Sei sulla pagina 1di 2

Cesare Pavese

Vita: Nasce nel 1908 a Santo Stefano Belbo, per poi trasferirsi a Torino. Antifascista, si laurea in
Lettere con una tesi su Walt Whitman e inizia a tradurre testi classici inglesi e romanzi anglo-
americani, come Dos Passos, Joyce, Faulkner, Melville. Inizia a collaborare con Einaudi nel 1933,
ma dopo due anni viene condannato al confino a Brancaleone Calabro; torna in libertà nel 1936,
cade in depressione e pubblica Lavorare stanca, prima raccolta poetica. Malato di asma, si reclude
tra le colline del Monferrato durante tutta la seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto, si
iscrive al Partito Comunista, ma i suoi interessi ora si dirigono verso gli studi etno-antropologici e
mitologici. Soggiorna a lungo a Roma, dove conosce Constance Dowling, di cui si innamora. Dopo
la rottura con l’americana, cade nuovamente in depressione e si suicida nel 1950.

Opere: Le prime opere di Pavese rientrano nell’ambito saggistico e poetico, come la raccolta
Lavorare stanca (1936). La sua poesia nasce da un innato intento narratico, polemico verso
l’Ermetismo coevo. Al centro vi sono vicende drammatiche legate a personaggi diversi, in genere
emarginati inseriti nel paesaggio piemontese. Ne deriva una cadenza cantilenata, salmodiante, che
ha modelli stranieri (il verso lungo è ispirato alla Bibbia, a cui si ispira già Walt Whitman), ma
anche italiani, come i poeti avanguardisti e vociani. I temi si collegano tutti al rapporto tra civiltà
contadina e cultura urbana. I personaggi si distinguono per un sentimento di impotenza o fallimento.
I tratti autobiografici sono oggettivati in narrazioni di sapore epico. Pavese tornerà alla poesia con
La terra e la morte (1945) e Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951, postumo).

Quanto ai saggi, numerosi sono dedicati agli autori tradotti, in particolare agli americani, portatori
di innovazioni linguistiche e tematiche. Poi vi sono anche le riflessioni contenute nel diario Il
mestiere di vivere (1935-1950, pubblicato postumo nel 1952), che sono aforismi, pensieri e note
autobiografiche. Insieme di “operette morali” sono i Dialoghi con Leucò (1947), in cui compaiono
personaggi della mitologia greca che discutono di argomenti come la labilità della vita e il rapporto
parole/cose.

La produzione narrativa ha molti tratti ricorrenti. Primo tra tutti il mito, che è ciò che soggiace alla
cultura razionalistica moderna, che riguarda il versante più primitivo della vita umana; esso può
spiegare aspetti delle società umane che sconfinano nel religioso e nel ritualistico e si contrappone
alla Storia dotata di una sua intrinseca finalità, di matrice idealistico-marxista, che Pavese rigetta.
Molte opere sono la manifestazione delle sue contraddizioni psicologiche.
Paesi tuoi (1941) narra di un meccanico, Berto, che segue il compagno di prigione Talino nel suo
podere in campagna e si innamora di sua sorella, Gisella: Talino, però, forse preso da passione
incestuosa, colpisce la sorella, facendola morire per dissanguamento. Influenza di Faulkner e Cain,
romanzo carico di valore simbolico: la natura stessa appare animata da una forza primordiale.
Influenza delle tesi dell’etnologo Levy-Bruhl, che aveva indagato i rapporti tra umano e naturale-
ferino.

Del filone dell’analisi della psicologia borghese e delle componenti mitiche fanno parte: La
spiaggia (1942) e la trilogia formata da La bella estate, Il diavolo sulle colline, Tre donne sole
(1949).

Compone anche opere dedicate alla lotta antifascista del dopoguerra: Il compagno (1947), che
ricostruisce la formazione di un militante comunista alla fine degli anni Trenta, Il carcere (1948-9),
che rievoca il confino a Brancaleone Calabro. Importanti sono La casa in collina (1948-9) e La
luna e i falò (1950). Il primo rievoca la condizione dell’intellettuale Corrado, che durante la guerra
fugge dalla città in collina, incontrando Cate, la donna da lui amata e il figlio. I fascisti arrestano
Cate e Corrado si rifugia in un convento. La solitudine e l’incapacità di agire portano il protagonista
a tornare nella sua città natale, incontrando campagne devastate e morti di ambe le parti, ma
soprattutto fascisti. Il libro si chiude con una desolazione sul senso che hanno quelle morti per chi è
sopravvissuto (ogni guerra è una guerra civile). Il secondo è narrato da Anguilla, un emiliano delle
Langhe, che ha vissuto negli Stati Uniti, decide di ritornare in patria in cerca delle sue origini. Lo
aiuta il coetaneo Nuto, che gli rivela quanto è accaduto nella lotta resistenziale, in particolare la
morte di Santa, che tradisce i partigiani e viene bruciata in un rogo. Quest’ultimo falò può essere
considerato un rito di purificazione dei partigiani, un simbolo mistico; ma la Natura non si placa; la
Luna (simbolo dell’universo mitico) non fornisce salvezza. Così Anguilla, che ha visto crollare la
sua esaltazione per il nuovo mondo americano, vede crollare anche l’illusione che la sua terra
d’origine sia rimasta incontaminata. L’estraneità del singolo rispetto al mondo è l’emblema e la
conclusione dell’opera pavesiana.

Potrebbero piacerti anche