Sei sulla pagina 1di 1

I santi, oltrechè diversi perché non fatti in serie, giungono alla santità per molteplici strade, come i

lettori di questa rubrica già si saranno accorti. Così, accanto a quelli dalla vita avventurosa folgorati da
improvvisa conversione, ci sono quelli che alla santità sembrano naturalmente “portati”. Tra questi
ultimi si può senz’altro annoverare Anna Zelikova, che viene al mondo il 19 luglio 1924 a Napajedla,
in Moravia. Tutto attorno a lei sembra favorire, fin da piccola, la sua naturale inclinazione alla vita
fervorosa e devota. La famiglia, innanzitutto, di solida anche se tradizionale religiosità; poi le suore
(nella fattispecie quelle della Santa Croce), sue vicine di casa, che si prendono cura della sua
istruzione religiosa; infine il paese in cui vive e cresce, che vanta una lunga tradizione cattolica. Basta
tutto ciò per fare di questa bimba una santa? Forse no, anche se indubbiamente aiuta. Difatti
Anna comincia prestissimo a fare della messa quotidiana il centro della sua giornata, a vivere in
familiarità con le Suore, presso le quali trascorre tutto il suo tempo libero; a pregare spesso e
volentieri nella chiesetta del suo paese. Cose tutte che, se pur importanti e preziose, mancano ancora
di quel tanto di inedito e personale, necessario a delineare il percorso di Anna verso la santità. Tutti
sono concordi nel rilevare che lo specifico della sua santità ha inizio con la sua prima
comunione, che riceve a nove anni, il 25 maggio 1933: da quel giorno, infatti, Anna inizia un
rapporto di intensa familiarità con il “buon Gesù”. Può sembrare inadatta alla sua età la lettura,
iniziata in quell’anno, della “Storia di un’anima” di Santa Teresa di Lisieux, che invece produce in lei
effetti insperati. Un ritiro di tre giorni presso le suore, l’anno successivo, mette infine le ali alla sua
vita spirituale, che diventa tutta intessuta d’amore per Gesù. La bambina, poco più che
decenne, comincia a sognare un futuro da religiosa, ma non tra le suore che in pratica
l’hanno allevata: il suo desiderio è diventare carmelitana, anche se del Carmelo non conosce
altro che Teresa di Lisieux. Durante la Settimana Santa del 1938 viene casualmente a sapere che una
parente ha volontariamente abortito e la sua coscienza di adolescente ne resta profondamente scossa.
Anzi, è probabilmente da questo tragico fatto che matura in lei la volontà di “tutta donarsi”, di
“essere apostola attraverso la sofferenza”. Di qui ad arrivare alla volontà di “offrire il mio
corpo, la mia anima, la mia salute, la mia vita e più semplicemente tutto ciò che ho”, il
passo è davvero breve. Proprio nei giorni di quel Triduo Santo, dalla contemplazione del
Crocifisso, Anna arriva a desiderare di “lasciarsi inchiodare alla croce per Amore”. Quel
Venerdì Santo è anche il giorno del suo primo sbocco di sangue, che si verifica in chiesa,
mentre lei è inginocchiata davanti al “sepolcro”. Il primo “segno” che la sua offerta è stata accettata è
da Anna gelosamente custodito come il “segreto” tra lei ed il suo Gesù ed è affidato soltanto alle
pagine del suo diario spirituale. Sono le suore ad accorgersi, nei giorni successivi, del suo progressivo
dimagrimento e una di esse si offre di accompagnarla, il 31 maggio, ad una visita medica, il cui esito è
una sentenza di morte: tubercolosi, con una speranza di vita non superiore a tre mesi. Il medico non
si sbaglia sulla natura del male, ma sulla durata dell’agonia: non tre mesi, ma tre lunghi anni, come
una prolungata permanenza sulla croce, proprio come Anna aveva chiesto. Tre anni durante i
quali la ragazza ha tutto il tempo per affinare il suo spirito, rinnovare la sua offerta, conformarsi
progressivamente a Gesù, che Anna “scopre” presente anche nelle ordinarie e banali azioni di ogni
giorno. Le sue compagne che le fanno visita, oltre a trovarla più smagrita e pallida, la sentono
“follemente innamorata” dal suo tono di voce, dalla luminosità dei suoi occhi e del suo sorriso. Si
spegne all’alba dell’11 settembre 1941, sussurrando: “il mio cuore batte per Gesù…lo amo tanto … .io
ho fiducia”. La sua causa di beatificazione, che si è potuta introdurre soltanto dopo la caduta del
comunismo, è già conclusa nella sua fase diocesana e sta proseguendo il suo iter a Roma. 

Cercava di trasmettere la gioia di Cristo a chiunque la circondasse


Nata il 19 luglio 1924 in quella che oggi è la Repubblica Ceca, Anna Zelíková era una semplice
adolescente che amava molto Gesù. Aveva seguito l’esempio di Santa Teresa di Lisieux, canonizzata
nel 1925. La “piccola via” per la santità di Teresa si adattava perfettamente alla sua spiritualità.
La ragazza comprese la via della perfezione delineata da Santa Teresa, e nel 1940 scrisse che “la vera
bellezza è nascosta nella fedeltà nelle piccole cose. Ho sempre desiderato compiere gesta d’amore grandi
ed eroiche, e quando ho visto che non ne ero capace sono rimasta addolorata. Ora trovo un grande
eroismo proprio nelle piccole cose, e quindi non ho il minimo rimpianto per il fatto di riuscire a fare una
cosa o meno”.
Un modo in cui metteva in pratica tutto questo era l’“apostolato del sorriso”.
“Devo sorridere fino all’ultimo respiro”, diceva. “Tutto ciò che posso dare ora a Dio è il battito del mio
cuore e il mio sorriso. Non ho più nulla se non l’amore e la fiducia”.
Un altro modo in cui Anna offrì la sua vita a Dio è attraverso la sua sofferenza. In particolare, quando
seppe dei bambini che venivano uccisi nell’utero materno ne provò orrore. All’epoca voleva diventare
una vittima sacrificale, soffrendo per il bene di quei piccoli.
Le sue preghiere ottennero una risposta, e si ammalò di tubercolosi. Soffrì per questa malattia per vari
anni, e rese la sua offerta ancor più profonda facendo voto di verginità a Dio.
Uno dei suoi più grandi desideri era unirsi a una comunità carmelitana di suore, ma la sua malattia glielo
impedì. Le venne tuttavia permesso di entrare nel Terz’Ordine Carmelitano.

Potrebbero piacerti anche