Sei sulla pagina 1di 4

BIOGRAFIA LUIGI PIRANDELLO

Introduzione: Pirandello è uno degli scrittori più importanti della letteratura italiana che ha
saputo rinnovare le forme e i generi della letteratura. Dopo lo scrittore siciliano il teatro, il
romanzo e la novella non saranno più quelli di prima: Pirandello segna un punto dal quale
non si può tornare indietro. Pirandello scrive e mette in scena cose che mai prima erano
state scritte e messe in scena e per questo il suo successo fu strepitoso, sia durante la sua
vita che dopo la sua morte ed è per lo stesso motivo che, ancora oggi, è uno degli autori più
letti e amati dal pubblico.
Infanzia e formazione: Pirandello nasce nel 1867 vicino Agrigento - all’epoca Girgenti - e
precisamente in una località chiamata Caos. Su questo lo scrittore amò sempre scherzare,
definendosi un “figlio del caos”. Pirandello cresce in un clima di forte disillusione per le
aspettative disattese del Risorgimento, di cui i genitori erano stati sostenitori. Questo, come
altri eventi della sua vita, influenzerà le sue opere e la sua visione del mondo. Nel 1887 si
iscrive alla Facoltà di Lettere a Roma, ma nel 1889 si trasferisce a Bonn, in Germania, dove
si laurea nel 1891 con una tesi sul dialetto di Agrigento.
Problemi economici e inizio di scrittura: Tornato a Roma, entra negli ambienti letterari,
collabora con alcune riviste e pubblica le prime novelle e i primi romanzi. Nel 1901 esce il
romanzo L’Esclusa e l’anno successivo Il turno. Ma è il 1903 l’anno della svolta, a causa di
due eventi:
 la miniera di zolfo dei genitori si allaga e la famiglia cade in rovina;
 inizia a manifestarsi la malattia mentale della moglie che la costringerà a vivere in
una casa di cura fino alla morte.
Dissesto economico, follia e prigione familiare diventano allora temi centrali delle sue
opere. Le difficoltà economiche lo portano a intensificare l’attività di scrittore e nascono i
suoi romanzi più famosi:
1) Il Fu Mattia Pascal (1904)
2) Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1915)
In questo periodo ha inizio anche l’attività teatrale, con opere sia in siciliano che in italiano,
spesso derivate dalle novelle. I personaggi delle novelle appartengono all’ambiente siciliano
e alla borghesia romana. Molte di esse presentano personaggi inizialmente inseriti nel loro
ambiente, ma che a un certo punto vengono sconvolti da un evento che gli rivela la tragica
condizione umana e che li porta alla follia, all’allucinazione e a compiere azioni assurde e
apparentemente senza senso.
Successo internazionale: I romanzi di Pirandello ottengono grande diffusione in Italia, ma
sarà il suo teatro a portarlo al successo internazionale. Nel 1921, dopo il fiasco della prima
rappresentazione a Roma, viene riproposto a Milano Sei personaggi in cerca d’autore che
questa volta ottiene un successo strepitoso: è l’inizio di un’ascesa che lo porterà al Premio
Nobel del 1934. Nel frattempo, aveva riunito le sue novelle nella raccolta Novelle per un
anno e aveva dato alle stampe nel 1926 il suo ultimo romanzo: Uno, nessuno e centomila.
Muore nel 1936 a Roma.
Pessimista con il sorriso: Per capire quello che Pirandello scrive, bisogna prima di tutto
capire quello che Pirandello vede, perché il suo sguardo non è quello di una persona
comune. Partendo da questo presupposto, andremo a scavare nelle sue idee per capire la
sua visione del mondo e della letteratura. Ci concentreremo intorno a tre nuclei
fondamentali del suo pensiero e alla fine trarremo delle conclusioni:
 VITALISMO: Per Pirandello la realtà è un continuo conflitto tra vita e forma. La vita
è un flusso continuo, a cui si oppone la forma, fissa, che blocca la vita e la rende
artificiale e porta inevitabilmente con sé il contrario della vita, ossia la morte.
L’uomo all’interno della società vive una continua lotta contro la forma, le
costrizioni e le maschere che la società gli impone, che lo rendono estraneo a sé
stesso e agli altri. Per Pirandello questo contrasto non è superabile e l’uomo è
destinato alla sconfitta.
 UMORISMO: Mentre con il vitalismo Pirandello ci racconta cos’è la vita, con la
teoria dell’umorismo (esposta nel saggio L’umorismo del 1908) ci dice come porci
verso di essa. Per Pirandello il nostro atteggiamento davanti alla negatività del
mondo deve essere di tipo umoristico e ci spiega in cosa l’umorismo si distingue dal
comico. Il comico è un “avvertimento del contrario”: vedo che qualcosa è contrario
a come dovrebbe essere e rido. L’umorismo è il invece “sentimento del contrario”:
vedo qualcosa che è contrario a come dovrebbe essere e rifletto sulle ragioni
profonde di quella diversità, su quello che c’è dietro la maschera. Nel primo caso si
ha una risata, nel secondo un sorriso amaro, consapevole della tragicità del mondo.
 METALETTERATURA: Il terzo passaggio sarà capire perché Pirandello ha deciso di
scrivere. Qual è la funzione della letteratura per Pirandello? La letteratura per lui ha
allo stesso tempo una funzione consolatoria, proponendosi come gioco umoristico,
e opprimente, in quanto rappresenta la lotta continua tra vita e forma. Tale scontro
diventa uno scontro tra la realtà e la finzione, dal momento che la letteratura è di
per sé una finzione, qualcosa che non esiste. Pirandello allora decide di svelare
questa finzione, facendo metaletteratura.
Conclusione: Cerchiamo di riassumere quello che abbiamo detto e rispondere alla
domanda da cui eravamo partiti: cosa vede Pirandello e come lo rappresenta.
Pirandello vede un mondo claustrofobico e paradossale. Un mondo nel quale l’uomo
non può veramente mai essere sé stesso perché non c’è un sé stesso, non c’è un solo
io, ma tante forme e maschere in cui l’uomo è imprigionato. L’uomo non può
realizzarsi, è un essere incomprensibile a sé stesso e agli altri. Diremo allora che
Pirandello è un pessimista.
Tuttavia, egli non si ferma alla costatazione del male, ma decide di coglierne gli aspetti
più divertenti, creando una nozione di umorismo che non esclude la riflessione, ma
nemmeno il sorriso.
Infine, c’è la letteratura: Pirandello considera la letteratura come un gioco e attraverso
questo gioco vuole mostrare tutti i mali che affliggono l’uomo, scomponendoli
attraverso la lente dell’umorismo. Pirandello, insomma, non ci dà una soluzione al
problema, ma ci mostra che si può ‘prenderla con filosofia’, che si può sorridere nelle
avversità e giocare, perfino quando non sappiamo nemmeno chi siamo.
Temi: La visione del mondo di cui abbiamo parlato si esprime nelle opere di Pirandello
attraverso alcune immagini e alcuni temi ricorrenti. Attraverso queste immagini
Pirandello riesce a mettere sulla pagina il proprio pensiero. Ecco quali sono le più
importanti:
 La trappola familiare, che imprigiona l’uomo in un mondo ristretto e claustrofobico
 Le maschere, quello che siamo agli occhi degli altri, le forme che ostacolano la vita
 La follia, vista come unica via d’uscita, ma che determina il rifiuto da parte della
società
 I personaggi rifiutati e frantumati, che perdono la loro identità e le loro certezze
 La modernità, come momento drammatico
 Lo specchio, come prova dell’estraneità dell’uomo a sé stesso
 Il doppio, scambi e raddoppiamenti di personaggi che perdono la loro identità
MATRIMONIO DI PIRANDELLO: Luigi Pirandello convolò a nozze il 27 Gennaio 1894. Si
trattava di un matrimonio d’affari, praticamente un matrimonio combinato e deciso dal
padre di Pirandello, Don Stefano e dal padre di Antonietta, un suo ricco socio. I due giovani,
prima di sposarsi, non hanno praticamente avuto modo di conoscersi, se non in brevi
incontri di due ore avvenuti durante il mese precedente alle nozze. Incontri che non hanno
mai portato avanti da soli, ma sempre con la presenza vigile della madre di Antonietta e
della sorella di Luigi. Nonostante le premesse fu inizialmente un matrimonio felice, perché i
due impararono fin da subito ad amarsi, come si intuisce dall’epistolario stesso di
Pirandello. La loro passione li portò ben presto a diventare genitori per la prima volta nel
1895 con la nascita di Stefano, seguita a distanza di pochi anni dalla nascita di Rosalia
(Lietta) e di Fausto. Anche dal punto di vista economico, le cose sembravano andar
piuttosto bene e infatti, grazie alla dote della moglie si trasferirono a Roma.
CROLLO FINANZIARIO: Nel 1903 però, le cose per il nostro Pirandello iniziarono a prendere
una piega diversa. Suo padre tempo indietro acquistò una miniera di Zolfo nelle vicinanze di
Girgenti e in essa investì anche una parte della dote di Antonietta. L’investimento sembrò
fruttuoso sia per il padre che per il figlio, portando a notevoli guadagni di cui potè godere
anche la famiglia di Luigi. Ma un giorno, d’improvviso, la miniera si allagò e di conseguenza
andarono in fumo tutti i guadagni di Don Stefano e di Luigi stesso. Subito Don Stefano
scrisse una lettera al figlio, che ancora abitava a Roma. Ma a ricevere e a leggere la lettera
non fu Luigi, bensì Antonietta. Fino a quel momento, la pazzia della donna rimase piuttosto
latente sebbene fosse già chiaro che soffrisse di nervi e fosse d’animo fragile. Ma
probabilmente fu questo brutto ed improvviso evento che segnò l’inizio della fine di un
matrimonio felice e normale. E che inevitabilmente fece scivolare Antonietta nell’abisso
della malattia mentale.
MALATTIA MENTALE: Come suggerisce Andrea Camilleri, è stato questo l’evento
scatenante che ha peggiorato inevitabilmente la situazione mentale di Antonietta. E, di
conseguenza, la vita del nostro drammaturgo. Prima di allora, sebbene pare che tra i due
coniugi non ci fosse troppo dialogo, il matrimonio era sostanzialmente felice. O così lo
percepiva Luigi. Una persona che si è sempre dedicato alla famiglia, lavorando
assiduamente come insegnante e come autore sia prima che, a maggior ragione, dopo la
disfatta economica della miniera di zolfo. Antonietta, sebbene grazie alle amorevoli cure del
marito riuscì in un primo momento a riprendersi, finì per diventare assurdamente gelosa
del marito facendo diventare la vita di Pirandello un vero e proprio inferno. Le scenate di
gelosia di Antonietta, giorno dopo giorno, si fecero sempre più frequenti e violente.
Antonietta era gelosa di qualsiasi donna che intrattenesse anche un semplice dialogo col
marito. Non vedeva di buon occhio le sue allieve e tanto meno le attrici che incontrava a
causa del suo lavoro da drammaturgo. Pirandello, dopo cinque anni, confidò questa sua
triste situazione all’amico Ugo Ojetti, parlando apertamente della pazzia di Antonietta forse
per la prima volta.
PAZZIA DI MARIA ANTONIETTA: Nonostante questa consapevolezza amara, Luigi Pirandello
non sembra avere la forza di prendere provvedimenti per arginare la follia della moglie. La
situazione in famiglia è, infatti, sempre più insostenibile perché la situazione mentale di
Antonietta anziché migliorare, peggiora inevitabilmente. La gelosia della consorte
Pirandello raggiungerà infine un punto di non ritorno e supererà il limite. Non solo le allieve
e le attrici vengono viste come rivali, ma addirittura la loro figlia Lietta viene accusata di
essere l’amante del marito. Dapprima accusa la figlia di volerla avvelenare e la costringe ad
assaggiare per prima i piatti preparati in casa. Poi arrivano le accuse ancor più pesanti da
sopportare. Accuse di incesto tra il marito e la figlia. Accuse che per la giovane Lietta sono
così dolorose da farla arrivare al punto di impugnare una pistola e uccidersi. Suicidio
sfiorato solo perché l’arma s’inceppa.
RICOVERO DELLA MOGLIE E UNA FAMIGLIA CHE SI SFALDA: Ormai Pirandello, assieme ai
figli, si rende conto che non è assolutamente in grado di gestire la follia di Antonietta. E così
nel gennaio del 1919 prende la dolorosa decisione di internare la moglie in una clinica
psichiatrica di Roma. Nel certificato medico del Dottor Ferruccio Montesano si legge che
Antonietta Portulano era “affetta da delirio paranoide” che la rendeva “pericolosa per sé e
per gli altri”. Luigi non ebbe forse il cuore e il coraggio di portar la moglie in un istituto dove
era consapevole avrebbe finito i suoi giorni. Furono i figli Stefano e Fausto ad
accompagnare Antonietta in quella clinica, dove morì quarant’anni più tardi.
I primi tempi, Luigi andò spesso a far visita ad Antonietta. Ma ogni volta per lui, come si
intuisce dalle sue lettere al figlio Stefano, si trattava di un’esperienza assai dolorosa. La
moglie si mostrava sempre più gelosa e arrabbiata col marito e, proprio all’interno
dell’istituto, si lasciò andare completamente alla sua pazzia. Pirandello finì quindi per
dedicarsi anima e corpo al proprio lavoro, alla stesura di novelle, romanzi e opere
drammaturgiche. E a viaggiare in lungo e largo per l’Italia e l’Europa. La sua famiglia felice e
unita di tanti anni indietro è ormai solo un ricordo pieno di malinconia. La sua famiglia
praticamente non c’era più, sebbene dall’epistolario di Pirandello si evinca che abbia
sempre mantenuto continui contatti coi figli.
PAZZIA NEL TEATRO: Alla luce di questa sua segnante esperienza, forse è più comprensibile
perché Pirandello fosse così ossessionato dalle mille sfaccettature dell’Io di ogni persona
inserita nella società. Come è noto, ha infatti sempre sostenuto nelle sue opere letterarie e
teatrali, che ogni individuo inserito nella società assuma atteggiamenti e maschere
differenti a seconda della situazione. Una pluralità di “Io” così vasta che è praticamente
impossibile per le persone essere veramente se stessi. Una Crisi dell’Io che difficilmente si
può risolvere razionalmente. Non c’è quindi da sorprendersi del fatto che tantissime
produzioni letterarie e drammaturgiche di Pirandello siano incentrate sulla pazzia. Sia essa
vera o presunta fa poca differenza. Un esempio esplicito di questo suo pensiero sono
sicuramente le opere teatrali “Il Berretto a Sonagli” scritto nel 1916 e “Enrico IV” composto
nel 1921 che consiglio caldamente di leggere.
Probabilmente è anche grazie a questa sua terribile esperienza che Luigi Pirandello ci ha
lasciato capolavori letterari e teatrali famosi in tutto il mondo e che ancora oggi vengono
letti e interpretati in Italia e all’estero. E senz’altro è vero che nell’arte, sia essa letteratura o
teatro, si può trovare una valvola di sfogo per superare le difficoltà della vita.

Potrebbero piacerti anche