhiali che indossiamo sono creatori del sistema di

1
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di Valerio Gerratana, Einaudi, Torino, 2007, p. 2268
2
Ivi, p. 36
3
Ivi, pp. 299-300
rappresentazione, rappresentano i nostri privilegi e dalle nostre oppressioni, in altre parole il nostro
posizionamento.

Il problema quindi è essenzialmente dialettico. Può la totalità cristallizzare e feticizzare un soggetto


e la sua rappresentazione in una totalità in sé e per sé? Se, come scriveva Adorno nell’aforisma 29
Minima moralia «il tutto è il falso»4, dovremmo riuscire a capire che per andare oltre la prigione del
nostro sguardo elevato a sistema dovremmo rinunciare a quell’Übergang, il superamento dialettico
evocato da Hegel.

Said parte, a mio avviso da qui, dalla tensione tra totalità e rappresentazione. La tesi principale di
Orientalismo può essere ricondotta a questo: l’immagine dell’oriente è una immagine
essenzializzata e cristallizzata dello sguardo dell’uomo bianco, occidentale nei confronti dell’altro
da sé. Uno sguardo che porta dietro di sé fascinazione e timore, rappresentazione di sé e dell’altro,
costruzione di soggettività speculari e di dispositivi di esclusione e razzializzazione di tutte quelle
eccedenze, di quel non-identico, disgregato ed episodico. La ragione insita dietro questo sguardo
non è altro che l’autoconservazione dei privilegi materiali delle classi egemoniche.

Proprio qui si insedia la figura di Said. In Cultura e imperialismo, opera incentrata sulla tensione tra
totalità e rappresentazione, chiama il suo metodo contrappunto, riprendendo l’uso di questa pratica
teorica che fa Theodor W. Adorno, tra i filosofi di maggiore ispirazione di Said per il suo lavoro,
tanto che Said si definisce il suo unico vero continuatore5. In La funzione del contrappunto nella
nuova musica, Adorno scrive, infatti come la necessità del contrappunto nasca «nei centri della
composizione dall’imperativo di trasferire questi centri alla periferia, di farli emergere a livello
fenomenico»6.

Nel contrappunto, quindi, continua Adorno:

La forza con cui una voce influenza l’altra, contrastando la voce presente e rispecchiando al contempo quella
passata, conserva in sé e insieme supera quella forza che fonde le voci in un aggregato simultaneo privo di
differenze; quanto più intenso è il rapporto tra i diversi, tanto più superfluo è sottolineare l’astratta unità
armonica di ciò che suona contemporaneamente, anche quella di una progressione accordale. Di conseguenza
l’ascoltatore rivolge la necessaria attenzione al movimento delle voci e al loro rapporto reciproco, il che
spinge in secondo piano il semplice riconoscimento delle armonie. 7

All’interno del contrappunto quindi dei materiali, in questo caso musicali, ma che Said traduce
come materiali letterari, e come totalità delle narrazioni, i quali attraverso la composizione di voci
4
Theodor W. Adorno, Minima Moralia, in Gesammelte Schriften, Bd. 4, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1955 [=
Minima moralia, a cura di Renato Solmi, Einaudi, Torino, 2008, p. 48]
5
Edward Said, Il mio diritto al ritorno, Nottetempo, Roma, 2007.
6
Theodor W. Adorno, Die Funktion des Kontrapunkts in der neuen Musik, in Gesammelte Schriften, Bd. 16, Suhrkamp
Verlag, Frankfurt am Main, 1978 [= La funzione del contrappunto nella nuova musica, in Immagini dialettiche. Scritti
musicali 1955-1965, a cura di Gianmario Borio, Einaudi, Torino, 2004, p. 201].
7
Ivi, p. 205
apparentemente diverse che mai si mediano, crea senso, rispetto alla totalità ordinata della forma
sonata, contrario del contrappunto.

Come scrive Adorno in L’attualità della filosofia:

L'interpretazione porta a termine il proprio compito unicamente attraverso la composizione del dettaglio più
piccolo e, dunque, non partecipa più al dibattito sui grandi problemi. Infatti essa vi prende parte solamente
quando, attraverso un risultato particolare, riesce a distruggere la domanda sulla totalità, che, un tempo,
veniva utilizzata per rappresentare simbolicamente il particolare. La costruzione degli elementi più piccoli,
privi di senso e volontà autonoma è uno dei presupposti fondanti dell'interpretazione filosofica. 8

Fuori dall’accesso musicologico al problema e tornando dopo questa breve parentesi adorniana ad
Adorno e Said, la forza del contrappunto permette di cogliere come le rappresentazioni, come
mostrato in tutto Orientalismo, non siano mai neutre e che nascondano dietro di loro una
dimensione antropoietica che si nasconde dietro la totalità.

La molteplicità degli sguardi, delle voci e dei materiali presi in oggetto fornisce infatti la chiave
interpretativa per il riconoscimento della totalità come uno tra i dispositivi più pericolosi e
demistificandone la fenomenologia. Da questo punto di vista il contrappunto si costituisce come
uno dei principali strumenti di critica dell’ideologia in quanto questo processo permette di
decentrare, per così dire di decolonizzare lo sguardo dello storico critico da un principio unificatore:
da quello sguardo e da quell’atteggiamento occidentale che pretende di incorporare a sé come unica
voce il diverso. Come recita il titolo di uno dei paragrafi di Cultura e imperialismo si tratta di
“Territori che si sovrappongono e storie che si intrecciano”.

Le soggettività protagoniste di queste storie che si intrecciano condividono uno sguardo.


Condividono privilegi e oppressioni e si posizionano in base ad esse. Se il sistema è caratterizzato
dalla figura fenomenologica dell’uomo, bianco, etero, cis, ricco del nord del mondo, chi ne è
esclusə incarna la residualità insita in ciò che non viene sussunto dal tutto. In termini più generali da
ciò che non viene mediato e superato dal modello patriarcale, capitalistico e coloniale.

Lo spirito di una logica della disgregazione, che si esprime nel contrappunto, è quindi la voce di
tutti quei subalterni e di quelle subalterne che subiscono l’oppressione di questo sistema di pensiero
e dai dispositivi di esclusione che esso crea per la propria autoconservazione.

In Gramsci il contrappunto, inoltre, si esprime anche nel concetto di traducibilità. Per traducibilità,
infatti, Gramsci intende una dinamica dei concetti, il costante passaggio tra una cultura e l’altra, tra
linguaggi e tra esperienze teoriche e pratiche, proprio come le rifrazioni della luce sul prisma. La

8
Theodor W. Adorno, Die Aktualität der Philosophie, in Gesammelte Schriften, Bd. 1, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am
Main, 1933 [= L’attualità della filosofia. Tesi all’origine del pensiero critico, a cura di M. Farina, Milano-Udine,
Mimesis, 2009, p. 51].
tensione quindi si dà, di fatto, tra dialettica e traducibilità, tra reificazione e contrappunto e si
esprime nell’esperienza del soggetto che cerca il suo posto del mondo.

Proprio per questo Said riconosce come in Gramsci l’analisi contrappuntistica venga da un’esigenza
- per così dire – legata alla soggettività e al posizionamento del filosofo di Ghilarza. L’esser situato
dalla contingenza fisica della scrittura in carcere, anelando alla libertà allo stesso tempo dal sistema
carcerario e dalla prigione della totalità. Scrive infatti Said in History, Literature and Geography:

Fino a un certo punto — e qui vado speculando — la qualità radicalmente occasionale e frammentarla degli
scritti di Gramsci sí deve, ín parte, alle condizioni difficili in cui lavorava e alla sua consapevolezza di queste
difficoltà. Si deve inoltre a qualcosa cui Gramsci teneva molto: la sua coscienza critica, che per lui, credo,
significava non venir cooptato da nessun sistema, come dal fatto di essere in prigione, o dal sistema
determinato dalla storia e densità dei suoi scritti anteriori, dalle posizioni in lui radicate, dagli interessi
consolidati e così via. La nota, l'articolo di giornale, il frammento di meditazione, il saggio occasionale
hanno tutti una loro natura costitutiva che può venir ricondotta a due opposte direzioni. Per un verso, í suoi
scritti affrontano un problema immediato e tangibile in tutta la sua complessità, come insieme articolato di
relazioni. Per altro verso, e allontanandosi dalla situazione esterna per spostarsi su quella dello scrittore,
questi atti occasionali e disgiuntivi sottolineano la drammatica contingenza fisica della sua persona, gli
impedimenti che derivano dalla precarietà della sua situazione, dal poco tempo che ha a disposizione per
scrivere e che dunque gli impone di esprimersi ín modo "prismatico". 9

La soggettività dell’autore quindi, secondo Said, è fondamentale per capirne l’intero paradigma
epistemologico. E il carattere del frammento, parziale, non organico e disgregato è proprio il centro
di questo. I Quaderni Gramsciani sarebbero quindi contrappunti di materiali che si accostano l’uno
con l’altro.

Da questo punto di vista è particolarmente interessante, operando una lettura contrappuntistica


come il già citato feticismo dell’unità nell’analisi che Gramsci compie nel Quaderno 1 si muova in
due diversi sensi. La riflessione che Gramsci compie sul feticismo dell’unità, è infatti legata a un
motivo pressoché politico: quello dell’indissolubilità dello stato italiano all’interno di una serie di
riflessioni sulla questione meridionale e sulla repressione delle istanze del sud. Ci troviamo quindi
davanti alla sussunzione di un intero mondo, quello meridionale, al dominio del centro, del sistema,
dello stato che ne è espressione. Se leggiamo però chi è il soggetto della frase nella quale Gramsci
introduce questo concetto il piano salta. Si tratta di Benedetto Croce, la massima espressione
dell’idealismo in Italia (assieme a Giovanni Gentile). E non è un caso che quando Gramsci parla nel
Quaderno 3 della storia disgregata ed episodica delle classi subalterne egli aggiunga come ci sia
«nell’attività di queste classi una tendenza all’unificazione sia pure su piani provvisori»10.

È certamente vero che la lettura che Said fa di Gramsci, leggendo - come io sostengo e cercherò di
dimostrare nei prossimi tempi - il pensatore sardo attraverso le lenti della logica della
9
Edward Said, History, Literature e Geography, in Reflections on Exile and Other Essays, Harvard University Press,
Harvard, 2002 [= trad it. In Giorgio Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto, Carocci, Roma, 2008, p. 57]
10
Quaderni del carcere, op, cit., pp. 299-300.
disgregazione adorniana, non è una lettura filologicamente rigorosa, che farebbe senza dubbio
arrabbiare gli specialisti gramsciani – quasi sempre legati alla lettura togliattiana di Gramsci – i
quali vedono nella traduzione che Gramsci ha avuto in Said, in India (Guha e Spivak) e nel Regno
Unito (Stuart Hall) e non solo, un tradimento delle istanze rivoluzionarie presenti nel pensatore
sardo e delle istanze di classe e, aggiungo io, un voler rimanere ancorati ai propri privilegi.

Ma in un incredibile sovrapposizione di piani è proprio la filologia vivente gramsciana ad essere la


dimostrazione che Said ci aveva visto giusto. Come Gramsci scrive nel Quaderno 11, infatti la
filologia è «l’espressione metodologica dell’importanza che i fatti siano accertati e precisati nella
loro inconfondibile “individualità”»11. È proprio Said a riconoscere come «la filologia, stante la sua
etimologia, implica “l’amore delle parole”, che sono “portatrici di realtà: una realtà nascosta,
ingannevole, resistente, e difficile»12. La filologia vivente è proprio la scienza nella quale il
contrappunto ha la sua realizzazione.

L’approccio multifocale dell’asse contrappunto/traducibilità/filologia, infatti, è quello che secondo


Said - e potremmo dire anche nelle intenzioni gramsciane – permette di andare oltre la voce e lo
sguardo delle classi egemoniche. Possiamo così interpretare come il fatto che Gramsci indichi
l’atteggiamento rivoluzionario come spirito di scissione, mutuando il termine da Sorel, non sia un
caso. Potremmo, infatti sostenere che si tratti proprio della scissione delle compagini subalterne
rispetto dall’arcano della totalità (il richiamo all’arcano del Feticismo delle merci del primo libro de
Il Capitale è voluto) trasformando il disvalore della loro storia, disgregata ed episodica, in un
punto di forza.

Per dare una dimostrazione per così dire pratica di ciò, concludendo, potremmo considerare come
l’interpretazione dello spirito di scissione gramsciano si realizzi come separazione dall’arcano della
totalità, potremmo utilizzare un esempio: la pratica del separatismo all’interno dei movimenti
femministi. Se l’asse capitalistico-patriarcale, infatti, sussume in sé la donna (e le altre soggettività
ai margini) marginalizzandola e rendendola subalterna attraverso la creazione di un orizzonte di
senso dato dalla universalizzazione e feticizzazione della soggettività maschile, intesa come una
soggettività detentrice del potere. La scissione, il voler rimarcare la propria eccedenza nei confronti
della totalità, porta a riconoscere uno spazio sicuro nel quale la soggettività non viene inclusa in una
totalità, ma che porta avanti la sua scissione, la sua separazione come creazione di senso, di una
soggettività in grado di esprimere sé stessa.

Bibliografia

11
Ivi, p. 1429.
12
Edward Said, Humanism and Democratic Criticism, Macmillan, London, 2004, p. 58.
Theodor W. Adorno, Minima Moralia, in Gesammelte Schriften, Bd. 4, Suhrkamp Verlag, Frankfurt
am Main, 1955 [= Minima moralia, a cura di Renato Solmi, Einaudi, Torino, 2008].

Theodor W. Adorno, Die Funktion des Kontrapunkts in der neuen Musik, in Gesammelte Schriften,
Bd. 16, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1978 [= La funzione del contrappunto nella nuova
musica, in Immagini dialettiche. Scritti musicali 1955-1965, a cura di Gianmario Borio, Einaudi,
Torino, 2004].

Theodor W. Adorno, Die Aktualität der Philosophie, in Gesammelte Schriften, Bd. 1, Suhrkamp
Verlag, Frankfurt am Main, 1933 [= L’attualità della filosofia. Tesi all’origine del pensiero critico,
a cura di M. Farina, Milano-Udine, Mimesis, 2009].

Giorgio Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi sul presente, Carocci, Roma, 2008.

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Immanuel Kant, Kritik der reinen Vernunft, Hartknoch, Riga, 1781 [= Critica della ragion pura, a
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Karl Marx, Das Kapital, in Marx-Engels-Gesamtausgabe, Bd. II/5, Dietz Verlag, Berlin, 1867 [= Il
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Edward Said, Il mio diritto al ritorno, Nottetempo, Roma, 2007

Edward Said, History, Literature e Geography, in Reflections on Exile and Other Essays, Harvard
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Edward Said, Culture and Imperialism, Vintage, New York, 1993 [= Cultura e imperialismo.
Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell’Occidente, a cura di Stefano Chiarini e Anna
Tagliavin, Gamberetti, Roma, 1999].

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