Sei sulla pagina 1di 12

MUSICA di Daniele Mutino 1

AFRICA SUBSAHARIANA 1

AFRICA SUBSAHARIANA
[ap1]

NELL’IMMAGINE - La grande cantante sudafricana Miriam Makeba, detta “Mama Africa”,


in tre diversi momenti della sua vita: in basso - da giovane, stella internazionale della musica;
al centro a sinistra - quando abbraccia Nelson Mandela nel giorno in cui rientra in patria dopo
30 anni di esilio; in alto - il giorno in cui muore a Castel Volturno, in Italia, in occasione di un
concerto contro la Camorra e il razzismo. Disegno di Assunta Petrocchi.
MUSICA di Daniele Mutino 2
AFRICA SUBSAHARIANA 1

INDIVIDUAZIONE DELL’AREA - Dal punto di vista delle culture musicali (e non solo)
dividiamo l’Africa in tre aree fondamentali:

- L’AFRICA SAHARIANA o NORDAFRICA (in grigio), a preminenza musulmana,


legata indissolubilmente alla musica e alla cultura araba, e allo stile musicale arabo-
andaluso (vedi la scheda Arabi e Corno d’Africa).

- L’AFRICA SUBSAHARIANA (in giallino), ovvero l’Africa a sud del deserto del
Sahara, detta anche “Africa nera” per il colore della pelle della stragrande maggioranza
dei popoli che la abitano.

- Il CORNO D’AFRICA (in verde), ovvero Etiopia, Eritrea, Gibuti e Somalia, paesi
dell’Africa orientale che musicalmente e culturalmente hanno caratteristiche proprie,
sostanzialmente diverse sia da quelle dell’Africa Sahariana, sia da quelle dell’Africa
Subsahariana (vedi la scheda Arabi e Corno d’Africa).
MUSICA di Daniele Mutino 3
AFRICA SUBSAHARIANA 1

MUSICA ETNICA DELL’AFRICA SUBSAHARIANA

LA MUSICA E IL RITO

Nella cosiddetta Africa Subsahariana o “Africa nera” - che da questo


momento in poi chiameremo semplicemente “Africa” - la musica
etnica tradizionale è legata soprattutto alla sfera religiosa, ed in
particolare ai riti delle religioni animiste, in cui la musica è lo
strumento fondamentale per entrare in contatto con il mondo
sovrannaturale, in particolare con gli spiriti della natura e con gli
spiriti degli antenati.

Dal punto di vista religioso, diciamo subito che in Africa è molto


importante l’influenza delle due grandi religioni monoteiste:
- l’Islam, introdotto in Africa dal colonialismo arabo
- il Cristianesimo, introdotto dal colonialismo europeo.

Al di là di queste due grandi religioni, che non sono originarie del


continente ma sono state importate, l’Africa ha le proprie radici
etniche nell’animismo politeista, che prende forme differenti,
anche se simili, a seconda dei popoli e delle regioni.

GLOSSARIO

MONOTEISMO: dal Greco Antico “monos” – che vuole dire “uno solo” – e
“theos” – che vuol dire divinità; indica una religione in cui si crede
nell’esistenza di un'unica e sola divinità creatrice onnipotente.

POLITEISMO: dal Greco Antico, “polis” – che vuole dire “molti” – e “theos” –
che vuol dire divinità; indica una religione in cui si crede nell’esistenza
contemporanea di numerose divinità, ognuna con un proprio raggio d’azione
specifico e limitato.

L’Animismo, a cui appartengono le varie religioni etniche originarie


dell’Africa, è una concezione religiosa in cui ogni aspetto della
natura ha una propria anima, una propria identità soprannaturale:
un animale, un albero, un fiume, una montagna, il tuono, la
pioggia, il sole, il mare, o anche delle forze invisibili, maligne o
benigne che siano, corrispondono sempre ad una divinità o ad uno
spirito. Si tratta di un tipo di visione che si sviluppa in culture in cui
l’essere umano non ha una grande forza tecnologica e, per questo
motivo, percepisce il mondo naturale circostante come attivo
MUSICA di Daniele Mutino 4
AFRICA SUBSAHARIANA 1

spiritualmente, e più potente di lui; per arginare la potenza


spirituale delle forze che regolano la natura, e non esserne
sopraffatto, l’essere umano deve comunicare con esse,
considerandole sotto forma di divinità o spiriti, in modo da
ingraziarsele: questo in Africa avviene con alcuni riti in cui la
musica ha un ruolo assolutamente centrale.
Danze di possessione
Si tratta di riti animistici in cui, per comunicare con specifiche
divinità o spiriti del mondo naturale, si usa la danza: in questi casi
le musiche sono eseguite da tamburi e percussioni e/o da voci che
cantano. Durante questi riti i canti sono sempre responsoriali.

GLOSSARIO

CANTI RESPONSORIALI: quando c’è un solista che canta e un coro che


risponde. Spesso il solista è un sacerdote/stregone/sciamano.

Nelle danze di possessione i musicisti e i cantanti eseguono delle


“maschere” sonore delle divinità o degli spiriti chiamati in
causa dal rito, il che consente alla comunità di entrare in
comunicazione con tali entità soprannaturali.

GLOSSARIO

MASCHERE SONORE: sono figure ritmico/melodiche standard che nelle varie


tradizioni animiste corrispondono ognuna ad una specifica divinità o spirito; i
danzatori, ballando su una di queste maschere sonore, ne evocano l’entità
soprannaturale corrispondente, che “entra” così dentro i loro corpi e ne detta i
movimenti. Attraverso i movimenti dei danzatori “posseduti” si dà così alla
divinità o spirito la possibilità di comunicare con i sacerdoti animisti.

Le maschere sonore, sia con tamburi e percussioni, sia con i canti.


sono realizzate spesso mediante una tecnica musicale molto
sofisticata e molto sviluppata in Africa, detta Poliritmia (si legge
con l’accento sulla “i”: poliritmìa): un particolare linguaggio
musicale che, fino a tempi recenti, è stato per lo più sconosciuto
alle culture musicali europee; per questo motivo, al primo ascolto di
una musica rituale africana basata sulla poliritmia, l’ascoltatore
occidentale ha la percezione errata di ascoltare solo confusione,
mentre in realtà si tratta di un’architettura musicale estremamente
complessa e precisa, rigorosamente regolata dalla tradizione.
MUSICA di Daniele Mutino 5
AFRICA SUBSAHARIANA 1

GLOSSARIO

POLIRITMIA: è data da sovrapposizioni complesse di più ritmi differenti,


suonati contemporaneamente e in modo coordinato da diversi tamburi e
percussioni, o anche da diverse voci che cantano polifonicamente. Si tratta di
architetture ritmiche estremamente precise, spesso molto complesse e
sofisticate, basate su strutture matematiche in cui si sovrappongono ritmi
differenti, sia pari, sia addirittura, in alcuni casi, dispari.

Canti ispirati dagli spiriti degli antenati


In altri casi in Africa la musica rituale serve per comunicare con gli
spiriti degli antenati. In questo caso la musica rituale prende una
forma tipica:
- un “tappeto sonoro” monotono e incantatorio, eseguito dallo
strumento d’accompagnamento;
- su questo tappeto strumentale si erge la voce del cantastorie
rituale o dello stregone/sciamano.
Si canta su ispirazione degli antenati per:
- eseguire incantesimi, guarigioni o predizioni, e in questo caso
a cantare è lo stregone/sciamano;
- raccontare storie antiche e leggende tramandate nei secoli, e
in questo caso a farlo è il cantastorie.

GLOSSARIO

SPIRITI DEGLI ANTENATI: sono i padri e gli avi che hanno già terminato il
loro tempo sulla terra, ma si crede che, dall’oltretomba, continuino a vegliare
spiritualmente sui viventi influenzandone l’esistenza. In alcune culture, anche
africane, ispirate da concezioni religiose di tipo totemico (vedi scheda
Australia) coincidono con gli spiriti della natura, da cui gli stessi esseri umani
discenderebbero secondo l’appartenenza a determinati clan.

STREGONE/SCIAMANO/SACERDOTE: con questo termine indichiamo un


individuo speciale che, nelle religioni animiste, ha il compito di gestire la
relazione con il mondo soprannaturale per conto di un’intera comunità.

CANTASTORIE: figura che è particolarmente importante nelle culture dove


non è ancora diffusa la scrittura, in cui quindi la conoscenza e la memoria non
possono essere scritte e fissate su documenti, e sono quindi tramandate
“oralmente”, ossia di bocca in bocca, proprio grazie al cantastorie, che canta
interminabili poemi epici appresi dai propri genitori, che riesce a memorizzare
grazie all’ispirazione di determinate entità soprannaturali, che in Africa sono gli
spiriti degli antenati.
MUSICA di Daniele Mutino 6
AFRICA SUBSAHARIANA 1

Le antiche culture africane affidavano la loro memoria storica ai


poemi cantati dai cantastorie, poemi interminabili trasmessi a
memoria, senza l’uso della scrittura, di voce in voce. Ancora oggi
nell’Africa tradizionale quello del cantastorie è un mestiere
familiare, che si eredita oralmente di padre in figlio: attraverso le
generazioni si tramandano così i poemi cantati che raccontano
l’antica storia dell’Africa, fin dalle sue origini, e le sue leggende.
Il cantastorie in Africa viene chiamato con molti nomi, ma il più
comune è “griot”, una figura molto importante nell’Africa nord-
occidentale, dove suona accompagnandosi con la kora, una sorta di
arpa africana formata da una grande zucca, che fa da cassa
armonica, e da un bastone di legno su cui sono tese delle corde dal
suono luminoso.
Nell’Africa centro-meridionale, invece, il cantastorie si accompagna
con la ‘mbira, detta “il pianoforte africano”, uno strumento formato
da una tavoletta di legno con sopra delle lamelle di ferro in
tensione, le quali formano una tastiera che viene pizzicata dai pollici
e dagli indici; la ‘mbira viene inoltre spesso posta dentro una
grande zucca vuota, con dei sonagli intorno (in genere tappi di
bottiglia), che funge al tempo stesso da amplificatore naturale e da
sonaglio ritmico.
Sia la kora sia la ‘mbira sono strumenti dal suono “magico”, con cui
si producono dei monotoni “tappeti sonori” che sostengono il canto
con intrecci e ricami sonori dalla funzione incantatoria: si ritiene
che il loro suono abbia il potere di richiamare la presenza degli
spiriti degli antenati affinché ispirino il cantastorie nei suoi racconti.

Griot (cantastorie) del Senegal, con la sua Kora ‘Mbira dello Zimbwawe
MUSICA di Daniele Mutino 7
AFRICA SUBSAHARIANA 1

APPROFONDIMENTO FACOLTATIVO

GRIOT E AEDO: Sappiamo che Omero era un cantastorie, un aedo (parola


che deriva da “oidos” = canto) e che, nella Grecia arcaica, per secoli l’Iliade e
l’Odissea sono stati poemi cantati a memoria dagli aedi, prima di essere messi
per iscritto nel VII secolo a.C. L’aedo è una figura che ha molti elementi in
comune con il griot africano. Anch’esso era una figura fondamentale in una
società, la Grecia arcaica, in cui ancora non era diffusa la scrittura; anch’esso
accompagnava il canto epico con uno strumento a corda simile all’arpa,
ritenuto “magico”, che, mentre per il griot è la kora, per l’aedo è la lira,
inventata dal dio Hermes, messaggero degli dei, che la donò al dio Apollo, dio
della poesia e della musica, il quale a sua volta la donò agli aedi. Come il griot,
l’aedo recitava cantando e improvvisando poemi interminabili, formati da
decine di migliaia di versi cantati a memoria, che riusciva a ricordare grazie
all’ispirazione delle Muse: le Muse sono divinità figlie della dea della memoria e
dell’oltretomba Mnemosine, e questo presenta analogie con il griot, che canta
ispirato dagli spiriti degli antenati, ovvero gli spiriti dei padri e degli avi che,
dall’oltretomba, continuano a vivere e ad essere presenti grazie alle preghiere
dei viventi. Nella concezione religiosa della Grecia arcaica, dopo la morte si
diventava semplici ombre, e si veniva portati via dal fiume dell’oblio, il Lethe:
solo l’aedo consentiva ad un mortale di sfuggire a questo destino, in quanto,
ricordandone le gesta attraverso il canto, lo affidava alla memoria, e ne
prolungava così l’esistenza. Non a caso era quindi la memoria, Mnemosine, ad
inviare le sue figlie, le Muse, ad ispirare l’aedo.

STORIA CANTATA DELL’AFRICA: dai poemi dei cantastorie africani si


apprende quanto la concezione degli stati nazionali sia in realtà un’imposizione
colonialista; viene raccontato infatti come nelle stesse terre hanno sempre
convissuto differenti popoli, occupando e condividendo tra loro territori molto
più ampi delle attuali nazioni. Questo dimostra che l’istituzione dei confini
nazionali che dividono oggi l’Africa, all’origine di tante guerre, è stata in realtà
imposta dai colonizzatori europei in base ai loro interessi.

I PIGMEI
I Pigmei sono un popolo molto particolare che vive dentro le foreste
incontaminate dell’Africa centro-meridionale. Si tratta di persone
molto basse, che raggiungono molto raramente l’altezza di 1 metro
e 50, e che vivono in piccole tribù, in grande simbiosi con la
spiritualità del mondo naturale che li circonda: di contro, non
riescono ad adattarsi alle città e alla vita normale delle altre civiltà,
e se vengono trasportati fuori dalla foresta, lontano dal loro mondo
tradizionale, si lasciano morire un po’ alla volta. Per questo, con
l’avanzare della deforestazione, si stanno velocemente estinguendo.
MUSICA di Daniele Mutino 8
AFRICA SUBSAHARIANA 1

La musica dei Pigmei è indissolubilmente legata alla loro particolare


spiritualità animistica, ed è sempre ed esclusivamente musica
rituale, ipnotica e “sciamanica”, più simile alla cantilena di un
incantesimo che alla musica come siamo abituati ad intenderla noi.
Considerando la loro spiccata spiritualità magica e la loro altezza
molto limitata, alcuni studiosi si sono lasciati sedurre dalla
suggestione di associare i Pigmei ai mitici gnomi e nani della
mitologia europea, anch’essi piccoli uomini “magici” che potrebbero
aver popolato le foreste europee quando queste ricoprivano ancora
la maggior parte dell’Europa, e che poi, con la deforestazione, si
sarebbero estinti, venendo però ricordati nelle leggende popolari.
Sito con tante fotografie bellissime sui pigmei :
http://www.pygmies.org/pigmei/foresta-pigmei/

TAMBURI E PERCUSSIONI
Come comunemente si pensa, nella musica africana gli strumenti a
percussione, ed in particolare i tamburi di ogni
tipo, svolgono un ruolo molto importante,
soprattutto nella musica rituale a cominciare
dalle danze di possessione.

Fondamentale nelle poliritmie è il Djembè (nella


foto), un tamburo a membrana dal suono molto
potente e duttile, formato da una pelle di capra
che, mediante corde e anelli di ferro, viene tesa
su un tronco scavato, o, in alternativa, sul fiore
legnoso di un’agave.
Tamburi a fessura
Sono tamburi senza membrane, costituiti
interamente da tronchi di legno cavi, su cui sono
praticate delle fessure; producono un suono
molto forte, e sono in grado di intonare note
differenti, vere e proprie piccole melodie.
In alcune zone dell’Africa quando la gente parla,
sembra che stia cantando: questo perché
esistono le cosiddette “lingue tonali”, in cui
una stessa parola viene detta con profili melodici
diversi, e, a seconda del particolare profilo
melodico con cui viene pronunciata, cambia
MUSICA di Daniele Mutino 9
AFRICA SUBSAHARIANA 1

completamente significato. Sfruttando questa caratteristica delle


lingue tonali, secoli prima che venisse inventato il telefono, alcune
popolazioni africane hanno ideato un sistema per comunicare
messaggi a distanza, usando proprio i tamburi a fessura, in quanto
con questi particolari tamburi si riescono a produrre delle piccole
melodie corrispondenti a quelle di precise parole, riuscendo a
mettere insieme frasi molto semplici, ma in grado di essere udite e
comprese a grandi distanze. Con i tamburi a fessura è così possibile
richiamare i villaggi vicini o l’intera popolazione di una città a
presenziare ad eventi importanti, ma anche avvertire dell’arrivo di
inondazioni, incendi o nemici.

IL CANTO
Africa occidentale, canto arabo e blues americano
Nell’Africa occidentale il canto è influenzato molto dalla musica
arabo-andalusa dell’Africa Sahariana e presenta i tipici melismi
microtonali del canto arabo (vedi la scheda Arabi e Corno d’Africa);
talora, in certe regioni, assume toni molto vicini al blues americano,
in particolare al blues più antico, quello creato e praticato dagli
schiavi neri negli Stati Uniti d’America nell’area del Mississippi: e
questo non è un caso, visto che la maggior parte degli schiavi neri
americani furono imbarcati proprio dai porti dell’Africa Occidentale.
Youssou N’dour
Tra i cantanti più famosi dell’Africa occidentale segnaliamo il
senegalese Youssou N’dour, che è stato il primo grande cantante
africano ad essere conosciuto in Europa ed in America; negli anni
Ottanta, viene lanciato sul mercato discografico internazionale da
Peter Gabriel.1 Per alcuni anni Peter Gabriel fa esibire il gruppo di
Youssou N’dour come spalla ai propri concerti solistici, riuscendo
così a vincere le resistenze del pubblico occidentale che non aveva
mai ascoltato musica africana e non era abituato a quel tipo di
linguaggio: inizialmente Youssou N’dour suonava semplicemente
musica tipica senegalese, e solo in seguito ha saputo adeguarsi ai
linguaggi musicali in voga nell’Occidente, dando forma a un sound

1
Peter Gabriel è stato, insieme a Phil Collins, leader dei “Genesis”, storico gruppo di rock
progressivo; dopo essere uscito dai Genesis, come solista si è dato alla musica elettronica, ma
contemporaneamente ha fondato una fortunata etichetta discografica di musica etnica, la “Real
Word”, la prima del genere, che ha messo in evidenza, sul palcoscenico mondiale della musica
commerciale, grandissimi musicisti tradizionali di ogni parte del mondo.
MUSICA di Daniele Mutino 10
AFRICA SUBSAHARIANA 1

originale in cui la musicalità africana si fonde con jazz, blues e pop,


e collaborando con tanti artisti internazionali. Youssou N’dour è
stato il primo musicista africano di sesso maschile ad imporsi nel
mercato discografico mondiale, aprendo la strada a tantissimi altri
musicisti che l’anno seguito.
Miriam Makeba, Mama Afrika
Nell’Africa meridionale esiste una grande e meravigliosa tradizione
di canto, sia solistico, sia corale, basato su voci molto forti e
corpose. Non a caso la più famosa cantante africana nel mondo è
una donna sudafricana, Miriam Makeba, la quale, oltre ad aver
collaborato con tanti famosi musicisti europei ed americani, ha
avuto un ruolo di primo piano nella lotta contro il razzismo.
Con le sue canzoni spensierate e felici, Miriam Makeba ha attirato
infatti l’attenzione di tutto il mondo sulle terribili ingiustizie che il
popolo nero subiva nel proprio paese a causa del regime di
apartheid imposto in Sudafrica dalla minoranza bianca al potere,
ed è diventata così portabandiera mondiale della lotta contro il
razzismo, guadagnandosi l’appellativo di “Mama Afrika”. Per questo
motivo ha dovuto subire oltre trenta anni di esilio dalla propria
terra. In seguito, per aver sposato un attivista delle Black Panters,
è stata cacciata anche dagli U.S.A., il paese dove si era stabilita.

GLOSSARIO

APARTHEID: con questa parola si indica il regime di segregazione


(=separazione) razziale che i coloni bianchi di origine olandese, i Boeri, hanno
imposto da 1948 al 1991 al Sudafrica e alla Namibia. Pur essendo
numericamente una netta minoranza, i Boeri hanno governato sui popoli di
pelle nera Zulu e Bantu, imponendo loro una vera e propria tirannia su base
razzista. L’apartheid è finito nel 1991, grazie alle pressioni internazionali e alla
lotta del movimento antisegregazionista sudafricano, capeggiato da Nelson
Mandela, il quale, dopo essere stato in carcere 25 anni per la sua attività
politica, è diventato nel 1993 il primo presidente di pelle nera del Sudafrica,
carica che ha ricoperto impegnandosi per la riconciliazione tra i diversi popoli
della nazione, sia bianchi sia neri, motivo per cui è stato insignito del Premio
Nobel per la Pace.
Per analogia, il termine “apartheid” viene usato ad indicare tutte le situazioni
in cui nel mondo ci sia un regime segregazionista su base razziale.

BLACK PANTERS: gruppo politico extraparlamentare statunitense che, negli


anni Settanta, ha sostenuto i diritti degli afroamericani contro il predominio
bianco. Il suo leader storico è stato Malcom X.
MUSICA di Daniele Mutino 11
AFRICA SUBSAHARIANA 1

Il più grande riconoscimento della sua vita, Miriam Makeba lo ha


avuto al rientro in patria, dopo ben trent’anni di esilio, quando è
stata accolta con un grande abbraccio da tutta la nazione, ed in
particolare da Nelson Mandela, padre del moderno Sudafrica, il
quale ha elogiato il ruolo determinante di Mama Afrika nella lotta
all’apartheid, prendendola come riferimento nel dichiarare che “la
politica può essere supportata dalla musica, ma la musica ha una
forza che va aldilà della politica”. Parole che hanno un valore
enorme se si pensa che sono state pronunciate da uno dei più
grandi e illuminati uomini politici di tutti i tempi, insignito del
Premio Nobel per la Pace.
Miriam Makeba è morta nel 2008 in Italia, all’età di 76 anni, a
causa di un malore, mentre teneva un concerto a Castel Volturno,
nel casertano. L’occasione del suo decesso ha un valore particolare.
Nelle piantagioni di pomodori di Castel Volturno lavorano migliaia di
emigrati africani, in condizioni disumane e nessun diritto sindacale,
sfruttati come schiavi dalla Camorra; il concerto era stato
organizzato dal celebre scrittore Roberto Saviano proprio per
denunciare tutto questo. Miriam Makeba aveva anche saputo che,
nell’estate precedente, proprio a Castel Volturno la Camorra aveva
assassinato cinque lavoratori “neri” che si erano ribellati a quelle
condizioni disumane di lavoro. Per questo Miriam Makeba, anche se
avrebbe potuto senza alcun problema esibirsi in qualsiasi
prestigioso teatro o auditorium del mondo, aveva voluto partecipare
a tutti i costi proprio a quel concerto! Eppure, era gravemente
malata e i medici le avevano sconsigliato di mettersi in viaggio, ma
Mama Afrika ha affrontato un viaggio di quasi venti ore dal
Sudafrica, per cantare nella piazza di un paesino sperduto del Sud
Italia, solo perché si trattava di un paesino in cui andava
combattuto il razzismo!!
In questo modo Miriam Makeba, dopo aver servito per tutta la vita
la causa della lotta al razzismo, ha continuato a farlo perfino nel
momento estremo, attirando con la propria morte l’attenzione di
tutto il mondo sullo sfruttamento e sul razzismo subito dai
lavoratori africani nel casertano, un dramma che pesa ancora oggi
sulla coscienza di tutta l’Italia. Ha così testimoniato ancora una
volta come la musica possa mettersi al servizio delle lotte
fondamentali dell’umanità, aiutandoci a migliorare il mondo.
<<Noi in Sud Africa cantiamo tutto ciò che accade ogni giorno. Se
oggi accade qualcosa, domani ci saranno cinque, dieci o quindici
MUSICA di Daniele Mutino 12
AFRICA SUBSAHARIANA 1

cantanti che, con canzoni diverse fra loro, metteranno in musica e


versi ciò che è accaduto ieri. Dunque, nelle nostre canzoni noi
raccontiamo ciò che ci accade… per questo il ruolo del musicista è
quello di educare, essere voce di chi non ce l’ha, ma per farlo
bisogna avere dentro l’amore>> (Miriam Makeba, Mama Afrika).

Potrebbero piacerti anche