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Laura Di Marco 3B LSU

A.LEGGERE E RIASSUMERE (10-12 RIGHE MAX) L’EPISTOLA “L’ASCESA AL MONTE VENTOSO” di pag.
411 (Considera come traccia dei contenuti fondamentali le domande 1-4 di pag. 413).
A.Nell’ascesa al Monte Ventoso, i due protagonisti Francesco Petrarca e suo fratello Gherardo,
compiono un viaggio presso il monte ventoso, che si trovava in Provenza verso Valchiusa. Il loro
obbiettivo era quello di giungere sulla vetta dello stesso monte. Questo viaggio può essere inteso
come rappresentazione della vita dello stesso autore sotto forma di allegorie.
I due fratelli giunsero ai piedi del monte la sera, infatti cominciarono la salita solo il giorno seguente,
in modo da riprendersi, inoltre entrambi erano accompagnato da un servo.
Inizialmente i due riuscirono a salire il monte con molta facilità, nonostante la natura del luogo, data
la loro giovinezza. Poco dopo incontrarono un vecchio pastore, che raccontò loro di aver fatto il loro
medesimo viaggio, e dicendo loro che era una fatica inutile giungere fino in cima. Francesco e
Gherardo non diedero ascolto al pastore e continuarono il loro viaggio. Numerose volte Petrarca
cercò di imboccare sentieri meno ripidi ma più lunghi che portassero alla cima, ma tale scelta porto
solo maggiore difficolta e stanchezza all’autore. Il suo scopo infatti era quello di trovare una
soluzione più semplice per risolvere la stessa questione, data la sua pigrizia.
Il poema termina con i due protagonisti che riuscirono ad arrivare alla cima del monte, raggiungendo
il loro scopo. Arrivati sulla vetta de monte si presero del tempo per leggere qualche riga delle
“confessioni di Agostino” , che per l’autore sembravano descrivere appieno il suo comportamento,
che a sua volta provò un forte sconforto e senso di colpa per se stesso, stando in silenzio lungo tutta
la discesa.

B. COMPLETA LA TABELLA INDIVIDUANDO LE ESPRESSIONI E LE IMMAGINI RICORRENTI NELLE


PAGINE DEL SECRETUM, DEL DE VITA SOLITARIA, DELL’EPISTOLA “L’ASCESA AL MONTE VENTOSO” E
SPIEGALE IN RELAZIONE AI CONTENUTI PRINCIPALI DELLA RIFLESSIONE DI PETRARCA.

FRASE-IMMAGINE SECRETUM DE VITA SOLITARIA ASCESA AL MONTE


SPIEGAZIONE VENTOSO
Attaccamento ai beni SECRETUM, II Vv16-21 Vv 68-74
terreni Vv 5-8 (egli confessa “Quanto valuti, infine, “Cosa dunque ti
di compiere molti dei non invecchiare tra i trattiene? Nient’altro,
peccati capitali che fastidi, non pre- evidentemente, se
non portano alla mere sempre ed esser non la strada più
benevolenza di Dio) premuto fra uno pianeggiante che
Vv 15-18 stuolo di salutatori, passa per i bassi
“Un solo qualsiasi di non aver mozzo il piaceri della terra e
questi motivi non respiro, né sudare in che a prima vista
sarebbe per sé pie- sembra anche più
abbastanza valido. Se no inverno colpito da agevole; ma quando
fossi messo alla prova tristi esalazioni; non avrai molto vagato,
in un cimento singolo, disimparare l’umanità allora sarai finalmente
resisterei certamente; in mezzo agli uomini e, costretto a salire sotto
ma ora sono travolto infastidito, il peso di una fatica
da tutto un loro prendere in odio ogni malamente differita
esercito.” cosa, gli uomini, gli verso la vetta della
(in questi versi si affari, coloro che ami, beatitudine, oppure a
capisce che Petrarca te stesso? non cadere spossato nelle
nonostante sia dimenticare le cose valli dei tuoi peccati; e
attratto dai beni e che se mai – inorridisco al
dalle passioni terrene ti stanno a cuore per pensiero – le tenebre
riesce comunque a dedicarti a molte che e l’ombra della morte
sconfiggere il male non ti fanno piacere?” lì dovessero coglierti,
che gli portano) dovrai vivere una
SECRETUM, III notte eterna in
Francesco dà ragione perpetui tormenti».”
al santo ma neppure Vv 105-115
questa volta prende la “Troppi sono ancora
decisione di rinunciare gli interessi che mi
alle sue passioni e di producono incertezza
cambiare vita. Fa solo ed impaccio. Ciò che
questa promessa: Sarò ero solito amare, non
presente a me stesso amo più; mento: lo
quanto potrò, amo, ma meno; ecco,
raccoglierò gli sparsi ho mentito di nuovo:
frammenti della mia lo amo, ma con più
anima e vergogna, con più
diligentemente tristezza; finalmente
vigilerò su di me. ho detto la verità. È
proprio così: amo, ma
ciò che amerei non
amare, ciò che vorrei
odiare; amo tuttavia,
ma contro voglia, nella
costrizione, nel pianto,
nella sofferenza. In me
faccio triste
esperienza di quel
verso di un
famosissimo poeta:
«Ti odierò, se posso;
se no, t’amerò contro
voglia». Non sono
ancora passati tre anni
da quando quella
volontà malvagia e
perversa che tutto mi
possedeva e che
regnava incontrastata
nel mio spirito
cominciò a provarne
un’altra, ribelle e
contraria; e tra l’una e
l’altra da un pezzo, nel
campo dei miei
pensieri, s’intreccia
una battaglia ancor
oggi durissima e
incerta per il possesso
di quel doppio uomo
che è in me».”
Vv151-156
“sdegnato con me
stesso
dell’ammirazione che
ancora provavo per
cose terrene quando
già da tempo, dagli
stessi filosofi pagani,
avrei dovuto imparare
che niente è da
ammirare tranne
l’anima, di fronte alla
cui grandezza non c’è
nulla di grande.
Soddisfatto oramai, e
persino sazio.”
Isolamento Vv 1-15 Vv 147-160
“Dimmi, o padre, “Soddisfatto oramai, e
quanto valuti tu questi persino sazio della
beni che sono alla vista di quel monte,
portata di tutti: vivere rivolsi gli occhi della
come vuoi, anda- mente in me stesso e
re dove vuoi, stare da allora nessuno mi
dove vuoi, riposare di udì parlare per tutta la
primavera sopra un discesa: quelle parole
giaciglio di fiori tormentavano il
purpurei, d’autunno mio silenzio. Non
tra potevo certo pensare
mucchi di foglie che tutto fosse
cadute; ingannare accaduto
l’inverno con lo casualmente; sapevo
starsene al sole, anzi che quanto avevo
l’estate con l’ombra e letto era stato scritto
non sentire per me, non per altri;”
né l’una né l’altra Vv 190-192
stagione se non fin “Mentre poi i servi
dove tu vuoi? Ma in erano affaccendati nel
ogni stagione essere preparare la cena, mi
padrone di te, e, do- sono ritirato tutto solo
vunque ti trovi, vivere in un angolo della casa
con te stesso, lontano per scriverti, in fretta
dai mali, lontano e quasi
dall’esempio dei improvvisandole,
cattivi, senza essere queste pagine; non
spinto, urtato, volevo infatti che,
influenzato, incalzato; differendole, magari
senza essere mutando con i luoghi i
trascinato a un sentimenti, mi si
banchetto mentre spegnesse il desiderio
preferiresti aver di scriverti.”
fame, costretto a
parlare mentre
brameresti star zitto, o
salutato in un
momento
inopportuno, o af-
ferrato e trattenuto
agli angoli delle strade
e, secondo i dettami di
un’educazione
grossolana e scioc-
ca, messo tutto il
giorno in berlina a
osservare chi ti passa
dinanzi: chi ti guarda
ammirandoti come
una rarità, chi arresta
il passo quando
t’incontra, chi
curvandosi si accosta
al compagno e gli
sussur-
ra non so che
nell’orecchio
sommessamente,
oppure chiede di te a
quelli in cui s’imbatte;
chi ti spinge
tra la folla dandoti
fastidio, o ti cede il
passo dandoti ancor
più fastidio; chi ti
porge la mano, chi se
la
porta al capo; chi si
appresta a farti un
lungo discorso quando
c’è poco tempo, chi
ammicca senza par-
lare e passa avanti
stringendo le labbra.”
Amor sacro e amor SECRETUM, III Tutto il passo è un Vv 192-197
profano Vv 57-60 confronto tra amor “Tu vedi dunque,
“AGOSTINO: hai sacro e amor profano amatissimo padre,
distolto l’animo tuo come io non ti voglia
tutto dall’amore del nascondere nulla di
divino, dal creatore lo me, io che con tanta
ha indirizzato a cura ti svelo non solo
desiderare la creatura. tutta la mia vita, ma
Questa, e solo questa, tutti i miei segreti
è stata la via più pensieri, uno per uno;
rapida verso la morte” prega per essi, te ne
“FRANCESCO: Non supplico, perché
dare un giudizio erranti e incerti da
affrettato, ti prego: tanto tempo,
l’amore per lei mi ha finalmente si
consentito di amare arrestino, e dopo
Dio, non c’è dubbio.” essere stati trascinati
Vv 63-74 inutilmente per ogni
Vv 140-163 dove, si rivolgano
all’unico bene,
veramente certo e
duraturo. Addio.”
Desiderio di SECRETUM, III Il passo, vv 22-25 Vv 58-67
“beatitudine eterna” “Francesco. Non dare tratto dal I libro del De “Deluso, sedevo
un giudizio affrettato, vita solitaria, esalta la spesso in qualche
ti prego: l’amore per solitudine come valletta e lì,
lei mi ha consentito di libertà dello spirito, trascorrendo
amare Dio, non c’è propizia all’attività rapidamente dalle
dubbio.” «nessuno di noi vive cose corporee alle
per se stesso, nessuno incorporee, mi
muore per se stesso: imponevo riflessioni di
perché se viviamo, questo genere: «Ciò
viviamo per il Signore, che hai tante volte
se moriamo, moriamo provato oggi salendo
per il Signore» –, per su questo monte, si
te stesso vive- re o ripeterà, per te e per
morire, in modo da tanti altri che vogliono
vivere e morire non accostarsi alla
per altri che per il beatitudine; se gli
Signore?.” uomini non se ne
rendono conto tanto
facilmente, ciò è
dovuto al fatto che i
moti del corpo sono
visibili, mentre quelli
dell’animo sono
invisibili ed occulti. La
vita che noi
chiamiamo beata è
posta in alto e stretta,
come dicono, è la
strada che vi conduce.
Inoltre vi si
frappongono molti
colli, e di virtù in virtù
dobbiamo procedere
per nobili gradi; sulla
cima è la fine di tutto,
è quel termine verso il
quale si dirige il nostro
pellegrinaggio. Tutti
vogliono giungervi, ma
come dice Ovidio,
«volere è poco;
occorre volere con
ardore per
raggiungere lo
scopo».”
Vv 74-80
“Non so dirti quanto
tale pensiero mi
rinfrancasse anima e
corpo per il resto del
cammino. E potessi
compiere con l’anima
quel viaggio cui giorno
e notte sospiro così
come, superata
finalmente ogni
difficoltà, oggi l’ho
compiuto col corpo! E
io non so se quello che
in un batter d’occhio e
senza alcun
movimento locale può
realizzare l’anima di
sua natura eterna e
immortale, debba
essere più facile di
quello che si deve
invece compiere in
una successione di
tempo, con il concorso
di un corpo destinato
a morire e sotto il
peso grave delle
membra.”
Vv 133-138
“Mentre ammiravo
questo spettacolo in
ogni suo aspetto ed
ora pensavo a cose
terrene ed ora, invece,
come avevo fatto con
il corpo, levavo più in
alto l’anima, credetti
giusto dare uno
sguardo alle
Confessioni di
Agostino, dono del tuo
affetto, libro che in
memoria dell’autore e
di chi me l’ha donato,
io porto sempre con
me: libretto di piccola
mole ma d’infinita
dolcezza.”
Vv192-197
“Tu vedi dunque,
amatissimo padre,
come io non ti voglia
nascondere nulla di
me, io che con tanta
cura ti svelo non solo
tutta la mia vita, ma
tutti i miei segreti
pensieri, uno per uno;
prega per essi, te ne
supplico, perché
erranti e incerti da
tanto tempo,
finalmente si
arrestino, e dopo
essere stati trascinati
inutilmente per ogni
dove, si rivolgano
all’unico bene,
veramente certo e
duraturo. Addio.”
Culto dei classici SECRETUM, III Vv22-24 Vv87-89
Vv 135-136 nessuno di noi vive “Mi volgo d’attorno: le
“Rimase stupita al per se stesso, nessuno nuvole mi erano sotto
primo apparire la muore per se stesso: i piedi e già mi
sodonia perché se viviamo, divennero meno
Didone”…”Didone viviamo per il Signore, incredibili l’Athos e
arde d’amore” se moriamo, moriamo l’Olimpo nel vedere
con il riferimento a per il Signore coi miei occhi, su un
Didone, nominata Vv40-51 monte meno
nell’opera di Virgilio, “È questo un frutto – e celebrato, quanto
l’Eneide. non è l’ultimo – della avevo letto ed udito di
Vv 151-152 vita solitaria: chi non essi.”
“Come dice Seneca, l’ha gu- stato non (Sono due Monti della
nel mio seguire la l’intende. Frattanto – Grecia, celebrati dai
pratica della virtù non per non tacere di poeti dell’antichità,
mi venisse meno ne occupazioni più latino e cristiani.
l’esempio ne la comuni – dedicarsi L’olimpo era
riprensione. “Petrarca alla lettura e al- la considerato dagli
fa riferimento a scrittura, alternando antichi greci la sede
Seneca, classico l’una come riposo degli dei.)
filosofo, politico e dell’altra, leggere ciò Vv102-105
drammaturgo latino. che scrissero gli “Verrà forse un giorno
La citazione è tratta da antichi, scrivere ciò in cui potrò
una sua commedia che leggeranno i enumerarle
“Fedra”. posteri, a questi nell’ordine stesso in
almeno, se a quelli cui sono avvenute,
non possiamo, premettendovi le
mostrare la parole di Agostino:
gratitudine dell’ani- «Voglio ricordare le
mo nostro per il dono mie passate
delle lettere ricevuto turpitudini, le carnali
dagli antichi; e verso corruzioni dell’anima
gli antichi stessi non mia, non perché le
essere ingrati nei limiti ami, ma per amare te,
che ci sono consentiti, Dio mio».”
ma render noti i loro (Il passo è tratto dalle
nomi se sconosciuti, confessioni di
farli ritornare in onore Agostino. Il richiamo
se caduti in ad Agostino è
dimenticanza, trarli costante nel passo.
fuori dalle macerie del Vv 110-111
tempo, tramandarli “«Ti odierò, se posso;
alle generazioni dei se no, t’amerò contro
proni- poti come degni voglia».”
di rispetto, averli nel (Si tratta di Ovidio,
cuore, averli sulle amori)
labbra come una dolce Si nota anche nei vv
cosa; in tutti i modi in- 135-138
somma, amandoli, “, come avevo fatto
ricordandoli, con il corpo, levavo
esaltandoli, render più in alto l’anima,
loro un tributo di credetti giusto dare
riconoscenza, se non uno sguardo alle
proporzio- nato, certo Confessioni di
dovuto ai loro meriti.” Agostino, dono del tuo
affetto, libro che in
memoria dell’autore e
di chi me l’ha donato,
io porto sempre con
me: libretto di piccola
mole ma d’infinita
dolcezza.”
Vv 145-149
“vi lessi: «e vanno gli
uomini a contemplare
le cime dei monti, i
vasti flutti del mare, le
ampie correnti dei
fiumi, l’immensità
dell’oceano, il corso
degli astri e
trascurano se stessi».”
Vv160-174
“come lui stesso
racconta, lesse queste
parole: «non
gozzoviglie ed
ebbrezze, non lascivia
e impudicizie, non
risse e gelosia, ma
rivestitevi del Signore
Gesù Cristo, e non
seguite la carne nelle
sue concupiscenze».
La stessa cosa era già
accaduta ad Antonio
quando, leggendo nel
Vangelo «se vuoi
essere perfetto, va’,
vendi quello che
possiedi e dallo ai
poveri; vieni, seguimi
e avrai un tesoro nei
cieli», come se quelle
parole fossero state
scritte per lui (lo dice
Atanasio autore della
sua vita), si guadagnò
il regno celeste. E
come Antonio, udite
quelle parole, non
chiese altro; e come
Agostino, letto quel
passo, non andò oltre,
così anch’io raccolsi
tutta la mia lettura in
quelle parole che ho
riferito, riflettendo in
silenzio quanta fosse
la stoltezza degli
uomini i quali,
trascurando la loro
parte più nobile, si
disperdono in mille
strade e si perdono in
vani spettacoli,
cercando all’esterno
quello che si potrebbe
trovare all’interno;
pensando a quanta
sarebbe la nobiltà del
nostro animo se, di
per sé tralignando,
non si allontanasse
dalle sue origini e non
convertisse in
vergogna le doti che
Dio gli diede in suo
onore.”
Vv182-185
“Veramente felici, se
pur ce ne sono, coloro
dei quali credo volesse
dire il poeta: «felice
chi poté scoprire il
perché delle cose e
tiene sotto di sé
calpestato ogni timore
e il destino
implacabile e lo
strepito dell’esoso
Acheronte».”
sofferenza SECRETUM, II Vv27- 40 Vv 40-58
Vv 5-13 “passare con tutto “Ma come spesso
“È vero; e a ciò l’universo; e non avviene, a un grosso
s’aggiunge che mentre dover sopportare le sforzo segue
in tutte quante le molestie di una vec- rapidamente la
passioni da cui sono chiaia furtivamente stanchezza, ed eccoci
oppresso è commisto insinuantesi, prima di a sostare su una rupe
un che di dolcezza, sia averne sospettato non lontana. Rimessici
pur falsa, in questa l’appressarsi (questo in marcia, avanziamo
tristezza invece tutto è accade a tutte le di nuovo, ma con più
aspro, doloroso e persone indaffarate), lentezza; io
orrendo; e c’è aperta ma vederla molto soprattutto, che mi
sempre la via alla tempo prima, e arrampicavo per la
disperazione e a tutto prepararle un corpo montagna con passo
ciò che sospinge le sano e un animo più faticoso, mentre
anime infelici alla sereno. Sapere che mio fratello, per una
rovina. Aggiungi che questa non è la vita, scorciatoia lungo il
delle altre passioni ma l’ombra della vita; crinale del monte,
soffro tanto frequenti un albergo, non una saliva sempre più in
quanto brevi e casa; una strada, non alto. Io, più fiacco,
momentanei gli la patria; una palestra, scendevo giù, e a lui
assalti; questo male non una stanza. Non che mi richiamava e
invece mi prende amare ciò che è mi indicava il
talvolta così transitorio e cammino più diritto,
tenacemente, da desiderare ciò che rispondevo che
tormentarmi nelle sue rimane: ma finché speravo di trovare un
strette giorno e notte; quello ci è accanto, sentiero più agevole
e allora la mia sopportarlo in pace. dall’altra parte del
giornata non ha più Ricordar sempre di monte e che non mi
per me luce né vita, essere mortali, cui dispiaceva di fare una
ma è come notte tuttavia è stata strada più lunga, ma
d’inferno e assicurata più piana. Pretendevo
acerbissima morte. E l’immortalità. Far così di scusare la mia
tanto di lagrime e di andare indietro la pigrizia e mentre i
dolori mi pasco con memoria, miei compagni erano
non so quale atra vagabondare con già in alto, io vagavo
voluttà, che a l’animo per tutti i tra le valli, senza
malincuore (e questo tempi, per tutti i scorgere da nessuna
si può ben dire il luoghi; fermarsi qua e parte un sentiero più
supremo colmo delle là, e parlare con tutti dolce; la via, invece,
miserie!) me ne quelli che furono cresceva, e l’inutile
stacco.” uomini illustri2; fatica mi stancava.
Vv 20-36 dimenticare così gli Annoiatomi e pentito
“Ogni volta che mi è autori di tutti i mali oramai di questo
inferta qualche ferita che ci sono accanto, girovagare, decisi di
dalla fortuna, resisto talvolta anche noi puntare direttamente
impavido, ricordando stessi, e spinger verso l’alto e quando,
che spesso, benché da l’animo tra le co- se stanco e ansimante,
essa gravemente celesti innalzandolo al riuscii a raggiungere
colpito, ne uscii di sopra di sé; mio fratello, che si era
vincitore. Se tosto meditare su ciò che lì intanto rinfrancato
essa raddoppia il accade, accendere con con un lungo riposo,
colpo, comincio un la meditazione il per un poco
poco a vacillare; che desiderio, ed esortare procedemmo insieme.
se alle due percosse per converso te Avevamo appena
ne succedono una stesso, accostando al lasciato quel colle che
terza e una quarta, tuo cuore già in già io, dimentico del
allora sono costretto a fiamme le fiaccole, per primo errabondare,
ritirarmi – non già con co- sì dire, delle parole sono di nuovo
fuga precipitosa ma ardenti.” trascinato verso il
passo passo – nella basso, e mentre
rocca della ragione. attraverso la vallata
Ivi, se avviene che la vado di
fortuna mi si accanisca
intorno con tutta la nuovo alla ricerca di
sua schiera, e mi lanci un sentiero
addosso per pianeggiante, ecco
espugnarmi le miserie che ricado in gravi
della umana difficoltà. Volevo
condizione e la differire la fatica del
memoria dei passati salire, ma la natura
affanni e il timore dei non cede alla volontà
venturi, allora umana, né può
finalmente, battuto da accadere che qualcosa
ogni parte e atterrito di corporeo raggiunga
dalla congerie di tanti l’altezza discendendo.
mali, levo lamenti. Di lì Insomma, in poco
sorge quel mio grave tempo, tra le risa di
dolore: come ad uno mio fratello e nel mio
che sia circondato da avvilimento, ciò mi
innumerevoli nemici e accadde tre volte o
a cui non si apra più.”
alcuno scampo né Vv177- 186
alcuna speranza di “Quante volte quel
clemenza né alcun giorno – credilo – sulla
conforto, ma ogni via del ritorno ho
cosa lo minacci. Ecco, volto indietro lo
le macchine sono sguardo alla cima del
drizzate, sotto terra i monte! Eppure mi
cunicoli sono scavati, parve ben piccola
già oscillano le torri; le altezza rispetto a
scale sono appoggiate quella del pensiero
ai bastioni; umano, se non viene
s’agganciano i ponti affondata nel fango
alle mura; il fuoco delle turpitudini
percorre le palizzate. terrene. Ed anche
Vedendo d’ogni parte questo pensiero mi
balenare le spade e venne quasi ad ogni
minacciosi i volti passo: se non ho
nemici, e prevedendo esitato a spendere
prossimo l’eccidio, tanta fatica e sudore
non paventerà esso e per accostare solo di
non piangerà, posto un poco il mio corpo al
che, se anche cessino cielo, quale croce,
questi pericoli, già quale carcere, quale
solo la perdita della tormento potrebbero
libertà è dolorosissima atterrire un’anima nel
agli uomini fieri?” suo cammino verso
Vv 45-51 Dio, mentre calpesta
“Non è in me piaga le superbe vette della
così antica che abbia temerarietà e gli
ad essere cancellata umani destini; e
dalla dimenticanza; le quest’altro: quanti
cose che mi non vengono distratti
tormentano sono da questo sentiero per
tutte recenti. E ancor timore dei patimenti o
che col tempo qualche per amore dei piaceri?
cosa si fosse potuta Veramente felici, se
sanare, la fortuna pur ce ne sono, coloro
torna così spesso a dei quali credo volesse
percuotere in quel dire il poeta: «felice
punto, che nessuna chi poté scoprire il
cicatrice può mai perché delle cose e
saldare l’aperta piaga. tiene sotto di sé
Aggiungi calpestato ogni timore
l’aborrimento e il e il destino
disprezzo dello stato implacabile e lo
umano; da tutte strepito dell’esoso
queste cagioni Acheronte». Ma
oppresso, non mi quanta fatica dovremo
riesce di non essere durare per tenere
tristissimo. Non do sotto i piedi non una
importanza che terra più alta, ma le
questa si chiami o passioni che si levano
aegritudo o accidia o da istinti terreni!”
come altrimenti vuoi.
Siamo d’accordo sulla
sostanza.”
Vv 57-64
“FRANCESCO Tutto
quanto primamente
vedo, odo ed intendo.
AGOSTINO Perbacco,
non ti piace nulla di
nulla.
FRANCESCO O nulla o
proprio poche cose.
AGOSTINO Speriamo
almeno che ti piaccia
ciò che è salutare! Ma
che ti spiace di più?
Rispondimi per favore.
FRANCESCO Ti ho già
risposto.
AGOSTINO Tutto ciò è
caratteristico di quella
che ho chiamata
accidia. Tutte le cose
tue ti spiacciono.”
( in questi versi si può
notare la continua
sofferenza di Petrarca,
ma seppure atroce
essa è una sorta di
compiacimento, una
voluttà di soffrire; ed è
ciò che impedisce
all’autore di
riscattarsi, generando
in lui un’accettazione
di tale male.)

C. GUARDARE AL LINK SOTTOINDICATO LA VIDEO CONFERENZA DEL PROF. PIETRO GIBELLINI “LA
PESTE IN MANZONI” del 31 marzo 2020 E RISPONDERE ALLE DOMANDE DI SEGUITO:

https://www.youtube.com/watch?v=6i3txjdmPZc

1.Come si può definire un “Classico”?


1. Si può definire un classico, un libro che riesce a parlarci continuamente, un classico è un libro che
non ha mai finito di dire quel che ha da dire.
2. Perché Manzoni può essere considerato uno storico? In quali punti del romanzo è evidente
questo?
2. Manzoni può essere considerato uno storico, perché la ricostruzione storica del contagio, del
1630, è davvero meticolosa, egli stesso fece ricerca di prima mano, poiché l’autore usa come
riferimenti fatti di stampa dell’epoca e manoscritti allora inediti, ad esempio il “de pestilentia” del
cardinal Federico, da cui trasse la memorabile pagina dedicata alla madre di Cecilia. Trasse inoltre da
tale opera anche il particolare sugli orfani allattati da carpette nel lazzaretto.
3. Quali aspetti della peste manzoniana possono essere raffrontati al momento duro e difficile del
covid19 che stiamo vivendo? Elenca e spiega.
3. Primo fra tutti è il comportamento, la condotta degli esseri umani, perché nonostante la distanza
di secoli, si riproduce nonostante le situazioni diverse. Pensiamo ad esempio al medico cinese che
scoprì il contagio, e che venne perseguitato dalle stesse autorità cinesi perché non creduto, lo stesso
successe al porto fisico Ludovico Settala, il quale non riuscì a persuadere le autorità dicendo loro che
il morbo si stava diffondendo, anzi venne persino accusato di volere la peste.
Come all’epoca anche oggi ci sono purtroppo cause politico-economiche che accecano gli occhi.
Nel 1639 ad un certo punto i negazionisti non potendo più nascondere la verità, cercarono di
confutare la malattia con dei trucchi eufemistici, paragonando la peste ad una febbre maligna. Così
al posto di affrontare la situazione razionalmente, si iniziò a dare la colpa agli untori e alle streghe,
facendo a sua volta prendere il sopravvento a paura e rabbia sulla ragione. Come nel seicento I
milanesi iniziarono a dare la colpa ai forestieri, ai francesi e a tutti coloro che vivevano in comuni
diversi, I cinesi inzialmente dissero che la colpa era data da un intruglio americano, e poi gli italiani
diedero la colpa ai cinesi e infine gli europei agli italiani.
Un’altro elemento di contatto tra la realtà di adesso e quella descritta da Manzoni, è quello di
trovare il paziente zero. Gli storici del seicento infatti si preoccupano di vedere che il primo che
contrasse il morbo era un soldato valtellinese o un cittadino di lecco al servizio degli spagnoli, come
se fosse importante preservare la memoria di questo nome quando i morti, dice Manzoni, si
stentavano a contare a migliaia. Inoltre è evidente in entrambe le epoche la reiterata presenza di chi
sfrutta tali situazioni per arricchirsi, nel seicento I commercianti d’armi i borsaneristi oggi invece
esistono, coloro che vendono medicine, mascherine, disinfettati ad un prezzo altissimo e spesso
inaccettabile. Nonostante il periodo buio affrontatosi Manzoni riesce a vederci anche del bene,
grazie ad esempio al cardinale. Oggi anche noi riusciamo a consolarci da tale pandemia grazie alle
persone generose che riescono ad affrontare il contagio.
4. Cosa si intende con “truffalderie verbali”?
4. Con il termine truffalderie verbali, così definito da Manzoni, si intende quel processo utilizzato
uper mascherare la realtà con dei trucchi eufemistici, ad esempio per definire un’incerenitore si può
ricorrere ad un altro termine, termovalorizzatore.
5. Spiega il titolo dell’appendice ai Promessi sposi “Storia della colonna Infame”.
5. Il titolo dell’opera deriva dalla storia della caccia agli untori, il processo, la tortura e la condannato
morte di due innocenti che venne ricordata in una colonna che doveva suonare a perpetua infamia
dei condannati ma che resta invece a perpetua infamia dei giudici.
6. Perché la caccia alle streghe è simile alla caccia agli untori? Dai una definizione di untore.
6. Le due cacce si possono definire simili, perché sia le streghe che gli untori venivano ingiustamente
accusati di compiere azioni che erano infondate e soprattutto non causate da loro.
Gli untori durante la peste venivano torturati fino alla confessione , che era sempre falsa dato che gli
accusati pur di non essere torturati nuovamente confessavano colpe che non avevano commesso, lo
stesso avveniva nei processi delle streghe. Inoltre entrambi erano sottoposti a morti atroci, che
consistevano in decapitazioni, roghi e impiccagioni. Infine i corpi, dei morti, venivano fatti sfilare o
mostrati pubblicamente nelle piazze delle città, così che tutti i cittadini potessero vederli.
7. Perché i religiosi del lazzaretto possono ricordare i nostri medici impegnati negli ospedali?
7. I religiosi del lazzaretto possono ricordare i nostri medici, perché anche loro, durante la peste
erano disposti a rischiare la loro vita, per salvare e curare i malati. Oggi mal grado manchino le
attrezzature necessarie per la protezione del contagio, i medici e gli infermieri si impegnano tutti i
giorni per far sopravvivere tutti i malati, purtroppo a volte perdendo la loro stessa vita.
8. Il finale dei Promessi sposi torna ad essere narrativo e i protagonisti tentano di trovare un senso
alle vicende vissute: quale senso deduce Renzo? Quale Lucia? Quale Don Abbondio?
8. Nel finale Renzo e Lucia si interrogano su quale sia il senso delle loro azioni. Abbandonano la
posizione estrema inizialmente assunta. Renzo dice che tutto accade per colpa degli uomini e che
quindi con la buona volontà, gli uomini possono rimediare a tutto. Lucia invece crede che ci sia la
provvidenza o il castigo di Dio. Alla fine i due dicono che il male viene dagli uomini ma viene anche
senza colpa degli uomini, e che un ogni caso l’uso della ragione e della fede può aiutare a
sopportare tutto meglio. Per dire ciò i due protagonisti hanno percorso una parabola; Renzo è stato
rivoltoso, ha partecipato ai tumulti di Milano, si è fatto giustizia da sé e infine da piccolo artigiano è
diventato un industriale. Lucia invece in un momento di paura ha pensato di prendere i voti, la via
del convento. I due infine trovano la loro morale.
Per Don Abbondio il sugo della storia è la peste che ha uccido Don Rodrigo, la sua piccolezza morale
trasforma questo personaggio da comico a grottesco è proposta da Manzoni per far vedere che di
fronte ad avvenimenti così importanti e storici, Don Abbondio ha perso l’occasione di una
mutazione, conversione mentale. Quello che invece noi oggi siamo chiamati a fare in questa
situazione di contagio, di pandemia.

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