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Titolo: Fenomenologia del Tornello

Sottotitolo: Viaggio in un’università sempre meno a misura di studente

Non era successo nemmeno negli anni 70, nel pieno della cosiddetta “contestazione” che la polizia in
assetto antisommossa entrasse all’interno di una biblioteca picchiando studenti inermi. Ma spesso la realtà
supera la beffa e quanto è successo nei giorni scorsi a Bologna lo dimostra ampiamente. Ma andiamo con
ordine, per riassumere al meglio quanto successo tra le mura dell’alma mater.
Comincia tutto con l’installazione dei famigerati tornelli al 36, biblioteca in via Zamboni, il cuore della zona
universitaria bolognese; la motivazione ufficiale è quella di evitare che “balordi” avessero accesso alla
biblioteca (non era la prima volta, che “masturbatori seriali”, prontamente cacciati dagli studenti stessi, si
divertissero a spargere i propri fluidi corporei sopra delle studentesse o che venissero trovate siringhe), ma
ad essa si è rapidamente affiancata l’esigenza di controllare, evitando presenze indesiderate, l’accesso degli
studenti stessi. La risposta dei collettivi non si è fatta attendere e subito è stata tirata su una mobilitazione
per restituire il 36 ai legittimi proprietari: gli studenti. Con la mobilitazione che nasceva, in una università e
in una città che sta subendo sempre di più la rimozione di spazi sociali, lo staff della biblioteca decideva di
escludere dal prestito di ogni tipo di libro un laureando solo perché associato alle proteste. La risposta degli
studenti è stata inevitabile: il 36 è stato occupato e restituito agli studenti, senza alcuna limitazione,
rimuovendo i tornelli, oggetto della discordia. Così una giornata di lotta diventa una giornata di ordinaria
follia. La polizia sgombera il 36 manganellando studenti inermi che erano lì esclusivamente per studiare;
Nessun facinoroso, nessun violento, solo studenti. Su internet qualcuno scrive “qualcuno ieri è entrato per
la prima volta in biblioteca ed è impazzito” e lo stato della biblioteca dopo l’irruzione degli unici veri violenti
in divisa dimostra quanto l’attacco fosse gratuito. Da quel momento la mobilitazione prende piede nelle
strade di Bologna con duri scontri, e ancora gli studenti si auto-organizzano per rivendicare la liberazione di
spazi sociali quando non vengono concessi.
Da quel momento quello di Bologna è diventato un caso mediatico: giornali, servizi televisivi, petizioni e
dissociazioni si succedono senza sosta a condannare l’operato degli studenti e in particolare del Collettivo
Universitario Autonomo, una delle pochissime realtà che si occupano di politica all’interno dell’università
fuori dalle logiche della rappresentanza. C’è chi fa e c’è chi parla, c’è chi rischia per migliorare le cose e chi
non si accorge del tappeto che mano a mano gli stanno tirando via da sotto i piedi. C’è chi ha a cuore i
problemi degli studenti e c’è chi a cuore la pace sociale per scopi elettorali. Studentesse che non si sentono
rappresentate dal CUA che si scoprono essere nel direttivo del PD Emiliano e petizioni fatte partire on-line
da comunione e liberazione.
Quello del 36 non è un fatto di tornelli e tortelli, ma è la storia di un’università che toglie sempre più spazi
sociali e di espressione agli studenti e pronta a reprimere ogni voce di dissenso. E’ la storia del
politicamente corretto, del “tutto secondo le regole” e della libertà di espressione che annullano ogni
antagonismo, fondamentale per la rottura delle dinamiche del potere. Ma è la storia anche degli studenti
che non si arrendono, che sfidano tutto e tutti in nome di qualcosa di più grande di loro: di diritti e
rivendicazioni che se non vengono concessi portano a prenderseli.
È il simbolo di una tendenza generale, quella di privare sempre di più gli studenti degli spazi sociali, di
controllare e scandire i tempi e i modi della vita universitaria secondo i ritmi che decide la controparte,
secondo si suoi criteri di efficienza. Le università, e in particolare gli spazi riservati agli studenti all’interno di
esse sono sempre stati il focolaio delle attività dei collettivi e dei movimenti. Bologna in questo momento,
come il resto d’Italia, si trova sotto il tentativo di annichilire ogni tentativo di dissidenza dal basso da parte
del Potere (lo dimostra anche il prossimo sgombero dello spazio sociale XM24 che farà posto, a quanto si
dice, a una caserma dei Carabinieri) e a questa tendenza generale non possiamo che ribellarci proponendo
modi e pratiche per vivere l’università partendo dal basso.

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