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APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO

L'apparato cardiocircolatorio è l'insieme degli organi che permettono la circolazione del sangue
nell'organismo per rifornire le cellule di nutrienti e ossigeno e consentire l'eliminazione dell'anidride
carbonica e di altri prodotti di scarto. Questo apparato è costituito da più strutture, con precise funzioni
nella circolazione:

 Il cuore, diviso in due parti (destra e sinistra) è il principale organo propulsore e le sue contrazioni
ritmiche fanno scorrere il sangue;
 I vasi sanguigni sono i tubi in cui il sangue circola, distinguibili in: arterie, che portano il sangue
lontano dal cuore; vene, che riportano il sangue al cuore; capillari, vasi sottili “come capelli” che
connettono arterie e vene di piccolo calibro.

Per ricostruire a grandi linee il percorso del sangue ci si può immedesimare in un globulo rosso e seguirne il
flusso fino a ritornare nel punto di partenza. In questo modo, per compiere un giro completo, si
percorrerebbero due circuiti principali:

 La circolazione sistemica, o grande circolazione, porta il sangue dal cuore ai vari organi del corpo e
poi di nuovo al cuore. E’ la parte sinistra del cuore ad alimentare questo circolo: il cuore sinistro
riceve il sangue ossigenato dalle vene polmonari e lo distribuisce a tutti gli organi corporei
attraverso l’aorta. Dopo aver ceduto l’ossigeno ai diversi tessuti, mediante le due vene cave
(superiore ed inferiore) il sangue ritorna al cuore destro, e da qui, attraverso le arterie polmonari, è
immesso nel secondo circuito, quello polmonare.
 La circolazione polmonare forma invece un circuito chiuso tra il cuore e i polmoni e ha inizio nel
ventricolo destro, da cui il sangue ricco di anidride carbonica raccolto dall'atrio destro, con cui
comunica attraverso la valvola tricuspide, viene pompato nell'arteria polmonare.

Nella grande circolazione le arterie portano il sangue ricco di ossigeno (anche detto sangue arterioso) e le
vene quello deossigenato (o sangue venoso); nella piccola circolazione accade il contrario, poiché nelle
arterie scorre sangue venoso e nelle vene sangue arterioso.

FUNZIONI DELL’APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO


Le funzioni dell’apparato cardiocircolatorio sono:

 Funzione nutritiva: Trasporto verso i tessuti del corpo di tutte le sostanze necessarie alla vita delle
cellule e al funzionamento degli organi, come: ossigeno, nutrienti, ormoni, enzimi..
 Funzione depurativa: Rimozione dai tessuti di tutti i prodotti di scarto del metabolismo cellulare,
come l’anidride carbonica, cataboliti.. ed il loro trasporto verso gli organi deputati alla eliminazione.
 Termoregolazione
 Protezione:
 Emostasi, riguarda la capacità delle piastrine di creare dei coaguli impedendo le emorragie.
 Difesa immunitaria, riguarda la capacità dei globuli bianchi e degli anticorpi di aggredire ed
eliminare organismi o sostanze estranee.
 Omeostasi, riguarda il mantenimento e il ripristino dell’equilibrio dell’ambiente interno del corpo.
IL SANGUE
Il sangue è un liquido piuttosto viscoso di colore rosso, che scorre nei vasi sanguigni ed il suo volume è di
circa 5,5 litri in un individuo di 70 kg, pari a circa l’8% del peso corporeo. Il sangue può essere considerato
un tessuto connettivo, seppure un po’ particolare, poiché la sua matrice extracellulare è liquida: vi è la
presenza di diversi tipi di cellule specializzate immerse in una sostanza intercellulare liquida, il plasma; le
cellule presenti sono i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Il sangue svolge varie funzioni che
servono ad assicurare la stabilità dell’organismo, quindi deve avere necessariamente una sua struttura
stabile e la deve mantenere.

 FUNZIONE NUTRITIVA, legata al trasporto di molecole di glucosio, di amminoacidi, di acidi grassi,


che vengono assorbite dall’apparato gastrointestinale e vengono trasportate negli organi di
deposito, o viceversa, vengono ritrasportate dal fegato e dal tessuto adiposo alle cellule dei tessuti
per il loro utilizzo (gli alimenti introdotti nella dieta se in quantità normale vengono prontamente
utilizzate, se in eccesso vengono immagazzinati nel fegato sotto forma di glicogeno,o nel tessuto
adiposo);
 FUNZIONE RESPIRATORIA, in quanto il sangue trasporta l’ossigeno dai polmoni ai tessuti e la CO2
dalle cellule ai polmoni, funzione strettamente correlata alla regolazione e al mantenimento
dell’equilibrio acido-base;
 FUNZIONE ESCRETORIA, in quanto il sangue fa da mezzo per il trasporto ai reni dei prodotti
cellulari, quali urea, acido urico, creatinina;
 FUNZIONE DEL MANTENIMENTO DELLA TEMPEATURA del nostro corpo, infatti tutte le cellule del
nostro organismo nella loro continua attività producono calore, e poiché tutte le cellule possono
funzionare entro limiti ristretti di temperatura, il sangue attraverso la circolazione capillare sia
cutanea che polmonare permette la dispersione del calore;
 FUNZIONE DIFENSIVA, nel sangue si trovano i sistemi di difesa contro batteri, virus, sostanze
tossiche;
 FUNZIONE DI REGOLAZIONE, il plasma trasporta gli ormone, che modulano l’attività degli organi-
bersaglio;
 FUNZIONE COAGULATIVA, le eventuali perdite di sangue sono prontamente bloccate per
l’intervento delle piastrine e di speciali proteine plasmatiche.

EMATOPOIESI
Con il termine ematopoiesi si intende il processo di maturazione delle cellule sanguigne: essa avviene nel
sacco vitellino fino al terzo mese di vita intrauterina e interessa quasi esclusivamente i globuli rossi;
successivamente subentra il fegato e la milza come organi ematopoietici; intorno al quarto-quinto mese,
quando cominciato ossificarsi lo scheletro cartilagineo, inizia anche l’attività del midollo osseo rosso mentre
decresce l’attività di fegato e milza. Dopo la nascita l’ematopoiesi si verifica quasi esclusivamente nel
midollo osseo rosso, che può considerarsi un vero e proprio organo nonostante la dispersione topografica.
Alcuni tipi di globuli bianchi giungono a maturazione nella milza, nel timo, e nei linfonodi.

LA COMPOSIZIONE DEL SANGUE


Il sangue è formato da un liquido giallo chiaro, il plasma, all’interno del quale si trova una parte
corpuscolata, costituita da numerose cellule e frammenti di esse. E’ il colore di alcune di queste cellule, i
globuli rossi, a tingere il sangue. Il plasma costituisce mediamente il 55% in volume del sangue ed è una
soluzione veramente complessa, che può considerarsi una miscela di acqua e sostanze provenienti dagli
alimenti e dai tessuti:
 Acqua, costituisce oltre il 90% del plasma ed è mantenuta in quantità costanti per l’equilibrio che si
instaura tra acqua ingerita e acqua espulsa con urine, feci, lacrime, sudore, respirazione;
 Le proteine plasmatiche (tra cui le albumine, le globuline e il fibrinogeno) influenzano la fluidità del
plasma e sono fondamentali per una buona circolazione. Le albumine sono le più abbondanti e le
più importanti nel determinare la pressione osmotica del sangue; hanno un ruolo nel trasporto di
acidi grassi, ormoni steroidei ed altre sostanze. Le globuline, sono di tre tipi, alba, beta e gamma-
globuline: sia le alfa-globuline che le beta-globuline sono prodotte dal fegato ed hanno funzioni di
trasporto specifico; le gamma-globuline invece non sono proteine di trasporto, ma comprendono
gli anticorpi prodotti dalle cellule degli organi linfatici e destinati alla difesa dell’organismo dalle
infezioni. Il fibrinogeno è la più grande delle proteine plasmatiche ed è un fondamentale fattore del
processo di coagulazione, durante il quale si trasforma in filamenti di fibrina; ciò che resta del
plasma dopo la coagulazione è chiamato siero.

Tra le sostanze che transitano nel plasma vi sono:

 Le sostanze nutritizie, in viaggio dall’apparato digerente verso tutte le cellule del corpo;
 I prodotti di scarto del metabolismo, condotti agli organi escretori;
 Gli ormoni, trasportati dalle ghiandole endocrine alle cellule bersaglio;
 Un po’ di ossigeno, che viaggia nel sangue legato all’emoglobina dei globuli rossi.

LA PARTE CORPUSCOLATA DEL SANGUE


La parte corpuscolata del sangue comprende cellule e porzioni di esse, nel loro insieme chiamati anche
elementi figurati del sangue. Essi sono di tre tipi: globuli rossi (o eritrociti); globuli bianchi (o leucociti);
piastrine (trombociti).

 Globuli rossi: Globuli rossi, o eritrociti, sono numericamente più abbondanti: una piccola goccia di
sangue ne contiene mediamente da 4,5 a 5,5 milioni, con variazioni eventuali legate all’età e alle
condizioni ambientali. La struttura dei globuli rossi è alquanto semplice, hanno piccole dimensioni e
la forma di un disco biconcavo, perché non vi sono organuli cellulari: la membrana plasmatica
delimita il citoplasma, che contiene un’impalcatura proteica, lo stroma, destinata a mantenere la
forma cellulare e a sostenere l’emoglobina, il pigmento deputato a legarsi con l’ossigeno. Le
funzioni di queste cellule rosse sono essenzialmente tre: trasporto dell’ossigeno dai polmoni alle
cellule; trasporto dell’anidride carbonica dalle cellule ai polmoni; mantenimento del Ph sanguigno
nei limiti fisiologici (sistema tampone).
La maturazione dei globuli rossi, o eritropoiesi, parte da un elemento cellulare capostipite che si
trova negli organi ematopoietici: l’eritroblasta. Quest’ultimo, che possiede il nucleo e gli organuli
cellulari, va incontro ad una serie di divisioni mitotiche di trasformazioni durante le quali perde
progressivamente gli organuli ed espelle il nucleo, fagocitato poi da macrofagi del midollo osseo;
nel frattempo si formano lo stroma e l’emoglobina. L’eritropoiesi avviene se sono presenti sostanze
come la vitamina B12, l’acido folico, il rame, ed è stimolata da un ormone prodotto dai reni,
l’eritropoietina. Il processo di maturazione prevede la formazione di elementi cellulari intermedi
con particolari caratteristiche che permettono di identificarli, il prodotto finale è il globulo rosso
maturo, che lascia il midollo osseo ed entra nel circolo sanguigno, dove vive in media 120 giorni.
Quando l’eritrocita è vecchio, usurato e ha perso l’elasticità, viene distrutto, soprattutto nella milza,
ma anche nel fegato e nel midollo osseo; alcuni elementi derivanti dalle distruzioni, come il ferro,
vengono riutilizzati per la formazione di nuovi globuli rossi. Il
componente più abbondante (32-36%) nel globulo rosso è l’emoglobina, il pigmento responsabile
del colore rosso del sangue: si ritiene che un eritrocita contenga in media 240 milioni di molecole di
emoglobina. Una molecola di quest’ultima è formata da quattro catene proteiche, le globine,
ognuna legata ad una parte non proteica, detta eme: le catene proteiche vengono identificate con
le lettere greche alfa, beta, gamma, delta ed in ogni molecola di emoglobina sono uguali a due e
due; l’eme si può paragonare ad un anello con un atomo di ferro al centro, ferro che forma un
legame stabile con la globina ed un legame reversibile con l’ossigeno, che viene catturato nei
capillari polmonari, trasportato in circolo e rilasciato nei tessuti, dove viene utilizzato per fabbricare
energia. Si distinguono tre tipi principali di emoglobina: l’emoglobina Hb A1 (96%), Hb A2 (2%), Hb F
(2%). Quando il globulo rosso è distrutto nella milza, Lene viene trasportato al fegato per essere
convertito in bilirubina, uno dei pigmenti biliari; il ferro viene recuperato riutilizzato negli organi
ematopoietici per la sintesi di nuova emoglobina. Un’insufficienza del contenuto totale di
emoglobina è definita anemia. Un individuo anemico risente di uno scarso apporto di ossigeno agli
organi e può manifestare un affaticamento generalizzato. Alcune forme, come l’anemia
mediterranea o quella falciforme, sono ereditarie.
 Globuli bianchi: I globuli bianchi sono cellule meno abbondanti dei globuli rossi, cellule
tondeggianti, un po’ più grandi dei globuli rossi. Essi sono coinvolti nella difesa dell’organismo dalle
infezioni, in base a caratteristiche morfologiche, attività biologica e funzioni si possono classificare
tre categorie di leucociti: granulociti, monociti e linfociti. I granulociti hanno il nucleo diviso in più
lobi e presentano numerosi granuli citoplasmatici, ma la diversa affinità tintoriale del contenuto dei
granuli permette di distinguerli in neutrofili, eosinofili e basofili. Inoltre i granulociti sono molto
mobili e attivi poiché hanno la capacità di attraversare la parete dei vasi sanguigni e portarsi nei
tessuti (diapedesi); giunti a destinazione fagocitano il materiale riconosciuto estraneo e lo
distruggono per mezzo degli enzimi contenuti nei granuli; vivono 9-10 ore nel sangue e migrano nei
tessuti, dove sopravvivono 3-4 giorni. I monociti sono le cellule più grandi presenti nel sangue,
posseggono un grosso nucleo a forma di fagiolo e sono in grado anch’essi di passare nei tessuti; si
trasformano in macrofagi in grado di fagocitare materiale anche voluminoso, quale batteri,
particelle strane, globuli rossi rivestiti da anticorpi; vivono 3-4 giorni. I linfociti sono le cellule con le
funzioni più complesse ed importanti nel sistema immunitario, in grado di passare nei tessuti, ma
non hanno attività fagocitaria; intervengono in caso di infezioni due popolazioni principali di
linfociti, designate con T e B. Vi sono tre tipi fondamentali di linfociti T: i T helper, fungono da
sentinelle che lanciano allarmi chimici diversi linfociti B e gli altri T, in modo che intervengono nella
lotta all’antigene; i T citotossici, killer, richiamati dai T helper uccidono con notevole precisione le
cellule che presentano gli antigeni per i quali sono stati attivati; i T soppressori, modulano la
risposta immunitaria dei linfociti T e B; i tre tipi precedenti conservano a lungo la memoria della
battaglia intrapresa, originando i linfociti T di memoria, in grado di rispondere in modo più veloce
ed efficace a successivi contatti con lo stesso antigene. I linfociti B sono sedentari, poiché
rimangono a lungo negli organi linfatici; sono in grado di proliferare e di trasformarsi in plasma
cellule capaci di sintetizzare le immunoglobuline (o anticorpi), che vengono riversate nel torrente
sanguigno e servono a bloccare antigeni specifici. I linfociti vivono da pochi giorni (i B) fino a volte
per anni (i T), i linfociti T sono i responsabili dell’immunità cellulare, i linfociti B sono i responsabili
dell’immunità umorale.
La formazione dei leucociti avviene nel midollo osseo rosso, con partenza da una cellula
capostipite: questa subisce una serie di mitosi e trasformazioni che portano alla formazione di
leucoblasti, che non sono ancora in grado di reagire contro gli antigeni, elementi cellulari inattivi
che lasciano il midollo osseo e raggiungono col circolo sanguigno gli organi linfatici dove si
differenziano e acquisiscono la competenza immunitaria. Un aumento delle un cuciti da origine alla
leucocitosi, una carenza alla leucopenia.
 Piastrine: Le piastrine non sono cellule complete, ma frammenti cellulari delimitati dal
plasmalemma; dei granuli occupano la posizione centrale mentre la periferia è percorsa da un
anello di micro tubuli che mantengono la forma della piastrina. Le piastrine intervengono quando vi
è perdita di sangue attraverso una lesione vasale, accorrono nella zona lesa, acquistano una forma
irregolare, si attaccano sulla superficie e si aggregano tra loro formando il tappo piastrinico, che
chiude la falla e impedisce l’ulteriore fuoriuscita di sangue (emostasi). Sono in grado di attuare
l’emostasi grazie due caratteristiche fondamentali: l’adesività, cioè la capacità di attaccarsi a
qualsiasi superficie, è l’aggregabilità, cioè la capacità di unirsi fra loro per formare il tappo
piastrinico. Sono dunque fondamentali per la coagulazione sanguigna ed una loro carenza
comporta un rallentamento dell’emostasi e della coagulazione, con perdite di sangue.
Le piastrine derivano dalla frammentazione del citoplasma di una grossa cellula, detta
megacariocito, lo stadio finale del processo di maturazione iniziato dal megacarioblasto, derivante
dalla cellula capostipite.

COAGULAZIONE DEL SANGUE


In presenza delle lesioni e con conseguente perdita di sangue si innesca la serie di meccanismi della
coagulazione sanguigna, che portano all’arresto della perdita e al ripristino della continuità del tessuto. Per
riparare il danno bisogna attraversare quattro fasi:

 La contrazione vasale, i vasi sanguigni lesi reagiscono al trauma con uno spasmo per ridurre la
fuoriuscita di sangue;
 la formazione del tappo piastrinico, sulla lesione giungono le piastrine che, aggregandosi tra loro,
formano un tappo, trombo bianco, per bloccare la perdita di sangue;
 la formazione del coagulo, le piastrine o i tessuti danneggiati producono sostanze attivatrici che
innescano le reazioni della coagulazione, portando alla formazione del coagulo, tronco rosso, che
rafforza il tappo piastrinico;
 la formazione di tessuto fibroso, nel coagulo si infiltrano dei fibroblasti che formano un tessuto
fibroso per assicurare la chiusura definitiva della lesione.

La formazione del coagulo è il prodotto finale di una cascata di attivazioni dei fattori plasmatici della
coagulazione, cascata che può innescarsi attraverso la via intrinseca e la via estrinseca. Se il trauma è a
carico del sangue stesso, le piastrine danno inizio alla via intrinseca; se il trauma è a carico dei tessuti le
cellule danneggiate producono un fattore tissutale che innesca la via estrinseca. Si verificano una sequenza
di reazioni in cui un fattore attivato consente l’attivazione successiva ed i fattori della coagulazione sono
presenti nel plasma in forma inattiva e vengono attivati solo in caso di necessità: è sufficiente la mancanza
di uno dei fattori per avere gravi malattie emorragiche trasmissibili ereditariamente, note come emofilia. Lo
scopo delle due vie e di giungere all’attivazione del fattore X che promuove la trasformazione della
protrombina in trombina; quest’ultima a sua volta catalizza la trasformazione del fibrinogeno in fibrina
monomerica, la quale si polimerizza in presenza di ioni calcio originando una rete tridimensionale che
blocca globuli rossi, globuli bianchi e plasma: è la formazione del coagulo.

LA RISPOSTA IMMUNITARIA
Ogni qualvolta una sostanza estranea supera le barriere di protezione ed entra nel nostro corpo
intervengono le difese immunitarie. È necessario che l’agente estraneo (antigene) venga riconosciuto
come tale e, perché ciò avvenga, deve essere dotato di dimensioni non troppo piccole, di una certa
complessità molecolare, ma soprattutto deve essere diverso da qualsiasi costituente dell’ospite.

 Le cellule che hanno il primo contatto con le antigeni sono i macrofagi (fagociti) che aggrediscono
l’estraneo inglobando e digerendolo.
 Subito dopo entrano in gioco i linfociti T helper che riconoscono l’alterazione di membrana ed
inviano segnali chimici alle altre cellule immunitarie per avvisarli dell’avvenuta invasione.
 A ricevere il segnale sono i linfociti T citotossici che iniziano riprodursi ad elevata velocità, per poi
cercare le cellule già attaccate dall’antigene e le distruggono.
 I linfociti B entrano in contatto contemporaneamente con un linfocita T helper e con un macrofago,
ricevendo un doppio segnale che l’informa sul tipo di antigene contro cui agire. A questo punto il
linfocita B si sdifferenzia, aumenta di dimensioni e sviluppa il reticolo endoplasmico granulare,
divenendo un attivo produttore di proteine: si trasforma così in plasmacellula producente
immunoglobuline. Le immunoglobuline, o anticorpi, sono molecole proteiche prodotte dalle
plasmacellule che derivano dai linfociti B attivati. Una volta prodotte, vengono riversate nel sangue,
dove entrano a far parte della frazione della gamma-globuline plasmatiche. La loro caratteristica
principale è la specificità di azione: bloccano la molecola antigenica specifica per la quale sono state
sintetizzate e le impediscono di manifestare l’attività patogena. Sono individuabili cinque classi di
immunoglobuline, IgA, IgM, IgG, IgE, IgD.
 Le prime immunoglobuline ad essere prodotte ed immesse in circolo sono le IgM, che iniziano la
ricerca dell’antigene, per poi, giunte a contatto con questo, formare il complesso antigene-
anticorpo, dove la parte antigenica è bloccata e non può esplicare la sua azione dannosa nei
confronti dell’organismo; le IgM hanno vita breve e vengono seguite nel tempo dalle IgG, più
durature ed efficaci.

Quando l’antigene è infine debellato, l’informazione per combatterlo non scomparirà poiché permangono
nell’organismo cellule sia delle serie T sia della serie B, dette di memoria, in grado di conservare il
messaggio che permetterà un’azione più rapida contro una seconda invasione dello stesso antigene. Tutto
ciò prende il nome di immunità specifica, dove ogni componente porta l’informazione solo per un tipo
specifico di antigene; se però esistesse solo questa, il tempo intercorrente tra la penetrazione la distruzione
dell’antigene sarebbe troppo lungo e potrebbero esserci danni molto gravi, perciò esiste un altro tipo di
immunità, detta aspecifica, costituita da molti fattori diversi che agiscono indifferentemente contro
qualsiasi tipo di antigene. Tra questi fattori ricordiamo il lisozima, qualsiasi cellula fagocitaria e il sistema del
completamento, che comprende nove proteine enzimatiche presenti in forma inattiva nel siero, che si
attivano a cascata formando un complesso ad attività distruttiva nei confronti delle membrane cellulari. Va
ancora ricordato che si parla di immunità umorale quando l’azione è esplicata da prodotti cellulari immersi
in circolo (lisozima, immunoglobuline), di immunità cellulare quando sono le cellule ad agire direttamente
(linfociti, macrofagi). Quando non è più necessaria l’azione delle cellule immunitarie vengono lanciati
segnali chimici che la interrompono, regolazione negativa che viene effettuata in parte da cellule
specializzate, con i linfociti T soppressori, i quali alterano il segnale di membrane in modo che non si possa
più riconoscerlo. Poiché tutti questi meccanismi agiscono nei confronti di alterazioni cellulari all’interno del
nostro organismo, pare che siano anche capaci di aggredire cellule tumorali, riconosciute come estranee
perché alterate: almeno nelle fasi iniziali il sistema immunitario è efficace nella distruzione di occasionali
cellule tumorali che si formano nei vari distretti anatomici (teoria dell’immunosorveglianza); purtroppo
essendo cellule tumorali in grado di riprodursi molto più velocemente delle cellule immunocompetenti,
queste non riuscirebbero più ad arrestare la crescita tumorale.
I GRUPPI SANGUIGNI
Nel 1900 Landsteiner scoprì il sistema AB0 per determinare i gruppi sanguigni, aprendo la strada alla
realizzazione su basi scientifiche della trasfusione di sangue. Da allora sono stati scoperti altri sistemi di
gruppo sanguigno, ma i due più importanti rimangono i sistemi AB0 e Rh poiché sono i meglio conosciuti da
un punto di vista biochimico, genetico e pratico. La determinazione dei gruppi sanguigni si basa sulla
presenza o meno di antigeni sulla membrana dei globuli rossi e sulla presenza o meno di anticorpi nel siero.

 Il sistema AB0 prevede la distinzione in quattro gruppi sanguigni, determinati geneticamente e


quindi ereditari: A, B, AB, 0. Il gruppo 0 è definito come il donatore universale ma può ricevere solo
sangue dello stesso gruppo. Il gruppo AB è viceversa il ricevente universale ma può donare solo ad
un altro AB. Nelle trasfusioni di sangue il ricevente non deve possedere anticorpi contro gli antigeni
dei globuli rossi trasfusi, altrimenti si verifica la reazione antigene-anticorpi che porta alla
distruzione degli eritrociti vanificando la trasfusione stessa: poiché nel siero dei soggetti di un dato
gruppo sono assenti anticorpi che reagiscono contro l’antigene dei propri eritrociti.
 Il sistema Rh fu scoperto nel 1940 e distingue il sangue umano in Rh positivo e Rh negativo, a
seconda della presenza o dell’assenza dell’antigene Rh. L’85% della popolazione è Rh positivo, il cui
restante 15% è negativo. È opportuno affermare che inserendo sangue Rh positivo in un individuo
Rh negativo questo sintetizza anticorpi anti-Rh che in una seconda trasfusione reagirebbero con
l’antigene Rh provocando l’emolisi, la distruzione dei globuli rossi; viceversa, si può trasfondere Rh
negativo in un soggetto Rh positivo perché, mancando l’antigene, non vi è sintesi di anticorpi. A
questo proposito è da sottolineare il caso particolare della gravidanza Rh positivo in donne Rh
negativo: il sangue materno si sensibilizza contro il gruppo Rh positivo del feto e ad una seconda
gravidanza potrebbe verificarsi l’aborto o alterazioni psico-fisiche perché gli anticorpi materni
passano nel sangue del feto distruggendone i globuli rossi. Oggi però si può salvare il bambino
sostituendo completamente il sangue oppure desensibilizzando la madre: ogni donna deve
necessariamente conoscere il proprio gruppo sanguigno.

MALATTIE DEL SANGUE


Le malattie che interessano il sangue vengono dette malattie del sangue o ematologiche. Esistono
numerose malattie del sangue; esse possono influire sia sulla quantità sia sulla funzionalità delle cellule del
sangue (cellule ematiche) o delle proteine all’interno del sistema di coagulazione del sangue o del sistema
immunitario. Alcune malattie del sangue causano una diminuzione del numero di cellule ematiche:

 Una diminuzione del numero di globuli rossi viene detta anemia ( Panoramica sull’anemia).
 Una diminuzione del numero di globuli bianchi viene detta leucopenia ( Panoramica sulle malattie
dei globuli bianchi).
 Una diminuzione del numero di piastrine viene detta trombocitopenia ( Panoramica della
trombocitopenia).

Altre malattie del sangue causano un aumento del numero di cellule ematiche:

 Un aumento del numero di globuli rossi viene detto eritrocitosi ( Policitemia vera).
 Un aumento del numero di globuli bianchi viene detto leucocitosi ( Panoramica sulle malattie dei
globuli bianchi).
 Un aumento del numero di piastrine viene detto trombocitemia ( Trombocitemia).
Altre malattie del sangue colpiscono le proteine contenute nelle cellule ematiche o nel plasma (la
componente liquida del sangue, Componenti del sangue : Plasma):

 L’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno all’interno dei globuli rossi ( Malattie da
emoglobina C, S-C ed E)
 Alcune proteine del sistema immunitario come gli anticorpi ( Panoramica sulle malattie delle cellule
plasmatiche)
 Fattori della coagulazione del sangue ( Panoramica dei disturbi emorragici e trombotici)

Il sangue scorre e raggiunge tutte le cellule dell’organismo ed è importante per la salute e la funzionalità di
tutti gli organi in esso contenuti. Le cellule e le proteine ematiche svolgono le seguenti funzioni:

 I globuli rossi e l’emoglobina trasportano l’ossigeno a tutte le aree del corpo.


 I globuli bianchi e gli anticorpi combattono infezioni e tumori.
 Le piastrine e i fattori di coagulazione del sangue fermano o prevengono i sanguinamenti.

Le malattie del sangue causano sintomi che derivano dal mancato adempimento di queste funzioni e i
sintomi possono manifestarsi a causa di qualsiasi tessuto od organo interessato da tale malfunzionamento (
Sintomi delle patologie ematiche). Il medico indaga su quali siano i sintomi del soggetto e conduce un
esame obiettivo ( Anamnesi ed esame obiettivo nelle malattie del sangue), tuttavia spesso la presenza di
una malattia del sangue viene scoperta attraverso un esame del sangue come l’emocromo completo (EC,
Emocromo completo) che il medico ordina nell’ambito di una valutazione completa di un nuovo paziente o
di esami volti a comprendere perché un soggetto non stia bene. In genere il medico deve ordinare ulteriori
esami del sangue per diagnosticare la malattia del sangue di un soggetto e a volte è necessario eseguire una
biopsia del midollo osseo ( Esame del midollo osseo).

IL CUORE
Il cuore è l’organo centrale del l’apparato circolatorio, con il compito vitale di pompare il sangue nei vasi
sanguiferi (ogni giorno vi transitano mediamente 15.000 litri di sangue). La sua forma è più o meno quella di
un cono, delle dimensioni di un pugno chiuso. Facendo la proiezione sulla colonna vertebrale, si vede che il
cuore si estende dalla quinta all’ottava vertebra toracica; è lungo circa 12cm, largo 9cm, generalmente
maggiore nel maschio che nella femmina; il peso è di circa 250g. Internamente il cuore è diviso in 4 cavità:
due atrii superiormente e due ventricoli inferiormente, con una capacità globale di circa 500 ml. Si tratta di
un organo muscolare cavo, collocato quasi al centro della cavità toracica, nel mediastino. Inferiormente è
appoggiato al diaframma, con l’apice sul lato sinistro. Dato che si trova dietro lo sterno, il cuore può essere
compresso se si applica una pressione alla base di quest’osso, un’operazione eseguita per mantenere il
flusso sanguigno attivo in caso di arresto cardiaco temporaneo.

LA STRUTTRA DEL CUORE


Il cuore è un organo cavo, le cui parati sono costituite da tra tonache sovrapposte: pericardio, miocardio,
endocardio. Esternamente il cuore è avvolto da uno speciale involucro, il pericardio, formato da due strati:
uno fibroso esterno ed uno serioso interno. Il pericardio fibroso è un sacco connettivo fibroso che unisce il
cuore al diaframma e ai grossi vasi; il pericardio serioso è a sua volta diviso in un foglietti:

1. Il foglietto viscerale, a diretto contatto con il miocardio;


2. il foglietto pariatale, che tappezza la superficie interna del pericardio fibroso.

Tra questi due foglietti c’è una cavità virtuale contenente il liquido pericardico, che consente il reciproco
scorrimento durante le contrazioni cardiache; l’attività del cuore è compromessa se i due foglietto serioso
aderiscono annullando lo spazio virtuale (pericardite). Il miocardio è il muscolo cardiaco vero e proprio,
formato da tessuto muscolare striato involontario. È costituito da tre gruppi di fasci muscolari:

1. Un fascio appartiene alle pareti degli atrii;


2. Un fascio forma le pareti dei ventricoli;
3. Il terzo fascio, detto atrio-ventricolare, consente il collegamento tra il fascio atriale e il fascio
ventricolare, dato che questi non si continuano l’uno con l’altro ma sono separati dagli anelli
fibroso atrio-ventricolare.

All’interno del cuore le pareti sono tappezzate da uno strato di rivestimento, l’endocardio: è costituito da
uno strato di cellule epiteliali piatte che poggiano su una sottile lamina connettivale. Uno strato
sottoendoteliale di connettivo lasso unisce l’endocardio al miocardio; vi decorrono nervi, vado e rami del
sistema di conduzione del cuore.

CAVITA’ CARDIACHE
Le quattro cavità cardiache, ovvero due atrii e due ventricoli, sono separate verticalmente dal setto
interatriale e dal setto interventricolare, che dividono il cuore in una parte destra e in una parte sinistra,
non comunicanti; in senso orizzontale sono separate dal setto atrio-ventricolare, contenente le valvole
atrio-ventricolari che permettono la comunicazione tra atrio sinistro e ventricolo di destra o di sinistra. Gli
atrii, le camera di racconta del sangue che arriva al cuore, hanno pareti più sottili perché non devono
pompare a grande distanza, ma solo fino agli adiacenti ventricoli, che invece sono caratterizzati da pareti
più corpose: è dalla loro contrazione che dipende il flusso sanguigno neo vasi. Nel cuore vi sono anche
quattro valvole cardiache che dirigono il flusso di sangue nel cuore. Si distinguono le valvole atrio
ventricolari e le valvole semilunari. Le due valvole atrio ventricolari mettono in comunicazione l’altrio col
rispettivo ventricolo: la valvola tricuspide, che permette il passaggio di sangue dall’atrio al ventricolo di
destra, è formata da tre cuspidi; la valvola bicuspide è a sinistra e presenta due cuspidi i cui lembi sono più
spessi e più robusti dei lembi della tricuspide. Le cuspidi delle valvole, costituite da connettivo fibroso e, si
inseriscono con le basi sull’anello fibroso delimitante loro sfizio atrio ventricolare. E, sul versante
ventricolare dei loro margini liberi si inseriscono le corde tendine. La funzione è di impedire il ritorno di
sangue dal ventricolo all’altro: ogni flusso verso l’altro fa chiudere le valvole, mentre le corde tendine
evitano il ribaltamento delle cuspidi nell’atrio. Le valvole semilunari sono poste all’origine delle arterie dai
ventricoli, pertanto vi sono la valvola aortica e la valvola polmonare. Le valvole semilunari hanno la stessa
struttura delle valvole atrio ventricolari: sono costituite da tre cuspidi a forma di semiluna con il margine
concavo libero verso il lume dell’arteria. Impediscono il ritorno di sangue nei ventricoli. Quando la loro
chiusura non è perfetta sia un’insufficienza valvolare, che comporta un leggero reflusso di sangue,
diagnosticabile come un’imperfezione nei toni cardiaci, denominata soffio al cuore.

SCHELETRO DEL CUORE


Il cuore è sorretto da tessuto connettivo compatto, sul quale prendono inserzione le fibre muscolari e le
valvole cardiache.

IL SISTEMA DI CONDUZIONE DEL CUORE


Le cellule del muscolo cardiaco sono dotate di contrazione autonoma. Esiste però un problema di
coordinazione, perché il lavoro indipendente di ogni singola cellula cardiaca deve essere sincrono con
quello delle altre, altrimenti lo sforzo sarebbe vano. Nel cuore il coordinatore è rappresentato da un piccolo
gruppo di cellule localizzato nelle pareti dell’atrio destro vicino allo sbocco della vena cava superiore è
denominato nodo senoatriale (nodo SA) o pace-maker, che ritmicamente rilascia un segnale di eccitazione
per la contrazione. Ogni impulso lanciato dal pace-maker si diffonde molto rapidamente alle cellule dei due
atri, tutte connesse da giunzioni comunicanti che quindi si contraggono simultaneamente. Il segnale
eccitatorio giunge ventricoli con un lieve ritardo, perché uno strato fibroso isola elettricamente altri e
ventricoli; l’impulso deve passare da un piccolo fascio di tessuto muscolare, il fascio di His, che lo porta ai
ventricoli solo dopo averlo ricevuto dal nodo antrioventricolare, un gruppo di cellule localizzate nel setto tra
i due atri (nodo AV). Il fascio di His decorre lungo il setto interventricolare, per poi dividersi in due branche.
E, queste in prossimità dell’apice del quale si ramificano in una serie di fibre di Purkinje formate da cellule
miocardiche specializzate nel condurre molto velocemente lo stimolo. La funzione principale del sistema di
conduzione e quindi di propagare molto rapidamente lo stimolo contrattile da prima ai fasci muscolari
atriali e dopo un breve ritardo a tutti i fasci muscolari ventricolari; se ipoteticamente mancasse il sistema di
Purkinje, l’impulso sarebbe troppo lento e le fibre cardiache non si contrarrebbero all’unisono,
compromettendo l’efficacia della pompa cardiaca. Il nodo SA in via circa 70 impulsi al minuto: la frequenza
è superiore a quella autonoma delle fibre cardiache, che sono perciò stimolate dal nodo alla contrazione
prima dello stimolo endogeno. Per questa azione di innesco il nodo SA è considerato il pace-maker naturale
nel cuore.

CONTROLLO DELL’ATTIVITA’ CARDIACA


Anche se il cuore è capace di attività autonoma vi sono numerose connessioni con il sistema nervoso, che in
grado di influenzare il lavoro del cuore. Il cuore è soggetto ad una doppia innervazione, vagale e
ortosimpatica, con funzioni antagoniste. La stimolazione del nervo vago tende a diminuire l’attività
cardiaca: abbassa la frequenza dei battiti e rallenta la velocità di conduzione degli impulsi. Al contrario, la
stimolazione dei nervi orto simpatici aumenta l’attività cardiaca: i battiti sono più frequenti e la forza di
contrazione del miocardio aumenta. Il doppio controllo consente l’adattamento del cuore alle diverse
situazioni dell’organismo. In condizioni normali il lavoro cardiaco e sotto il controllo sia del vago sia
dell’orto simpatico in equilibrio. Nel controllo dell’attività cardiaca si innestano anche degli archi riflessi in
risposta a particolari condizioni. Un primo riflesso si può innescare risposta di un maggior afflusso di sangue
al cuore: le cellule mio cardiche vengono stirate e per reazione si contraggono più energicamente in modo
che esca tutto il sangue entrato nel cuore. Questa risposta è nota come legge del cuore, secondo la quale il
cuore pompa qualsiasi quantità di sangue arrivi, sia pure entro certi limiti. Un aumento dell’attività cardiaca
è data anche dal riflesso del cuore destro: nella parte del tratto terminale delle vene cave e nell’atrio
destro ci sono dei recettori di pressione che, in caso di aumento di pressione venosa, fanno aumentare per
via riflessa l’attività del cuore e il ritorno venoso. Il riflesso inverso, cioè di diminuzione della frequenza
cardiaca, e destato da un aumento di pressione sanguigna rilevato da recettori pressori posti nell’arco
aortico e nel senso carotideo. L’intervento di questi meccanismi fisiologici contribuisce a mantenere
costante la pressione sanguigna, evitando improvvise variazioni. Numerosi altri fattori possono influenzare
l’attività del cuore: l’emotività, le dimensioni corporee, l’attività muscolare, la posizione del corpo, certi
ormoni possono portare ad un aumento della frequenza cardiaca; ad esempio nei bambini il cuore pulsa più
frequentemente che nell’adulto, nelle donne più che nel uomini.

CICLO CARDIACO
Il cuore funziona come una pompa e come tale presenta un’attività ciclica, con il succedersi continuo di tre
fasi: sistole, diastole e riposo. La durata di ogni ciclo che si ripete 70 volte al minuto, è di circa 0,8 secondi;
la fase più lunga è quella di riposo, 0,4 secondi, ma diminuisce con l’aumentare della frequenza cardiaca. La
fase di sistole corrisponde alla contrazione del miocardio, la fase di diastole al rilasciamento delle fibre
miocardiche, mentre la fase di riposo è di preparazione alla successiva sistole. Quando il sangue negli atrii
ha raggiunto una pressione sufficiente si aprono le valvole atrio ventricolari e si riempiono i ventricoli; la
contrazione dei ventricoli fa chiudere le valvole atrio ventricolari spinge il sangue nelle arterie facendo
aprire le valvole semilunari. La quantità di sangue che entra nella circolazione nell’unità di tempo
rappresenta la gittata cardiaca. È, in condizioni di riposo il cuore pompa circa 5 l di sangue al minuto. Due
fattori principali influenzano la gittata cardiaca: l’efficienza della pompa cardiaca e il ritorno venoso.
L’efficienza del cuore è condizionata da diversi fattori, i quali portano un maggiore o minore lavoro del
cuore con conseguente maggiore o minore gittata cardiaca. L’altro fattore di regolazione è la quantità di
sangue che giunge al cuore con le vene (Ritorno venoso). Nella persona a riposo è di 5 litri/min: ad ogni
aumento dell’entità di ritorno venoso corrisponde un aumento della gittata cardiaca, secondo la legge del
cuore, fino ad un limite di 25 litri/min, oltre il quale il sangue ristagnerebbe nelle vene. In conclusione si
può affermare che la gittata cardiaca è regolata dalle necessità di sangue nei vari tessuti.

TONI CARDIACI
I toni cardiaci sono i rumori dovuti alla chiusura delle valvole cardiache, rilevabili auscultando con uno
stetoscopio. Il primo tono è dato dalla chiusura delle valvole atrio ventricolari all’inizio della sistole
ventricolare; il secondo tono è dovuta alla chiusura delle valvole semilunari aortica è polmonare al termine
della contrazione dei ventricoli. Il Primo tono è di maggior durata e di minor intensità rispetto al secondo
tono.

I VASI SANGUIGNI.. I tre tipi di vasi sanguigni hanno funzioni, dimensioni e strutture diverse.

LE ARTERIE: Le arterie hanno pareti costituite da tre strati concentrici: le tonache avventizia, media e
intima. La più esterna è la tonaca avventizia costituita principalmente da un tessuto connettivo, ricco di
fibre e collagene ed elastina. La tonaca media è costituita da fibre cellule muscolari lisce disposte
circolarmente frammiste a tessuto connettivo, più o meno abbondante a seconda del tipo di arteria; è lo
strato più spesso. La tonaca intima è a sua volta organizzata in tre strati: uno strato elastico formato da
connettivo elastico, la separa dalla tonaca media; lo strato sotto endoteliale è di connettivo con fibre
collagene; l’endotelio, il più interno a diretto contatto con il sangue, è formato da cellule epiteliali piatte in
mutua contatto. L’endotelio si continua con lo strato endoteliale dell’endocardio. Le pareti delle arterie
sono molto robuste per la presenza di connettivo e non possono sfruttare il sangue che scorre allora
interno per sostentarsi e sono dunque alimentate da curiosi vasi più piccoli che si fanno strada nella tonaca
media: sono i vasa vasorum, ossia i vasi dei vasi. L’arteria più grande con un diametro interno di 2,5 cm, è
l’aorta. Questo importante vaso sanguigno si diparte dal ventricolo sinistro formando subito un arco che è
la porta scendere nell’addome anteriormente alla colonna vertebrale. Le due arterie coronarie, destra e
sinistra, si staccano dall’aorta proprio alla sua origine, prima che s’inarchi. Dall’arco aortico si diramano poi
importanti arterie che portano il sangue alla testa (carotidi) e agli arti superiori (succlavia). Si possono
distinguere tre tipi di arterie: elastiche, muscolari e arteriole.

1. Arterie elastiche: sono caratterizzate dall’abbondanza di fibre elastiche nella tonaca media; a
questa categoria appartengono le arterie di grosso calibro (3 cm) che originano dal cuore. Le pareti
elastiche si adattano al flusso del sangue. Le arterie elastiche sono dette anche di conduzione
perché portano il sangue alle arterie muscolari;
2. Arterie muscolari: devono il nome alla presenza del grande numero di fibre muscolari lisce della
tonaca media. Sono arterie di medio calibro, derivanti dalle arterie elastiche. Hanno la funzione di
portare ai vari organi la quantità di sangue di cui necessitano, riducendo o aumentando il diametro
tramite le fibre della tonaca media: per questo motivo sono dette anche arterie di distribuzione. Le
arterie muscolari sono le più numerose;
3. Arteriole: costituiscono l’ultimo tratto del tronco arterioso interposte tra le arterie muscolari e i
capillari. Ripetono le caratteristiche delle arterie muscolari, ma hanno un diametro inferiore; la
tonaca muscolare, consente la regolazione del flusso sanguigno è il mantenimento di una pressione
arteriosa corretta per l’ingresso del sangue nei capillari.

CAPILLARI: I capillari sono dei vasi sanguigni di diametro molto piccolo, interposti tra le arterie e le venule.
Dal punto di vista funzionale, i capillari sono gli unici vasi dotati di pareti attraverso le quali avviene scambio
di materiali tra sangue e liquido interstiziale. La parete dei capillari è costituita da endotelio, in diretta
continuazione con l’endotelio delle arteriole e delle venule. I capillari sanguigni possono presentare alcune
differenze morfologiche dovute al ruolo da svolgere nell’ambito del tessuto in cui risiedono. Si distinguono
pertanto tre tipi di capillari: continui, fenestrati e sinusoidi.

1. Capillari continui: l’endotelio è formato da cellule in stretto contatto tra loro formando una parete
sottile senza soluzione di continuità. Sono i più diffusi: si trovano nei muscoli, nel nevrasse, nei
connettivi di tutto il corpo;
2. Capillari finestrati: l’endotelio è punteggiato da numerosi pori circolari Che conferiscono l’aspetto
fenestrato a questi capillari; I pori però non sono perdi ma sono chiusi da un sottile diaframma di
citoplasma delle cellule endoteliali. I capillari fenestrati sono presenti dove gli scambi nutritivi
devono essere più veloci: glomeruli renali, tonaca propria dell’intestino, ghiandole endocrine;
3. Capillari sinusoidi: sono di calibro maggiore rispetto agli altri capillari, e dotati di sottile parete
endoteliale; la loro sezione è il regolare perché si adattano agli interstizi del tessuto in cui si
trovano. I capillari sinusoidi sono presenti nel fegato, nella milza e nel midollo osseo.

VENE: Le vene raccolgono il sangue dai capillari per portarlo al cuore destro; il tronco venoso ha un
andamento inverso rispetto al tronco arterioso, perché vene di piccolo calibro si convogliano in vene di
calibro progressivamente maggiore è la parte diventa via via più robusta. Di solito le vene di maggior
diametro sono accolte in profondità e decorrono quasi parallele alla arterie corrispondenti, mentre le vene
superficiali sono più piccole e decorrono indipendentemente dalle arterie. La parete delle vene è più sottile,
meno elastica e meno rigida di quelle delle arterie, perciò al taglio i margini collabiscono. Si distinguono tre
tonache, simili alle tonache delle arterie: avventizia, media e intima.

1. La tonaca avventizia esterna è costituita da connettivo lasso collegato al connettivo circostante;


generalmente è lo strato più spesso.
2. La tonaca media è formata da un sottile strato di cellule muscolari lisce con poche fibre elastiche; è
assente nelle vene di piccolo calibro.
3. La tonaca intima interna è l’endotelio, che si continua con quello dei capillari e del l’endocardio.

CLASSIFICAZIONE: Le vene hanno una struttura di base che non permette una classificazione precisa e
pertanto vengono distinte a seconda del diametro in vene di piccolo, medio e grande calibro. Le pareti delle
vene di grosso calibro sono particolarmente spesse e sono irrorate, come le arterie, dai vasa vasorum.
Molte vene di medio calibro presentano delle pieghe sporgenti nel lume: le valvole. Le valvole sono delle
sottili membrane di connettivo, rivestite da endotelio, a forma di semiluna. Le valvole sono disposte a
coppia affrontate, in modo che si chiudano bloccando il riflusso sanguigno verso i capillari. Sono più
numerose nelle vene degli arti. È importate sottolineare che le strutture di arterie, capillari e vene
trapassano l’una nell’altra in modo graduale, senza brusche interruzioni: le arteriole si continuano nei
capillari perdendo progressivamente le tonache più esterne, così come le venule le acquisiscono
gradualmente, mentre lo strato endoteliale rimane continuo in tutto il sistema circolatorio, compreso il
cuore.
EMODINAMICA: L’emodinamica si occupa dello studio dei principi fisici che regolano il flusso di sangue
all’interno del cuore e dei vasi sanguiferi. Il flusso del sangue è la risultante di due forze antagoniste: la
pressione sanguigna e la resistenza al flusso di sangue; la pressione è determinata in prima istanza dal
cuore, mentre la resistenza è esercitata dalle pareti dei piccoli vasi sanguigni, attraverso i quali il sangue
scorre con una certa difficoltà. È intuitivo il fatto che il flusso di sangue è direttamente proporzionale alla
pressione ma inversamente proporzionale alla resistenza: maggior pressione ha come conseguenza un
maggior afflusso di sangue; al contrario il flusso sanguigno è rallentato dall’attrito dal sangue sulle pareti dei
vasi. I valori di pressione sanguigna che vengono qui espressi in mm Hg sono facilmente convertibili in
mbar, secondo il Sistema Internazionale di misura, sapendo che 1 mm Hg equivale a 1,33 mbar.

PRESSIONE SANGUIGNA: Quando il cuore si contrae il sangue viene spinto nelle arterie elastiche, le quali
dilatandosi e restringendosi subito dopo, formano il flusso di sangue da intermittente a pressoché continuo.
In tal modo si crea una pressione che fa circolare il sangue nei vasi. Per l’attività intermittente del cuore si
possono distinguere una pressione sistolica ed una diastolica: la prima è la pressione massima dovuta alla
spinta del ventricolo sinistro valutabile intorno ai 120 mm Hg; la seconda è la pressione minima, valutabile
intorno agli 80 mm Hg. I valori di pressione possono variare con l’età e in dipendenza da fattori nervosi,
ormonali, metabolici. Un’altra variabile che dà idea del flusso ematico e la pressione differenziale, risultante
dalla differenza tra pressione sistolica pressione diastolica. La pressione differenziale è influenzata dalla
gittata sistolica e dalle capacità di distensione delle arterie. Se la gittata sistolica è elevata, sarà elevata
anche la pressione differenziale perché la pressione aumenta e cala bruscamente; se la gittata sistolica è
piccola, la pressione non aumenta ne diminuisce di molto, per cui la pressione differenziale sarà contenuta.
Inoltre le pareti elastiche delle arterie consentono di mantenere entro certi limiti la pressione differenziale,
perché distendendosi si adattano alla quantità di sangue che viene pompato; nella vecchiaia diminuisce
l’elasticità delle arterie (arteriosclerosi) e di conseguenza ci sono aumenti anche notevoli della pressione
differenziale.

I DISTURBI CARDIOCIRCOLATORI: Le forme più gravi di disturbi cardiocircolatori sono gli infarti cardiaci e gli
ictus cerebrali, malattie serie, ma spesso curabili e dunque non necessariamente mortali. Un infarto
cardiaco è la morte improvvisa di un gruppo di cellule del miocardio, dovuta ad un’ostruzione delle arterie
coronarie. L’ictus celebrale è un fenomeno analogo, ma interessa una delle arterie che vanno a irrorare il
cervello ed il danno riguarda il tessuto nervoso. All’origine dell’occlusione dei vasi sanguigni vi possono
essere varie cause ed il più delle volte al loro interno si forma un piccolo coagulo che impedisce il flusso
sanguigno: se il coagulo si deposita nel luogo stesso in cui è venuto a formarsi è definito trombo; se invece
è trasportato dalla corrente sanguigna e si arresta in un tratto in cui i vasi hanno un calibro ridotto si ha un
embolo. Le occlusioni arteriose sono spesso il risultato finale di una malattia dei vasi sanguigni nota come
aterosclerosi: il calibro delle arterie si riduce progressivamente perché al loro interno si deposita materiale
lipidico (come il colesterolo) che favorisce la formazione di placche ispessite denominate ateromi. Queste
ultime allora volta facilitano l’insorgere dei coaguli perché rendono irregolari le pareti delle arterie e
comunque fanno sì che l’arresto di un embolo sia più probabile. I fenomeni correlati ad un’inadeguata
circolazione sanguigna possono riguardare altri distretti corporei, come le gambe il cervello, pur non
causando veri e propri in parti. Anche l’ipertensione (la condizione fisiologica in cui i valori di pressione
sanguigna sono superiori al normale) è un fattore di rischio che aumenta la probabilità di infarto o ictus.
L’eccessiva pressione sanguigna può danneggiare le pareti interne delle arterie, favorendo la formazione di
ateromi e quest’ultimo determinando un aumento della pressione sanguigna, riducendo il calibro dei vasi,
quindi sono due fattori strettamente collegati che si amplificano a vicenda. La tendenza all’aterosclerosi e
all’ipertensione è in parte ereditaria, ma soprattutto dipende dallo stile di vita. I livelli di colesterolo nel
sangue tendono ad aumentare se si fuma, se si conduce una vita sedentaria e se l’alimentazione non è
regolata correttamente. Anche la pressione sanguigna è influenzata dall’alimentazione, oltre che dalla
funzionalità del rene e dall’eventuale utilizzo di farmaci.

CURIOSITA’: IL SISTEMA CIRCOLATORIO NEGLI ALTRI ESSERI VIVENTI


Per sopravvivere un animale deve disporre di sostanze nutritive, scambiare i gas con l’esterno ed eliminare i
prodotti di scarto del metabolismo: tutte le esigenze che riguardano l’organismo nel suo complesso, ma
anche ciascuna delle sue cellule. Il corpo della maggior parte degli animali è piuttosto grande e complesso:
per questo molti di essi hanno evoluto sistemi di trasporto interno che assicurano il trasferimento delle
sostanze anche per distanze notevoli. Ad assicurare la distribuzione delle sostanze è necessario un vero
sistema circolatorio, costituito da una pompa muscolare (il cuore), da un liquido circolante (il sangue) e dei
tubi per il trasporto di tale liquidò (i vasi sanguigni).

I VERTEBRATI… Gli apparati circolatori dei diversi tipi di animali vertebrati mostrano importanti differenze,
per esempio nella struttura del cuore. Ciò indica che nel corso dell’evoluzione, a partire dei pesci, attraverso
anfibi e rettili, per arrivare fino agli uccelli e ai mammiferi, c’è stato un aumento di complessità del sistema
circolatorio.

 I pesci hanno una circolazione completa (sangue arterioso e venoso non si mescolano mai) e
semplice: il sangue passa nel cuore una sola volta, dato che non ci sono i polmoni. Il cuore dei pesci
ha perciò un solo atrio ed un solo ventricolo: spinge il sangue nelle vene fino alle branchie, dove è
ossigenato e poi convogliato tramite le arterie a tutte le cellule.
 Negli anfibi e nei rettili si ha una circolazione doppia ma incompleta: il sangue attraversa due volte
il cuore, che ha due atri ed un solo ventricolo (negli anfibi) oppure due ventricoli comunicanti tra
loro (nei rettili). Nel ventricolo il sangue ossigenato e quello da ossigenare possono quindi
mescolarsi.
 Gli uccelli, come noi mammiferi, sono omeotermi (cioè a sangue caldo) e hanno una circolazione
doppia e completa, con il cuore suddiviso in due atri e due ventricoli. La parte destra del cuore è
nettamente separata dalla parte sinistra: in questo modo il sangue ossigenato e quello da
ossigenare non si mescolano mai.

GLI INVERTEBRATI..

 La maggior parte dei molluschi ha un organo muscolare capace di contrarsi, che ha un ruolo simile
a quello del nostro cuore: spinge il sangue ossigenato in un’arteria da cui esso filtra direttamente
nei tessuti del corpo, senza capillari. Si tratta dunque di un apparato circolatorio aperto, non molto
efficiente ma adeguato per animali che si spostano lentamente.
 Un sistema circolatorio del genere non è adeguato invece per quei molluschi cefalopodi (come
seppie, calamari e polpi) che sono abili predatori e per cacciare devono muoversi velocemente.
Questi animali sono perciò dotati di un apparato circolatorio chiuso, con numerosi “cuori“: la
seppia per esempio ne ha due vicini alle branchie, dove il sangue assorbe l’ossigeno, ed un terzo
che distribuisce il sangue al corpo.
 Gli artropodi hanno invece un solo vado dorsale (l’aorta) che si ramifica in tutto il corpo
dell’animale, mentre sulla parte posteriore del corpo hanno una specie di cuore con funzione di
pompa. Dall’altra il sangue diffonde negli spazi tra le cellule dove avvengono gli scambi di gas e
nutrienti: anche negli artropodi il sistema circolatorio è aperto.
 Un sistema più complesso e chiuso è presente negli anellidi, come lombrichi: due lunghi vasi, uno
dorsale ed uno ventrale, distribuiscono il sangue in tutte le parti del corpo. In ogni segmento del
corpo i due vasi principali sono collegati da vasi a forma di anello, che si contraggono funzionando
come cuori miniatura.

IL SISTEMA LINFATICO: Il sistema linfatico è il complesso di capillari, vasi linfatici e organi che all'interno del
nostro organismo sono predisposti a garantire la circolazione della linfa. Questa è un fluido che riempie gli
interstizi presenti tra le cellule corporee: compito principale del sistema linfatico è svolgere la funzione di
continuo drenaggio di tale liquido da tutti i tessuti, ad eccezione del sistema nervoso centrale, delle ossa e
del tessuto epiteliale. La linfa ha una composizione diversa a seconda della tipologia di tessuto o organo dal
quale viene drenata. Tale composizione consta sempre di una parte acquosa, nella quale sono presenti in
misura variabile residui di scarto del metabolismo delle cellule. Simile in questa sua parte più fluida al
plasma del sangue, può contenere grassi, proteine e pochi sali minerali. Alla parte fluida della linfa se ne
aggiunge una composta da corpuscoli, rappresentati per lo più dagli importanti linfociti, una particolare
tipologia di globuli bianchi. Questi nascono nel midollo osseo, ma trovano in parte ricovero fino a
maturazione in un altro organo appartenente al sistema linfatico, il timo, per poi raggiungere già formati
anche la milza e i linfonodi. Per questo importante ruolo nella produzione e circolazione dei globuli bianchi,
trasportati dalla linfa ai tessuti per rimpiazzare quelli coinvolti nel ruolo di protezione delle cellule, il
sistema linfatico ha primaria importanza nella costituzione delle difese immunitarie del nostro organismo.

 IL DRENAGGIO: Il sistema linfatico svolge, prima di tutto, l'importante ruolo di drenare i tessuti da
liquidi e sostanze di scarto in eccesso. Queste sono spinte fuori dalle cellule dalla pressione
sanguigna arteriosa, e contengono sostanze di rifiuto diverse a seconda del tessuto dal quale
provengono. Per esempio, il liquido interstiziale proveniente dall'apparato digestivo -in particolare
dal tratto intestinale- è particolarmente ricco di lipidi. La funzione del sistema linfatico è di
accogliere, attraverso le pareti permeabili dei suoi vasi, questi liquidi interstiziali e le sostanze di
scarto, rimettendole in circolo dopo averle purificate. Il fatto che la linfa derivi direttamente dal
plasma espulso dalle arterie la rende, nelle zone periferiche del corpo, molto simile nella
composizione al plasma sanguigno, rispetto al quale si differenzia per la forte presenza di globuli
bianchi e per la minore concentrazione di proteine. La funzione di drenaggio dei tessuti svolta dal
sistema linfatico impedisce il pericoloso ristagno di liquidi, e può essere considerata
complementare a quella svolta dalla circolazione sanguigna.
 FUNZIONE METABOLICA: Accanto alla funzione di drenaggio del sistema linfatico si può annoverare
quella legata al metabolismo dei grassi, grazie alla quale la linfa permette l'assorbimento dei
trigliceridi. Questi, a differenza di altri nutrienti, non sono direttamente assorbiti dai capillari ma si
spostano verso il fegato attraverso il sistema linfatico, dopo che questo li riversa -sotto forma di
una particolare forma di linfa detta chilo- nella vena succlavia.
 FUNZIONE IMMUNITARIA: Durante il suo percorso all'interno dei vasi linfatici, la linfa viene filtrata
dai linfonodi, dove entra in contatto con i linfociti e gli anticorpi lì presenti. Mentre i linfonodi
svolgono una funzione paragonabile a quella di vere e proprie stazioni di filtraggio della linfa,
bloccando il diffondersi di agenti patogeni e in molti casi di cellule tumorali, i linfociti di cui si
arricchisce la linfa si trasferiscono in parte al sangue, per arrivare ai tessuti e rimpiazzare quelli
utilizzati per esplicare la difesa immunitaria dell'organismo.

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