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Purgatorio: Canto I (Anna Maria Chiavacci Leonardi)

Il Purgatorio si apre con una novità assoluta di tono e linguaggio: lasciato alle spalle il mondo
infernale, nessuna nessuna traccia sembra rimasta di ciò che fece la forza espressiva e la densità
morale di sofferenza della prima cantica. La bellezza, la dolcezza, la serena purezza a cui da
sempre l’uomo aspira. Dante ha affidato questo rivelarsi di questo nuovo mondo della grazia
all’aspetto del cielo: il cielo è l’unica cosa visibile, l’unico oggetto su cui si posa lo sguardo di
questa apertura, in cui nessun altro elemento di paesaggio è distinguibile. Il dolce colore azzurro
che lo definisce si estende a coprire tutto l’orizzonte, intonando così la cantica della speranza e
della ritrovata pace del cuore. Le prime quattro terzine ospitano la dichiarazione del nuovo
argomento e l’invocazione alle Muse. Le parole ora sono percorse da immagini, idee che
definiscono la nuova temperie in cui ci si muove: si è appena usciti da un regno di morte. Al mare
metaforico dell’inizio del canto corrisponde il mare reale che circonda l’isola del Purgatorio.
Paragone con il nostos di Ulisse nell’Odissea.
Il canto si svolge in tre grandi sezioni:
 Prima visione del nuovo regno, affidata al solo aspetto del cielo
 Incontro con il custode del Purgatorio, rappresentante della legge morale e della libertà,
Catone
 Seconda visione del regno, articolata nella visione del paesaggio (isola, spiaggia, mare
ecc…), dove si svolge un rito di purificazione e si annuncia il tema portante di tutta la
cantica: il tema dell’ESULE DALLA PATRIA.
Le tre sequenze delineano tutto il senso del nuovo regno. Dolcezza e speranza sono l’apertura del
nuovo regno dell’amore e della concordia. La prima parola del canto è dolce, insegna della nuova
temperie che d’ora in avanti dominerà il linguaggio poetico del viaggio dell’aldilà.
Il paesaggio finale, quella spiaggia solitaria dove i due poeti camminano com’om che torna a la
perduta strada rivela il senso di questo cammino: è un ritorno alla patria di colui che è in esilio,
fatto dietro una guida, come gli Ebrei attraverso il deserto, dall’Egitto del male e del peccato verso
la terra promessa.
Ogni significato teologico e morale è in questo canto assorbito dal racconto, dalla dolce e incantata
realtà del paesaggio celeste e marino. La realtà del mondo, cioè la figura, esprime da sola
l’interiore significato (il figurato) che vi è racchiuso. Tra i due solitari paesaggi, che rivelano, quasi
a specchio, la nuova condizione dell’uomo che arriva e si avvia verso quella strada che un giorno
aveva perduto, è posta una scena diversa: l’incontro con una persona, una figurata storica e
simbolica, Catone l’Uticense. Egli è la realizzazione della libertà dello spirito, che si realizza nello
spontaneo e perfetto aderire alla legge divina, libertà che ebbe Adamo nel Paradiso Terrestre e che
l’uomo ha perduto in seguito al peccato. Dante ha posto un pagano, suicida, oppositore alla legge
(di Cesare) come custode del Purgatorio. Perché?
Che sia pagano non è un vero problema, se si ricorda che Dante salva liberamente gli altri pagani
secondo il tradizionale insegnamento della chiesa, che concede salvezza a chiunque serve Dio con
animo puro e sincero (cosa attuabile per Catone, campione di virtù e osservatore della legge
morale).
Che sia suicida è sormontabile: Agostino e Tommaso ammettono casi di suicidio ispirato da Dio
stesso per dare testimonianza agli uomini e in questo caso sarebbe servito per fare capire quanto
valga la libertà, poiché il suo suicido è la massima affermazione della libertà dello spirito, sommo
dono di Dio all’uomo.
Egli appare come il custode della legge e come martire della libertà, libertà in cui può realizzarsi
la legge. Le quattro stelle che illuminano il suo volto sono la piena attuazione delle quattro virtù
morali. Dante, ponendo un personaggio dell’età precristiana, forse il più grande moralmente di
quell’età, ha voluto dare un significato storico: la storia dell’umanità prima di Cristo raggiunge la
sua pienezza naturale nella virtù e nella sapienza, ma non è ancora stata trasformata dalla grazia.
Catone alla base del monte preannuncia l’Adamo che ogni uomo sarà sulla cima. Per salire nel terzo
regno, nel Paradiso, sarà necessario un superamento dell’umano, quello che Dante chiama
transumanare.
Con la figura di Catone, Dante ha voluto significare che ogni uomo al momento della purificazione
dovrà rivivere tutta la storia dell’umanità fino all’avvento di Cristo.
Il Purgatorio è presentato, dunque, come il regno della libertà, o meglio, dove si riacquista la
libertà; che è libertà di volere, seguire il bene a cui ogni uomo è destinato. L’uomo libero vola
diretto verso ciò che costituisce la sua felicità: Dio.
Alla fine di questo primo canto, Virgilio e Dante camminano soli sulla spiaggia deserta, dopo un
rito di purificazione, come esuli che tornano a casa. Queste le figure che segneranno la cantica: il
cammino, il sospiro, la speranza, speranza illuminata dalla luce del giorno divino nascente.

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