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STORIA DELL’EUROPA ORIENTALE (A.

A 2016-17)
PROF. MARKO JACOV
Dall’impero romano pagano, all’impero romano cristiano, all’impero romano musulmano
Con la battaglia di Azio combattuta nel 27 a.C. tra Ottaviano e Antonio, il quale avendo scelto
Cleopatra e l’Oriente, si era posto come antagonista dello Stato romano e della sua tradizione, si
chiude un periodo di guerre civili, mentre il vincitore, cioè Ottaviano, getta le basi di una società
profondamente diversa da quella tradizionale; inoltre Ottaviano conferisce prestigio e rende
omaggio alle antiche istituzioni rispettate di norma e mutate di fatto. “Durante il mio sesto e
settimo consolato” scrive Ottaviano “dopo aver spento le fiamme delle guerre civili, venuto in
possesso del potere supremo con il consenso di tutti, trasferì il governo dello Stato dalle mie mani
alla libera scelta del Senato e del popolo romano. A partire da quel momento fui superiore a tutti
per autorità ma non ebbi maggior potere rispetto a tanti altri che furono miei colleghi nelle
magistrature”. Ottaviano, restaurando la legalità repubblicana, accettò di farsi chiamare il
“principe del Senato”, primo fra pari, la massima autorità del Senato svincolata dai limiti temporali
e istituzionali delle magistrature elettive: si identificava in tal modo con la massima autorità dello
Stato e nasceva così l’Impero. Nella seduta del 27 a.C., il Senato, rendendo grazie a Ottaviano per
la vittoria ottenuta su Antonio, gli decretò una serie di onori di carattere simbolico: in
quell’occasione gli fu anche conferito l’appellativo di Augustus, che deriva dalla parola latina Actus,
che significa “accrescimento”, un epiteto di derivazione religiosa che attribuiva un’aura di
venerazione al nuovo capo riconosciuto dello Stato romano. La deposizione del consolato
costituisce una nuova tappa nella quale, ad Ottaviano Augusto, si conferiscono due strumenti
fondamentali per il controllo del potere: la Tribunicia Potestas e l’Imperium Pro Consulare. La
Potestà Tribunizia conferiva al Principe l’inviolabilità sacrale della sua persona, la possibilità di
convocare il Senato e la plebe, il diritto di far ruotare i plebisciti e di porre il veto alle leggi;
l’Imperium Proconsolare dava ad Augusto il diritto di esercitare su tutte le province dell’Impero il
supremo comando militare, pur senza rivestire la specifica carica di proconsole; il suo Imperium si
qualificava come Maius, maggiore di quello esercitato dal singolo proconsole a lui assegnata, e
Infinitum, senza limiti di spazio e tempo. Dopo la battaglia di Azio, le forme istituzionali del nuovo
Stato si delineavano secondo un equilibrio che contemperava il rispetto della tradizione con le
esigenze del nuovo corso politico. Ad Ottaviano Augusto restava solo da assumere anche la
massima carica religiosa dello Stato, quella di Pontifex Maximos(Pontefice Massimo); tutti i
successori di Ottaviano, fino a Costantino il Grande, portavano questo titolo: infatti Costantino
rinunciò a chiamarsi Pontifex Maximos e quel titolo venne assunto dal vescovo di Roma, cioè il
Papa. Le diverse componenti della società romana si riconoscevano nell’opera di Ottaviano
Augusto, che garantiva i loro diritti e i loro privilegi dopo i traumi della guerra civile; l’esercito
augusteo era dunque radicalmente diverso dal passato. In effetti, esso diventa permanente nel
tempo e stabile negli stanziamenti. La gerarchia militare rispettava la rigida distinzione di status
civile ed economico che caratterizzava la società romana, attraverso le promozioni di grado e il
riconoscimento dei diritti politici e civili ai veterani e l’esercito si trasformava in lenta ma diffusa
mobilità sociale in tutto l’ambito dell’Impero. Questo metodo è stato ampiamente utilizzato dai
sultani. Nonostante il fatto di non essersi trovato mai in pericolo di attentati, Augusto formò un
corpo speciale di truppe scelte, stanziate a Roma, chiamate pretoriani.
IL SENATO
Il Senato era non solo la più alta autorità politica del passato regime repubblicano, ma anche il
rappresentante della ristretta èlite dell’impero, che deteneva il massimo del potere economico e
sociale. Per questo motivo, la politica di Ottaviano inizialmente consisteva nel dimostrare al Senato
il rispetto verso la tradizione, avviando al tempo stesso i passi necessari per una drastica riduzione
dei suoi poteri. Lo Stato romano aveva bisogno di un’aristocrazia che fosse depositaria
dell’esperienza necessaria allo svolgimento delle massime funzioni politiche e militari; occorreva
però rifondare le basi di questa aristocrazia affinché divenisse uno dei pilastri del ristabilimento
dell’ordine sociale. Perciò Augusto avviò un difficile processo di epurazione per riportare all’antico
numero di 600 i membri del Senato; ai senatori Ottaviano garantì il mantenimento delle più alte
magistrature tradizionali dello Stato e i gradi più elevati dell’esercito. Se il significato politico di
quella magistratura era diminuito, restavano fonte di prestigio sociale e tappa necessaria per
l’ottenimento assai ambito del governo delle province.
Consapevoli dell’importanza sociale ed economica del ceto dei cavalieri, noto come corpo militare
e sviluppatosi come aristocrazia finanziaria, ne volle diminuire l’influenza politica sottraendo loro
gli appalti per la riscossione delle imposte e riducendone il potere in campo giudiziario. Le
decisioni politiche più delicate venivano prese in un vertice ristretto, formatosi attorno ad
Augusto, al di fuori delle istituzioni tradizionali: il Consilium Principis.
L’ARISTOCRAZIA E LA PLUTOCRAZIA
Lo Stato augusteo fu basato sulla nobiltà(aristocrazia) e sulla ricchezza(plutocrazia). Gli umili erano
esclusi dalla gestione delle cose pubbliche e dai privilegi che ne derivavano, ad eccezione della
plebe di Roma; quest’ultima, per qualche tempo, venne chiamata ad esercitare i propri diritti
politici secondo la più antica tradizione repubblicana e le assemblee nelle quali il popolo votava le
leggi o eleggeva le cariche più alte dello Stato erano ormai ridotte a pure formalità, prive di
qualunque contenuto politico.
Le entrate dello Stato erano fondamentalmente costituite dalle imposte applicate alle persone e ai
beni fondiari nelle province; l’Italia odierna e le colonie cittadine romane erano esenti da questi
pagamenti. La distinzione di carattere fiscale rifletteva anche una complessa divisione politico-
amministrativa voluta da Augusto sin dai primi anni del suo potere; la sopracitata riunione del 27
a.C. aveva portato a definire due gruppi di province, senatorie e imperiali.
Le province senatorie erano affidate secondo la tradizione a proconsoli o propretori, massimi
esponenti dell’ordine senatorio; si trattava di territori importanti, ricchi, sostanzialmente pacificati,
che non richiedevano una presenza massiccia di truppe. Tali province erano ad esempio la Sicilia,
la Sardegna, la Corsica, la Gallia (l’odierna Francia), l’Africa, l’Acaia(Grecia), l’Asia.
Le province imperiali erano affidate direttamente ad Augusto, che le governava attraverso
rappresentanti scelti fra i senatori (legati augusti) o i cavalieri (procuratores). Si trattava di
province di recente annessione, non completamente sottomesse, che richiedevano un controllo
militare diretto anche per la loro posizione geografica di confine; tali erano ad esempio le Gallie, la
Germania, Taraconese (Spagna), la Lusitania (Portogallo), la Rezia (oggi Svizzera), Norica (oggi
Austria), Dalmazia e l’altra sponda dell’Adriatico, la Pannonia (oggi divisa tra Ungheria e Serbia) e
alla fine la Siria, che era avamposto verso il regno dei Parti.
Su tutte queste province Augusto esercitava un potere supremo di controllo: faceva eccezione
l’Egitto, governato da un prefetto alle dirette dipendenze di Augusto, che prese possesso di quella
regione non in qualità di massimo rappresentante del Senato e del popolo di Roma, ma quale
successore legittimo delle dinastie dei Faraoni. La provincia romana della Dalmazia parlava la
lingua neolatina, quella lingua nella quale San Girolamo aveva tradotto la Bibbia, e questa
provincia rimane anche nell’ambito dell’Impero Romano cristiano; nel 996 questa provincia viene
aggredita dalle popolazioni slave e la popolazione autoctona di lingua latina chiama l’aiuto della
lingua latina, e da quel momento, fino al 1797, la Dalmazia fa parte integrante della Repubblica
Veneta e l’ultima testimonianza della lingua latina è rimasta conservata fino al XIX secolo.
Fu proprio per controllare sul posto la situazione in Egitto e per sistemare in via diplomatica la
contesa che opponeva Roma al Regno dei Parti, che Ottaviano Augusto, per diversi anni, soggiornò
in Oriente e poi, per tre anni (16-13 a.C.) risiedette a Lione.
LE FRONTIERE
Le frontiere dell’Impero di Ottaviano Augusto si estendevano dai fiumi Danubio e Reno in
Germania, per abbracciare più tardi la Britannia (ad esclusione della Scozia) fino al fiume Eufrate
(odierna Turchia) dove confinava con il Regno dei Parti, fondato nel 247 a.C. e caduto nel 224 d.C.,
che era situato nel nord-est della Persia (odierno Iran). Comprendeva anche la Mesopotamia
(odierno Iraq). Il confine orientale dell’impero di Ottaviano Augusto fu garantito dalla provincia
romana della Siria; l’Armenia divenne lo Stato cuscinetto, il cui governo fu affidato ad un re voluto
dai Parti ma anche accettato da Roma.
LA SOCIETA’ DURANTE L’IMPERO DI OTTAVIANO AUGUSTO
Deciso di ottenere dalle classi più elevate comportamenti pubblici e privati più consoni alla
tradizione, Ottaviano cercò in primo luogo di regolamentare i matrimoni fra membri di classi
diverse: così ad esempio proibì ai senatori di sposare le liberte, che erano state liberate dalla
servitù legale.
Un liberto, nell’antica Roma, era uno schiavo reso libero che generalmente continuava a vivere
nella casa del patronus ed aveva nei suoi confronti doveri di rispetto ed obblighi di natura
economica. Inoltre Ottaviano Augusto pose ostacoli al divorzio, punì duramente l’adulterio,
combattè la tendenza alla limitazione delle nascite, offrì vantaggi alle famiglie numerose e limitò il
diritto di percepire eredità da parte di chi non era sposato o chi non aveva figli.
CENSIMENTO
Ottaviano Augusto censì i cittadini del suo Impero nell’8 a.C., secondo il quale il numero dei censiti
era 4.233.000. Il secondo censimento coincide con la nascita di Gesù Cristo, come scrisse San Luca
Evangelista: “In quel tempo, uscì un decreto, da parte di Cesare Augusto, che ordinava il
censimento di tutto l’Impero. Questo fu il primo censimento fatto da Quirinio, quando Quirinio era
ancora governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Dalla
Galilea, alla città di Nazareth, anche Giuseppe salì in Galilea, alla città di Davide chiamata
Betlemme, perché era della casa e della famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua
sposa, che era incinta. Mentre erano lì, si compì per lei il tempo del parto ed ella diede alla luce il
primogenito, Gesù Cristo, lo lasciò e lo coricò in una mangiatoia perché non c’era posto per loro in
albergo” (Luca, II, vv 1-8).
Quirinio era governatore della Siria: era nato a Lanubio nel 45 a.C. e morì nel 21 d.C.
Le strutture dell’Impero Romano definite da Ottaviano Augusto subirono mutamenti rilevanti
anche nell’immagine stessa del potere durante il regno di Diocleziano.

Diarchia

Diocleziano (244-313: abdica nel 305) Massimiano (250-310)

CO-IMPERATORE: Augusto CO-IMPERATORE: Augusto

ANNO 286: Inizia la diarchia


Tetrarchia

Diocleziano Massimiano Galerio Costanzo Cloro


293-311: Cesare 293-306: Cesare
305-311: Augusto Dal 306: Augusto

Diocleziano volle resuscitare l’immagine e il prestigio tradizionale dell’Impero, perseguendo


l’obiettivo dell’unificazione culturale; egli impose l’uso del latino a tutte le province, anche a quelle
di lingua greca e cambiò il suo stesso nome greco in quello latinizzato di Diocleziano. Al tempo
stesso, Diocleziano tolse per la prima volta a Roma l’onore della sede imperiale, fissando la propria
dimora ufficiale a Nicomedia, situata nel nord dell’Asia Minore, altrimenti chiamata Anatolia.
Il decentramento della capitale acquista dunque un significato politico del tutto nuovo: la nuova
sede dell’Impero consentiva il controllo dei confini danubiani e di quelli orientali. La scelta
dell’Oriente come sede imperiale permetteva di forzare i tempi per l’instaurazione di una
monarchia autocratica, più consona alle tradizioni culturali di quelle regioni che restavano pur
sempre le più solide dal punto di vista economico. Lo sbilanciamento del centro dell’Impero verso
Oriente fu accompagnato dall’affidamento dell’intero settore ad un fedele compagno di armi di
Diocleziano, Massimiano, che fu associato all’Impero col titolo di Cesare e poi di Augusto; nasceva
così una forma di governo a due, che verrà confermata e definita a Milano in un solenne incontro
tra i due Augusti, Diocleziano e Massimiano. Diocleziano si impegnò sul fronte orientale dove
ristabilì il controllo sull’Armenia, mentre Massimiano respingeva in Gallia le incursioni delle tribù
germaniche, chiamati Alemanni e Franchi.
Nel 293 la diarchia fu tramutata in tetrarchia, mediante l’associazione all’Impero di due Cesari,
Galerio, al quale fu affidato l’Illiricum e che pose la propria residenza a Sirmium, e Costanzo Cloro,
che ebbe la Britannia e la Gallia e pose la propria residenza a Treviri, in Germania. Nasceva in tal
modo un assetto istituzionale completamente nuovo: l’accordo tra Augusti (Diocleziano e
Massenzio) e Cesari (Galerio e Costanzo Cloro) prevedeva, fra l’altro, che dopo 20 anni del regno
Diocleziano e Massimiano si sarebbero ritirati dal governo in favore dei due Cesari. Risorgeva in tal
modo l’antico principio della scelta del migliore, interpretato però in termini dinastici mediante
una serie di legami di parentela che vincolarono l’un l’altro i 4 tetrarchi, il cui potere appariva
ormai libero dai condizionamenti sia dell’esercito che del Senato.
Diocleziano rafforzò l’immagine divina dell’Imperatore, “Dominus et Deus”, fondando un potere
assolutistico di carattere teocratico, basato su un’accurata gestione pubblica della figura del
sovrano; definendosi Signore e Dio, l’Imperatore accentrò nelle sue mani il potere politico e
religioso. Una tale identificazione dell’Imperatore con la divinità fu palese nell’immagine esteriore
del Sovrano, ad esempio con la sua corona: il mondo romano conosceva l’uso della corona sin dai
tempi più antichi; a conclusione di una guerra vittoriosa, il generale vittorioso aveva il diritto di
porsi sul capo una corona d’alloro, albero sacro dei Romani. La corona era conferita dal Senato che
conferiva anche il privilegio di indossarle in occasione delle cerimonie; sul finire della Repubblica
fu permesso prima a Pompeo, poi a Giulio Cesare e poi ad Ottaviano Augusto di portare la corona
d’oro dei trionfatori anche al teatro in occasione dei giochi e in seguito senza distinzione di luogo o
di tempo.
Un rigido cerimoniale di corte imperiale fu stabilito con lo scopo di creare intorno all’imperatore
un’aura di sacralità, accentuata dalla rarità delle sue apparizioni, circondate dal pasto e dal silenzio
religioso. Il rispetto sacrale dell’imperatore fu sottolineato dall’adozione della prosternazione al
suo cospetto e dall’attribuzione degli appellativi di Iovis (Giovio). Tutto concorreva a rinsaldare il
concetto della maestà divina del principe, l’origine del cui potere doveva apparire svincolato dal
volere degli uomini.
LA RIFORMA DELL’ESERCITO DI DIOCLEZIANO
Le truppe dell’impero raggiunsero circa il mezzo milione di effettivi; in particolare, si
istituzionalizzarono quei corpi scelti destinati ad accompagnare gli Imperatori. Erano milizie di
particolare qualità, facili da spostare e acquartierate e stanziate di solito nei pressi delle sedi
imperiali.
LA RIFORMA AMMINJSTRATIVA
L’apparato amministrativo fu riformato in modo tale da rinsaldare la gerarchia dei funzionari
imperiali destinati a divenire una vera e propria casta nell’ordinamento sociale; Diocleziano avviò
inoltre una ristrutturazione globale delle province, che furono ridotte per estensione e accorpate
in diocesi, a loro volta riunite in prefetture e queste in province. In questo radicale riordinamento
l’Italia (7^diocesi) veniva posta per la prima volta sullo stesso piano di tutte le altre province
dell’Impero e perdeva definitivamente ogni privilegio, sia politico che fiscale.
Ad eccezione di Roma, anche le altre città d’Italia da quel momento cominciano ad essere
sottoposte al pagamento delle imposte; Sicilia, Sardegna e Corsica vengono per la prima volta
amministrativamente unite alla penisola. Persuaso che il Cristianesimo fosse una nuova forma
religiosa, Diocleziano decretò nel 303 una campagna contro il Cristianesimo, le cui strutture
ecclesiastiche in alcune regioni erano diventate centri di potere autonomi.
L’adesione alla religione cristiana fu considerata causa di esclusione dai pubblici uffici e dalle
cariche di ogni ordine e grado; ai cristiani veniva tolta la possibilità di adire le vie della giustizia in
propria difesa e le chiese vennero chiuse. Nel 305 Diocleziano si ritirò e costrinse anche
Massimiano a compiere lo stesso passo. Quando, nel 306, Costanzo Cloro morì, l’esercito
proclamò imperatore suo figlio Costantino, ma la popolazione di Roma proclamò a sua volta
Massenzio. Seguirono anni drammatici che videro l’eliminazione di diversi Augusti e Cesari fino a
che, per il controllo dell’Occidente, si ridusse a Costantino e Massenzio; quest’ultimo sconfisse il
suo avversario sul ponte Milvio (312).
Costantino si spostò a Milano e da lì emanò nel 313 un editto con il quale legittimò solennemente
tutte le religioni professate nell’Impero, affermando dunque il principio della libertà di coscienza e
della tolleranza religiosa: i Cristiani per la prima volta trovavano piena legittimazione da parte della
massima autorità dello Stato. Il testo dell’Editto è conservato grazie alla lettera che Costantino
scrisse al governatore della Bitinia.
“Quando, felicemente tanto io Costantino Augusto, quanto io anche Licinio Augusto, ci fummo
incontrati a Milano e trattammo di questioni riguardanti l’utilità e la sicurezza pubblica, fra le altre
disposizioni che sapevamo avrebbero giovato alla maggioranza degli uomini, abbiamo creduto
necessario emanare in primo luogo queste su cui si fonda il rispetto delle divinità, cioè di dare sia
ai Cristiani sia a tutti gli altri la libera facoltà di seguire ciascuno la religione che ha scelto, affinché
tutto ciò che vi è di divino nella sede celeste sia ben disposto e propizio verso noi e verso tutti
quelli che sono posti sotto il nostro potere. Perciò, con ragionamento salutare e giustissimo,
abbiamo creduto di dover prendere questa decisione di non negare assolutamente a nessuno la
facoltà di dedicare la sua mente al culto cristiano o a quella religione che senta più adatta a sé,
affinché la somma divinità, alla cui venerazione ci dedichiamo spontaneamente, possa mostrarci in
tutte le cose il suo solito favore e la sua solita benevolenza. Conviene perciò che la tua eccellenza
sappia che è stato da noi deciso, che eliminando completamente tutte le restrizioni contenute
negli scritti precedenti, trasmessi al tuo ufficio circa i cristiani, siano revocate le disposizioni
malaugurate e contrarie alla nostra clemenza e che ciascuno di loro, i quali nutrono la stessa
volontà di osservare la religione cristiana, ora lo faccia liberamente e apertamente, senza nessun
inquietudine e molestia”.

 Massimino Daia (Galerius Valerius Maximinus Daia): nato nell’Illiria e morto a Tarso nel
313. Figlio della sorella di Galerio. Dal 305 è Cesare. Nel 309 si autoproclama Augusto.
Governa in Oriente ed in Egitto.
 Severo (Labius Valerius Severius): nato nell’Illirico e morto nel 307. Dal 305 è Cesare.
Governa in Italia, Rezia (attuale Svizzera), Norico e Africa.
 Massenzio (Marcus Aurelius Valerius Maxsensius): nato nel 278. Morto nel 312 durante la
battaglia di Ponte Milvio. E’ figlio di Massimiano. Dal 306 Massenzio fu proclamato Augusto
dal popolo e dal Senato di Roma. Governa in Italia ed in Africa. All’età di 15 anni sposa la
figlia di Galerio, Valeria Massilla.
 Costantino (Flavius Valerius Costantinus): nato nel 280 nell’Illirica (Penisola Balcanica), a
Nissa (attuale Serbia). Morto nel 337. Dal 306 è Augusto, proclamato dall’esercito stanziato
in Britannia dopo la morte del padre. Nel 312, dopo la vittoria ottenuta sul Ponte Milvio, è
stato riconosciuto Augusto dal Senato di Roma.
 Licinio (Valerius Licinianus detto “Iovius Licinius”): nato nel 265 a Tessalonica e morto nel
325. Nel 308 Licinio viene elevato da Galerio al grado di Augusto. Nel 311 muore Galerio e
Licinio diventa suo successore. Era sposato con Costanza, sorella di Costantino. Nel 312,
insieme a Costantino, combatte contro Massenzio; nel 313 Costantino e Licinio firmano
l’Editto di Milano. Viene giustiziato nel 325 quando entrò in vigore la monarchia e rimarrà
come tale sia nell’ambito dell’Impero romano di cui religione di Stato era il Cristianesimo,
sia nell’ambito dell’Impero romano musulmano.
Nel 307, dopo la morte di Severo, la tetrarchia di fatto diventa triarchia, composta da Massimino
Daia, Costantino e Licinio. Nel 312, dopo la morte di Massenzio, la triarchia diventa diarchia ed è
composta da Costantino e Licinio. L’alleanza tra Costantino e Licinio indusse il Cesare Massimiano
Daia ad autoproclamarsi unico Augusto e venne acclamato anche dalle truppe stanziate in Siria da
dove marciò verso il Bosforo. Viene però sconfitto il 30 aprile 313 da Licinio; quest’ultimo, deciso
ad impossessarsi anche della parte occidentale dell’Impero, prima di marciare contro Costantino,
diede ordine di uccidere diversi membri delle famiglie dei vecchi tetrarchi: il figlio di Galerio, la
figlia di Flavio Severo, il figlio di 8 anni e la figlia di 7 anni di Massimino e Prisca, la moglie di
Diocleziano. Nello scontro armato con Costantino, Licinio rimase sconfitto ed il trattato di pace del
317 fu rispettato fino al 324, quando Licinio venne fatto prigioniero. L’anno successivo, su ordine
di Costantino, fu giustiziato per aver tentato di organizzare gli Slavi contro Costantino.
Nel 321 Costantino riconosce l’autorità di tribunali ecclesiastici nelle cause di natura civile,
rinunciando ad una delle prerogative fondamentali dell’Impero, cioè alla gestione della giustizia,
almeno nel caso in cui entrambe le parti in causa avessero accettato di comune accordo il giudice
ecclesiastico.
IL PRIMO CONCILIO ECUMENICO
Il primo concilio ecumenico si tenne a Nicea (oggi Irnik, in Turchia), nella grande sala del Palazzo
imperiale, dal 20 maggio al 25 luglio 325. Il Concilio ecumenico fu convocato da Costantino, che
aprì i lavori con un discorso in latino e che poi lasciò la parola ai vescovi.
Eusebio di Cesarea, testimone oculare, parla di 250 vescovi provenienti da ogni parte dell’Impero;
Attanasio di Alessandria, allora diacono, futuro vescovo, anche lui presente a Nicea, riporta il
numero di 318 partecipanti tra i quali 250 vescovi. Pare che il numero di 318 sia esatto in quanto il
Concilio viene chiamato il “Grande e santo concilio dei 318”, che corrisponde al numero dei servi
di Abramo (di questi servi si parla nel libro della Genesi, 14,14). Il vescovo di Roma, Silvestro (dal
314 al 335) era rappresentato da due preti.
PERCHE’ QUESTO CONCILIO?
Un sacerdote, ad Alessandria d’Egitto, Ario, contestò la dottrina della Chiesa: diceva che Gesù
Cristo era la prima e la più alta delle creature, ma sempre e solo una creatura e che ci sarebbe
stato un tempo in cui egli non sarebbe esistito; per questo motivo il Figlio sarebbe inferiore al
Padre. Di conseguenza, si nega l’unicità di Dio nelle 3 persone della Santa Trinità, uguali e distinte
tra loro. Il Concilio condannò la dottrina di Ario come eresia e riconobbe la consustanzialità del
Figlio col Padre, dottrina definita nei primi 7 articoli del Credo, scritti da Attanasio il Grande, allora
diacono di Alessandria. Il concilio di Nicea aveva anche rafforzato la posizione di Costantino che
nel 330 stabilisce la propria residenza nella città da lui costruita sulle rovine dell’antico villaggio di
pescatori “Visantion” (Bisanzio).
La nuova creatura di Costantino porta il suo nome, che si conservò anche sotto il dominio dei
Sultani, fino al XX secolo (prima guerra mondiale). Infatti tutti gli atti firmati dai Sultani portano il
nome di Costantinopoli, turchicizzato in Kostatije, e mai quello di Istanbul, anche questa
espressione greca che significa “andare in città”. E’ da precisare che Costantino fissa la sua dimora
a Costantinopoli, ma la sede dell’Impero rimane comunque a Roma fino al 381, quando, in virtù
del terzo canone del secondo Concilio ecumenico, viene ufficialmente trasferita a Costantinopoli.
Già durante il regno di Costantino, a Costantinopoli fu costituito un secondo Senato composto
esclusivamente dai ceti dirigenti che avevano abbracciato la fede cristiana.
LA RIFORMA ECONOMICA
Lasciando alla Chiesa piena libertà di risolvere i problemi riguardanti la dottrina cristiana,
Costantino concentrò la sua attenzione sulla questione economica dell’Impero.
Come prima riforma, istituisce una nuova moneta d’oro, chiamata “solidus” che diviene l’unica
moneta universalmente riconosciuta ed accettata tanto negli scambi internazionali tanto in quelli
interni. Va sottolineato che non fu soltanto una riforma di natura tecnica: la moneta d’oro, infatti,
favorì coloro che già possedevano il metallo prezioso; coloro che invece avevano fatto uso della
sola moneta di bronzo, si trovarono ancora più poveri, al punto tale che le vecchie monete persero
anche il loro valore nominale e cominciarono ad essere pesate piuttosto che contate.
La riforma monetaria di Costantino colpì in definitiva i ceti più poveri dell’Impero e rese più ricchi i
ceti dominanti, contribuendo ad aggravare gli squilibri sociali; la crisi delle classi medie che erano
prosperate nelle città dell’Impero giunse a compimento. Nella società romana del IV secolo, ad un
élite di ricche famiglie detentrici del potere economico e politico si contrapponeva la stragrande
maggioranza della popolazione in via di progressivo impoverimento. I latifondi cominciano a
trasformarsi in centri di potere in grado di contrapporsi o comunque di fronteggiare i
rappresentanti dell’amministrazione dello Stato; a questo ceto di latifondisti si andò affiancando
anche la Chiesa, che cominciò ad accumulare ricchezze, specialmente attraverso donazioni a mano
a mano che il suo potere nella società civile, nella politica e nell’economia andava aumentando.
Tra i grandi proprietari e la popolazione impoverita si poneva un ceto sociale formato dagli
impiegati e funzionari statali di diverso livello, presenti nei centri dell’Impero o nelle province a cui
era affidato il funzionamento della complessa macchina dello Stato. La burocrazia andò così
acquisendo un enorme potere: i suoi massimi rappresentanti entrarono a far parte della nuova
aristocrazia; i rappresentanti della burocrazia statale si presentarono agli occhi dei cittadini come
uomini avidi di denaro e corrotti pronti ad abusare del proprio potere amministrativo per
arricchirsi a spese dei più deboli. Principale strumento di vessazione del cittadino da parte della
burocrazia statale e la principale causa di corruzione fu l’enorme pressione fiscale che l’Impero
esercitava sui suoi sudditi. La macchina dello Stato doveva autofinanziarsi per poter sostenere i
propri funzionari e per mantenere in piedi un esercito composto da 500.000 soldati: questa cifra
era appena sufficiente per difendere le frontiere dell’Impero minacciate dai Persiani, dagli Slavi e
dai Germani. La nuova religione, pur predicando l’uguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio,
non giunse mai a chiedere l’abolizione della schiavitù; però se lo schiavo non era sottoposto al
pagamento delle tasse né alla leva militare, la sua resa nel lavoro era assai minore di quella di un
colono asservito ma libero. Nei grandi latifondi, poi, il controllo di masse numerose di schiavi si
rivelava troppo impegnativo da rendere poco redditizia l’utilizzazione degli schiavi, come si era
verificato nei secoli di massimo sviluppo dell’Impero.
La società del IV secolo si presenta come una società assai più rigida di quella dei primi secoli
dell’Impero.

COSTANTINO

Costantino II (muore: 340)


(Governatore di
Spagna, Gallia e Costante (muore 330) Costanzo II (muore: 363)
Britannia). (Governatore dell’Oriente Governatore dell’Illiria
Dal 340 quando uccide e dell’Italia; uccide Magnezio
Costantino II; governa anche e mette sotto il proprio dominio
In Occidente quindi il suo anche i territori una volta
Dominio si estende. Viene ucciso governati da Costantino II, cioè
Da un certo Magnezio; quest’ultimo Gallia, Spagna e Britannia.
Fu ucciso da Costanzo II. Nomina Cesare suo nipote
Giuliano nel 355. Giuliano è
Entrato nella storia come
Giuliano l’Apostata. Per questo
Motivo viene ucciso nel 363
Quando diventa imperatore
Gioviano.

Valentiniano I (Flavius Valentinianus), nato in Pannonia (Serbia-Ungheria) nel 323, ha la sua sede a
Milano. Nel 364 viene proclamato Augusto dall’esercito. Governa la parte occidentale dell’Impero
e in più l’Illirico. Muore nel 375. Valente (Flavio Valente), fratello di Valentiniano I, nato in
Pannonia nel 328, è imperatore dal 364 al 378. Morto ad Adrianopoli nel 378, combatté contro i
Visigoti.
Graziano (Flavius Grazianus) era figlio di Valentiniano I, nato in Pannonia nel 359 e morto a Lione
nel 383, risiedette a Milano e divenne Augusto nel 367. Nel 369, Graziano vendica la morte di
Valente e sconfigge i Visigoti. All’età di 15 anni, sposa Costanza, figlia di Costanzo II che aveva 12
anni. Graziano rifiuta per sé l’antico titolo di Pontefice Massimo; inoltre abolisce i privilegi dei
collegi sacerdotali antichi e delle vestali; elimina il senato, l’altare della vittoria sul quale i senatori,
a partire dal 27 a.C. inauguravano le loro sedute celebrando un sacrificio. Il fratello di Graziano,
Valentiniano II, nato a Treviri (Germania) nel 371 e morto a Vienne (Francia) nel 392. All’età di 4
anni viene proclamato Augusto; governa in Italia, Illirico e Africa.
Teodosio il Grande, nato a Cauca nel 347 e morto a Milano nel 395, imperatore dal 379 al 395.
Appena salito sul trono imperiale conclude un trattato di pace con i Visigoti ai quali permette di
insediarsi nei territori deserti dell’impero nella penisola balcanica di oggi a condizione però di
arruolarsi nell’esercito imperiale. Prevalentemente, Teodosio risiedette a Milano, dove seguì i
consigli riguardanti la religione dati da sant’Ambrogio, vescovo di Milano. Fu proprio sotto
l’influsso di sant’Ambrogio che Teodosio emanò nel 380 l’editto secondo il quale tutti i cittadini
dell’impero dovevano accettare la dottrina della Chiesa formulata nel concilio di Nicea del 325.
L’anno successivo, nel 381, Teodosio convocò il secondo concilio ecumenico. Il 24 febbraio 391
emanò il secondo editto con il quale mise fuori legge il paganesimo. Il secondo editto diceva:
“Nessuno deve macchiarsi col sangue delle vittime, sacrificare un animale innocente, entrare nei
santuari, frequentare i templi e adorare statue scolpite da mano di uomo, sotto pena di sanzioni
divine e umane. Questa sanzione deve essere usualmente applicata ai giudici perché se uno di
loro, devoto ad un rito pagano, penetra in un tempio per venerare gli dei, ovunque sia, in viaggio o
in città, sarà immediatamente obbligato a versare 15 libre d’oro e il suo ufficio dovrà pagare
altrettanto rapidamente la stessa somma nel caso non si sia opposto al giudice e non l’abbia subito
denunciato con pubblica dichiarazione. I consolari dovranno versare 6 libre e così i loro uffici, i
correttori e i presidi 4 libre”
(Milano, 24 febbraio 391).
Il secondo concilio ecumenico si tenne a Costantinopoli nel palazzo imperiale da maggio a luglio
del 381. Il concilio fu convocato dall’imperatore Teodosio ed erano presenti 150 vescovi. Il motivo
della convocazione del concilio era l’eresia professata da Macedonio che negava la divinità dello
Spirito Santo, che sarebbe stato creato ed estraneo alla sostanza del Padre e del Figlio. Il Concilio
condanna questa eresia e confessa a Dio uno e trino, una sostanza e tre persone. Questa dottrina
è espressa nell’articolo 8 del Credo, gli altri 4 articoli esprimono la dottrina della Chiesa
riguardante la fede in una universale e apostolica Chiesa; l’unicità del battesimo e il perdono dei
peccati; l’attesa alla resurrezione di morti; la vita eterna. Gli altri 5 articoli sono stati scritti da San
Gregorio di Nissa e sono uniti ai primi 7 articoli e finiti durante il primo concilio ecumenico. Così
nasce il Credo, chiamato Miceno Costantinopolitano e ancora oggi in vigore.
Questo concilio ufficializza il trasferimento della sede dell’Impero da Roma a Costantinopoli.
L’imperatore Teodosio II (regna dal 408 al 450) e sua moglie Eudocia Augusta, figlia di un maestro
di retorica pagano ad Atene, fondano nel 415 una nuova università di filosofia e diritto. Secondo il
filosofo pagano Porfirio, nel terzo secolo sarebbe esistito un piccolo senato composto dalle
senatrici cristiane. Quando però tutti i membri del senato diventano cristiani, oltre a proclamare
l’Imperatore Leone I (dal 457 al 474), i cristiani pretendono di partecipare insieme ai vescovi
all’elezione del Papa. In effetti, Simplicio I, papa dal 468 al 483, quasi morente, è costretto dal
prefetto del pretorio a riconoscere alle autorità laiche e dunque anche al Senato un diritto di
intervento sulla nomina del suo successore. In occasione dell’elezione di Felice III (papa dal 483 al
492), le autorità laiche e quelle ecclesiastiche, riunitesi nel Mausoleo onorario presso San Pietro,
affermarono il principio che anche in futuro l’elezione del papa non potrà avvenire senza il loro
consenso. Contestualmente, la stessa assemblea aveva approvato un decreto che stabiliva il
divieto per i Papi di alienare beni ecclesiastici. In questo modo, si limita l’autonomia del Papa che è
costretto a tener conto non soltanto dell’Imperatore con sede a Costantinopoli, ma anche del
Senato, che ha sede a Roma, e dei sovrani germanici che sono spesso davanti alle porte di Roma e
a volte anche dentro la città stessa. Col tempo, però, il potere del senato diminuisce, mentre
quello del Papa aumenta: questo fatto si evidenzia in modo particolare nel 525 quando l’ariano
Teodorico, re degli Ostrogoti, non si rivolse al Senato bensì a Papa Giovanni I (Papa dal 523 al 526)
chiedendogli di andare a Costantinopoli per convincere l’Imperatore Giustino I (dal 518 al 527) di
ritirare l’editto emanato contro gli ariani; ma per dare importanza anche al Senato, Giovanni I
venne accompagnato, oltre che dai 5 vescovi, anche dai 4 senatori. Colmando il Papa di onori,
Giustino intese anche di onorare il senato della vecchia Roma. Anche il Papa Giovanni II (papa dal
532 al 535) dà tutta l’importanza al senato quando nel 534 sottopone all’esame dei sacerdoti, del
senato e del popolo la risposta ad una lettera del successore di Giustino (Giustiniano) contenente
quesiti circa la trinità. D’altra parte, anche i senatori romani rimangono fedeli sia al papa che
all’imperatore con sede a Costantinopoli. Per questo motivo vengono fortemente colpiti nel 536
da Vitige, re dei Visigoti.
Dieci anni più tardi (546), quando i Goti occupano Roma, diversi senatori fuggono a Costantinopoli
mentre gli altri vengono deportati dai Goti. Quando, però, nel 547, le truppe imperiali riprendono
Roma, portano con sé un certo numero di senatori a Costantinopoli. Nel 552, i Goti deportano da
Roma diversi giovani dell’aristocrazia senatoria e della nobiltà imperiale.
L’imperatore Giustiniano riceve per la terza volta le chiavi di Roma (precedentemente gli erano
state trasmesse nel 536 e nel 547) e per lui è una sacra visione quella di liberare il territorio
romano dal gioco dei barbari stranieri e degli eretici ariani per riportare ai suoi antichi confini
l’antico impero romano e cristiano.
I senatori romani rimangono fedeli alla sacra missione di Giustiniano anche dopo la sua morte. In
questo contesto, va sottolineata la partenza, negli anni 577-578-579, di alcuni senatori romani per
Costantinopoli per chiedere aiuti contro i Longobardi. Nel 584 si parla della missione di Decio, capo
del senato. Colpito dagli invasori esterni e poco compreso dai rappresentanti della Chiesa e
dell’Impero, l’antico senato di fatto finisce nel 590, quando il prefetto di Roma diventa Papa sotto
il nome di Gregorio (Papa dal 590 al 603) e a partire da quel periodo, quando si estingue anche la
prefettura, fino al 965, che il Papa e il duca di Roma si contendono il potere temporale. Gregorio
attribuisce la colpa anche al senato per non aver adeguatamente difeso la città dai Longobardi, dai
Goti e dagli Ostrogoti (popolazioni germaniche).
L’estinzione del senato e della prefettura di Roma coincide con la decisione dell’imperatore
Maurizio (imperatore dal 582 al 602) di creare l’esarcato di Ravenna e diversi ducati, tra cui quello
di Roma, con lo scopo di assicurare una miglior difesa della parte occidentale dell’Impero, dove
papa Gregorio assume un ruolo di protagonista con un impegno diretto nel controllo della
situazione militare e perfino nella dislocazione delle truppe. Questo potere del suddetto pontefice
proviene dalla confluenza di una funzione (prefettura), giunta ad esaurimento in un’altra (papato),
di molta maggiore dignità e prestigio anche sul piano del governo temporale. E a partire dal 592,
quando il Papa si rivolge al duca di Roma con le parole “Filius Noster Magister Militum” (figlio
nostro generale dell’esercito) che arriva a esaurimento la vecchia antitesi fra romanità civile,
impersonata dal prefetto di città e dal Senato, e romanità ecclesiastica, impersonata dal papa e dai
collegi dei preti e dei diaconi. Si crea dunque una nuova antitesi fra una romanità ecclesiastica e
civile, incarnata dal papa e dal suo clero, e una romanità militare, incarnata dal duca, nominato
dall’imperatore, e dal corpo dell’esercito posto ai suoi ordini. Di fatto, la figura del duca di Roma
sostituisce sia quella del prefetto che quella del “Vicarius Urbius Romae”. Se l’imperatore
Maurizio, grazie in gran parte a papa Gregorio, ha una buona posizione a Roma, non riesce però a
controllare bene la zona danubiana dove scoppia la rivolta dell’esercito imperiale agli ordini di un
certo Foca. Quest’ultimo viene, con l’approvazione del senato, acclamato imperatore. Come segno
del riconoscimento al Senato e per assicurarsi la simpatia della popolazione, Foca manda, nel 603,
a Roma, il proprio ritratto e quello della moglie. I ritratti sono acclamati da tutto il clero e dal
Senato in una sala del Palazzo del Laterano; dopodiché, in seguito all’ordine di papa Gregorio, i
ritratti vengono posti nell’antico palazzo imperiale.
Di solito, questo episodio è ricordato come l’ultima menzione del Senato romano. I senatori
superstiti, che volevano ancora comparire in pubblico, dovevano farlo mescolandosi ai preti e ai
diaconi riuniti nei loro collegi, in solenni assise presiedute dal papa. I cambiamenti avvenuti
durante il pontificato di papa Gregorio portano alla nascita, nel 684, di una nuova triade, composta
da clero, popolo ed esercito; è proprio nel 684 che l’imperatore Costantino IV (dal 668 al 685)
indirizzò la sua ordinanza sulla ratifica dell’elezione papale al clero, al popolo e al felicissimo
esercito della città di Roma. Dalla triade dunque era caduto il senato, che appare ora sostituito
dall’esercito. “Ordo Senatorius” (ordine senatorio) viene sostituito da Exercitus romanae civitatis
(esercito della città di Roma): tale esercito, o almeno i suoi consoli, duci o tributi, originariamente
parlavano greco. All’inizio dell’VIII secolo, si riapre la diade tradizionale Senatus-Populus romanus
(senato-popolo romano); successivamente, l’autorità del duca di Roma diminuisce mentre il
potere temporale del papa aumenta. Questo fenomeno si accentua alla metà dell’VIII secolo,
quando i ducati imperiali della penisola italiana, e quindi anche quello di Roma, pur rimanendo in
una condizione di dipendenza da Costantinopoli, acquistarono una sostanziale autonomia, che
sempre nel caso del ducato di Roma, si configurò come inizio del dominio imperiale dei papi, dato
che qui si fece a meno di nominare un duca. Quando i Longobardi occupano Ravenna, ponendo
fine a quell’esarcato, e quando, senza tener conto dell’imperatore Costantino V (dal 741 al 775),
“tutto il senato e l’intera comunità della città di Roma custodita da Dio”, scrive in una lettera al re
dei Franchi. I senatori si qualificano per quelli che sono: “Noi, servi fermi e fedeli della Santa Chiesa
di Dio e nostro signore papa”. Questo senato, di fatto, è un senato clericale. Con altre parole, la
fine del governo esarcale a Ravenna e la contestuale fine di quello ducale di Roma porta alla
nascita del dominio temporale dei papi. E’ in veste di questo potere che papa Stefano II (dal 752 al
757) sostenuto dal senato di Roma, unge il 28 agosto 754 il figlio di Carlo Martello, Pipino il Breve,
re dei Franchi, nella basilica di Saint-Denis a Parigi per concedere, successivamente a lui ed ai suoi
figli la dignità patriziale. In cambio, Pipino il Breve si impegna di restituire alla Chiesa i territori che
i Longobardi le avevano tolto, nonostante gli imperatori dell’impero romano cristiano non
avessero mai messo in discussione né la legittimità del Senato di Roma, né il diritto al papa di
essere il primo tra i pari (primus inter pares), titolo onorifico concessogli dal primo concilio
ecumenico; la dipendenza dai Franchi li fa sempre più allontanare da Costantinopoli. E’ in questo
contesto che si inserisce anche la decisione presa nel 781 da papa Adriano I, (dal 772 al 795) nativo
di Roma, di firmare i documenti papali secondo il novero degli anni del proprio pontificato e non
secondo quelli del regno dell’imperatore, com’era stato invece fino a quell’anno. Se Pipino il
Breve, in cambio del fatto di essere incoronato re dei Franchi da papa Stefano II e di ottenere lui
ed i suoi figli la dignità patriziale romana, restituisce alla Chiesa i territori che le avevano tolto i
Longobardi. Suo figlio, Carlo Magno, viene pregato da Leone III (795-816) di venire a Roma per
proteggerlo dai suoi stessi fedeli, per mano dei quali era ferito e rinchiuso nel convento di
Sant’Erasmo. Una volta riuscito a scappare, Leone III raggiunge Carlo Magno in Germania a
Paderborn e quest’ultimo viene a Roma e si investe di patrizio romano e di re dei Franchi per
piegare gli oppositori del pontefice.
A Carlo Magno, diventato padrone dei vasti territori che si estendevano dal Danubio, dal Tibisco e
dall’Elba in Oriente, fino all’Oceano Atlantico in Occidente, per arrivare fino all’Adriatico, non
basta più però essere soltanto re dei Franchi. Perciò cerca di diventare imperatore tramite il
matrimonio che mirava a contrarre con Irene, reggente del figlio minorenne Costantino VI dal 780
al 797 e imperatrice dal 797 all’802. Essendo falliti i tentativi di sposare l’imperatrice Irene, Carlo
Magno aprì una vera e propria guerra contro l’impero romano, che cominciò nell’805 e terminò
nell’812. In vigore dell’accordo raggiunto con l’imperatore con sede a Costantinopoli, Carlo Magno
dovette restituire all’impero Venezia, l’Istria e la Dalmazia.
L’impero, da parte sua, riconosce a Carlo Magno il titolo di re ma non quello di imperatore.
ESARCA: colui che dà principio, colui che incomincia, iniziatore, il capo, il primo.

CROCE LATINA CROCE GRECA CROCE RUSSA

CROCE DI SANT’ANDREA

Nonostante la sua vita non esemplare cristiana, Carlo Magno rimase non soltanto un insostituibile
punto di riferimento per Leone III (795-816), ma anche un continuo esempio da seguire per i futuri
regnanti occidentali, soprattutto quando si tratta dei loro rapporti con il papato; quando Ottone I,
chiamato protettore della Chiesa, fa riferimento al protettorato dato da Carlo Magno a Leone III.
Ottone I viene unto imperatore da papa Giovanni XII (papa dal 955 al 964) il 2 febbraio 962 ad
Augusta con la seguente forma: “Unximus Benedictione”. Ottone I è duca di Sassonia e re di
Germania dal 936 al 973: undici giorni più tardi, il 13 febbraio 962, Ottone I emana “Privilegium
Othonis”, con cui si riserva il diritto dell’imperatore di interferire nell’elezione del pontefice, diritto
che più tardi rivendicheranno tutti gli imperatori del Sacro Romano impero Germanico, i re di
Francia e i re di Spagna e che rimarrà in vigore fino al 1903, quando gli Asburgo pongono il veto
alla candidatura del cardinale Massimo Rampolla e quando viene eletto Pio X (papa dal 1903 al
1914). E’ proprio quest’ultimo, dopo essere stato eletto grazie al Privilegium Othonis, che lo
abolisce. In virtù del suddetto privilegio, diventa l’unico capo della Chiesa di Stato, con la quale
viene identificato. Siamo nel periodo in cui la Chiesa non è stata ancora colpita dallo scisma, che
avverrà 100 anni dopo (1054), dunque indivisa e nel periodo in cui esiste il legittimo imperatore
con sede a Costantinopoli, come massimo esponente del potere temporale che deve rispettare i
canoni della Chiesa.
Ma è proprio in contrasto con i canoni dei 7 concili ecumenici che Ottone I e i suoi successori
usurpano il diritto di interferire nell’elezione dei papi e nella concezione delle investiture, degli
episcopati e delle abbazie. Una volta ottenuta l’investitura, i vescovi e gli abati diventano
indipendenti dai conti, ai quali sono equiparati, mentre alle Chiese di Stato sono riconosciuti i
diritti doganali, forestali, dei mercati, di battere moneta. Tali poteri non possono diventare
ereditari, ma tornano al sovrano dopo la morte del vescovo e dell’abate. Si formano così le
sovranità territoriali e i domini territoriali dei principi ecclesiastici e laici. Questo processo, o
meglio questo stato di cose, fu riconosciuto legalmente dall’ultimo imperatore Hoheschtaufen,
Federico II: egli nacque a Jesi nel 1194 e morì a Fiorentino in Puglia nel 1256; all’età di 4 anni
rimase senza i genitori e venne affidato a papa Innocenzo III, grazie al quale diventa re di Sicilia
(dal 1198 al 1250) A 14 anni, viene proclamato imperatore. E più tardi, dalla Bolla d’Oro di Carlo IV
emanata nel 1356, l’impero non fu più altro che una federazione di Stati diventati poco per volta
autonomi e tenuti insieme soltanto dall’imperatore, dal collegio dei principi elettori, dalla dieta e
da alcune istituzioni. Dopo aver condizionato, in vigore del Privilegium Othonis, le elezioni dei Papi,
Ottone I invia, nel 968, un’ambasceria a Costantinopoli per chiedere all’imperatore romano
Niceforo III Foca di cedergli i territori imperiali situati in Italia meridionale; la suddetta cessione
sarebbe dovuta avvenire sotto forma di dote, che sarebbe stata data dalla sorella del defunto
imperatore Costantino VII, la quale avrebbe sposato il figlio di Ottone I. La suddetta ambasciata fu
ricevuta con molta freddezza, alla quale fu risposto che Ottone I non era né imperatore, né
romano, ma un semplice re barbaro e che di un matrimonio tra un sovrano barbaro e una
principessa imperiale non era nemmeno il caso di parlarne. Dopo aver assassinato Niceforo II, al
trono sale il comandante dell’esercito Giovanni I: egli manda una sua stretta parente, Teofano,
ricca soprattutto dei temi (termine che equivale a regione) di Puglia e Calabria, in sposa al figlio di
Ottone I, che salirà sul trono col nome di Ottone II. Teofano viene scortata dall’arcivescovo di
Colonia, artefice di quel matrimonio.
Sbarca in Puglia, ma il matrimonio viene celebrato il 14 aprile 972; come reggente firma i
documenti come “Teofanus gratia divina imperato Augustus. Se la parentela con la corte imperiale
di Costantinopoli serve ai tedeschi a diventare padroni dell’impero, a Giovanni I tale parentela
serve per cacciare via gli Arabo-musulmani dai loro territori. In effetti, rafforzato da questa
parentela, intraprende la prima crociata (974-975) contro gli Arabo-musulmani dai quali riprende
la Palestina e la Fenicia. Questa è l’unica Crociata non proposta dal Papa: probabilmente per
questo motivo non è entrata nella storia come tale.
Se esiste una continuità tra la politica ecclesiastica di Ottone I e quella di Federico II, consistente
nel tentativo di sottomettere le decisioni dei papi ai propri interessi statali, esiste anche la
continuità del desiderio dei sovrani tedeschi di impossessarsi del trono imperiale dell’impero
romano tramite il matrimonio tra Ottone II e Teofano, nonché quello concluso tra Stefano II e
Costanza Anna figlia di Federico II. Il loro desiderio viene tuttavia vanificato dalle mosse concrete
dei papi e dei sovrani occidentali miranti, tramite le crociate, a impossessarsi dell’Impero,
ufficialmente tramite le crociate, a impossessarsi dell’impero, ancora non diviso. E’ per questo
motivo che vengono fondamentalmente mosse le crociate, durante le quali riemerge il senato di
Roma, del quale era anche membro Carlo I d’Angiò. L’elezione di quest’ultimo a senatore di Roma
avviene nel 1263. Se la prima Renovatio senatum è l’origine del potere temporale dei papi, i primi
tempi dello Stato della Chiesa fino alla metà dell’XI secolo sono dominati dai tentativi messi in atto
dall’aristocrazia locale per assicurarsi il controllo del Laterano in quanto sede del Papa non più
soltanto la sede del vescovo di Roma, ma anche il centro del dominio temporale dei papi. Unendo
il potere temporale con il governo temporale nasce la curia romana come corte del papa.
I LONGOBARDI
I Longobardi sono una popolazione germanica composta da due parole (“Lang”, lungo, “bart”,
barba). Provengono dalla Scandinavia e nel 3^secolo si insediano sulle coste meridionali del Mar
Baltico e tra il fiume Elba e l’Italia. Tra il 569 e il 572, i Longobardi conquistano le città imperiali di
Cividale del Friuli, Aquilea, Vicenza, Verona, Lucca, Milano e Pavia che diventa sede del loro regno.
All’impero romano con sede a Costantinopoli, rimangono l’esercito di Ravenna, Ancona, Pesaro,
Fano, Senigallia, Rimini, la costa campana tranne Salerno, Puglia e Calabria. Nel 726 i Longobardi si
alleano con i Franchi e conquistano diverse città dell’esarcato di Ravenna nonché Ancona, Pesaro,
Fano, Senigallia e Rimini.
La città di Sutri vicino Roma viene tolta all’impero romano e “donata” agli apostoli Pietro e Paolo.
Questa donazione, nota come donazione di Sutri, rappresenta un precedente legale per attribuire
al papato il potere temporale. L’anno 754 il re dei Franchi, Pipino il Breve, riceve da papa Stefano II
l’unzione regale e in cambio ottiene il consenso di scendere in Italia con il suo esercito. Nel 756, i
Longobardi vengono sconfitti dai Franchi, chiamati in aiuto dal Papa. Ravenna passa sotto il
dominio del papa e sotto il dominio territoriale del Patrimonio di San Pietro.
773-774: fine del regno dei Longobardi. Sempre su invito del Papa, Carlo Magno scende in Italia e
sconfigge definitivamente i Longobardi, impossessandosi della capitale Pavia. Carlo si fece
chiamare “Gratia dei rex francorum et longobardorum”.
I VANDALI
I Vandali erano una delle popolazioni germaniche e provenivano dalla Scandinavia. Si insediano
sulle coste del Mar Baltico, per estendersi sulla Polonia e la Boemia, nonché sull’Austria e sulla
Svizzera; anche loro professavano l’arianesimo. Nel 411 quasi l’intera penisola iberica viene
occupata dai Vandali, dove nel 428 fondano il loro regno. Nel 429 passano lo Stretto di Gibilterra
per conquistare, 10 anni più tardi, Cartagine e il territorio del Marocco, dell’Algeria, della Tunisia di
oggi. Nel 440 saccheggiano Sicilia e Sardegna.
Nel 455 i Vandali, venendo dalle coste africane, raggiungono il fiume Tevere e saccheggiano Roma.
Nel 536 l’imperatore Giustiniano I pone fine al regno dei Vandali.
I FRANCHI
Anche i Franchi sono una popolazione germanica: la loro sede era il Baltico e abitavano sulle rive
del Mare del Nord, lungo il corso del fiume Reno, tra le città di Treviri e Colonia e professavano
l’arianesimo.
Nel V secolo, per essere accettati dai cristiani fedeli al Credo miceno-costantinopolitano,
dichiarano anche loro di essere cristiani. Nel 750 Pipino il Breve viene riconosciuto da papa
Zaccaria (pontefice dal 741 al 752, nativo della Grecia) re dei Franchi.
RIEPILOGO CRONOLOGICO
380: con l’editto di Tessalonica Teodosio proclama obbligatoria dottrina della Chiesa, definita nel
primo concilio ecumenico tenutosi a Nicea nel 325: “Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di
tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che San Pietro Apostolo ha insegnato ai
Romani, oggi professata dal pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità
apostolica; cioè che, conformemente all’insegnamento apostolico ed alla dottrina evangelica, si
creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, in tre persone uguali. Chi segue
questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici;
alle loro riunioni non attribuiremo il nome di Chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal
castigo divino, poi dalla nostra autorità che ci viene dal giudice celeste”.
Nel 391, un secondo editto proibisce ogni forma di culto pagano accentuando la politica di
intolleranza religiosa del nuovo stato confessionale.
395: il paganesimo è definitivamente soppresso anche a Roma.
401: i Visigoti premono per entrare in Italia ma vengono respinti.
405: gli Ostrogoti passano il Danubio ed entrano nel territorio dell’Impero romano.
410: i Visigoti saccheggiano Roma.
419: i Visigoti creano in Aquitania il primo regno barbarico d’Europa.
429: i Vandali passano in Africa, conquistano l’attuale Tunisia e Marocco.
438: gli Svevi si stanziano in Spagna.
439: I Vandali conquistano Cartagine.
442: gli Angli e i Sassoni si stabiliscono in Britannia ponendo fine al dominio romano.
451: gli Unni, guidati da Attila, vengono fermati dal vescovo di Roma Leone che li convince a
tornare indietro.
486: i Franchi staccano la Gallia dall’impero romano.
488: gli Ostrogoti migrano in Italia.
493: si dà vita a un regno autonomo degli Ostrogoti che si richiama però esplicitamente alla
tradizione.
Tra il 535 e il 555 Ostrogoti ed esercito imperiale si fronteggiano in Italia in una lunga guerra
entrata nella storia come guerra greco-gotica, vinta infine dalle truppe imperiali.
560: gli Slavi arrivano sotto le mura di Costantinopoli.
568: i Longobardi passano le Alpi e devastano l’Italia.
584: i Visigoti si impossessano definitivamente della penisola iberica, che tolgono all’impero.
L’ISLAM
Se i seguaci di diverse eresie rispetto alla dottrina sancita dai concili ecumenici lacerano il tessuto
interno della Chiesa, essi, fraternizzando con i propri correligionari d’oltreconfine (Goti, Visigoti,
Ostrogoti, ecc.) espongono il territorio dell’impero a continui pericoli. Tuttavia sarà la nuova
religione, l’Islam, a rappresentare la principale minaccia a medio e lungo termine per l’impero.
L’Islam nasce in Arabia, che si distingue in: Arabia meridionale, chiamata Arabia felice; Arabia
centrale e Arabia settentrionale; questa parte dell’Arabia, alla fine del V secolo, diventa vassalla
dell’Impero romano cristiano ma favorisce il monofisismo. Nel V secolo d.C. Mecca è sotto la
dominazione della tribù Quaraysh e diventa un importante centro. Una parte della popolazione
araba venera divinità rappresentanti i pianeti, l’altra confessa il giudaismo e la terza viene
battezzata. E’ in questo vago contesto dove compaiono i Romani, i Persiani e gli Etiopi, ai quali
Maometto impone, non senza resistenze, una nuova religione, l’Islam.
Il termine Islam, o musulmano, proviene dall’arabo “aslama” che significa “abbandonarsi,
sottomettersi, donarsi” e muslim “colui che si sottomette alla volontà di Dio”. Poiché il Corano, che
significa recitazione, è scritto in lingua araba, essa, a partire dal 696, diventa la lingua ufficiale
dell’amministrazione dei paesi governati dai sovrani musulmani e, dunque, la lingua della legge
islamica Sharia, che in arabo significa “via giusta”. Perciò, gli appartenenti ad altre etnie che
volevano diventare musulmani, dovevano prima aderire ad una delle tribù arabe ed imparare la
lingua del Corano.
11 gennaio 630: Maometto entra a Mecca e le tribù beduine diventano suoi seguaci mentre egli
sottoscrive un trattato con i cristiani di pacifica convivenza.
30 luglio 634: i seguaci di Maometto sconfiggono l’esercito imperiale cristiano e occupano la
Palestina ma non Gerusalemme e Cesarea.
Settembre 635: i musulmani entrano a Damasco per poi ritirarsi subito.
20 agosto 636: i musulmani entrano definitivamente a Damasco che diventa sede del califfato e
staccano la Siria dall’impero romano cristiano. Nel 660 Mu’awiya viene proclamato califfo e
riconosciuto come tale in Siria, Palestina ed Egitto.
638: i Musulmani entrano a Gerusalemme.
29 settembre 642: si impadroniscono di Alessandria d’Egitto e il patriarca monofisita copto
Beniamino si schiera con loro. La città torna sotto il dominio dell’impero romano cristiano nel 645
ma già l’anno successivo si arrende definitivamente ai musulmani. Sempre nel 642 i musulmani
conquistano la parte occidentale e centrale della Persia.
649: conquistano l’isola di Cipro.
653: avvengono i primi attacchi navali musulmani contro la Sicilia.
655: la flotta musulmana sconfigge quella imperiale presso Licia.
658: circa 30000 soldati slavi sudditi dell’impero romano cristiano vengono trasferiti in Asia minore
con lo scopo di contrastare l’avanzata degli eserciti musulmani verso Costantinopoli.
Circa 5000 di questi soldati passano al servizio musulmano e si insediano in Siria.
668: i musulmani assediano Costantinopoli.
669: avviene la seconda spedizione navale composta da 200 navi contro la Sicilia, dove, per un
mese intero, la città di Siracusa viene saccheggiata. La risposta dell’esercito imperiale fu energica e
costrinse i musulmani alla ritirata.
679: i musulmani conquistano Cartagine.
691-692: sconfiggono l’esercito imperiale a Sevastopoli in Crimea, da dove deportano la
popolazione slava e la fanno insediare in Siria. Gli atti alle armi sono arruolati e partecipano alla
conquista del Marocco odierno all’inizio dell’VIII secolo.
711: conquistano tutta la costa africana e sbarcano sulla penisola iberica, chiamata da loro Al-
Andalusyya, dove rimangono per un periodo di 5 secoli. Nello stesso anno, dunque,
impossessandosi della Tunisia di oggi, allestiscono un cantiere navale con lo scopo di annientare la
flotta militare e commerciale dell’impero romano.
712: viene costruita la provincia musulmana di Militene e popolata dagli eretici cristiani.
718: i musulmani pongono per la seconda volta l’assedio a Costantinopoli.
740: il principe musulmano Habib conduce una grande spedizione militare contro la Sicilia ma deve
ritirarsi a causa della rivolta dei Berberi della Tunisia.
750: la dinastia arabo-musulmana Omayyadi (661-750) con sede a Damasco, viene sconfitta da
quella degli Abbasidi, fissa la propria sede a Baghdad, che significa “luogo della pace”.
Gli Omayyadi creano uno Stato, i cui confini si estendono dalla Spagna e dal Marocco di oggi ad
ovest fino allo Yemen di oggi ad est.
756: viene creato un emirato musulmano nella penisola iberica che rifiuta l’obbedienza ai califfi
della dinastia degli Abbasidi che risiedono a Baghdad. Questo emirato si trasforma, nel 929, in
califfato di Andalusia; dal 758 al 762 gli Abbasidi costruiscono, presso Baghdad, una nuova città
chiamata Medinat-as-Salam: è da lì che comincia l’islamizzazione della Persia (odierno Iran).
Nel 991 vi viene costruita una biblioteca sciita ricca di 10000 manoscritti.
782: l’esercito musulmano attraversa il cuore dell’impero romano ed arriva fino al Bosforo
(davanti alla città di Costantinopoli).
800: i capi musulmani di Tunisia diventano autonomi ma continuano a pagare il califfato di
Baghdad.
805: il patrizio romano di Sicilia Costantino firma una tregua di 10 anni con l’emiro d’Africa.
812: i Musulmani conquistano l’isola di Lampedusa e devastano Ponza e Ischia nel Mar Tirreno.
Tra 806 e 821 vengono ripetutamente attaccate le isole di Sardegna e Corsica.
826: il governatore imperiale della Sicilia permette alla flotta musulmana di impadronirsi di una
parte dell’isola.
827: diventano padroni dell’intera isola di Creta dove rimangono fino al 961 e dove fondano una
nuova città chiamata Khadak e in base al nome di questa città il nome dell’intera isola viene
chiamata prima dagli Arabi e poi dai Veneziani Candia (Creta).
831: conquistano Palermo.
835: conquistano Pantelleria.
838: incendiano Brindisi.
Tra 841 e 871 Bari è sede dell’emirato musulmano. Gli imperiali riconquistano la città nell’875 ma
nel 1071 la devono cedere ai Normanni. L’emirato di Bari sorge nel territorio urbano e suburbano
della città, dove viene costruito il palazzo dell’emiro e una moschea.
I Franchi e i Longobardi cacciano via i musulmani da Bari nell’871. Quattro anni più tardi la città
torna sotto il dominio imperiale.
875: oltre a reimpossessarsi di Bari, gli imperiali mantengono il controllo di Otranto e Gallipoli.
880: l’esercito imperiale caccia via i musulmani da Taranto dove esisteva un emirato dall’846.
Tra 858 e 859 Messina viene rasa al suolo.
879: l’intera isola di Sicilia è nelle mani dei musulmani.
924: i musulmani devastano Lecce, Nardò, Oria e Brindisi. Tra 935 e 969 i capi musulmani d’Egitto
si staccano dal califfato musulmano di Baghdad e fondano un proprio califfato di Al-Caira (“città
della vittoria”).
947: viene costituito l’emirato di Aleppo che si estendeva dalla Siria all’Armenia e per i successivi
vent’anni conduce la guerra contro l’impero romano cristiano.
963: l’imperatore Niceforo Foca fa costruire in Puglia due città: Monopoli (monos-polis, “unica
città”) e Ostuni (Astineon, “città nuova”).
961: i musulmani sono cacciati via dall’isola di Creta; la vittoria imperiale è legata al nome del
generale Foca, che, soprattutto a causa di questa vittoria, viene proclamato imperatore (963-969).
Fu proprio Foca a proclamare la guerra contro gli invasori “una missione sacra” e a chiedere alle
autorità ecclesiastiche che tutti i soldati cristiani caduti in guerra contro i musulmani fossero
proclamati martiri.
962: l’esercito imperiale caccia via i musulmani da Aleppo e tre anni più tardi anche dall’isola di
Cipro. Dal 965 al 1061 l’intera Sicilia è sotto il dominio musulmano. I Normanni si impossessano
dell’isola nel 1061 per rimanervi fino al 1198.
Normanni significa “uomini del nord”, chiamati anche Vichinghi, abitanti della Scandinavia.
Nel 911 fondano il ducato della Normandia. Nel 1059 Roberto il Guiscardo viene riconosciuto dal
Papa duca di Sicilia e Calabria e caccia i musulmani dalla Sicilia. Nel 1130 Ruggero II unisce tutte le
conquiste normanne d’Italia in un regno feudale cioè Sicilia e si incorona re a Palermo.
982: la flotta di Ottone I viene sconfitta dai musulmani, i quali riportano comunque diverse altre
vittorie in Calabria e in Basilicata nel periodo che va dal 986 al 1002.
1071: i Normanni, guidati da Roberto il Guiscardo (1059-1085) entrano a Bari; il loro obiettivo
finale è quello di entrare anche a Costantinopoli.
1086: il califfo di Al-Andalusyya Yusuf sconfigge Alfonso VI di Castiglia e unisce i musulmani del
Marocco con quelli di Al-Andalusyya. Secondo la descrizione dell’isola di Sicilia fatta nel 1184 dal
geografo arabo-musulmano di Cordoba, i cristiani siciliani parlavano in arabo mentre nel governo
normanno erano molti funzionari cristiani. Federico II parlava correttamente arabo ed ebbe diversi
ministri musulmani. Nel 1220, Federico II fa trasferire i musulmani dalla Sicilia fino a Lucera, in
Puglia, dove all’epoca abitavano solo 12 cristiani. Nel 1300, Carlo II d’Angiò diede ordine di
distruggere Lucera e uccidere tutti gli abitanti di religione musulmana.
I TITOLI
I titoli di Caesar, Augustus e imperator vennero sostituiti con quello di “Vasileus” (re) che, a partire
da Eraclio, viene considerato il vero titolo imperiale. Quando però diversi sovrani locali, come per
esempio quelli tedeschi e bulgari, ottengono dall’imperatore il titolo di Vasileus, l’imperatore, con
sede a Costantinopoli, porta il titolo di Avtokrator (imperatore) oppure Vasileus tuv romeon.
Lo Stato si identifica con l’imperatore, che, nonostante venisse, secondo tradizione, eletto per
volontà di Dio, sulla Terra esiste un’autorità suprema che deve rispettare anche lui, e che si chiama
legge. Perciò egli non può né revocare, né modificare le decisioni dei concili della Chiesa.
Struttura statale romana, cultura greca e religione cristiana sono le fonti culturali dello sviluppo
dell’impero. Il termine bizantino è inventato dagli storici occidentali, ma i Greci stessi non lo
conoscevano neppure; essi continuavano a chiamarsi Romani (Romei in greco), mentre gli
imperatori con sede a Costantinopoli si consideravano imperatori romani, successori ideali dei
Cesari dell’antica Roma, nonché capi dell’ecumene cristiano. Anche i sultani, una volta diventati
padroni di Costantinopoli, non si consideravano solo capi dei Turchi, ma bensì i veri imperatori
dell’impero romano, dunque anch’essi successori dei Cesari dell’antica Roma.
L’impero fondato da Ottone I non ha il proprio nome, ma successivamente si chiamerà così:
 “Imperium romanum”, sotto Corrado II, chiamato il Salico (governò dal 1027 al 1039);
 “Imperium”, sotto Federico Barbarossa (dal 1152 al 1190);
 “Sacrum romanum imperium”, sotto Guglielmo d’Olanda (dal 1248 al 1256);
 “Sacro romano impero della nazione tedesca”, nel periodo che va dal 1440 al 1806.
Questo nome però non indicava il possesso della nazione germanica, bensì la parte dell’impero
situata a nord delle Alpi e abitata dai Tedeschi. E’ Giuseppe II d’Asburgo che rinuncia alla dignità
imperiale.
L’impero romano cristiano, per molti versi eterogeneo, nella sua fase di massima espansione, alla
metà del VI secolo, comprendeva popolazioni di etnie, lingue e culture profondamente diverse.
Nel Cristianesimo trovò un determinante mezzo di unificazione statale. L’impero romano si
qualifica a tutti gli effetti come uno Stato teocratico, in cui l’imperatore subordina il suo potere,
teoricamente assoluto, alla legge, basata sulla dottrina della Chiesa, definita nei concili ecumenici.
I patriarchi di Roma, di Costantinopoli, di Gerusalemme, di Alessandria e di Antiochia sono
interlocutori non soltanto privilegiati ma anche inevitabili dell’imperatore.
Le dispute teologiche non sono terreno di pochi ma coinvolgono sia le alte che le basse sfere della
società; e dunque questa commistione tra antico e moderno, tra razionalità romana e spiritualità
greco-orientale, tra realistica gestione della cosa pubblica e sacralità della figura imperiale, tra
pratica politica e religiosità profonda, che caratterizza l’impero fin dal suo nascere. Ed è proprio tra
V e VI secolo che riprende corpo il sogno di un rinnovamento dell’impero romano universale che,
pur non potendo più comprendere il mondo conosciuto, raccogliesse in sé almeno tutto l’ecumene
cristiana. Nel mondo dell’impero romano cristiano, l’imperatore era depositario, almeno
teoricamente, di un potere assoluto. Il Vasilevs esercitava direttamente la massima giurisdizione
su tutti gli apparati statali, dalla giustizia al fisco, dalla difesa all’amministrazione della cosa
pubblica. Egli era investito di un’autorità assoluta che gli discendeva direttamente da Dio, ma che
egli esercitava nell’ambito di un complesso sistema di leggi che si richiama direttamente alla
tradizione romana. I sudditi dell’impero non videro mai l’imperatore come un tiranno e se continui
colpi di Stato portarono alla frequente destituzione dell’Avtokrator, l’esistenza dell’autorità della
carica imperiale non vennero mai messe in discussione.
Ampie zone dell’Occidente erano sempre rimaste in massima parte agricole e si può dire anche
sottosviluppate. Un’economia così non poteva far fronte alle complesse ripercussioni di un secolo
di tassazioni senza precedenti. Nel V secolo, la ricchezza dell’Occidente si è quasi esaurita nelle
mani di poche grandi famiglie; nella parte orientale dell’impero, la maggiore importanza del
commercio e il moltiplicarsi di città piccole ma piene di vita nell’entroterra mediterraneo aveva
creato una società più equilibrata. I proprietari terrieri di una città della parte orientale dell’impero
potevano essere molto ricchi e molto conservatori ma, mentre la Gallia e l’Italia diventavano
possedimenti di una mezza dozzina di grandi clan, nella sola Antiochia almeno 10 famiglie erano in
concorrenza per ottenere il predominio. I contadini dell’Asia Minore, della Siria e dell’Egitto erano
molto diversi dai servi della gleba delle province occidentali. segregati e costretti a lavorare con la
forza. Essi ottenevano per il grano che portavano in città un prezzo sufficiente a pagare l’affitto e le
tasse; pertanto erano in grado di soddisfare le richieste del governo senza essere mandati nelle
tenute dei grandi proprietari. Alla metà del V secolo, la differenza di atmosfera tra le due parti
dell’impero era in gran parte conseguenza di un diverso ruolo che vi rappresentava l’uomo
qualunque. Quando la Gallia era terrorizzata dalle rivolte contadine provocate dalle tasse e dagli
affitti esorbitanti, gli agricoltori della Siria potevano costruirsi solide case di pietra in villaggi. I
proprietari dei terreni situati nella Palestina avevano mantenuto in efficienza un sistema di
irrigazione che faceva del lago di Galilea e del Negel un giardino.
Il divario tra la parte occidentale dell’impero e il Mediterraneo orientale, che è la più importante
eredità immediata del mondo tardoantico, risale a questi contrasti.
L’INCORONAZIONE DI CARLO MAGNO
Papa Leone III aveva preparato le “acclamazioni e le laudes cantate dal clero, secondo il rituale
previsto per l’incoronazione degli imperatori”, mentre Carlo Magno, “che si era prostrato davanti
alla confessione di San Pietro” stava per alzarsi, Leone III gli pose sul capo la corona, che non si
può chiamare imperiale, in quanto quella imperiale vera e propria si trovava a Costantinopoli, sin
dal 314. Secondo Eginardo, biografo di Carlo Magno, citato da Marco Maiorino, archivista
dell’archivio segreto vaticano, il re dei Franchi avrebbe manifestato un certo disappunto per
quanto avvenne la notte di Natale dell’800. Eginardo accoglie una versione poetica dell’evento
storico, traendo spunto da un certo filone dell’archivistica franca, che insiste sulla sorpresa di Carlo
Magno di fronte alla propria incoronazione, nell’intento di scongiurare un incidente diplomatico
tra la corte francese e quella greca, legittima detentrice della dignità imperiale. In effetti, il
pontefice, in contrasto con gli atti del rituale imperiale, incorona Carlo, prima che questi fosse
acclamato imperatore dal clero e dal popolo e rivendicando così alla persona del pontefice la
facoltà di conferire la dignità imperiale. Il gesto compiuto da Leone III non avrebbe mai convinto
Carlo Magno, in quanto nell’813, un anno prima di morire, pone personalmente la propria corona
sul capo del figlio Ludovico il Pio, senza chiederne l’autorizzazione del papa. Anche Ludovico il Pio,
come suo padre Carlo Magno, continua ad avere buoni rapporti con gli imperatori con sede a
Costantinopoli, che presuppone il riconoscimento dei primi come re dei Franchi e dei secondi
come legittimi imperatori di tutto l’impero.
I CALIFFI
Califfo: in arabo “Khilafa”, successione o luogotenenza; il califfo è successore di Maometto e
vicario (rappresentante pro tempore di Allah sulla terra). I califfati:
 Medina (dal 632 al 661);
 Damasco (dal 661 al 750);
 Baghdad (dal 750 al 1258);
 Cairo (dal 1258 al 1517);
 Di Andalusia, che dipendeva da Baghdad.
Nel 1258, la città di Baghdad viene conquistata dai Mongoli di origine musulmana. Un ramo
secondario della dinastia abbaside si rifugiò a Cairo, dando vita al nuovo califfato.
EMIRO= Al Mu’minin
Imam= colui che sta davanti, essere la guida spirituale. Imam sta davanti agli oranti dando modo a
d essi di correggere eventuali errori nei movimenti che comporterebbero l’invalidità della Salat
(preghiera canonica). Storicamente, l’imam è il capo della comunità islamica (umma).
SULTANO= proviene dalla parola siriana “sulta”, che significa “forza, podestà, autorità, potere
assoluto”.
L’IMPERO ROMANO MUSULMANO
Tra i cinque assedi russi posti a Costantinopoli (860; 867; 907; 941; 944) si svolge il processo di
piena cristianizzazione degli Slavi per opera dei missionari mandati da Costantinopoli da una parte
e da Roma dall’altra. Costantinopoli e il piccolo territorio dell’Asia Minore e l’Europa vengono
aggrediti già nell’XI secolo; nel 1071 i Turchi devastano la città di Nira e costringono la popolazione
a fuggire sulle montagne. Tra 1371 e 1459 i Turchi si impossessano di diversi territori imperiali
dell’Asia minore e anche dei regni di Serbia e Bulgaria. Tra il 1463 e il 1541, i Turchi si
impossessano dei regni di Bosnia e Ungheria. Dal 1453, possiamo parlare di Impero romano
musulmano. Nel 1512, il sultano Selim I aggredisce la Siria abitata dai Musulmani e sotto il dominio
degli Arabo-musulmani; all’epoca la Siria dipendeva dal califfato di Cairo. Tra il 1512 e 1517
conquista i territori tra Siria ed Egitto per entrare nel Cairo e successivamente conquistare il
territorio della Libia di oggi, Algeria di oggi e Tunisia di oggi.
Nella parte asiatica ed africana, l’impero romano musulmano conquista i territori abitati e
governati dai musulmani.
Nel 1534 Solimano il Magnifico (figlio di Selim I) conquista l’Iraq ed entra a Baghdad.
Nel 1578 si cerca un pretesto per arrivare sulle rive dell’Oceano Indiano; i Turchi attaccarono la
Persia perché erano sciiti. Gli imperatori romani musulmani, chiamati sultani, si muovono tre volte
verso Roma, con lo scopo di conquistarla, costringendo i papi ad organizzare le Leghe Sante.
1537-1540 e 1570-1573: guerra veneto-ottomana; via mare per arrivare a Roma;
1683-1699: guerra asburgico-ottomana: zona danubiano-balcanica
I sultani fanno delle conquiste con lo scopo di allargare le frontiere dell’impero e di ingrandire la
potenza dello Stato, ma non con lo scopo di allargare l’Islam e di annientare il Cristianesimo.
E’ da notare però che nei territori conquistati i sultani impongono l’Islam come religione ufficiale
dello Stato. Applicano dunque lo stesso criterio messo in atto dai Paesi cristiani: “cuius regio eius
religio”. La Santa Sede non organizza le Leghe Sante con lo scopo di distruggere l’Islam ma per
fermare l’avanzata dei sultani verso Roma.
1686: Russia-Crimea
1688: Asburgo a Belgrado
1688: Francia difende Impero ottomano
LEGA SANTA 1683/1684:
 Santa Sede
 Impero asburgico
 Polonia e Granducato di Lituania
 Repubblica Veneta
I Giannizzeri erano i più tristi uomini dell’Impero romano perché il sistema statale li allontanava
dalla vita con lo scopo di trovare in loro uno dei più importanti appoggi della propria potenza.
Come ex-cristiani, furono predestinati a rimanere senza passato e nel futuro potevano vedere
tutta la propria vita tutta dedicata al servizio del sultano e, tramite esso, all’impero e soprattutto
all’Islam. Tra loro e la vita i Giannizzeri non mettevano Dio, come per esempio i cavalieri
dell’Occidente, ma la carriera che potevano realizzare soltanto coloro che avevano il più adatto
comportamento alle esigenze del sistema statale basato sulle leggi religiose musulmane, lo Sheria.
Anche altri furono sottoposti alla stessa legge per servire gli stessi scopi dell’impero, ma soltanto i
Giannizzeri furono isolati perché isolati dalla vita, rimanessero fidati portatori e realizzatori del
vero ordine ed assetto.
Da una parte i Giannizzeri furono orgogliosi perché a loro era stato affidato il ruolo di custodi delle
antiche virtù dell’impero, per essere loro l’incarnazione della sua idea e per essere loro la mano
destra del Sultano.

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